Infrangere Le Frontiere. L’Arrivo in Italia Delle Displaced Persons Ebree 1945-1948

Infrangere Le Frontiere. L’Arrivo in Italia Delle Displaced Persons Ebree 1945-1948

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRENTO Dipartimento di Scienze umane e sociali Scuola di dottorato in Studi storici Cinzia Villani Infrangere le frontiere. L’arrivo in Italia delle displaced persons ebree 1945-1948 Tutors: Prof. Gustavo Corni Dott. Sara Lorenzini XXII Ciclo (2006-009) Indice Introduzione p. 4 I capitolo. Un continente in movimento 1. Un palazzo e alcune storie p. 8 2. Mobilità, spostamenti e trasferimenti di popolazioni nell’Europa post-bellica p. 14 p. 27 3. Displaced persons: persone, definizioni e agenzie II Capitolo. Profughi e displaced persons ebrei 1. she’erith hapletah e brichah p. 41 2. Profughi e immigrati ebrei in Italia fra l’8 settembre 1943 e l’aprile 1945 p. 50 III Capitolo. Cominciano gli arrivi 1. Attraverso il valico di Tarvisio p. 60 2. Ingressi in Italia e prime norme p. 68 3. Dalla fine della guerra al novembre 1945: lungo la via del Brennero p. 72 4. Aiuti del Joint e auto-organizzazione della she’erith hapletah p. 91 5. Diverse posizioni italiane p. 99 IV Capitolo. Flussi, preoccupazioni e cambiamenti 1. Si aprono nuove vie: Passo Resia e il Nord-Est p. 107 2. Preoccupazioni p. 127 3. Stranieri indesiderabili p. 145 4. Cambiamenti p. 154 5. Nuove disposizioni p. 167 6. Da maggio in poi p. 172 V Capitolo. Dall’apice dei flussi alla nascita dello stato d’Israele 1. Complicato gestire tanti arrivi p. 180 2. Estate 1947: l’esodo attraverso il Passo dei Tauri p. 201 3. Accuse, dichiarazioni e trattative p. 213 4. Dall’autunno 1947 al maggio 1948 p. 223 Conclusioni p. 236 Bibliografia p. 239 Tabelle dei fermi alle frontiere p. 256 Appendice documentaria e fotografica p. 267 Introduzione Predrag Matvejevic, scrittore originario di Mostar ed emigrato all’inizio della guerra nell’ex Jugoslavia prima in Francia e poi a Roma, ha raccontato di essere rimasto sorpreso, nell’imparare la lingua italiana una volta arrivato nel paese, dalla molteplicità dei termini esistenti - “affini o quasi sinonimi”, ha scritto - legati al fenomeno delle migrazioni e della mobilità territoriale. Ha provato a stilarne un elenco: migranti, emigrati, immigrati, esiliati, profughi, rifugiati, fuggiaschi, sfollati, asilanti, deportati, esuli, esodati, respinti, fuoriusciti, espatriati, espulsi1… Una tale varietà lessicale può rendere effettivamente a volte non molto agevole, né tantomeno automatica, la scelta del termine esatto da utilizzare. Si tratta di una questione con la quale mi sono confrontata soprattutto nella fase di stesura della tesi, il cui argomento è l’arrivo in Italia fra la Liberazione e l’establishment dello stato d’Israele, nel maggio 1948, di circa 50.000 ebrei provenienti da territori dell’Europa centro-orientale, entrati illegalmente nella penisola per lo più attraverso le frontiere italo-austriache dell’Alto Adige. La presenza nel secondo dopoguerra del Novecento in più paesi d’Europa di questa consistente componente ebraica, proveniente principalmente, ma non solo, dalla Polonia, è da tempo oggetto di pubblicazioni e di ricerche, anche di carattere regionale, in Germania, Austria e in Israele, ma risulta invece assai meno studiata dagli storici italiani, che hanno dedicato all’argomento ben pochi lavori. La letteratura in lingua inglese e tedesca si riferisce solitamente a questi ebrei definendoli come displaced persons oppure come refugees o Flüchtlinge. Il primo termine è un neologismo, coniato ancora nel corso del secondo conflitto mondiale, di cui nel primo capitolo ho cercato di delineare origine e significato; il secondo, ben più noto e usato, può essere tradotto in italiano sia come “profugo” che come “rifugiato”, una definizione, quest’ultima, che si riferisce però solitamente a una 1 Predrag Matvejevic, Vi racconto che significa emigrare in “la Repubblica”, 23 luglio 2008, pp. 40-41. Matvejevic è docente universitario e autore di volumi tradotti in varie lingue, fra i quali: Breviario Mediterraneo (ed. it. Garzanti 1988), Epistolario dell’altra Europa (ed. it. Garzanti 1992), I signori della guerra (ed. it. Garzanti 1999), Un’Europa maledetta (ed. it. Baldini e Castoldi, 2005). - 4 - persona alla quale è stato riconosciuto lo status di perseguitato2. La questione è resa più complessa dal fatto che le autorità militari e le agenzie internazionali che si occuparono all’epoca dell’assistenza, del rimpatrio o della sistemazione altrove (resettlement) delle migliaia di uprooted persons presenti in territorio europeo, usarono il termine displaced persons e refugees per indicare, come vedremo, categorie differenti di civili. La scelta migliore mi è parsa pertanto quella di chiamare gli ebrei giunti in Italia fra l’aprile 1945 e il maggio 1948 solo displaced o displaced persons, oppure di definirli con il temine ebraico, sul quale in seguito mi soffermerò, di she’erith hapletah. Il sostantivo “profugo” verrà invece unicamente usato per indicare quegli ebrei giunti nella penisola a partire dal 1933 fino al termine del conflitto, coloro cioè che un documento di un ente assistenziale ebraico, l’American Jewish Joint Distribution Committee, definisce “pre-VE refugees3. Va evidenziato, peraltro, come estensori di documenti o storici abbiano invece compiuto scelte lessicali diverse, che ovviamente ho rispettato in caso di citazione. La definizione di she’erith hapletah, di derivazione biblica, è traducibile come “il resto dei sopravvissuti” (the Surviving Remnant in inglese) ed è ampiamente usata dalla storiografia israeliana. A quanto ci risulta, il termine cominciò a essere impiegato sin dal 1943 dalla leadership dello yishuv, la componente ebraica nell’allora Palestina, per indicare quegli ebrei in Europa che si sperava sarebbero riusciti a sopravvivere alla Shoah. Una definizione già in uso nel novembre-dicembre 1944 fra gli ebrei del ghetto di Kovno deportati a Kaufering, un sottocampo di Dachau e che il rabbino Abraham Klausner, Jewish Chaplain nell’esercito americano di stanza in Germania, adoperò per intitolare il primo di più volumi contenenti i nomi dei sopravvissuti reperiti in Baviera4. Benché nella sua accezione più ampia il termine indichi in linea generale tutti gli ebrei salvatisi dallo sterminio, esso viene solitamente 2 Questa è, secondo l’articolo 1 della United Nations Conventing relating to the Status of Refugees (1951), la definizione di refugee:“a person who is outside his or her country of nationality or habitual residence; has a well-founded fear of persecution because of his or her race, religion, nationality, membership of particular social group or political opinion; and is unable or unwilling to avail himself or herself of the protection of that country, or to return there, for fear of persecution”; <http://www.unchr.org/3c0f495f4.html> (30.08.2009). 3 Archivio dell’American Jewish Joint Distribution Committee (AJDC), New York, AR 45/54, Countries and Regions, fasc. 627 “Italy, General 1947”, American Jewish Joint Distribution Committee. Italy. First Quarterly Report for the year 1947. 4 Zeev W. Mankowitz, Life between Memory and Hope. The Survivors of the Holocaust in Occupied Germany, Cambridge University Press, Cambridge 2002, pp. 1-2. La traslitterazione del termine è quanto mai varia: She’erit HaPleitah, Schre’erit HaPlejta, Sharit HaPletah… - 5 - usato per definire un nucleo ben più specifico di sopravvissuti, precisamente le migliaia di displaced persons ebree presenti in Austria, Germania e Italia, che, come ha scritto Zeev Mankowitz, “turned their backs on their former lives and actively sought to leave Europe for Palestine and many other destinations”5. Si trattava dunque di quegli ebrei che avevano deciso di abbandonare paesi dell’Europa centro- orientale, soprattutto, come s’è detto, la Polonia, per dirigersi verso Ovest e che in massima parte soggiornarono, anche per lungo tempo, in strutture approntate in numerose località. Va inoltre evidenziato che questo consistente flusso d’arrivi in Italia avvenne in un momento in cui la presenza di stranieri - tedeschi, austriaci, polacchi, serbi, croati … - nel paese non era per nulla irrilevante, benché poche siano ancora le informazioni al riguardo. Mentre infatti il fenomeno dell’emigrazione dall’Italia, peraltro di assoluta consistenza, è stato oggetto negli ultimi vent’anni di quello che uno specialista del settore, Emilio Franzina, ha definito “quasi […] un boom di ricerche”, molto meno studiata appare invece l’analisi dei flussi d’entrata, benché il territorio italiano abbia costituito nel tempo un importante crocevia migratorio e, appunto, un luogo sia di arrivi che di partenze6. I primi due capitoli della tesi di dottorato sono volti a contestualizzare il fenomeno di questi ingressi di ebrei in territorio italiano. Ho cercato infatti di collocare l’esodo degli ebrei dall’Europa centro-orientale in un contesto più ampio, quello dei vasti spostamenti di popolazioni e dei fenomeni di mobilità territoriale che si stavano verificando in quegli anni in Europa. Ho inoltre delineato le politiche attuate nei confronti delle displaced persons, soprattutto ebree, dagli organismi preposti alla loro cura e assistenza, cercando anche di mettere in risalto le condizioni in cui gli ebrei salvatisi in diversi modi dallo sterminio si andarono a trovare alla fine del conflitto, una situazione connotata da specificità e peculiarità proprie. Ho inoltre brevemente analizzato le vicende di quell’organizzazione clandestina sionista sorta 5 Mankowitz, Life cit., p.2. 6 Paola Corti e Matteo Sanfilippo, Introduzione in Paola Corti e Matteo Sanfilippo (a cura di), Storia d’Italia. Annali 24. Migrazioni, Einaudi, Torino 2009, pp. XVIII-XIX; Donna R. Gabaccia, L’Italia fuori dall’Italia in Corti e Sanfilippo (a cura di), Storia d’Italia cit., p. 226; Emilio Franzina, Poligrafi, storici e migranti fra l’Italia e il mondo in Corti e Sanfilippo (a cura di), Storia d’Italia cit., p. 222. Fra i pochi lavori in merito alla presenza in Italia di stranieri nell’immediato secondo dopoguerra, vedi Matteo Sanfilippo, Per una storia dei profughi stranieri e dei campi di accoglienza e reclusione nell’Italia del secondo dopoguerra in “Studi emigrazione”, n. 164 (2006), pp. 835-856. - 6 - nel 1944 in Lituania e Ucraina, denominata brichah (fuga), che organizzò e diresse l’esodo di migliaia di ebrei da paesi dell’Europa centro-orientale verso Ovest.

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