Granai Della Memoria, Ricerca Sui Saperi Tradizionali Orali E Gestuali.Pdf

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Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” Dipartimento di Studi umanistici Corso di dottorato di ricerca in Tradizioni linguistico letterarie nell’Italia antica e moderna XXVI ciclo “Granai della Memoria, ricerca sui saperi tradizionali orali e gestuali” Dottorando Fabio Bailo Coordinatore chiarissimo prof. Claudio Marazzini Tutor chiarissimo prof. Davide Porporato 1 Indice p. 2 Introduzione p. 5 Capitolo 1. Sulla memoria p. 10 Parte I La memoria, anzi le memorie p. 11 1. Cosa è la memoria? p. 12 2. Dalla memoria alle memorie p. 15 Parte II Ciò che si dimentica p. 19 1. La «curva dell’oblio», o «curva di Ebbinghaus» p. 20 2. La memoria è limitata p. 21 3. Alle origini dell’oblio p. 22 4. L’oblio è irreversibile? p. 24 Parte III Ciò che si ricorda p. 26 1. La teoria dei suggerimenti per il recupero mnemonico p. 27 2. L’evocazione sensoriale p. 29 3. Quando i ricordi si confondono p. 31 4. Avere qualcosa “sulla punta della lingua” p. 32 5. I ricordi dell’infanzia p. 33 6. I “ricordi lampo” p. 33 7. Repetita juvant (et creant) p. 34 Parte IV Sulla fondatezza dei ricordi p. 36 1. I ricordi sono inalterabili? p. 37 2. Sulla fondatezza dei ricordi di eventi emotivamente importanti p. 38 3. I ricordi sospesi tra «verità» e «accuratezza» p. 39 4. Le distorsioni della memoria p. 40 5. La datazione dei ricordi p. 42 Parte V Sulla memoria autobiografica p. 43 1. La memoria autobiografica p. 44 2. A cosa serve la memoria autobiografica? p. 47 3. Gli anziani e la memoria p. 49 4. Cosa ricordano gli anziani? p. 51 5. La memoria, una città nella mente p. 53 Appendice. Le memorie estreme p. 54 1. Un caso letterario di memoria assoluta: Funes, el memorioso p. 55 2. Un caso clinico di memoria (quasi) assoluta: Serasevskij p. 57 3. Un caso letterario di assenza totale di memoria: Macondo p. 58 4. Un caso clinico di assenza (quasi) totale di memoria: Zasetskij p. 59 Capitolo 2. Sull’oralità p. 61 Parte I Sul valore epistemologico delle fonti orali p. 62 1. Alle origini p. 63 2. «Fonti ancillari» p. 63 2 3. Nonostante tutto, «all’onore del mondo» p. 64 4. L’insopprimibile soggettività di tutte le fonti p. 67 Parte II L’oralità nel mondo anglosassone, ovvero le fonti orali «dalla cantina all’attico» p. 69 1. Negli Usa p. 70 2. In Gran Bretagna p. 71 Parte III L’oralità in Italia, ovvero «elogio del magnetofono» p. 74 1. I difficili esordi p. 75 2. La fase aurorale p. 75 3. I patriarchi p. 77 4. Ernesto De Martino p. 78 5. Gianni Bosio p. 79 6. Danilo Montaldi p. 81 7. Una nuova generazione di studiosi p. 82 8. Nuto Revelli p. 83 9. Nelle metropoli e nella provincia p. 85 10. I difficili anni Settanta p. 88 11. Il convegno di Bologna (1976) p. 89 12. Una letteratura sempre più ampia e profonda p. 90 Parte IV Dal nastro magnetico al digitale, possibilità e limiti p. 93 1. Le fonti sonore: ascoltarle o trascriverle? p. 94 2. Il problema della conservazione delle fonti sonore, ieri… p. 96 3. … e oggi p. 97 4. L’audiovisivo p. 99 5. La memoria esterna, ieri e oggi p. 99 Capitolo 3. Sul Granaio intessuto di memoria e oralità p. 105 Parte I Il Granaio «glocale» nell’era di Internet p. 106 1. Tra globale e locale p. 107 2. Il ritorno al locale p. 111 3. Il «presente continuo» p. 114 4. La rivincita della «memoria immemore del passato ma insieme incontinente» p. 115 5. L’oralità oggi p. 120 6. Salvare la «memoria collettiva» (partendo da quella individuale) p. 122 7. Virtualità, limiti e potenzialità p. 126 8. Internet (e alcuni internauti) al servizio del Granaio della Memoria p. 129 9. I ricercatori che alimentano il Granaio p. 131 10. L’importanza della catalogazione p. 132 11. Come si presenta la schedatura p. 133 12. Come si realizza la schedatura p. 134 Parte II Le storie di vita, i chicchi del Granaio p. 138 1. L’irriducibile centralità dell’intervistatore… p. 139 2. … e dell’intervistato p. 140 3 3. La natura del rapporto intervistato-intervistatore p. 141 4. La «bella storia» del testimone al vaglio dell’intervistatore p. 144 5. Potenzialità della storia di vita p. 145 6. I modelli di narrazione autobiografica p. 146 7. L’importanza della domanda p. 147 8. Le fotografie p. 149 9. L’importanza del dialetto p. 149 10. Il ricordo, realtà creativa (ma non infondata) p. 150 11. Quando l’errore cede il passo alla verità p. 152 12. Conclusione e auspicio finale p. 155 4 Introduzione «Un uomo vive solo per ciò che ha memorizzato […]. La memoria è l’intelligenza approfondita […]. La memoria è l’uomo tutto e tutto l’uomo è memoria». Marcel Jousse1 Il suggestivo esergo racchiude in sé lo spirito che sottende questa ricerca. Se da un lato evidenzia quanto la memoria sia fondativa dell’identità degli uomini, intesi sia come singoli sia come comunità, dall’altro implicitamente sprona alla difesa della memoria stessa perché, appunto, come suggerisce Marcel Jousse, «la memoria è l’uomo tutto e tutto l’uomo è memoria». Fin dagli albori della civiltà occidentale, basti pensare al verseggiare omerico e al filosofare platonico2, l’uomo è stato consapevole dell’importanza, di più, della irrinunciabilità della memoria individuale e comunitaria. Prova ne sia che i Greci elevarono la memoria al rango di dea, Mnemosyne, consci che «il passato è parte integrante del cosmo; esplorarlo significa scoprire ciò che si dissimula nelle profondità dell’essere»3. Con il passare dei secoli, pur affermandosi tecniche e supporti mnemonici via via più funzionali ed efficienti (dalla tavoletta di cera alla memoria esterna del pc)4, la società ha continuato a ritenere fondamentale difendere il ricordo di quanto accaduto nel passato. A titolo di esempio, tra i molti che si potrebbero fare, valga la grande considerazione che circondava gli uomini-libri medievali studiati per primo da Marc Bloch, soggetti cui la comunità affidava la perpetuazione di una parte della propria memoria pubblica5. Oggi tutto è mutato. È evidente il contrasto stridente tra le crescenti possibilità cognitive offerte dai moderni mezzi di comunicazione con la loro «bulimia informativa»6 e il contemporaneo venire meno di una memoria diffusa del nostro essere e, prima ancora, del nostro essere stati. Mnemosyne non è più in grado di proteggere adeguatamente la memoria. La saggezza di chi ci ha preceduto aveva insegnato, con il gesto e la parola, che noi siamo ciò che siamo stati, che il nostro presente è frutto e superamento, ma non cancellazione, del nostro passato. Oggi questa consapevolezza è venuta meno, il trionfo della fredda concezione lineare e parcellizzata del tempo che ha sostituito quella circolare e qualitativa, infinitamente più ricca di significati, costringe a vivere prigionieri del hobsbawniano «presente continuo»7. La tela che costituiva l’ordito della memoria collettiva, realtà ben più complessa della mera somma aritmetica delle memorie singole, si è progressivamente smagliata. E sorte simile è toccata a molte, troppe memorie individuali ormai ridotte a lacerti di incerta interpretazione. A determinare questo stato di cose hanno concorso diversi fattori operanti congiuntamente: la scomparsa del modello tradizionale di trasmissione del patrimonio cognitivo, il venir meno dei pur discutibili intellettuali locali (sui cui meriti e limiti restano attuali le ormai classiche considerazioni gramsciane), le conseguenze dei fenomeni migratori interni ed esterni, l’abbandono della comunità tradizionale a favore della metropoli. Mutamenti, questi, che hanno profondamente modificato “l’essere e sentirsi comunità”. È tuttavia indubbio che tra le cause dell’impoverimento derivante dall’ammutolire del preesistente portato cognitivo primeggia il disinteresse verso gli anziani, dal momento che, come è 1 Citato in Jack Goody, Il potere della tradizione scritta, Bollati Boringhieri, Torino 2002, p. 53. 2 Magistrali restano le considerazione di Eric H. Havelock, Civiltà orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone, Laterza, Bari 1973. 3 Jean Pierre Vernant, Mito e pensiero presso i Greci: studi di psicologia storica, Einaudi, Torino 1970, pp. 100-101. 4 Una insuperata ricostruzione delle mnemotecniche del passato è nell’ormai classico Paolo Rossi, Clavis universalis. Arti della memoria e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, il Mulino, Bologna 1983. 5 Jacques Le Goff, Storia e memoria, Einaudi, Torino 1977, p. 372. 6 Thomas Maldonado, Critica della ragione informatica, Feltrinelli, Milano 1997, pp. 88-89. 7 Eric Hobsbawn, Il secolo breve, Rizzoli, Milano 1995, p. 15. 5 stato acutamente notato, «la società moderna ha distrutto il senso delle generazioni come ha distrutto le foreste»8. Eppure gli uomini e le donne che hanno raggiunto la loro ultima stagione, quella che qualcuno, sintetizzando i pregiudizi in auge, ha definito «l’età inutile»9, ci appaiono e sono insostituibili depositari della memoria del tempo tradizionale, patrimonio raramente codificato in forma scritta, prevalentemente orale e, dunque, per sua natura, precario e fragile. Anche per l’Occidente vale la celebre asserzione dello storico e scrittore maliano Amadou Hampaté Ba secondo la quale «in Africa ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia»10. Nel corso del «secolo breve», per la prima volta nella storia dell’umanità, si è interrotta, forse definitivamente, la trasmissione intergenerazionale di conoscenze e saperi comunque intesi. E per la prima volta rischia di andare disperso lo straordinario patrimonio cognitivo sedimentato nella mente e nelle mani di innumerevoli generazioni che nei secoli e nei millenni lo avevano trasmesso da bocca a orecchio. Si è verificata una cesura epocale le cui conseguenze cominciano a essere evidenti.

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