Scheda Progetto Per L'impiego Di Volontari In

Scheda Progetto Per L'impiego Di Volontari In

SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO ENTE 1) Ente proponente il progetto: CARITAS ITALIANA La Caritas Italiana è l'organismo pastorale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) con lo scopo di promuovere «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto). È nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II. Ha prevalente funzione pedagogica, cioè tende a far crescere nelle persone, nelle famiglie, nelle comunità, il senso cristiano della Carità. Nel 1977 ha stipulato la convenzione col Ministero della Difesa per accogliere obiettori di coscienza al servizio militare e nel 2001 è stata tra i primi enti a realizzare progetti di servizio civile nazionale. L’Ente presso il quale devono essere indirizzate le domande per il presente progetto è: CARITAS ITALIANA Via AURELIA,796 - cap 00165 - città ROMA Per informazioni: tel.06.66177001- fax 06.66177602 e-mail: [email protected] 2) Codice di accreditamento: NZ01752 3) Albo e classe di iscrizione: NAZIONALE 1a classe CARATTERISTICHE PROGETTO 4) Titolo del progetto: Caschi Bianchi in Europa 2017 5) Settore e area di intervento del progetto con relativa codifica (vedi allegato 3): Settore: SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO Area di intervento: Educazione e promozione culturale, Assistenza Codice: F11 (area prevalente), F07 6) Descrizione del contesto socio politico ed economico del paese o dell’area geografica dove si realizza il progetto; precedente esperienza dell’ente proponente il progetto nel paese o nell’area geografica anche in relazione alla propria mission; presentazione dei partner esteri: Il progetto si esprime e si realizza nella area geografica dei Balcani, un’area in cui le tensioni sono tornate "al livello più pericoloso dalla fine della guerra degli anni Novanta". I paesi coinvolti dal progetto sono: . Albania: realtà che vive un periodo di profondi cambiamenti e di relativo progresso, purtroppo accompagnati da sempre più evidenti disuguaglianze sociali; 1 . Bosnia-Erzegovina: un paese ancora in tensione che dalla guerra a oggi non ha subito trasformazioni significative, rimanendo preda di un conflitto latente e di un sistema politico che ha inibito ogni cambiamento. Grecia: che vive ancora una gravissima recessione economica, unita ad un’emergenza quale quella dei migranti, con un impatto detemerninabte sulla già fragile situazione socio economica. Kosovo: con un’economia fragile e segnata da problemi sociali privi di risposte adeguate. Serbia: da anni impegnato in negoziati con il Kosovo per “pacificare” le complicate relazioni tra i due Paesi, per poter accedere finalmente all’Unione Europea. La crisi finanziaria e poi economica a livello mondiale, cominciata nel 2008 e tuttora in corso, ha colpito in una prima fase soprattutto le economie dei paesi occidentali. Il caso più eclatante in Europa rimane quello della Grecia, paese la cui economia è crollata nel corso di questi anni e nel quale le ricette proposte dalla stessa UE e dagli altri enti internazionali (le cosiddette politiche di austerity) non sembrano aver dato risposte significative, anzi in alcuni casi hanno aggravato pesantemente la situazione sociale di gran parte della popolazione. La crisi economica e finanziaria dell’Eurozona ha colpito drammaticamente anche le economie vicine, in particolare quelle dei paesi del Sud Est Europeo extra-UE: Bosnia Erzegovina, Serbia, Kosovo, Albania. L’UE, dalla caduta del socialismo, è diventata infatti il principale investitore in questi paesi, già caratterizzati da alcune proprie carenze strutturali a causa dell’incompleto processo di transizione dal periodo socialista all’economia di mercato. Iniquità fiscali, vuoti legislativi, alti tassi di disoccupazione e corruzione sono elementi ricorrenti in tutti i paesi della regione. A questi elementi di natura economica, si aggiungono fattori caratterizzanti di tipo sociale e culturale che hanno determinato un diffuso pregiudizio e una forte esclusione sociale e lavorativa dei gruppi più vulnerabili della popolazione come ad esempio disabili, persone con disturbi mentali e rom. Queste fasce sociali rimangono marginalizzate, sono significativamente più povere rispetto al resto della popolazione, non trovano sufficiente protezione sociale da parte dello stato e, sopratutto dentro la società civile, concrete e sufficienti possibilità di inclusione ed integrazione. Le fragili economie dei paesi di questi paesi non dispongono di risorse adeguate per mantenere i loro già deficitari sistemi di assistenza, pur ricevendo forte mandato e pressione da parte dell’Unione Europea per migliorare e modernizzare il loro welfare. Il consumo interno ha registrato un calo molto importante: tra il 2008 e il 2014 in Albania è sceso da 3.484 a 2.973 dollari pro-capite; in Grecia da 22.286 a 16.449 dollari;in Macedonia da 3.764 a 3.419 dollari; in Montenegro da 6.624 a 5.475 dollari; in Serbia da 5.034 a 4.004. I tassi di disoccupazione dell’area appaiono preoccupanti e addirittura drammatici in Kosovo (45%), Bosnia Erzegovina (30%), Macedonia (30%), Serbia (21%). I consigli che le istituzioni internazionali riservano ai paesi balcanici per uscire dalla crisi riguardano per lo più il controllo della finanza pubblica, perché i debiti pubblici sono aumentati in tutta l’area. I Governi dei paesi balcanici hanno così cominciato a mettere in atto risposte sempre più “estreme” per recuperare competitività ed attirare gli investimenti stranieri: riduzione dei già bassi livelli degli stipendi (che quasi sempre non superano le soglie della povertà e costringono a condizioni di vita miserrime), riduzione del livello di protezioni sociali (pensioni, sussidi), tagli nei servizi essenziali (sanità, istruzione). Il risultato è dunque preoccupante, perché si stanno riproponendo nei Balcani delle pericolose spirali di austerity già viste nell’Eurozona, dove l’aggravamento della crisi economica e l’aggravamento della crisi sociale sembrano alimentarsi l’uno con l’altro. ALBANIA CONTESTO SOCIO POLITICO ED ECONOMICO Dati generali Lingua ufficiale Albanese Capitale Tirana Popolazione 2,831,741 (censimento del 2011) Forma di governo Repubblica Parlamentare Presidente della Bujar Nishani (da luglio repubblica 2012) Primo ministro Edi Rama (da settembre 2013) 2 Valuta Lek albanese L’Albania è un paese di 28.748 kmq situato nell’Europa sud orientale con capitale Tirana. Si affaccia sul Mar Adriatico per 362 km presentando al suo interno vaste zone montuose. Secondo le letture preliminari dell’ultimo censimento (2011), la popolazione albanese residente ammonta a circa 2,831,741persone. La popolazione è composta principalmente da Albanesi (95%) con una piccola minoranza Greca (3%), ed altri gruppi etnici minoritari (2%; includono Valacchi, Rom, Montenegrini, Macedoni e Bulgari). La lingua ufficiale è l’Albanese, ma in alcune zone del sud viene parlato anche il greco. Il paese è diviso in 12 regioni e 36 distretti comunali. Approssimativamente, il 70% della popolazione è di religione musulmana, mentre Ortodossi e Cattolici ammontano rispettivamente a circa il 20% e 10% della popolazione. Le percentuali sono comunque solo delle stime: tutte le chiese e le moschee furono chiuse nel 1967 e il credo religioso proibito. Solo nel 1990 lo stato albanese ha permesso la libera professione di credo religioso, portando da allora ad una crescita costante di tutte le comunità religiose. I recenti tentativi di raccogliere nell’ultimo censimento dati sulla religione e la nazionalità dei cittadini hanno acceso un forte dibattito e causato una chiamata al boicottaggio da alcune voci politiche; ad ogni modo, i dati raccolti non sono ancora stati pubblicati. L’Albania è una Repubblica Parlamentare con parlamento monocamerale costituito da 140 deputati ed eletto ogni 4 anni. La costituzione è stata adottata attraverso un referendum popolare ed è entrata in vigore il 28 Novembre del 1998. Il confronto politico tra partiti è sempre stato molto aspro fino a toccare l’apice nel gennaio 2011 quando, in una manifestazione organizzata dal Partito Socialista all’opposizione, contro il Partito Democratico al governo, i violenti scontri tra manifestanti e polizia hanno portato all’uccisione di quattro manifestanti ed all’arresto di circa 100 persone. Contesto storico e politico Nel 1991 l’Albania divenne una repubblica parlamentare e nel 1992 si svolsero le prime elezioni libere. I primi anni novanta furono caratterizzati da una forte instabilità politica, con continui cambi di governo e di presidenti. La transizione dal regime comunista alla democrazia si è dimostrata piuttosto complicata perché caratterizzata da altissimi tassi di disoccupazione, corruzione diffusa, reti criminali pervasive ed un panorama politico molto frammentato e debole. Le tensioni e i momenti critici non sono mancati in questi anni: dalla crisi derivanti dal collasso delle organizzazioni finanziarie piramidali, alle manifestazioni di piazza promosse dal principale partito d’opposizione alle ultime elezioni,con la morte di alcuni manifestanti, uno scontro tra governo eopposizione che ha portato l’Albania più vicina che mai a un crollo dello stato simile a quello che si era verificato nel 1997. Se la regolarità delle elezioni rientra nei temi chiave evidenziati dall'Europa come requisito per la candidatura,

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