Le Fonti Archivistiche Dell'agricoltura Italiana Per La

Le Fonti Archivistiche Dell'agricoltura Italiana Per La

— 2— con il contributo del Dipartimento Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» Consiglio Nazionale delle Ricerche – Dipartimento di Scienze Bio Agroalimentari Si ringrazia il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali, per il contributo alla stampa del volume ! ! ! ! ! ! ! ! ! Comitato Organizzatore ! ! GIOVANNI PAOLONI, «Sapienza» Università di! Roma ENRICO PORCEDDU, Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL ROBERTO REALI, Consiglio Nazionale delle Ricerche FRANCO SALVATORI, Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» ! ! ! ! ! ! ACCADEMIA NAZIONALE DELLE SCIENZE detta dei XL ! Dipartimento di Storia Consiglio Nazionale delle Ricerche Patrimonio culturale Accademia Nazionale Dipartimento di scienze ! Formazione e Società delle Scienze detta dei XL bio-agroalimentari ! SCRITTI E DOCUMENTI ! ! ! ! ! LVIII ! ATTI DEL CONVEGNO Le fonti archivistiche dell’agricoltura ! ! ! italiana per la ricerca storico-geografica tra Otto e Novecento ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! Roma, 14-15 maggio 2019 Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» - Lettere e Filosofia ! ROMA 2019 ! ! Pag. 3 Pag. 1 e 2 !bianche © Copyright 2019 ACCADEMIA NAZIONALE DELLE SCIENZE DETTA DEI XL ROMA ISSN 03-91-4666 ISBN 978-88-98075-32-4 ACCADEMIA NAZIONALE DELLE SCIENZE DETTA DEI XL 00161 Roma - Via L. Spallanzani, 7 ANNIBALE MOTTANA* – FRANCO SALVATORI** – ROBERTO REALI*** Introduzione. Un’Italia da riscoprire e da ristudiare Cercare di riannodare i fili, mai interrotti dagli storici e dagli archivisti, della storia dell’agricoltura italiana è un’iniziativa quanto mai attuale. La riscoperta delle coltivazioni e del cibo, a partire dagli anni Ottanta, ma, soprattutto, il rinnovato interesse per i temi legati al paesaggio, al territorio e all’ambiente hanno sviluppato una vera e propria «caccia» collettiva al prodotto tipico, al borgo di montagna e di collina rimasto illeso dalle devastazioni edilizie e industriali, alla fattoria didattica e così via fino alle più banali sagre di paese. Questo interesse collettivo presenta notevoli aspetti positivi dal punto di vista sociale ricordando, se ce ne fosse ancora bisogno, che gli italiani sono stati protago- nisti di una continua immigrazione interna dai paesi e dalle campagne verso le città per trovare miglior reddito e fortuna e che oggi riscoprono una memoria o una tra- dizione oggetto di abitudini e dialoghi familiari oppure assistono, non senza compia- cimento, alla fuga di giovani generazioni verso la campagna, ritenuta un luogo più salubre e in equilibrio con una vita fatta di ritmi di vita meno intensi. Il pericolo di questo recupero sociale sta però nella distorta prospettiva di ciò che si cerca. Di solito si tende a credere, anche indotti da comunicazioni pubblici- tarie e di aziende turistiche più preoccupate del marketing che della verità, di immergersi in un ambiente naturale, frutto di antiche tradizioni e comportamenti secolari, oppure di trovare luoghi di memorie appartenenti a un lontano passato. Lo scopo dell’analisi storica è invece quello di fugare questi fantasmi, frutto più della sensazione e del sentimento, e recuperare invece un percorso complesso, difficile ma assolutamente originale che l’agricoltura europea (e, in particolare, quella italiana) ha subito negli ultimi due secoli. Il naturale contrasto tra città e *** Presidente Accademia dei XL. E.mail: [email protected] *** Università degli Studi di Roma «Tor Vergata». E.mail: [email protected] *** CNR. E.mail: [email protected] — 6— campagna, dove quest’ultima sia la vittima di una contaminazione e di una perdita di spontanea naturalità, è un paradigma non solo irreale, ma che tende a rendere ancor più lontano il mondo agricolo da quella modernità che ha invece affrontato da protagonista. L’obiettivo di una riforma e modernizzazione generale dell’agricoltura è stato un vero e proprio punto focale di tutta la politica economica all’indomani dell’U- nità. Si potrebbe dire che lo sviluppo e la trasformazione del territorio italiano hanno come protagonista centrale il mondo agricolo sia nelle analisi e nelle realiz- zazioni dai Governi della destra storica fino alla creazione della Repubblica ma, anche nel fermento dell’industrializzazione che tocca il nostro paese tra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta del XX secolo, l’agricoltura italiana ha rap- presentato una protagonista attiva nel provocare la nascita di infrastrutture sul ter- ritorio, in particolare nel Mezzogiorno, dove si completa la creazione del progetto nazionale di bonifica e che, attraverso la riforma agraria del 1950, rivede sulla base della modernizzazione del settore primario anche la sistemazione fondiaria e la fine di alcuni monopoli del possesso della terra dovuti al latifondismo assenteista. Non si tratta quindi di celebrare la fine di un mondo, ma di studiare le ragioni e gli sviluppi di una trasformazione che ha nella coltura intensiva, nella meccaniz- zazione, nello sviluppo dei fertilizzanti così come nella razionalizzazione delle pro- prietà i suoi punti di riferimento. L’originalità dell’agricoltura italiana è legata poi alla forma e alla natura della nostra penisola. Mentre altri paesi europei, come la Francia o la Germania, pote- vano realizzare una modernizzazione agricola in un territorio vasto, largamente pia- neggiante e attraversato da corsi d’acqua navigabili, l’Italia dovette affrontare questo sviluppo in un territorio collinare, con poche pianure e con fiumi e torrenti stagionali irregolari. Una sfida enorme dal punto di vista economico e tecnologico ma che, nel corso di due secoli, il nostro paese ha largamente affrontato in maniera esemplare, giorno dopo giorno, sino a raggiungere vette di qualità sia nella biodi- versità sia nella intensificazione della produzione, come risulta anche dall’interesse internazionale che da sempre ha considerato l’agricoltura italiana come punto di riferimento per esperienza e tecnica agronomica. Il segreto di questo processo ha un solo nome: bonifica integrale. Tale termine, coniato da uno dei maestri dell’agronomia italiana, Arrigo Serpieri, racchiude in modo sintetico un metodo di modernizzazione che trova pochi esempi e che ha nella grande memoria dell’Inchiesta agraria di Stefano Jacini del 1877 la sua base informativa e di lavoro. Non è possibile creare nulla di permanente e produttivo nelle coltivazioni, affermava l’agronomo bolognese, senza considerare il terreno agricolo come il risultato ultimo di un difficile equilibrio tra i sistemi di montagna e collina che lo circondano e le risorse idriche che l’attraversano. L’unica possibilità di modernizzazione è quindi la creazione di vere e proprie imprese tecniche e indu- striali che rendano possibile tale difficile progresso. Questi sforzi non possono essere messi in campo solo dai proprietari, piccoli o grandi, delle aziende agricole, afferma sempre Serpieri, ma deve essere uno sforzo — 7— collettivo, pubblico, posto quindi al centro di un processo storico che coinvolga anche gli altri settori economici e larga parte dell’opinione pubblica nazionale. Diversi sono allora i fattori che interverranno in questo processo. Già all’indo- mani dell’Unità e con lo sviluppo delle ferrovie, ci si rende finalmente conto che le pianure italiane a valle delle colline sono in gran parte malariche e che il vantaggio di costo per una linea ferroviaria di attraversare spazi liberi e pianeggianti si scontra con la presenza di un pericolo, endemico da secoli nel nostro Paese. Lo studio approfondito delle bonifiche già intraprese dai romani e dagli stati preunitari non aveva subìto la necessaria spinta economica per trovare delle soluzioni e queste ultime erano state condotte in maniera incerta e precaria. Sarà quindi la modernizzazione del XIX secolo a realizzare il cammino verso la costruzione di infrastrutture ferroviarie con la serie di progetti di bonifica mala- rica che termineranno solo nel 1975 con la scomparsa, in Sardegna, dell’ultimo focolaio dell’anofele. È la ricerca di nuovi mercati e di nuove risorse per l’industria e il commercio a realizzare la vasta progettazione di lavori pubblici che riguarde- ranno l’agricoltura nell’intero XX secolo, con il concorso di competenze tecniche e di nuove energie derivate dalla progressiva industrializzazione nel nostro paese, a stabilire il confine tra la salute delle popolazioni in campagna e la loro devastante malattia. Connettere quindi lo sviluppo agricolo alla grande vicenda della modernizza- zione italiana è la chiave di lettura principale per comprenderne le vicende, i drammi storici, le difficoltà e i frutti che oggi sono sotto i nostri occhi. L’elemento di maggiore interesse di questo processo sta poi nella ricerca comune di soluzione del problema delle campagne al di là delle posizioni politiche e delle differenziazioni ideologiche che la Storia d’Italia ha visto schierarsi in questo lungo periodo. Questa priorità fu al centro dei governi liberali nella loro varia colo- ritura anche trasformistica, come rimase centrale nei progetti politici del partito cattolico con le cooperative e la creazione di un governo dal basso delle trasforma- zioni agrarie, o del partito socialista e poi quello comunista, che vide nella riforma fondiaria e nel problema contadino uno dei punti chiave della propria strategia di conquista del potere. Lo stesso fascismo fece della bonifica uno dei punti di riferimento della pro- pria ricerca di consenso, non solo sul piano interno

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