Quaderni dell’Archivio di Stato di Benevento - 1 - Giuseppe Vetrone Sub auspiciis Gallicae Reipublicae Il 1799 negli atti dei notai di Benevento e della sua attuale provincia Presentazione di Anna Maria Rao Archivio di Stato di Benevento Questa pubblicazione è stata realizzata con il contributo dell’Amministrazione Provinciale di Benevento – Assessorato alla Cultura La pubblicazione di questo libro è importante per più motivi. Il paziente lavoro del suo curatore, dott. Giuseppe Vetrone, funzionario di questo Archivio di Stato, è metodologicamente innovativo, come autorevolmente afferma la prefatrice. Perché, grazie alla scrupolosa attenzione filologica, permette di cogliere e analizzare il complesso rapporto rivoluzione- controrivoluzione nella sua dimensione storicissima, così come si svolse nelle contraddizioni della quotidianità. Come fu percepito, cioè, dai suoi tanti anonimi protagonisti trovatisi nella condizione di convivere e sopravvivere a quel turbinio di passioni, umane prima che politiche o ideologiche, la cui esplosione poteva mettere in discussione e minacciare persino interessi consolidati e certezze vitali, comunque conquistate. Dai resoconti notarili - che fedelmente riportano le dichiarazioni spontanee e contrapposte come nettamente contrapposti sono i tempi del dramma - emerge quindi che la “tempesta” di quel semestre, “rivoluzionaria” prima e poi “controrivoluzionaria”, coinvolse intensamente, nell’uno e nell’altro senso, tutto il Sannio beneventano, tutte le sue comunità piccole o meno. Sconvolse l’intera esistenza individuale e collettiva facendo esplodere, in alcuni casi, idealità e passioni lungamente coltivate seppure nascoste, o, molto più spesso, rancori personali, ambizioni represse, soprusi subiti nel silenzio impotente, vendette a lungo covate, sete di giustizia sempre negata. E quindi di giustizialismo inevitabile. Come una cartina di tornasole, quella “tempesta” sollecitò l’emergere, anche violento, di tutti i lati oscuri, ancestrali e primigenii dell’animo umano. Il Sannio, cioè, come l’intera Campania, come l’intero Regno. Questo è il primo e validissimo motivo, rilevato appunto dalla VII prefatrice, che rende importante questo lavoro. Perché al pari di altri pregevoli lavori simili, che in occasione del bicentenario della Rivoluzione hanno esaminato altre realtà approdando alle medesime conclusioni, anche questo per la sua parte conferma la validità del superamento critico dell’ideologia della “rivoluzione passiva” – e, nel caso specifico del Sannio, del mito della Vandea meridionale – operato dalla storiografia italiana ed europea, in particolare con gli studi degli ultimi decenni di Anna Maria Rao. L’isolamento geo-politico del Sannio pontificio, più specificamente di parte di esso, all’interno del Regno borbonico prima e poi all’interno dello Stato nazionale, è stato troppo spesso assunto, ed esteso anche, a categoria storiografica generale e indiscussa che ha orientato in modo quasi deterministico i benemeriti, ma appunto fragili, approcci della storia locale. Con il doppio danno, storiografico e politico, di voler indagare l’indubbia specificità di quell’isolamento e le sue forme socio-economiche, istituzionali e politiche, utilizzando strumenti ideologico-concettuali generati proprio dallo stesso fenomeno del quale pur si volevano individuare le cause originali e originarie. Come il cane che vuole afferrare la sua stessa coda. Si è stabilito così un circolo vizioso dal quale la coscienza storiografica, ma anche quella politica, ha fatto e fa grande fatica ad uscire. Perché e come quel circolo si è potuto costituire e resistere tanto a lungo e, purtroppo, anche con fortuna? Elevando persino, deterministicamente, il mito del secolare isolamento geo-politico del Sannio a fonte di tutti i suoi mali passati e presenti? L’adesione acritica a quel mito ha favorito tra l’altro, nel tempo, ma in particolare dopo l’unificazione nazionale, la costituzione di una fragilissima soggettività politica sannita, e delle sue classi dirigenti in genere, perciò più disposta al baratto, alla lamentazione, che alla competizione complessiva VIII nell’agone nazionale. Se è indubbio che il moderno Sannio beneventano, costruito artificiosamente e debole come soggetto territoriale, è stato trascinato nella competizione economica e politica nazionale in condizioni svantaggiate rispetto ad altre realtà, è pur vero che quasi mai esso ha tentato di utilizzare le sue risorse specifiche per potervi svolgere un ruolo protagonistico e non meramente assistito e improduttivo. La mancanza di quella forte soggettività, cioè, ha quasi determinato la rinuncia scontata ad indagarne per via storiografica le cause e i rimedi, ad individuare i propri “caratteri originari” sui quali costruire una specificità , una identità non mitica ma storica da far valere in quella competizione. Al punto tale che, dopo l’unificazione, passata ben presto l’euforia di essere finalmente a pieno titolo nel nuovo Stato, a cavallo tra Otto e Novecento si arrivò persino ad invocare ed a riproporre come sua identità anc ora feconda per il futuro quella …. del suo glorioso passato! L’antico Sannio preromano, infatti, fu assunto e riproposto anche, e purtroppo non solo come insopprimibile sogno romantico, a modello da restaurare. Ed ecco allora il secondo motivo della importanza di questo lavoro. La sua specificità metodologica, fatta di paziente e faticoso “ascolto” delle “carte”, notarili in questo caso, si impone, infatti, a modello da seguire per quanti si avvicinano alla ricostruzione e conoscenza storica del Sannio, antico o moderno. Ma un lavoro storico, si potrebbe obiettare, è costruito appunto ordinariamente e inevitabilmente con quella specificità filologica. Altrimenti non è tale. Sarà tante altre cose, ma non storiograficamente corretto. Per tanti aspetti e ragioni, solo in parte prima evidenziati, proprio questa è la condizione della pur benemerita ricerca storica sannita che solo da qualche decennio cerca di liberarsi da approcci mitici o ideologici, segnati o determinati appunto dall’ipostatizzazione della IX categoria dell’isolamento. Si tratta di una “liberazione” difficile, che insieme alla preliminare capacità critica richiede anzitutto la umile fatica filologica e la sensibilità ad “ascoltare” le “carte”, come ha fatto appunto Vetrone. Se, oltre questo limite storiografico “isolazionistico”, si considera poi che tanta parte della documentazione storica sannitica permane, purtroppo, ancora dispersa presso Istituti culturali, provinciali e nazionali che impropriamente, per ragioni non solo e non sempre storico-istituzionali, la conservano in modo non sempre accessibile, il presente lavoro appare senz’altro anche di buon auspicio perché dalla documentazione notarile dell’Archivio di Stato di Benevento ha saputo trarre una solidissima lettura storica innovativa di un momento cruciale della vita del Sannio beneventano, facendo giustizia di molti approcci ideologizzati o localistici. L’interrogazione diretta e attenta delle “carte”, della documentazione degli archivi, pubblici e privati, si rivela e si conferma lo strumento irrinunciabile per sconfiggere quell’isolazionismo storiografico e, quindi, per poter indagare scientificamente quello geo-politico, senza dubbio ancora incisivo, individuando anche le storiche possibilità del suo superamento. Questo richiede perciò, anzitutto, la lucida e consapevole coscienza e conoscenza storiografica del costituirsi originario di quell’isolamento e delle diverse forme assunte nei secoli. L’archivio di Stato di Benevento, animato da questi convincimenti e sollecitato dai propri compiti istituzionali, è impegnato intensamente nel recupero di quelle fonti documentarie ancora disperse, grazie anche alla sensibilità degli interlocutori istituzionali, dall’Archivio di Stato di Napoli alla Soprintendenza Archivistica per la Campania, dall’Amministrazione Provinciale alla Prefettura, alla Questura, agli altri uffici statali periferici. X In nome di quegli stessi convincimenti il nostro Archivio è altresì impegnato a favorire la ricerca storica, a sollecitare la consultazione del proprio patrimonio documentario. Ed è perciò con legittimo orgoglio che presenta questo primo importante lavoro, costruito da Giuseppe Vetrone su quelle “carte”, con passione storico-civile e attenzione filologica. La pubblicazione di questo primo “Quaderno” dell’Archivio di Benevento, realizzata grazie al generoso finanziamento dell’Assessorato Provinciale alla Cultura, è segno della possibile proficuità di rapporti e sinergie tra ricerca storico-archivistica e sensibilità politico-istituzionale. Benevento, 12 luglio 2002 Valeria Taddeo direttore Archivio di Stato di Benevento XI Le fonti notarili e il 1799 Per molto tempo le fonti notarili sono state terreno di ricerca soprattutto per la storiografia medievale e per la storiografia giuridica: per la storia dei comuni, ad esempio, e più in generale delle società “senza Stato”, prima che larga parte delle funzioni in passato esercitate dai notai venissero fatte proprie da strutture amministrative statuali, e che si precisassero le loro competenze di pubblici ufficiali addetti alla certificazione di atti. Il ricorso alle fonti notarili si è poi andato infittendo anche nell’ambito della storia moderna e contemporanea, via via che lo sguardo degli storici si è slargato dalla storia politica e diplomatica alla storia sociale ed economica. E’ in quest’ultimo ambito, ad esempio, che a partire dagli anni Cinquanta del Novecento lo studio della formazione della borghesia e dei rapporti
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