Per un pugno di dollari Titoli di testa Titolo originale Per un pugno di dollari Paese di Italia, Spagna, Ger produzione mania Ovest Anno 1964 Durata 100 min Colore Colore Audio sonoro Rapporto 2,35:1 Genere western Regia Sergio Leone Soggetto Sergio Leone (ispirato dalla pellicola La sfida del samurai di Akira Kurosawa) Sceneggiatura Sergio Leone, Duccio Tessari, Fernando Di Leo Produttore Arrigo Colombo, Giorgio Papi Produttore Franco Palaggi esecutivo Casa di Jolly Film (Roma), produzione Ocean Film (Madrid), Constantin Film Produktion GmbH (Monaco di Baviera) Distribuzione(It Unidis alia) Fotografia Massimo Dallamano, Federic o G. Larraya Montaggio Roberto Cinquini, Alfonso Santacana Effetti speciali Giovanni Corridori Musiche Ennio Morricone Scenografia Carlo Simi, Sigfrido Burmann Costumi Carlo Simi Trucco Rino Carboni, Dolores Clavel (truccatrice) Interpreti e personaggi Clint Eastwood: Joe Gian Maria Volonté: Ramón Rojo Marianne Koch: Marisol Antonio Prieto: don Benito Rojo Wolfgang Lukschy: John Baxter Sieghardt Rupp: Esteban Rojo Mario Brega: Chico José Calvo: Silvanito Joseph Egger: Piripero Margarita Lozano: Consuelo Baxter Bruno Carotenuto: Antonio Baxter Daniel Martín: Josè Benito Stefanelli: Rubio Aldo Sambrell: Manolo Doppiatori italiani Enrico Maria Salerno: Joe Nando Gazzolo: Ramón Rojo Rita Savagnone: Marisol Mario Pisu: don Benito Rojo Giorgio Capecchi: John Baxter Bruno Persa: Esteban Rojo Renato Turi: Chico Luigi Pavese: Silvanito Lauro Gazzolo: Piripero Anna Miserocchi: Consuelo Baxter Nino Pavese: Josè Sergio Graziani: Rubio «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto. » (Ramón Rojo, rivolto a Joe) Per un pugno di dollari è un film del 1964, il primo della cosiddetta trilogia del dollaro (insieme a Per qualche dollaro in più, 1965, e Il buono, il brutto, il cattivo, 1966), diretta da Sergio Leone e interpretata da Clint Eastwood. Caposaldo del genere spaghetti western, viene erroneamente considerato il primo film del genere: in Europa, prima del 1964, erano usciti diversi western, senza però riscontrare lo stesso successo; Per un pugno di dollari, d'altro canto, reinventò il genere, ormai in declino, ridefinendo gli archetipi del western. Il film è il remake di La sfida del samurai (Yojimbo) di Akira Kurosawa. Poiché era il primo film di questo genere a essere mostrato negli Stati Uniti, molti membri della troupe e del cast assunsero nomi americani: Sergio Leone usò il nome Bob Robertson (in memoria di suo padre Vincenzo, noto con il nome d'arte di Roberto Roberti), Ennio Morricone firmò la colonna sonora con lo pseudonimo Dan Savio (ma in alcuni titoli è rinominato Leo Nichols), mentre Gian Maria Volonté appare con il nome John Wells. La colonna sonora, che ebbe un grande successo anche sul mercato discografico, è celebre per il brano fischiato, eseguito dal maestro Alessandro Alessandroni. Trama Nuovo Messico. Un pistolero solitario, Joe, arriva a San Miguel, una cittadina al confine tra gli Stati Uniti e il Messico, e decide di alloggiare alla locanda del paese, dove diventa amico del proprietario, Silvanito. Lì viene a sapere della lotta tra le due famiglie dominanti della città: i fratelli Rojo – Don Benito (il fratello maggiore, capo della famiglia), Esteban (elemento poco brillante, anello debole dei tre) e Ramón (spietato assassino e rapinatore, abilissimo nell'uso del fucile) – e la famiglia di John Baxter, sceriffo della città. I Rojo sono commercianti di alcol mentre i Baxter vendono armi: le forze delle due famiglie si equivalgono. Joe decide di vendersi, apparentemente per un pugno di dollari, a entrambe, facendo una sorta di doppio gioco. Allo stesso tempo riesce a far scontrare le famiglie più volte tra loro. Salva anche la prigioniera di Ramón, Marisol, permettendole di riunirsi ai suoi cari e di lasciare quindi San Miguel con il marito Josè e il figlioletto Jesús, e dando loro gran parte dei soldi ricavati con i servizi svolti per le due famiglie. Catturato dai Rojo, Joe viene torturato e tenuto prigioniero. Riesce con astuzia a sfuggire ai suoi carcerieri e, con l'aiuto del falegname- becchino Piripero, si nasconde in un rifugio sicuro per curarsi dalle terribili ferite subite. I Rojo, credendo che Joe abbia trovato asilo presso i Baxter, incendiano il quartier generale della famiglia nemica uccidendo tutti, compresi lo sceriffo, la moglie e il figlio. Una volta ripresosi dalle ferite subite, Joe ritorna in città per lo scontro finale contro Ramón e i suoi. Il suo arrivo, inaspettato, è annunciato dallo scoppio di un candelotto di dinamite, che riempie di fumo la via principale di San Miguel; quando il fumo si dirada Ramón e quattro dei suoi uomini vedono la figura di Joe stagliarsi in lontananza. Joe e Ramón sono faccia a faccia. Inizialmente Ramón spara tutto il caricatore del suo Winchester verso Joe che si avvicina, sempre mirando al cuore, come Joe gli ripete mentre continua ad avvicinarsi, rialzandosi incredibilmente dopo che ogni colpo sembra averlo ucciso. Infine, arrivato a tiro di pistola, Joe si rialza ancora e il Winchester scatta a vuoto avendo finito le munizioni. Questi allarga il poncho e mostra la pesante lastra metallica che portava all'altezza del cuore e su cui vi erano i sette segni dei colpi di fucile. Infatti, conoscendone la mania di colpire col fucile l'avversario sempre al cuore, Joe lo aveva affrontato indossando, come giubbotto antiproiettile, una lastra d'acciaio. Dopo un attimo di silenzio gli uomini di Ramón cercano di estrarre le pistole, ma Joe uccide i quattro uomini e fa volare il fucile di Ramón, utilizzando il sesto colpo per tagliare la corda a cui era stato appeso Silvanito per cercare di fargli dire dove fosse Joe. A questo punto, uccisi i componenti dell'intera banda, il protagonista affronta a viso aperto Ramón. Joe ripete la frase detta da Ramón tempo prima, "Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto": i due uomini hanno le proprie armi ai loro piedi e in mano una sola cartuccia per caricare l'arma e quindi sparare; tagliente la successiva frase di Joe: "vediamo se è vero". Joe, grazie a uno stratagemma, uccide Ramón e riporta quindi la giustizia a San Miguel. Poi lascia il paese prima che arrivino le forze governative. Progetto Nel 1963 Sergio Leone stava lavorando su un trattamento dal titolo “Le aquile di Roma”, ennesimo film del filone peplum per il quale il regista non aveva ancora trovato un produttore; Leone lo definiva come «I magnifici sette ambientato nell'antica Roma». Benché egli sapesse che la popolarità del genere fosse ormai in calo, basti pensare che nel triennio che va dal 1960 al 1963 in America furono prodotti un numero ridottissimo di film western, preferì non lanciarsi in un progetto nuovo, dal costo molto alto. Carla Leone disse infatti: «Dovevamo fare molta attenzione coi soldi, perché vivevamo ancora di ciò che avevamo guadagnato con Sodoma e Gomorra e con qualche altro lavoro, e avevamo una figlia da mantenere». Alla fine del 1963 Enzo Barboni, direttore della fotografia, andò a vedere insieme a Stelvio Massi il film di Akira Kurosawa La sfida del samurai, appena uscito nelle sale. In un piccolo villaggio del Giappone feudale, un samurai senza nome e senza passato si trova coinvolto in una lotta sanguinosa tra famiglie per il controllo della comunità. La spada dell'insuperabile Sanjuro non farà sconti riportando la pace nel villaggio. Memorabile lo scontro finale contro il guerriero armato di pistola. Barboni rimase piacevolmente colpito dal film, e quando uscì dal cinema Arlecchino di Roma, incontrò Sergio Leone al bar Canova di Piazza del Popolo, e subito gli consigliò la visione del film, in quanto secondo lui «conteneva una mescolanza di avventura, ritualità, ironia, che Leone avrebbe potuto apprezzare». Questa versione dei fatti è avvalorata inoltre dalla testimonianza di Tonino Valerii. Sergio Corbucci afferma invece di essere stato il primo a consigliare il film a Leone. Secondo Mimmo Palmara, amico di Leone e suo collaboratore nei film Gli ultimi giorni di Pompei e Il colosso di Rodi, Barboni parlò a Leone del film durante una cena, consigliandogli la visione. Sergio Leone andò dunque il giorno dopo al cinema con la moglie Carla. La reazione del regista fu di assoluta esaltazione. La mattina dopo chiamò Duccio Tessari, Sergio Corbucci, Sergio Donati e Tonino Delli Colli, dicendo loro di andare immediatamente a vedere il film. I Gli altri si fidarono di Leone e andarono a vedere il film, Sergio Donati decise di non partecipare al progetto. Molto tempo dopo, disse: «Non mi fidai del suo giudizio su questa cosa e non ci andai. Col senno di poi, ho diversi rimpianti sulla mia decisione.» Terminata la sceneggiatura nei primi mesi del 1964, Leone iniziò a cercare un produttore per il film. Il cognato del regista, Tonino Delli Colli, consigliò di rivolgersi alla Jolly Film di Papi e Colombo, che aveva fatto fortuna con diversi film negli anni cinquanta e aveva già prodotto un western italo- spagnolo, Duello nel Texas (1963) Sergio Leone dunque si rivolse a Franco Palaggi, il produttore esecutivo, proponendogli di finanziare il nuovo western dal titolo Il magnifico straniero: il regista seguitò a raccontare all'amico tutta la storia, mimandogli le scene principali. Palaggi fu convinto del potenziale insito nel film, e decise di produrlo, purché si trovasse un co-produttore straniero e che non si superasse il basso budget di 120 milioni di lire. Leone pensò che non dovesse essere particolarmente difficile trovare un "partner" straniero: "Avevo avuto ottimi rapporti con tedeschi e spagnoli ai tempi del peplum, e ingenuamente speravo che tutti i contributi sarebbero arrivati senza particolari problemi. Il regista si incontrò con Papi e Colombo all'Hotel Excelsior di via Veneto a Roma, e questi ultimi invitarono Leone alla proiezione del western da loro prodotto, Duello nel Texas.
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