la rivista di engramma luglio/agosto 2020 174 Navi della libertà edizioniengramma La Rivista di Engramma 174 La Rivista di Engramma 174 luglio/agosto 2020 Navi della libertà a cura di Danae Antonakou, Monica Centanni e Francesco Monticini edizioniengramma direttore monica centanni redazione sara agnoletto, mariaclara alemanni, maddalena bassani, elisa bastianello, maria bergamo, emily verla bovino, giacomo calandra di roccolino, olivia sara carli, giacomo confortin, silvia de laude, francesca romana dell’aglio, simona dolari, emma filipponi, francesca filisetti, anna fressola, anna ghiraldini, laura leuzzi, vittoria magnoler, michela maguolo, nicola noro, marco paronuzzi, alessandra pedersoli, marina pellanda, daniele pisani, alessia prati, stefania rimini, daniela sacco, cesare sartori, antonella sbrilli, elizabeth enrica thomson, christian toson, nicolò zanatta comitato scientifico lorenzo braccesi, maria grazia ciani, victoria cirlot, georges didi-huberman, alberto ferlenga, kurt w. forster, hartmut frank, maurizio ghelardi, fabrizio lollini, paolo morachiello, oliver taplin, mario torelli La Rivista di Engramma a peer-reviewed journal 174 luglio/agosto 2020 www.engramma.it sede legale Engramma Castello 6634 | 30122 Venezia [email protected] redazione Centro studi classicA Iuav San Polo 2468 | 30125 Venezia +39 041 257 14 61 ©2020 edizioniengramma ISBN carta 978-88-31494-36-6 ISBN digitale 978-88-31494-37-3 finito di stampare luglio 2020 L’editore dichiara di avere posto in essere le dovute attività di ricerca delle titolarità dei diritti sui contenuti qui pubblicati e di aver impegnato ogni ragionevole sforzo per tale finalità, come richiesto dalla prassi e dalle normative di settore. Sommario 7 Le navi della libertà. Editoriale Danae Antonakou, Monica Centanni e Francesco Monticini 13 Alexander Ponomarev, SubTiziano. L’anti-camouflage come atto di libertà Silvia Burini 25 Onde libere e rock ‘n’ roll. La rivoluzione delle emittenti offshore Alessandra Pedersoli e Christian Toson 77 La nave Mataroa (Atene-Parigi 1945). Un mito greco contemporaneo Danae Antonakou 135 Where Europe comes on an end. The travel of Capitaine Paul-Lemerle (Marseille 1941) Misha Davidoff 143 La nave come metafora. Nota sul piroscafo Patris II e sul film Architects’ Congress di László Moholy-Nagy, a proposito del IV CIAM di Atene (1933) Giacomo Calandra di Roccolino 157 L’ultima nave bizantina. Costantino Lascaris, la prisca theologia e il Lascaris di Abel-François Villemain Francesco Monticini 199 Libri quos mari transmisi Venetias. Busbecq, Prodromos Petra e i giacimenti librari costantinopolitani al tempo di Solimano il Magnifico Silvia Ronchey 231 Tra gli allori di Venezia. L’Albania e Scanderbeg sul Bucintoro, “il più superbo naviglio” al mondo Lucia Nadin 249 Paralos. La città è una nave, la nave è la città Monica Centanni Testi 309 Journal d’exil Mimica Cranaki Recensioni 329 Una nave può. Alla ricerca della libertà con “Mediterranea Saving Humans”. Recensione di: Cosa può una nave (Roma 2019) Maria Bergamo Le navi della libertà Editoriale di Engramma n. 174 a cura di Danae Antonakou, Monica Centanni, Francesco Monticini Questo numero di Engramma tratta di migrazioni, di fughe, di approdi. Se il viaggio è considerato da sempre uno strumento di conoscenza, quello compiuto per mare, in virtù dell’apertura dell’orizzonte che il mare assicura, implica un passaggio e una metamorfosi: chi si mette in viaggio per mare più o meno consapevolmente sa che ci sarà uno iato fra il prima e il poi, fra la partenza e l’arrivo, fra il profilo della persona che si imbarca e quello della persona che da qualche parte approda. Lo abbiamo imparato già da Omero ma, più ancora, da Constantinos Kavafis: il poeta invita il suo Odisseo a fare voti che il viaggio sia pieno di avventure e conoscenze (γεμάτος περιπέτειες, γεμάτος γνώσεις); senza credere ai mostri, perché la paura si evita tenendo alto lo sguardo e intatto, perfetto, l’impulso del desiderio (ἂν μέν᾿ ἡ σκέψις σου ὑψηλή, ἂν ἐκλεκτὴ / συγκίνησις τὸ πνεῦμα καὶ τὸ σῶμα σου ἀγγίζει); tenendo ferma la mèta di Itaca, nella mente, perché da Itaca viene il dono della partenza, ma senza precipitare il viaggio (Πάντα στὸ νοῦ σου νἄχῃς τὴν Ἰθάκη. / Τὸ φθάσιμον ἐκεῖ εἶν᾿ ὁ προορισμός σου. / Ἀλλὰ μὴ βιάζῃς τὸ ταξείδι διόλου), perché il viaggio stesso è il dono di Itaca, qualsiasi cosa ‘Itaca’ significhi per chiunque si metta per mare. Ma Itaca non ha più niente da dare a chi è partito (Ἡ Ἰθάκη σ᾿ ἔδωσε τ᾿ ὡραῖο ταξίδι / Χωρὶς αὐτὴν δὲν θἄβγαινες στὸν δρόμο. / Ἄλλα δὲν ἔχει νὰ σὲ δώσει πιά). Chi parte, come Odisseo, sa bene nel fondo del cuore che è naufrago non già da Troia, non già dai mostri che ha incontrato nel viaggio, ma dalla ‘sua’ Itaca – e che Itaca deve riconquistare, e che il prezzo di questa riconquista è perdere la sua stessa precedente identità. La Rivista di Engramma 174 luglio/agosto 2020 7 È il pericolo incombente, ma anche, più autenticamente, una tensione del desiderio che spinge il migrante a cercar fortuna, facendo rotta verso altrove; e però la spinta iniziale non è mai un progetto prefissato, ma è piuttosto una pulsione animata da una inquietudine profonda. La costa della partenza e quella dell’approdo sono separate non solo dalla distesa del mare “dalle infinite strade”, ma anche, soprattutto, dalle rotture nello stato d’animo del migrante, frastagliato e contrastante, sospeso in quel pericoloso frangente che decide tra il prima e il dopo. In questo numero di Engramma abbiamo cercato di accostare quelle due sponde: la banchina di chi sbarca e di chi si imbarca, di chi trova rifugio e di chi fugge, di chi non sa ancora nulla di ciò che lo attende e di chi conosce fin troppo bene quel che sta lasciando. Al centro di questo pensiero, si mette progressivamente a fuoco un’immagine che riemerge in momenti di svolta nella storia della tradizione classica: la figura della nave come veicolo di libertà. Per illuminare e selezionare le riemersioni più significative di navi della libertà, occorreva circoscrivere una geografia e una cronologia. Come teatro primo della psicomachia che anima lo spirito del migrante, tra himeros e pothos – tra il desiderio e la nostalgia – abbiamo individuato, in modo quasi esclusivo, il contesto geografico, o meglio geopolitico, del Mediterraneo, visto come un ‘vuoto’: un vuoto fertile, un vuoto significante – fatto di mare-tra-le-terre, su cui stiamo tutti affacciati, come ci suggerisce Platone “come rane che abitano intorno a uno stesso specchio d'acqua” (Fedone, 109b: ὥσπερ βατράχους περὶ τὴν θάλατταν οἰκοῦντας). Abbiamo invece deliberatamente scelto di non decidere un taglio cronologico specifico, e quindi di non concentrarci su un periodo storico particolare. Le nostre navi toccano tutte le sponde del Mediterraneo, attraverso secoli e millenni, in un percorso discontinuo nel tempo, tra momenti storici eterogenei, dal V secolo a.C. fino ai nostri giorni. Al centro, resta la figura della nave, che traghetta corpi, saperi e desideri, rendendo possibile il ‘taglio’ della realtà pregressa e la creazione di una realtà altra: che fa mondo attraverso la dislocazione e il disegno di nuovi orizzonti. Nell’arsenale dell’immaginario che qui proponiamo abbiamo radunato così navi diverse, tutte veicoli di libertà attraverso i secoli e le culture. Il Sommario del numero è articolato secondo un ordine cronologico inverso, all’indietro dalla nostra contemporaneità fino a risalire alla Grecia del V 8 La Rivista di Engramma 174 luglio/agosto 2020 secolo a.C. In questo Editoriale seguiamo invece il filo cronologico, in un itinerario attraverso i secoli che fa tappa ad Atene, Istanbul, Venezia, Vienna, Parigi, Marsiglia, Londra, di nuovo Venezia, fino al mare aperto di fronte alla sponda libica dove si consuma quotidianamente la tragedia di “navi della libertà” troppo spesso destinate a non trovare alcuna sponda di approdo (un numero di Engramma dedicato al tema dei migranti e degli sbarchi è “Those are pearls that were his eyes”, n. 91, novembre 2011). Di scena, nell’Atene del V secolo a.C., è la nave Paralos, simbolo e veicolo materiale del partito democratico ateniese, la cui mossa decisiva per il successo e l’egemonia, fin da Salamina, era stata proprio la scelta di rivolgere lo sguardo verso il mare (a Paralos, dedica il suo contributo Monica Centanni). Un’altra nave-simbolo tra XV e XVI secolo è il Bucintoro di Venezia, la cui iconografia stava a ricordare a tutta Europa che l’Adriatico poteva essere ancora il “golfo di Venezia”. Ma sulla prua dell’imbarcazione da cerimonia più importante della città, accanto all’immagine di Venezia-Giustizia, sta il ‘Gigante’ che raffigura Giorgio Castriota Scanderbeg: è il condottiero albanese a rappresentare la Serenissima in armi contro la minaccia ottomana (a Scanderbeg sulla prua del Bucintoro è dedicato il saggio di Lucia Nadin). Ed è ancora una nave che da Istanbul, al tempo di Solimano il Magnifico, cento anni dopo la conquista ottomana, trasferisce alla Vienna asburgica l’ingente carico di 277 manoscritti greci (sull’impresa di Busbecq, inviato dell’imperatore d’Austria, che nel 1576 trasporta da Istanbul a Venezia, e da Venezia a Vienna, i manoscritti greci vedi l’importante contributo di Silvia Ronchey). In un fortunato romanzo ottocentesco, la romantica visione dell’“Hercules” di Byron appare in controluce dietro al racconto della precipitosa fuga in Occidente dei dotti bizantini al tempo della caduta di Costantinopoli: è ancora una nave – immaginaria ma di grande potenza icastica – che approda in Sicilia nel 1453 nelle pagine del Lascaris di Abel-François Villemain (all’opera e al profilo storico e filosofico degli intellettuali che Villemain riporta in vita nel suo romanzo, è dedicato il saggio di Francesco Monticini). La Rivista di Engramma 174 luglio/agosto 2020 9 Ma una nave della libertà è stata anche il Patris II, il piroscafo che, nel tempestoso clima culturale e politico dell’Europa del 1933, navigava tra Marsiglia e Atene, ospitando a bordo gli architetti del IV CIAM di Atene (Giacomo Calandra di Roccolino presenta nel suo contributo il tema e lo straordinario film-documentario di Moholy-Nagy su quel viaggio).
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