00 Proporzioni 2010 2011 Testo Pdf.Qxp Principi

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MARIA ROSA PIZZONI “IL CUORE VA AL GUSTO DEL CORREGGIO”: EPISODI DELLA FORTUNA DELL’ALLEGRI NELLE RACCOLTE DI PADRE SEBASTIANO RESTA (FIGURE 68-88) uella bellezza dell’opera, e in quell’età la grandezza del prezzo, mi guadagna- “Q rono l’inclinatione, e la stima in modo, che per un segno del Correggio più mi sento rapire, che per un’opera intiera d’altro primario”1. Le parole usate da padre Sebastiano Resta (1635-1714) per esprimere al vescovo Giovanni Matteo Mar- chetti la sua inclinazione verso l’arte del Correggio restituiscono con immediatezza il suo amore del tutto eccezionale per l’artista, che lo spinse in vari casi a trasfigurare la qualità oggettiva delle opere da lui attribuitegli erroneamente. E in fondo, fu pro- prio questo suo intenso interesse per l’Allegri l’unico merito riconosciutogli dalla critica tra Sette e Ottocento2, la quale invece si coalizzò nel denigrare l’approccio a volte preminentemente empatico e poco rigoroso usato dal religioso milanese per valutare l’arte del Correggio. Nonostante i grossi abbagli presi dal Resta in alcune eccentriche attribuzioni al maestro, come pure la sua vera e propria mania nei ri- guardi del pittore emiliano, che ci portano a comprendere i pungenti ammonimenti di Luigi Pungileoni nell’affermare che “egli era troppo facile a vedere dovunque la mano e l’ombra del Correggio”3, si deve riconoscere al Resta un ruolo fondamentale per la ricostruzione della fortuna critica dell’artista. Dobbiamo sottolineare infatti che, se in patria l’importanza critica dei volumi di disegni del Resta e la sua predi- lezione per l’Allegri ebbero una fortuna discontinua, fuori dai confini essi riscossero un plauso immediato e duraturo, come già nel 1936 anticipava Arthur Ewart Po- pham, soprattutto nell’Inghilterra del XVIII e del XIX secolo, dove confluirono buona parte dei suoi codici, tanto che “Resta, his attainments, his interests and his prejudices are not without importance to the student of drawings and of collectors of drawings in England”4. Sebbene l’incidenza avuta dal Resta sulla fortuna del Correggio sia stata decisiva e del tutto originale, la sua passione per l’artista, tutt’altro che isolata, affonda le proprie radici nella cultura artistica lombarda assorbita in gioventù a Milano5. Nella città ambrosiana, in cui si considerava l’artista emiliano come punto di riferimento 70 MARIA ROSA PIZZONI dell’arte lombarda accanto a Leonardo e Luini6, uno dei protagonisti di tale cultura fu proprio il padre di Sebastiano, Filippo Resta. Quest’ultimo era infatti un mercante di dipinti e dovette essere un conoscitore noto nell’entourage del cardinale Cesare Monti, arcivescovo di Milano, se davvero, insieme a Flaminio Pasqualini, Carlo Fran- cesco Nuvolone e Antonio Scaletta, redasse la stima dei quadri inventariati nella collezione del prelato, in cui erano inclusi un originale del Correggio, seppure non riconosciuto, e numerose copie dall’artista7. Ma Filippo Resta era anche un pittore locale di “figure, paesi, marine ec.”8, di cui si potevano vedere un’opera nella colle- zione del cardinal Monti e altri due grandi quadri nel refettorio del monastero mi- lanese di Sant’Eustorgio9. Considerato insieme a Sebastiano “intendentissimo di pit- tura”10, era anche ‘dilettante’ e collezionista, con una certa propensione per la pittura di paesaggio, dato “che dipingeva anche lui di paesi”11. Abbiamo notizia da Seba- stiano, infatti, di un particolare attaccamento di Filippo a un piccolo paesaggio del fiammingo Cornelis van Poelenburgh, tanto da non esser disposto a uno scambio propostogli da Jacques Courtois con una o due battaglie di sua mano12. Si deve tenere presente, tuttavia, che nel fervido ambiente culturale milanese di quegli anni la vena collezionistica di Filippo è da considerare come un caso non isolato all’interno della famiglia Resta13. Infatti, anche Giovanni Battista Resta, fratello dell’oratoriano, doveva essere un collezionista di qualche importanza se possedeva il Triplo ritratto di Richelieu di Philippe de Champaigne poi lasciato per legato, in- sieme ad altre due opere, a Giovanni Battista Visconti14. Riferendosi al Correggio, Sebastiano ammette di aver acquisito “la gran pratica dell’autore” nei suoi anni giovanili a Milano, prima della partenza per Roma nel 166115, proprio grazie ai contatti con importanti personalità come il cardinale Monti, il marchese Giovan Francesco Serra e don Luis de Benavides Carrillo de Toledo marchese di Caracena, i quali, come ci informa l’oratoriano, erano legati a suo padre Filippo16. Considerata la fortuna di cui le opere dell’Allegri godevano a Milano tra artisti e collezionisti17, è grazie all’attività mercantile di Filippo Resta e alla sua no- torietà che il giovane Sebastiano si ritrovò in casa, seppur per breve tempo, alcuni quadri dell’artista che sarebbero rimasti per sempre impressi nella sua memoria. Con malcelato orgoglio, infatti, Sebastiano Resta non perde occasione di ripetere nei suoi scritti che uno dei dipinti al tempo più famosi di Correggio, l’Orazione di Cristo nell’orto degli ulivi (Fig. 68), era stato comprato dal marchese di Caracena per il re di Spagna Filippo IV tramite la mediazione di suo padre. Confluito nelle raccolte di Pirro Visconti Borromeo prima del 1590, il dipinto fu venduto da un suo omonimo discendente al Caracena, sebbene pagato con il denaro del marchese Serra18. Secondo l’oratoriano tale scambio avvenne in sua presenza in casa propria, dove vennero mandati da questi personaggi vicini a suo padre sia il dipinto sia il denaro pattuito, a cui Filippo Resta dovette aggiungere la restante somma pari al cambio della moneta italiana con le doble di Spagna, restituitagli la sera stessa, nel timore che il Visconti recidesse l’accordo e il re perdesse l’affare19, già sfumato al tempo di Filippo II20. Durante il suo viaggio a Milano nel 1690, Resta ricorda di avere visto nella collezione Visconti Borromeo, a memoria del dipinto, copie realizzate “IL CUORE VA AL GUSTO DEL CORREGGIO” 71 a suo parere da Francesco Cairo, artista che l’oratoriano aveva conosciuto in gio- ventù21. La fortuna del tema dell’Orazione di Cristo nell’orto degli ulivi nella produ- zione del pittore lombardo è ben nota e le suggestioni correggesche in alcuni dipinti del Cairo di tale soggetto ci consentono di prendere in considerazione l’attribuzione del filippino22. Come si desume dall’ingente quantità dei suoi scritti, Resta ebbe a cuore le sorti del quadro del Correggio anche successivamente. Infatti, entrato in possesso nel frat- tempo di altre copie del dipinto, da lui considerate autografe, l’oratoriano continuò a riceverne informazioni dal pittore Francesco Tanca, il quale, recatosi in Spagna per consegnare un volume offerto dall’oratoriano in omaggio al re Filippo V, vide sia il dipinto, molto rovinato perché consumato da una lampada perennemente accesa, sia il disegno, ritenuto da Resta originale e da lui stesso inviato in dono a Carlo II23. È certo inoltre che questa non fu l’unica occasione in cui in casa di Sebastiano Resta transitarono ‘Correggi’ o presunti tali. Prima di essere venduta in Spagna, anche una Madonna della cesta ebbe infatti come ultima tappa la sua casa paterna. La prima menzione nota della Madonna della cesta è quella del Vasari nel 1568 nella biografia di Girolamo da Carpi, in cui viene citato il dipinto dell’Allegri “bello a maraviglia”, allora conservato nella collezione Baiardi di Parma, in merito a una copia realizzata proprio dal Sellari “tanto simile che pare desso veramente”24. Già dalla prima notizia del dipinto si evince, quindi, la sua fortuna attraverso le copie, che avrà largo seguito nel corso dei secoli successivi. Dopo tale ricordo, si ha notizia dell’opera nel 1666, quando appare in Spagna nell’inventario reale in cui compare anche il Cristo nell’orto degli ulivi25. Proprio in questo lasso di tempo sappiamo da Sebastiano Resta che un dipinto di una “Madonna che veste il putto” andò in Spagna per vie molto simili a quelle battute dal Cristo nell’orto degli ulivi. In una nota a un disegno contenuto in uno dei volumi Resta confluiti in Inghilterra nella collezione Somers26, l’oratoriano infatti scrive: “Come il Correggio era amoroso nell’arte, e be- nigno di tratto, aveva pazienza a replicare le opere piccole a petizione degli amici, così fece nel Cristo all’orto, così nella Madonna lattante ed in simili pezzetti. Di questa Madonna che veste il putto ne venne una a Milano a mio padre, dico originale, e bisogna che fusse quella del Boiardi riferito dal Vasario nella vita di Gerolimino da Carpi fol. 9 p. 3 vol. 2, per l’approbazione sua al Re Filippo 4° di ql. m.a della quale p.a che si mandasse a Sua Maestà Cattolica così mio padre ne fece far copia da Madonna Fede Gallizia, come altri gentiluomini dalla medesima e da altri pitto- ri”27. Anche in una lettera scritta all’antiquario bolognese Giuseppe Magnavacca, Resta non manca di dare all’amico gli stessi ragguagli sull’opera, informandolo che “in Spagna c’è quella che passò da Mil[an]o per l’approbazione di mio padre che la fece copiare ancor lui da Madonna Fede Galizia”28. Non potendo dare risposta al- l’interrogativo se i pittori e i collezionisti milanesi in quell’occasione si trovassero davanti al dipinto oggi ammirato nelle sale della National Gallery (Fig. 69), o a una copia da loro scambiata per autografa, ci si può però soffermare a considerare la ri- levanza che questo evento ebbe per la Milano del tempo, tanto importante da spin- gere Filippo Resta e i suoi amici collezionisti a richiedere a Fede Galizia e ad altri 72 MARIA ROSA PIZZONI pittori di copiare il dipinto per sanarne la perdita. La pittrice lombarda, il cui esercizio di imitazione di opere dei grandi maestri è ricordato anche da Lomazzo, era avvezza alla riproduzione dei dipinti dell’artista emiliano, come è dimostrato da molteplici altri casi29.

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