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_ n.3 Anno VI N. 56 | Dicembre 2017 | ISSN 2431 - 6739 Nuova legge sul cinema e decreti derivati di Vedi Napoli (il Franceskin e Borrellik cinema) eppoi muori prossimamente su tutta la modulistica ad alta definizione (di media) Napoli, si sa, nel bene e Darix Franceskin nel male è la città ita- Presenta liana che maggior- mente fa parlare di sé. E periodicamente sot- to il profilo della pro- Alberto Castellano duzione e degli eventi culturali - al di là della qualità di singole opere letterarie, teatrali, ci- nematografiche o dello spessore di manifesta- zioni culturali – si alimentano fantomatiche mode e tendenze, si costruiscono fantasiosi movimenti artistici, si ipotizzano rinascite (o rinascimenti) sintomatici di una (supposta) vi- talità cittadina e regionale. Complice, anzi de- terminante, l’amplificazione mediatica (carta stampata, tv, radio, canali informatici) ali- mentata non solo dalla stampa locale ma an- che da quella nazionale che pronta a cadere nelle trappole ricattatorie con un atteggia- mento tra l’ammirazione esotica, l’accondi- scendenza, il “senso di colpa”, si spertica in elogi eccessivi per qualunque “novità” parte- nopea che spesso nascondono (ma nessuno lo ammette) una sostanziale distanza da un mon- do autocelebrativo e autoreferenziale condan- nato a un immobilismo e a un ruolo che non al- tera più di tanto le gerarchie del potere nazionale culturale, mediatico, editoriale, ege- mone dal punto di vista degli eventi che conta- no. Ogni qualvolta si parla di Napoli c’è chi co- me me avverte un disagio per la difficoltà di separare la valutazione obiettiva dell’oggetto culturale dal flusso propagandistico spropor- zionato, di accostarsi alla questione con sguar- do lucido, equilibrio concettuale, approccio di- staccato. Del resto si è detto tante volte che Napoli non è, e forse non sarà mai, una città “normale”. Nel bel volume appena uscito Tradi- zioni popolari di Napoli (Newton Compton edi- tori), l’autore l’antropologo Claudio Corvino, che affronta l’argomento scardinando luoghi comuni, stereotipi, preconcetti, scrive nell’in- troduzione: “È impossibile osservare Napoli a occhio nudo perché non è mai stata una città neu- trale. Come molte altre scolpite nell’immagina- La banda dei bandi rio, la città partenopea non è mai un semplice Dilettanti allo sbaraglio sfondo, un reticolo di strade, piazze e palazzi che ospita le vite dei suoi abitanti”. L’ennesimo Refusi esilaranti per un cast eccezionale. La critica più disinvolta ha già assegnato il suo 8 & spunto di riflessione sulla questione ce lo for- 1/2 “Errori materiali divertenti e appassionanti” per un’opera che ha aperto nuove visioni e nisce la forte presenza del cinema made in prospettive del cinema italiano nonostante problemi di diffusione, infatti il film doveva Naples all’ultima Mostra del Cinema di Ve- uscire già il 1 gennaio 2017 ma sta trovando seri problemi di distribuzione. DdC nezia. Esattamente vent’anni fa all’edizione (vignetta di Pierfrancesco Uva) segue a pag. seguente [email protected] n. 56 segue da pag. precedente toni mediatici erano quelli del film che stava Stati Uniti. L’altro film del quale si è molto del 1997 del Festival fece rumore la presenza quasi cambiando l’animazione (neanche si parlato è Ammore e malavita dei Manetti Bros, in concorso de I vesuviani, scortato da una trattasse della Pixar/Disney, della Dreamwor- un divertente e piacevole mix di sceneggiata, comprensibile attesa di pubblico e di critica se ks o di qualche prodotto della scuola dell’Est musical, noir, neomelodici, crime movie, pa- non altro perché fu annunciato con precipito- europeo o di quella più recente francese o spa- rodia, commedia. Una bella commistione e con- sa enfasi e pretenziose opzioni come una sor- gnola che hanno lasciato un segno nel genere) taminazione di generi e linguaggi con molte cita- ta di “manifesto” di una presunta Nouvelle proprio perché faceva parte del pacchetto na- zioni che se non altro esalta una Napoli più Vague napoletana. Poi il film divise gli stessi poletano. La Mad Entertainment, la factory insolita, originale, naif anche se c’è una buona pubblico e critica, deluse in parte le aspettati- napoletana dell’animazione che da qualche mezzoretta di troppo che avrebbe giovato a ve e fu un mezzo flop. Ma alla luce di quello anno sta ridisegnando una via italiana al car- tutta l’operazione. L’equilibrio è la storia di un che è successo vent’anni dopo, quell’evento tone animato, esibisce una squadra di talenti prete di frontiera ed è proprio il caso di dire oggi appare giustificato e comprensibile se guidati da Alessandro Rak (la stessa del carto- che Vincenzo Marra ha tenuto in asciutto non altro perché riuniva con la formula degli on d’esordio L’arte della felicità) alle prese con equilibrio un tema e un contesto sempre a ri- episodi cinque talenti partenopei (Martone, avanzate tecniche digitali, computergrafica e schio di debordare nel gomorrismo di manie- Capuano, Incerti, De Lillo, Corsicato) di gene- creatività visiva. E allora non sarebbe meglio ra. Con il mediometraggio Il signor Rotpeter, razioni e formazioni diverse che già avevano sperimentare tutto questo con altre storie e quasi un fantasy da un raro racconto di Kafka, dato prova della qualità d’autore del loro cine- altri contesti non napoletani per evitare di Antonietta De Lillo, conferma di essere un’au- ma ed erano proiettati con belle speranze (che chiudersi in un recinto autoreferenziale? O trice di talento fuori dagli schemi, una cinea- poi si sono realizzate) nel panorama cinema- forse quelli della Mad sanno che senza il “pa- sta indipendente sempre pronta a mettersi in tografico nazionale. Ben diverso è ciò che è ac- racadute culturale” napoletano rischierebbe- gioco e a sperimentare linguaggi, formati e caduto quest’anno. Sulla Laguna sono sbar- formule autoproduttive come le produzio- cati distribuiti in varie sezioni (Concorso, ni dal basso e il film partecipato, anche se Orizzonti, Giornate degli Autori, Fuori con- pure lei ha preferito declinare la storia in corso, Settimana della Critica) ben otto film versione napoletana. Gli altri quattro film (sei lungometraggi, un mediometraggio e della cordata partenopea non tolgono e un corto) targati Napoli accompagnati già non mettono in termini di qualità e di no- prima delle proiezioni da sirene, fanfare, vità. Da Il cratere definito dai registi Luca megafoni, sponsor mediatici per il solo fat- Bellino e Silvia Luzi come “una favola Di- to che la pattuglia dei cineasti napoletani era sney al contrario” a Veleno di Diego Oliva- la più nutrita. E questo in parte ci può stare, res che affronta il dramma degli abitanti poi però critici, cronisti, inviati e opinionisti della Terra dei Fuochi, da Nato a Casal di (con le solite eccezioni) si sono fatti prendere Principe di Bruno Oliviero, che ripercorre la la mano parlando di capolavori, di “miracolo vicenda di Paolo Letizia, rapito nel 1989 in napoletano”, con esaltazioni tipo “un film che “Gatta Cenerentola” animazione, (2017) diretto da Alessandro circostanze misteriose e mai più tornato a ha stregato Venezia”, “il cinema napoletano Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone casa, al cortometraggio MaLaMèNTi di e conquista Venezia”, “film salutati con stan- con Francesco Di Leva, esordio dell’attore ding ovation” ecc… Poi dopo la sbornia vene- dietro la macchina da presa. Insomma il ci- ziana, le opere presentate hanno dovuto fare i nema napoletano in questi ultimi anni dà conti con distribuzioni e uscite non sempre segni di vitalità dal punto di vista della pro- facili, con il responso del botteghino e con lificità, della vivacità, della nascita di nuovi giudizi più distaccati e meno condizionati dal autori (da Sorrentino all’ultimo sconosciu- contagio festivaliero. Del gruppo il più so- to documentarista), dell’affermazione di pravvalutato e sostenuto enfaticamente (si è nuove realtà produttive, della diversità dei parlato di “miracolo dell’animazione”, “rina- generi (dal dramma alla commedia, dal no- scita del cartoon italiano”) è Gatta Cenerentola, ir gomorresco al musical, dalla fiction più rilettura animata postmoderna della favola commerciale al documentario più rigoro- del Seicento di Basile che è all’origine del so), del target commerciale (da opere a famoso omonimo spettacolo del 1976 di Ro- grosso budget a piccoli film autoprodotti), berto De Simone e ispiratrice qualche an- “Il signor Rotpeter” mediometraggio di Antonietta De Lillo nella di livelli qualitativi diversi (da opere raffi- no fa de Il racconto dei racconti di Garrone. Il selezione ufficiale di Venezia 74, nella sezione Fuori Concorso. nate a prodotti trash). E anche la televisione testo di Basile c’entra poco o niente al punto ro in termini di consensi mediatici, quindi (Rai, Mediaset e Sky) tra fiction, serie, tv-mo- da alimentare il sospetto che è soprattutto il preferiscono assecondare l’equivoco. E a ri- vie, programmi comici d’intrattenimento, fa titolo, forte nell’immaginario ed evocativo, ad prova di come il “napoletanismo” sia trasver- da ulteriore cassa di risonanza di un trend pe- aver ispirato furbescamente gli autori, per poi sale a categorie, festival, rassegne, operatori riodico che come tale viaggia selvaggiamente arzigogolare con belle soluzioni visive sull’as- molto diversi e distanti per qualità delle pro- da solo, fa parlare di sé tra social, piattaforme, se passato-presente-futuro e rimestare ancora poste e impostazioni culturali per cui quando circuiti di condivisione, siti, canali tematici e una volta tra gli stereotipi del degrado, della

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