Semantica Molecolare Ed Intenzionalità Nei Sistemi Viventi 1

Semantica Molecolare Ed Intenzionalità Nei Sistemi Viventi 1

Mirko Di Bernardo Verso una fondazione naturalistica delle pre- condizioni dell'etica: semantica molecolare ed intenzionalità nei sistemi viventi 1. Agenti autonomi ed auto-catalisi In Esplorazioni Evolutive, testo pubblicato nel 2000 dopo una faticosa gestazione durata quattro anni, Stuart Alan Kauffman, uno dei padri della teoria della complessità biologica contemporanea, mostra l'esito di una ricerca serendipica con un cospicuo numero di risultati sorprendenti. Si tratta di un'opera realmente esplorativa, piena di ipotesi di lavoro euristiche, talvolta feconde talvolta destinate al fallimento la cui argomentazione è, a tratti, oscura ed enigmatica, ma da cui traspaiono, senza ombra di dubbio, sia la passione per la ricerca della verità che l'attaccamento ad alcune tracce di lavoro promettenti. Rispetto agli anni di massimo fervore intellettuale del «pensatoio interdisciplinare» formatosi attorno al Santa Fe Institute durante i quali hanno visto la luce The Origins of Order e A casa nell'universo; rispetto, cioè, a quella temperie scientifica di fine novecento dove tutto sembrava possibile (scoprire la quarta legge della termodinamica per i sistemi aperti in non equilibrio, tracciare una teoria unificata dell'universo, decifrare le leggi senza tempo della biologia universale) e dove la Scienza della Complessità gettava ponti tra domini diversi della fisica, fra la Cibernetica e la teoria dell'informazione, nonché fra matematica, scienze biologiche, economia, psicologia e politica; Esplorazioni evolutive, rispetto a quell'epoca pionieristica, «rappresenta al contempo la chiusura di una trilogia e l'apertura di nuove possibilità, mosse dallo stesso stupore sincero, quasi fanciullesco degli esordi».1 Il grande biochimico americano, infatti, nelle sue esplorazioni cerca di dar vita ad un'ermeneutica dell'evoluzione che spieghi la logica costruttivista del vivente, una logica, vale a dire, che deriva dalla selezione naturale, dall'auto- organizzazione e da altri principi che tutt'ora restano incomprensibili. «La cosa strana della teoria dell'evoluzione è che tutti credono di conoscerla. Com'è vero! Essa sembra, naturalmente, così semplice. I fringuelli zampettano sulle Galapagos e migrano occasionalmente di isola in isola; becchi grandi e becchi piccoli sono utili per semi differenti; i becchi che si adattano ai semi nutrono i piccoli; i becchi di giusta foggia vengono favoriti dalla selezione; le mutazioni sono la riserva di variazioni ereditabili in una popolazione; le popolazioni si evolvono per mutazione, accoppiamento, ricombinazione e selezione per dar vita a quelle varietà ben demarcate che, per Darwin, sono nuove specie. Filogenesi a cespuglio nella biosfera. «Siamo qui, siamo qui!», ognuna grida la sua presenza che data a quattro milioni di anni in uno spettacolo all'aperto che si replica da quattro miliardi di anni. «Siamo qui!». Ma come? Come, in molti sensi. Innanzitutto, la teoria dell'evoluzione di Darwin è una teoria della discendenza con modificazioni. Essa finora non ha spiegato la genesi delle forme, ma la rifinitura delle forme, una volta che sono state generate. «Un po'come ottenere un melo potando tutti i rami», citando uno scettico di fine Ottocento. Come, nel senso più fondamentale: da dove è scaturita la vita per la prima volta? Darwin prende le mosse da una vita già presente. Da dove ha origine la vita è la sostanza di tutte le domande successive sull'origine e sul vaglio delle forme. [...] La cosa strana della teoria dell'evoluzione è che tutti credono di conoscerla. Ma non è così. Una biosfera, o un'econosfera, si costruiscono in modo auto-consistente secondo principi che ancora non sappiamo spiegare.»2 Questi esercizi di biologia teorica, dunque, si pongono un obiettivo molto ambizioso: andare alle radici della definizione del vivente. Così, il nume che lo studioso invoca, è il padre della meccanica quantistica, ovvero E. Schrödinger ed in particolare il suo capolavoro del 1943 dal titolo Che cos'è la vita? . In quel testo il grande fisico suggerì di non ridurre la vita alla fisica, ma di pensare ad una nuova fisica capace di spiegare l'organizzazione propagante della biosfera e dell'universo, ovverossia l'incessante produzione coevolutiva di nuova diversità e nuova complessità di cui solo la vita è capace. «Erwin Schrödinger [...] nel corso delle lezioni magistrali che tenne a Dublino, creò lo scenario della biologia contemporanea. [...] Nessuno però, neanche lo stesso Schrödinger, avrebbe potuto prevederne le conseguenze. Al suo libro, Che cos'è la vita? , si ascrive il merito di aver ispirato una generazione di fisici e di biologi alla ricerca della natura fondamentale dei sistemi viventi. Fu Schrödinger infatti a introdurre in biologia la meccanica quantistica, la chimica ed il concetto di informazione, formulato quest'ultimo in forma ancora embrionale. Egli fu l'antesignano della nostra conoscenza del DNA e del codice genetico. Eppure, per quanto geniale sia stata la sua intuizione, io credo che abbia mancato il bersaglio. Esplorazioni Evolutive punta proprio a quel bersaglio, ma trova in realtà un enigma.»3 Nei due libri precedenti, il grande studioso americano aveva messo in rilievo alcune ragioni crescenti per ritenere che l'evoluzione fosse più ricca persino di quanto avesse immaginato Darwin. La moderna teoria dell'evoluzione, basata sul concetto di discendenza con variazioni ereditabili filtrate dalla selezione naturale per conservare i cambiamenti adattativi, è giunta a ritenere la selezione come l'unica fonte di ordine nella biosfera. Ciò nonostante, la delicata simmetria esagonale di un fiocco di neve testimonia, secondo Kauffman, il fatto che l'ordine può emergere anche senza il contributo della selezione. «The Origins of Order e A casa nell'universo, i miei due libri, avanzano ragioni valide per ritenere che una buona parte dell'ordine negli organismi - - dall'origine stessa della vita all'incredibile ordine nello sviluppo di un neonato a partire da un uovo fecondato -- non sia il riflesso della sola selezione. Piuttosto, io credo, buona parte di tale ordine è auto-organizzato e spontaneo. L'auto-organizzazione si mescola con la selezione naturale secondo modalità poco chiare e produce la nostra pullulante biosfera in tutto il suo splendore. La teoria dell'evoluzione deve perciò essere ampliata. Ma ci serve qualcosa di ben più importante di una teoria dell'evoluzione ampliata. Pur con tutte le valide intuizioni nei miei due libri precedenti, e con l'ottimo lavoro di molte altre persone -- incluso il fulgore evidente della biologia molecolare degli ultimi trent'anni -, il cuore della vita stessa è rimasto come nascosto dietro ad un velo. Noi conosciamo frammenti della meccanica molecolare, dei percorsi metabolici, degli strumenti di biosintesi delle membrane. Insomma, conosciamo molte parti e molti processi. Eppure non ci è ancora chiaro che cosa fa di una cellula qualcosa di vivente: il bersaglio è ancora avvolto nell'ombra.»4 Ritorniamo per un momento alle illuminanti intuizioni di Schrödinger ed al suo tentativo di dare una definizione cardinale della vita. Che cos'è la vita? ha fornito una risposta sorprendente alla sua indagine relativa all'essenza del bios, ponendo una questione rilevante: da dove deriva lo straordinario ordine negli organismi? La risposta classica (per Schrödinger erronea) risiedeva nella fisica statistica. Se si sospende una goccia di inchiostro nell'acqua immobile di una capsula di Petri, per esempio, essa si diffonderà raggiungendo all'equilibrio una distribuzione uniforme, che costituisce una media ricavata da un numero enorme di atomi o di molecole, e non è attribuibile al comportamento di singole molecole: qualsiasi fluttuazione locale della concentrazione di inchiostro, infatti, presto si dissipa per ritornare all'equilibrio. Schrödinger basò il suo ragionamento sulla genetica sperimentale e sui dati relativi all'induzione attraverso raggi X di mutazioni genetiche ereditabili. Così, calcolando «la dimensione del bersaglio» di tali mutazioni, egli capì che un gene poteva includere poche migliaia di atomi.5 Si consideri, per esempio, il lancio, 10000 volte, di una moneta regolare. Il risultato sarà 50% testa e 50% croce con una fluttuazione di circa 100, ovvero la radice quadrata di 10000. Una tipica fluttuazione da testa e croce 50: 50, perciò, sarà pari a 100/10000, ovvero all'1%. Si immagini ora che il numero dei lanci sia 100 milioni: le sue fluttuazioni saranno la sua radice quadrata, cioè 10000. Se si effettua la divisione, 10000/10000000 produce una tipica deviazione, pari allo 0. 01%, dal rapporto 50: 50. «Schrödinger era pervenuto alla conclusione corretta: se i geni sono costituiti da diverse centinaia di atomi appena, le fluttuazioni statistiche familiari previste dalla meccanica statistica sarebbero così ampie che l'ereditabilità sarebbe pressoché impossibile. Le mutazioni spontanee si verificherebbero con una frequenza enormemente più grande di quella osservata. La fonte di ordine deve risedere altrove. La meccanica quantistica, sosteneva Schrödinger, viene in soccorso alla vita. Essa assicura che i solidi abbiano strutture molecolari rigidamente organizzate, e un cristallo ne è il caso più semplice. Ma i cristalli sono strutturalmente monotoni: i loro atomi sono disposti su una griglia tridimensionale regolare. Se conosciamo la posizione di tutti gli atomi in un'unità minima di cristallo, sapremo dove si trovano tutti gli altri atomi dell'intero cristallo. E'un po'un'esagerazione, poiché vi possono essere difetti complessi. Il punto però

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