Lo Zen Ed I Sutra Alle Sorgenti Dello Zen

Lo Zen Ed I Sutra Alle Sorgenti Dello Zen

LO ZEN ED I SUTRA ALLE SORGENTI DELLO ZEN di Albert Low Zen and the Sutras Tuttle, 2000 Traduzione italiana di Aliberth (Alberto Mengoni) Lo Zen, espressione del Buddhismo Giapponese, sostiene la pratica del suo insegnamento spirituale con la meditazione e lo studio dei Sutra del Ch’an, ritenuti essere gli insegnamenti stessi del Buddha. Il maestro Zen Albert Low, direttore del Centro Zen di Montreal (Canada), propone un illuminante punto di vista sui cinque Sutra principali dello Zen: Prajnaparamita Hridaya (Sutra del Cuore della Saggezza), Vajracchedika (Sutra del Diamante), Vimalakirtinirdesa (Sutra del laico Vimalakirti), Lankavatara (Sutra della discesa a Lanka) ed infine Surangama (Sutra dell’Ornamento Fiorito). Anziché farne un commentario ristretto e dogmatico, l’autore dimostra, anche se con un po’ di rigore, la viva attualità e la pertinenza per la vita di tutti i giorni, di questi notevoli messaggi spirituali e filosofici. Questo libro è diretto agli adepti del Buddhismo, ma anche a tutti coloro che sono interessati ad una autentica pratica spirituale. Il Dharma di Aliberth Articoli e traduzioni di Alberto Mengoni (Aliberth) riprodotti senza revisione dal sito “centronirvana.it” e dal bollettino “Nirvana News” che hanno cessato di esistere 1/92 - http://www.superzeko.net INTRODUZIONE Quest’opera mira a far conoscere alcuni dei Sutra del Buddhismo Mahayana ed a dimostrare il loro valore per una autentica pratica spirituale. I Sutra, la cui traduzione letterale è ‘filo, trama’, sono ritenuti rapportarsi direttamente agli insegnamenti del Buddha. Essi sono indirizzati non solo ai ristretti adepti del Buddhismo Zen, ma a tutti coloro che sono interessati ad una vera pratica spirituale. Le Origini dei Sutra Il Buddhismo è nato con l’insegnamento del Buddha Sakyamuni, il quale visse circa duemila e cinquecento anni fa. All’inizio della nostra era, una rivoluzione all’interno del Buddhismo fece emergere una nuova scuola, chiamata Mahayana. Dopodiché si formarono due grandi correnti dei Sutra: quelli del Theravada (La Via degli Antichi) e quelli del Mahayana (il Grande Veicolo). I Sutra più antichi, scritti in Pali, furono raccolti nel Tripitaka (il Triplice Canestro) e formano una parte del Canone Buddhista. I Sutra del Mahayana, scritti in sanscrito, al tempo d’oggi quasi non esistono più; però la maggior parte di essi esiste nelle versioni Cinese o Tibetana. La lettura dei Sutra a volte ci da l’impressione che tanto il Buddha quanto gli altri maestri si siano espressi in una maniera alquanto compassata ed artificiale, mentre è assai probabile il contrario. Il Buddha era un uomo in possesso di un grande carisma e di molto buon senso, in grado di avvicinare qualunque tipo di persone e di adattare il suo linguaggio ai suoi ascoltatori. Sono le dotte e saccenti traduzioni riportate, che danno alle sue parole un aspetto quasi fastidioso agli occhi delle persone interessate più alla pratica che non alla teoria. Di sicuro, noi siamo debitori agli eruditi che ci hanno fatto conoscere i testi buddhisti, ma è anche certo che le loro considerazioni accademiche molto spesso avevano la meglio sulle considerazioni pratiche. Per questo motivo, io ho apportato qua e là delle modifiche nella formulazione dei Sutra, con lo scopo di renderli più accessibili. I Sutra e lo Zen Avendo deciso di affrontare i Sutra come guide per la pratica spirituale, cercherò di cogliere il nesso tra essi ed i koan impiegati nella pratica dello Zen, soprattutto quelli che ne derivano direttamente. I ‘ko-an’ (Cinese: kung-an), sono parole ed espressioni gestuali del Buddha, dei Patriarchi e dei Maestri-Zen. Uno dei più celebri, è quello del maestro Zen Hakuin Esso si formula così: “Voi conoscete il suono di due mani che battono tra di esse. Qual è dunque il suono di una mano sola?”. Una persona che lavora su di un koan, deve dimostrare al maestro la sua penetrazione in profondità. Le spiegazioni, le teorie e le speculazioni non sono di alcuna utilità. Lo scopo del koan è di condurre il discepolo al risveglio, vale a dire alla sua realizzazione di essere al di là di qualsiasi forma. Noi non siamo questo corpo, né la personalità, o una qualche anima e non siamo neanche niente di diverso. La comprensione, che è l’integrazione delle idee e dei concetti intorno ad una idea centrale, può essere utile alla personalità, ma ha ben poco valore nella soluzione dei koan. Io preferisco utilizzare il termine ‘personalità’ piuttosto che il termine ‘ego’, perché quest’ultimo ha acquisito una connotazione molto negativa o dispregiativa. Esso è quasi diventato l’equivalente moderno del diavolo. La parola ‘personalità’, invece, è neutra e si riferisce ai ricordi, opinioni, giudizi e pregiudizi, idee e pensieri, nonché alle reazioni che convergono in un centro e costituiscono ciò che noi chiamiamo ‘l’io’. La maggior parte del nostro tempo, noi la passiamo a nutrire, proteggere e sviluppare la personalità, a metterla in luce dandole una validità. È la cosa per Il Dharma di Aliberth Articoli e traduzioni di Alberto Mengoni (Aliberth) riprodotti senza revisione dal sito “centronirvana.it” e dal bollettino “Nirvana News” che hanno cessato di esistere 2/92 - http://www.superzeko.net noi più preziosa. La nostra società incoraggia questa identificazione con i bisogni della personalità e qualsiasi lavoro che si faccia su se stessi, atto a superare questa personalità, è considerato quantomeno un pò bizzarro. Lo Zen è un lavoro di questo tipo; non offre nulla di valido né di vantaggioso per la personalità. Lo Zen è anti-intellettuale? Lo Zen ha la reputazione di essere anti-intellettuale. Esso sicuramente deve in parte questa reputazione al fatto che i maestri scartano sistematicamente le speculazioni e le teorie dei loro allievi. Inoltre essa deriva dal fatto che lo Zen ha avuto il suo sviluppo in Occidente nello stesso momento in cui la “New Age” era in piena fioritura e per il fatto che in questo periodo era molto di moda criticare l’establishment, compresi gli studi universitari. Questo anti-intellettualismo deriva ugualmente da un generale disincanto nei riguardi del fallimento di una buona parte di ciò che costituiva la religione tradizionale. Un sempre maggior numero di individui giudica che il pensiero religioso si sia rinchiuso in frasi sterili e dogmi inerti. Per molti di essi, dunque, fu un sollievo sentir parlare di quel maestro Zen che, in risposta ad un suo allievo che gli chiedeva chiarimenti sui princìpi del Buddhismo, gli lanciò un: “Cosa hai da abbaiare come un cane!?”. O, ancora, di quel monaco che, allorché il suo maestro gli chiese quali testi del buddhismo erano stati scritti dai demoni, gli rispose: “Tutti!”. Al che, il maestro accolse questa risposta con una grande risata e si felicitò con lui dicendo: “Nessuno potrà prendersi beffe di te, d’ora in avanti!” Ironicamente, gli stessi Sutra che noi andremo ad esaminare ora, ripetono senza sosta che le parole non possono condurci alla verità. Prendiamo, ad esempio, Ananda che era cugino del Buddha, nonché suo discepolo ed assistente personale. Egli aveva la reputazione di possedere grandi capacità intellettuali; si dice che egli avesse memorizzato parola per parola tutti i sermoni del Buddha. Dopo la morte di quest’ultimo, egli avrebbe dettato le sue parole ed i primitivi Sutra non ne sarebbero altro che la trascrizione fedele. Malgrado ciò, Ananda non pervenne al risveglio durante la vita stessa del Buddha e si disse che ciò fu proprio a causa delle sue capacità intellettuali. Nel Surangamasutra vi è un passaggio in cui Ananda dice: “Benché io sia divenuto un discepolo del Buddha, il mio cuore non si è ancora risvegliato. Io sono come il figliol prodigo che ha dimenticato suo padre. Ora vedo che malgrado le mie conoscenze, non sono migliore di un uomo ignorante e non istruito, poiché le cose che conosco non so metterle in pratica. È come se uno parlasse di alimentazione ma non si decidesse mai a mangiare e perciò non sarà mai sazio. Noi siamo tutti bloccati da questi due ostacoli: erudizione ed istruzione, vessazione e sofferenza!” (1). È proprio vero che noi siamo ostacolati in questo modo, però dobbiamo stare attenti nell’interpretare questa dichiarazione. I maestri Zen, senza dubbio, conoscevano assai bene i Sutra. Tokusan, ad esempio, era un esperto del Sutra del Diamante che aveva ampiamente commentato prima ancora del suo incontro con un maestro Zen. Bodhidharma, il fondatore della scuola Ch’an, lo stesso che predicava ‘la Trasmissione speciale al di fuori delle Scritture’, raccomandava comunque il Lankavatarasutra. Il maestro Hogen conosceva benissimo l’Avatamsakasutra; il koan n. 26 del ‘Mumonkan’, che lo mette in scena, deriva dall’insegnamento di questo sutra. Molti altri koan fecero ugualmente, direttamente o indirettamente, riferimento ai Sutra. L’autobiografia del massimo maestro del Ch’an, Hui-neng, divenne “Il Sutra dell’Altare (o della Piattaforma)”, uno di quelli condannati da chi biasima le ricerche intellettuali e lo studio dei sutra. Questo apparente disprezzo per l’intelletto non era universalmente condiviso dai maestri Zen Coreani. Molti di loro discesero dalla tradizione coreana facente capo a Chinul, il quale ottenne il risveglio grazie al ‘Sutra dell’Altare’. Egli stesso, in seguito, meditando profondamente sul ruolo Il Dharma di Aliberth Articoli e traduzioni di Alberto Mengoni (Aliberth) riprodotti senza revisione dal sito “centronirvana.it” e dal bollettino “Nirvana News” che hanno cessato di esistere 3/92 - http://www.superzeko.net dei Sutra nella formazione Zen, arrivò alla seguente conclusione: “Ciò che il Benamato ha detto dalla sua bocca è l’insegnamento. Ciò che i patriarchi hanno trasmesso con la loro mente è lo Zen. La bocca del Buddha e la mente dei patriarchi non possono certamente essere in contraddizione. Perché dunque gli studiosi delle due scuole (Zen e gli ortodossi) non si rifanno alla sorgente fondamentale anziché perdere il loro tempo a fomentare stupide dispute, trascurando così la loro pratica?” (2).

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