Testo Definitivo

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INDICE PREMESSA p. 4 INTRODUZIONE Davanti allo specchio. Memoria e storia a Montevergine dalle origini ad oggi p. 9 PARTE PRIMA Dal Partenio alla Sicilia p. 20 Capitolo primo La congregazione verginiana: considerazioni generali p. 21 Capitolo secondo La congregazione verginiana: forza e limiti dell’espansione p. 25 Una storia ancora in corso p. 25 Le dipendenze: alcuni modelli p. 28 Santa Maria del Plesco (p. 28) – Le dipendenze capuane (p. 29) – I limiti. Roccella in Sicilia (p. 30) – I fallimenti. L’Incoronata di Foggia (p. 31) I Verginiani in città p. 33 Capitolo terzo Le istituzioni ecclesiastiche ed il mondo dei laici p. 40 Il papato p. 40 Le diocesi p. 42 Il mondo dei laici p. 44 PARTE SECONDA L’ordinamento verginiano p. 52 Capitolo primo Ut ordo monasticus inviolabiliter observetur: le fonti normative p. 53 1 Capitolo secondo L’organizzazione interna p. 76 Gli uomini p. 78 Gli uffici p. 101 L’abate (p.101) – Il priore claustrale (p.104) – Il preposito (p. 104) – Gli altri ufficiali (p. 105) – Nelle dipendenze (p. 108) Capitolo terzo Gli oblati p. 110 PARTE TERZA Il potere temporale p. 120 Capitolo primo Fideles, homines, vaxalli: le declinazioni della dipendenza? p. 121 Uomini e terra p. 122 Il casale di Fontanelle p. 125 Fideles p. 131 Homines p. 133 Vaxalli p. 138 Capitolo secondo I casali p. 141 Sul Volturno p. 145 San Giovanni Acquara (Valle) p. 146 San Lorenzo p. 147 Plesco di Morra p. 148 San Marco di Pietrelcina p. 149 Massa p. 150 Urbiniano p. 152 Fontanelle/Santa Maria del Preposito p. 153 2 Capitolo terzo La signoria di Mercogliano p. 156 Prima di Montevergine p. 156 Nel comitato di Avellino (p. 156) – Torgisio e Goffredo di Montefalcione (p. 161) Il “barone del Regno” p. 163 La giurisdizione dell’abate (p. 164) – Immunità e cespiti signorili (p. 168) – Signoria e mondo agricolo (p. 171) – Signoria e chiesa locale (p. 175) – Ancora sull’esercizio della giustizia (p. 180) – Una realtà composita (p. 182) – Profilo minimo della signoria verginiana (p. 183) EPILOGO p. 188 APPENDICI p. 190 BIBLIOGRAFIA p. 210 3 PREMESSA Nel presente lavoro un’introduzione inerente la storiografia del Partenio dalle origini fino ai nostri giorni fa da prologo a tre sezioni che, pur preservando una evidente complementarietà, guardano alla vicenda verginiana da differenti punti di osservazione. La prima di esse, poco rispettosa dei paletti cronologici indicati nel titolo dell’opera, propone un inquadramento generale della storia dell’abbazia di Montevergine e della congregazione ad essa facente capo; le due successive ruotano attorno a nuclei tematici specifici – l’ordinamento verginiano ed i poteri temporali – attenendosi in maniera più stringente al periodo scelto come oggetto di studio, ossia l’età normanno-sveva. Le fonti utilizzate nel corso della ricerca si differenziano per tipologia e contenuti 1. Strumenti indispensabili si sono rivelati la Vita di San Guglielmo da Vercelli, fondatore del cenobio, ed il Necrologio di Montevergine, la cui edizioni critiche sono state curate rispettivamente da F. Panarelli e M. Villani. Altrettanto utili, seppur di difficoltosa reperibilità, i lavori degli storici ed eruditi vergiani dei secoli passati, opere faziosamente ed orgogliosamente schierate ma tramiti unici – particolarmente le più antiche – di informazioni altrimenti perdute, segnatamente per ciò che riguarda la documentazione papale, di cui non si conserva alcun originale fino a tutta l’età sveva. La fonte più munifica di informazioni, è facile intuirlo, è stato l’ingente fondo documentario custodito presso l’archivio dell’abbazia di Montevergine. Pratiche di conservazione archivistica sono certificabili presso i monaci del Partenio almeno dall’ultimo quarto del XII secolo 2. Attualmente l’archivio si compone di quattro corpi distinti e conserva circa settemila pergamene ed una estesa quanto inesplorata sezione cartacea 3. Lo studioso di cose verginiane in età medievale può avvalersi di svariate edizioni di fonti. In primo luogo, l’imponente serie dei tredici volumi del Codice diplomatico verginiano (= CDV ), dal 1977 frutto degli sforzi del compianto padre Placido M. Tropeano e tuttora in corso di ampliamento. Ad essa si aggiungono l’edizione dei ventisei documenti federiciani custoditi presso l’abbazia pubblicata – ancora grazie all’impegno di Tropeano – in occasione dell’ottavo centenario della nascita di Federico II, da noi puntualmente confrontata con i recentissimi volumi curati da W. Koch degli Urkunden Friedrichs II. per gli anni fino al 1220, ed alcune edizioni di fonti documentarie verginiane realizzate negli ultimi anni da T. Colamarco: Le carte della chiesa di S. Maria degli Armeni in Forenza (1146-1548) ; Il cosiddetto “Statuto” dell’abate Donato ; Le pergamene di Ascoli Satriano , lavoro quest’ultimo di prossima pubblicazione nell’ “Archivio storico pugliese” e consultato sotto forma di bozza 4. Ad oggi il CDV giunge al maggio 1210. Per i successivi decenni restano preziosissimi il secondo ed il terzo dei sette volumi del Regesto delle pergamene realizzato tra il 1956 e il 1962 da padre Giovanni Mongelli, a patto di tenere nel debito conto i limiti legati alla disinvoltura terminologica che caratterizza i volumi e alle inevitabili quanto comprensibilissime omissioni contenute nei singoli regesti, privi ad es. di qualsiasi riferimento alle coerenze dei terreni, utilissime per la comprensione del paesaggio fondiario all’interno della signoria monastica, e alle scritte apposte dal 1 Le edizioni di fonti citate qui di seguito sono riportate per esteso nella sezione bibliografica in fondo al volume. 2 Nel marzo 1179, a Montefusco, Guglielmo monaco di Montevergine priore della dipendenza di San Giovanni di Marcopio mostra a due giudici uno scriptum rogato dal notaio Ruggero e sottoscritto dal giustiziere Ettore e da Tancredi di Cantalupo, Erberto di Milone Pagano, Tancredi di Molisio e Rainaldo Pipino affinché ne venga fatta una copia: l’originale andrà a Montevergine, la copia resterà a San Giovanni, nelle cui pertinenze si trova il terreno di cui si parla nell’atto, CDV , 646, marzo 1179. 3 Sull’Archivio di Montevergine, sezione staccata dell’Archivio di Stato di Napoli, è annesso alla Biblioteca Nazionale di Montevergine con sede presso il palazzo abbaziale di Loreto a Mercogliano (AV); su di esso si veda MONGELLI , Archivio storico dell’Abbazia benedettina di Montevergine ; TROPEANO , La biblioteca di Montevergine . 4 Nel testo le note che fanno riferimento a Le pergamene di Ascoli Satriano (= Le pergamene ) indicano soltanto il numero progressivo attribuito dalla curatrice ai singoli documenti, non le pagine. 4 Duecento in avanti dagli archivisti verginiani sul verso delle pergamene, spesso decisive per capire le modalità dell’aggregazione dei munimina al fondo documentario monastico e per delineare nel dettaglio la formazione del patrimonio immobiliare della congregazione 5. La visione sistematica non dei regesti ma di tutti i pezzi d’archivio dalla minore età di Federico II fino alla sua morte, di numero sensibilmente superiore rispetto al XII secolo, avrebbe allungato enormemente i tempi di realizzazione dello studio, riducendo drasticamente l’arco cronologico esaminabile. Si è scelto quindi di praticare per la prima metà del Duecento una via intermedia, di verificare cioè l’attendibilità dei regesti di Mongelli (e delle trascrizioni contenute in Le pergamene ) prendendo visione dei pezzi custoditi presso l’archivio dell’abbazia (= AMV) solo nei casi più interessanti o problematici. I soggiorni presso l’abbazia hanno al contempo consentito di esaminare lo scarno materiale cartaceo inedito relativo alla congregazione dei secoli XII e XIII e l’altrettanto inedito Vecchio inventario redatto nella seconda metà del Quattrocento da un ignoto monaco per ordine dell’allora abate commendatario, il cardinale Ludovico Trevisan. Trattando delle fonti documentarie veriginiane è doveroso soffermarsi sullo spinoso problema dei falsi. Montevergine viene solitamente annoverata tra i più attivi centri di falsificazione meridionali, nel numero dei quali gli studiosi non esitano ad individuare i maggiori monasteri del Regno 6. E’ tuttavia fuorviante ricorrere sistematicamente all’equazione ‘grandi monasteri = grandi falsificatori’, così come lo è indugiare in una paralizzante sfiducia circa l’attendibilità e quindi la possibilità di utilizzo dei fondi archivistici monastici. Pur tra grandi difficoltà dovute alla scomparsa dell’archivio abbaziale e alla problematica tradizione dei documenti, H. Houben ha potuto dimostrare che un grande cenobio come la Trinità di Venosa non fu un prolifico centro di falsificazioni almeno fino all’età angioina e che la produzioni di falsi va ricondotta comunque ad esigenze contingenti ed a fasi specifiche della storia dell’ente 7. I falsi inoltre non sempre mentono, poiché dietro il loro confezionamento può nascondersi la necessità di far valere diritti la cui documentazione inerente, per un motivo o per un altro, è andata perduta o non è mai stata perfezionata. Infine, ad un livello più generale, risultano ancora attuali gli ammonimenti di qualche anno fa sulla “verità del falsario”, che non consente in alcun modo di trascurare o considerare meno utile la documentazione riconosciuta non originale ed esige anzi che vengano considerati attentamente motivazioni, committenti, destinatari, ambienti culturali, processi di legittimazione ed efficacia effettiva celati dietro ogni falsificazione o interpolazione 8. Si pensi ai monasteri del Regno dopo Capua: molti dei falsi diplomi imperiali fatti redigere

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