Accademia Rossiniana "Alberto Zedda" 30 Anni

Accademia Rossiniana "Alberto Zedda" 30 Anni

Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” 30 anni Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” 30 anni Indice Il mio percorso Ernesto Palacio p. 5 Storie di Accademie Alberto Zedda p. 11 Perché l’Accademia Gianfranco Mariotti p. 23 Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: le lezioni p. 30 Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 1989-2018 p. 40 Il viaggio a Reims: le prove p. 80 Il viaggio a Reims: 2001-2017 p. 86 Fotografie Studio Amati Bacciardi Grafica Dario Ottaviani Stampa Pazzini Stampatore Editore, Villa Verucchio (RN) luglio 2018 Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 4 Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 5 Il mio percorso Nell’ottobre 1972, vincendo come tenore il concorso televisivo “Voci Nuove Rossiniane” indetto dalla Rai Tv, assieme a Lucia Valentini Terrani come mezzosoprano, iniziò la mia carriera. Qualche mese prima ero stato ammesso all’Accademia di Canto della Scala. La grande pubblicità avuta dal concorso Rai mi portò subito diverse scritture, incompatibili con la frequentazione dell’Accademia che implicava due anni di studio senza lavorare. Significava perdere il treno che quella pubblicità mi dava. Scelsi dunque di lasciare l’Accademia dal gennaio 1973. In quei quasi tre mesi, nonostante le poche lezioni da me frequentate, potei fare grandi esperienze con ottimi maestri quali Renato Pastorino (maestro di spartiti eccellente e molto esigente), Ferruccio Soleri o Giulio Chazalettes. Conservo ancora memoria di quel periodo molto utile alla mia formazione e lamento solo che il tempo fu breve. Ma ricordo anche le esperienze durante la carriera di cantante, tratte dal lavoro con valenti registi in diverse produzioni, come Giorgio De Lullo che curava addirittura ogni passo che facevo o Franco Enriquez, vero uomo di teatro. Penso anche alle lunghe conversazioni o ai vocalizzi con eccellenti artisti come Alfredo Kraus, Sesto Bruscantini, Rolando Panerai, Paolo Montarsolo, da cui appresi ugualmente un’infinità di cose. Proprio dal contatto con questi grandi maestri e colleghi che volentieri e con tanta passione parlavano di tecnica e interpretazione, senza mai pretendere nulla, nacque in me lo stesso spirito e l’incontro con Juan Diego Flórez nel 1994 fu l’occasione per mettere in pratica tutto questo. Negli anni in cui Juan Diego frequentò il Curtis Institute di Philadelphia – dal 1994 alla prima metà del 1996 – ebbi modo di guidarlo vocalmente e stilisticamente sia da lontano (via cassette registrate) che con lunghe telefonate. Inoltre creai delle occasioni dove potei inserirlo come cantante (Il tutore burlato di Martín y Soler al Festival di Gerace nel 1994, la registrazione del cd Le tre ore dell’agonia di Zingarelli nel 1995, la Petite messe solennelle a Milano nel 1996) e queste occasioni ci servivano per studiare, visto che avevamo concordato che al Curtis non avrebbe preso lezioni di canto (il loro metodo non era quello che io ritenevo fosse adatto a lui). Quando nel 1996 Juan Diego finì i suoi studi a Philadelphia si trasferì da me in Italia. Voleva partecipare all’Accademia Rossiniana del ROF e così fece un’audizione a Bologna per Luigi Ferrari, che lo scritturò per il ruolo di Ernesto nel Ricciardo e Zoraide e per L’étoile du nord di Meyerbeer al Festival di Wexford. Partecipando al ROF in una produzione, la possibilità di frequentare l’Accademia venne meno. La storia poi ci racconta del cambio di programma al ROF e del suo debutto nella Matilde di Shabran. Quando s’iniziò a parlare di questa sostituzione il mio spirito protettivo mi spinse a consigliarlo di non accettare e Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 6 Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 7 di dedicarsi al ruolo che avevamo preparato (anche perché conoscevo molto bene quel ruolo impervio avendolo cantato a Genova nel 1974) ma lui m’assicurò che avrebbe potuto fare bene la Matilde. Dunque mi trasferii a Pesaro per seguirlo nelle prove ed aiutarlo a risolvere i problemi che potevano presentarsi. Come sappiamo fu un successo e arrivarono molti contratti, tra i quali l’inaugurazione della stagione 1996/1997 della Scala con l’Armide di Gluck diretta da Riccardo Muti diventando in quest’occasione la Scala il primo teatro dove cantò, dato che Pesaro e Wexford sono dei festival. In quei brevi mesi, da luglio a dicembre 1996, il lavoro era tanto e di notevole responsabilità, poco il tempo per prepararsi, ma la sua ottima preparazione musicale fece andare tutto per il verso giusto. E questo è quello che io auguro a chiunque voglia cantare: avere una completa padronanza musicale. Non è solo un aiuto, è una esigenza oggi. La prima cosa che un cantante deve avere, oltre alla voce, è la preparazione musicale! Purtroppo tanti giovani cantanti oggi lasciano molto a desiderare su questo aspetto. Ci sono paesi come la Russia o gli Stati Uniti dove la preparazione è migliore, più completa, e vediamo come gli artisti provenienti da questi paesi tardano poco ad affermarsi se hanno qualità vocali. Oggi è indispensabile che questa ci sia, l’epoca dei cantanti che non sapevano leggere la musica oramai è finita. Un’altra qualità indispensabile per il cantante è l’autocritica. Spesso sento le conversazioni di giovani studenti che fanno a pezzi artisti in carriera; vorrei tanto che questo rigore fosse applicato anche su loro stessi, cosa che spesso non succede. A volte ho chiesto ad alcuni di registrarsi e la risposta è stata che non amano sentirsi. È totalmente sbagliato. Uno si risente per correggersi, per migliorare, non per il piacere di ascoltarsi. Questo deve entrare nella testa di tutti. Senza autocritica non si va avanti. E la terza qualità che il cantante deve avere, importantissima, è l’intuizione. Perché ogni giorno riceve tanti consigli e sta solo a lui decidere se quel consiglio è buono, giusto o sbagliato. Non accetto quando qualcuno mi dice “Ho fatto così perché il maestro d’allora mi faceva fare così”. A questo proposito ricordo che quando ero molto giovane, nel 1962, iniziai a studiare canto con un importante tenore peruviano, Alejandro Granda, che aveva fatto una splendida carriera cantando con Toscanini alla Scala e facendo diverse registrazioni discografiche in un repertorio da tenore lirico spinto. Con lui, non avendo ancora una voce formata (avevo 16 anni), facevamo dei vocalizzi prudenti cercando di collocare la voce. Qualche mese dopo morì, e dunque al Conservatorio mi cambiarono insegnante, una donna che non mi aveva mai sentito cantare. La prima lezione fu per me drammatica perché mi fece fare dei vocalizzi a bocca chiusa fino al Re naturale. Decisi di non tornare più: se avessi continuato quelle lezioni forse avrei perso la voce e non avrei mai fatto nulla. Dopo aver chiuso la mia carriera di cantante durata 27 anni ho fatto il rappresentante d’artisti dal 1998 al 2015, cercando di creare nuovi valenti artisti piuttosto che seguire artisti già affermati. Dunque l’assistere vocalmente e stilisticamente i miei rappresentati è stato fondamentale ed oltre a Juan Diego Flórez posso con orgoglio dire che i primi passi di Ildar Abdrazakov, Daniela Barcellona, Riccardo Frizza, Michele Mariotti, Nicola Ulivieri, Laura Giordano, Ivan Magrì, sono stati da me accompagnati e seguiti con attenzione particolare. Aver preso il posto di Alberto Zedda all’Accademia Rossiniana del ROF è certamente una responsabilità Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 8 Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 9 impegnativa e ovviamente non sono all’altezza di tutta la sua sapienza. Cerco di mettere la mia esperienza pratica cercando di migliorare in pochi giorni i giovani, dando loro le basi principali dell’esecuzione rossiniana, dell’esecuzione di classe e risolvendo, magari, qualche problema che questo può comportare tecnicamente. Scegliere 18 elementi tra i quasi 300 che ogni anno si presentano per l’ammissione è una responsabilità enorme ed un lavoro arduo, a volte significa lasciar fuori buoni elementi per far posto a chi pensiamo abbia più potenzialità. L’essere ammessi all’Accademia dovrebbe dare ai prescelti la consapevolezza che abbiamo riposto su di loro le nostre speranze e dunque si impegnino al massimo per diventare, come è già successo per altri ex allievi, artisti di prima classe. Ernesto Palacio Sovrintendente del Rossini Opera Festival Direttore dell’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 10 Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”: 30 anni 11 Storie di Accademie Ho incontrato la Musica alle soglie della maturità, ornamento di una fanciulla complicata e bellissima, responsabile di una passione insopprimibile che ancor arde immutata. Un percorso di studi anomalo, sostanzialmente autodidattico (i Maestri che ebbi accanto – Alceo Galliera, Alberto Mozzati, Giulio Confalonieri, Carlo Maria Giulini – furono comunione d’animo, stimolo di grandezza, modello di professionalità, prima ancor che docenti), mi guidò ad amare la musica strumentale di ogni epoca, dalla più remota a quella utopica dell’avanguardia contemporanea. La voce umana mi aveva emozionato soltanto nelle forme intricate della polifonia, espressione dell’uomo collettivo, dove le parole, illogicamente scomposte e sovrapposte, e dunque incomprensibili, servivano per innervare le astratte elucubrazioni dei fiamminghi o per avvicinare alla terra le divine consonanze di Palestrina; per dare empiti d’umanità alle lamentazioni di Monteverdi e Cavalli o per nascondere la turbata sensualità di Gesualdo da Venosa. Il melodramma, l’opera lirica mi apparivano estranei alla purezza idiomatica del suono organizzato, e la parola, crudamente volta al suo significato semantico, sembrava distogliere dal volo onirico, gravando la leggerezza dello spirito con la materialità del reale. Se andavo ad ascoltare opere liriche, era per abbandonarmi al fluire del discorso musicale sommo di Mozart, Wagner, Beethoven, dell’ultimo Verdi, di Debussy, Stravinskij, Berg. Ascoltando quei capolavori ponevo scarsa attenzione alle voci, considerate alla stregua di strumenti solistici, e le parole pronunciate servivano a meglio sintonizzare l’immaginazione con quella del compositore piuttosto che disegnare caratteri o evocare visioni.

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