Università degli Studi di Padova Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari Corso di Laurea Magistrale in Linguistica Classe LM-39 Tesi di Laurea LINGUA UNIVERSALE E UNIVERSALITÀ DELLA LINGUA. L’APPRENDIBILITÀ DELL’ESPERANTO E GLI UNIVERSALI LINGUISTICI Universal Language and Language Universality: learnability of Esperanto and linguistic universals Relatore Laureando Prof. Davide Bertocci Christian Marchesini n° matr. 1104762 / LMLIN Anno Accademico 2016/2017 INDICE INTRODUZIONE p. 3 Cap. 1: ALLA RICERCA DI UNA LINGUA UNIVERSALE 7 1. Terminologia e classificazione delle lingue pianificate 9 1.1. Lingue artificiali e naturali, lingue a priori, a posteriori e miste 9 1.2. Interlinguistica e Pianificazione linguistica 11 1.3. Classificazione delle lingue artificiali 12 2. Alla ricerca di una lingua universale 14 2.1. Dall’età antica al Medioevo 14 2.2. Le lingue filosofiche a priori 17 2.3. Le lingue internazionali ausiliarie a posteriori nell’Ottocento e l’esperanto 22 2.4. Il post-esperanto e le lingue artificiali universali nel Novecento 29 3. I problemi di una lingua internazionale 33 Cap. 2: LA LINGUA ESPERANTO 39 1. Fonetica e ortografia 40 2. La morfologia 42 2.1. Categorie lessicali 43 a) Il sostantivo, l’aggettivo e l’avverbio 43 b) I pronomi 44 c) I modificatori 45 d) I correlativi 46 e) Il verbo 47 f) Congiunzioni e preposizioni 49 2.2. Struttura interna delle parole: composizione e derivazione 51 3. La sintassi 56 4. Il lessico 60 5. Alcune considerazioni 64 Cap. 3: L’APPRENDIMENTO DI UNA LINGUA STRANIERA E 67 GLI UNIVERSALI LINGUISTICI 1. L’acquisizione di una L2 68 1.1. I fattori extralinguistici 69 1.2. I fattori linguistici specifici della lingua madre 72 1.3. Fattori linguistici universali 73 1.4. Altri fattori linguistici della lingua di arrivo 77 2. Gli universali linguistici 79 2.1. Tipologie di universali linguistici 79 2.2. Gli approcci di ricerca sugli universali linguistici 84 2.3. Universali linguistici, interlingua e processo di apprendimento 87 3. Gli universali e la tipologia linguistica 89 3.1. Gli universali nella ricerca della linguistica tipologica 89 3.2. I risultati della ricerca della tipologia linguistica 91 3.3. Alcune riflessioni sui tipi linguistici 96 4. Gli universali e le Teorie di Naturalezza 98 1 4.1. La teoria di naturalezza 98 4.2. Il concetto di “naturalezza” 99 4.3. Dalla naturalezza in fonologia a quella in morfologia 101 4.4. Le basi semiotiche della TN 102 4.5. La MN e le sue sottoteorie 103 5. Conclusione 106 Cap. 4: L’UNIVERSALITÀ E LA NATURALEZZA 109 DELL’ESPERANTO 1. Fattori extralinguistici nell’apprendimento dell’esperanto 110 2. L’influenza della L1. 114 3. Classificazione tipologica dell’esperanto 116 4. Esperanto e universali linguistici 118 5. La naturalezza dell’esperanto secondo i parametri della MN 124 5.1. I parametri della MN 126 a) Diagrammaticità (o iconicità costruzionale) 126 b) Biunivocità 128 c) Trasparenza morfotattica 131 d) Trasparenza morfosemantica 133 e) Indessicalità 135 f) Lunghezza ottimale del signans 138 g) Base morfologica 140 5.2. Naturalezza e conflitti 143 CONCLUSIONE 149 APPENDICI 155 Appendice 1: Interpretazione del mito di babele (Gen 11,1-9) 155 Appendice 2: Logo per i 50 anni della Comunità Europea (2006) 160 Appendice 3: Dal “Fundamento de Esperanto” 161 Appendice 4: Sistema fonetico dell’esperanto 164 Appendice 5: I 45 universali linguistici di Greenberg 165 BIBLIOGRAFIA 169 2 INTRODUZIONE “6Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. 7Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro […]». 9Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra”. Gen 11, 6-7.9a Siamo soliti pensare che il mito della torre di Babele rappresenti la condanna a dover vivere in un mondo dove i popoli sono separati, tra le altre cose, anche dalla mol- teplicità delle lingue. La presenza di migliaia e migliaia di lingue diverse è vissuta, nel nostro retaggio culturale e forse anche a partire dall’esperienza quotidiana, come una punizione, una condizione svantaggiosa che penalizza i rapporti tra le persone. In realtà, l’esegesi contemporanea1 propone un’interpretazione molto diversa da questa: il mes- saggio del testo che si può evincere sarebbe quello della ricchezza culturale di cui ogni lingua è portatrice; l’intenzione di Dio, nel racconto, non è quindi quella di punire l’arroganza dell’uomo che vuole arrivare fino al cielo, ma piuttosto quella di proteggere la particolarità linguistico-culturale di ogni nazione e la ricchezza che deriva dalla natu- rale diversità e diversificazione delle lingue. Eppure, ancora oggi prevale un’idea negativa della dispersione delle lingue a Babele, un senso di condanna legato alla constatazione della presenza di tante lingue di- verse che separano e non permettono di comunicare. È vero, infatti, che nella nostra so- cietà globale si percepisce in maniera rilevante la difficoltà di comunicare con persone che abitano al di fuori del nostro Paese. Ma anche in passato era viva l’esigenza di una lingua unica, universale, con la quale potersi esprimere ed entrare in relazione con “lo straniero”. Allora come oggi sono state adottate diverse strategie per affrontare questo problema: la funzione che oggi svolge l’inglese è infatti paragonabile a quella del latino nell’età tardo-antica, medievale e moderna. Accanto a soluzioni come queste, che pre- 1 Cfr. Appendice 1. 3 vedono la sovraestensione dell’uso di una lingua naturale propria di un popolo, in passa- to si sono cercate anche delle alternative che fossero addirittura più efficaci dal punto di vista comunicativo e dell’apprendimento: si tratta delle lingue artificiali, alcune delle quali costruite in base a lingue naturali esistenti. Molti di questi tentativi linguistici sono caduti nel vuoto, mentre in qualche caso hanno dato origine a lingue ausiliarie che sono sopravvissute per un certo periodo. Una di queste, l’esperanto, elaborata verso la fine dell’Ottocento, è tuttora parlata e usata da qualche milione di persone. Si tratta di una lingua nata per essere utilizzata come lingua franca, universale, internazionale, e per permettere quindi di comunicare facilmente in tutto il mondo tra persone di lingua ma- dre diversa: un’unica seconda lingua per tutti. Nonostante questo progetto ambizioso, l’esperanto non è ancora diventato una lingua universale. Tuttavia la sua diffusione, la facilità della sua grammatica e l’ideale di democrazia che ha animato il suo creatore, Zamenhof, la rende ancora oggi una lingua interessante e dalle grandi potenzialità che potrebbe aspirare ad assumere il ruolo che oggi ricopre l’inglese. Ma a questo ideale di universalità corrisponde anche una struttura grammaticale tale da renderla effettivamente apprendibile da parte di qualsiasi madrelingua? La grammatica, e in particolar modo, la morfologia che la caratterizzano, rispettano l’universalità del linguaggio che contraddistingue ogni lingua generatasi naturalmente? Questa lingua presenta tratti di naturalezza che la rendano effettivamente più facilmente apprendibile, secondo le intenzioni di Zamenhof, conformemente alle naturali capacità di apprendimento di una lingua straniera? D’altro canto, la pretesa universalità dell’esperanto non può prescindere da questi aspetti fondamentali, che possiamo trovare nelle lingue naturali ma che non è così scontato siano presenti in lingue artificiali come questa, pur trattandosi di una lingua a posteriori. L’obiettivo che ci prefiggiamo con questo elaborato è quindi quello di verificare quanto questa lingua artificiale, elaborata per diventare una lingua universale con cui poter comunicare con ogni persona in qualsiasi parte del mondo, presenti effettivamente tratti di naturalezza che la rendano anche facilmente apprendibile, a prescindere dalla lingua madre del discente. A questo scopo, nel primo capitolo presenteremo la nascita e la storia dell’esperanto all’interno di una questione molto più ampia e articolata: la ricerca di una lingua universale. Dopo aver chiarito il significato di concetti come lingua “artificiale”, 4 “ausiliaria”, “universale”, “internazionale”, “perfetta”, “a priori”, “a posteriori”, “piani- ficata”, nonché quelli di “glottoteta”, “pianificazione linguistica” ed “effetto Bausani”, proporremo una classificazione delle lingue artificiali e, quindi, anche dell’esperanto. Proseguiremo illustrando i momenti più importanti della storia della ricerca di una lin- gua universale, a partire dall’età antica fino al secolo scorso, distinguendo sempre l’uso universale di una lingua naturale dall’invenzione di lingue artificiali ad uso universale; in questo percorso, evidenzieremo anche le caratteristiche fondamentali a livello gram- maticale che dovrebbe avere una lingua artificiale, per rispondere alle esigenze di uni- versalità, chiarezza e semplicità. Vedremo poi come e perché l’esperanto sia stato con- cepito dal suo creatore, Ludwik Zamenhof, quale ideale traspaia dall’uso e dalla diffu- sione di questa lingua e perché essa abbia avuto quel successo che nessun’altra lingua artificiale ha mai raggiunto. Accenneremo infine ad alcuni problemi sottostanti una lin- gua internazionale, tra cui il suo stretto legame col modo in cui percepiamo la realtà e il pericolo che l’estensione di una lingua naturale a livello mondiale comporti anche la su- premazia di un popolo sugli altri in ambito politico, economico e culturale. Nel secondo capitolo, presenteremo in maniera essenziale ma esaustiva la grammatica della lingua esperanto, che Zamenhof ha esposto in sole 16 regole. Oltre a illustrare gli elementi fondamentali della fonetica, dell’ortografia, della sintassi e del lessico, ci concentreremo in particolare sulla morfologia, occupandoci delle categorie lessicali (sostantivo, aggettivo e avverbio), dei pronomi, dei modificatori, dei correlati- vi, del verbo, delle principali congiunzioni, delle preposizioni e della struttura interna delle parole (composizione e derivazione, e quindi prefissi e suffissi). Nel terzo capitolo entreremo nel vivo della questione dell’apprendibilità di una lingua straniera.
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