View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Electronic Thesis and Dissertation Archive - Università di Pisa UNIVERSITÀ DI PISA DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE ANNO ACCADEMICO 2013/2014 TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA “Sono diverso e certamente solo”. Il Teatro Canzone anni Settanta di Gaber e Luporini e il pubblico-interlocutore. IL RELATORE IL CANDIDATO Prof.ssa Anna Barsotti Alessandro Cei A.A. 2013/2014 Indice Premessa ................................................................................................................................ 3 1967-1969. La morte di Tenco, il ’68, la strage di stato ....................................................... 8 Il signor G ............................................................................................................................ 18 1970-1973. La strategia della tensione, i gruppi extraparlamentari e l’antipsichiatria ....... 47 Dialogo tra un impegnato e un non so ................................................................................. 57 Far Finta di essere sani ........................................................................................................ 98 1974-1978. Il compromesso storico, Pasolini, la “Scuola di Francoforte”, il movimento del ’77, il rapimento Moro ...................................................................................................... 129 Anche per oggi non si vola ................................................................................................ 143 Libertà obbligatoria ........................................................................................................... 171 Polli di allevamento ........................................................................................................... 207 Per una conclusione ........................................................................................................... 244 Bibliografia ........................................................................................................................ 251 Teatrografia di Giorgio Gaber ........................................................................................... 255 Premessa Giorgio Gaber diventa un personaggio pubblico nazionale il 4 aprile del 1959, quando esce, magro e appena ventenne, da dietro un juke box, per cantare Ciao ti dirò durante la trasmissione Il Musichiere. Comincia con uno sfrenato rock and roll cantato in italiano la storia di uno dei più importanti uomini di musica e di teatro del Novecento italiano. Quale percorso abbia condotto l’artista milanese, attraverso gli anni della televisione e dei 45 giri, alla presa di coscienza e alla radicale scelta del Teatro Canzone sarà uno dei campi di questa ricerca. Cosa ha spinto un cantante amato e affermato a fare a meno di un pubblico ormai fidelizzato e a guadagni da star per gettarsi in una nuova e ben poco sicura avventura? Nel primo capitolo di questo elaborato saranno analizzati i motivi che spinsero oltre il mondo patinato delle riviste un giovane musicista e intrattenitore: la morte di Luigi Tenco durante il festival di San Remo del 1967, l’arrivo del ’68, della contestazione, la nascita di un nuovo pubblico attento e aggiornato, la necessità di un confronto serrato e mai indulgente, la volontà di scendere nelle profondità dell’animo umano. In questa sezione, come in tutto il resto della ricerca, sarà indispensabile tenere sempre presenti gli eventi di quegli anni che entrano (e non solo dal punto di vista delle tematiche) a far parte dei lavori di Gaber e Luporini. Cercare le connessioni tra gli eventi storici e ciò che accade sul palco del Teatro Canzone sarà il centro focale dell’analisi, dimostrare quanto le relazioni socio politiche dei due autori contribuiscano a forgiare le loro opere, sia dal punto di vista dei temi sia da quello della forma (scrittura, messa in scena, recitazione, mimica). La storia del Teatro Canzone degli anni Settanta non può essere slegata dalla storia di quegli anni; gli eventi e le citazioni si intersecano, gli stimoli e la rabbia convivono nel sistema di scrittura e messa in scena. Ogni spettacolo muove dal “qui ed ora”, dal presente che autori, attore e spettatori si trovano a condividere. Per questo risulterà indispensabile affiancare alle analisi e alle descrizioni di ogni spettacolo una mirata introduzione storico- sociale, con particolare attenzione a quei movimenti e a quegli ambiti culturali più vicini a Gaber e a Luporini. Più di altre manifestazione artistiche, il lavoro dei due autori vive della linfa vitale degli anni Settanta e proprio quando quei movimenti si radicalizzano o deviano (vedi lotta armata e brigatismo) o si irrigidiscono (vedi deriva pseudo-religiosa “orientaleggiante”) anche il Teatro Canzone ha una battuta d’arresto. Dopo Polli di allevamento (1978) segue un silenzio teatrale lungo sostanzialmente due stagioni, riempito da un disco interessante 3 ma distante da qualsiasi forma teatrale1 e una canzone-testamento come Io se fossi Dio. Quando i due autori tornano al Teatro Canzone lo fanno con Anni affollati (’81-’82), commiato più meditato, ma sicuramente una presa di coscienza della rottura di un rapporto, della fine di un’epoca: il pubblico, un tempo legato da ideali non troppo distanti, ormai non appare che una massa di individui, per di più entrano a farne parte giovani che non hanno avuto voce in capitolo negli anni Settanta, una nuova leva di uomini con cui Gaber vuole ancora parlare. Tra le tesi di questo elaborato ecco dunque comparire quella che informa di sé tutta la ricerca: la stagione d’oro del Teatro Canzone coincide imprescindibilmente con le istanze più interessanti di un periodo storico e di due generazioni; lo scambio reciproco tra attore, autori e pubblico è determinante nell’evoluzione di una forma ibrida che, una volta esaurita la spinta propositiva e espulse le ultime dolorose scorie, mostra il fianco e perde buona parte della sua potenza. Gaber e Luporini ritroveranno le idee e la convinzione di un tempo solo quando sceglieranno di approdare ad un’altra forma di spettacolo: Il teatro d’evocazione. Qui non vi sarà più un’alternanza di monologhi e canzoni, ma un ininterrotto racconto, narrato e vissuto allo stesso tempo dall’attore-autore2, ancora una volta solo sulla scena. Attraverso questo nuovo strumento i due autori troveranno un nuovo interlocutore, l’individuo: figura che si era affacciata sotto varie sfaccettature già ai tempi del primo Teatro Canzone, ma questa volta senza illusioni di comunità e volontà di cambiamento della società. La rivoluzione sembra essere possibile solo dentro un uomo, il cambiamento non può coinvolgere gruppi o masse; l’unica rivoluzione possibile è dentro, e non fuori dall’uomo, nei rapporti più stretti e non nella società. Con queste affermazione non si intende dare giudizi di merito sull’una o l’altra opera gaberiana, ma soltanto marcare differenze e linee di confine indispensabili alla comprensione di un genere ibrido che ha avuto una sua funzione artistica importantissima negli anni Settanta, per poi adagiarsi su una struttura sicura e riprodursi ancora per due decenni. Negli anni Ottanta e Novanta Gaber e Luporini continueranno a scrivere monologhi toccanti, sotto il profilo formale forse ancora più convincenti di quelli degli anni precedenti; i due scriveranno ancora canzoni innovative e valide sotto ogni aspetto. A subire un indebolimento sarà l’idea stessa del Teatro Canzone, forma artistica che presuppone non tanto l’esistenza di un pubblico, ma di un interlocutore; un genere di spettacolo dialogante, che si arricchisce, di anno in anno e di replica in replica, degli stimoli che singoli e gruppi portano nel camerino dell’attore dopo ogni spettacolo, nei 1 Giorgio Gaber, Pressione bassa, Milano, Carosello, 1980. 2 Per il concetto di “attore-autore” cfr. A. Barsotti, Eduardo, Fo e l’attore autore del Novecento, Roma, Bulzoni, 2007. 4 dibattiti, negli incontri pubblici. L’esistenza di un movimento o di più movimenti paralleli alla storia del Teatro Canzone non è una questione di inquadramento storico, ma qualcosa di più: senza mai aderire gli uni alle idee dell’altro, spettatori e attore vivono come un viaggio comune, un percorso che in certi momenti porta le due parti ad incontrarsi, in altri ad allontanarsi e in altri ancora a scontrarsi. Finché movimenti e pubblico, almeno parzialmente, coincidono, il Teatro Canzone cresce e si arricchisce, quando l’interlocutore comincia a mancare gli spettacoli perdono di unità, pur restando sempre strumenti perfettamente oleati sotto il profilo formale. Ci vorranno anni di dubbio e ricerca, testimoniati ampiamente nel volume scritto da Luporini a dieci anni dalla scomparsa dell’amico e collaboratore3, per ritrovare una strada convincente. Saranno tre i capitoli dedicati alla realtà sociale e ai fatti storici coevi agli spettacoli di Gaber: un primo tratterà degli anni decisivi per la scelta del teatro e l’abbandono della televisione (1967-1969. La morte di Tenco, il ’68, la strage di Stato), il secondo tratterà del nascente rapporto fra l’attore e i movimenti politici scaturiti dal ’68 (’70-’73. La strategia della tensione, i gruppi extraparlamentari e l’antipsichiatria), mentre il terzo (1974-1978. Il compromesso storico, Pasolini, la “Scuola di Francoforte”, il movimento del ’77, il rapimento Moro) si occuperà della crisi, e poi della conclusiva rottura, tra Gaber e la parte più politicizzata del
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