L'apparato Digerente

L'apparato Digerente

Storia di Mongrassano Mongrassano fu costruita dagli albanesi (arbëreshë) di rito greco-bizantino che, dopo aver lasciato la patria a causa della conquista ottomana (turca), si diressero verso l’Italia. Era quello che nel Regno di Napoli veniva definito "casale", ossia un villaggio non fortificato inserito nel territorio di un centro abitato più importante. In questo caso, Mongrassano era casale di San Marco Argentano sede vescovile e, per secoli, centro principale dell'omonimo ducato, che risaliva al tempo dei Longobardi e poi dei Normanni. A far ripopolare il casale dai profughi albanesi che fuggivano dall'invasione ottomana musulmana, attorno al 1470, fu quasi certamente l'allora duca di San Marco, Luca Sanseverino, il quale era anche principe di Bisignano e, in ogni caso, uno dei più influenti baroni del Regno di Napoli. Qualche anno più tardi, nel 1479, il figlio di Luca e nuovo feudatario di quei luoghi, Geronimo (Gerolamo) Sanseverino, concesse alla Mensa vescovile di San Marco una parte delle sue prerogative feudali relative al casale albanese, e da quel momento i vescovi di San Marco Argentano si fregiarono del titolo di Baroni di Mongrassano. Nel 1543 gli abitanti furono oggetto, come negli altri 44 casali albanesi esistenti in Calabria Citeriore, di uno specifico censimento fiscale che diede questi risultati: 63 "fuochi", ossia nuclei familiari, per un totale di 194 abitanti; i cognomi registrati dai numeratori regi furono: Arrigoni, Capparello, Cingaro, Drames, Lo Russo, Migliano, Mosciara, Petta, Rotundo, Smilara, Tabularo (Tavolaro/Tavolari), Yerbes (o Ayerbes). Dei successivi censimenti si conoscono solo i totali: 62 fuochi nel 1561; 55 fuochi nel 1595; 70 fuochi nel 1648; 43 fuochi nel 1669 (periodo difficile, quest'ultimo, in cui era ricomparsa la peste). Il confinante "casale" di Serradileo, oggi rione del comune di Mongrassano, ebbe una storia diversa. Popolato agli inizi del Cinquecento, nella seconda metà di quel secolo appartenne in feudo prima ai Cavalcanti, e quindi, dalla fine del Cinquecento alla fine del Seicento, ai Sersale di Cosenza. Nel gennaio 1750 Serradileo venne infeudato a Tommaso Miceli, che aveva acquistato il territorio dai Catalano Gonzaga duchi di Maierà, e che ne divenne Barone. I baroni Miceli, suoi discendenti, esercitarono i diritti feudali e la giurisdizione su Serradileo fino al 1806. L'uso della lingua arbëreshe è tra gli abitanti oggi quasi totalmente scomparsa, con un declino della stessa già da circa un secolo, da qui una campagna che tende a valorizzarne l'uso e la conservazione per il mantenimento dell'identità che i suoi abitanti sono i depositari. Portone della chiesa dei Carmelitani Il monumento ai caduti (in primo piano) e il palazzo del municipio (alle spalle) Portale di palazzo Nudo Portale di palazzo Sarri Grazie per l’attenzione ! .

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