Università degli Studi di Padova Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari Corso di Laurea Magistrale in Filologia Moderna Classe LM-14 Tesi di Laurea Per l’attribuzione del carme Scaliger interea Canis: aspetti stilistici e metrici Relatore Laureando Prof. Giovanna Maria Gianola Silvia Berti n° matr.1104222 / LMFIM Anno Accademico 2016 / 2017 1 INDICE PREMESSA 3 LA VITA E LE OPERE 5 DE SCALIGERORUM ORIGINE 11 1. Composizione e tradizione 13 2. Lo studio del lessico 15 2.1 Ezzelino e i proceres 15 2.2 I conflitti 24 2.3 Le vittime 28 2.4 I della Scala 32 3. Retorica e sintassi 45 4. Uno sguardo d’insieme 59 DOPO IL DE SCALIGERORUM ORIGINE: OSSERVAZIONI SULL’HISTORIA 63 SCALIGER INTEREA CANIS 71 1. Composizione e tradizione 73 2. Lo studio del lessico 79 2.1 I personaggi 79 2.2 I conflitti 88 2.3 Le vittime 90 2.4 La toponomastica 92 3. Retorica e sintassi 99 ASPETTI METRICI 105 1. Metodo e strumenti 107 2. Gli schemi metrici 109 3. La sinalefe 113 4. Le cesure 117 2 CONCLUSIONI 121 TRADUZIONE 125 APPENDICE 149 BIBLIOGRAFIA 177 3 PREMESSA «La volta che Lila e io decidemmo di salire per le scale buie che portavano, gradino dietro gradino, rampa dietro rampa, fino alla porta dell’appartamento di don Achille, cominciò la nostra amicizia.»1 E cominciò così anche uno dei casi editoriali più discussi dell’ultimo quarto di secolo. L’autrice della tetralogia L’amica geniale, infatti, si è da allora celata dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante. Nonostante le interviste rilasciate, non sono mai state scattate foto. Né è mai stata svelata la sua vera identità. Eppure sono stati versati fiumi d’inchiostro nel tentativo di dare un volto alla scrittrice: con lunghe e minuziose indagini, critici letterari, linguisti, studiosi di statistica, giornalisti hanno cercato invano di svelare il mistero. Perché l’anonimato altro non è che mistero, la cui attrazione magnetica cattura lo studioso: scatena il piacere della ricerca, stimola la curiosità e l’ingegno. Talvolta il mistero non viene risolto, la soluzione viene solo sfiorata, manca la certezza. Ma, al di là di un’attribuzione certa, ciò che davvero conta è l’indagine, il percorso. Come per L’amica geniale così è per molti altri casi di cui si nutrono la filologia e la critica letteraria. Nel panorama medievale italiano spiccano il Fiore e il Detto d’amore attribuibili a Dante, in quello mediolatino, per fare un solo esempio tra i tanti possibili, il poemetto anonimo e anepigrafo Karolus Magnus et Leo papa, i cui 536 esametri interrogano ancora oggi gli studiosi2. Meno conosciuto è il caso di un poemetto in esametri sulla morte di Cangrande che, dall’incipit, indicheremo d’ora in poi come Scaliger interea Canis. Tràdito da un solo testimone che riporta anche il De Scaligerorum origine del preumanista vicentino Ferreto Ferreti, è stato inserito – non senza qualche titubanza – da Carlo Cipolla nell’edizione di quest’opera in qualità di quinto libro. Obiettivo di questo studio è indagare quale rapporto intercorra tra questo testo e i quattro libri del De Scaligerorum origine e comprendere, quindi, se sia attribuibile a Ferreto. Alla luce dei risultati della mia tesi triennale – focalizzata sul metodo e lo stile dell’autore nel primo libro della sua Historia – e dell’analisi condotta sul poema, ho interrogato il testo considerando i diversi elementi – tematici, stilistici, metrici – che 1 E. FERRANTE, L’amica geniale: infanzia, adolescenza, Roma, E/O, 2011, p. 23. 2 Per un’idea generale dell’argomento cfr. F. STELLA, Fortuna moderna e marginalità medievale del Karolus Magnus et Leo Papa di Modoino d'Autun e gli altri saggi raccolti in «Filologia mediolatina», XXIII, (2016). 4 compenetrandosi lo compongono nella convinzione che ancor più di porre le domande opportune sia fondamentale ascoltare le risposte senza pretenderle. 5 LA VITA E LE OPERE 6 7 Cercare di ricostruire la vita di «Ferretus auctor»3 - così egli si definisce all’interno della sua maggiore fatica poetica - è questione complessa. Possediamo infatti poche e scarne notizie ricavabili perlopiù dalle sue stesse opere. Ferreto nasce a Vicenza da Giacomo e Costanza4. Non si conosce l’anno esatto della nascita, ma verosimilmente dovrebbe cadere tra il 1294 e il 1297 dal momento che nel 1320 viene eletto gastaldo del Collegio dei Notai, carica per la quale era necessario essere almeno venticinquenni5. Inoltre Ferreto doveva essere ancora bambino al momento della battaglia di Curzola del 1298 perché, riferendosi a quell’episodio, scrive «tunc enim aut infantiam agebamus, aut lactis ope destituti pueriles voces pulsato fingebamus auditu»6. La giovinezza dell’autore vicentino è segnata dalla prematura perdita del padre Giacomo in seguito alla quale assume l’onere di capofamiglia coadiuvato dalla madre, dallo zio Donato e da un certo Benvenuto figlio di Giovanni de Nevo7. Secondo di cinque fratelli – Francesco, Galvano, Citadino e Fontana – si occupa anche del primogenito, fatuus e mente alienatus8. Non ancora adolescente è testimone di molti avvenimenti significativi. Nel 1310 vede l’arrivo degli ambasciatori di Enrico VII a Vicenza9 e nel 1311 la fuga dei contadini dalle campagne alla città in seguito alle devastazioni e al conflitto tra i Padovani e Cangrande della Scala. Così ricorda l’evento a vent’anni di distanza: Vidimus nempe agricolas timidos longo vehicolorum ordine suppelectilem vasaque omnia festinanter adducere, matresque natos suos nunc gremio, nunc humeris anxie ob metum deferentes, sub ipsis edium nostrarum porticubus accubare10. La dimora, a cui fa riferimento, era posta nella contrada di S. Faustino, vicina sia alle mura sia al ponte di S. Pietro, oggi ponte degli Angeli11. Da qui assiste anche alle 3 L’intero corpus delle opere di Ferreto è stato pubblicato ne Le opere di Ferreto de’Ferreti vicentino, a cura di C. CIPOLLA, I, II, III Roma, Forzani e C. Tipografi del Senato, 1908, 1914, 1920, (Fonti per la storia d’Italia, 42, 43, 43 bis). Questa citazione è desunta da De Scaligerorum origine, IV, v. 536. 4 Cfr. S.BORTOLAMI, Ferreto de’Ferreti, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XLVII. 5 Cfr. F. VIGNA, Preliminare di alcune dissertazioni intorno alla parte migliore della storia ecclesiastica e secolare della città di Vicenza, Vicenza, Pietro Antonio Berno, 1747, p. 61 e Le opere, p. XIII, n. 1. 6 Historia, vol. I, p. 123, rr. 9-11. 7 Cfr. il testamento di Giacomo fu Ferreto Bresciano in G. MANTESE, Nuovi documenti relativi allo storico e umanista vicentino Ferreto de’Ferreti (1294-1337) e alla famiglia ferreta nei secoli XIV-XV, in «Archivio veneto», XCII (1971), pp. 29-31. 8 Così lo stesso Ferreto definisce il fratello nel suo testamento, riportato in G. MANTESE, Nuovi documenti, cit., pp. 31-34: p. 34. 9 Historia, vol. I, p. 197 , r. 11: «Vidimus illos, nondum facti puberes, in senatu et coram populo legationis suae modum exponere». 10 Historia, vol. II, p. 117. 8 violenze perpetrate sulla popolazione nel 1314. L’anno seguente sposa Anna, figlia del giudice «Alberto de Scaletis», ma da questa unione non nascerà alcun figlio12. Nel frattempo si dedica agli studi notarili così come prima di lui il nonno, il padre e lo zio e, dopo aver ottenuto la carica di gastaldo del Collegio dei Notai, si occupa nel 1333 di una causa inerente alla villa di S. Vito di Leguzzano13. Non si è certi che abbia ricoperto incarichi stabili o comunque particolarmente rilevanti nel governo della città così come non si conosce quanti e quali siano stati i suoi spostamenti al di fuori di Vicenza14. Ferreto coltiva sin da giovane l’interesse per le lettere guidato dal maestro, a sua volta notaio, Benvenuto Campesani, che lo introduce al cenacolo preumanistico padovano che, dopo la more di Lovato Lovati (1309), era animato da Albertino Mussato. La prima prova poetica del vicentino è un epigramma databile al 1315 dedicato a Bailardino Nogarola a cui segue un carme in occasione della morte di Dante, di cui oggi si conservano solo quattro versi degli originari centodieci. Scarsa fortuna ebbero anche l’Inventio Priapeia, tràdita solo frammentariamente e composta probabilmente intorno al 1320, e una poesia gratulatoria a Pulice da Costozza di cui oggi leggiamo solo due versi15. In seguito alla morte del Campesani nel 1323, Ferreto compone sei carmina, di cui cinque dedicati al maestro e amico e l’ultimo, nel quale invita Albertino Mussato a ricordare il defunto attraverso la poesia: O sacer Aonie princeps et gloria silve, cur sinis indecori vatem marcere sepulcro illum qui toto micuit clarissimus orbe?16 Non sappiamo se la richiesta sia stata esaudita, di certo il ricordo di Benvenuto rimane sempre vivo nella memoria di Ferreto che, a distanza di anni, spende nei confronti dell’amico parole di lode e riconoscenza accostandolo proprio ad Albertino: 11 Così secondo G. MANTESE, Memorie storiche della storia vicentina, vol. III, Il Trecento, Vicenza, Scuola Tip. Istituto San Gaetano, 1958, p. 542 che cita il testamento di Ferreto: «in contracta Sancti Phaustini in domo habitacionis». 12 Cfr. G. MANTESE, Nuovi documenti, cit., p. 18 e note 10-11. 13 Cfr. ID., Memorie storiche, vol. III, cit. , p. 543. 14 Cipolla, in particolare, ipotizzava un viaggio di Ferreto a Verona quale ospite del signore della Scala; cfr. C. CIPOLLA, Studi su Ferreto de’Ferreti, in «Giornale storico della letteratura italiana», VI (1885), pp. 71- 93. 15 Per le poesie minori di Ferreto l’edizione di riferimento è ne Le opere di Ferreto de’Ferreti vicentino, a cura di C. CIPOLLA, vol. III, Roma, Forzani e C. Tipografi del Senato, 1920 (Fonti per la storia d’Italia, 43 bis). 16Carmina minora, vol. III. 9 Cum inclitorum vatum in talibus indaganda solercia, Albertini Muxati, Patavini, poete commendatissimi, Benvenutique de Campexani, Cymbrici vatis eximii, qui dum vitam in humanis agebant, pre ceteris totius Italiae oratoribus tunc florentibus, principatum censebantur obtinere condignum17.
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