
FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA Paolo Costa presidente Cesare De Michelis Pierdomenico Gallo Achille Rosario Grasso Armando Peres Mario Rigo Valter Varotto Giampaolo Vianello consiglieri Giampaolo Vianello sovrintendente Angelo Di Mico presidente Adriano Olivetti Maurizia Zuanich Fischer SOCIETÀ DI REVISIONE PricewaterhouseCoopers S.p.A. FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA Káta Kabanová La Fenice prima dell’Opera 2002-2003 3 FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA Káta Kabanová libretto e musica di Leos Janácek (1921) PalaFenice venerdì 17 gennaio 2003 ore 20.00 turni A-L domenica 19 gennaio 2003 ore 15.30 turni B-M martedì 21 gennaio 2003 ore 20.00 turni D-O venerdì 24 gennaio 2003 ore 20.00 turni E-H-P domenica 26 gennaio 2003 ore 15.30 turni C-I-N-V Janácek in un ritratto fotografico del 1904, l’anno di Jenufa. Sommario 7 La locandina 9 Káta Kabanová, una tragedia in riva al Volga di Michele Girardi 11 Káta Kabanová, libretto e guida all’opera a cura di Riccardo Pecci 63 Káta Kabanová in breve a cura di Gianni Ruffin 65 Argomento – Argument – Synopsis – Handlung 75 Alessandro Roccatagliati «No, no! Volevo dirti un’altra cosa!»: Káta Kabanová, ossia L’inesprimibile torrido della solitudine 93 Paul Wingfield Alla scoperta di un enigma di Janácek: le origini armoniche della canzone ‘dell’attesa’ di Kudrjás 113 Due scritti di Leos Janácek Il silenzio (1919); Inizio di un romanzo (1922) 119 David Pountney Appunti per un’interpretazione registica di Káta Kabanová 123 Riccardo Pecci Bibliografia 129 Online: Felix Leos a cura di Roberto Campanella 135 Leos Janácek a cura di Mirko Schipilliti La locandina della prima rappresentazione. Káta Kabanová opera in tre atti libretto e musica di Leos Janácek Nuova edizione a cura di Sir Charles Mackerras Universal Edition, Vienna in lingua originale con sopratitoli in italiano personaggi ed interpreti Marfa Ignatevna Kabanová (Kabanicha) Karan Armstrong Tichon Ivanyc Kabanov Christoph Homberger Katerina (Káta) Gwynne Geyer Varvara Julia Gertseva Savël Prokofjevic Dikoj Feodor Kuznetsov Boris Grigorjevic Clifton Forbis Vána Kudrjás Peter Straka Glasa Larissa Demidova Feklusa Silvia Mazzoni Kuligin Davide Pelissero Una donna tra la folla Misuzu Ozawa Un passante Roberto Menegazzo maestro concertatore e direttore Lothar Koenigs regia David Pountney regista collaboratore Nicola Raab scene Ralph Koltai costumi Sue Willmington light designer Mimi Jordan Sherin Orchestra e Coro del Teatro La Fenice direttore del Coro Piero Monti nuovo allestimento prima rappresentazione a Venezia 8 LA LOCANDINA direttore musicale di palcoscenico Giuseppe Marotta direttore di palcoscenico Paolo Cucchi responsabile allestimenti scenici Massimo Checchetto maestro di sala Joice Fieldsend aiuto maestro del coro Ulisse Trabacchin altro direttore di palcoscenico Lorenzo Zanoni assistente scenografo Jane Alexander maestri di palcoscenico Silvano Zabeo, Maria Cristina Vavolo, Raffaele Centurioni maestro rammentatore Pierpaolo Gastaldello maestro alle luci Ilaria Maccacaro responsabile macchinisti Vitaliano Bonicelli capo elettricista Vilmo Furian capo attrezzista Roberto Fiori capo sarta Rosalba Filieri responsabile della falegnameria Adamo Padovan coordinatore figuranti Claudio Colombini scene e attrezzeria Decor Pan (Treviso) costumi Nicolao Atelier (Venezia) calzature Calzature Epoca (Milano) parrucche Fabio Bergamo (Trieste) proiezioni immagini Ideogamma (Rimini) sopratitoli Studio GR (Venezia) Kát’a Kabanová, una tragedia in riva al Volga Siamo al terzo appuntamento della stagione 2002-2003 alla Fenice, e per la terza vol- ta, dopo la sacerdotessa di Venere Thaïs, ‘redenta’ e santa, e la demi-mondaine Violet- ta Valéry, il sipario si spalancherà su un personaggio femminile di straordinario in- teresse. Molto diversa dalle altre due, Katerina o Káta, non solo perché è situata geograficamente lontano, ad Est (sul Volga) e parla il cèco, ma anche perché chiude vo- lontariamente la propria esistenza in violenta antitesi col mondo che la circonda. «In- torno, silenzio e pace. Che incanto! E io devo morire?», queste le ultime parole pro- nunciate, prima di cercare la sua tomba nel grande fiume, utopica pace della natura contro l’orrore di una vita trascorsa come prigioniera di convenzioni sociali meschine, bigotte, autoritarie. Quando il suo corpo verrà ripescato dal Volga, la sua implacabile torturatrice Kabanicha (quasi un mostro ‘espressionista’, come la Kostelnicka del pri- mo successo, Jenufa) rivolge ai presenti, inchinandosi in ogni direzione, la cinica bat- tuta conclusiva: «Grazie, brava gente, vi ringrazio per il vostro aiuto!». Káta Kabanová è uno dei capolavori di Leos Janácek, tra i sommi drammaturghi in musica di tutti i tempi, certo uno dei più originali. Prese le mosse dalla realtà sociale e linguistica morava, in cui era nato e cresciuto, per consegnare gli intrecci più dispa- rati all’opera europea fin-de-siècle, dal genere ‘eroico’ (Sárka) al fantastico (La volpe astuta, Broucek) fino al suspence modernista intriso di magìa (Il caso Makropoulos). Ma fu sempre attento a immettere nel proprio teatro, e più generalmente in tutta la sua musica, quei tratti di aderenza alla realtà che erano stati tra le caratteristiche fon- damentali degli scrittori russi ottocenteschi: da Dostoevskij viene l’ultima opera (Da una casa di morti), e da Ostrovskij, drammaturgo caro anche a Cajkovskij, la nostra Káta Kabanová. Realtà significava per lui, in primo luogo, la trasfigurazione delle in- flessioni del parlato in tessuto melodico, tanto che, per quanto scrupolosa, nessuna traduzione può rendere il senso di una lingua fondante l’espressione musicale. In questo volume si possono leggere due brevi scritti del compositore, intento a co- gliere e a trasferire su carta i suoni della vita, dal belato alle conversazioni spicciole, che la coscienza poi elabora. Ottima penna, Janácek aveva esercitato a lungo la cri- tica musicale, e prodotto scritti teorici di rilievo. A Brno si era imbattuto in Cavalle- ria rusticana, di cui aveva lodato la «modernità armonica»,1 apprezzamento che ri- vela la sua conoscenza del panorama musicale coevo al di là di ogni barriera e di ogni pregiudizio. Si veda qui (nell’Inizio di un romanzo) il garbato ammicco a Puccini: «aspettava in piedi, che lui arrivasse o non arrivasse? Butterfly?», ma si rifletta sul fatto che sia Káta sia Cio-Cio-San sono protagoniste di storie di solitudine. Altère ri- 1 Cavalleria rusticana (1892), in FRANCO PULCINI, Janácek. Vita, opere, scritti, Firenze, Passigli, 1993, pp. 287-88: 287, l’unico, ma fondamentale contributo italiano, sul compositore. 10 MICHELE GIRARDI spetto alla realtà che le circonda e incomprese nel loro stesso milieu – e si legga, a questo proposito, il bell’articolo che apre la sezione saggistica, firmato da Alessandro Roccatagliati –, entrambe sono al centro di una sintassi del tragico modernamente ri- vissuta sino al suicidio conclusivo, vero e proprio sacrificio con cui le eroine rendo- no al mondo l’equilibrio, sconvolto dal loro agire; e un senso: quello della bellezza delle loro anime come della musica che le racconta (cui accenna anche Pountney, re- gista dell’attuale produzione). Si consideri, inoltre, la situazione del finale II di Káta Kabanová, dove la coppia felice e spensierata, Varvara e Kudrjás, fronteggia in una sorta di quartetto che è, in realtà, un doppio duetto, quella degli amanti seri e tor- mentati, Katerina e Boris: come non pensare al finale III di Bohème? Janácek, del resto, fu detto il Puccini cèco, per l’affascinante lirismo e l’intensa tea- tralità delle sue melodie, ma l’analogia tra i due è ben più profonda: entrambi mira- vano al ruolo di operista ‘popolare’, senza rinunciare agli esperimenti musicali, obiet- tivo che li portò ad attuare soluzioni linguistiche insospettabilmente avanzate. Per capire sino a che punto si spinga Janácek, pubblichiamo un secondo saggio, dove Paul Wingfield conduce un’analisi tutta centrata sull’applicazione di un insieme di al- tezze, quello ottatonico, in quella che è una semplice musica di scena, la canzone ‘del- l’attesa’ di Kudrjás in apertura del secondo quadro dell’atto II. Chi avrà la pazienza di seguire il ragionamento scoprirà di quali ‘arditezze’ segrete sia fatta una dramma- turgia viva e comunicativa, e di quali significati, destinati all’inconscio dello spetta- tore, sia latrice una scelta ‘tecnica’. Riccardo Pecci, autore della guida musicale all’opera, ha curato contestualmente l’edizione di un libretto che, come lui stesso spiega (e Roccatagliati ribadisce poco ol- tre), è nato dalla partitura, poiché Janácek prelevò direttamente dalla traduzione cè- ca dell’Uragano, di cui si servì, le battute dei personaggi e le didascalìe. Per questa se- zione e per l’argomento abbiamo mantenuto la traslitterazione adottata da Sergio Sablich, brillante traduttore del libretto in occasione delle recite fiorentine della Ka- banová (1989), mentre altrove abbiamo scelto la grafia originale dei nomi cèchi. Da- to il contenuto semantico dell’ouverture, pubblichiamo come premessa al libretto un’ampia analisi di questo pezzo, dove si ode in nuce la parabola drammatica della protagonista, e «il destino della sposa di Tichon, – come osserva Pecci – insomma, è segnato». «Fu felice Leos?», si chiede con ironico affetto il nostro Caronte informatico Ro- berto Campanella: certo ora è finalmente venuto il suo tempo nei teatri di tutto il mondo, dove i suoi lavori sono acclamati dal pubblico di ogni latitudine.
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