RIFLESSI DI FELLINI-SATYRICON NELLA STAMPA PERIODICA ILLUSTRATA CONTEMPORANEA* di Raffaele De Berti Il ruolo della stampa nel creare attese e suscitare curiosità nel pubbli- co per sollecitarlo alla visione di un film è un fenomeno già presente nei primi decenni della storia della cinematografia, quando nascono le rivi- ste di cinema, e con gli efficienti uffici stampa delle case di produzione, soprattutto hollywoodiane, che fin dagli anni Venti passano notizie e immagini ai giornali di tutto il mondo. Si è così creato un rapporto di reciproca interazione fra media, nel quale la stampa “sfrutta” il cinema e i diversi personaggi che vi gravitano attorno (attori, registi, produttori ecc.) per interessare i propri lettori e aumentare la tiratura; mentre, nello stesso tempo, il cinema usa la stampa passando anticipazioni più o meno vere di quanto sta accadendo sul set di un film, magari creando ad arte anche situazioni scandalistiche per influenzare le scelte degli spettatori e attirarne il numero maggiore possibile all’uscita della pellicola. In genere si studia la fortuna critica di un film dalla sua prima pro- iezione, mentre più raramente ci si occupa di ricostruire la campagna di stampa che ne ha preceduto l’uscita ma che può, invece, aver contribui- to in modo decisivo a raggiungere alte cifre d’incasso. Naturalmente non si tratta di un meccanismo automatico di causa-effetto, per cui il succes- so è assicurato a fronte di un grande spiegamento dei mezzi di stampa o, più in generale, dei mass-media quando sono progressivamente entrati nella “catena mediatica” radio, tv e internet, ma nei singoli casi entrano in gioco fattori specifici, ad esempio legati al contesto culturale e socia- * Il presente lavoro riprende in parte DE BERTI 2007. 254 Raffaele De Berti le di ricezione, che vanno esaminati per capire le ragioni di eventuali flop a volte clamorosi. Fellini è sempre stato molto attento al rapporto con la stampa anche nei mesi dell’ideazione e della lavorazione dei suoi film. Uno dei casi esemplari di costruzione di grande attesa per l’uscita di un film – non solo per quanto riguarda il regista riminese, ma tutta la cinematografia italiana – è quello di La dolce vita, quando, come ricorda un testimone diretto come Tullio Kezich, «i servizi fotografici e gli articoli hanno let- teralmente invaso le pagine dei rotocalchi, fino a far temere che si creas- se nel pubblico un’aspettativa esagerata e magari controproducente».1 Lo stesso Kezich osserva come Fellini avesse un’abile e personale stra- tegia comunicativa nel concedersi ai giornalisti: Sulle prime sembra restio a sbottonarsi, qualche volta cortesemente annoiato. Dopo dieci minuti il giornalista lo vede già come un compli- ce, scambia con lui occhiate d’intelligenza e strette di mano furtive. È uno di quei personaggi che «fanno l’articolo»: non ci vuol molto per indurlo a parlare e non c’è neppure bisogno di chiedergli l’esclusiva delle sue dichiarazioni. Ogni battuta di Federico è esclusiva, nel senso che il regista non ama ripetersi. Preferisce rischiare di contraddirsi. […] Il regista ama molto i contatti personali con i singoli giornalisti, fra i quali conta parecchi amici. Detesta le conferenze stampa, le domande stupide, la routine parolaia dei festival.2 L’attenzione di Fellini nel curare i rapporti con i mass-media duran- te la realizzazione di un film, facendo filtrare quanto gli interessa per tenere viva l’attenzione del pubblico fino alla tanto attesa prima proie- zione, si conferma anche per tutte le pellicole successive a La dolce vita ed è particolarmente interessante da studiare per Fellini-Satyricon. Si tratta, in quest’ultimo caso, di una precisa strategia comunicativa che giocando, come vedremo, sull’ambiguo confine dello scandalo per le scene di nudo e le situazioni al limite della censura, e accreditandosi anche come un film che rappresentando il passato parla del presente, delle batta- glie libertarie, della nuova cultura giovanile contribuisce sicuramente al 1 KEZICH 2009a, p. 65. A proposito degli articoli di riviste che hanno anticipato l’uscita di questo film si veda BERTELLI 2009. 2 KEZICH 2009a, p. 65. Riflessi di Fellini-Satyricon nella stampa periodica 255 buon successo di pubblico, ottenendo ottimi incassi nonostante si presen- ti come uno dei film più complessi e apparentemente più oscuri della fil- mografia felliniana.3 Infatti, Fellini-Satyricon stando ai dati ufficiali dell’AGIS pubblicati su “Il Giornale dello Spettacolo” nella sezione La borsa film per la stagione 1969/1970 incassa ben 794.384.000 lire, collo- candosi nella classifica generale di tutte le pellicole distribuite in Italia al quinto posto dopo Nell’anno del signore di Luigi Magni con Nino Manfredi, La caduta degli dei di Luchino Visconti, Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue di Luciano Salce con Alberto Sordi e Amore mio aiutami di e con Alberto Sordi, ma prima di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, I girasoli di Vittorio De Sica con Sophia Loren, Agente 007 al servizio segreto di sua mae- stà di Peter Hunt (primo film della serie Agente 007 senza Sean Connery, sostituito con minor fortuna di pubblico da George Lazenby nella parte di James Bond) e Un maggiolino tutto matto di Robert Stevenson, considerato uno dei più famosi film comici realizzati dalla Walt Disney.4 Un campione d’incasso che certamente molto deve al nome di Fellini in anni in cui il cinema dei grandi autori è sempre seguito da un suo pubblico fedele, come testimonia il secondo posto negli incassi stagiona- li di Luchino Visconti, ma al successo del quale ha certamente contribui- to in modo non secondario l’abile campagna di stampa che ha seguito per circa un anno l’avventura produttiva del film. 3 Goffredo Fofi e Gianni Volpi conversando con Fellini sull’evidente influenza di Jung (e il regista aggiungeva di Kafka) sul suo cinema dopo La dolce vita definiscono in una domanda il Satyricon come un film di svolta nella sua discesa agli inferi: «Gli infe- ri del tuo inconscio, non solo quello di una civiltà»: vd. FOFI, VOLPI (a cura di) 2009, p. 6. L’intervista realizzata dai due curatori nello studio di Fellini nell’aprile 1993 ha avuto la sua prima pubblicazione per le edizioni AIACE nel 1993. 4 I dati dell’AGIS sono ripresi dalle tabelle riassuntive elaborate da Umberto Rossi in CANOVA (a cura di) 2002, p. 625. Si ricorda che questi dati si riferiscono agli incassi delle sole sedici città capozona (Roma, Milano, Torino, Genova, Padova, Venezia, Trieste, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Palermo, Messina, Catania, Cagliari, Ancona), perciò la cifra totale reale è più alta. In POPPI, PECORARI (a cura di) 1992 nella scheda del film si riporta la cifra di 1.541.000.000 lire come incasso, ma non viene specificata la fonte e se si sia tenuto conto del coefficiente di rivalutazione monetaria in lire dell’ISTAT, ma si può ipotizzare che probabilmente il dato si riferisca agli incassi complessivi e non solo a quel- li delle sedici città capozona vista la notevole differenza fra le due cifre. In ogni caso il dato interessante è quello comparativo con gli altri film della stagione. 256 Raffaele De Berti Prima di passare all’analisi dei principali articoli che hanno anticipato l’uscita di Fellini-Satyricon, limitatamente ai periodici illustrati non specia- listici, che costituiscono l’oggetto del presente testo, è utile contestualiz- zare brevemente la pellicola all’interno dell’opera del regista riminese in un momento che può essere considerato di svolta nella sua filmografia. 1. Da Il viaggio di G. Mastorna a Fellini-Satyricon Nel 1983 Federico Fellini rilascia a Giovanni Grazzini una lunga intervista, nella quale ripercorre i quasi 64 anni della sua vita (era nato il 20 gennaio 1920) intrecciando dati biografici e film. Peraltro, tutta l’opera del regista riminese è indissolubilmente legata dai suoi pervasivi ricordi d’infanzia, dalle sue ossessioni inconsce, dai suoi sogni, e può essere interpretata come una lunga e ininterrotta seduta psicanalitica. A proposito di Fellini-Satyricon dichiara: Durante la convalescenza dalla pleurite allergica avevo riletto Petronio ed ero rimasto affascinato da un particolare che prima non avevo sapu- to notare; le parti mancanti, cioè il buio, fra un episodio e l’altro. Già a scuola, quando si studiavano i prepindarici, avevo cercato di riempire con l’immaginazione il vuoto fra i vari frammenti. […] Ma quella fac- cenda dei frammenti mi affascinava davvero. Mi colpiva l’idea che la polvere dei secoli avesse conservato i battiti di un cuore ormai spento. Convalescente a Manziana, nella bibliotechina di una pensione, mi capi- tò in mano Petronio: tornai a provare una grande emozione. Mi fece pensare alle colonne, alle teste, agli occhi mancanti, ai nasi spezzati, a tutta la scenografia cimiteriale dell’Appia Antica o in generale ai musei archeologici. Sparsi frammenti, brandelli riaffioranti di quello che pote- va anche essere considerato un sogno, in gran parte rimosso e dimenti- cato. Non un’epoca storica, filologicamente ricostruibile sui documen- ti, positivisticamente accertata, ma una grande galassia onirica, affon- data nel buio, fra lo sfavillio di schegge fluttuanti, galleggianti fino a noi. Mi pare di essere stato sedotto dall’occasione di ricostruire questo sogno, la sua trasparenza enigmatica, la sua chiarezza indecifrabile. Con i sogni, appunto, succede la stessa cosa. Essi hanno dei contenuti che ci appartengono profondamente, attraverso i quali noi esprimiamo noi stessi, ma alla luce del giorno il solo rapporto conoscitivo che possiamo avere con essi è di natura concettualistica, intellettuale. Per questo i sogni appaiono alla nostra coscienza così sfuggenti, incomprensibili ed estranei. Il mondo antico, mi dissi, non è mai esistito, ma non c’è dub- Riflessi di Fellini-Satyricon nella stampa periodica 257 bio che ce lo siamo sognato.
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