15 ottobre 1991, davanti al Tribunale di Patti (Messina) si apre il primo processo contro il racket delle estorsioni, originato dall’inedita denuncia 8 8 ARCIPELAGO collettivadeicommerciantieimprenditoridiCapod’Orlando,partecivilenei mafie • economia • impresa confronti dei mafiosi che li taglieggiavano. Fino allora nelle carte giudiziarie il racket è un oggetto misterioso. L’estorsione mafiosa, catalogata come “protezione”, oppure “pizzo”, compare a intermittenza nelle inchieste VINCENZO VASILE MARIAGRAZIA GERINA e nei precedenti processi. Il primo “pentito”, Leonardo Vitale, nel 1973 a Mariagrazia Gerina Palermo, rivela che il racket è elemento fondante della mafia ed equivale a una “messa a posto” di imprenditori e commercianti dentro al sistema di Vincenzo Vasile Cosa nostra. Ma Vitale non viene creduto e mandato alla morte. Giovanni Falcone dieci anni dopo denuncia il black out investigativo sul pizzo, ma ancora nel 1991 il giudice istruttore di Catania, Luigi Russo, sentenzia che pagare è uno “stato di necessità” per i grandi imprenditori. Con il processo di Capo d’Orlando, che s’intreccia con il sacrificio di Libero Grassi, lasciato IPROCESSI solo a Palermo davanti ai suoi assassini, inizia una “guerra civile mite” che in un quarto di secolo ha portato sul banco degli imputati e in carcere centinaia di estorsori. Il libro vuole essere un contributo alla ricostruzione I PROCESSI DELL’ANTIRACKET di questa storia giudiziaria che va da Capo d’Orlando, in Sicilia, a Vieste, in DELL’ANTIRACKET Puglia, da Ercolano, nel regno dei Casalesi, a Lamezia Terme, in Calabria, a Gela, fino alla svolta dei processi nella roccaforte di Cosa nostra a Palermo, propiziati dalla nascita di Addiopizzo e Libero Futuro. Protagonisti, gli Una guerra civile mite imprenditori e i commercianti che non hanno taciuto. 1990•2015 MARIAGRAZIA GERINAGiornalista, ha lavorato nelle redazioni de La7 e de «l’Unità», scrive per «l’Espresso», «Internazionale» e «il Fatto Quotidiano», è coautrice del documentario PontifEx per Raicinema e del saggio Walter Veltroni, il piccolo principe (Sperling & Kupfer). prefazione di VINCENZO VASILE Giornalista scrittore, è stato inviato de «l’Unità» Francesco Pizzuto e direttore de «L’Ora». Ha collaborato con «il Fatto Quotidiano» e con Blunotte di Raitre. Ha scritto diversi saggi, tra gli altri: Salvatore Giuliano (Baldini Castoldi Dalai), Che Guevara top secret ed Era il figlio di un pentito (Bompiani). È coautore del documentario Viaggio nell’antiracket. volume pubblicato nell’ambito del pon sicurezza per lo sviluppo - obiettivo convergenza 2007-2013 - obiettivo operativo 2.4 Rubbettino VOLUME DISTRIBUITO GRATUITAMENTE Rubbettino 8 diretta da Tano Grasso Mariagrazia Gerina, Vincenzo Vasile I processi dell’antiracket Una guerra civile mite 1990-2015 prefazione di Francesco Pizzuto Rubbettino Progetto grafico: Giuseppe D’Arrò, Santina Cerra, Luigi De Simone © 2015 - Rubbettino Editore 88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10 - tel (0968) 6664201 www.rubbettino.it francesco pizzuto* Prefazione La costituzione di parte civile nei processi penali scaturiti dalle denunce delle vittime dei reati di estorsione o usura rappre- senta una delle più importanti manifestazioni della lotta per la legalità condotta dalle Associazioni Antiracket a sostegno delle Istituzioni. L’idea straordinaria dei commercianti orlandini, che per primi diedero vita a un’esperienza inedita di lotta al racket mafioso, fu quella di associarsi per sottrarre l’imprenditore sottomesso al racket a quella condizione di solitudine e di iso- lamento che costituisce il punto di maggiore debolezza per la vittima e di maggiore forza per il mafioso. L’associazione avrebbe potuto, in tal modo, coadiuvare il lavoro di indagine condotto dalle Forze dell’Ordine, e messo a frutto in sede giu- diziaria dalla Pubblica Accusa. Questo il senso dell’opera di Vasile e Gerina: gli autori riper- corrono le fasi attraverso le quali tale consapevolezza è nata e nel tempo maturata, accompagnata da un clima di crescente attenzione al fenomeno umano e sociale, anche da parte dei media e del sentire comune. La spersonalizzazione in fase processuale della vittima nel rapporto con gli estortori o gli usurai è un’esigenza che, anche attraverso il ruolo svolto dall’associazione, si trasforma in diritto. Gli autori ricostruiscono la storia dei processi in cui vi è la pre- senza delle associazioni antiracket, che, a far data dalla prima storica sentenza del 1991 del Tribunale di Patti, hanno contribuito * Componente del Comitato di solidarietà vittime dell’estorsione e dell’usura, re- sponsabile dell’ufficio legale della Fai. prefazione 5 a“fare giurisprudenza” e a introdurre quei principi che si sono progressivamente consolidati nelle diverse aule di giustizia italiane. Già nei primi processi in cui le associazioni di commercianti e imprenditori si sono presentate nelle aule di giustizia, quali latori di interessi diffusi, esse hanno quasi imposto il diritto a ottenere il risarcimento del danno subito dall’intera categoria di appartenenza, anche “in luogo” della stessa vittima. All’epoca la giurisprudenza poneva, come limite invalicabile per costituirsi parte civile, la contestazione agli imputati del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ovvero di un reato che, essendo di pericolo per l’intera comunità e permanente nel tempo, potesse essere considerato come fonte di danno non solo per l’imprenditore vittima dell’estorsione e dell’usura, ma anche per le associazioni. Difatti, le associazioni “Antiracket” riconoscono tra gli scopi statutari quello di “promuovere le più efficaci iniziative per il contrasto al racket dell’estorsione e all’usura”, e quello di “prestare assistenza e solidarietà a soggetti che svolgono attività economica vittime di richieste estorsive e di usura”. Il diritto al libero esercizio dell’iniziativa economica privata, garantito a livello costituzionale oltre che in numerose disposi- zioni legislative, è stato assunto dalle associazioni quale scopo primario della propria esistenza e quindi come diritto soggetti- vo suscettibile di lesione e di risarcimento. Ogni qualvolta gli estortori o gli usurai siano stati imputati di associazione a delinquere, semplice o di stampo mafioso, i Giudici di merito non hanno più avuto difficoltà a riconoscere che le associazioni potessero subire un danno risarcibile ca- gionato dall’esistenza stessa dell’associazione a delinquere, la quale, per sua stessa natura costituisce un attentato alla libertà commerciale e imprenditoriale: le associazioni antiracket non solo hanno determinato l’introduzione nel nostro sistema giu- ridico di un diritto di tal fatta, bensì sono giunte a legittimare la costituzione iure proprio anche allorquando gli imputati siano chiamati a rispondere di singoli episodi di sottoposizione a ta- glieggiamento o usura nei confronti anche di vittime non ancora iscritte, all’epoca dei fatti, ad alcuna associazione antiracket. 6 E oggi copiose sono le pronunce nelle quali la costituzione di parte civile delle associazioni viene ammessa anche allor- quando gli imputati non siano chiamati a rispondere del rea- to ex art. 416 bis; addirittura pur in presenza di semplici reati contro il patrimonio del soggetto danneggiato, e non più “di pericolo”, quali l’estorsione o l’usura non aggravata. La magistratura ha, pertanto, ormai pacificamente ricono- sciuto un ruolo alle associazioni quali centri di imputazione e contitolari di un vero e proprio diritto alla libertà del commercio e dell’imprenditoria. Il passo in avanti è notevole: anche se un solo commercian- te subisce un danno, magari causato da un solo estortore, è tutta la categoria ad essere minacciata e legittimata a reagire, reclamando il ristoro del danno subito e chiedendo la punizione del colpevole. La necessità di tutelare l’imprenditore si incontra con la tutela della collettività. Come fedelmente testimoniato dalle diverse esperienze raccolte e riportate dagli autori in quest’opera antesignana, tale riconoscimento giudiziario è stato ampiamente ripagato dalla costante partecipazione delle associazioni antiracket nei processi: le stesse, con il loro intervento hanno contribuito a dare forza, fiducia e sicurezza al singolo imprenditore, oltre che a sostenere e valorizzare l’operato della Magistratura, la quale, accanto a se, ritrova quale formidabile e insostituibile alleata la migliore società civile. Le associazioni antiracket vantano oramai un incontestabi- le diritto a costituirsi, quale parte civile, nei processi di mafia, racket e usura. Tale diritto ormai vanta innumerevoli prece- denti presso tutti i più autorevoli tribunali d’Italia, non solo nelle regioni del sud ma anche a Roma o Milano, ed è stato definitivamente consacrato dalla più qualificata e prestigiosa fonte di “creazione” del diritto vivente, quale è la Suprema Corte di Cassazione. prefazione 7 Nota degli autori 15 ottobre 1991, davanti al Tribunale di Patti (Messina) si apre il primo processo contro il racket delle estorsioni, originato dall’inedita denuncia collettiva dei commercianti e imprenditori di Capo d’Orlando, parte civile nei confronti dei mafiosi che li taglieggiavano. Fino allora nelle carte giudiziarie il racket è un oggetto misterioso. L’estorsione mafiosa, catalogata come “protezione”, oppure “pizzo”, compare a intermittenza nelle inchieste e nei precedenti processi. Il primo “pentito”, Leo- nardo Vitale, nel 1973 a Palermo rivela che il racket è elemen- to fondante della mafia ed equivale a una “messa a posto” di imprenditori e commercianti dentro
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