Dipartimento di Scienze Politiche Cattedra Sistema Politico Italiano Il Partito Democratico e le sue fazioni: anime e correnti a congresso RELATORE CANDIDATO Prof. Roberto D’ALIMONTE Cristiana DI TOMMASO Matr. 627482 CORRELATORE Prof.ssa Vera CAPPERUCCI ANNO ACCADEMICO 2016/2017 INDICE INTRODUZIONE 2 1.DALL’INTRAPARTY POLITICS AL CASO DEL PARTITO DEMOCRATICO 5 1.1 L’intraparty politics: cosa accade dentro a un partito 5 1.2 Le fazioni politiche e le relazioni col sistema partitico 9 1.3 Centro e sinistra che convergono: l’idea di un partito in comune 13 1.4 L’inizio del Partito Democratico: dal 14 ottobre 2007 allo Statuto 20 1.5 Le modifiche allo Statuto: contestualizzare i congressi 27 2. LA GEOGRAFIA ELETTORALE DEL PD: ITALIA ED EUROPA 2.1 Il Partito Democratico alla prima prova: le elezioni politiche del 2008 28 2.1.2 Il Partito Democratico nelle regioni 29 2.1.3 Le conseguenze interne 36 2.2 Le elezioni politiche del 2013 39 2.2.1 Le primarie di coalizione del centrosinistra 39 2.2.2 Il PD alla prova nazionale 40 2.3 Il Partito Democratico in Europa: le elezioni europee del 2009 55 2.4 Il Partito Democratico in Europa: le elezioni europee del 2014 62 3. LA COMPETIZIONE INTERNA: MOZIONI, CANDIDATI, CORRENTI, LEADER, CONGRESSI 73 3.1 L’affermazione della ditta: il congresso del 2009 73 3.2 Dalla ditta al partito pragmatico: l’arrivo di Renzi 87 3.3 Renzi bis: la segreteria del 2017 102 4. IL PARLAMENTO DEL PD 115 4.1 PD in dettaglio: le correnti in Parlamento 115 5. CONCLUSIONI: 10 ANNI DI PARTITO DEMOCRATICO 122 5.1 Tesseramento e voto nei circoli 122 5.2 Voti nei circoli e primarie aperte: chi vince, dove 125 5.3 Le fazioni del PD e l’effetto Renzi 126 APPENDICE 130 Intervista a Gianni Pittella 130 Intervista a Matteo Orfini 132 BIBLIOGRAFIA 136 1 INTRODUZIONE Il partito è un elemento imprescindibile per il funzionamento di qualsiasi sistema politico, nato per organizzare l’attività politico-elettorale e condividere posizioni su determinate issues, reclutare gli iscritti, selezionare i candidati per ricoprire cariche all’interno del partito e in Parlamento1, perseguire fini oggettivi e vantaggi personali (Weber, 1922). Da sempre ogni partito viene considerato come un attore unitario in grado di interagire con altri partiti entro un sistema politico, secondo una logica aggregativa di coalizione oppure competitiva, formulando proposte per vincere le elezioni e non viceversa (Downs, 1957). Il punto di partenza di questo lavoro, invece, è capovolto: si abbandona la visione unitaria del partito per studiare come i sottogruppi interagiscono tra loro per realizzare piattaforme programmatiche, per il consenso elettorale e per la conquista di cariche interne o di governo. Il presente studio, quindi, si concentra su come le fazioni e le tendenze interne ai partiti si organizzano, mobilitano gli elettori, competono, vincono e dominano, perdono e abbandonano il partito. Sebbene da una panoramica generale sia emerso che l’intraparty politics è un fenomeno condiviso da vari partiti a livello europeo –si pensi, ad esempio, ai due partiti maggiori inglesi o alla SPD tedesca- il partito più interessante ai fini di questa ricerca si è rivelato il Partito Democratico. Il motivo della scelta del PD come caso studio risiede in alcune sue peculiari caratteristiche, come la derivazione da due famiglie politiche tra loro differenti e quindi ad alto potenziale di opposizione, l’originalità del processo interno di selezione del leader e degli organismi dirigenti (le primarie aperte), la particolare evoluzione geografica ed elettorale in soli dieci anni di vita, le variazioni della struttura del partito con l’avvicendarsi delle diverse segreterie, la logica correntizia particolarmente accentuata e i mutevoli rapporti di forza tra le tendenze in Assemblea nazionale e in Parlamento. Quali sono i meccanismi di funzionamento interno del Partito Democratico? Che ruolo giocano le primarie aperte in termini quantitativi e qualitativi? Come è cambiata la geografia elettorale del PD, nelle varie competizioni (elezioni politiche ed elezioni europee) a cui ha partecipato, dal 2007 ad oggi? C’è rispondenza tra i risultati di queste tipologie di elezione e le votazioni per la selezione del leader? Una volta scelto il leader, quali sono i rapporti di forza che si instaurano tra la sua corrente e le altre, a suo sostegno o in opposizione? Quali informazioni sul PD è possibile ricavare dagli esiti delle votazioni congressuali? Questi sono i principali quesiti che hanno guidato l’andamento del lavoro. Per dare risposta a queste domande, si è deciso di articolare la ricerca in cinque capitoli. Il primo capitolo analizza l’intraparty politics in termini teorici - con definizioni e dottrine utili alla comprensione del lavoro- e le evoluzioni di questo fenomeno in chiave storica. Si introduce, poi, il caso del Partito Democratico, mettendo in evidenza le sue peculiarità sia singolarmente, sia sulla base di una comparazione con altri partiti di centrosinistra/sinistra europei. Il secondo capitolo, invece, si sofferma sulla performance e sulla geografia elettorale del PD in occasione delle elezioni politiche del 2008 e del 2013 e delle elezioni europee del 2009 e del 2014, con l’obiettivo di comprendere i punti di forza e di debolezza del partito e come i risultati siano cambiati sulla base delle competizioni, degli attori in campo e dell’appeal del leader sull’elettorato. 1 G.Pasquino, Nuovo corso di scienza politica, Il Mulino, Bologna, 2009, p.157 2 Il terzo capitolo, più corposo, è interamente dedicato alla competizione intrapartitica. Come anticipato, la selezione del leader del Partito Democratico avviene sulla base di un processo originale, che rappresenta un unicum nel panorama europeo: le cosiddette primarie aperte. Si è deciso, dunque, di analizzare i tre momenti in cui “il popolo democratico” si è recato alle urne per incoronare il leader: il congresso del 2009, il congresso del 2013 e, in ultimo, il congresso celebrato nell’aprile 2017. E’ in questo capitolo che più si guarda all’intraparty politics: l’analisi, infatti, si sofferma sui meccanismi multifase di scrematura della competizione, sulle caratteristiche delle piattaforme programmatiche presentate dai candidati alla segreteria e sugli schieramenti a loro sostegno, sulle consultazioni nella fase riservata agli iscritti e in quella aperta a tutta la popolazione, fino alla scelta del leader. L’obiettivo del capitolo era comprendere la forza dei candidati, nelle due fasi, rispetto a tre popolazioni diverse, ovvero gli iscritti, gli elettori PD e il numero complessivo di votanti in quella specifica elezione. Per fare ciò sono stati calcolati tre indici, che hanno permesso di ricavare l’impatto delle candidature in ogni regione e di comprendere, aggregando poi i dati, la forza di ogni candidato in ciascuna macroarea individuata (Italia settentrionale, zona rossa e Italia meridionale) in riferimento a sé e ai competitor. Si è notato come, in ogni congresso, a contendersi il posto di Segretario siano stati un candidato ex DS, un candidato ex DL e un candidato outsider, ovvero non riconducibile a un partito in particolare, ma propostosi come alternativa agli strascichi della politica pre-PD. In tal senso, si è cercato di comprendere come i risultati delle votazioni abbiano modificato, di congresso in congresso, a seconda dei candidati, le tradizionali aree di forza e di debolezza degli iniziali gruppi DS e DL-Margherita e quanto e dove l’outsider abbia inciso sulle performance degli altri candidati. In ultimo, le stesse conclusioni sono state riproposte anche per l’Assemblea nazionale, calcolando il numero di delegati spettanti a ogni candidato, la loro provenienza territoriale e guardando i loro orientamenti rispetto a issues politiche, economiche e sociali. Per realizzare questo lavoro di calcolo e analisi ci siamo avvalsi dei dati messi appositamente a nostra disposizione dall’Ufficio Elettorale del Partito Democratico. Il quarto capitolo, invece, sposta l’attenzione sulle correnti in senso stretto, meglio delineatesi a partire dal 2013. Lo spazio entro cui valutare il ruolo delle correnti è stato il Parlamento (Camera, Senato e Camere congiunte): in questo modo si è avuto modo di capire quanto la composizione dell’Assemblea nazionale rispecchi gli equilibri del gruppo PD in Parlamento e, soprattutto, è stato interessante capire le variazioni di questa composizione all’esito della recente scissione dei bersaniani (ex DS), un tempo corrente di maggioranza in Assemblea e adesso nuovo soggetto politico autonomo, autocollocatosi a sinistra del PD. L’ultimo capitolo, il quinto, conclude il lavoro mostrando le variazioni dell’appeal del PD sul territorio nazionale in termini di iscritti e mostrando continuità o incongruenza tra questi dati e i valori ricavati dai nostri indici. Inoltre, ci si è soffermati sulla mobilitazione, elemento-chiave per capire anche l’efficacia delle elezioni primarie e sondare lo stato di salute della militanza nel PD. Ancora, si è riproposta una panoramica generale sulle diversità dei segretari eletti (Bersani 2009, Renzi 2013 e 2017) emerse in occasione dei tre congressi analizzati e, in ultimo, sono state presentate delle brevi considerazioni sulle variazioni interne al partito occorse durante le due segreterie Renzi, scoprendo che il PD, allo stato attuale, non rispecchia più la vecchia logica di 3 opposizione DS-DL né a livello territoriale, né a livello di composizione interna, ma si è tramutato in un partito a fazione predominante, con un Segretario sicuramente egemone nel partito, ma prevedibilmente senza la stessa forza alle prossime elezioni politiche, peraltro imminenti. In appendice, invece, si riportano due interviste personalmente realizzate a Gianni Pittella (candidato alla Segreteria PD nel 2013) e a Matteo Orfini (Presidente PD), ai quali ho chiesto la loro visione sulle dinamiche intrapartitiche del PD, sul rapporto leader/minoranze, sull’impatto delle correnti su un partito di governo e sulla recente scissione. Domande e risposte che si sono rivelate utili a comprendere come inquadrare e interpretare i dati raccolti e qui presentati.
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