Basket Femminile, Francesca Romana Russo: “European Games Indimenticabili

Basket Femminile, Francesca Romana Russo: “European Games Indimenticabili

Basket femminile, Francesca Romana Russo: “European Games indimenticabili. A Palermo in crescendo prima dello stop. L’Italia deve migliorare sullo sport femminile” 19 Aprile 2020 Intervista della cestista civitavecchiese classe ’96 ad OA Sport. Numero 3 dietro la schiena e un carattere riconoscibile dietro la maglia gialloverde della Sicily By Car Palermo: Francesca Russo, che di secondo nome fa Romana e non lo è di fatto solo perché è nata poco fuori, a Civitavecchia, è stata tra le grandi protagoniste sia nel blocco della promozione delle siciliane che, poi, in una stagione di Serie A1 che si stava rivelando particolarmente buona. Nell’intervista che ci ha concesso ha però toccato, oltre a questi argomenti, anche altre tematiche: il rapporto con la maglia azzurra tra giovanili e tante importanti questioni legate all’universo del basket femminile. Come hai preso prima la sospensione e poi l’interruzione? “È stata una bella botta, più la sospensione dell’interruzione perché quest’ultima era diventata quasi ovvia visto come stanno andando le cose in Italia e in Europa. È stata brutta perché fino all’ultima ci siamo allenate, abbiamo preparato le partite, eravamo pronte ad affrontare la fase clou del campionato. Ci mancavano 8 partite, quelle fondamentali, che ci avrebbero potuto portare ai playoff come ai playout come alla salvezza diretta. È stato un po’ come buttare o vanificare il lavoro fatto in questi mesi“. C’è stato un momento un po’ particolare in cui, a un certo punto, erano state sospese tutte le partite tranne Palermo-Virtus Bologna e Ragusa-San Martino di Lupari, cioè quelle che si giocavano in Sicilia. “Infatti quella domenica avevo fatto il mio pranzo prepartita convinta di andare a giocare, e poi subito dopo è arrivata la notizia che non avremmo giocato nemmeno noi, e questo è stato uno scarico di adrenalina, perché ci eravamo allenate fino al sabato, preparando la partita al meglio. Peraltro era anche importante, contro Bologna, uno scontro diretto, quindi è stato brutto. In più all’andata avevamo perso, quindi c’era quella rabbia dentro che comunque ci eravamo portate dietro”. Qual è la molla che ti ha convinto a cominciare col basket? “I miei genitori. Fin da piccolina (2-3 anni) mi ero buttata in piscina e ho fatto nuoto agonistico fino ai 7-8 anni. Mio padre aveva una società cestistica a Civitavecchia prima che io e mio fratello nascessimo, poi l’aveva chiusa, mia madre è ex giocatrice e quando avevo 8 anni a lui è venuto in mente di riaprire questa società di minibasket con mia madre allenatrice. Così io e mio fratello siamo stati “buttati” dalla piscina al campo da basket. Ho fatto tutti e due gli sport per due anni, e poi mi sono accorta che il basket aveva qualcosa in più anche essendo uno sport di squadra, cosa che di suo mi dava molto di più. Anche se a quell’età in termini di risultati sportivi andavo meglio nel nuoto. Il cuore però ha portato alla pallacanestro“. E poi sei andata ad esordire a Santa Marinella. “Civitavecchia era pur sempre una realtà piccola, quindi quella più vicina è stata Santa Marinella, che mi ha permesso in quell’anno di allenarmi, di far parte di una squadra senior, cosa completamente dall’allenarsi con le pari età. Quella stagione 2011-2012 è stata importante, è stato l’anno in cui ho preso coraggio nell’andare a giocare fuori dal Lazio”. A tal proposito, perché hai scelto Bologna con la Libertas? “Bologna perché durante l’estate facevo sempre i raduni con la Nazionale giovanile, ero molto amica di Arianna Landi il cui padre era il presidente della Libertas. Durante quell’estate, anche durante tutto il raduno, parlando c’era questo progetto da parte della società di fare una squadra Under 17 competitiva per andare alle finali nazionali e provare a sognare. In più c’era l’A2 che era una buona squadra in cui avrei avuto l’opportunità di allenarmi sempre e giocare i miei minuti per fare la mia esperienza. Conoscendo la proprietà, le persone che ne facevano parte, anche i miei genitori si sono sentiti più sicuri nel mandarmi, dato che Bologna non è esattamente dietro l’angolo rispetto a Civitavecchia e io avevo 15 anni, quindi è stata questa la decisione. C’era questo progetto, eravamo in 4-5 che facevamo parte della Nazionale Under 16, avevamo fatto gli Europei insieme, e quindi c’è stata questa spinta. Sono stata bene lì, è stato un bell’anno che si è concluso con la vittoria dello scudetto Under 17 e quindi il progetto ha funzionato”. Poi sei andata a giocare sempre al Sud, tranne in una stagione (2016-2017, a Selargius). C’è qualche motivazione particolare? “In realtà forse è stato più casuale, perché di certo la parte della città, della posizione può influire nella scelta, ma in questi anni più che altro ho avuto opportunità maggiori prima a Battipaglia, dove c’era tutto il progetto giovani con la risalita dall’A2 all’A1, poi c’è stata la parentesi con Selargius che mi ha dato di giocare da assoluta protagonista in A2 e quindi cominciare a prendere tante responsabilità in campo, e quindi crescere, e quindi Palermo, che era l’inizio di un progetto nuovo e quindi mi è parsa l’opportunità più giusta per farmi valere”. A Battipaglia girava anche parecchio talento niente male, con Marzia Tagliamento e Olbis Andrè. “Diciamo che Olbis mi deve ancora ringraziare! (ride) A parte gli scherzi lei giocava a Bologna l’anno che c’ero anche io anche se non giocavamo insieme perché lei era più piccola di due anni e non giocava con le Under 17. Diciamo che quando poi il presidente di Battipaglia mi chiedeva di lei, anche tramite mio padre ha convinto i miei genitori a farla scendere e a farla venire lì. Sicuramente lei è stata la giocatrice più forte che ha “creato” Battipaglia, perché in quei tre anni ha avuto una crescita esponenziale dal lato tecnico e da quello fisico. E poi è una grande giocatrice e anche una grande ragazza, ci sono molto amica e sono veramente contente che lei sia arrivata a questo livello”. Dal 2017 sei andata a Palermo. Chi ti ha cercata e com’è andata? “A primo impatto, quando mi è arrivata la richiesta tramite il mio procuratore, che mi ha fatto il nome di Palermo, l’impressione è stata negativa. Si veniva da un anno in cui la squadra si era salvata all’ultima partita dei playout, tutta Italia sapeva che aveva avuto problemi economici, che il presidente se n’era andato e che era successo di tutto. Quindi all’inizio ho detto “assolutamente no, ma dove mi vado a mettere”. Poi, invece, parlando conElettra Ferretti che era lì da 2-3 anni, mi ha detto che era cambiata la presidenza e più in generale la situazione, che volevano fare le cose per bene e un progetto graduale e, nel giro di altri 2-3 anni, provare a sognare. Con il tempo, assicurandomi di queste cose, parlando con presidente (Adolfo Allegra, N.d.R.) e allenatore (Santino Coppa, N.d.R.) che c’erano mi sono convinta, perché comunque dopo l’anno che avevo fatto a Selargius, che dal punto dei vista dei risultati e di senso di appartenenza non mi aveva lasciato tanto, ho pensato che comunque far parte in prima persona di un progetto di rinascita di una società fosse veramente bello, e infatti lo è stato”. Quali sono i tuoi ricordi del viaggio verso la promozione? “Il primo anno abbiamo perso in finale contro Faenza, però allora già arrivare fin lì era stata una vittoria, perché non avevamo una squadra super competitiva. Ci eravamo trovate in ottime condizioni, ma forse nemmeno la società il primo anno sarebbe stata pronta, in quel momento, a risalire subito, quindi da una parte meglio così. Poi c’è stato il campionato scorso in cui partivamo da favorite e per questo è stato più difficile, perché abbiamo avuto degli infortuni, delle cose che hanno complicato. E poi il fatto di essere viste come squadra favorita fa tirar fuori a tutte le altre quel qualcosa in più quando vengono a giocare contro di te, e quindi c’è stato un periodo brutto con varie sconfitte. Grazie a questo, però, siamo arrivate ai playoff davvero “incavolate”, sembravamo degli animali in campo. Mi domando ancora come abbiamo fatto ad arrivare a quel punto, eravamo tutte sulla stessa barca, con la stessa mentalità, ci siamo trovate a vincere. E soprattutto gara1 di finale qui a Palermo, vincere di 21 punti con Bologna (questa volta non Libertas, ma Progresso Matteiplast, N.d.R.), è stata qualcosa di inspiegabile, perché non ce lo saremmo mai aspettate e meno che mai di vincere di così tanto. Poi siamo andate a Bologna convinte del fatto che loro erano una squadra che poteva ribaltare 20 punti in 5 minuti, e quindi abbiamo affrontato gara2 come gara1, con l’aggiuntiva difficoltà dell’essere fuori casa. E forse questa è stata la cosa brutta: vincere fuori casa, perché sarebbe stato bello farlo con le persone di Palermo a sostenerci, nel nostro palazzetto. Poi il rientro in città è stato bello per l’accoglienza di alcune autorità, per esempio il vicesindaco, ma è stato diverso. Per esempio, quando abbiamo vinto a Battipaglia, in casa, c’è stata l’invasione di campo, quell’adrenalina ancora maggiore perché viene trasmessa ancora di più dai tifosi, dai ragazzi del minibasket, che impazziscono più di te e quindi rendono la cosa ancora più bella. Abbiamo fatto qualcosa di incredibile, riportare Palermo in A1 dopo 29 anni“.

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