IL CRITICO CON LA MACCHINA DA PRESA di Massimo GIRALDI e di Gabriele BIGONZONI Leonardo AUTERA * Vincenzo BASSOLI * Francesco BOLZONI * Edoardo BRUNO * Giambattista CAVALLARO * Luigi CHIARINI * Fernaldo DI GIAMMATTEO * Ernesto G. LAURA * Vinicio MARINUCCI * Renato MAY * Domenico MECCOLI * Lino MICCICHE’ * Riccardo NAPOLITANO * Renzo RENZI * Gian Luigi RONDI * Nazareno TADDEI * Paolo di VALMARANA * Mario VERDONE * Gino VISENTINI Associazione Culturale Cineteca Lucana con il sostegno del Ministero Beni e Attività Culturali – Direzione Generale Cinema IL CRITICO CON LA MACCHINA DA PRESA di Massimo GIRALDI e di Gabriele BIGONZONI Associazione Culturale Cineteca Lucana con il sostegno del Ministero Beni e Attività Culturali – Direzione Generale Cinema avvertenze I dati tecnici, artistici e le descrizioni dei soggetti delle filmografie sono ricavati dalla banca dati della Revisione Cinematografica del MiBAC – Direzione Generale Cinema e si riferiscono alle pellicole realizzate per le sale cinematografiche. Dalle filmografie sono esclusi titoli delle riduzioni e dei dialoghi dei film doppiati (particolarmente attivi in questo settore Vinicio Marinucci e Gian Luigi Rondi). Tra parentesi quadra i nomi dubbi o provenienti da altre fonti. Tra parentesi tonda i nomi veri, fatta eccezione per Renato May e per Lino Micciché. SOMMARIO Introduzione e profili: Massimo Giraldi 1 Filmografia: Gabriele Bigonzoni 9 Leonardo AUTERA 10 Vincenzo BASSOLI 18 Francesco BOLZONI 21 Edoardo BRUNO 24 Giambattista CAVALLARO 28 Luigi CHIARINI 31 Fernaldo DI GIAMMATTEO 41 Ernesto G. LAURA 48 Vinicio MARINUCCI 56 Renato MAY 66 Domenico MECCOLI 93 Lino MICCICHE’ 98 Riccardo NAPOLITANO 107 Renzo RENZI 118 Gian Luigi RONDI 123 Nazareno TADDEI 140 Paolo di VALMARANA 146 Mario VERDONE 150 Gino VISENTINI 165 Il CRITICO CON LA MACCHINA DA PRESA Il progetto, ideato da Pier Luigi Raffaelli, intende portare in primo piano e ricostruire con opportuni dettagli e particolarità di informazioni la presenza nella storia del cinema italiano di quei critici che, a fianco della prevalente attività giornalistica e pubblicistica a commento delle uscite dei film in sala, hanno voluto cimentarsi anche con la produzione di immagini e quindi hanno ritenuto opportuno fare ricorso a interventi finalizzati a documentare realtà territoriali, storie piccole e grandi, tradizioni, abitudini. La novità della proposta si è rivelata tanto più curiosa e stimolante nel momento in cui ci si è accorti che si stava componendo un gruppo di nomi di sicuro valore sotto il profilo della critica ‘militante’ e insieme allo stesso tempo rivelatori di interessi ampi e sfaccettati, conferma di una attenzione non puramente occasionale, ma frutto di riflessione e di elaborazione teorica. Nel 2016 abbiamo proposto in un Convegno la ricerca su questo argomento. Un lavoro che offrì risultati interessanti nell’evidenziare una serie di nomi nei quali alla prevalente attenzione per l’elaborazione critica si affiancava l’emergere di interessi non soltanto ‘conoscitivi’, ma finalizzati ad un scavo più profondo sulla realtà, alla intenzione di affrontare luoghi o fatti storici per misurarne l’effettivo stato di salute sulle cose, la sua capacità di incidere sul ‘vero’. Insomma un’operazione di ‘riassetto’, la possibilità di ridare fiato e respiro al documentario, forma espressiva sulla quale tanto cinema italiano si è a lungo esercitato, raccogliendo in verità solo pochi e sporadici risultati. Se queste sono le premesse (e non solo, a dire il vero bisogna aggiungere che la varietà degli approcci presuppone una totale rimessa in gioco degli apparati utilizzati in sede ‘critica’) c’è semmai da chiedersi quale spinta abbia prevalso nel favorire il concretizzarsi di una nuova voglia ‘creativa’. Lavoreremo su un elenco di una ventina di nomi, tutti a vario titoli esponenti di punta nel settore critico di riferimento. Se è vero che ognuno di loro ha guardato il film con l’occhio di una differente angolatura e con l’approccio di una diversa scanalatura espressiva, è logico e forse inevitabile che gli stessi critici, al momento di riporre la penna e imbracciare la macchina da presa, non potevano che conservare forme e interpretazioni in linea con la propria visione culturale. Anche se, è questo va detto subito, bisogna aggiungere che il critico diventato regista mette in atto meccanismi linguistici imprevisti, e, a seconda dell’argomento scelto, capaci di ‘guardare’ le cose da prospettive nuove e inedite. Per questo, prima di entrare nel dettaglio dei nomi, offriamo questa come impostazione introduttiva del progetto che si definisce “Il CRITICO CON LA MACCHINA DA PRESA”. I nomi selezionati (in ordine alfabetico) sono: Leonardo Autera Vincenzo Bassoli Francesco Bolzoni Edoardo Bruno Giambattista Cavallaro Luigi Chiarini Fernaldo Di Giammatteo Ernesto G.Laura Vinicio Marinucci Renato May (Renato Patucchi) Domenico Meccoli Lino Miccichè (Nicolò Micciché) Riccardo Napolitano Renzo Renzi Gian Luigi Rondi Nazareno Taddei S.J. Paolo di Valmarana Mario Verdone Gino Visentini 1 Alcuni di questi nomi sono probabilmente molto conosciuti, ma, è proprio qui la novità, lo sono per un’attività critico/giornalistica in tanti casi lunga anche alcuni decenni, e non, appunto, per essere stati in prima persona autori e registi di ‘corti’ (tutti rigorosamente in pellicola) dedicati agli argomenti più vari e differenti. In questa occasione ci proponiamo di approfondire e completare la ricerca sull’attività cinematografica di una ventina di critici cinematografici più noti, senza trascurare, nell’ambito delle riflessioni che svolgeremo altri nomi che hanno accostato anche più sporadicamente la realizzazione di corti. Cercheremo di evidenziare come il forte cambiamento della tecnologia abbia inciso non poco nel rapporto tra critica e immagini. A cominciare, inevitabile, da quello tra cinema e televisione, con la progressiva crisi da un lato del consumo di cinema in sala, e dall’altro della crescita esponenziale dei modi di visione e di fruizione del prodotto ‘film’. Se è vero che oggi la sala è solo un segmento minoritario - per quanto ancora importante - ma non più decisivo per decidere le sorti economiche della vita del film, conviene fermarsi e fare un passo indietro, a quando cioè, sulla scia del lungometraggio, tutto si girava in pellicola, e questi prodotti, di cui parliamo, erano destinati alla circolazione nelle sale e su grande schermo. E’ opportuno perciò segnare delle date, mettere dei punti fermi, far capire in quali ambiti ci muoviamo. TRENTA ANNI NEI QUALI TUTTO CAMBIA (1950-1980) Per convenienza possiamo dire che prenderemo in esame un periodo che va dal 1950 al 1980 (con l’aggiunta di alcuni film antologici degli anni Novanta). La scelta nasce essenzialmente dalla constatazione che, al giro di boa della metà del secolo, con alle spalle (parliamo della Storia) un referendum conclusosi con la vittoria della Repubblica (1946), e la prima tornata elettorale a suffragio universale che sancisce la vittoria della DC sulla coalizione delle sinistre (1948), la situazione politico dell’Italia si sta rimettendo in moto verso un periodo di forte rinnovamento. Parlando di cinema (ossia dell’argomento che qui ci interessa), sono già arrivati al pubblico, con esiti talvolta molto differenti, Ladri di biciclette, La macchina ammazzacattivi, Riso amaro, In nome della legge (tutti usciti nel 1948), Non c’è pace tra gli ulivi, Domenica d’agosto, Stromboli terra di Dio (tutti nel 1949), mentre il 1950 può mettere in campo Il cammino della speranza, Cronaca di un amore, Francesco giullare di Dio, Luci del varietà, Miracolo a Milano: titoli di fronte ai quali si è esercitata da subito una dimensione critica di non poca intensità. Proprio in quegli anni, sulla spinta di una ritrovata inattesa libertà di idee e di un entusiasmo che comunicava leggerezza e euforia, si apre una storia che, ci sembra, merita di essere ripercorsa e raccontata. Perché dice di anni in cui c’era una battaglia critica anche aspra, ma fervida di idee e di suggerimenti, c’erano opinioni differenti che infiammavano il dibattito culturale, c’erano momenti (per fare un esempio tra tanti) come quello vissuto alla Mostra del Cinema di Venezia il 7 settembre 1954 quando all’annuncio del Leone d’oro a Romeo e Giulietta di Renato Castellani scoppiò in Sala Grande una virulenta battaglia tra i sostenitori del viscontiano “Senso” e quelli del felliniano “La strada”. Conviene ricordare che nel dicembre 1953 al convegno di Parma sul neorealismo italiano, Aristarco aveva individuato nel film in costume “un tentativo di stornare l’attenzione del pubblico dalla concretezza sociale tipiche delle opere 2 neorealistiche” (Emanuela Martini, Roberto Escobar - ‟il cinema in tre giornali politici degli anni ’50” in Materiali sul cinema italiano degli anni ’50, XIV Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro 3-10 giugno 1978, Pesaro 1978, pag, 101). Il dibattito critico era quindi decisamente acceso. All’interno di cambiamenti sociali che non è esagerato definire epocali, la piccola/grande storia della critica ha provato a tenere testa, a seguire cambiamenti e mutazioni che riguardavano abitudini, costumi, tradizioni. La critica doveva osservare i film e se stessa con occhio obliquo, ma soprattutto fare i conti con una materia che già nei film di finzione riceveva un trattamento ampio e variegato, spesso coronato (e non era da trascurare) da inatteso, straordinario successo di pubblico. Argomenti seri e difficili si scontravano con prodotti sugli stessi temi ma in una chiave leggera molto più accessibile
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