- 11 COLLANA STRUMENTI Il Villaggio Giuliano-dalmata di Roma Unesempio di integrazione di Dino Renato Nardelli Archivio Museo Storico di Fiume , La squadra di pallacanestro "Giuliana" durante una partita del campionato di serie A (1957) LABORATORIO SUI DOCUMENTI Presentazione Dall’esodo al villaggio operaio: i luoghi Il Villaggio operaio Scrivi Il Villaggio Giuliano-dalmata di Roma La precarietà degli inizi Dotarsi di servizi Organizzarsi in Associazioni Costruire un tessuto sociale Scrivi La memoria nei monumenti Il contesto I simboli Scrivi Archivio dei documenti Block notes Presentazione 1945, in Europa cessano le ostilità e cominciano gli anni difficili dei processi e delle ricostruzioni. Non tutti però ebbero l’opportunità di impegnarsi nella ricostruzioni dei propri luoghi di nascita, delle proprie case; milioni di persone in tutta Europa furono costrette ad adattarsi ai nuovi confini dando inizio ai più grandi spostamenti di popolazioni e di scambi interetnici tra stati che il Vecchio contiene ricordi. Gli italiani abitanti sul confine orientale furono protagonisti di un eccezionale fenomeno migratorio non ufficializzato da un preciso decreto di espulsione ma spinti dalle violenze ancora in corso nelle loro terre di origine: Istria, Fiume, Dalmazia, Venezia Giulia. Una buona parte della prima ondata di esuli si diresse verso le grandi città del Nord Italia (Trieste, Genova, Venezia, Torino, Milano, Varese, Brescia) spinti dalla voglia di non allontanarsi troppo dai propri dialetti, costumi e luoghi di origine, magari con la speranza di poter tornare in periodo di pace e contando, sicuramente, nelle grandi industrie del Nord per un lavoro sicuro. Anche il Sud Italia fu capace di assorbirne una parte, sviluppando un programma edilizio nelle città di Pescara, Taranto, Napoli, Messina, Catania, Sassari ed in altre. I più consistenti programmi edilizi, logicamente, furono sviluppati là dove c’era maggior bisogno quindi nelle grandi città del Nord e a Roma. L’esodo ebbe un momento periodizzante dalla città di Pola, nel dicembre del 1946, allorché da lì cominciò la spola del piroscafo “Toscana” con i porti di Venezia e Ancona con carichi fino a 2.000 profughi per viaggio. Altri partirono con mezzi di fortuna, via terra, portando con loro tutto il possibile per ricominciare una nuova vita altrove; sui numeri ci sono ancora idee contrastanti a causa delle difficoltà dovute a carenza di documentazione; oggi, però, si può affermare con buona approssimazione che i protagonisti dell'esodo siano stati intorno ai 300.000. Questo non vuol essere l'ennesimo contributo storiografico, anche se di storiografia si nutre. Il paradigma interpretativo è quello del caso . Un caso significativo, il Quartiere Giuliano-dalmata di Roma; qui non siamo di fronte alla storia di uno dei tanti campi profughi che il Governo italiano allestì nell'immediato secondo dopoguerra per rispondere ad un fenomeno che da subito rivelò i caratteri dell'emergenza; i Giuliano- dalmati a Roma dal 1947 rivendicarono il diritto di essere protagonisti del proprio destino; rifiutarono collocazioni improvvisate come quella dei sotterranei della stazione Termini occupando abusivamente luoghi dismessi come il Villaggio operaio, pensato da Mussolini per i lavoratori impegnati nella costruzione dell'EUR, guscio vuoto dopo le vicende belliche. Si preoccuparono quindi di uscire dall'illegalità e, sostenuti da appoggi politici e finanziari oltre che da spirito d'iniziativa, riuscirono a trasformare quel luogo in un posto in cui trasferire progetti di vita dentro un tessuto sociale che dura ancora, in continuo dialogo con la Città. E' un percorso rivolto innanzi tutto a studentesse e studenti, troppo spesso coinvolti in usi pubblici della storia disinvolti; poi a coloro che intendono sapere; infine a quelli che, protagonisti o che con i protagonisti hanno avuto a che fare, vogliono dare senso a frammenti di memoria giunti loro per caso. Il metodo è quello dell' Archivio dei documenti : lo storico imbastisce un repertorio documentario coerente ma non ordinato; traccia quindi un percorso fatto di problemi e propone i ferri del mestiere, cioè problematizzare, tematizzate, articolare i temi, scegliere i documenti pertinenti ciascuna fase, leggerli, interpretarli, invita a scrivere le conclusioni parziali. Con la complicità forte, decisiva, dei luoghi che fecero quella storia. Dall’esodo al villaggio operaio: i luoghi da F. CECOTTI e B. PIZZAMEI , Storia del confine orientale italiano 1797 – 2007. Cartografia , documenti, immagini, demografia , CD Rom edito da Istituto regionale per la storia del movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste, 2007. Il monumento che vedi fu collocato nel 1962 nella Piazza Giuliano-dalmati di Roma a ricordo dell’esodo; in esso si possono leggere i nomi delle città di provenienza; individua i luoghi nella cartina, e metti in corrispondenza sottolineando con gli stessi colori. Nella carta manca una città: quale? ……………………………..……………………………………... La carta mostra una situazione particolarmente fluida del confine orientale ed individua un tempo ben preciso. Scrivi quello che sai circa i motivi che in quegli anni spinsero migliaia di uomini e donne ad abbandonare quelle terre. …………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………… ....................................................................................................................... Le vicende dell’esodo sono state spesso ricondotte schematicamente in un contesto di causa-effetto con le foibe e con il clima da genocidio scatenato dai partigiani del maresciallo Tito nella zona all’indomani del vuoto di potere creatosi dopo l’8 settembre 1943 e successivamente. Lo storico Raoul Pupo ha restituito tutta la complessità dell’esodo: «Italiani, sloveni e croati si sono inferti molti colpi, hanno compiuto reciprocamente quasi ogni tipo di violenze, anche di massa, ma non vi sono stati casi né di effettuato, né di progettato genocidio: non è stata genocida la politica del fascismo, non sono atti di genocidio le foibe istriane del 1943 e quelle giuliane del 1945, non vi è stata una politica genocida alla base dell’esodo degli istriani nel secondo dopoguerra. Si tratta in ogni caso di fatti gravissimi, ma il genocidio non c’entra proprio» (R. PUPO , Guerra civile e conflitto etnico: italiani, sloveni, croati , in: C. ALBANA , P. CARMIGNANI (a cura di), Guerre civili nell’Europa del Novecento , Vieri, Roccastrada 1999, p. 67). L’esodo non avvenne dunque tutto insieme come effetto di un genocidio anti italiano in atto, fu scandito, al contrario, da eventi diversi tra di loro. Ecco una breve cronologia degli eventi che ebbero in qualche modo relazioni con l’esodo: 8 settembre 1943 : nell’area giuliana si crea un vuoto di potere dato dalla scomparsa improvvisa delle istituzioni militari e civili in cui il movimento partigiano sloveno e croato è pronto ad inserirsi. L’ondata repressiva che si scatena è destinata a coloro che rappresentano lo Stato italiano e l’apparato fascista o che si sapevano risolutamente contrari ad un’annessione alla Jugoslavia, pur se antifascisti dichiarati. 2 novembre 1943 : la città di Zara viene bombardata dagli Alleati; l’azione provoca 200 vittime. Ancor oggi non è stato possibile comprendere la ragione ed i motivi di ordine militare che indussero gli Alleati a distruggere con 54 bombardamenti la città, un obiettivo di poco più di un chilometro quadrato, sul quale sganciarono non meno di 584 tonnellate di bombe, pari a 54 chilogrammi di esplosivo per ogni 100 metri quadrati. Zara non era una base di rifornimento per le divisioni tedesche che operavano nell’ interno della Jugoslavia. La città non era collegata con alcuna ferrovia. Il suo porto era più che altro turistico. Sulle sue banchine non potevano attraccare più di due piroscafi alla volta e di stazza non superiore alle 2.500 tonnellate. Eppure venne distrutta. La città dalmata è occupata dai partigiani jugoslavi di Tito il 31 ottobre 1944. 7 gennaio 1944 : primo bombardamento anglo-americano sulla città di Fiume, che viene duramente provata; le azioni aeree continuarono fino al 26 aprile 1945. 18 agosto 1946 : strage di Vergarolla, a Pola. Causa la morte di settanta persone e un centinaio di feriti, tutti civili, smembrando intere famiglie che quel giorno avevano affollato la spiaggia per assistere alla gara natatoria organizzata dalla «Pietas Julia». Stando ad alcune fonti, non fu un incidente ma un attentato organizzato dall'Ozna, la polizia segreta di Tito. La tragedia alimentò la psicosi di una congiura di origine etnico politica contro gli italiani. L’esodo da quella città raggiunse l’apice nel gennaio 1947. 10 febbraio 1947 : firma dei Trattati di pace di Parigi fra le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale e l’asse tedesco, compresa l’Italia; gran parte della penisola istriana, la città di Fiume e Zara vennero assegnate alla Jugoslavia; la città di Gorizia fu assegnata all'Italia, ma il confine ne lambì la periferia nord orientale, in quanto divennero territorio jugoslavo tutto il corso superiore dell'Isonzo e la valle del Vipacco. La novità più rilevante fu l'istituzione del Territorio Libero di Trieste, cioè di una stretta
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