Approfondimento La città ideale del Rinascimento

Fig. 1 A. La città rinascimentale Giorgio Martini (attribuito), Veduta ideale di città, 1490 ca. Nel corso del XV secolo la disciplina edilizia ha ponendosi il problema di adeguare la città esi- Olio su legno, 131x233 cm. carattere prevalentemente pragmatico. Ovun- stente alle nuove esigenze, affermano che le nuo- Berlino, Gemäldegalerie. que la nascente borghesia cittadina commissiona ve architetture possono bastare a riorganizzare il agli architetti-umanisti palazzi privati che, anche tessuto storico grazie alle loro qualità razionali. per la loro grande dimensione e per la loro ma- L’antico e il nuovo possono trovare unità attra- gniloquenza, finiscono con l’interessare le vie sulle verso la novità della veduta prospettica. Talora il quali si affacciano, razionalizzandone il tracciato e disegno della facciata sintetizza questa relazione proponendo nuovi riferimenti formali. tra architettura e spazio urbano: sul portale della Molti centri signorili sono interessati da proget- Scuola di San Marco a Venezia, Tullio Lombardo ti a scala urbana; tuttavia, solo pochi interventi disegna a rilievo vere e proprie prospettive, qua- Sotto a sinistra: Fig. 2 vengono realizzati: in molti casi, infatti, essi sono si dall’architettura stessa promanasse lo spazio Baldassarre Lanci, espressione della volontà illuminata del singolo pubblico. Scena prospettica con edifici fiorentini. Firenze, Uffizi, signore, che non sempre trova nella politica del I pittori, a loro volta, fanno propria questa con- Gabinetto dei Disegni e successore carattere di continuità. cezione e nei loro dipinti scenari rinascimentali, delle Stampe. Sotto il profilo strettamente teorico, nella prima carichi di citazioni classiche, inquadrano brani metà del Quattrocento l’attenzione è rivolta alla della città medievale, componendoli in un’ideale Sotto a destra:: Fig. 3 città come esito di una serie di stratificazioni sto- armonia. Tullio Lombardo, particolare della facciata riche intercorse dall’Antichità al Medioevo, e per- La Firenze di Brunelleschi è un tentativo, non della Scuola Grande di San tanto alla città del tempo presente. unico nel Quattrocento, di riequilibrare il nucleo Marco a Venezia. e , medievale mediante l’innesto di edifici rappre-

1 © Istituto Italiano Edizioni Atlas fortificati, rispondenti a concrete iniziative di in- tervento. In questo caso l’architetto non interpreta la città come luogo di relazioni (sociali, econo- miche, produttive): nei rigidi impianti “stellari” o genericamente radiali, la piazza principale diviene una piazza d’armi, la campagna circostante un luogo deserto e improduttivo, le strade un puro tracciato per il percorso delle truppe, le mura un luogo negato alla popolazione.

Leon Battista Alberti: la teoria della città La cultura filosofica e letteraria del Rinascimento concepisce la città come istituzione ordinata. Allo stesso titolo i trattati di architettura, che si occupano ampiamente di questioni urbanistiche, esprimono l’esigenza di coordinare gli interventi sulla città secondo princìpi che rispecchiano un Fig. 4 sentativi, sia sul piano funzionale che su quello perfetto ordine sociale. La Strada Nuova di Genova estetico. Intorno all’emblematica Cupola di Santa È Leon Battista Alberti (1404-1472) a codifica- in una veduta settecentesca. Maria del Fiore si dispongono il complesso di San re nei suoi trattati le teorie umanistiche, offrendo Lorenzo, il portico degli Innocenti con la nuova via un coerente fondamento disciplinare alla pratica De’ Servi, la Rotonda degli Angeli, la rinnovata dell’architettura e dell’urbanistica e dirigendone il Santa Maria Novella, Orsanmichele con il nuo- campo di applicazione nell’ambito dell’organizza- vo apparato di statue, i palazzi Rucellai, Medici, zione civile della società. Strozzi e, oltre l’Arno, Santo Spirito. Nel De re aedificatoria, redatto intorno al 1452, Al- Brunelleschi e Alberti, non a caso, non teorizzano berti fissa le regole della progettazione. L’aspetto utopie urbanistiche. Persino l’ampia casistica di centrale del suo metodo è la definizione della mo- schemi di città elaborati da Francesco di Giorgio derna idea di tipologia architettonica: ogni edificio Martini sembra proporsi come repertorio dispo- deve essere funzionale all’uso a cui è destinato nibile per tutti i possibili siti. (utilitas), deve suggerire l’idea di monumentalità La concretezza di questo modo di operare è favo- nel riferimento alle forme classiche (firmitas), e rita dalla presenza dei principali architetti presso deve essere concepito come “unione concorde le corti italiane, attente a favorire interventi che di parti”, ove ognuna abbia medesima importanza qualifichino le loro città, esibendo gli esiti del go- rispetto all’insieme (venustas). verno dei Signori. Alberti concepisce la città come “grande casa”. Esemplari di tale politica sono i casi di , Sotto questo profilo, l’intervento architettonico si Pienza e Ferrara. Ad eccezione di queste città, tuttavia, raramente la sistemazione di nuove strade e piazze si accompagna ad un progetto a scala urbana. Sul piano degli interventi, nel vecchio tessuto me- dievale vengono aperti talora tracciati più ampi. Espressione del nuovo ordine sono le prospettive rettilinee, la regolarità delle piazze, l’allineamento dei palazzi, la ripetizione in ogni facciata di ele- menti identici (cornici, lesene, finestre). Solo nel Cinquecento, tuttavia, tali esperienze interesse- ranno un numero elevato di centri e potranno imporsi con più forza nel loro panorama visivo. Possiamo ricordare l’apertura della Strada Nuova (1551-1576) nei margini settentrionali di Genova, il nuovo reticolo di vie a Roma, con le cerniere di Michelangelo (Campidoglio, Piazza San Giovanni), la riorganizzazione del fronte del porto e l’espan- sione della Terra Nuova a Messina, l’intervento Fig. 5 sugli Uffizi a Firenze, la sistemazione di Piazza San Leon Battista Alberti, Marco a Venezia, allestita da Jacopo Sansovino, De re aedificatoria, 1538, gli innesti palladiani a Vicenza. prima traduzione italiana A fronte dell’intensificarsi di interventi, però, nel curata dal parmense nuovo secolo l’interesse teorico è maggiormen- Damiano Pieti, te orientato allo studio di schemi astratti di città manoscritto del Fondo Vari, Reggio Emilia, Biblioteca ideali, secondo due principali linee di tendenza: il Comunale.Foglio 127 v, disegno di modelli di città di tipo utopistico e libro IV, cap. V. l’elaborazione sistematica di modelli di impianti

2 © Istituto Italiano Edizioni Atlas a Urbino, ma è soprattutto impegnato a erigere le fortificazioni che in gran numero segnano ancor oggi il panorama marchigiano. Egli sperimenta nuove tipologie e tecniche di costruzioni militari, definite nel suo Trattato di architettura civile e mi- litare (scritto tra il 1470 e il 1480). Progetta singolari fortezze dallo schema antro- pomorfo, carico di significati simbolici. Le rocche di Sassocorvaro, di San Leo, di Mondavio sono caratterizzate dalla forma compatta, sia pure ar- ticolata, da studiati dettagli architettonici, da uno stretto rapporto con la natura circostante; eppure i suoi impianti, nel loro rigore geometrico, appa- iono astratti e fuori dal tempo. Egli documenta i propri studi con numerosi disegni, rispondendo così all’esigenza, sentita alla fine del Quattrocen- to in tutti gli ambiti disciplinari, di descrivere con illustrazioni le teorie proposte e i risultati delle ri- cerche svolte. Significativamente, Leonardo da Vinci troverà nel suo trattato ampi suggerimenti. Nel Libro III del Trattato, Francesco di Giorgio af- fronta il tema della forma delle città, elaborando un ampio repertorio di schemi urbani. Le sue città hanno tutte impianto radiale, cui egli attribuiva un valore simbolico in chiave cosmologica. Tale disegno è contaminato però da tracciati a scac- chiera, che risentono della suggestione delle città antiche: è del 1416, d’altra parte, il ritrovamento del trattato di Vitruvio, mentre agli anni ‘80 risale, Fig. 6 offre come momento di reinterpretazione e ra- ad esempio, la ricostruzione della romana Cor- Francesco di Giorgio zionalizzazione del tessuto urbano esistente, con temaggiore, antico castrum posto lungo la via Martini, Piante di città. tutte le sue stratificazioni storiche. Emilia. Dal Trattato di architettura, Alla fortificazione delle città Francesco di Gior- ingegneria e arte militare. Il progetto urbanistico è dunque elaborato a par- tire dalle tipologie edilizie e sviluppato alle diverse gio dedica il Libro V. Qui sono proprio le mura scale: esso riguarda l’edificio, le strade, i gruppi poligonali con baluardi agli spigoli a suggerire lo monumentali, che concepiti in nodo unitario de- schema radiale. L’idea progettuale si concentra terminano il carattere e la forma delle città stesse. verso gli aspetti funzionali e si misura con il sito, Sotto il profilo stilistico, Alberti individua gli ele- per rendere il progetto realizzabile. menti costanti del repertorio classico. Egli attin- Nei suoi scritti teorici, Francesco di Giorgio de- ge dalle costruzioni romane la monumentalità finisce le tipologie edilizie, religiose e civili: chie- spaziale, data da vasti invasi e dall’uso meditato se, fondaci, palazzi privati. Ma così facendo, egli di grandi archi a guisa di quelli di trionfo, e poi contribuisce a mettere in crisi il modello ideale pilastri, colonne, ampie cupole. Nel contempo, classico: nel momento in cui vuole “realizzare” Categorie aristoteliche riprendendo la categoria aristotelica del sito, ri- con costruzioni specifiche e parziali il modello vi- Nella filosofia aristotelica con tiene che ogni costruzione debba tenere conto truviano, tradisce il valore di visione “mitica” (totale questo termine si indicano dell’ambiente in cui sorge. e unitaria) che la cultura umanistica quattrocente- i generi sommi della predi- sca aveva elaborato dello stesso modello. cazione, ossia i generi a cui Torna l’idea di adattabilità del nuovo ai tracciati può essere ricondotto qualsi- medievali: Alberti non disegna nuove città, ma L’umanista, tuttavia, non può recidere i ponti con asi predicato attribuito ad un riafferma l’esigenza di coordinare gli spazi urbani il passato e dimenticare la sua formazione clas- soggetto. Aristotele ne indi- tra loro. Per questo motivo prescrive di uniformare sicista. Ecco dunque il disegno della città ideale ca dieci: sostanza, quantità, i portici, che devono essere “fatti per tutto ad un basato sulle proporzioni della figura umana: e con qualità, modo” e di realizzare edifici “non più alti l’uno semplice trasposizione egli afferma che la piazza relazione, luogo, tempo, stato, nel mezzo e nel centro d’essa avere, agire, patire; ciò signi- che l’altro”. deve essere posta “ fica che ogni volta che dicia- Coerentemente a queste premesse, egli non dà città, siccome umbelico dell’uomo”. mo qualcosa di un soggetto, giudizi negativi sull’architettura e sulla città del il predicato sarà riconducibile Medioevo, misurandosi anzi con il tema del rap- al genere della quantità (alto porto con la tradizione: l’edificio medievale non due metri), della qualità (ros- so), dell’agire (corre), del luogo deve essere abbattuto e ricostruito in forme inte- (nella stanza), ecc. ramente nuove, ma rielaborato criticamente. Francesco di Giorgio Martini: la città tra utopia e definizione delle Fig. 7 tipologie edilizie Francesco di Giorgio Martini, Pianta della Il senese Francesco di Giorgio Martini (1439- Rocca di Sassocorvaro. 1502) lavora dal 1477 al Palazzo dei Montefeltro

3 © Istituto Italiano Edizioni Atlas Duomo

Palazzo Vescovile

Palazzo Palazzo Pretorio Piccolomini

Figg. 8, 9 B. Le città rinnovate Veduta aerea e schema del centro di Pienza. Rossellino e la renovatio di Pienza Urbino: architettura a scala urbana Quando Enea Silvio Piccolomini, eletto papa con il Un progetto unitario su scala urbana come quello nome di Pio II, decise di dotare il suo borgo natìo di Pienza richiede interventi compiuti, pensati da Corsignano, nella campagna senese, di un nuovo un’unica mente ordinatrice, ed è pertanto difficil- centro rappresentativo, curò che fossero applicati i mente trasferibile a contesti urbani più complessi. nuovi princìpi di progettazione teorizzati da Alberti. Simili esperienze si ritrovano nell’Italia rinascimen- Probabilmente proprio su consiglio dell’architetto, tale solo a Urbino e Ferrara, dove l’esigenza rap- nel 1459 affidò aBernardo Rossellino (1409- presentativa di un mecenate è sufficiente a guidare 1464) il progetto complessivo, che procede l’intero processo di ridefinizione della città. in continuità con l’esistente. Lungo l’asse viario Divenuta nella seconda metà del ’400 sede della che attraversava il paese (poi rinominato Pienza) potente signoria del duca Federico da Montefeltro, fu aperta una piazza, sulla quale si affacciano Urbino si appresta a rimodernare la sua struttura il nuovo Duomo, i palazzi Piccolomini e Borgia, urbana. Il collegamento della rocca trecentesca il Palazzo del Pretorio; dietro a questo trovava con un edificio posteriore diventa occasione per spazio un’altra piazza, destinata a mercato. L’in- realizzare un nuovo grandioso palazzo, insieme tervento prevedeva anche la ristrutturazione di sede di governo e residenza. edifici storici lungo la via principale e la creazione Il compito è affidato a Luciano Laurana (1420/25- di abitazioni popolari. 1479), a cui succederà nel 1477 Francesco di Il paese è disposto su un colle, il cui crinale coin- Giorgio Martini. Nel raccordare i due edifici, po- cide con la principale via trasversale, di forma sti su quote diverse, viene dato particolare risalto arcuata. Percorrendo questa si apre, quasi all’im- ad una nuova piazza che, anche per la presenza provviso, la piazza, vero centro monumentale. del Duomo, diviene il nuovo fulcro urbano. Prima L’unità caratterizza l’insieme: i palazzi hanno un orientato sulla via per Rimini, ora il palazzo guarda disegno omogeneo, tanto che il modulo utilizzato anche il centro della città, condizionandone l’as- per la loro progettazione è riproposto sul selciato setto complessivo. L’edificio si configura come mediante un tracciato geometrico. La piazza non somma di più parti autonome: il cortile porticato ha più la forma spontanea dell’età medievale, ma quadrato oppone il suo rigore metrico alla slanciata è regolare, a forma di trapezio. L’occhio dell’uo- facciata con i due torricini, e alla complessità dei mo agisce nel darle forma: i fronti dei palazzi, per vani interni. Nell’intervento, infatti, l’astratta ricerca effetto della prospettiva, tendono a farsi paralleli, di unità formale cede il passo alla ricerca di un dando maggior risalto alla chiesa. Dal sagrato, al rapporto stringente con le preesistenze, secondo contrario, la piazza si allunga indefinita: la città ci- l’insegnamento di Leon Battista Alberti; la sua con- vile, che guarda il palazzo pubblico, non cerca la sulenza, d’altra parte, deve avere avuto un ruolo monumentalità, ma lo spazio. importante nell’ideazione del progetto. L’intervento è incentrato sul rapporto tra ambiente naturale e ambiente costruito, indagato da Rossel- L’Addizione erculea a Ferrara lino attraverso l’uso dello spazio prospettico. Visto Il XV secolo si chiude con il primo, vero intervento dalla piazza, il Duomo appare isolato nella luce na- urbanistico del Rinascimento in Italia. Nell’esta- turale della Val d’Orcia; sulla stessa si apre il log- te del 1492 si inaugurano i cantieri per l’amplia- giato di Palazzo Piccolomini, magistralmente rac- mento della città di Ferrara, detto Addizione cordato al giardino. Molte sono le contaminazioni erculea dal nome del principe, Ercole I d’Este, tra gotico e classicismo rinascimentale: dall’impo- che la promosse. nente cattedrale dalle tre navate di uguale altezza Già nel 1451 Borso I aveva voluto un primo amplia- (secondo la tipologia delle Hallenkirchen tedesche) mento dentro le mura, intorno alla nuova via della alla dissimmetria del Palazzo Pretorio. Eppure sono Ghiara. Quello di Ercole I è determinato da una tri- quelle stesse contaminazioni, unite ad un attento plice esigenza: demografica, in quanto la ricchezza senso di misura, a rendere attuabile un intervento della città lasciava presagire un forte incremento altrimenti relegato puro esercizio intellettuale. di popolazione; militare, data l’inadeguatezza delle

4 © Istituto Italiano Edizioni Atlas A sinistra: Fig. 10 mura esistenti ad affrontare un eventuale assedio architettonico media tra le forme gotiche catalane Veduta della città di Urbino. da parte di eserciti moderni; economica, in quanto e quelle classiche del maestoso Portale, Alfonso Ercole, avendo acquisito le aree di espansione, le avvia un approccio moderno alle tematiche urba- Sopra a destra: Fig. 11 avrebbe rivendute ad un costo ben più alto. nistiche. Pianta della città di Ferrara alla fine del XIX secolo. L’intervento, affidato aBiagio Rossetti (1446 ca.- Tocca però al nipote Alfonso II, negli ultimi due 1516), prevede l’estensione della città mediante decenni del secolo, il compito di promuovere una Si noti come l’addizione del Rossetti, a nord, non sia sta- due assi trasversali tra loro, a guisa di cardo e de- decisa renovatio, (cioè una ‘ristrutturazione’), della ta supportata da un adeguato cumano; fulcro visivo e funzionale è ancora l’antico città, che per l’ampiezza del disegno e la novità incremento di popolazione. castello estense. La soluzione, pertanto, fa pro- concettuale sembra configurare un vero e proprio pria la concezione quattrocentesca della veduta “approccio ideale” al tema urbano. Alfonso in- prospettica; fungono da fuochi urbanistici anche tende ridefinire il tracciato viario a partire dall’e- Cardo e decumano Palazzo dei Diamanti, posto all’incrocio tra i due sistente, in buona misura composto dal reticolato Sono le due strade maggiori, assi, le chiese progettate dallo stesso Rossetti, e romano: la città si sarebbe estesa verso occidente, tra loro perpendicolari, po- la Piazza nuova. attorno al prolungamento dei tre antichi decumani. ste al centro della rete viaria Rossetti ha già un’ampia esperienza urbanistica: È nota la presenza a corte dell’umanista Fra’ Gio- dell’accampamento militare suo è Palazzo Schifanoia, pensato in funzione della condo da Verona, studioso di Vitruvio, che fa risa- romano (castrum) e, in se- via su cui prospetta, e la Loggia di piazza di fronte lire al trattatista latino l’idea che il triplo decumano guito, dei centri urbani sorti alla cattedrale; con il progetto di Palazzo Roverella, rappresenti lo schema perfetto di città. La portata come evoluzione di un prece- dente insediamento militare. a Rovigo, aveva dato forma ad una piazza. Egli ideativa dell’intervento è dunque valorizzata dal Il cardo era disposto general- esprime pertanto in terra estense la concezione legame che la corte aragonese ha instaurato con mente da nord a sud, mentre dell’urbanista concreto, e per questo “moderno”. l’antichità classica. Ispiratore del progetto urbani- il decumano lo intersecava stico è, non a caso, l’umanista Giovanni Pontano. da est a ovest, dividendo lo Napoli capitale aragonese Per la prima volta, peraltro, dai tempi dell’antichi- spazio in quattro parti uguali. A partire dalla metà del XV secolo, conquistata tà, sorgono intorno alla città numerose ville, legate Napoli a spese degli Angiò, i regnanti aragonesi al nome di alcuni tra i più prestigiosi architetti del promuovono un ambizioso progetto di ridefinizione Rinascimento. urbana. Alfonso il Magnanimo, salito al potere nel Solo la coeva Addizione erculea di Ferrara aveva 1442, stimolato forse dalla presenza di Leon Bat- un’estensione paragonabile a quella del progetto tista Alberti, propone un progetto di risistema- aragonese; ma a differenza della città estense, la zione urbanistica a partire dal nucleo di Castel nuova Napoli avrebbe messo in atto, unico caso in Nuovo, che dota delle torri e di parti bastionate. Europa, l’idea vitruviana di rielaborare, ammoder- Nel 1458, finito il suo regno, sono realizzati il Ca- nandolo, il piano urbanistico romano. La fine del stello con i giardini, e tratti viari di penetrazione alla regno di Alfonso II, sconfitto da Carlo VIII nel 1495, città. Anche se sotto il profilo stilistico l’intervento impedirà la realizzazione del progetto.

Fig. 12 Francesco Rosselli (attr.), Tavola Strozzi, La flotta aragonese rientra nel porto di Napoli dopola battaglia di Ischia il 12 luglio 1465, 1472 ca. Tempera su tavola, 82x245 cm.

Centro visivo dell’opera è Ca- stel Nuovo, che spicca su un panorama urbano uniforme.

5 © Istituto Italiano Edizioni Atlas Portoferraio Intorno alla metà del Cinquecento, Cosimo I de’ Medici fece realizzare le forti- ficazioni a Portoferraio (allora Cosmopoli) nell’isola d’Elba. Nel 1570Bernardo Buontalenti completò il fronte di terra, inglobando le opere preesistenti. • I bastioni sono a fianchi dritti. • All’interno, la rete di strade ortogonali è funzionale allo spostamento da un fronte all’altro. • La porta urbana è ubicata sulla metà della cortina. • La piazza d’armi è ubicata nella sequenza tra la fortezza e la porta.

Livorno Nel 1576 realizzò un circuito di fortificazioni bastio- nate pentagonali intorno alla città di . L’ortogonalità della rete viaria doveva rispondere all’esigenza di fare attraversare la città dalle truppe; si osservi la forma della piazza, funzionale al rapido movimento dal mare al fronte di terra e viceversa. Analoga funzione avevano le piccole piazze presso i bastioni e i cavalieri del fronte di terra.

Lucca La fortificazione di Lucca rappresenta uno dei frequenti casi di rettifica delle mura medievali. I lavori furono realizzati in più riprese tra il Quattrocento e i primi decenni del Seicento. Vennero inseriti nuovi bastioni lungo le cortine dei muri preesistenti, ottenendo angoli salienti, con spazi di manovra triangolari. La rettificazione del lato occidentale fu realizzata su un progetto inviato dalle Fiandre da Alessandro Farnese.

Bastione Opera difensiva costituita da C. Città murate e centri minori nel cinquecento muro, spesso obliquo (a scar- Nel corso del XVI secolo la forma e lo sviluppo ur- di corsi d’acqua. pa), contenente un terrapieno. banistico delle grandi e piccole città italiane sono Inoltre, il rapido spostamento delle truppe dentro Casamatta legati alle nuove dinamiche dell’organizzazione la città impone spesso la distruzione delle abi- Locale chiuso e protetto entro politica: esse sono espressione fisica del potere tazioni vicine ai terrapieni, o l’allargamento delle le fortificazioni, dove trovava- del signore, che le “segna” con costruzioni adibite piazze che raccordano le vie principali. Raramen- no posto alcune cannoniere. alla difesa personale e pubblica. te, però, l’espansione urbana, se funzionale alle Cavaliere Determinante nella nuova organizzazione urbana sole esigenze militari, corrisponderà ad un au- Parte soprelevata della for- è il mutamento delle tecniche belliche, caratteriz- mento della popolazione, con il risultato che molti tificazione, con funzioni di zato dall’introduzione della polvere da sparo. Solo lotti rimarranno inedificati. avvistamento e controllo del territorio da difendere. l’erezione di una cinta con terrapieni, e di bastioni Alla costruzione delle fortificazioni corrisponde agli angoli o nelle parti intermedie delle mura, può spesso l’edificazione, in un punto strategico del Cittadella opporre difesa al tiro dell’artiglieria. Occorre inol- circuito, della fortezza (o cittadella), estrema di- Fortificazione a cinta bastio- tre spianare il terreno esterno alle mura, per non fesa della città dal nemico, ma anche baluardo nata, posta sul perimetro delle mura principali della cit- offrire riparo agli avversari e consentire il libero tiro del signore contro eventuali insurrezioni cittadine. tà. Accoglieva postazioni di dall’alto dei bastioni. Essa assume forma quadrilatera, esagonale o più artiglieria, poteva ospitare le Questo aspetto, in particolare, ha determinato spesso pentagonale (come la Fortezza da Basso guarnigioni o essere posta a l’isolamento visivo della città rispetto al suo terri- a Firenze del 1533, o le cittadelle di Torino, del guardia di strade. torio, esaltandone la forma, delineata dal perime- 1564, e di Parma, costruita a partire dal 1591 da Cortina tro murario. In tutta Europa vengono così redatti Alessandro Farnese sul modello di quella di An- Tratto di mura compreso tra le piani urbani di forma astrattamente geome- versa), o ancora irregolare a fronti tanagliati. Per la torri o i bastioni. trica (quadrata, pentagonale, esagonale, ottago- regolarità dell’impianto, le città militari sono gene- Piazza d’armi nale, a stella); all’interno si dispongono tracciati ralmente considerate un modello di “città ideale”; Ampio spazio per le esercita- viari ortogonali e radiocentrici. Su questi modelli a questo proposito si possono individuare molte zioni delle truppe. vengono fondate nella seconda metà del secolo significative analogie, sia pure limitate al profilo Saliente nuove città militari. formale, tra gli schemi urbanistici della letteratura Angolo formato da due fianchi L’attenzione principale della pratica urbanistica è utopistica e gli impianti regolari che formano il esterni di una fortificazione. rivolta tuttavia ad adeguare il tracciato medievale repertorio dei numerosi trattati militari del tempo. Tanagliato ai nuovi bisogni militari. Tale attività può determi- L’idea vagheggiata è quella di una comunità au- Fronte fortificato aperto a nare un dispendio di mezzi enormi se l’erezione tosufficiente, la cui armonia sociale si esprime in tenaglia verso la campagna, o la rettifica di mura comporta, ad esempio, lo una tipologia che uniformi i luoghi di abitazione e utile nel tiro incrociato. scavo di nuovi fossati e non di rado la diversione quelli di ritrovo collettivo.

6 © Istituto Italiano Edizioni Atlas Filarete e Leonardo da Vinci OPERA

Due diversi approcci alla città di Milano zoom

A sinistra: Fig. 13 Sforzinda di Filarete lombarda. Partendo dalla forma realmente cir- Filarete, Il fiorentinoAntonio Averulino, detto Filarete colare delle sue mura, il manoscritto di Galvano Planimetria della città Fiamma, che risale alla seconda metà del Tre- di Sforzinda, da Filarete, (1400 ca.-1469), ideò una città utopica, che Trattato di architettura, chiamò Sforzinda, dedicandola a Francesco cento, ci presenta, ad esempio, la città in tutto 1460-1465. Sforza, signore di Milano. il suo rigore concentrico. Sforzinda è descritta nel celebre Trattato di ar- In fondo, la visione filaretiana si esprime all’inter- A destra: Fig. 14 chitettura, scritto tra il 1460 e il 1464 in forma di no del principio di rifeudalizzazione del territorio, Filarete, romanzo dialogato tra il Signore e l’Architetto. caldeggiato dagli Sforza: Sforzinda è posta al Progetto per case e centro di un feudo il cui controllo è garantito, botteghe con cortili e pozzi, Accurati disegni con piante ed alzati ne presen- da Filarete, Trattato di tano gli edifici principali. anche nella gestione del territorio agricolo, dal architettura, 1460-1465. È una città simbolica, governata, nella forma a principe. stella, da ricordi astrologici e mitici. Guardando Filarete accetta che la città sia sottoposta ad oltre l’astratta formulazione di forme e tipi edilizi, un controllo ideologico, ma non coglie il prag- tuttavia, le fantastiche invenzioni di parti urbane matismo delle iniziative del principe, certamente possono, per addizioni autonome successive, poco disponibile a rimettere in gioco la città. In costruire una città. In questo senso può essere questo senso la sua proposta è utopistica, e inteso il magniloquente Ospedale Maggiore di per questa via si può ritenere aperta la crisi del Milano, realizzato dallo stesso Filarete a partire “realismo umanistico”. dal 1456. Se il trattato è stato giustamente inteso da Man- La “città funzionale” fredo Tafuri come una “polemica dichiarazione di Leonardo da Vinci di principio”, esso tende comunque a dimostra- All’approccio ideale di Filarete, Leonardo da re che si può intervenire “per parti” al fine di Vinci oppone un’impostazione più marcata- dare forma unitaria all’impianto di una città. La mente funzionale. Egli evita, pertanto, di com- concretezza insita in tale proposta va colta, ad porre schemi astratti di città. Il frutto più originale esempio, nell’aperto riferimento a Milano: un fiu- del suo lavoro è il rifiuto di intervenire nel tessuto me immaginario, l’Indo, si dispiega in un canale urbano mediante ideologici impianti prospettici circolare, funzionale ai commerci, mentre nel e monumentali. centro cittadino sorgono la chiesa principale, il Egli non elabora pertanto veri e propri progetti Tempio di Dio, e il palazzo del principe. ad hoc per Milano ma, soprattutto dopo il 1485, Il disegno della Milano “ideale” non si disco- traccia esemplificazioni schematiche di parti sta poi molto dall’immaginario tardo medievale urbane, riferite, con ogni probabilità, alla città espresso nelle laudes civitatis, ‘elogi’ della città sforzesca.

7 © Istituto Italiano Edizioni Atlas OPERA Filarete e Leonardo da Vinci zoom Due diversi approcci alla città di Milano

A lato: Fig. 15 Filarete, Galvano Fiamma, Pianta di Milano, tratta dal manoscritto Chronica Extravagans, seconda metà del XIV secolo.

A destra: Fig. 16 Leonardo da Vinci, Modello per una città fluviale. Spinto dai medesimi moti- vi concreti che hanno dato corpo alle soluzioni milanesi, Leonardo ipotizza una distri- buzione a scacchiera delle acque di un fiume (forse il Tici- no nei pressi di Vigevano), che poi vengono ricondotte all’o- riginario alveo. In tal modo, il percorso delle merci per via fluviale diviene altrettanto ca- pillare.

I suoi progetti ruotano attorno alla ridefinizione di magazzini affacciati ad una piccola darsena. della struttura della viabilità. In particolare, Leo- Ad un livello più in alto si stende il sistema viario nardo pensa alla distinzione delle vie di comu- destinato a “carri e altre some a l’uso e como- nicazione a seconda delle funzioni. dità del popolo” e, ad un piano eventualmente Il nuovo impianto organizzativo ha luogo a partire ancora superiore, al percorso dei “gentili omini”. dalla previsione di una rete di canali, alimentati Ne deriva un tessuto urbano insolitamente aper- dalle acque di un fiume, senz’altro il Ticino, veloci to per il suo tempo, con le strade rettilinee, am- per non inquinare l’aria e ricche abbastanza per pie circa quanto l’altezza dei palazzi signorili che “lavare spesso la città”. L’esigenza di affrontare vi prospettano, questi a loro volta abbelliti con questioni di ordine igienico e sanitario va riferita portici, attici e terrazzi. anche alla situazione contingente di una Milano Emerge qui la concezione gentilizia e classista sconvolta nel 1485 da un’epidemia di peste. di Leonardo, non certo isolata tra gli umanisti Rispetto a quelli previsti dal Filarete, i canali del suo tempo; proprio questa, però, esprime sono ora collegati alle residenze, ai mercati, alle anche il valore del progetto, in quanto derivato piazze. da una riflessione sul contesto socio-economico Con lo scopo di razionalizzare il rapporto tra della città. diversi tipi di viabilità e le residenze, Leonardo Per la forte difficoltà tecnica che esso prevede, giunge a progettare tipologie edilizie a più piani. tuttavia, il progetto non sarà realizzato neppure Lo scarico delle merci avviene mediante i canali, parzialmente nei successivi progetti di risiste- dunque al livello più basso dei palazzi, muniti mazione urbana di Milano.

Fig. 17 Leonardo da Vinci, Studio per la città ideale, 1490 ca. Penna su carta. Parigi, Institut de France, Codice B, f. 37v.

8 © Istituto Italiano Edizioni Atlas A sinistra: Fig. 18 La nascita e lo sviluppo dei centri feudali Veduta di Ortona, Nel Cinquecento numerosi piccoli centri si distinguono per l’autonomia delle funzioni (amministra- città marittima della costa abruzzese, in provincia tive, commerciali, residenziali, militari), espressione, in linea generale, di signorie locali nell’Italia di Chieti. La freccia indica Settentrionale e, in quella Centrale e Meridionale, dello Stato della Chiesa o di monarchie feudali. l’addizione caldoriana, A nord si sviluppano Castiglione Olona, Cortemaggiore, Carpi, Mirandola, Vigevano, Castro, risalente alla prima metà Sabbioneta, Palmanova. del XV secolo. L’Italia centrale annovera, tra le altre, Pienza, Portoferraio, Terra del Sole nel Granducato medi- A destra: ceo, e, nel Lazio, Bagnaia, Bomarzo, Frascati, Montefiascone, Caprarola, San Martino al Cimino, Fig. 19 Zagarolo, Monterotondo, Palestrina. Caprarola, veduta zenitale Spicca in Sicilia la rifeudalizzazione del latifondo, che determina la creazione, tra il tardo Quat- con Palazzo Farnese trocento e il Settecento, di oltre duecento centri di varia dimensione. del Vignola. La pianificazione ex-novo porta in molti casi a tracciare reticoli astratti sul territorio, chiusi in forme regolari e organizzate intorno alla piazza con il palazzo baronale e la chiesa. Il fenomeno della ruralizzazione, affermatosi nella seconda metà del Cinquecento, toglie alle città il ruolo accentratore svolto nel secolo precedente e porta i piccoli centri ad affermare la pro- pria indipendenza amministrativa. Non ci meraviglia che proprio in questi vengano sperimentati modelli ideali di organizzazione urbana che non avevano dato frutti fecondi nelle grandi città. E, significativamente, i nuclei feudali vantanoprogetti di chiara impronta formale. Motivo deter- minante è che il fulcro della società feudale è, più che la città, il castello, che coagula intorno a sé la struttura residenziale. Espressione emblematica di tale condizione è il borgo laziale di Caprarola. Proprietà dall’inizio del Cinquecento della famiglia Farnese, presenta sul piano urbanistico una serie di emergenze “fuori scala” rispetto all’insieme: il palazzo signorile e la retta via trasversale, detta un tempo, appunto, “lo deritto”. Il primo, di astratta pianta pentagonale, in quanto sorto sul luogo di precedenti fortifi- cazioni, fu fatto edificare dal 1559 aJacopo Barozzi, detto il Vignola. Per la sua forma rigorosa, la grande dimensione e l’elevata quota altimetrica, esso fu posto a dominare tutto l’abitato. La scenografica presenza di giardini sul retro contribuisce, poi, a renderlo un gruppo monumen- tale e di rappresentanza nobiliare. Una via diritta taglia in due parti l’intero borgo; superando le irregolarità e le differenze altimetriche questa si eleva in quota fino al palazzo, introdotto da due rampe scenografiche. Per realizzare la via fu attuato un vero e proprio sventramento, che causò ingenti demolizioni e ricostruzioni; per ristabilire l’unità dei fronti furono seguite le indicazioni dello stesso Vignola. Caprarola può essere considerata l’esempio realizzato di un’idea urbana interamente segnata dal potere: è il frutto di quella “urbanistica per le classi dirigenti” di cui scrive Lewis Mumford.

9 © Istituto Italiano Edizioni Atlas Fig. 20 D. Le città dei trattati nel Cinquecento Schemi di città fortificate, secondo il disegno Nel XVI secolo i trattati di architettura e di ingegne- tatisti disegneranno siffatti schemi, con poche di Pietro Cattaneo, ria militare assumono un ruolo centrale nel dibat- varianti, fin nel Settecento. I quattro primi libri tito sulla città, poiché propongono chiari modelli Trattatisti di successo come Maggi (1546), Lan- di architettura, 1554. di organizzazione urbana. teri (1557), Lorini (1596), Bellucci (1598), De Punto di partenza, all’inizio del secolo, è anco- Marchi (1599), non si pongono i problemi spe- ra Vitruvio, di cui è commentato e raffigurato nel culativi di chi studia Vitruvio. Più spesso, sem- 1521 un fortunato testo di Cesare Cesariano. La mai, ne reinterpretano le affermazioni: si pensi al città nell’accezione classica è interpretata dal Ce- concetto di proporzione, vista da Vitruvio come sariano come un luogo in cui tutte le complessità, coordinamento di un elemento rispetto all’insieme, inevitabilmente presenti nella città costruita, risul- e da loro intesa come simmetria formale di parti tano inglobate all’interno di un organismo carat- rispetto ad un centro o ad uno o più assi. terizzato dalla forma pura, rigorosamente definita. Si avvia, così, la crisi del ruolo dell’architettura nel Sul piano concreto degli interventi, la stessa difesa definire lo spazio della città e nel comprender- della città, problema prioritario in tutto il Cinque- ne gli aspetti funzionali: all’umanistica città laica i cento, esige una forma chiusa. Il potere, accen- trattatisti cinquecenteschi antepongono la decisa trato nelle mani del signore, impone ai sudditi la evidenza della città del principe, alla cui politica si sua stessa difesa. Viene così definita la forma della adattano gli schemi di difesa. città polilatera, di cui la variante stellare è la più caratteristica. Gli apporti dei teorici Gli studi di fortificazioni seguono in ogni passo Pietro Cattaneo, ne I primi quattro libri di architet- l’evoluzione della tecnica militare: non più le alte tura (1554) e L’architettura (1554-1567), propone mura fungono da baluardo difensivo, ma le emer- numerosi schemi di città fortificate, accanto ad genze bastionate nella campagna, poiché costrin- un’ampia casistica di tipologie di edifici pubblici. gono il nemico ad arretrare il proprio fronte. Le città sono organizzate secondo un reticolo via- Dai trattati emerge dunque l’idea di una forma rio ortogonale, dominato dal vuoto di una piazza urbana perfetta; questa però appare più la ri- centrale. Egli opera nel solco dell’idea quattrocen- sposta ad una questione contingente (l’esigenza tesca della città radiale, ma ha il pregio di indicare, della guerra) che l’esito di un processo in divenire. nella definizione dei criteri distributivi e funzionali, L’idea utopistica di mettere in scena la “ragione possibilità di adattamento degli schemi alle carat- disegnata”, che i trattatisti e architetti del Quattro- teristiche dei luoghi. cento avevano subordinato alle esigenze pratiche L’ingegnere militare Francesco de Marchi (1504- della città, è portata così a compimento. 1576) opera in Italia e nei Paesi Bassi. Autore del Nella seconda metà del secolo la pratica del di- trattato Architettura militare (1599), in tre libri, ri- segno di città ideali diventa addirittura motivo di volge una inedita attenzione alle esigenze della esercitazione formale. È utile ricordare che i trat- città, con le sue relazioni sociali ed economiche.

Sotto a sinistra: Fig. 21 Cesare Cesariano, Planimetria vitruviana, 1521.

Sotto a destra: Fig. 22 Francesco de Marchi, La città prospettica fortificata, 1599. Da Architettura militare di Francesco de Marchi, a cura di Luigi Marini, 6 voll., Roma 1810.

10 © Istituto Italiano Edizioni Atlas La celebrazione della città reale Una xilografia di grandi dimensioni diJacopo de’ Barbari inaugura, nell’anno 1500, un nuovo modo di rappresentare la città. Venezia, che vive il suo momento più felice politicamente ed economicamente nello scacchiere europeo, viene rappresentata a volo d’uccello, ovvero secondo una prospettiva dall’alto, come mai se ne erano viste prima di allora. L’opera rappresenta un punto di equilibrio tra la rappresentazione artistica e quella scientifica: non c’è modo migliore per esaltare la magnificenza della Serenissima Repubblica che mettendone in evidenza tutta la sua splendida realtà. Una città così non ha bisogno di rappresentazioni ideali, né utopici progetti di miglioramento: la sua forma è definita dal suo limite naturale, l’acqua, e la ricostruzione topografica ne garantisce la piena conoscenza.

Fig. 23 Jacopo de’ Barbari, Pianta prospettica di Venezia, 1500. Xilografia, h. 36 cm. Venezia, Museo Correr. Egli è cosciente che le mura privano la città di un riguarda la definizione tipologica ed estetica dei rapporto diretto e costante con il suo territorio. De monumenti, sia nella progettazione dell’arredo ur- Marchi propone una interessante lettura prospetti- bano, sia ancora nell’approntamento delle strut- ca di città, minuziosamente definita nelle sue parti ture difensive. Egli ripropone in questo modo una e nei suoi monumenti. Ciò non toglie leggibilità rinnovata concezione del progetto urbano, in un alle fortificazioni, che, disegnate in planimetria, si certo senso legata alle istanze della cultura uma- mostrano in piena definizione metrica e tecnica. nistica quattrocentesca. Il veneto Vincenzo Scamozzi (1552-1616) si di- stingue per la complessità delle sue teorie urbane, La realizzazione delle “città dei che superano l’esibita schematicità della produ- trattati”: Sabbioneta e Palmanova zione coeva. Esperto conoscitore di città straniere, Tra il 1560 e il 1584 viene rifondata su un piccolo contribuisce a realizzare importanti centri, quale centro agricolo del territorio mantovano, per vo- Palmanova, o loro parti. lontà di Vespasiano Gonzaga, Sabbioneta. Nella Nel trattato L’Idea dell’architettura universale, città-fortezza, destinata ad ospitare la corte, ven- che pubblica nel 1615 (ma composto a partire gono collegate le esigenze di un raffinato centro dal 1591), egli organizza ancora la città secondo il di cultura (sarà appellata come piccola Atene) a tradizionale schema ortogonale, cinto da mura po- quelle di una comunità fiorente e produttiva. ligonali. Emergono, tuttavia, raffinati criteri architet- Fu lo stesso duca Vespasiano a idearne la trama tonici nella costruzione della città, soprattutto per viaria ortogonale e la cinta muraria a forma di quanto riguarda la distribuzione delle parti. Aree poligono irregolare, rafforzata con bastioni e do- verdi e zone militari si dispongono con equilibrio. tata di un castello, ora distrutto. Il reticolo interno Scamozzi asserisce con forza il ruolo dell’architet- è organizzato attorno ad un asse che collega to nella progettazione della città, sia per quanto le due porte urbane, e a due piazze, sulle quali

A lato: Fig. 24 Vincenzo Scamozzi, Pianta di città, da L’idea dell’architettura 2 universale, 1615. 3 1 A destra: Fig. 25 4 Sabbioneta, 5 planimetria della città: 1. Galleria delle antichità; 2. Palazzo del Giardino; 3. Castello San Cattaneo; 4. Teatro Olimpico; 5. Palazzo Ducale.

11 © Istituto Italiano Edizioni Atlas Figg. 26, 27 prospettano gli edifici pubblici. cento, sottolinea la predisposizione militare della Sabbioneta, Emergono per importanza il Palazzo Ducale, la città, pensata in funzione dei rapidi spostamenti Piazza Ducale con il Chiesa di Santa Maria Assunta, un ospedale, una delle truppe dal centro alle piazze poste a coro- Palazzo Grande (a sinistra) e Porta Vittoria biblioteca, la lunga Galleria degli antichi, dove il namento delle mura, dove sorgono le caserme. (a destra), 1565. duca conservava la propria collezione d’arte, e Sei piazze intermedie fungono da fulcri dei vari il teatro Olimpico. Progettato da Vincenzo Sca- settori della città. mozzi, questo rappresenta il primo esempio di Una cinta esterna, aggiunta in un secondo tem- teatro coperto funzionante in Italia. po, completa l’impianto fortificato e ne rafforza la L’intervento di Sabbioneta tradisce, nel suo stan- forma a stella. co completamento, il fallimento di un’istanza: Era inevitabile che il rigore dell’impianto di Pal- “Divertente esperimento” – così appare a Paolo manova fosse destinato a venire meno nel tem- Sica – che “rappresenta in realtà la melanconica po: quando la città registra un lento aumento fine della città ideale, svincolato com’è da qual- demografico, tende a seguire regole di crescita siasi necessità concreta, capriccioso giocattolo spontanee. fuori scala”. Nel 1564 si inizia a costruire, per volere di Cosi- La città fortificata diPalmanova fu costruita dalla mo I Granduca di Toscana, il borgo di Terra del Repubblica Veneta tra il 1593 e il 1600, a difesa Sole, su progetto di Baldassarre Lanci, con la dei suoi confini settentrionali. collaborazione di Bernardo Buontalenti e Gi- La planimetria, progettata dagli ingegneri militari rolamo Genga. A sinistra: Fig. 28 Giulio Savorgnan e Marcantonio Martinengo Vera e propria città-fortezza, è composta da un Palmanova, ha forma rigorosamente geometrica, e si com- rettangolo cinto da bastioni. La struttura è rigo- Veduta aerea. pone di nove lati regolari sui quali è impostato un rosamente ortogonale, con una strada principale reticolo radiocentrico di strade; le porte, attribuite che collega le due porte (leggermente fuori asse A destra: Fig. 29 come il Duomo allo Scamozzi, originariamente per motivi di difesa) e la piazza centrale, su cui si Anonimo, Pianta affacciano gli edifici monumentali. di Palmanova, XVII sec. pensate presso i bastioni, sono poste al centro Penna, inchiostro di ogni cortina. La città non ha mai attratto la popolazione ipotiz- e acquerello su carta, Le strade radiali hanno origine, con esemplare ra- zata in origine, nonostante fossero stati promessi 47x64,5 cm. Torino, zionalità, dalla piazza centrale. Questo schema, ai nuovi abitanti il titolo di proprietà delle rispettive Archivio di Stato. ampiamente studiato dai trattatisti del Cinque- abitazioni e l’esenzione dalle tasse.

12 © Istituto Italiano Edizioni Atlas