II Il volume è stato pubblicato con il contributo del Ministero dell’Università e della Ricerca e del Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche dell’Università degli Studi di Trento In copertina: Elaborato e preparato per la stampa con OpenOffice.org © 2007 Libreria Musicale Italiana Lim srl, via di Arsina 296/f, I-55100 Lucca, P.O.Box 198 [email protected] www.lim.it ISBN 978-88-7096-512-4 LUCA CONTI ULTRACROMATICHE SENSAZIONI IL MICROTONALISMO IN EUROPA (1840-1940) Libreria Musicale Italiana A Monica, Giovanni e Lorenzo Sommario Prefazione di Rossana Dalmonte IX Ringraziamenti XIII 1. Introduzione 3 2. Microtonalità 13 3. Intonazione giusta e acustica nell’Ottocento 23 3.1. Helmholtz tra scienza e musica 23 3.2. Il trattato di Helmholtz 28 3.3. Una nuova acustica 29 3.4. Le teorie dell’intonazione giusta di Helmholtz ed Ellis 31 3.5. Bosanquet e altre esperienze ottocentesche 46 4. Il microtonalismo temperato in Europa (1900-30) 57 4.1. Inizi e sviluppo del microtonalismo temperato in Europa 57 4.2. Foulds 60 4.3. Strumenti musicali e composizioni in Germania e Austria 62 4.3.1. Webern e Schoenberg 75 4.3.2. Der Blaue Reiter 79 4.4. Busoni e il futurismo 81 4.5. Altre esperienze in Italia 86 4.6. Russia 94 4.7. Convegni e ricerche 102 4.8. Il dibattito sui quarti di tono negli anni Venti 104 4.9. Varia 107 4.9.1. Francia 107 4.9.2. La Grecia in Gran Bretagna 108 4.9.3. Nord Europa 108 4.9.4. Spagna 109 5. Hába 111 5.1. Una scelta inevitabile 111 5.2. I Principi armonici del sistema a quarti di tono (1922) 117 5.3. Il Nuovo trattato d’armonia (1927) 120 VIII 5.4. La “scuola” di Hába 125 5.5. Le opere di Hába fino al 1940 128 5.6. Analisi del Duo per due violini a sesti di tono, op. 49 (1937), I movimento 129 6. Wyschnegradsky 135 6.1. Da Skrjabin all’ultracromatismo 135 6.2. Il Manuel d’harmonie à quarts de ton (1932) 137 6.3. La loi de la pansonorité (1924-53) 148 6.4. Le opere fino al 1940 159 6.5. Analisi 163 6.5.1. I Quatre Fragments, op. 5 163 6.5.2. Il Quartetto n. 1 per archi, op. 13 168 7. Esperienze e occorrenze microtonali 1930-1940 e oltre 175 7.1. Sandberg 177 7.2. Bartók 178 7.3. Enescu 179 7.4. Fokker 180 7.5. Boulez, o del ripensamento 182 7.6. Il brand microtonale: qualche esempio 185 Una risposta conclusiva 187 Libri, articoli, partiture, dischi, collegamenti web 189 Indice analitico 209 PREFAZIONE Il microtonalismo non ha occupato sempre uno spazio marginale nella storia della musica colta occidentale. In gran parte, oggi questo è vero, ma non sarebbe la prima volta che la storiografia soggiace a qualche distrazione. Infatti, nonostante la ricerca di sistemi di intonazione alternativi al tempera- mento equabile abbia interessato compositori di primaria importanza, come Busoni, Ives, Schoenberg, Webern e Boulez, per citarne solo alcuni, la musi- cologia si è curata poco di questo aspetto. Si è finito per archiviare il micro- tonalismo nel filone delle curiosità che, nei primi quarant’anni del Nove- cento, hanno arricchito la tavolozza espressiva a margine di cambiamenti ben più consistenti che hanno riguardato l’armonia, il contrappunto, l’or- chestrazione, ecc. I microintervalli come una delle tante curiosità, dunque, al pari degli strumenti elettrici ed elettronici, i riferimenti al jazz e alle mu- siche popolari, ecc. Quasi che l’impiego di intervalli inferiori al semitono non potesse in alcun caso costituire la base di un pensiero compositivo au- tonomo, diverso e innovativo, quand’anche soltanto abbozzato. I tentativi microtonali e altre strade minoritarie sono state messe in secondo piano dalla storiografia a favore di una netta prevalenza accordata al paradigma crisi tonale-dodecafonia. Il perdurare di questo percorso preferenziale nel- l’attuale ricerca musicologica spiega, ma non giustifica, una certa disatten- zione su questo tema. Se si vuole assumere a guida per la comprensione di questo fenomeno la “griglia” tracciata da Jean-Jacques Nattiez nella “Premessa” al quarto volume dell’Enciclopedia Einaudi (Torino 2004), si vedrà che il ruolo marginale del microtonalismo nella storiografia musicale recente è attribuibile a numerose concause. Prima di tutto alla storia di questo filone di ricerca mancò un per- sonaggio creatore considerato universalmente come determinante nel pano- rama della musica colta occidentale, il nome che tutti hanno “sentito ricor- dare” anche se non saprebbero riconoscere né la sua musica né fatti signifi- XPREFAZIONE cativi della sua biografia. Altra debolezza deriva forse dal fatto che il micro- tonalismo non ebbe mai la forza di costituirsi come aspetto caratteristico di un’epoca: probabilmente proprio per il fatto di distendersi su numerosi de- cenni, non si percepisce immediatamente un certo numero d’anni definibili come “epoca del microtonalismo” in una ipotetica storia della musica basata sulle periodizzazioni stilistiche e di costume. Ciò tuttavia non significa che un aspetto della ricerca del linguaggio musicale non possa diventare il centro d’interesse da cui partire per visitare la storia della musica da quel particolare punto di vista. Basta richiamare un pensiero fondamentale dello storico Paul Veyne nella sua opera Come si scrive la storia (anche questo già citato da Nattiez nell’articolo appena ricordato): I fatti non esistono isolatamente […] nel senso che il tessuto della storia costi- tuisce ciò che noi chiameremmo un intreccio, una mescolanza molto umana e assai poco “scientifica” di cause materiali, di fini e di casi; in una parola una tranche de vie che lo storico ritaglia a suo piacimento […]. Quali sono i fatti degni di suscitare l’interesse dello storico? Tutto dipende dall’intreccio pre- scelto. Preso in se stesso, un fatto non è né interessante né non-interessante […] il fatto non è nulla senza il suo intreccio. Luca Conti ha da tempo eletto a filo conduttore delle sue ricerche il mi- crotonalismo e in questo volume ne percorre le vicende che hanno interes- sato l’Europa, dopo averne studiato lo sviluppo in Messico e negli Stati Uniti. In questo modo, è possibile inquadrare le fonti di alcune novità che affiorarono negli anni Cinquanta ed ebbero un discreto impatto nella pro- duzione del decennio successivo, allorquando numerosi autori presero a perlustrare questo spazio “altro”. Xenakis, Ligeti, Scelsi, Stockhausen, Nono, e molti altri hanno composto opere con una significativa presenza di mi- crointervalli e la musica elettroacustica ha finito per abbattere le barriere in- tervallari tradizionali; il pensiero compositivo successivo si mostra impre- gnato di microintervallarità e gli interpreti specializzati oggi conoscono a menadito le tecniche strumentali per produrre quarti, terzi, ottavi di tono. Se non fosse per gli autori precedenti, le loro composizioni, i testi teorici, l’importante opera di divulgazione soprattutto a livello interpretativo, questa nuova ondata di interesse per la microintervallarità non potrebbe es- sere compresa. Il lavoro di Conti fa luce sulle origini del pensiero microto- nale che ha portato alla nascita di composizioni specifiche, soprattutto negli anni Venti del Novecento. In Suoni di una terra incognita (LIM, Lucca 2005), confluiscono i risultati di ricerche condotte nell’ambito di un pro- getto universitario di rilevanza nazionale che aveva come proprio obiettivo quello di valorizzare gli Archivi del Novecento come serbatoio di materiali indispensabili alla conoscenza della nostra storia più recente. Nel presente volume, l’attività di Conti all’interno del gruppo di ricerca dell’Università di PREFAZIONE XI Trento ha esplorato un aspetto altrettanto importante nell’ambito del pro- getto nazionale intitolato “Nuove Musiche – Nuove tecnologie”. Infatti, scienza e tecnologia sono strettamente legate alle ricerche sugli intervalli, fin dalle ricerche sull’intonazione giusta condotte da uno dei massimi scienziati ottocenteschi, Hermann von Helmholtz, e da un manipolo di ricercatori di varia formazione. Se gli strumenti progettati e le tecnologie impiegate per un impiego “pratico” degli intervalli naturali furono rapidamente dimenti- cate, l’aspetto tecnologico tornò ad avere un ruolo fondamentale negli svi- luppi della musica microtonale prodotta con gli strumenti elettrici ed elet- tronici. Anche le prime composizioni microtonali, che facevano uso di intervalli ottenuti dalla divisione del tono o del semitono, reclamavano strumenti, tec- niche strumentali e semiografie specifiche, nonché principi teorici che for- malizzassero la gestione di questa risorsa all’interno di un sistema di regole, almeno nei casi in cui non si ricorresse a essi soltanto per un più superficiale effetto coloristico. Per un certo periodo di tempo, la questione microtonale attrasse autori e tendenze di primaria importanza: non solo Busoni, come si diceva, il quale indicò nell’impiego dei terzi e dei sesti di tono una delle strade da percorrere, ma anche i futuristi, che evocarono i microtoni come il non plus ultra delle novità, immaginando una musica completamente di- versa. Nella Harmonielehre, Schoenberg riserva una parte significativa alle possibili soluzioni microtonali di una musica del futuro, liberamente imma- ginata su basi concrete; e questo pochi anni prima dell’ideazione del “me- todo per comporre con dodici note che stanno in relazione soltanto fra loro”, che nella prospettiva del microtonalismo finisce per assumere una luce diversa. Gli studi di Conti recuperano la memoria perduta o poco conosciuta di queste esperienze, le mettono a fuoco in una comune prospettiva e aiutano a collegarle tra loro: in questo modo, Hába e Wyschnegradsky, come già Car- rillo, Novaro e Partch, finiscono per condividere un cammino comune, non sono più isolati pionieri senza retroterra. Un fitto pulviscolo di esperienze condotte in tutto il mondo circonda l’opera degli autori microtonali più im- portanti; tutto ciò che seguirà dopo il 1940, il limite temporale che l’autore si è imposto (con poche eccezioni), potrà trovare qualche ragionevole prece- dente nelle vicende qui ripercorse.
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