Archivio di Stato di Ancona Commissione Conservatrice dei monumenti storici e letterari e degli oggetti di antichità e d’arte nelle Marche Inventario A cura di D. Donninelli; P. Galeazzi Introduzione a cura di C. Giacomini 1 Indice Premessa p. 3 Introduzione p. 4 Struttura p. 9 Inventario p. 17 2 Premessa Il presente fondo documentario è il risultato di un riordinamento effettuato sulla carta, mantenendo, perciò, l’ordine dei documenti dato dal precedente soggetto conservatore; poiché non è possibile allo stato attuale la ricostruzione dell’originario ordinamento voluto dalla Commissione conservatrice ai monumenti, soggetto produttore dell’archivio. Pertanto nella lettura del presente strumento sarà necessario tenere conto del fatto che la struttura non ripropone l’ordine presente nelle singole cassette, bensì una restituzione del materiale documentario effettuata per province e comuni che ha lo scopo di consentire al fruitore del fondo documentario di conoscere quanto prodotto e conservato dalla Commissione in riferimento a questi luoghi e ai monumenti e oggetti d’arte custoditi presso di essi. Si ha, perciò, una scheda fondo, alla quale segue una scheda serie, indicativa della provincia, e una sottoserie, indicativa dei comuni; a quest’ultima sono associate le schede unità archivistica (fascicoli) che si riferiscono a quanto è presente nell’archivio della Commissione conservatrice in relazione ai beni conservati in un determinato comune. Per ogni unità archivistica è riportata la segnatura, indicata con il numero di cassetta e fascicolo (es. cassetta 5, fasc. 3). Le schede sono la trasposizione in forma sintetica di quanto inserito nel Sistema informativo degli Archivi di Stato (SIAS) al quale si rinvia per ogni informazione aggiuntiva (www.archivi-sias.it). Daniela Donninelli; Pamela Galeazzi 3 LA COMMISSIONE CONSERVATRICE DELLE MARCHE E IL SUO ARCHIVIO1 Carlo Giacomini Le carte della Commissione conservatrice, nel luglio del 2012, sono stato versate all’Archivio di Stato di Ancona dalla Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche che storicamente le aveva sempre custodite, prima sotto il titolo di “Archivio Ciavarini” e poi con la denominazione “Archivio vecchio Brizio”. Il piccolo fondo documentario, a lungo creduto disperso e perduto, rappresenta un patrimonio prezioso e di rilevante interesse dal momento che testimonia le attività realizzate nella regione dal primo ufficio postunitario dedicato alla tutela dei beni culturali. La Commissione conservatrice dei monumenti storici e letterari e degli oggetti di antichità e d’arte nelle Marche venne istituita il 3 novembre 1860, cioè prima ancora che avesse luogo il plebiscito d’annessione al Regno d’Italia, in base al decreto n. 311 del Regio Commissario Generale Straordinario Lorenzo Valerio, da pochi mesi insediatosi ad Ancona con il compito di condurre le province marchigiane all’interno del nascente assetto statale. Il compito primario affidato alla Commissione, finanziata con un fondo annuale pari a 3.000 lire, era di censire e porre al riparo da ogni possibile guasto i beni culturali del territorio regionale. La tutela doveva garantire tutte le categorie di tale speciale eredità collettiva: oggetti e opere raccolte in musei e pinacoteche, manoscritti documentazioni e libri rari presenti in archivi e biblioteche, monumenti architettonici e complessi archeologici come pure singoli reperti d’antichità e arte, sino a comprendere iscrizioni epigrafiche, collezioni numismatiche e altro ancora. 1 G. PIGNOCCHI–C. GIACOMINI, Carisio Ciavarini (1837-1905). in G. PIGNOCCHI (a cura di), La cultura come impegno civile e sociale: una vita al servizio della conoscenza come strumento di libertà e progresso, Ancona, Il lavoro editoriale, 2008, p. 175; C. GIACOMINI, La Commissione conservatrice dei monumenti storici e letterari e degli oggetti di antichità e d’arte nelle Marche. Il primo ufficio postunitario per la tutela dei beni culturali della regione, in G. GIUBBINI e M. TOSTI CROCE (a cura di), Storia di una trasformazione. Ancona e il suo territorio tra Risorgimento e Unità, Ancona, Il lavoro editoriale, 2011, pp. 307-340; C. GIACOMINI, L’archivio ritrovato: le carte della Commissione conservatrice delle Marche, in «Rimarcando», Bollettino della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, 8, 2014, pp. 162-170. 4 La conoscenza di questo patrimonio, prevista attraverso campagne di catalogazione dei beni di proprietà pubblica (attività che però poteva estendersi anche a quelli di natura privata), oltre ad assicurarne un’opportuna salvaguardia e «l’onor nazionale, perché il passato d’un popolo è parte del suo avvenire», era dichiaratamente finalizzata «all’incremento degli studi archeologici, storici ed artistici». In sintonia con gli ideali positivisti e il condiviso spirito risorgimentale, pertanto, il beneficio atteso doveva favorire non solo la «parte più colta della Nazione», ma il progresso sociale dell’intera popolazione. Dopo i primi anni di vita, nei quali l’ufficio si dedicò principalmente a sovrintendere alle acquisizioni statali dei beni delle corporazioni religiose soppresse, la mancanza di una coerente legislazione statale in materia e una certa disorganizzazione della Commissione, composta da volontari nominati ex lege, ne misero in pericolo l’esistenza e l’operatività. Neppure l’emanazione di un apposito regolamento (Regio Decreto n. 892 del 30 settembre 1863) che ne delineava l’articolazione prevedendo quattro Sezioni provinciali con sede nei rispettivi capoluoghi e competenza sui rispettivi territori, determinò un rinnovato slancio e una incisiva azione nei gravosi compiti che spettavano ai suoi membri. Essi, non di rado, erano costretti a subire pressioni di ogni sorta dovendo mediare tra ordini prefettizi, richieste delle amministrazioni comunali e i superiori interessi del demanio militare, che in quegli anni – specialmente nel capoluogo dorico – requisiva edifici monumentali trascurando frequentemente prescrizioni e cautele espresse dalla Commissione. Il citato regolamento affidava alla Sezione di Ancona il ruolo di «centro amministrativo» con il compito di dirigere e coordinare le attività delle altre nel «compilare e tenere in corrente il catalogo degli oggetti d’arte e d’antichità di ogni specie, inviandone copia alla Sezione del centro», di redigere i bilanci complessivi, convocare nel capoluogo dorico le assemblee o adunanze generali almeno una volta l’anno e di corrispondere «essa sola col Ministero a cui si attiene». Le norme, inoltre, stabilivano che ogni sezione dovesse nominare un presidente, un segretario e i loro vice. Presidente della Sezione centrale, eletto nella prima e costituente assemblea del 17 gennaio 1861, come testimoniato dai verbali delle adunanze, fu il conte Terenzio Mamiani, letterato e patriota pesarese che in quegli anni ricopriva importanti incarichi politici nazionali. L’illustre personaggio, tuttavia, non partecipò mai alle riunioni della Commissione assumendo unicamente la figura di presidente onorario, tanto che il ruolo effettivo venne garantito dal suo vice, il professore Ciriaco Pio Marini, coadiuvato dal segretario della sezione anconitana Carlo Rinaldini. Un decisivo e favorevole cambiamento di rotta si concretizzò solo nel 1868, quando Carisio Ciavarini venne eletto segretario della sezione centrale in sostituzione del dimissionario Francesco De Bosis, subentrato nella funzione alla morte del Rinaldini avvenuta tre anni prima. 5 Il professor Ciavarini rimase ininterrottamente in carica sino allo scioglimento della Commissione conservatrice delle Marche, decretato nel 1877, ma continuò a operare nel settore come Ispettore degli scavi e monumenti della neonata articolazione determinata dalla riforma. Nel decennio di servizio in qualità di segretario della Commissione egli seppe dare un nuovo e concreto indirizzo alle attività dell’istituto, promuovendo senza posa una serie di iniziative e di programmi a lungo termine volti alla conoscenza e tutela del patrimonio artistico marchigiano, interessandosi anche a settori in certo modo secondari quali la numismatica e l’araldica. Grazie alla sua tenacia e all’impegno intellettuale il Catalogo degli oggetti d’antichità e monumenti artistici delle Marche venne finalmente concluso e spedito a Roma, l’ufficio fu dotato di una biblioteca in certo modo specialistica, si avviò una campagna di censimento sistematico degli archivi comunali e in parallelo si cercò di coinvolgere le amministrazioni locali affinché curassero il riordinamento dei propri archivi storici. A corollario di questa complessa operazione, sotto la direzione di Ciavarini, furono poi editi una serie di studi e testi all’interno della collana Collezione di documenti storici antichi inediti ed editi rari delle città e terre marchigiane. Lo stesso archivio della Commissione fu ordinato e implementato secondo un titolario di classificazione ideato dal segretario, la cui traccia è oggi appena visibile e riscontrabile sulle camicie di alcuni fascicoli originali. La disciplina archivistica e l’archeologia furono i campi di studio preferiti da questo poliedrico e lungimirante personaggio che, nel corso degli anni, produsse numerosi volumi e articoli, creò il Gabinetto archeologico di Ancona (futuro Museo Nazionale) effettuando personalmente scavi e acquisizioni di reperti, così come si occupò della sorte degli archivi storici realizzando lui stesso riordinamenti documentari, il più complesso dei quali fu sicuramente quello relativo al fondo comunale di Ancona che lo occupò dal 1879 al
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