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Giuseppe Giusti Poesie www.liberliber.it Questo e-book è stato realizzato anche grazie al sostegno di: E-text Editoria, Web design, Multimedia http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Poesie AUTORE: Giusti, Giuseppe TRADUTTORE: CURATORE: Romussi, Carlo NOTE: Si è mantenuta l'impaginazione originale anche per le note, con indicazione del numero di pagina. Rispetto all'edizione cartacea sono state effettuate le seguenti correzioni: 1) pag 33 testo orig., è scritto "...poesia che che abbia prodotto..." : È stato tolto un "che" 2) pag 73 del testo orig., è scritto "SEQUISPEDALI", è stato sostituito con "SESQUIPEDALI" 3) pag 117 del testo orig., introduzione alla poesia 'La fiducia in Dio': l'avverbio è scritto "mollementente" è stato scritto "mollemente". DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: "Poesie" di Giuseppe Giusti, con BIOGRAFIA, COMMENTI E NOTE di Carlo Romussi Società editrice Sonzogno Milano, 1899 CODICE ISBN: mancante 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 14 gennaio 2003 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Vittorio Volpi, [email protected] REVISIONE: Franz Rossini, [email protected] PUBBLICATO DA: Claudio Paganelli, [email protected] Stefania Ronci, [email protected] Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque voglia collaborare, si pone come scopo la pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito Internet: http://www.liberliber.it/ Aiuta anche tu il "progetto Manuzio" Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradimento, o se condividi le finalità del "progetto Manuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni: http://www.liberliber.it/sostieni/ 2 POESIE DI GIUSEPPE GIUSTI con BIOGRAFIA, COMMENTI E NOTE di CARLO ROMUSSI MILANO SOCIETÀ EDITRICE SONZOGNO 14 — Via Pasquirolo — 14 1899. 3 Proprietà letteraria quanto al proemio, commenti e note e riserva dei diritti di autore e di editore. Tip. dello Stab. della SOCIETÀ EDITRICE SONZOGNO . 4 GIUSEPPE GIUSTI (1) 1. La fama del Giusti. — 2. La famiglia. — 3. I primi studi. — 4. Come si viveva in Toscana. — 5. Giusti studente. — 6. La vita a Pescia: amori e poesia. — 7. Il ritorno a Pisa: le satire. — 8. La pratica d’avvocato. — 9. Il poeta alla moda. — 10. Come lavorava. — 11 . Un amore sentimentale. — 12. Un po’ di calma: dolori e spaventi. — 13. Il viaggio a Roma e a Napoli: gli stampano di furto le satire. — 14. La gita a Milano. — 15. Un inverno a Pisa: gli amici. — 16. Le novità in Italia. — 17. Le riforme in Toscana: Giusti e la guardia civica. — 18. Il deputato Giusti. — 19. Giusti e Guerrazzi. — 20. La fine. — 21. Conclusione. Vorrei che si parlasse di me colla stessa fran- chezza colla quale ho scritto io medesimo quel poco che lascio. (GIUSTI ad Atto Vannucci.) 1. Racconta il Giusti in una lettera al Capponi che uno scolare di Pisa, saccentuzzo e ignorantello, gli disse che le sue satire (1) Questo volume doveva avere la prefazione biografica e i commenti di Ferdinando Martini: ed io già pregustava il diletto intellettuale di leggere il lavoro dello scrittore che da parecchi anni vive della vita del Giusti e ne ha ereditate le arguzie e le grazie del dire. Ma la politica rapì il Martini alle lettere serene e ne fece una specie di viceré dell’Eritrea, e poco dopo mandava me ospite nel reclusorio di Alessandria; e da qui lo ringrazio d’aver accondisceso a lasciarmi compiere questo studio per alleviare i silenziosi giorni del carcere che non passano mai. Finora le biografie del Giusti erano ricalcate tutte su quella di Giovanni Frassi, scritta coll’affettuosità dell’amico; ma in questi ultimi anni uscirono altri libri che portarono luce nuova sui casi del poeta. Il Martini, cui va dato il posto d’onore, lo riguardò nella vita di studente e in quella di deputato; poi lo studiò nell’ambiente politico del 1847-48-49 col proemio e colle note alle Memorie inedite; il nipote dottor G. Babbini-Giusti pubblicò nel 1897 le Lettere familiari inedite che sono una ricchissima miniera per conoscere l’uomo nella sua verità, meglio che nelle lettere troppo accademiche dell’epistolario Frassi. In questo studio mi son giovato quindi delle nuove fonti, e ho cercato quanti s’occuparono del Giusti nelle diverse edizioni delle sue Poesie, come a dire: 5 6 erano fuor di luogo, che sarebbero state bene di lì a cinquant’anni, ma essere in quel momento intempestive, seme gettato sopra un terreno infecondo». Il poeta diventò rosso come una brace a quelle parole contenenti un elogio che quello scimunito non sapeva di fare; e pregò l’interlocutore a non metterlo così all’impazzata tra i precursori del proprio secolo. E il Giusti aveva ragione: non si può dire un precursore perché era invece la voce dei sentimenti comuni, e viveva nel suo tempo interpretandone le ire, i dolori, le speranze; ma egli s’ingannava però quando, in un accesso di modestia e di sconforto, scriveva: «io non fo illusione a me stesso; i miei versi moriranno, e forse sono già morti colle cose e coi tempi che gli hanno fatti nascere ed io non mi glorio che d’aver parlato quando tutti tacevano e molti trafficavano il silenzio» (1). Che tutti tacessero è una esagerazione, perché fiorivano allora nella sola Toscana il Niccolini ed il Guerrazzi, per citarne appena due; egli però, colla satira, nuova di forma e profonda di pensiero, entrava dappertutto suscitando il riso e il fremito, facendo le vendette degli oppressi contro i tiranni grandi e piccoli, gli impostori, le coscienze vendute, i ciarlatani, i birri, le spie. Le sue poesie vivranno quindi lungamente, sia perché hanno una ragione storica, sia perché di molte di esse continua l’applicazione ai tempi nuovi e sia infine perché rappresentano un genere originale di satira del quale si arricchì la letteratura nostra. Il Settembrini, che aveva letto e ripetuto i versi del Giusti nei tempi della riscossa ch’egli scontò nelle galere del Borbone, esclamava dalla cattedra dell’Università di Napoli che se mai un giorno l’Italia dimenticasse questo poeta, «ritorni divisa e serva!» Questa esclamazione propria della natura dell’uomo facile all’iperbole nella lode e nel biasimo, dimostra però la importanza ch’ebbe la satira del Giusti nel ventennio che corse fra il 1830 e il 1850, perché fu uno degli elementi più geniali e più attivi che abbiano concorso a formare la quella, di Bastia del 1845, la sola fatta sotto gli occhî dell’autore: — di Firenze del 1852, alla quale fece attendere il Capponi correggendola sui manoscritti originali: — di Capolago del 1853 con una prefazione di Cesare Correnti e coll’aggiunta dei versi inediti e di quelli a lui attribuiti più o meno veracemente: — di Bastia del 1856 colla vita scritta da Leopoldo Cempini: — di Firenze del 1859 col discorso proemiale di Giosuè Carducci: — le Poesie coi commenti del condiscepolo avv. Turchetti, illustrate dal Matarelli: — le stesse illustrate con note storiche e filologiche da Giovanni Fioretto che raccolse molte notizie dagli amici e conoscenti del Giusti e ricercò le varianti sugli autografi nella libreria dell’Accademia della Crusca: — le stesse, annotate per uso dei non toscani da Pietro Fanfani, postillate con diligenza da Giuseppe Frizzi: — l’ Epistolario di Giuseppe Giusti Ordinato da G. Frassi, coll’aggiunta della copiosa biografia; — la Nuova raccolta di scritti inediti pubblicati da Pietro Papini; — gli Scritti varî in prosa e in versi per la maggior parte inediti, pubblicati per cura di Aurelio Gotti; — Lettere inedite pubblicate da Camillo Tommasi; — Giuseppe Giusti e i suoi tempi di Gaetano Ghivizzani; — le Reminiscenze manzoniane di Cesare Conta, ecc. (1) Lettera a Carlo Bastianelli, 2 agosto 1843. (Epistolario Frassi.) 6 coscienza popolare della patria. I versi furono conosciuti prima del nome del poeta: appena letti da un condiscepolo, copiati da un amico, passavano di mano in mano, volavano oltre le mura della città, i confini della Toscana e si diffondevano in tutte le regioni della penisola, impartendo unità e chiarezza alle idee e agli affetti patriotici che confusamente s’agitavano quasi aspettando l’ignoto. Penetrava oltre tutte le porte perché era una poesia fresca e ardita come un’aspirazione giovanile, una poesia bella di tutte le grazie della semplicità, senza ostentazione di dottrina, ma espressa in un linguaggio popolare. Quel che tutti mormoravano sommesso fra loro, il Giusti lo cantava in versi spigliati, e se talora, leggendoli, s’intoppava in un’oscurità, anche questa giovava a far pensare: la maledizione che accompagnò nella tomba Francesco I d’Austria era espressa nella forma più incisiva e vigorosa; la bestemmia e la vergogna che provarono gl’Italiani per le feste dell’incoronazione di Ferdinando I era ripetuta dai servi già pentiti che, nell’ode del poeta, coinvolgevano in una sola condanna tutti i complici dell’imperiale padrone. E mentre traendo «dallo sdegno il mesto riso» flagellava i vizi dell’Italia ufficiale e della popolare, non v’era alcuno che avesse maggior fede di lui nell’intima, segreta vitalità del paese, e sapesse rintuzzare colui che la chiamò terra dei morti. Così il nome, dietro il verso, si spandeva a poco a poco e veniva in fama, perché il popolo ama i suoi poeti, che sono l’espressione dei propri pensieri che ritornano a lui più evidenti nella forma poetica, perché, come scrive Montaigne, nello stesso modo che la voce costretta nel tubo angusto d’una tromba riesce più acuta e più forte, così la sentenza chiusa nella numerata misura della poesia ferisce d’una scossa più viva.
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