Passioni & Progetti

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Passioni & Progetti Innovazione e tradizione nelle auto da corsa made in Italy AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con CPAE - Club Piacentino Automotoveicoli d’Epoca MONOGRAFIA AISA 105 I Passioni & Progetti Innovazione e tradizione nelle auto da corsa made in Italy AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con CPAE - Club Piacentino Automotoveicoli d’Epoca Politecnico di Milano, 4 e 5 maggio 2013 2 Piccoli bolidi, nati dall’ingegno e dalla passione Lorenzo Boscarelli 4 Le Fiat di Giacosa, base per elaborazioni sportive Lorenzo Morello 9 Berardo Taraschi, pilota e costruttore di automobili da corsa Tazio Taraschi 13 Vittorio Stanguellini, un piccolo uomo di talento Sergio Lelli 15 Enrico Maestri: da meccanico a costruttore di auto da corsa Giuseppe Maestri 16 Dai trasporti in colonia ai motori bialbero Michele Bandini 17 Dai Rally alla Formula 1 Gianni Tonti MONOGRAFIA AISA 105 1 Piccoli bolidi, nati dall’ingegno e dalla passione Lorenzo Boscarelli alla fine degli anni Trenta ai primi anni Ses- pre prevedevano anche lo spostamento del motore Dsanta i costruttori artigianali di piccole vetture dietro l’asse anteriore, per avere una migliore distri- Sport sono stati una presenza continua e molto im- buzione dei pesi. portante nell’automobilismo sportivo italiano, ma Dalla meccanica Topolino non furono derivate solo non dobbiamo dimenticare che anche all’estero, in vetture Sport, ma anche alcune Gran Turismo, in particolare in Gran Bretagna, c’erano formule mi- particolare le 750 MM di Zagato, la cui carrozzeria nori che sono state una palestra per tanti piloti e berlinetta in alluminio racchiudeva una meccanica costruttori. ampiamente debitrice della piccola Fiat. Le piccole Sport (e monoposto) erano costruite uti- Anche la Fiat 1100 è stata la base di moltissime au- lizzando componenti di automobili di serie, in Italia tomobili da corsa, biposto e monoposto (fino alle di solito delle Fiat: sono in particolare la 500 dell’an- Formula Junior) alle quali ha fornito svariati com- teguerra, la “Topolino”, prodotta dal 1936, la 508 C, ponenti meccanici: motore, cambio, freni, sospen- cioè la 1100 degli anni Trenta, la 1100/103, la 600 sioni. e la Nuova 500, presentata nel 1957. Erano tutte Verso il 1950 e negli anni subito seguenti, il mondo concepite in modo essenziale, ma tanti artigiani e delle corse cambiò. Non fu più possibile competere tecnici ne hanno tratto delle automobili da corsa. per le prime posizioni con le Sport “fatte in casa”, La Topolino, il cui motore 4 cilindri aveva soluzioni perché alcuni costruttori, come Stanguellini, Ban- “minimali” – come l’albero su due soli supporti di dini, Ermini, Moretti, Taraschi, iniziarono a offrire banco, le valvole laterali e l’alimentazione del car- macchine più evolute, per quanto sempre artigianali, burante a caduta – era estremamente semplice, con sia nella categoria 750 cc. sia nella 1100 cc. il motore collocato oltre l’asse anteriore, e un telaio Quasi tutti i componenti erano progettati ad hoc, a che si arrestava addirittura prima dell’asse posterio- partire dal motore, di norma bialbero; il ricorso a re. Quella piccola automobile è stata la fonte più parti di serie era limitato. Possiamo però afferma- prolifica di vetture Sport dalla fine degli anni Trenta re che questa evoluzione verso vetture di maggiore ai primi anni Cinquanta. complessità (e costo) era stata favorita dalle espe- Chi costruiva una vettura da corsa su base Topolino, rienze maturate con le precedenti Sport, in larghis- fino all’arrivo della versione B, nel 1948, innanzi- sima misura “imparentate” con le vetture di serie. tutto adottava le valvole in testa, usufruendo delle Con l’avvento della 1100/103, a carrozzeria portan- non poche versioni che si trovavano in commercio te, presentata nel 1953, si aprì un’opportunità nuo- (Siata, Testadoro ecc.). Poi, aumentava la cilindrata, va, cioè costruire non più vetture Sport, ma Gran avvicinandosi al limite dei 750 cc., quello di catego- Turismo da competizione, potenziando il motore ria. Un’altra modifica importante era l’aggiunta di e creando carrozzerie leggere ed aerodinamiche. un supporto di banco tra il secondo e il terzo ci- Zagato costruì molte vetture di questo genere e fu lindro, per limitare le flessioni dell’albero motore e imitato dalla Siata, che sulla propria Gran Turismo consentire così di aumentare il numero di giri. installò un motore Fiat 1100 portato a 1250 cc. I fratelli Giannini, di Roma, costruirono oltre cento Con la Fiat 600 e la Nuova 500 degli anni Cinquanta esemplari del motore così modificato, che tra la fine e Sessanta, la situazione mutò ancora. La loro mec- degli anni Quaranta ed i primi Cinquanta fu adotta- canica non si prestava alla realizzazione di vetture to su molte piccole Sport. Il telaio di quelle vetture Sport, ma la configurazione a motore posteriore e la all’inizio era quello originale Fiat, che però aveva leggerezza dell’insieme di partenza furono sfruttate una modestissima rigidità torsionale, cosicché, so- da alcuni costruttori, in particolare da Carlo Abarth, prattutto nel dopoguerra, molti costruttori usarono per creare vere macchine da corsa, per le categorie telai tubolari di propria concezione, che quasi sem- Gran Turismo e Turismo, sempre più sofisticate e competitive, che ottennero innumerevoli successi a partire dal 1956 e fino ai primi anni Settanta. Certo, le Fiat Abarth 1000 bialbero o le Fiat Abarth Lorenzo Boscarelli, presidente AISA e studioso di storia dell’automobile. 1000 turismo successive al 1967 avevano ben poco 2 in comune con la Fiat 600 di serie, ma ne conserva- tigianali poco a poco svanì, per l’ingresso sui campi vano alcuni componenti, come il telaio, debitamente di gara delle vetture inglesi, che non erano costruite rinforzato. affidandosi alla genialità e all’esperienza tipiche degli C’è quindi stato un periodo, tra la nascita della To- artigiani, ma in base a progetti razionali. Non pochi polino e gli anni Cinquanta, in cui “l’artigianato da costruttori inglesi che avevano iniziato l’attività utiliz- corsa”, se così possiamo definirlo, avvalendosi di zando componenti di serie in gare per Formule mino- componenti di vetture di serie e sostenuto dall’in- ri giunsero alla Formula 1, dimostrando così quanto ventiva di tanti piccoli costruttori ed elaboratori, la loro precedente esperienza fosse stata efficace per creò automobili molto competitive ed ebbe un ruo- apprendere il progetto delle vetture da corsa. lo rilevante nella storia delle competizioni, in Italia La “rivoluzione” portata dai costruttori inglesi tra la e nei numerosi paesi in cui le nostre vetture hanno fine degli anni Cinquanta e l’inizio del decennio suc- gareggiato, spesso con risultati molto lusinghieri. cessivo provocò la scomparsa dei nostri “artigiani” In seguito, le automobili da corsa monoposto delle di allora. In seguito, però, altri sono apparsi, come Formule minori e biposto non nacquero più come Osella, Alba (che conquistò due titoli Mondiali nel derivazione di auto di serie, ma da progetti originali, Gruppo C2/Junior), Lucchini, Centenari, Tampolli, concepiti per le competizioni. Picchio, Bellasi. Così come vi sono stati importanti In quel momento, nella seconda metà degli anni Cin- preparatori o costruttori di motori, quali Novamo- quanta e poi definitivamente all’inizio del decennio tor, Lavazza, Carma, Romeo Ferraris. successivo, la competitività dei nostri costruttori ar- Quindi, la storia continua. 3 Le Fiat di Giacosa, base per elaborazioni sportive Lorenzo Morello Non descriverò propriamente delle automobili della manodopera a quello totale del prodotto era sportive, quanto le basi da cui queste automobili sicuramente modesto rispetto a quello dei ma- sono derivate, con modifiche ai telai o impiegan- teriali. Una vettura meno materiale aveva, meno do singoli componenti. La Fiat negli anni Trenta costava. era probabilmente più importante e complessa In definitiva la strategia fu una sola: riduzione del della Fiat di oggi, tuttavia si comportava come costo, perché si pensava giustamente che solo un un’azienda molto piccola dal punto di vista deci- prodotto di basso costo e, quindi, di basso prezzo sionale, perché ogni indirizzo strategico era defi- potesse favorire lo sviluppo della motorizzazione nito prima dal Senatore Agnelli (1866-1945) e poi del nostro Paese, cosa che, in effetti, avvenne. dal professor Valletta. Questi davano gli obiettivi Si considereranno, in questa rassegna, la prima generali che erano poi messi in atto dall’ingegner 500, poi chiamata Topolino, la serie delle prime Dante Giacosa, che accentrava in sé tutte le fun- 1100, dalla 508C, chiamata Balilla 1100, alla 1100 zioni che oggi svolgono le funzioni di marketing, E, che fu prodotta fino al 1953. Poi la seconda stile e tecnica; quindi, non è errato dire che le vet- serie delle 1100, le cosiddette 103, che ebbero una ture di cui si riferirà furono pensate e sviluppate vita ancora più lunga, la 600 e la Nuova 500, che da lui, almeno nella parte d’impostazione, in tutti allora fu chiamata Nuova, ma che oggi tutti defi- i loro aspetti. nirebbero la “vecchia” 500. Quale fu la strategia di prodotto dietro queste vet- Incominciamo dalla Topolino. Ha una storia ture? Le riassumo in quattro punti: integrazione piuttosto lunga: quello che la Fiat voleva nel 1935 funzionale, riduzione del numero di componenti, era un’automobile con prezzo non superiore a £ riduzione del peso e riduzione del costo. 5.000; per dare un riferimento, la Balilla, la vettura Tuttavia, ad una attenta considerazione, essi pos- esistente più economica, costava 8.900 lire. sono riunirsi in un punto unico: integrazione fun- Si prospettava dunque qualcosa di veramente ef- zionale, ossia cercare di far svolgere al minor nu- ficace per stimolare la motorizzazione del Paese. mero di elementi il maggior numero di funzioni. Nessuno della progettazione era riuscito a rag- La conseguenza diretta fu la riduzione del peso; giungere quel target; già la Balilla aveva ricevuto nessuna delle vetture di cui accennerò pesava più l’obiettivo delle 5.000 lire, senza riuscire a rag- di 1.000 kg.

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