UNIVERSITÀ CA’FOSCARI DI VENEZIA DOTTORATO DI RICERCA IN LINGUE, CULTURE E SOCIETA’ (XXII ciclo) Settore scientifico disciplinare di afferenza: L-OR/20 Tesi di Dottorato Attori, reti e linguaggi dell’esperienza religiosa. Indagini semiotiche sulle strategie di enunciazione nel discorso religioso giapponese Coordinatore del Dottorato: Prof. Rosella Mamoli Zorzi Tutor del Dottorando: Prof. Massimo Raveri Dottorando: Tatsuma Padoan (955350) A.A. 2006/07 – 2009/2010 A chi, da lassù, continua a guidare i nostri passi INDICE Introduzione (p. 5) Cap.1 Regimi e strategie di enunciazione (p. 6) 1.1 Cosa è enunciazione? Per una teoria semiotica del discorso (p. 6) 1.2 Come è enunciazione? Strategie e tattiche di mediazione (p. 19) 1.3 Quando è enunciazione? I regimi e le reti (p. 42) 1.4 Definizione dei due case studies (p. 55) Cap. 2 Credenza e traduzione: gli dei di Katsuragi (p. 58) 2.1 Il Giappone nel tredicesimo secolo: cartografia di discorsi localizzati (p. 60) 2.1.1 La traduzione tra discorsi religiosi (p. 67) 2.2 Katsuragi e le sue narrazioni mitostoriche (p. 77) 2.3 Isotopie dello spazio: ridefinire i luoghi dell’ascesi (p. 95) 2.4 Costruzione mitologica e negoziazione di memoria (p. 109) 2.5 L’invenzione delle origini: tattiche enunciative (p. 113) 2.5.1 Regimi di credenza e strategie di legittimazione (p. 127) 2.6 Traduzioni narrative e rotte di pellegrinaggio (p. 130) 2.7 Conclusione: promuovere una identità narrativa (p. 131) 3 Cap. 3 Politica e agentività: dei treni e dei riti (p. 133) 3.1 Introduzione. Sulle tracce dei non-umani (p. 133) 3.1.1 Il partito dei non-umani (p. 136) 3.1.2 Le memorie dei non-umani (p. 138) 3.2 La lotteria dei non-umani (p. 141) 3.3 Controversie tra non-umani (p. 142) 3.4 Il percorso dei non-umani (p. 143) 3.5 Soggettività enunciazionale e cartografie dei non-umani (p. 148) 3.6 Soggettività narrativa: passeggiando con i non-umani (p. 155) 3.7 Soggettività discorsiva: i rituali dei non-umani (p. 161) 3.8 Passioni vegetali, ovvero la cura dei non-umani (p. 178) 3.9 Invio: le cartoline dei non-umani (p. 196) Conclusione (206) Bibliografia (p. 208) Ringraziamenti (p. 227) 4 Introduzione Questa ricerca si prefigge di esplorare il problema dell’enunciazione all’interno del discorso religioso giapponese, prendendo in esame due diversi case studies, che si differenziano per epoca storica e per forme espressive utilizzate, oltre che per un distinto uso dei dispositivi enunciativi. Si cercherà in particolare di seguire la proposta di B. Latour sull’analisi di diversi regimi di enunciazione, integrando le sue idee con i modelli della semiotica generativa. La metodologia di indagine che verrà seguita sarà quella proposta dalla semiotica generativa e discorsiva, attraverso una esplorazione degli strumenti concettuali emersi in questi ultimi anni, all’interno del filone di studi sviluppatosi a partire dalla cosiddetta Scuola di Parigi. Ad un capitolo introduttivo sul concetto di enunciazione e su alcuni suoi recenti sviluppi, seguiranno i due casi concernenti rispettivamente: (1) i meccanismi di traduzione e di costruzione identitaria presenti in un discorso mitologico shintō-buddhista medievale, attivati da particolari prassi enunciative che portano all’instaurazione di un regime di credenza; e (2) la negoziazione del territorio attuata da un regime di enunciazione politica, che connette tra loro attori umani e non-umani all’interno di un pellegrinaggio urbano, costruito per mezzo di una campagna pubblicitaria e commerciale. La diversità dei casi esaminati permetterà una maggiore comparazione tra le diverse forme e strategie di enunciazione presenti nel discorso religioso in Giappone, consentendo di valutare l’efficacia della metodologia semiotica in questo campo di ricerca, e suggerendo possibili orientamenti futuri di indagine. 5 Cap. 1 Regimi e strategie di enunciazione “Dopo aver marciato sette giorni attraverso boscaglie, chi va a Bauci non riesce a vederla ed è arrivato. I sottili trampoli che s’alzano dal suolo a gran distanza l’uno dall’altro e si perdono sopra le nubi sostengono la città. Ci si sale con scalette. A terra gli abitanti si mostrano di rado: hanno già tutto l’occorrente lassù e preferiscono non scendere. Nulla della città tocca il suolo tranne quelle lunghe gambe da fenicottero a cui s’appoggia e, nelle giornate luminose, un’ombra traforata e angolosa che si disegna sul fogliame. Tre ipotesi si dànno sugli abitanti di Bauci: che odino la Terra; che la rispettino al punto d’evitare ogni contatto; che la amino com’era prima di loro e con cannocchiali e telescopi puntati in giù non si stanchino di passarla in rassegna, foglia a foglia, sasso a sasso, formica per formica, contemplando affascinati la propria assenza.” I. Calvino, Le città invisibili 1.1 Cosa è enunciazione? Per una teoria semiotica del discorso Si potrebbe sostenere, non a torto, che lo studio del fenomeno dell’enunciazione abbia segnato un punto di svolta nella semiotica francese e italiana a partire dalla fine degli anni Settanta, e che rappresenti una chiave fondamentale per comprendere gli orientamenti epistemologici di questo settore di ricerca negli ultimi anni.1 Grazie all’analisi della problematica dell’enunciazione, l’interesse della semiotica si è infatti spostato dall’epistemologia strutturale degli anni Sessanta e Settanta, allo studio della dimensione del discorso. Ciò è avvenuto attraverso una progressiva integrazione di riflessioni provenienti dalla pragmatica anglosassone (Austin, Searle), dalla fenomenologia (Husserl, Merleau-Ponty) e dall’ermeneutica (Ricœur), adattate al paradigma semiotico proprio grazie al concetto di enunciazione. Ma che cosa riguarda esattamente tale concetto? Per illustrarlo, partirò citando un aneddoto famoso negli studi di comunicazione politica. 1 Bertrand (2000), trad. it. p. 53. 6 Nel 1988 i candidati francesi alle presidenziali, François Mitterand e Jacques Chirac, si affrontavano in un faccia a faccia televisivo, sulla prima rete nazionale francese. Mitterand era il Presidente uscente, e si ricandidava alle elezioni dopo due anni di governo in coabitazione con il Primo ministro Chirac, dello schieramento opposto, a sua volta aspirante all’Eliseo. Nel corso del dibattito, Mitterand si rivolse ripetutamente a Chirac chiamandolo “Monsieur le Premier Ministre”. Ad un certo punto Chirac, un po’ spazientito, replicò: “Permettetemi soltanto di dire che stasera io non sono il Primo ministro e voi non siete il Presidente della Repubblica. Noi siamo due candidati alla pari, e che si sottomettono al giudizio dei francesi, che è ciò che conta. Mi permetterete dunque di chiamarvi ‘signor Mitterand’”. La risposta, caustica, di Mitterand fu: “Avete perfettamente ragione, signor Primo ministro”. Nel corso di questo scambio verbale, emergono molti dei meccanismi che caratterizzano il fenomeno dell’enunciazione. Innanzitutto il primo interlocutore, Mitterand, rivolgendosi a Chirac con l’appellativo “Primo ministro”, costruisce una precisa gerarchia di relazioni all’interno della quale cerca di incasellare il proprio avversario politico. Egli enuncia cioè un discorso in cui la propria identità e quella del secondo interlocutore sono chiaramente definite. Chirac, in quanto Primo ministro, è collocato su un gradino più basso rispetto alla figura del Presidente, ed è spinto ad accettare questo stato di cose. Il discorso enunciato da Mitterand tenta infatti di inserire al suo interno l’avversario, cercando di spingere Chirac a rivolgersi al proprio interlocutore chiamandolo, per l’appunto, “Presidente”. Tuttavia Chirac tenta di scardinare il discorso di Mitterand e la gerarchia di relazioni che esso propone, enunciando a sua volta un suo discorso, in cui i due soggetti ricoprirebbero invece un ruolo paritario, ma sottoposto (collocato sotto) al giudizio di un terzo soggetto, l’elettorato francese. Così il discorso di Chirac crea una nuova rete di gerarchie e forme di identità, evocando e costruendo un terzo attante (o ruolo comunicativo), che pone al di sopra degli attori politici, con il compito di decidere sull’esito delle elezioni.2 L’abile evocazione di questo terzo attante ha la forza persuasiva di chiamare in causa il singolo elettore a casa che sta assistendo al dibattito televisivo. Si tratta di una azione verbale che porta il telespettatore a identificarsi con un attore collettivo, “l’elettorato giudicante”, 2 Per la definizione formale di “Attante” in semiotica, cfr. il dizionario di Greimas e Courtés (2007), ad vocem. 7 attraverso un gesto che sembra voler nobilmente restituirgli un potere sovrano, che in realtà è però già garantito dalla Costituzione. Il messaggio politico sotteso è chiaramente: “Attenzione, Mitterand sta cercando di sottrarvi il potere che vi spetta, di spodestare il vostro ruolo sovrano”. Chirac si fa paladino del giusto ordine delle cose, si presenta come la persona che sa ascoltare l’elettorato e sa riconoscergli la posizione che gli spetta. Mitterand, con una sola risposta pungente e un sapiente uso dell’ironia, fa invece crollare la realtà che questo discorso propone, il suo insieme di identità e relazioni, riaffermando con forza la gerarchia che inizialmente egli stesso aveva proposto. L’enunciazione è il meccanismo che compie esattamente tutte queste operazioni. Esso è infatti il modo in cui noi, attraverso i linguaggi (verbali, visivi, gestuali, ecc…) costruiamo e cerchiamo di negoziare la nostra identità e quella degli altri. In altre parole, è il modo in cui cerchiamo di negoziare le relazioni tra noi e gli altri, mettendo in gioco dei soggetti e cercando di definire delle forme di comportamento tra questi soggetti, le loro interazioni. Attraverso l’enunciazione, produciamo dei processi comunicativi o discorsi, e ci proiettiamo, spostiamo, immergiamo al loro interno, tentando di coinvolgere anche gli altri, invitandoli ad aderire alle forme di identità e comportamento proposte. Il solo modo per rispondere è quello, da parte dell’interlocutore, di produrre altri discorsi (verbali, visivi, gestuali, spesso in una combinazione tra diversi linguaggi), nel corso di una attività interpretativa di traduzione e rilancio di identità.
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