Incisione Tratta Dall'opera Di M. Bartolomeo Scappi, Cuoco Secreto

Incisione Tratta Dall'opera Di M. Bartolomeo Scappi, Cuoco Secreto

Incisione tratta dall’ Opera di m. Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di papa Pio quinto , del 1570, ripresa dall’edizione apparsa a Venezia, appresso Alessandro Vecchi, 1598 Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati La cucina degli italiani tradizione e lingua dall’Italia al mondo G F Uno dei caratteri peculiari dell’identità linguistica italiana è dato di mercato e di tutela dei prodotti locali, ma anche nella circola- dal concetto dell’unità nella molteplicità. Unità e molteplicità, e, zione delle parole: così che gli italianismi gastronomici nel mondo su un piano diverso, stabilità e mutamento sono categorie attra- sono diventati una componente non trascurabile della di#usione verso le quali si può cercare di interpretare la realtà italiana, anche dell’italiano di oggi. quella linguistica, nel suo farsi storico e nel suo comporsi attuale. La stabilità è dovuta al costituirsi precoce di un modello unita- rio di lingua scritta e letteraria, che trova nell’azione di Pietro LA LINGUA DELLA CUCINA MEDIEVALE: Bembo il cardine di un principio normalizzatore fondato sulla UNA REALTÀ MULTIFORME lingua dei grandi autori !orentini del Trecento; il mutamento è La cucina medievale non è facilmente circoscrivibile né de!nibi- dovuto all’azione molteplice delle forze di cambiamento che pre- le. A tendenze unitarie, che corrispondono a tecniche comuni e mono sulla lingua (in senso verticale, i dialetti; in senso orizzon- vivande di portata addirittura continentale (uniche almeno nel tale, l’in"usso delle lingue straniere di prestigio, il francese prima, nome, come il favoloso biancomangiare ), fanno riscontro caratteri l’inglese poi). Queste relazioni assumono particolare rilievo in un ed elaborazioni non trascurabilmente marcati in senso locale. Il settore primario del lessico qual è quello della lingua della cucina rapporto fra realtà piccole e realtà grandi (locali e globali, direm- e dell’alimentazione: esperienza fondamentale e quotidiana, che mo oggi) è terreno particolarmente sensibile per l’epoca medievale: presenta un forte ascendente nelle radici delle singole comunità, e questo vale a livello del continente e del singolo paese. Anche una forte aderenza alla vita materiale, e al tempo stesso una mar- di recente è stato sottolineato, nella prospettiva della storia del- cata proiezione esterna, proprio in quanto fattore identitario. Si la cucina, come la realtà italiana sia dominata !n dal Medioevo può dunque ri"ettere su come questi caratteri si intreccino nel dalle città, con il contado a cui sono intimamente legate: la città è vivo della realtà materiale, ad esempio con gli scambi fra lingua e luogo di scambio, di mercato, di consumo, le sue porte si aprono dialetti: la dicotomia che opponeva la prima ai secondi, in passato ogni mattino per accogliere i contadini, i mercanti, che portano assunta in una sorta di irredimibile polarità e !ssità, si è venuta i prodotti della campagna circostante da cui essa trae alimento. col tempo articolando, e i con!ni dapprima netti si sono pro- Tutta una tradizione storico-artistica non meno che letteraria ci gressivamente sfumati in una gradazione di registri molteplici e parla di questo rapporto stretto e diuturno fra la realtà urbana variamente connotabili fra lo scritto e il parlato. In secondo luo- e il suo territorio. Si determina poi fra le varie città una circola- go, il processo di globalizzazione delle merci e dei cibi, successivo zione di prodotti, di tecniche, di tradizioni alimentari, che crea all’a#ermarsi dell’industrializzazione, ha ri"essi non solo a livello una situazione di condivisione, una rete di conoscenze, diremmo oggi; e reciprocamente, anche elementi generalmente conosciuti, Un esempio importante è costituito dal ricettario conservato di larga condivisione, possono essere localmente declinati secondo nel codice 1071 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, a quanto usi, consuetudini, tradizioni proprie: è questo il caso, ad esempio, pare il più antico dei manoscritti in volgare italiano che ci sono delle torte , salate e ripiene, un elemento fondamentale della cucina pervenuti, che una particolarissima !ligrana permette di collocare medievale che passerà poi a quella rinascimentale, e che vengono intorno agli anni 1338-1339. Il ricettario, che appartiene alla se- caratterizzate in senso locale secondo un principio di inesauribile conda tradizione, di area toscana, è alle cc. 40-67 del codice. Dal varietà. ms. Riccardiano 1071, pubblicato per la prima volta nel 1890 da Non meno complesso è il problema delle fonti per lo studio Salomone Morpurgo (unico testo di cucina presente al momento della cucina medievale. La codi!cazione scritta della pratica cu- nella banca-dati del Tesoro della Lingua Italiana delle Origini , su linaria, che avviene nell’Europa occidentale, pressoché contem- cui si va costituendo il vocabolario storico dell’italiano antico), si poraneamente nella parte latina e germanica, fra Due e Trecento estrae la ricetta del blasmangiere di pesce : (Bruno Laurioux ha parlato di una riapparizione , dopo l’oblio alto- medievale in cui nemmeno si copiano più i testi classici), produce Se vuoli fare blasmangiere di pesce | p(er) xij p(er)sone togli una messe consistente di testimonianze latine e soprattutto volga- tre libr(e) di mandor[le] | e togli meça libr(a) di çucche- ri, più o meno organiche, a lungo anonime (il primo “autore” che ro e meço quarr[o] | di garofani e due once di pignocchi compare è Maestro Martino intorno alla metà del Quattrocento), mond[i] | (e) una libra di riso e togli due peççi di lucc[io]| dalla testualità aperta a scambi e interferenze, che ci restituiscono grosso (e) una peça di tincha e togli le m[an]-|dorle bene le tracce di una cucina alta, nobile o borghese, certo non popolare. monde e bene lavate e bene | macinate et ste(m)p(er)ate Studi speci!ci negli ultimi venti anni, condotti da storici francesi con acqua chiara bene | spessa (e) bene colata e togli il riso (Jean Louis Flandrin, Odile Redon, Bruno Laurioux già ricordato, bene | netto (e) bene lavato co(n) acqua calda (e) bene | Allen J. Grieco) e studiosi italiani (Lucia Bertolini, Sergio Lubello, rasciutto co(n) tovagla e bene pesto allo spe-|tiale (e) bene Anna Martellotti) ne hanno ridisegnato il panorama e la valenza stacciato e togli il pesce che | tu ài bene lesso (e) bene co- testuale, le vicende di trasmissione, la connotazione linguistica. lato (e) fallo fre-|dare e s!lare il più sottile che tu puoi a Possediamo ora un censimento capillare dei libri di cucina italiani guisa || di polpa /di pollo/ e togli il lacte delle mandorle ante 1500, dal quale sembrano emergere due tradizioni principa- che ttu | ài le tre parti. Metti a fuoco i(n) vasello netto | e li: una di area meridionale, costituitasi alla corte di Federico II quando è levato il bollore ste(m)pera la farina | del riso che secondo la tesi di Anna Martellotti, fondata sul Liber de coquina tu ài co(n) latte crudo che è rimaso | e fallo cuocere dalla (in latino) e poi estesa altrove, e dunque legata all’ambiente delle lungia i(n) sulla brascia (e) me -| stalo spesso. E quando è corti aristocratiche; e una di area toscana, probabilmente di origi- presso che cotto, mettivi | dentro le polpe del pesce (e) ne senese, la cosiddetta tradizione dei dodici ghiotti , che si muove qua(n)tità di çucchero | e trai indietro p(er) minestrare (e) nell’ambiente dell’alta borghesia. Con autori diversi!cati, secondo poni spetie | sopra scodella (e) çucchero e garofani i(n)teri tipologie di intervento di#erenziate, questi ricettari “capostipiti” e | pignocchi mondi. Questa vivanda vuol esere | bianca sono stati copiati, adattati e modi!cati in diverse zone d’Italia; lin- qua(n)to puoi il più e dolce. Se vuoli fare | p(er) più p(er)- guisticamente, testi di#erenti accostano a un latino profondamen- sone o p(er) meno, a q(ue)sta medesima ragione. te intessuto di volgarismi nel lessico e nell’andamento sintattico il volgare nelle sue varietà locali. genere testuale !no al libro di Artusi, che dispiegherà attente e appropriate strategie linguistiche. Il Riccardiano 1071 permette però anche un’altra osservazione, che assume particolare rilievo perché indicativa di una tendenza di lunga durata che accompa- gnerà gran parte della storia della lingua alimentare in Italia. Pur essendo scritto in !orentino, infatti, questo ricettario mostra a li- vello lessicale una marcata connotazione francesizzante, unita a una rilevante presenza di settentrionalismi: la lingua della cucina manifesta !n dalle origini un debito non trascurabile verso la lin- gua d’oltralpe. Sono francesismi blasmangiere , adattamento molto conservativo di blanc manger , e cialdello ( a cialdello ‘preparazione per carne o pesce, probabilmente una zuppa calda’), brodetto ‘in- tingolo’ e morsello ‘boccone’, ‘pezzetto’; settentrionalismi (poi di- venuti di uso generale) raviuolo e vernaccia ‘vino bianco originario delle Cinque Terre’ (dal toponimo Vernaccia / Vernazza ). Non sono però soltanto i ricettari in senso stretto che forni- scono notizie sul lessico della cucina; spesso anche altre fonti do- cumentarie, di cui Firenze e la Toscana sono così ricche per i se- coli del Medioevo, possono darci testimonianze preziose, quando sulle carte ci sia spazio per la vita quotidiana e l’alimentazione. Cito qualche esempio che mi pare particolarmente signi!cativo, Banchetto in una miniatura della Bibbia di Borso d’Este , 1455-1461 in quanto permette di cogliere nella loro antica esistenza parole Modena, Biblioteca Estense Universitaria, manoscritto Lat. 422 = V.G.12, c.

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