Leggi l'articolo su beautynews Hollywood: intervista alla protagonista Laura Harrier Un'attrice da tener d'occhio. È così Laura Harrier,sin dai suoi primi ruoli, quelli che hanno segnato i momenti di svolta della sua carriera - in Spider-Man: Homecoming (2017) e in BlacKkKlansman (2018) - ma la vetrina migliore per mostrare il suo talento è certamente la nuova serie Tv in onda su Netflix, Hollywood, per la regia di Ryan Murphy. In questa mini-fiction in sette parti, che segue le vicende di aspiranti registi e attori nella Hollywood del dopo guerra, Harrier interpreta Camille, un’attrice che sogna un ruolo da protagonista in una grande produzione cinematografica. Quello che ottiene, invece, sono piccoli ruoli di comparsa, e sempre come domestica, il tutto puntualmente accompagnato dalla ‘spiegazione’ che la presenza di una donna nera nel ruolo di protagonista principale costituirebbe sempre un “film messaggio solo per la gente di colore, quindi con una distribuzione limitata”. Ma ecco che quando il fidanzato Raymond (Darren Criss) inizia i provini per un nuovo progetto, si presenta finalmente l’opportunità giusta. Hollywood denuncia le strutture del potere che sono state alla base dell’industria cinematografica sin dalle sue origini ma cerca, al contempo, di riscriverne la storia. Cosa sarebbe successo se a capo di un potente studio di produzione vi fosse stata una donna? E se a prendere le decisioni fosse stato uno sceneggiatore omosessuale nero? E come sarebbero cambiate le cose se alle attrici di colore fossero state date le opportunità che si meritavano? Queste sono solo alcune delle tematiche che emergono dall’eclettico cast di Murphy, che include sia talenti emergenti (come David Corenswet di The Politician) sia nomi noti, tra cui la star di Broadway, Patti LuPone, e la veterana di Hollywood, Holland Taylor. Il risultato è una favola toccante che guarda al passato con uno sguardo realista e puntuale ma che è anche fermamente ottimista nei confronti del futuro. In occasione dell’uscita della serie l’1 maggio, Laura Harrier ha fatto due chiacchiere con Vogue, dalla sua casa di Los Angeles, per riflettere sulla storia di Hollywood, sulla tendenza ad ingaggiare gli attori sempre negli stessi ruoli e per raccontarci cosa fa per rimanere mentalmente sana durante il lockdown. Laura Harrier è Camille in Hollywood Courtesy of NetflixHollywood ha avuto una gestazione piuttosto lunga. Quando sei a venuta a conoscenza di questo progetto televisivo per la prima volta? “Circa un anno fa feci un provino per un progetto che si chiamava Untitled Old Hollywood Project. Non sapevo granché allora, pagina 1 / 4 né che si trattava di qualcosa che aveva a che fare con Ryan Murphy ma mi presentai per una parte. Poi non seppi più nulla, al che pensai che, probabilmente, non ero stata scelta. Ma circa quattro mesi dopo, quasi dal nulla, ricevetti una chiamata in cui mi si diceva che Ryan Murphy voleva incontrarmi per una “chemistry read” (Ndt: un provino per stabilire la sintonia tra due attori) con Darren Criss. Quindi, a quanto pare, quella prima audizione era stata per Ryan Murphy. Il giorno dopo sono andata al casting, dove ho incontrato Darren con cui abbiamo provato qualche scena mentre Ryan se ne stava in un angolo in silenzio. Penso che Darren fosse più nervoso di me. La cosa mi risollevò ma gli dissi ‘Darren, ma tu hai già ottenuto la parte! ’ [ride]. Il giorno dopo ricevetti una telefonata e la notizia che ero stata scritturata”. L’esperienza di Camille ci ricorda quella di altre attrici di colore che sono state ostacolate in quegli anni, penso a Dorothy Dandridge e Lena Horne. La preparazione per il ruolo ti ha portato a fare ricerche di carattere storico? “Dorothy Dandridge è stata una delle mie maggiori fonti di ispirazione. Lei e Camille non sono la stessa persona ma le loro vite si rispecchiano l’una nell’altra. Ho guardato più film e interviste di Dorothy che ho potuto e fatto ricerche sulla sua vita. Era di gran talento e incredibilmente carismatica. Meritava di essere la più grande diva del cinema di tutto il mondo. La sua storia mi ha rattristata molto, perché, come sono poi venuta a sapere, la sua vita si è spenta in maniera tragica (a causa di una morte improvvisa, all’età di 42 anni, per via di un’embolia). “Dopo che, nel 1955, Dorothy fu nominata all’Oscar per Carmen Jones (premio che andò poi a Grace Kelly), i ruoli iniziarono man mano a diminuire. È deplorevole pensare che, anche quando riuscivano a rompere le barriere e a evitare il ruolo di domestica, per le attrici nere all’epoca rimaneva comunque il soffitto di cristallo a ostacolarne la carriera. Volevo renderle omaggio attraverso il ruolo di Camille e mi sono chiesta se il mio personaggio potesse avere un più lieto fine. Se Dorothy avesse vinto l’Oscar, se avesse avuto più opportunità, se ci fosse stata una maggior rappresentazione nel cinema, come sarebbe stato diverso il mondo?” Laura Harrier e Samantha Weaving (a destra) in una scena di Hollywood Courtesy of NetflixCamille viene sempre scritturata per il ruolo di domestica e, quando chiede di fare il provino per un'altra parte, le viene detto che quello “è un ruolo per una bianca”. Credi che il cinema sia cambiato molto in questo senso? “La nostra serie mette in luce i cambiamenti avvenuti a partire da quel periodo. O meglio, le cose che sono cambiate di molto e quelle che sono rimaste pressoché invariate. Lo stereotipo dei ruoli è ancora una pratica molto diffusa. Magari ora non lo si dice più così apertamente ma ci sono interpretazioni che continuano a essere considerate “per bianchi”. Ovviamente ci sono conversazioni che avvengono a porte chiuse. Ma, mi auguro che le cose stiano cambiando, specialmente grazie a persone come Ryan Murphy.” La serie mostra anche la cultura del ‘casting couch’ che vale anche per gli attori uomini. Trovi che il fenomeno abbia un’ulteriore eco sulla scia del movimento #MeToo? “L’aspetto maschile del movimento #MeToo non è stato discusso tanto quanto la sua controparte, eppure figura in maniera importante in tutta la storia di Hollywood. Sono tante le persone che ne sono state vittime e hanno sofferto. Non ero a conoscenza dell’entità del problema fin quando non ho iniziato a fare ricerche per questo progetto. Dimostra che siamo tutti vulnerabili e che dobbiamo lavorare assieme per cambiare questo tipo di cultura.” pagina 2 / 4 Hollywood offre una storia revisionista del periodo. Che differenza avrebbe fatto, secondo te, se le donne, le persone di colore e gli omosessuali avessero avuto le opportunità e gli spazi che spettavano loro fin da allora? “Hollywood sarebbe stata diversa e la gente sarebbe stata in grado di relazionarsi maggiormente con i film che vedeva. Sarebbe stata in grado di immedesimarsi nelle storie e nei personaggi. Vedere persone dal background più vario sul grande schermo - o meglio ancora, vedere persone che ti assomigliano – ti restituisce il messaggio che la tua storia è importante e ha valore”. La serie suggerisce anche che promuovere la diversità al cinema ha un impatto positivo in termini finanziari. “Ricordo di averci riflettuto un paio di anni fa, con l’uscita di Black Panther nel 2018. La gente diceva ‘No, non si può fare un film di supereroi con un cast interamente Black! ’ E poi, guarda, è diventato il film di maggior successo di sempre. Come fai a sapere che qualcosa non funziona se non è mai stato fatto prima? Quel tipo di mentalità ha dominato così a lungo perché qualcosa del genere non era mai stato testato prima”. Jeremy Pope, Darren Criss e Laura Harrier Courtesy of NetflixLe atmosfere e i dettagli dell’epoca sono altrettanto straordinari. Come ti ha aiutato il tuo costume di scena a entrare nella parte? “Avevamo veri capi vintage anni 40, quindi assolutamente fedeli al periodo e in grado di trasformarti. Quando indossi calze, reggicalze, gli abiti e poi ci aggiungi i ricci più perfetti e il rossetto rosso, il personaggio prende vita. Mi ha cambiato totalmente la gestualità e il modo di camminare”. Come è stato far parte di un cast che comprendeva star leggendarie di Broadway e veterane del grande schermo? “È davvero surreale trovarsi gomito a gomito con Patti LuPone o sul set in accappatoio. Avevo molte scene anche con Holland Taylor ed è un’attrice incredibile con un’esperienza di oltre 50 anni. È impeccabile ad ogni ciak. Lavorare assieme a persone di questo calibro ti rende a tua volta un’artista migliore. Finite le riprese, ero molto triste di dire addio alla mia famiglia di Hollywood”. pagina 3 / 4 Laura Harrier e il resto del cast di Hollywood Courtesy of NetflixCome ci si sente ad avere una serie che debutta in un clima di grande incertezza come quello che stiamo vivendo ora? “Comprendiamo tutti la drammaticità e la stranezza del momento. Vorrei sperare che, anche senza l’epidemia, la gente avrebbe guardato comunque la nostra serie e si sarebbe immedesimata. Ma in questo momento in particolare, mi auguro che abbia portato un po’ di positività e abbia rappresentato una forma di evasione trasportando gli spettatori in un’altra epoca”. Cosa fai per stare bene anche in lockdown? “Ho un cagnolino! È seduta sulle mie ginocchia anche ora, morde il divano e cerca di distrarmi. L’ho da poco più di un mese. Ho sempre desiderato un cane ma prima non avevo tempo. Ora, almeno, il lato positivo della situazione è che sono a casa e mi posso prendere cura di lei”. -- Hollywood è disponibile su Netflix dal 1 Maggio pagina 4 / 4 Powered by TCPDF (www.tcpdf.org).
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