Allegato B Elenco Delle Produzioni

Allegato B Elenco Delle Produzioni

Allegato B Elenco delle produzioni tipiche utilizzabili Le seguenti produzioni tipiche sono state selezionate dal Comune di Palma Campania con l’ausilio di Slow Food Campania: 1. Albicocca vesuviana Con il termine “albicocca Vesuviana” si indica un insieme di oltre quaranta diversi biotipi tutti originari dello stesso luogo. I più diffusi sono: Ceccona, Palummella, S. Castrese, Vitillo, Fracasso, Pellecchiella, Boccuccia Liscia, Boccuccia Spinosa e Portici. La coltivazione è attualmente estesa a tutto il territorio dell'area vesuviana, dove infatti è nota la particolare fertilità dei terreni, che, essendo di natura vulcanica, sono ricchi di minerali e in particolare di potassio, elemento noto per la sua influenza sulla qualità organolettica dei frutti e dei vegetali in genere, e che, in questo caso contribuisce a conferire alle albicocche un gradevole e caratteristico sapore. Data la variabilità degli elementi che caratterizzano le numerose varietà, si potrebbe generalizzare la loro descrizione definendole come varietà per la maggior parte a maturazione precoce e medio - precoce: si raccolgono verso metà giugno. Sono apprezzate sul mercato per le loro caratteristiche organolettiche, soprattutto per sapidità e dolcezza. Si distinguono dal punto di vista estetico per la presenza di un sovra colore rosso sfumato o punteggiato sulla base giallo- aranciata della buccia di una buona parte di esse. Il territorio interessato alla produzione è compreso nei seguenti comuni della provincia di Napoli: Palma Campania, Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, S. Anastasia, S. Giorgio a cremano, S. Sebastiano al Vesuvio, S. Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno, Trecase, Torre Annunziata, Torre del Greco, Nola. 2. Torzella La torzella è uno dei più antichi tipi di cavolo che si sono sviluppati nel bacino del mediterraneo, infatti è detta anche "cavolo greco", oltre che “torza riccia”. Oggi è una pianta presente soprattutto nella zona dell'Acerrano Nolano, in provincia di Napoli. Presenta foglie carnose ricce, di colore verde scuro, ed è molto e resistente al freddo. I germogli vengono raccolti per essere consumati sia allo stato fresco che cucinati in appetitose ministre della cucina tradizionale napoletana. In estate, ad esempio, il particolare sapore si sposa, dopo una breve cottura, con il pomodoro San Marzano, ma viene anche utilizzato crudo in insalate o per guarnire pietanze in combinazione con frutti di mare. D'inverno rappresenta un ingrediente immancabile della tradizionale minestra maritata. 3. Noce varietà Sorrento La più pregiata e diffusa varietà campana è la Sorrento, originaria della penisola sorrentina, che col tempo ha dato luogo a un'ampia gamma di biotipi, tutti commercialmente noti come Noce di Sorrento. I due ecotipi più diffusi sono: uno allungato, regolare, leggermente appuntito all'apice e smussato alla base, l'altro rotondeggiante, più piccolo. Le valve, in entrambi i casi, sono lisce, di ridotto spessore, il frutto è costituito dal gheriglio di sapore gradevolissimo, poco oleoso di colore bianco crema. Una delle principali caratteristiche è che, a differenza delle altre cultivar il gheriglio può facilmente essere estratto integro, cosa che la rende Allegato B particolarmente apprezzato dall'industria dolciaria e dai consumatori. La raccolta si concentra nei mesi di settembre e ottobre con una resa estremamente variabile, anche in considerazione delle condizioni nelle quali si trova la coltura. Come spesso accade per altre produzioni anche al noce sono legati significati propiziatori o comunque legati all'occulto. Secondo la tradizione, infatti, ai novelli sposi venivano lanciate delle noci in segno beneaugurale, perché considerate simbolo di fecondità. Nella mitologia romana, invece, questo frutto era considerato simbolo degli inferi. L'antica presenza del noce in Campania, comunque, è testimoniata dal ritrovamento negli scavi di Pompei di alberi carbonizzati molto simili agli attuali. L'ambiente pedoclimatico campano, particolarmente favorevole a tale coltura, ha consentito una sua larga diffusione nella maggior parte degli areali di pianura e di collina. La produzione più pregiata è quella della costiera Sorrentina, ma la coltivazione è presente in particolare nell'agro acerrano-nolano, nell'area flegrea, nei comuni vesuviani, nel Vallo di Lauro e Baianese, nell'area del Taburno e della Valle Caudina, nella Piana Casertana e nell'area dei Monti Picentini Valle dell'Irno. 4. Nocciola piana di Palma Il nome scientifico del nocciolo è Corylus avellana. Il termine Corylus deriva dal greco “còrys”, significa copricapo e rimanda alla mente la foglia che protegge la nocciola. Il termine avellana, invece, deriva da Avella, comune in provincia di Avellino noto fin dall’antichità per la coltivazione massiccia di noccioli. È una pianta che ha esigenze modeste in termini di terreno e di clima. In Italia è coltivata soprattutto in Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia. Le varietà italiane sono la Tonda Gentile delle Langhe, piemontese; la Tonda Gentile Romana della provincia di Viterbo; la Mortarella e la S. Giovanni, campane a frutto allungato; la Camponica, campana a frutto grosso; la Nostrale o Siciliana che è la varietà più diffusa in Sicilia; la Tonda di Giffoni, originaria della provincia di Salerno e coltivata in varie zone della Campania e del Lazio. La coltivazione del nocciolo in Campania è antichissima come dimostrato non solo nella letteratura latina, ma anche in diversi reperti archeologici, quali, ad esempio, alcuni resti carbonizzati di nocciole che sono esposti al Museo Nazionale di Napoli. La nocciola è una risorsa strategica dell’agricoltura e dell’economia campana tanto che la regione detiene il primato produttivo in Italia. Il nocciolo in Campania non è solo una risorsa economica, ma anche paesaggistica e culturale in quanto è testimone della tradizione rurale e dell’antica civiltà contadina. Uno dei comuni campani tra i maggiori produttori di nocciole è proprio Palma Campania. La nocciola della collina e della piana di Palma può essere di due varietà: Mortarella o Tonda di Giffoni. La Mortarella ha una dimensione medio-piccola e una forma leggermente allungata. La pellicola interna si stacca facilmente e questo ne rappresenta un tratto distintivo. Il guscio, sottile e leggermente schiacciato nella parte inferiore, è di colore marrone chiaro con striature più scure. La polpa è consistente, di colore bianco-avorio. Quando viene tostata, il sapore rimanda a sentori di crosta di pane e caramello. La Tonda di Giffoni, invece, è una delle varietà italiane più pregiate in assoluto. Nel 1997, infatti, ha ottenuto il riconoscimento di IGP. Il seme della Tonda di Giffoni IGP ha una forma perfettamente rotondeggiante. È particolarmente adatta alla tostatura, alla pelatura e alla calibratura e, proprio grazie a queste sue vantaggiose caratteristiche, si presta facilmente alla trasformazione industriale. Pertanto, è molto richiesta dalle industrie per la produzione di pasta e granella, nonché come materia Allegato B prima per la preparazione di dolci di largo consumo. La nocciola di Giffoni IGP è ideale anche per essere consumata come snack, sia in guscio che denocciolata. La raccolta dei frutti inizia solitamente verso la fine di agosto. Successivamente le nocciole vengono essiccate e infine depositate in luoghi freschi e ventilati. 5. Broccolo friariello I broccoli di rapa o cime di rapa coltivati in Campania sono detti "friarielli", perché fritti in padella, con aglio olio e peperoncino, grazie al loro caratteristico sapore amarognolo e all'inconfondibile profumo che sprigionano, rappresentano il contorno immancabile per molti piatti invernali, come le salsicce, la carne di maiale o la provola, fresca o alla brace. Sono coltivati tutto l'anno ed in tutta regione, anche se quelli migliori si trovano in commercio dal tardo autunno al principio della primavera; dei friarielli si consumano le foglie più tenere, che, negli ultimi anni, vengono usate anche come ingrediente per nuove ricette, come pizze rustiche o particolari sughi per la pasta. 6. Pomodoro giallo del piennolo Detto anche ‘o spunzillo oppure ‘a pummarulella ‘e mazzo, dal 1544 è il primo e l’unico vero “pomo d’oro”, quello che per il suo colore ha dato il nome al comune pomodoro. Giallo come il sole, ha buccia spessa, polpa soda e un grande dolce sapore. Le sue caratteristiche lo rendono ricco, sano e sostanzioso, con un gusto eccezionale e un contenuto di vitamine tre volte superiore agli altri pomodori. I monaci camaldolesi di Nola lo hanno custodito e coltivato per tramandarlo a noi come un vero tesoro. 7. Cachi dell’Agro Nolano e del Vesuvio In Campania, il loto, frutto dalle antichissime origini, si chiama Cachi, Cachisso o Cachino, regionalizzazione del nome Kaki, forma breve di Kaki No Ki, espressione con cui in Giappone si definisce questa dolcissima delizia. Originario della Cina meridionale e coltivato in Giappone, in Europa se ne persero le tracce fino al 1700, quando ne fu ripresa la coltivazione come pianta ornamentale dal momento che è molto resistente ai parassiti e difficilmente viene attaccato da muffa grigia. Solo verso la fine del 1800 viene apprezzato come albero da frutto, prima in Francia e poi in Italia dove se ne importarono dal Giappone varietà pregiate. I toscani, sempre fedeli all’italiano più aulico, lo chiamano Diospero, cioè Pane degli Dei, a sottolineare l’importanza che il loto ha all’interno della dieta alimentare. Che sia un frutto conosciuto fin dall’antichità,

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