FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE DIP.TO DI SCIENZE POLITICHE DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’EUROPA XXVI CICLO LA TRIPLICE ALLEANZA E IL NUOVO MODELLO DELL’ESERCITO ITALIANO COORDINATORE CANDIDATO PROF. SSA GIOVANNA MOTTA DOTT. ROBERTO SCIARRONE TUTOR PROF. ANTONELLO FOLCO BIAGINI PROF. ALESSANDRO VAGNINI A.A. 2012/2013 1 Ai miei genitori 2 Indice Introduzione……………………………………………………………………………5 I. L’esercito italiano e il “modello prussiano”. Dalla presa di Roma alla Triplice Alleanza...........................................................................................................................13 Verso la guerra franco-prussiana…………………..…………………………………...26 La presa di Roma………………………………………………………..……………...48 II. Le relazioni tra l’Italia, la Germania e l’Austria-Ungheria …………………………67 La Conferenza di Berlino e la Convenzione militare del 1888………………………...83 Verso la guerra italo-turca……………………………………………………..….......107 III. La riforma Ricotti e il riordino dell’Esercito italiano……………….……….........126 L’influenza della guerra franco-prussiana sull’ordinamento militare italiano….….…164 L’interesse militare e la rete ferroviaria………………………………...………….....181 La Regia Marina (1885-1887)…………..……………………..………................…...190 IV. Eserciti a confronto. La politica estera di fine secolo e gli apparati militari delle potenze europee…………………………………………………………….…………205 Equipaggiamento e uniformi…………………………….…….………........…..…….242 Evoluzione dell’armamento…………………….……………………………….…….272 Salmerie dei corpi di montagna e degli alpini, 1883-1895 ………………………...…293 Ospedali e sanità ………………………..………………….……………...………….338 V. L’inizio della guerra, la fine della Triplice……………………………..………….368 Appendice I……………………………………………………………..…….…....….378 3 Appendice II…………………………………………………………………...………380 Appendice III…………………………………………………………………..……...382 Appendice IV……………………………………………………………...……….…..385 Fonti…………………………………………………………...………………………398 Bibliografia generale………………………………………………………..…..….…403 Articoli e saggi………………………………………………………………...………411 4 Introduzione La ricerca qui esposta analizza gli aspetti militari riguardanti l’esercito italiano tra il 1870, anno contraddistinto dal conflitto franco-prussiano e dalla “presa di Roma”, e la stipula del trattato della Triplice Alleanza (1882), sino al suo ultimo rinnovo del 1912. Lo studio interpreta diversi documenti dell’epoca, conservati presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (AUSSME) e il Centro Simulazione e Validazione dell’Esercito (CeSiVa) di Civitavecchia, oltre ai Documenti Diplomatici Italiani. La prima parte della ricerca precisa lo scenario internazionale entro cui si mosse il Regno d’Italia e il rinnovato interesse per le questioni militari che, in Italia come in Europa, suscitò Sedan nella stampa internazionale. L’esito della guerra franco-prussiana e la “presa di Roma” portarono a una seria riflessione i vertici militari italiani ed europei. L’esercito prussiano, königlich preußische armee, vincitore nel secolo XIX delle guerre contro Danimarca (1864), Austria (1866) e Francia (1870-71), contribuì all’unificazione della Germania e diede vita all’Impero tedesco nel 1871, divenendo un modello di organizzazione ed efficienza per tutte le potenze europee. Durante i dodici anni che separano la “presa di Roma” dalla stipulazione della Triplice Alleanza l’esercito italiano subì profonde trasformazioni nel quadro di una politica interna ricca di colpi di scena e prodiga nel catapultarsi sul palcoscenico internazionale. Il morale dei soldati italiani alla vigilia degli anni Settanta del XIX secolo era sfibrato, i fallimenti del 1866 mantennero vive le polemiche sugli insuccessi di Custoza e Lissa destinate a riemergere nei dibattiti in parlamento ogni qualvolta si discutesse dei progetti di riordino dell’esercito. La seconda parte della ricerca dedica ampio spazio agli accordi stipulati dalle potenze europee, in particolar modo alle relazioni diplomatiche tra l’Impero austro-ungarico, l’Impero tedesco e il Regno d’Italia che portarono al patto difensivo della Triplice Alleanza e, contemporaneamente, al riordino dell’esercito italiano. Il problema da affrontare nello specifico ambito militare dopo Sedan fu la necessità di trasformare l’esercito italiano secondo il “modello prussiano”. L’approccio alle questioni preminenti, da parte dell’establishment al potere, cambiò decisamente rispetto al passato, la stampa e la politica iniziarono a partecipare con più vigore ai dibattiti sulle strategie e sul ruolo dell’esercito. Vennero pubblicati numerosi opuscoli, saggi, articoli e pamphlet sulle modalità di organizzazione difensiva, sulle migliori forme di reclutamento, sulle strategie da attuare in relazione al quadro internazionale, senza 5 dimenticare lo studio operativo dei confini Nord-Orientali e Occidentali. Si affrontarono i grandi temi di un’auspicabile modernizzazione, dall’assetto difensivo della nazione e le questioni tecniche. Il ventennio successivo fu caratterizzato da un dibattito politico- militare che seguì l’evoluzione delle riforme rispetto ai temi delle fortificazioni, della strategia di mobilitazione e dello spinoso argomento del riordino dell’esercito. Verranno quindi affrontate le complesse dinamiche politico-strategiche relative ai successivi rinnovi dell’alleanza con gli Imperi centrali. La terza parte dello studio affronta gli specifici aspetti della riorganizzazione dell’esercito italiano: dal miglioramento delle condizioni di vita delle truppe e degli ufficiali di più alto grado all’equipaggiamento a disposizione, l’evoluzione dei sistemi d’approvvigionamento in tempo di pace e durante le mobilitazioni, il progresso e lo sviluppo dei sistemi di comunicazione tra i reparti, il perfezionamento dell’industria bellica e le nuove armi in dotazione alle truppe, la questione alimentare e la sanità militare, gli aspetti sociali e l’introduzione di più severe norme riguardo l’istruzione dei soldati. Il riassetto delle istituzioni militari è stato analizzato sulla scorta dei documenti disponibili presso l’AUSSME e il CeSiVa. Quest’ultima parte è quindi interpretata nell’ambito di un’idea consolidata nella storiografia contemporanea che vede la Triplice Alleanza un patto difensivo voluto principalmente dall’Italia, ansiosa di rompere il proprio isolamento internazionale dopo la riformulazione dei confini europei successiva al Congresso di Berlino (1878) e l’occupazione francese della Tunisia (1881), alla quale Roma aspirava. In seguito, con il mutarsi dello scenario continentale, l’alleanza fu sostenuta soprattutto dall’Impero tedesco nel tentativo di bloccare le iniziative francesi. Nel corso della ricerca per ampliare il quadro interpretativo sono stati comparati alcuni documenti dell’epoca redatti da ufficiali tedeschi e italiani relativi a studi sugli eserciti “nemici”. Queste testimonianze rappresentano delle guide essenziali per la comprensione del pensiero dominante del tempo, delle paure e disaccordi che dopo il lungo periodo di pace a cavallo fra i due secoli portò allo scoppio del primo conflitto mondiale. L’esercito italiano al momento della sua costituzione possedeva la struttura, le uniformi e i regolamenti dell’armata sarda. Nel corpo ufficiali però vi erano diverse correnti di pensiero circa le dinamiche del processo unitario. Era innegabile infatti che il solo aumento degli ufficiali da 3mila, quanti ne contava l’armata sarda nel 1859, a 16mila nel 1862, costituiva una trasformazione di grande portata, anche se il vertice della 6 piramide militare continuò per lungo tempo a essere formato da ufficiali provenienti dall’esercito piemontese.1 La grande maggioranza dei subalterni proveniva dalle milizie subalpine, il “nuovo” esercito era perciò assai simile a quello sabaudo, del quale aveva assimilato le tradizioni e i regolamenti principali. Nel corso dei primi decenni post-unitari prevalse l’elemento piemontese, anche se agli ufficiali del vecchio esercito si andarono affiancando negli alti gradi un gruppo di ufficiali generali provenienti da tutte le forze armate che avevano contribuito a formare l’esercito italiano. E’ di primaria importanza quindi, per districarsi tra le opinioni di politica militare nei quadri dell’esercito italiano dopo l’unità, studiare in primis le convinzioni degli ufficiali che avevano fatto parte dell’esercito sardo. Affermava Emilio De Bono: I piemontesi erano soldati dai piedi alla punta dei capelli. Ricchi di buone tradizioni militari, fedeli alla monarchia, con alto sentimento del dovere e dell’onore. Molto ligi alla forma che, talvolta, sovrapponevano alla sostanza. La massa, se aveva una base di buon senso e di lunga pratica, non brillava né per ingegno, né per cultura. Marcata la differenza fra coloro che provenivano dall’Accademia e quelli provenienti dai sottufficiali.2 Il reale esercito sardo piemontese era stato riorganizzato dopo la restaurazione prendendo a riferimento il modello d’ordinamento dell’esercito francese. La struttura militare dell’ armeé imperial française fu “piemontesizzata”, conformata alle esigenze locali tenendo presenti le esperienze compiute in altri eserciti europei.3 Il modello di riferimento rimaneva quello dell’esercito transalpino. Nel 1861 l’apparato militare francese godeva di grande credito tra gli ufficiali piemontesi che nel corso del XIX secolo avevano combattuto due guerre assieme al II Impero francese (1855, 1859). Inoltre l’ufficialità sarda era persuasa che l’iniziativa politica, così come quella militare, spettasse al re e al governo e non era incline a simpatizzare per le iniziative
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