Gli arabi non sanno sparare. saggi Sul teatro politico di Ben Hecht Giaime Alonge Hecht e il sionismo Ben Hecht (1894-1964) è stato uno dei maggiori sceneggiatori della cosiddetta “età dell’oro” di Hollywood. In una carriera durata quasi quarant’anni, dagli ultimi saggi scampoli del cinema muto (il suo primo credit è del 1927, per il soggetto di Un- 77 derworld, Le notti di Chicago, diretto da Joseph von Sternberg) sino alla fine del- lo studio system, negli anni Sessanta, Hecht è stato accreditato come autore (o co- autore) del soggetto e/o della sceneggiatura di una cinquantina di film, e ha lavorato non accreditato ad almeno altrettante pellicole1. Ma anche se deve il gros- so della sua fama all’attività di sceneggiatore (attività alla quale, paradossalmente, guardava con sommo disprezzo, considerandola quasi unicamente una fonte di lauti e facili guadagni), Hecht ha sperimentato la parola scritta in ogni forma pos- sibile nel suo tempo, spaziando dal giornalismo al romanzo, dalla short story al tea- tro, dai testi per la radio e la televisione al pamphlet politico. Per quanto riguar- da specificamente il teatro, stando a una dichiarazione dello stesso Hecht, contenuta in un libro di memorie uscito poco prima della morte, lo scrittore avrebbe firmato, da solo o in collaborazione, venti opere di prosa, cinque musical e una mezza dozzina di pageants2. Si tratta di cifre indicative, in quanto una tea- 1. Il presente saggio è parte di una ricerca durata diversi anni, il cui frutto principale è una mo- 77-95 nografia di prossima pubblicazione presso l’editore Marsilio di Venezia, Scrivere per Hollywood. Ben pp. Hecht e la sceneggiatura nel cinema americano classico, cui rimando per ciò che riguarda la comples- • 64 sa questione della filmografia di Hecht, di fatto impossibile da stabilire con esattezza, a causa delle • frequentissime collaborazioni non accreditate. Come già in altre occasioni, ringrazio la Newberry Li- brary di Chicago per avermi concesso di accedere ai Ben Hecht Papers. Ringrazio anche Paolo Di Motoli per la preziosa consulenza sulla storia del sionismo. 2. Cfr. B. Hecht, Gaily, Gaily, Doubleday, Garden City, 1963, p. 122. Il pageant moderno, risorto nell’Inghilterra edoardiana, «è uno spettacolo a episodi (per lo più di storia nazionale o locale) esegui- to all’aperto in estate, sul far della notte, e sullo sfondo di un’abbazia o di un castello, da complessi di Il castello di Elsinore Il castello di Elsinore Gli arabi non sanno sparare trografia attendibile di Hecht non esiste. Nella prima monografia uscita su questo eclettico autore, Ben Hecht. Hollywood Screenwriter di Jeffrey Brown Martin, c’è l’elenco, peraltro incompleto, degli spettacoli andati in scena a New York, che pertanto esclude parte della produzione giovanile, composta a Chicago e presu- mibilmente mai arrivata nella Grande Mela, e alcuni lavori di propaganda fatti du- rante e dopo la Seconda guerra mondiale3. L’opera teatrale di gran lungo più nota di Hecht, scritta in collaborazione con Charles MacArthur (suo partner abituale, tanto a Broadway quanto a Hollywood, tra la fine degli anni Venti e tutto il decennio successivo), è certamente The Front Page, che debutta al Times Square Theatre di New York il 14 agosto del 1928, con la regia di George Kaufman. La pièce rimane in cartellone per quasi un anno (chiu- de nell’aprile del 1929, dopo 276 rappresentazioni), per poi raggiungere l’Europa; nel 1931, Otto Preminger, ancora un regista teatrale austriaco, ne cura un adatta- mento in lingua tedesca, intitolato Reporter, mentre l’edizione italiana, Ultime no- tizie, è del 1935. Dopo il 1928, The Front Page è stato ripreso altre tre volte a Broadway, rispettivamente nel 1946, nel 1968-1969, e nel 1986-1987 (l’edizione di maggior successo è stata la seconda, con Robert Ryan nei panni del sulfureo diret- tore di giornale Walter Burns: 222 rappresentazioni all’Ethel Barrymore Theatre). saggi Ma per il pubblico di oggi, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti, The Front Page è noto soprattutto grazie a due delle sue quattro versioni cinematografiche: His 78 Girl Friday (La signora del venerdì, 1940) di Howard Hawks e The Front Page (Pri- ma pagina, 1974) di Billy Wilder4. Accanto a The Front Page, l’altro titolo della tea- trografia hechtiana che si è sedimentato nella cultura contemporanea è Twentieth Century, scritto anche questo in collaborazione con MacArthur (prendendo spun- to da una commedia non prodotta di Charles Bruce Millholland, Napoleon of Broadway), e andato in scena nel 1932. Per Twentieth Century vale un discorso si- mile a quello fatto per la pièce del 1928. Anche qui, ci troviamo di fronte a un te- sto che incontrò un notevole successo e che è stato ripreso altre due volte a Broadway, rispettivamente nel 1950 (con José Ferrer e Gloria Swanson) e nel 2004 (con Alec Baldwin e Anne Heche), oltre ad aver dato vita a un musical teatrale e a dilettanti, per lo più guidati da un regista professionista, e a carattere spiccatamente spettacolare (sce- ne di tornei e di battaglie, cortei ed esibizioni equestri, cerimonie araldiche, canti e danze di massa). Il filo conduttore dello spettacolo è affidato in genere alla narrazione di uno speaker» (S. Selden, Pa- geant, in Enciclopedia dello spettacolo, vol. VII, UNEDI-Le Maschere, Roma 1975, p. 1483). Negli Stati Uni- ti, il pageant è stato utilizzato anche dal movimento operaio (cfr. L. Nochlin, Il Pageant dello sciopero di Paterson del 1913, in B. Cartosio [a cura di], Wobbly! L’Industrial Workers of the World e il suo tem- po, ShaKe, Milano 2007, pp. 137-147), configurandosi come una specie di versione anglosassone del tea- tro di agitazione russo-tedesco. 3. Cfr. J. Brown Martin, Ben Hecht. Hollywood Screenwriter, UMI Research Press, Ann Arbor 1985, pp. 211-214. 4. Gli altri due adattamenti cinematografici sono The Front Page (1931) di Lewis Milestone e Swit- ching Channels (Cambio Marito, 1988) di Ted Kotcheff. Dalla pièce è anche stato tratto un musical tea- trale, Windy City, una produzione londinese del 1982, oltre che – stando al non sempre precisissimo Internet Movie Data Base – quattro versioni televisive, tre statunitensi e una britannica. Giaime Alonge tre versioni televisive. E anche in questo caso, in particolare per lo spettatore non americano, la fama della pièce deriva in buona parte dal suo adattamento cinema- tografico: l’omonimo film del 1934, scritto dagli stessi Hecht e MacArthur, e diret- to da Howard Hawks. Molto meno nota, dentro e fuori i confini degli Stati Uniti, è invece l’attività di Hecht come autore di opere teatrali di propaganda, durante e immediatamente do- po la Seconda guerra mondiale, opere in buona parte dedicate al tema del genoci- dio ebraico e della nascita dello Stato di Israele. Esse costituiscono una svolta ab- bastanza sorprendente nella carriera dello scrittore. Infatti, Hecht, figlio di Ostjuden arrivati in America nel 1878, sino alla fine degli anni Trenta era stato un ebreo assimilato, ateo e del tutto disinteressato al sionismo, o a qualunque altra causa ebraica. Fino al 1939 i temi ebraici sono quasi assenti nella produzione hech- tiana, a eccezione di A Jew in Love, un romanzo del 1931, che non a caso venne ac- cusato di anti-semitismo. Per quanto riguarda la politica in generale, Hecht si era formato come giornalista nella Chicago degli anni Dieci, una città con degli ammi- nistratori dalla corruzione leggendaria5 (è una fama che si è mantenuta nel tempo: basti ricordare l’episodio della “vendita” da parte del governatore dell’Illinois del posto di senatore lasciato vacante da Barack Obama, appena eletto presidente, nel 2008 ); e anche una volta abbandonata quella metropoli, così come la professione saggi di reporter, avrebbe continuato a guardare al ceto politico con il disincanto della giovinezza, un disincanto esemplificato perfettamente da The Front Page, dove un 79 sindaco maneggione vuole far impiccare un poveraccio che ha ucciso più o meno per errore un poliziotto nero, unicamente per ingraziarsi l’elettorato afro-america- no in prossimità delle elezioni. Quello di Hecht è un rifiuto programmatico della politica, che ad esempio lo immunizza da qualunque romanticismo rivoluzionario quando fa il corrispondente estero nella Germania del 1919, un rifiuto che si uni- sce al gusto di andare sempre controcorrente. Basti dire che Hecht è uno dei po- chi intellettuali americani – a eccezione di marxisti e anarchici, ovviamente – che non si lascia trasportare dallo spirito patriottico-avventuroso generato della Gran- de guerra. Nel 1917, mentre i suoi coetanei Hemingway e Dos Passos corrono ad arruolarsi, Hecht, divenuto padre da poco, è ben felice di essere esentato dalla le- va. Nel 1937, nel pieno della guerra di Spagna, quando scrittori e artisti di tutto il mondo si mobilitano in sostegno dei repubblicani, Hecht scrive una commedia ambientata in un Equador di fantasia, To Quito and Back, che è una parodia del- l’intellettuale engagé, con un romanziere americano che si unisce a una rivoluzio- ne da operetta. La svolta avviene con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e le prime no- tizie sui massacri degli ebrei perpetrati dai nazisti. All’improvviso, Hecht scopre di essere ebreo e, per la prima volta nella sua vita, abbraccia con fervore una causa. Come scrive lo stesso Hecht nella sua autobiografia: «The German mass murder 5. Vedi M. D’Eramo, Il maiale e il grattacielo. Chicago: una storia del nostro futuro, Feltrinelli, Milano 1999. Gli arabi non sanno sparare of the Jews, recently begun, had brought my Jewishness to the surface»6. E anche in questo caso, Hecht dimostra una spiccata propensione per le posizioni eccentri- che. Infatti, se negli anni del conflitto la sua è una militanza genericamente anti-fa- scista e in difesa del popolo ebraico, con la fine delle ostilità e l’avvio concitato del- la fondazione di uno Stato ebraico in Palestina, Hecht si schiera con l’Irgun, una formazione di estrema destra, minoritaria all’interno del panorama sionista, ege- monizzato dal Mapai, il partito socialista guidato da David Ben Gurion.
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