UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI DOTTORATO DI RICERCA IN ITALIANISTICA LA LETTERATURA TRA AMBITI STORICO-GEOGRAFICI E INTERFERENZE DISCIPLINARI XII CICLO TESI DI DOTTORATO Niccolò Degli Agostini traduttore in “verso vulgar”delle Metamorfosi ovidiane: un percorso diacronico tra riscritture dei miti e invenzioni allegoriche COORDINATORE Ch.mo Prof. Sebastiano Martelli TUTOR DOTTORANDA Ch.mo Prof. Alberto Granese Sandra Celentano COTUTOR Ch.mo Prof. Enrico Ariemma ANNO ACCADEMICO 2013/2014 Indice Introduzione 1. Profilo di Degli Agostini …………………………..………………….p. 1 2. Le opere………………………………………………………………..p. 3 3. Manoscritti e stampe dell’Ovidio Metamorphoseos vulgare……………p. 9 4. Due stampe delle Biblioteca Apostolica Vaticana: Capponi e Rossiano………………………………………………………………p. 10 Capitolo I Le origini…………………………………………………………………..p. 11 1. La Gigantomachia………………………………………………………p. 19 2. Il mito di Licaone……………………………………………………….p. 27 3. Il mito di Deucalione e Pirra……………………………………………p. 36 Capitolo II Apollo……………………………………………………………………p. 42 1. Il mito di Apollo e Dafne……………………………………………...p. 50 2. Il mito di Fetonte…………………………………………………… . .p. 74 3. Il mito di Apollo e Coronide………………………………………… .p. 91 Capitolo III Donne vittime inconsapevoli di passioni amorose………………………p. 94 1. Il mito di Siringa……………………………………………………....p. 100 2. Il mito di Io……………………………………………………………p. 105 3. Il mito di Callisto………………………………………………………p. 118 Capitolo IV Il doppio…………………………………………………………………..p. 121 1. Il mito di Narciso………………………………………………………p. 130 2. Il mito di Ermafrodito………………………………………………….p. 148 Capitolo V Gli amori tragici…………………………………………………………..p. 154 1. Il mito di Piramo e Tisbe………………………………………………p. 162 2. Il mito di Orfeo………………………………………………………...p. 177 Conclusioni……………………………………………………………….p. 190 Bibliografia………………………………………………………………p. 192 Sitografia…………………………………………………………………p. 203 1 INTRODUZIONE 1. Profilo di Degli Agostini Le notizie riguardanti la vita di Niccolò degli Agostini sono scarse e discordi. Le uniche monografie di riferimento sono due e risalgono, rispettivamente, al 1901 la prima scritta da Pietro Verrua e al 1983 la seconda di Elisabetta Baruzzo.1 La fama di Degli Agostini è soprattutto legata alla continuazione dell’opera del Boiardo ma non esclusivamente a quello: Verrua infatti offre un dettagliato panorama di studiosi che si sono occupati di lui: Francesco Zanzotto, il Crescimbeni, Viviano Marchesi, il Patrizi, il Borsetti, l’Ughi, il Quadrio2. Il primo punto non chiarito, oggetto di una variegata diatriba di cui se ne seguono le tappe, concerne la città di nascita di degli Agostini: Forlì, Ferrara e Venezia. Deboli ragioni sostengono l’ipotesi secondo cui sia nato a Forlì: spulciando tra gli alberi genealogici delle famiglie forlivesi ci si imbatte in un certo Nicolò, figlio di Simone Agostini, vissuto tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, ma nulla dimostra che si tratta del Niccolò di nostro interesse. Crescimbeni lo considera familiare del ‹‹cardinale Agostini e del vivente monsignor Agostini, chierico di Camera››. Ferrarese, invece, lo vollero il Patrizi, il Barriffaldi e l’Ughi. Ad alimentare questa convinzione fu, secondo Verrua, l’esistenza nella città di un Lodovico degli Agostini, egli stesso poeta, a torto confuso con Niccolò. A credere che fosse nato a Venezia furono maggiormente il Mazzuchelli e Apostolo Zeno, facendo leva su alcune dichiarazioni dello stesso autore. Nell’opera I Successi bellici in più di un punto, infatti, l’autore si considera veneziano e nella seconda ottava della prima ‹‹gionta›› all’Orlando innamorato di Boiardo Degli Agostini dichiara: Salir l’eccelso Olimpo non mi vanto. Essendo nato fra speloche e dumi, in un oscuro bosco aspro e selvaggio, dove non entra pur di febo il raggio. Zanotto ha creduto di vedere in questi versi una dichiarazione di appartenenza ad un qualsiasi ‹‹luogo rustico›› nei pressi di Ferrara o Venezia: ‹‹non è da tacersi che da alcuni suoi versi, i quali leggonsi nella seconda ottava del suo primo canto della continuazione dell’Orlando innamorato del conte Boiardo, dedur potrebbesi che da taluno ch’ei nato fosse, non già in Ferrara né in Venezia, ma in alcun luogo rustico di quei contorni››. Si considerino ancora altre attestazioni desunte da I Successi bellici: 1 P. Verrua, Per la biografia di Nicolò degli Agostini, Ducci, Firenze 1901; vd. anche, Id., Studio sul poema “Lo innamoramento di Lancilotto e Ginevra” di Nicolò degli Agostini, Ducci, Firenze 1901; E. Baruzzo, Niccolò degli Agostini continuatore del Boiardo, Giardini, Pisa 1983; per un profilo biografico aggiornato vd. A. Piscini (a cura di), Niccolò degli Agostini, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 36, 1988 (www.treccani.it). 2 Cfr. G. M. Crescimbeni, Comentari del canonico Gio. Mario Crescimbeni custode d’Arcadia intorno alla sua Istoria alla volgar poesia volume quarto, Lorenzo Baseggio, Venezia 1730, pp. 59-60, Niccolò degli Agostini viene definito ‹‹uno de’ migliori rimatori di quel tempo che per lo più tutti erano sciaurati […] la patria dell’ autore, credesi, che sia la Città di Forlì; e la famiglia quella stessa del fu Cardinale Agostini e del vivente monsig. Agostini Cherico di Camera […]››; G. V. Marchesi, Vitae virorum illustrium foroliviensium, Silva, Forlì 1726; F. Patrizi, Della poetica: La deca disputata, Vittorio Baldini, Ferrara 1536, l’autore accenna a Niccolò degli Agostini nella sua Dedica a Lucrezia d’Este. 2 Ma li gagliardi e franche ferraresi Se diffendevan valorosamente D’ira e di rabbia e di furor accesi Percotendo ancor nostri duramente Talchè molti mandorno al pian distesi Chi morti chi feriti crudelmente Così il suo generoso e franco duca Parea tra gli altri un raggio che riluca. Da quest’ottava si traeva ulteriore conferma della nascita veneziana dell’autore. Allo stato attuale degli studi, quali documenti certi, sono due petizioni rivolte alla Signoria di Venezia, datate rispettivamente 29 marzo 1505 e 15 maggio 1520. Uno tra i maggiori studiosi viventi di Medioevo e Rinascimento, Bodo Ghutmüller, in un’opera di fondamentale importanza, Ovidio Metamorphoseos vulgare, afferma che le suddette petizioni ‹‹sono registrate rispettivamente negli atti del Senato e nel Notatorio del Collegio, nelle quali richiede la concessione dei privilegi di stampa››3. Da un estratto della prima petizione (recante la data 15 maggio 1520) si legge: havendo cum longe vigilie et grande fatica composte in verso vulgar le fabule et historie di Ovidio maggior, et il sexto et ultimo libro de lo Innamoramento di Orlando, et di Tristano e Isotha, et de Lancillotto e Zenevra, et de tuti li reali de Franza fin a la natività del Carlo Mano, et facto traslar il resto de tute le Vite di Plutarco dal latino in vulgar, che non sonno mai più state vedute in stampa. Si evince, dunque, che in quella data Niccolò degli Agostini aveva già composto tutte le opere che di lui si conoscono, tranne Li Successi bellici, nella Italia dal fatto d’ arme di Giererdada del 1509 fin al presente 1521, composto per Nicolò di Augustini e stampata per Nicolò Zopino e Vincenzo da venetia compagni, 1521 die I Augu. Sconosciuta è anche la data di morte di Degli Agostini; la data che acquista valore in tal senso è il 1526, quando viene pubblicata incompleta la terza parte del Lancillotto, con tre canti finali aggiunti dal poeta Marco Guazzo; questo particolare potrebbe far dedurre che il poeta non abbia fatto in tempo a terminare l’opera. 3 Cfr. B. Guthmuller, Ovidio Metamorphoseos vulgare: forme e funzioni della trasposizione in volgare della poesia classica nel Rinascimento italiano, Cadmo, Fiesole 2008, p. 204; sulla tradizione ovidiana in generale e sulle varianti dei miti, con particolare attenzione al Cinquecento, vd., Id., Mito, poesia e arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997; Id., Mito e metamorfosi nella letteratura italiana: da Dante al Rinascimento, Carocci, Roma 2009; Id., Letteratura nazionale e traduzione dei classici nel Cinquecento, in ‹‹Lettere italiane››, XLV, 1993, pp. 501- 518. 3 2. Le opere Niccolò Degli Agostini è conosciuto soprattutto in quanto continuatore del poema di Matteo Maria Boiardo l’Orlando Innamorato, ma si dedicò anche ad altre opere di notevole interesse soprattutto per il clima culturale, per la cornice storica cortese-cinquecentesca, in cui operò, nonostante fosse un ‹‹poeta di mestiere››.4 La sua attività rientra nella ‹‹fioritura di poemi classici e mitologici in ottava rima, caratteristica del primo Cinquecento››. Si tratta di opere inghiottite dall’oblio soprattutto a causa dell’incombente successo del Furioso, ma anche per marginale spessore poetico.5 L’importanza del testo, infatti, è da ricercare aldilà del valore estetico che nulla ha in comune con il testo di partenza in latino: il suo è un ruolo di mediazione, di ponte nel solco della tradizione della materia classica6. Le trasposizioni in volgare delle Metamorfosi nella prima metà del Cinquecento rientrano in una ‹‹tradizione basata sulla ricezione latina del poema ovidiano nel primo Trecento››, una tradizione che si svincolò sempre di più dal testo di partenza per affermarmarsi come tradizione volgare autonoma. Solo dalla seconda metà del XVI secolo la traduzione si riavvicinò al testo originale sulla base delle edizioni nate in seno all’Umanesimo7. Alla fine del Quattrocento Venezia riveste un ruolo di notevole importanza per la diffusione delle Metamorfosi in volgare, grazie alla sua posizione di primo piano nel campo della stampa, primato che la città lagunare rivesterà
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