Andreina 1936-1985 Scritti e ricordi /Schriften und Erinnerungen Indice/Inhaltsverzeichnis Vorwort Presentazione 1. La vita I figli Claudio, Michele e Valentina Il figlio Andrea: ricordi La sorella: Maria Luisa Ardizzone Pan L’amica: Adriana Ferrari Il compagno di scuola: Antonio Slavich Amici di famiglia: Brunella Toscani e Giorgio Pecorini 2. Le donne Entstehung und Tätigkeit der AIED-Beratung Gewalt gegen die Frau Sul referendum per l’aborto Man muss sich die Freiräume stehlen Perché una biblioteca per le donne Ingrid Facchinelli: Die Frauenbewegung in Südtirol Lidia Menapace: Lusingata dalle sfide più rischiose Cinzia Cappelletti: Lilith in Meran Marcella Pirrone: Le leggi cambiate dalle donne 1 Indice/Inhaltsverzeichnis 3. La politica Quella forbice che prima o poi taglierà Ofelia non va in convento Minoranza è bello Perché tante donne nella lista alternativa? Le donne di fronte al “caso” Sudtirolo Grazia Barbiero: Una donna austera, una voce autorevole Arnold Tribus: Eine Zeugin von radikalen Veränderungen Pietro Mitolo: Un esempio di coerenza e dirittura morale 4. In Consiglio Grazia Barbiero: una sudtirolese di lingua italiana in Consiglio Inquinamento da traffico e salute La mina toponomastica La politica degli struzzi Malati mentali sudtirolesi a Pergine Ricovero dei tossicodipendenti Un bilancio misogino Una “Casa delle donne” minacciate di violenza Dichiarazione di appartenenza etnica Reciproca conoscenza tra le popolazioni Sussidi a produzioni militari Il successo elettorale del MSI Eine gerechte Wohnungpolitik 5. Per finire Le compagne del gruppo Kollontaj Alexander Langer: Cara Andreina ci mancherai Breve biografia 2 3 Presentazione In una notte chiara di 20 anni fa, Andreina Emeri si è addormentata per sempre: un libro aperto sulle ginocchia, il silenzio del mare, il desiderio di pace, alcuni compagni di viaggio nelle vicinanze. E’ forse successo anche a lei come al visir del racconto di Ivo Andric “Quel ponte sulla Zepa”. Improvvisamente, senza ragione apparente, si sentì sola e desiderò il silenzio sopra ogni altra cosa. O forse il male oscuro della politica, con quel suo naturale espandersi di relazioni stru- mentali e l’innaturale restringersi degli spazi per la cura di sé e delle amicizie personali che erano state il sale della sua straordinaria vita, l’aveva molto affaticata. Leggendo i verbali del Consiglio provinciale e i suoi scritti che si trovano qui raccolti; parlando con persone che l’avevano conosciuta e molto amata, i suoi familiari in primo luogo, il ricordo di lei ha cominciato a prendere sempre più corpo. La sua baldanzosa presenza, nel piccolo Liceo di piazza Domenicani, ricordata dai suoi compagni di scuola, racconta l’ingresso di una giovane donna, ben sostenuta da una famiglia premurosa e rispettosa, in un mondo di adulti occupato a curarsi le ferite di una guerra sanguinosa prodotta da due dittature feroci. In quello spazio vuoto, Andreina rifiuta di aggrapparsi alla nostalgia di un passato sconfitto e sceglie di dedicarsi all’invenzione di un modo nuovo di stare nella vita, a cogliere il meglio di ciò che fioriva tra le macerie: la complicità amicale, ben declinata già allora al femminile, lo studio e le buone letture non solo scolastiche, l’esplorazione di una natura accogliente, i primi viaggi e i primi amori. Con in dote appunto questa potente consapevolezza di poter generare in proprio idee e nuova vita, di dare con gioia e di ricevere con riconoscenza, Andreina ha percorso la sua strada: gli studi universitari, il precoce matrimonio, la famiglia subito numerosa, il sogno comunitario del ’68, l’accompagnare i figli alla libertà adulta, lo stare con la stessa curiosità nel piccolo e nel grande mondo. E il femminismo, prima di tutto, subito ricco di concretezza e progettualità sociale. E la politica infine, naturale approdo di un’autorevolezza e una rappresentatività spontane- amente riconosciuta. Con questo ancora incompleta raccolta, che speriamo altri vorranno in futuro arricchire, vogliamo tentare di restituire a lei, a 20 anni dalla morte, un po’ di quanto ci ha regalato con una generosità senza limiti. E di metterla nell’albo prezioso di quelle persone che hanno molte solide ragioni per essere nel tempo ricordate e ri-conosciute. 4 LA VITA 5 La vita I figli “È come se noi fossimo stati educati per un mondo che non esisteva, un mondo che non c’è, che forse non ci sarà mai.” Intervista a Valentina, Michele e Claudio Emeri Fin da piccoli avete partecipato a un periodo importante del femminismo bolzanino. Ma quando ne siete divenuti consapevoli? Quali sono i ricordi più lontani di questa vostra esperienza esistenziale? Valentina - Intanto … le situazioni di gruppo. Le manifestazioni in cui ero coinvolta mi sembravano sempre una cosa molto bella, momenti gioiosi… Sì, c’era la protesta, ma ciò che vede un bambino sono tante persone insieme, che cantano, che stanno bene… Ricordo in quegli anni l’occupazione di una fabbrica, che mi aveva molto impressionato, tutto questo ambiente di donne alle macchine, era un lanificio mi sembra, facevano le maglie. Non ricordo né il nome né niente, solo che andammo lì un paio di volte. Una cosa che mi aveva molto colpito. Lì ho sentito la fatica e la durezza della vita di queste donne, della lotta. L’ho avvertita fortemente. Poi mi viene in mente una manifestazione, una volta a Ponte Talvera, una manifestazione di donne, credo sull’aborto. Mi pare di aver visto anche delle foto di questa, in un libro. Interessante poi che avessero scelto questo luogo simbolico del ponte Talvera. Ero già grandicella, alle medie, e ci ero andata per mio conto. Così ricordo questo schieramento di donne da una parte e di polizia dall’altra, e la mamma con il suo berrettone, e le amiche che facevano i girotondi, cantavano, erano sempre molto allegre le loro manifestazioni. Però c’erano questi due schieramenti, e io devo passare in mezzo per raggiungere la mamma, così mi avviai pensando che in quanto bambina mi avrebbero ignorata. E invece questi poliziotti mi fermarono e cominciarono a interrogarmi, cosa fa qui? dove va? … Una bambinetta capite! Uno spavento! Comunque poi mi lasciarono andare e raggiunsi il gruppo. Poi ricordo che la mamma era molto occupata. Andava ogni settimana alla riunione femminista del gruppo Kollontaj, poi all’AIED. Michele - Sì, erano gli anni ‘70, io avevo dieci anni. Ricordo che il lunedì sera la mamma 6 La vita usciva sempre, regolarmente alle 20.30, perché doveva andare alla riunione del Kollontaj. È difficile ora dire cosa ne capissi, sicuramente sapevo che lei andava a un incontro con altre donne. Altre volte, la sera venivano delle amiche a casa nostra, ma non so se fossero proprio riunioni. Erano anche le stesse persone con cui ci si frequentava, si usciva insieme. L’impegno del lunedì è durato per molti anni. A un certo punto è suben- trata anche una riunione del giovedì, del gruppo dell’AIED. E per quello che ricordo, non c’è stato un passaggio netto da un gruppo all’altro, i due momenti hanno convis- suto lungamente: il lunedì Kollontaj, il giovedì AIED… posso sbagliarmi, sono passati molti anni. Tra le persone che lei incontrava - nel gruppo Kollontaj ce n’erano almeno una trentina- alcune, quattro o cinque, le vedevamo anche nei fine settimana, si andava in montagna assieme… C’erano Umbertina Bacchin, Marina Rossi, Luisa Gnecchi, Maria Luisa Bassi, Mimma Battisti, Adriana Ferrari, Mia Merler, Daniela Calderola, Bassi Maria Luisa, Lia Nadalet, Sonia Insam, Gabriella Cecchelin, Betti Pavone, … e ancora altre che ora non mi vengono in mente. Io frequentavo già le scuole superiori. Anche dopo l’85, l’anno in cui è morta la mamma, alcune di loro sono rimaste molto presenti. Valentina - Naturalmente non c’erano solo riunioni. Con alcune delle amiche di mamma siamo andate spesso in vacanza. Con Umbertina Bacchin e altre sue e nostre amiche abbiamo fatto dei viaggi favolosi. Claudio - Umbertina era una grande amica della mamma. Noi l’abbiamo conosciuta… mi sembra fossi ancora alle medie, lei venne a fare una supplenza. In seguito - io e Michele frequentavamo il classico - lei ci dette ripetizioni di latino e greco. Ma con Umbertina abbiamo fatto molti viaggi e vacanze. Veniva spessissimo a cena, si facevano passeggiate in città o gite in montagna la domenica… Tra le ultime vacanze insieme, prima che cominciassimo a muoverci da soli, la formazione era proprio: lei, mia mamma, Michele e Claudio, Valentina. Poi, dopo la morte della mamma, con Umbertina abbiamo continuato a vederci, fino alla sua scomparsa. Ci si sentiva, si andava a pranzo da lei… un po’ ci seguiva ancora anche da lontano. Io non ero più a Bolzano. Quando mia madre è morta già frequentavo l’università, a Firenze, che è una città abbastanza lontana, tornavo al massimo una volta al mese. Michele - Anche per me è stato importante il rapporto con Umbertina, da bambini e fino agli ultimi anni, nel periodo della sua malattia, si andava anche a mangiare da lei … Un episodio, non politico ma personale, che ricordo di lei è legato al mio lavoro. Sono un 7 La vita tecnico informatico, sistemista e ho un’azienda che si occupa di consulenza e soluzioni informatiche. E fu proprio Umbertina a indirizzarmi verso questa attività. Una volta mi disse: guarda ho un amico che ha un’azienda, so che cerca delle persone da formare, vacci a parlare. Ci sono andato, ho imparato a programmare e questa è diventata la mia professione. Valentina - Per me, quando Umbertina è entrata nella nostra famiglia è stato come se fosse entrato… il sud. Lei ha portato intanto la cucina del sud. Faceva queste “caponate” con il peperoncino, che in famiglia non usavamo, l’aglio, il pomodoro... Lei mi ha inse- gnato a fare il sugo con il pomodoro fresco: come si scottano i pomodori, come si spellano.
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