16 LO SPORT domenica 25 settembre 2005 Il Grande Toro? Polvere, gloria e... normalità Il campo Filadelfia, i cinque scudetti, il dramma di Superga. Ora il mito diventa una fiction tv ■ di Folco Portinari / Segue dalla prima IL REGISTA Carlo Bonivento racconta il suo sceneggiato FA UN ALTRO EFFETTO sentire il rumore «Granata specchio delle botte tra Varglien I e Silano nei derby, per esempio, rispetto all’assenza di audio del Mussolini-Comunale. Qualche pestone orale di tutta un’epoca» glielo possiamo dare seconda laurea. Lì fummo com- pagni di scuola. anche noi dei popola- Ho citato prima Borel, Farfalli- ■ di Alberto Gedda film (da “Eccezzziunale” con Aba- no. Era sbarcato in via Filadelfia tantuono, ad “Appuntamento a Li- ri. Insomma, l’ambien- dalla Juventus come giocatore al- LA STORIA verpool” di Giordana sulla tragedia lenatore. Ebbi con lui un sodali- del “Grande dell’Heysel, fino a “Ultrà” di Ricky te ha la sua funzione zio ventennale. Fu lui, se ben ri- Torino” non è soltanto una Tognazzi) per cui quest’idea mi è ri- cordo, a portare il “sistema”, che masta dentro. Così, leggendo “Il nel racconto che cala giù dalla sarà la formula vincente del gran- storia di calcio, di sport, ma Grande Torino” di Renato Tavella e memoria, proprio per la qualità de Toro. Però l’inventore del è anche la storia di un’epo- Franco Ossola, ho deciso di provar- dei luoghi e dei personaggi. grande Torino, non ho dubbi, fu ci e, a giudicare dalle reazioni viste (Qualcosa del genere l’ho speri- Egri Erbstein, ungherese di alta ca, di un Paese che, dopo i all’anteprima, mi sembra che sia an- mentata nel piccolo stadio del cultura umanistica. La figlia Su- drammi della dittatura e del- data bene». Ferruccio Mazzola, do- Santos di Pelé, simile molto al Fi- sanna, assai nota danzatrice clas- po l’anteprima, ha detto: «Mi sono ladelfia). sica e coreografa, mi fece leggere la guerra, poteva finalmente tornare emozionato nel rivedere in Fiorello Da dove incominciare? Potrei di- un giorno gli appunti del padre e Il Grande Torino della versione tv. In basso a sinistra, Fiorello nei panni di Valentino Mazzola. A destra, il vero Valentino Mazzola a sperare. E quella grande squadra mio padre. L’attore è bravissimo, re che io sono un sopravvissuto e ne era in qualche modo il simbolo. come tutti del resto, e ho apprezzato questo per merito mio. Ho vestito È questo il senso del tv movie “Il molto che abbiano valorizzato la maglia granata, molto indegna- grande Torino” che andrà in onda l’umanità di mio padre». Racconta mente. Una scamorza. Devo la su RaiUno stasera (domenica 25) e Bonivento: «Ho cercato di riunire le mia salvezza solo alla mia medio- lunedì 26 dalle 21, con un grande esperienze dei vari ragazzi della Pri- crità. Sennò sarei potuto salire cast di attori diretti da Claudio Boni- mavera, superstiti della tragedia di sull’aereo per Lisbona o, quel vento che firma la sceneggiatura Superga, in un protagonista unico che è peggio, su quello di ritorno con Roberto Jannone e Grazia Giar- che è Angelo, interpretato da Ciro a Torino. Ma ero mediocre e per- diello. Esposito, tifoso del Torino immi- ciò…La mediocrità non mi impe- «L’idea che mi sono fatto di questi grato dal Meridione e a disagio in dì comunque di calpestare il ver- giocatori è che fosse gente perbene: una città segnata dalla diffidenza». de di quel campo. O quello stan- semplice e con la voglia di fare co- Gli anni dei «terroni» a Torino con zone più che spartano che faceva munque, bene perché si sentivano le valigie di cartone. «Già. È una pa- da spogliatoio per noi giovani (lì responsabili di quanto facevano», gina che ho voluto raccontare, sen- pensai di scrivere un libro che ri- spiega Bonivento che deve l’ispira- za fare un documentario, ma mi è mase del tutto incompiuto, nello zione di questo film a suo padre. sembrato giusto accennare a co- spogliatoio, dal titolo di umanis- «Era nato a Fiume ed era stato com- m’erano trattati i lavoratori, gli im- sima verità: La puzza dell’eroe, pagno di scuola di Ezio Loik con il migrati: non dobbiamo dimenticare quella del sudore a fine partita, la quale giocava a pallone in una pic- “Quando gli albanesi eravamo noi”, somma dissacrante dei sudori). cola squadra, per cui c’era sempre per dirla con il libro di Gian Anto- Perché mediocre? Ecco, ricordo quest’invito a fare un film sul gran- nio Stella». la prima volta che mi trovai, pal- de Torino. Ma mi sembrava molto Nel film gli attori-giocatori usano le lone nei piedi, davanti a Valenti- difficile proporlo negli anni Ottanta scarpe del tempo. «Certamente. Ab- no Mazzola. Uno bravo non si sa- e Novanta. Il calcio però è sempre biamo ricostruito tutto grazie al- rebbe spaventato, io mi fermai stato presente in vari modi nei miei l’enorme lavoro della costumista pietrificato. Il primo a sgridarmi Bruna Parmesan: dai cappotti al ta- fu lui e altrettanto mi sgridò il glio dei capelli alle maglie con il su- grande Bodoira, Pinza, quando mi colpì un’annotazione che ne abbiamo più rivisto; il trio Nizza, menti, una tromba sulle gradina- miei tempi la leggenda era anco- dore che non andava via (molti gio- mi vergognai di tirare in porta da rivelava la dimensione intellet- Rigamonti Martelli Bacigalupo, te di via Filadelfia, come si vede ra in fieri, i cinque scudetti conse- Oggi su Raiuno catori se le lavavano da loro), ai due metri. Goal sicuro, rifiutato tuale: insegnare a Ballarin a sorri- studenti fuori corso; Castigliano, solo nei film di John Ford, quan- cutivi non c’erano nel carniere. E a partire dalle 21 pantaloncini alle scarpette costruite per timidezza e pudore. Eppure dere. Gli interessava sì la tecnica la riproduzione di un giocatore do arriva il settimo cavalleggeri. senza Superga chissà quanti sa- da una fabbrica che aveva ancora mi sarebbe bastato ricordare che e la tattica, ma ai suoi giocatori della Pro o del Casale dei tempi E il Mazzola che, senza scendere rebbero stati… Erano già pronti i Il 4 maggio del 1949 l’ae- delle forme di legno usate per alcu- Bodoira arrivava dalla Juve (co- chiedeva di essere innanzitutto eroici, goal normali da trenta me- negli spogliatoi, si fermava du- rincalzi, i “nuovi”, come Fadini, reo che portava la squadre ni giocatori dell’epoca». me Gabetto, del resto,o come Fe- uomini, senza sovrastrutture divi- tri; Grezar, di un’altra eleganza rante l’intervallo in campo a gio- che ricordo in quell’ultima parti- del Torino a casa, dopo la Anche il gioco si rifà alle modalità licino Borel) per lasciare ogni ri- stiche. Be’, anche i massimi gio- da quella di Maroso, un signore care con i figli, già vestiti in ma- ta contro il Milan, 4 a 1, e lui su- trasferta a Lisbona, si scon- degli anni Quaranta. tegno. Vederlo bianconero. catori granata non furono mai di- inglese; Loik, il precursore di Lo- glia granata. Uomini normali con perbo a centrocampo, degno di trò contro la collina di Super- «Abbiamo realizzato le riprese co- Con alcuni giocatori biancone- vi. Non avevano veline tra i pie- detti, il fedele e instancabile scu- le normali crisi di qualsivoglia fa- quella squadra. Per noi, però, la ga. A bordo c’erano giocato- me si facevano allora, riproponen- ro-granata ebbi in seguito una di, li potevi trovare da Leri, un diero, di cui non può fare a meno miglia, dicevo. Mazzola si divise leggenda c’era eccome. Un’altra, ri, tecnici, giornalisti. do anche gli schemi con marcature qualche familiarità. Due centro- bar di corso Vittorio, o a spasso nessun Don Chisciotte; Gabetto, dalla moglie prima del fatale vo- precedente. Era quella del trio Il Torino era la squadra più più larghe, azioni più lente. Tenga mediani, come si diceva allora, per la città. Il problema era il incapace di qualunque cosa faci- lo. È di alto patetismo il racconto Balonceri Libonatti Rossetti (lo forte del momento: dieci dei conto che avevo degli attori profes- due stopper di particolare cattive- “dopo”. Non guadagnavano mi- le; Menti, dal tiro spaccareti, tut- di come Sandrino ebbe notizia conobbi, mio allenatore con i suoi giocatori militavano in sionisti, ma dilettanti come calciato- ria, impietosi con le caviglie de- liardi ogni anno e pensavano a co- to ingobbito nella corsa; ma so- della morte del padre, ormai in “ragazzi” durante la guerra) e del Nazionale, aveva vinto cin- ri, così ho potuto far loro ripetere gli avversari, che militarono sui me sistemarsi a fine carriera. Ga- pra tutti lui, Valentino. Quale al- un’altra casa. mio compaesano Janni. Noi, e que scudetti di seguito e da più volte le azioni: Fiorello ad esem- due fronti, transfughi entrambi: betto, che oggi avrebbe no- tro trascinatore ci è stato dato di È paradossale come su questo non solo noi, sapevamo caricare sei anni era imbattuta nel pio ha dovuto imparare a tirare di si- Cesare Naj e Rino Ferrario, in ar- vant’anni, si associò con Ossola vedere in Italia paragonabile a gruppo di uomini si sia esercitata di simboli quelle maglie rosse, “suo” Filadelfia. A quella sto- nistro come Mazzola. L’allenamen- te Mobilia, entrambi miei coeta- e aprirono assieme un caffè (co- Mazzola? Sembrava in certi mo- tanta retorica bolsa, snaturante, contro le bianconere, era un rosso ria è ispirato il film tv “Il gran- to è stato curato da Odoacre Chieri- nei. Ma colui al quale mi sentii me aveva fatto Buscaglia, quasi menti che si caricasse gli altri die- trasformando gli uomini in eroi, vietato quanto il sol dell’avveni- de Torino” diretto da Claudio co che giocò nella Roma di Falcao.
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