UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO Dottorato di ricerca in Culture della Comunicazione ciclo XXV S.S.D.: L-ART06 IL CORPO NELL’ERA DIGITALE: DAL SIMULACRO ALLA PERFORMANCE CAPTURE Coordinatore: Chiar.ma Prof.ssa Chiara Giaccardi Tesi di Dottorato di: Camilla Maccaferri Matricola: 3811954 Anno Accademico 2011-2012 Introduzione ............................................................................................. 2 1. La rivoluzione digitale: un nuovo linguaggio in atto ........................ 11 1.1 L'evoluzione del digitale al cinema. Prospettiva storica della videorivoluzione ................ 12 1.2 Digitale d’autore: da Francis Ford Coppola a David Lynch ............................................ 13 1.3 Contaminazioni digitali: crossmedialità e transmedialità .............................................. 23 1.4 Effetto CGI: nascita e sviluppo della computer graphic e sue applicazioni ..................... 26 1.5 Le quattro funzioni del digitale al cinema ................................................................... 35 2. Dalla Supermarionetta allo spettro digitale. L'evoluzione del corpo attoriale e l’abbandono dell’organico ...................................................... 40 2.1 Dal corpo alla persona. Breve storia del pensiero filosofico sul corpo ........................... 40 2.2 Verso un corpo senza organi. Dalla Supermarionetta ad Artaud ................................... 46 2.3 Dal corpo deformato al corpo tecnologico. Il post-organico e l'uomo macchina.............. 53 2.4 Il corpo scomparso: quando l'umano si fa byte........................................................... 58 3. Tra realtà e mascheramento: volti analogici e volti digitali ............. 70 3.1 Il ruolo culturale del volto: da specchio dell’anima a cifra di individualità ...................... 71 3.2 La maschera e il volto. Dalla larva al primo piano cinematografico ............................... 77 3.3 Espressioni digitali. Il volto proteiforme e il volto immaginato ...................................... 86 4. Umani non umani. Esiti della Performance Capture nel cinema contemporaneo ....................................................................................... 92 4.1 Andy Serkis, l'uomo dai mille volti digitali ................................................................... 96 4.2 Incontro al futuro per un ritorno al passato: Robert Zemeckis .................................... 111 4.3 Il pianeta digitale di James Cameron ....................................................................... 119 4.4 Verso il superamento assoluto dei limiti: quando la Performance Capture riscrive le leggi del reale ......................................................................................................................... 131 Conclusioni............................................................................................ 142 Che cos'è il (nuovo) cinema. Glossario delle tecnologie digitali ............ 148 Bibliografia ........................................................................................... 156 Filmografia ............................................................................................ 168 Ludografia ............................................................................................. 175 Ringraziamenti ...................................................................................... 176 Appendice iconografica ......................................................................... 177 Introduzione «Le immagini generate al computer non sono più limitate ai soli effetti speciali, ma costituiscono in molte sequenze la totalità della messa in scena, fino a creare, in parte o per intero, i personaggi principali. Le trasformazioni tecnologiche del corpo dell'attore nel cinema contemporaneo sono indicative dell'enorme cambiamento giunto ormai al suo compimento. Qualcuno potrebbe affermare che il corpo dell'attore cinematografico sia sempre stato alterato tecnicamente attraverso l'utilizzo di trucco speciale, illuminazione, filtri, montaggio e via dicendo. Il cinema contemporaneo, tuttavia, sta portando questo processo a nuovi livelli. I processi digitali sono sempre più utilizzati per cancellare e a volte per rielaborare totalmente il corpo dell'attore. Gli attori sono diventati degli ibridi come Frankenstein: in parte umani, in parte sintetici»1. Pare opportuno prendere avvio da questa citazione di David Rodowick contenente in poche righe l’affermazione che ha portato alle questioni alla base di questo lavoro, che si propone di indagare i mutamenti dell’attore cinematografico, e di conseguenza della settima arte stessa, nell’era digitale. Come sintetizza molto efficacemente Rodowick, il corpo attoriale contemporaneo al cinema sta diventando, grazie agli effetti speciali digitali e alla computer graphic, un'entità ibrida e quasi mostruosa, abbandonando il dato umano per cedere alla tentazione del binario. Rarefacendosi in segmenti digitali, scomponendosi e ricomponendosi a piacimento dei tecnici e dei registi, rinunciando alla propria effimera materialità, il performer si fa antimateria, avvicinandosi a quel corpo senza organi teorizzato (e agognato) da Antonin Artaud. Così l'attore destrutturato digitalmente si trasforma in Altro antiumano, osservando il proprio simulacro cinematografico dalle sembianze spesso mostruose: il sovrapporsi di tecnologie digitali sempre più avanzate amplia costantemente lo spettro delle possibilità, abbattendo i limiti “analogici” che un tempo contenevano necessariamente la creatività dei cineasti. In poche parole, al cinema oggi è davvero tutto possibile, sia per i registi che per gli attori, liberati finalmente dalla schiavitù dell’organico. Una delle innovazioni più interessanti da questo punto di vista, insieme alle varie 1 RODOWICK, D.N., Il cinema nell'era del virtuale, Edizioni Olivares, Milano 2008, p.24. 2 declinazioni della computer graphic con i suoi set virtuali e con le sue creature interamente digitali, è sicuramente la Motion Capture, originariamente concepita per scopi scientifici e militari, la cui applicazione in campo attoriale, più specificatamente denominata Performance Capture, è stata recentemente importata al cinema con esiti stupefacenti. Grazie alla Performance Capture è possibile infatti trovare una conciliazione, seppure virtuale, tra organico e inorganico, conservando l'elemento performativo, intrinsecamente umano, composto di espressioni facciali, movimenti e sguardi, e applicandolo a un'elaborazione grafica completamente artificiale: il risultato ottenuto è uno straordinario ibrido, la cui definizione cinematografica e attoriale è ancora difficile da individuare. È questo il nucleo intorno al quale si costituisce la presente ricerca: riflettendo su un fenomeno tanto contemporaneo da non aver ancora prodotto una vera e propria letteratura su di esso come quello della Performance Capture, si intende analizzare la natura del nuovo cinema digitale e il ruolo che l'attore ricopre al suo interno, per capire in che modo vengano riscritti i confini tra naturale e artificiale, reale e virtuale. La rivoluzione digitale, del resto, è solo l’ultimo, in ordine cronologico, degli sconvolgimenti sostanziali cui è stata sottoposta la Settima Arte, da sempre abituata a vedersi riformulata da innovazioni tecnologiche più o meno importanti che, come ricorda Debray, hanno contribuito a rallentarne l’istituzionalizzazione. «Più tecnica entra in un’arte contemporanea, più tardi questa si vede aprire le porte del Reame. Il fatto che la “settima arte”, pressappoco ogni decennio, si sia trovata soggetta a sconvolgimenti come il sonoro, il colore, il Cinemascope ecc., ha contribuito non poco, con il suo aspetto commerciale, a differire l’ascesa al trono»2. La virtualizzazione del corpo e la sua rarefazione nella rete sono, inoltre, temi di scottante attualità, anche al di là del panorama cinematografico: la comunicazione telematica e la telepresenza, che si traduce in pratica in assenza dell'umano, sono oggetto di discussione filosofica e sociologica ormai da qualche decennio. Il mio interrogativo verte su come la perdita di compresenza e di condivisione della spazio-temporalità possa rivoluzionare l'essenza stessa dell'umanità, come ad esempio sottolinea Paul Virilio: «Oggi, per il cultore della velocità audiovisiva nell’era della telepresenza a distanza, “la via è uniforme” a immagine di quel “costume di dati” che riveste questo “sportivo da camera” capace di spostarsi senza spostarsi fisicamente. Rivestito di onnipotenza (elettromagnetica), questo teleoperatore può dimenticare il qui e l’ora della sua dimora per andare altrove senza andare da nessuna parte, come quell’eroe di Samuel Beckett che “sogna un percorso in uno spazio 2 DEBRAY, R., Vita e morte dell’immagine, Il Castoro, Milano 2010, p. 84. 3 senza qui né altrove, al quale mai si avvicineranno o si allontaneranno tutti i passi della terra”. Fine della partita, fine anche del teatro per “un gioco di società” senza società, dettato non più dall’ambiente domestico dell’individuo, bensì da un software, da un sistema di recettori, di sensori e di altri telerilevatori» 3. Al problema della perdita del dato umano in favore della sua volatilizzazione binaria si aggiunge però, nell'ambito prevalentemente analizzato, quello cinematografico, un'ulteriore questione, legata all'aspetto artistico. Se l'organico viene sostituito dall'inorganico, infatti, il rischio è quello di trasformare un processo creativo in una serie di freddi algoritmi, privati di qualunque sensibilità
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