Alvise Francesco Mocenigo La Vita E La Figura Di Un Nobile Veneziano Nella Restaurazione (1799-1849)

Alvise Francesco Mocenigo La Vita E La Figura Di Un Nobile Veneziano Nella Restaurazione (1799-1849)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VENEZIA CA’ FOSCARI FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN STORIA DAL MEDIOEVO ALL'ETÀ CONTEMPORANEA Tesi di Laurea ALVISE FRANCESCO MOCENIGO LA VITA E LA FIGURA DI UN NOBILE VENEZIANO NELLA RESTAURAZIONE (1799-1849) RELATORE: Ch. Prof. Piero Brunello LAUREANDO: Stefano De Pizzol Matricola 831003 ANNO ACCADEMICO 2011/2012 a Francesca Voglio esprimere un sentito grazie al mio relatore, il professore Piero Brunello, che mi ha accompagnato in questo percorso di tesi, seguendomi con costanza, segnalandomi diversi materiali, stimolando le mie ricerche con opportuni suggerimenti e discutendone i risultati. Un ringraziamento particolare anche alla mia famiglia, che non ha mai fatto mancare il suo sostegno. Indice Introduzione p. 7 Capitolo primo. La famiglia p. 13 I Mocenigo a Venezia nella seconda metà del XVIII secolo p. 13 La fine del secolo p. 19 Il "piano" di Alvise Mocenigo e la sua realizzazione: p. 26 Alvisopoli Tra Vienna ed Alvisopoli p. 29 Il giovane Mocenigo: Alvisetto o Massimiliano Cesare p. 33 Francesco? La svolta napoleonica p. 38 L'infanzia di Alvise Francesco Mocenigo tra Alvisopoli, p. 44 Novara, Milano e Parigi Tempi difficili p. 50 Il guado del fiume della giovinezza: Alvisetto maturo dottore p. 63 in legge e obbediente militare La carriera diplomatica e il matrimonio p. 66 Capitolo secondo. Gli anni della maturità p. 70 Una scintilla nel grigiore aristocratico: l'attivismo del p. 70 Mocenigo negli anni Trenta e Quaranta Agricoltura e industria: immagini di un intraprendente p. 71 nobiluomo veneziano I miglioramenti produttivi nelle campagne: aspetti p. 71 agronomici, economici e sociali L'industria applicata all'agricoltura: il mulino a p. 76 vapore di Rovigo «Diffusione di lumi, centro di impulso, fusione di p. 80 interessi»: l'Associazione agraria friulana Le imprese ferroviarie e la navigazione a vapore p. 84 La strada ferrata "Ferdinandea" Venezia-Milano p. 84 La "febbre" ferroviaria del conte Alvise Francesco p. 97 Mocenigo 5 La navigazione fluviale e altre imprese p. 104 Capitolo terzo. Il Quarantotto p. 110 Tre modi di "fare un Quarantotto": Mocenigo, Freschi, p. 110 Spaur Uniti ma divisi: Alvise Francesco Mocenigo e Gherardo p. 110 Freschi "L'opposizione legale" p. 110 Le giornate del marzo-aprile 1848: la difesa e i p. 120 tumulti popolari nelle campagne veneto-friulane Il Veneto invaso: il trionfo del partito monarchico p. 136 nelle provincie e a Venezia I giorni della fusione e la Venezia "sabauda" p. 145 Johann Baptist von Spaur: un austriaco "lombardo-veneto" p. 153 Lo "sfratto" di Prati e Mocenigo: uno stesso partito, uno p. 175 stesso destino, due diverse modalità L'esilio a Firenze p. 185 Agosto e Settembre p. 185 Ottobre p. 197 Novembre p. 205 Dicembre p. 214 Conclusioni p. 223 Bibliografia p. 227 6 Introduzione La figura del conte veneziano Alvise Francesco Mocenigo, durante gli anni della Restaurazione, sembra trovare molti punti di contatto con la vicenda della città lagunare, all'interno del «caleidoscopio dell'identità di Venezia tra Restaurazione e rivoluzione».1 Una vita, quella del Mocenigo, che chiarisce in maniera esemplare la ricchezza di sfumature del quadro lagunare nella prima metà dell'Ottocento, rivelando l'infondatezza di una «contrapposizione radicale tra l'età della Restaurazione e la rivoluzione di metà secolo: da una parte la pace, il "profondo sopore", le tenebre; dall'altra la guerra d'indipendenza, il risveglio, la luce splendente del "sol novello"».2 Nato negli anni della fine del secolo XVIII, caratterizzati dalla caduta della Serenissima e dal reiterato passaggio del territorio veneto ora sotto i francesi, ora sotto gli austriaci, l'infanzia di Alvise Francesco Mocenigo fu simile ai viaggi di uno "zingaro" dell'alta società. D'altra parte, il giovane conte era l'unico erede di uno dei più importanti casati veneziani dell'epoca; i suoi genitori facevano parte del fior fiore della società europea, alternando la loro presenza nelle corti di Vienna, Milano o Parigi, secondo i mutamenti degli equilibri di potere sul continente. Il padre Alvise era, tra i nobili veneziani, uno degli uomini più ambiziosi dell'epoca, pervaso dagli ideali illuministi e riformisti trasmessigli anche dal suocero Andrea Memmo, che ad arditi progetti di miglioramento fondiario delle sue tenute accompagnava piani di miglioramento e sviluppo economico e sociale delle popolazioni rurali, culminati nella realizzazione della "città ideale" di Alvisopoli. Inoltre, Alvise fu politico, diplomatico, funzionario sotto diversi regimi: quello aristocratico veneziano, seguito dalla parentesi democratica; quello austriaco e anche quello napoleonico. La madre Lucia Memmo fu una delle dame più colte e raffinate del periodo e si distinse, a Venezia e non solo, sia per le sue frequentazioni di imperatori e regine, di nobiluomini e dame, ma pure di politici, artisti, intellettuali, scienziati, coi i quali coltivò i suoi spiccati e multiformi interessi. La decadenza di Venezia negli anni della "prima" Restaurazione corrispose ai momenti più difficili per la famiglia di Alvise Francesco.3 Finite le illusioni napoleoniche, in cui 1 Piero Del Negro, Il 1848 e dopo, in Storia di Venezia. L'Ottocento e il Novecento, a cura di Mario Isnenghi e Stuart Woolf, vol. I, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 2002 (pp. 107-186), pp. 107- 114. 2 Ivi, p. 107. 3 Basti pensare alla descrizione che ne fa Ippolito Nievo, Le confessioni di un italiano, a cura di Geno Pampaloni, Garzanti, Milano 1973, p. 720, quando fa descrivere a Carlo Altoviti, giunto a Venezia nel 1823, la città come addormentata in un «torpore d'inerzia e di vergogna»; «non commercio, non ricchezza 7 il padre aveva creduto profondamente, i tempi che seguirono furono molto difficili: la morte del padre, la rovina delle proprietà di famiglia e le annate contrassegnate da carestia, povertà, epidemie corrisposero all'età giovanile del Mocenigo, percorsa tra alti e bassi. Una volta laureatosi in legge e concluso il servizio militare, si dedicò alla causa d'Austria, servendo l'imperatore come incaricato diplomatico e d'affari in varie città, aspirando a ben più alte cariche. Disilluso dai mancati avanzamenti di carriera, verso la fine degli anni Trenta, contemporaneamente alla lenta ripresa economico-commerciale e della vita cittadina veneziana, il Mocenigo tornò stabilmente a Venezia, deciso ad occuparsi degli affari di famiglia, fino ad allora alquanto trascurati. Tuttavia, un uomo di tale fatta, figlio del mondo, educato secondo i principi dei Lumi, appartenente ad una delle famiglie più ricche, potenti e stimate del vecchio patriziato lagunare, con tali parenti e tante conoscenze sia nel mondo politico imperiale, in particolare nel Lombardo-Veneto, sia presso gli altri Stati italiani ed europei, acquisite durante il suo tirocinio politico e diplomatico, non avrebbe potuto rimanere isolato in disparte a coltivare i suoi estesi fondi; non avrebbe potuto essere parte di quel topos, che vedeva Venezia in cammino «verso la sua rovina finale».4 Anzi, negli anni che seguirono il suo ritorno in laguna, il conte Alvise Francesco divenne uno dei punti di riferimento della "rinascita" della città: negli anni Quaranta, infatti, dopo aver preso in sposa la figlia del governatore austriaco della città, rafforzando così il suo ruolo di spicco, fu costantemente partecipe, se non lui stesso promotore, di tutte le iniziative più significative del decennio. «Dalle bonifiche alle risaie, dalle saline all'illuminazione a gas, dai battelli a vapore alle strade ferrate non vi è settore in cui Mocenigo non sia intervenuto tra il 1840 e il 1848, correndo rischi non comuni e andando per lo più soggetto a perdite».5 Mocenigo fu, davvero, uno dei trascinatori del "risorgimento" veneziano dell'epoca pre-quarantottesca, non solo per il suo attivismo di carattere economico (agricolo, industriale, infrastrutturale), ma pure a motivo della sua posizione centrale, insieme alla moglie, nel sostenere gli studi e le arti: membro dell'Ateneo Veneto, fu per diverso tempo presidente agli spettacoli del teatro La Fenice, invitando fondiaria, non arti, non scienza, non gloria, né attività di sorta alcuna: pareva morta, e certo era sospensione di vita». 4 John Ruskin, Le pietre di Venezia, Biblioteca universale Rizzoli, Milano 1987, p. 422. 5 Adolfo Bernardello, La prima ferrovia fra Venezia e Milano. Storia della imperial-regia privilegiata strada ferrata Ferdinandea lombardo-veneta (1835-1852), Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Venezia 1996, p. 279 (n. 131). Il Mocenigo, tra le altre cose, restaurò i suoi palazzi sul Canal Grande, dimostrando la vitalità della città e lo splendore del suo tessuto urbano; si impegnò nella costituzione di associazioni agrarie atte a diffondere il progresso nelle campagne; appoggiò tutti quei progetti, dal ponte tra Venezia e la terraferma, al ponte tra un riva e l'altra del Canal Grande (l'attuale ponte dell'Accademia), alla costruzione di un acquedotto per rifornire la città lagunare e molti altri, che prevedessero uno sviluppo di Venezia e delle provincie venete, secondo le nuove linee guida dettate dal progresso tecnico- scientifico, a imitazione di quelle adottate nei paesi più avanzati d'Europa. 8 significativamente Giuseppe Verdi a presentare a Venezia alcune sue opere, e a scriverne una apposita per il teatro veneziano, che sarebbe stata l'Ernani.6 Il liberale e moderato conte Mocenigo, nonostante il suo passato di funzionario imperiale e la sua parentela con le alte cariche austriache in Italia,

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