ACCADEMIA DEI ROZZI

Anno XIX - N. 37 Il castello di Frosini, suggestiva icona medievale, domina arcigno il versante della Montagnola Senese che, superato il breve piano della Feccia, inizia una graduale ascesa verso le cime di Montieri e di Gerfalco. Dal maschio merlato la vista spazia sulle terre di Galgano e controlla la via che conduceva a Siena i preziosi carichi dell’argento scavato a Massa e dei metalli fusi nelle ferriere fumanti sulle sponde della Merse, alle quali la legna delle vastissime foreste e le acque incessanti del fi ume concedevano una prosperità vitale per i commerci dell’antica Repubblica. In questo colle boscoso nel cuore della Toscana il tempo sembra essersi fermato e non è diffi cile immaginare il maestoso trotto dei cavalieri diretti al maniero dopo la caccia al cervo o una carovana di muli alla posta tra le sue mura ospitali: visioni di vita quotidiana a Frosini, la cui storia avrebbe meritato un’attenzione da parte degli studiosi che, purtroppo, non c’è mai stata, se non per la redazione di succinte note. Accademia dei Rozzi intende riparare a questa non lieve sottovalutazione critica accogliendo il frutto delle accurate ricerche condotte da Silvia Colucci: due saggi, rispettivamente, sulla vicenda storico architettonica del castello e sull’analisi di un bassorilievo ivi conservato, integrati dall’articolo I marchesi Leopoldo Feroni e Caterina Gori Pannilini, signori e mecenati di Frosini nell’Ottocento, che, pubblicato sul numero 35 della rivista (2011, pp. 27-34) privo dei ringraziamenti e delle note al testo per un errore tipografi co, viene ora riproposto nella sua veste integrale.

2 Il Castello di Frosini (, Siena) di Silvia Colucci*

1. Premessa storica e documentaria formalmente il possesso feudale sul castel- La più remota menzione documentaria lo, impegnandosi a dare asilo ai soldati del 2 nota del toponimo di Frosini risale all’XI se- vescovo in caso di guerra . colo, per l’esattezza al 1004, quando viene A partire dal tardo XII secolo, tuttavia, il nominato nell’atto di fondazione e dotazio- castello cominciò a destare anche le atten- ne del vicino monastero di Santa Maria di zioni espansionistiche del Comune di Sie- Serena, voluto dal conte Gherardo II, capo- na, tanto che nel 1181 il vescovo Ugo do- stipite del casato feudale dei Gherardeschi. vette promettere ai Senesi che avrebbe fatto Nell’atto veniva assegnata al monastero, fra prestare giuramento agli uomini di Frosini gli altri beni, anche la sesta parte del castello in favore degli interessi del Comune; nel di Frosini, della sua chiesa e della sua corte: 1194 il successore, vescovo Ildebrando, nel “castello de Frosini sexta parte cum ecclesia contesto di una rinnovata pacifi cazione con sancti Michaelis archangeli cum curte”1. i conti di Frosini, diede in pegno il castello Nel XII secolo la località - che appar- ai Senesi a garanzia del regolare versamen- teneva territorialmente alla Diocesi di Vol- to di un censo annuale. Il perdurare della terra - confl uiva nel dominio di uno dei contesa fra vescovi e conti contribuì ad age- quattro rami dei discendenti di Gherardo, volare i Senesi nell’azione di graduale con- i Della Gherardesca, potente consorteria solidamento della loro egemonia su Frosini, comitale che aspirava a controllare la di- tanto che nel 1214-15 essi vi estesero defi ni- rettrice di Massa Marittima e delle Colline tivamente l’autorità comunale con un inter- Metallifere, giacimento minerario di pri- vento armato3. Da quel momento, il Comu- maria importanza nella Toscana medievale. ne di Siena prese ad esercitare un’azione di Le rivendicazioni avanzate dal vescovo di controllo sull’insediamento di Frosini. Volterra sul castello diedero, però, inizio Dalla documentazione d’archivio ap- ad una crescente ostilità con i conti della prendiamo che nel settembre 1253 gli uffi - Gherardesca, destinata a sfociare in aperta ciali della Biccherna liquidavano pagamenti contesa nel 1128; soltanto nel 1133, al tem- al maestro Giovanni dell’Opera, al maestro po del vescovo Pannocchieschi, fu stipula- Rosso e ad altri settantatre manovali dell’O- ta a Pisa una pace fra le due fazioni, con pera di Santa Maria di Siena che avevano la quale la consorteria si vide riconosciuto lavorato alla demolizione del castello di

* Ringrazio i conti Spalletti, proprietari del castel- tardo X secolo: “nonostante l’assenza di riferimenti lo, Felicia Rotundo e Gianna Tinacci (Soprintendenza precedenti, sulla base del testo, possiamo ipotizzare per i Beni Architettonici e il Paesaggio per le province l’origine di Frosini dalla fortifi cazione di un centro di Siena e Grosseto), Roberto Bartalini, Marie-Ange curtense preesistente, avvenuta per volontà signorile, Causarano, Fabio Gabbrielli. alla fi ne del X secolo” (ibidem, p. 103). 1 ASF, Diplomatico, Vallombrosa: 1004. Si vedano: 2 ASF, Deposito Della Gherardesca, Pergamene 5: Enrico Bosi, I castelli della Toscana. Il Senese, Firenze settembre 1133. In proposito si veda: Andrea Conti 1981, p. 70; Ugolino Della Gherardesca, I Della - Mario Iannaccone, La spada e la roccia. San Galgano: Gherardesca. Dai Longobardi alle soglie del Duemila, Pisa la storia, le leggende, Milano 2007, pp. 29-31. 1995, pp. 19, 43, 200, 211; Alessandra Nardini - 3 Per questo riepilogo delle più antiche vicende Marie-Ange Causarano, Frosini, in Carta Archeologi- storiche del castello ho attinto a Paolo Cammarosano ca della Provincia di Siena. Volume IV. Chiusdino, a cura - Vincenzo Passeri, I Castelli del Senese, 1976, ed. Vene- di A. Nardini, Siena 2001, p. 104. Si ritiene che la zia 1985, p. 302 e Enrico Bosi, I castelli della Toscana. Il fondazione del castello, non documentata, risalga al Senese, Firenze 1981, p. 70. 3 Frosini4. È possibile che il Comune avesse al castello di Frosini è da annoverare anche deliberato di abbattere le primitive struttu- un’antica magione templare, documentata re, ormai deperite per la loro vetustà e per i nei Caleffi , la cui esatta ubicazione è stata ripetuti assalti armati, in vista della ricostru- oggetto di dibattito fra gli studiosi. In passa- zione del castello, il cui nucleo antico oggi to era stata avanzata l’ipotesi che la magione superstite pare, infatti, risalire alla seconda dovesse essere situata proprio nel castello, al metà del Duecento. punto da proporne l’identifi cazione con la Contestualmente i conti di Frosini e i chiesetta romanica tuttora visibile alle sue vescovi di Volterra furono progressivamente pendici, alla quale sarebbe stato annesso un esautorati e persero la loro potestà sui terre- ospedale per i pellegrini8. Tuttavia, ormai si ni del castello, che venivano nel frattempo tende a credere che dovesse essere situata inesorabilmente acquisiti dall’abbazia cister- in corrispondenza di un podere noto oggi cense di San Galgano (edifi cata fra il 1218 con il signifi cativo toponimo di “Magione” e il 1290 ca.), legata da stretti rapporti isti- - a circa due chilometri di distanza dal ca- tuzionali con le autorità comunali senesi5. stello - ove si individuano resti di murature Nel 1274 il Comune di Siena si vedeva co- antiche. Secondo il Davidsohn, la “mansio stretto ad eleggere una deputazione speciale templi de Fruosina” risalirebbe ad un’epoca per valutare la legittimità delle pretese dei anteriore al 1148, ma non si conosce la data cistercensi sul castello e autorizzarvi il loro esatta della sua fondazione; in seguito alla controllo6; non si conosce l’esito di questa soppressione dell’Ordine templare, avvenu- consultazione. Tuttavia, entro gli inizi del ta nel 1312, la magione cadde in declino e XIV secolo il castello di Frosini era ormai fu gradualmente trasformata in podere fi n entrato a far parte delle tenute dell’abbazia quando, nel 1323, non fu venduta dagli ere- cistercense7. di di Figliano della Suvera ai monaci dell’ab- Fra i possedimenti un tempo afferenti bazia di San Galgano9.

4 ASS, Biccherna XIV, 100d - 101a, citato da Car- dal Vescovo Ranieri: Reg. Volaterr., n. 941, 28 novem- la Pietramellara, Il Duomo di Siena, Firenze 1980, p. bre 1288” (Gioacchino Volpe, Toscana medievale: Mas- 64 e Monika Butzek, Chronologie, in Die Kirchen von sa Marittima, Volterra, Sarzana, Firenze 1964, p. 292). Siena. Der Dom S. Maria Assunta. Architektur, a cura di 6 A. Nardini - M.A. Causarano, Frosini..., 2001, P.A. Riedl e M. Seidel, 3, 1, 1, 1, München 2006, p. p. 104. 34. Andrea Giorgi e Stefano Moscadelli (Costruire 7 Per un riepilogo di questi passaggi attraverso una cattedrale. L’Opera di Santa Maria tra XII e XIV seco- l’esegesi dei documenti si attinga ad Antonio Cane- lo, München 2005, p. 436) precisano: “Nei primi anni strelli, L’Abbazia di San Galgano, Firenze 1896, pp. ’50 del XIII secolo, nel castello di Frosini è attestata 25-27. la presenza del maestro Giovanni di Guido, operaio 8 Si veda, a titolo d’esempio, Massimo Marini, dell’Opera di Santa Maria tra il 1247 ed il 1253 ma Chiusdino. Il suo territorio e l’abbazia di San Galgano. Iti- impegnato nel cantiere della cattedrale fi n dal 1227. nerari storico-naturalistici, Siena 1995, pp. 24-25. L’iden- Giovanni de opera o operis Sancte Marie ebbe un’ampia tifi cazione era avallata già dal Repetti, il quale scrive e continua collaborazione con il Comune di Siena, che: “Nel secolo XIII fu eretta in Frosini una man- per il quale sovrintese al rifacimento o alla distruzio- sione, ossia ospizio per i pellegrini, siccome apparisce ne di fortifi cazioni e, soprattutto, alla realizzazione e da un istrumento del 2 gennajo 1243 fatto in Frosi- al mantenimento di importanti opere idrauliche. Ma- ne. Tratta di un obbligazione di fra Oliviero, rettore estro Giovanni fu coinvolto nell’ottobre 1231 nella dell’ospedale situato nella corte di Frosini, di pagare a fortifi cazione di una delle porte cittadine mentre, du- Giunta di Martino notaro 12 staja di grano per salario rante gli eventi bellici dei primi anni Cinquanta, lo annuo dell’assistenza da lui prestata e da prestarsi nel- troviamo impegnato in successione a , le cause che aveva l’ospizio di Frosini contro Ranieri all’assedio di Montalcino e alla distruzione del castel- e Ildebrandino fratelli e fi gli di Ranieri, e contro Ghe- lo di Frosini (cfr. Biccherna XI, p. 113 (1251, giugno); rardo dei conti di Frosini. (arch. dipl. fior. Carte di Biccherna XIII, p. 174 (1252, dicembre); Biccherna S. Agostino di Siena)” (Emanuele Repetti, Dizionario XIV, p. 100 (1253, settembre)”. geografi co, fi sico, storico della Toscana, contenente la descri- 5 Ancora nel 1288 il Vescovo di Volterra mante- zione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, neva una qualche autorità sul castello, come dimostra Garfagnana e Lunigiana e supplemento al dizionario, vol. il fatto che “Eguale precetto di giuramento fa nel no- II, Firenze 1833, pp. 347-349). vembre 1288 agli uomini di Frosini, nel volterrano, 9 In proposito si veda: Mario Borracelli, La ma- 4 Ugo pievano di Monti, nominato Podestà del castello gione templare di Frosini e l’importanza delle strade che vi Nel frattempo, il Comune di Siena conti- ta limitata ad un restauro e potenziamento nuava ad esercitare la sua azione di tutela su delle strutture difensive. Addirittura è pos- Frosini, che nel Trecento subiva le incursio- sibile che nella prima metà del Quattrocen- ni delle compagnie di ventura: “Già prima to, epoca di ripetuti scontri armati, i Senesi del 1364” - scrive Canestrelli - “la terra di abbiano nuovamente devastato il castello; è Frosini, dominio dell’Abbazia di San Galga- quanto si desume dalla notizia documenta- no, era stata messa a sacco e devastata dalla ria riferita da Vittorio Spreti, il quale scrive Compagnia degli Inglesi, guidata dall’Aguto, che: “... nel 1455 il Piccinino stesso scrisse che condusse prigioni molti degli abitanti; i ai senesi per [...] pregarli di restaurare il ca- pochi che poterono scampare dovettero ri- stello di Frosini, incendiato e distrutto dai fugiarsi nel castello di Elci o andar raminghi senesi stessi”13. per il contado volterrano. Per la qual cosa la Condannata ad un lento e inesorabile Repubblica Senese, nel 14 gennaio del 1364, declino, dagli inizi del XVI secolo l’abba- ordinò che gli abitanti di Frosini fossero per zia di San Galgano venne affi data agli abati cinque anni esenti dal pagare le gravezze e commendatari, designati dal papa e immessi da qualunque altra molestia”10. Le scorri- nel possesso dei beni per decreto del Conci- bande dovettero però protrarsi e mettere in storo della Repubblica di Siena; stessa sorte, serio allarme i monaci di San Galgano e gli pertanto, toccò al castello di Frosini, gra- abitanti del contado di Frosini, così espo- dualmente trasformato in grancia. Nel XVII sto al libero transito delle compagnie di secolo l’ultimo abate commendatario, il no- ventura. Per tale ragione, nel 1380 l’abate e bile cardinale Giuseppe Maria Feroni (Firen- i monaci rivolsero al Comune di Siena un’i- ze 1693-1767)14 - in carica dal 1723 fi no alla stanza di costruire a Frosini una fortezza in morte -, affrancò dall’enfi teusi perpetua tut- luogo del palazzo, di loro proprietà, che era ti i beni della commenda inclusa la tenuta stato bruciato dagli Inglesi; a tal fi ne, l’aba- di Frosini, che trasmise in eredità ai nipoti15. te chiedeva 360 fi orini d’oro a suo tempo Il castello di Frosini pervenne così al mar- prestati dai monaci alla Repubblica di Sie- chese Leopoldo Feroni (1773-1852), il quale na. L’autorizzazione del Concistoro giunse intraprese, nella prima metà dell’Ottocento, il 6 novembre dello stesso anno11, ma non è numerosi interventi sia sui poderi e sull’or- possibile stabilire se i lavori siano stati effet- ganizzazione delle colture, sia sulla struttura tivamente eseguiti. Tra la fi ne del XIV e gli architettonica del complesso16. All’indoma- inizi del XV secolo il castello di Frosini, pur ni della dipartita del Feroni, la proprietà del essendo ancora formalmente assoggettato al castello fu mantenuta inizialmente dalla dominio del Comune di Siena, veniva or- consorte Caterina Gori Pannilini; alla morte mai gestito in maniera esclusiva dai monaci di costei (1864) fu trasmessa in eredità alle di San Galgano, tanto che il 25 novembre nipoti Giulia, Elisa e Paolina, fi glie del mar- 1409 il governo senese deliberava in merito chese Alessandro Feroni. Elisa Feroni Mar- all’obbligo dell’abbazia di sorvegliare il ca- chesini restò proprietaria del castello fi no al stello e impedirne la decadenza e la distru- 27 febbraio 1884, quando vendette la tenuta zione12; questa notizia induce a sospettare al marchese Ippolito Niccolini (Pistoia 1848 che la ricostruzione del castello prospettata - Firenze 1919), futuro senatore del Regno e nel 1380 non sia mai stata attuata, o sia sta- sindaco di Firenze17. Infi ne, la villa di Fro- convergevano, in I templari: mito e storia, atti del conve- 14 Giuseppe Maria Feroni era stato creato cardina- gno internazionale di studi alla magione templare di le il 24 novembre 1753 da papa Benedetto XIV. Poggibonsi - Siena (29-31 maggio 1987), raccolti da 15 A. Canestrelli, L’Abbazia..., 1896, pp. 50-51. G. Minnucci e F. Sardi, Sinalunga 1987, pp. 311-329. 16 Notizie sulla conduzione della tenuta si ricava- 10 A. Canestrelli, L’Abbazia..., 1896, p. 20. no dalla documentazione depositata presso l’Archivio 11 Ibidem, p. 21. delle Pie Disposizioni di Siena, XIV, Eredità Caterina 12 A. Nardini - M.A. Causarano, Frosini..., 2001, Gori Feroni. p. 104. 17 Sulla fi gura storica del Niccolini si veda, adesso: 13 Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare ita- Fabrizio Nucci, Ippolito Niccolini. Un marchese toscano liana, vol. 5, Milano 1932, ed. 1981, p. 109. alla corte di Giolitti, Firenze 2007. L’archivio di famiglia 5 Frosini, particolare della merlatura sul fronte del castello.

6 Frosini, particolare del torrione del castello. sini venne acquistata dai conti Spalletti, ai che nel territorio di Chiusdino risulta adot- quali appartiene tutt’oggi. tata dalla metà del ‘200 a tutto il ‘300. L’ar- cheologa è pertanto propensa ad assegnare all’edifi cio una datazione entro la seconda 2. Le strutture antiche metà del Duecento: “Al momento, le uni- L’analisi delle strutture edilizie del castel- che attestazioni dell’utilizzo della martellina lo e dei suoi annessi ne denuncia la natura dentata rintracciate nel territorio di Chiusdi- composita, stratifi cata e fortemente rima- no, riferibili alla seconda metà del XIII seco- neggiata. Il poderoso complesso sorge su un lo, appartengono o a edifi ci di committenza alto poggio che domina il torrente Frella, signorile come quello di Frosini, o a strut- uno degli affl uenti del Feccia. Dell’insedia- ture pertinenti l’ordine cistercense, come le mento castrense originario, risalente all’XI- grange di Valloria e Villanuova. Sebbene le XII secolo, non resta ormai traccia, se si ec- attestazioni siano sporadiche, è comunque cettua la pieve romanica annessa; gli edifi ci ipotizzabile, allo stadio attuale delle inda- attualmente visibili, infatti, datano tutti a gini, che la presenza sul territorio di mae- partire dal XIII secolo. stranze specializzate abbia contribuito alla Il torrione centrale in muratura di traver- diffusione della martellina già nel corso del tino intonacata, che spicca dal fronte prin- XIII secolo”21. La studiosa è orientata a ri- cipale in posizione leggermente arretrata, condurre l’introduzione di queste tecniche potrebbe costituire, secondo l’opinione di costruttive alle maestranze orbitanti attorno Cammarosano e Passeri, “il nucleo primiti- al polo cistercense di San Galgano, tuttavia vo del complesso”18, per quanto fortemente non è da escludere che abbiano giocato un rimaneggiato con il rialzamento della parte ruolo anche i maestri dell’Opera della cat- terminale e il coronamento a merli guelfi di tedrale di Siena; del resto, fra questi due rifacimento; anche le alte mura che lo rac- cantieri esistono punti di contatto che pre- chiudono risultano interessate dal restauro suppongono un reciproco travaso di moda- neomedievale eseguito nell’Ottocento, ad lità costruttive e decorative, soprattutto a far eccezione di alcuni tratti della scarpa che data dalla metà del Duecento22. presentano caratteri di vetustà19. Sul retro del complesso, ovvero sul fron- Attraverso un’erta rampa lastricata in te occidentale, si individuano alcuni edifi ci laterizio, ubicata sul versante meridionale - organizzati attorno alla corte centrale - che dell’edifi cio, si perviene all’antico portale hanno mantenuto l’impianto medievale. d’accesso in pietra, con arco gotico senese Particolarmente interessante si rivela il tor- (arco acuto sbarrato da un arco ribassato) rione con base rinforzata da un contrafforte sormontato da una formella marmorea in a scarpa, che è stato adibito a granaio in età bassorilievo effi giante san Galgano20. L’a- moderna. Il suo paramento murario è costi- nalisi degli elevati condotta dall’archeologa tuito nella parte inferiore da grandi bozze Marie Ange Causarano ha messo in luce, regolari di travertino poste in opera su corsi nel paramento murario in prossimità del orizzontali e paralleli, e in quella superiore portale, l’uso di conci angolari spianati con da fi laretti della stessa pietra. Ulteriori ele- uno strumento a lama dentata (probabile menti, come l’apertura strombata con arco a martellina dentata) e decorati dal nastrino tutto sesto in fase con la muratura circostan- lavorato a scalpello piano: tecnica, questa, te visibile sul lato est, e una fi nestra taglia-

è stato depositato in epoca recente presso la sede cen- blicata in questa sede. trale della Cassa di Risparmio di Firenze. 21 M.A. Causarano, Atlante cronotipologico delle 18 P. Cammarosano - V. Passeri, I Castelli..., 1976, murature, in Carta Archeologica della Provincia di Siena. ed. Venezia 1985, p. 302. Volume IV. Chiusdino, a cura di A. Nardini, Siena 2001, 19 Ibidem. p. 193. 20 La formella in marmo, che mostra l’effi gie del 22 Sull’argomento si veda: Fabio Gabbrielli, La santo cavaliere nell’atto di confi ccare la spada nella chiesa dell’abbazia di San Galgano. II. Stereotomia degli roccia, è riconducibile ad uno scultore senese degli archi e maestranze, in “Archeologia dell’architettura”, V, inizi del Trecento; si veda in proposito la scheda pub- 2000, pp. 25-62. 7 Frosini, particolare del contrafforte a scarpa Frosini, portale di accesso del castello del torrione del castello. con arco gotico senese.

8 Frosini, arco di accesso ad una corte annessa al castello. ta dalla copertura moderna dell’edifi cio sul stile ottocenteschi, ma di elementi originali lato sud, consentono di datare il torrione al ormai decontestualizzati25. XIII secolo23. Al pari delle protomi, appare fuori con- In defi nitiva, è possibile assegnare al nu- testo anche un’erratica guglia installata al cleo antico del castello una cronologia en- centro del cimitero di Frosini, decorata da tro la seconda metà del Duecento; non è da archetti acuti, gattoni rampanti e protomi escludere, tuttavia, che alcune porzioni di virili di fattura piuttosto arcaizzante e sor- muratura siano state rifatte nel tardo Trecen- montata da una croce in ferro; solitamente to o nel Quattrocento, per ovviare ai dan- viene ritenuta un avanzo del coronamento ni causati dalle devastanti incursioni delle dell’abbazia di San Galgano26. Se si consi- compagnie di ventura - a partire dall’incen- dera che la costruzione di quella chiesa era dio appiccato dagli Inglesi nel 1364 - e dai giunta alla sommità negli anni Ottanta del ripetuti scontri militari. Duecento, diffi cilmente si potrà estendere Suscita qualche problema di datazione una simile cronologia ai caratteri formali la torretta isolata che dà accesso al giardino ‘primitivi’ di queste teste, che sembrano sul versante meridionale del castello. Si trat- semmai risalire alla prima metà del XIII se- ta di una porta caratterizzata da un sistema colo; tuttavia, è arduo ipotizzare una pro- di archi acuti ‘a cannocchiale’ con tre ghie- venienza alternativa rispetto al principale re in laterizio, sormontata da una torre con monumento gotico del territorio. Non si coronamento decorato da archetti pensili e può escludere che la guglia sia stata scolpi- merli ghibellini di rifacimento. L’insieme, ta molto prima della sua effettiva posa in che appare di schietto carattere neogotico, è opera, come avveniva non di rado nei gran- verosimilmente fondato su un preesistente di cantieri medievali; oppure che fosse de- ingresso antico o perlomeno costruito con stinata a coronare i piedritti della facciata, materiali di reimpiego, come i conci ango- costruita in date molto anteriori all’epoca lari e le protomi che ne decorano la parte della copertura. Ciononostante, stupisce sommitale24. Queste sculture erratiche, for- che non restino altre guglie analoghe nei temente deteriorate, si affacciano dal para- paraggi della diroccata abbazia, oltre al mento murario, alcune con funzione emi- fatto che non si conoscono testimonianze nentemente decorativa, altre di pluviale; tre iconografi che o descrizioni dell’edifi cio che sono posizionate sul fronte rivolto verso il attestino la presenza di guglie di corona- castello, altre due sul versante del giardino. mento27. Semmai, non è da escludere che Per i loro caratteri semplifi cati ancora di ri- questa guglia sia identifi cabile con una di cordo romanico, esse paiono inquadrabili quelle ‘colonne’ che decoravano il cimitero entro la metà del XIII secolo, in un’epoca dell’abbazia, il quale era un tempo, secondo anteriore all’attività senese di Nicola Pisa- l’approssimativa descrizione del Libanori, no, che avrà una signifi cativa ricaduta in “serrato co’ muri, sopra i quali con uguale termini qualitativi sulla scultura locale. La distanza v’erano alcune colonne di marmo rozzezza e il cattivo stato di conservazio- bianco, scannellate e fi gurate con diverse ne di queste sculture autorizzano, infatti, morti e sopra una croce di ferro”28. Nella a credere che non si tratti di rifacimenti in sua ricognizione del 1816 ai resti dell’abba-

23 Per queste osservazioni ho attinto a A. Nardini una pietra più scura e meno deteriorata di quella del- - M.A. Causarano, Frosini..., 2001, p. 105. le altre protomi, potrebbero costituire indizio di un 24 Si deve infatti segnalare che nella mappa del Ca- ‘falso’ in stile. tasto Leopoldino risalente al 1820 (Archivio di Stato 26 Si veda M. Marini, Chiusdino..., 1995, fi g. p. 20 di Siena, Catasto Leopoldino - Chiusdino - Sez. B - f. e p. 26. 1 - n. 6) è presente un piccolo corpo di fabbrica in 27 Si veda ad esempio l’incisione risalente al 1715 corrispondenza del sito del portale a torretta. pubblicata da Ettore Pellegrini, Viaggio iconografi co 25 Suscita qualche perplessità soltanto la testa an- nell’antico stato senese, Pisa 2007, p. 109. tropomorfa che si affaccia sul versante del giardino, i 28 Antonio Libanori, Vita di San Galgano, Siena cui tratti eccessivamente schematici, uniti all’uso di 1645, p. 132. 9 zia, l’erudito Ettore Romagnoli precisava: al coronamento dell’arco di accesso al giar- “Dall’altro lato della chiesa e presso alla dino, decorato da una sequenza di archet- piazza, che introduceva nel tempio è il così ti pensili in laterizio e da una merlatura a detto Campo Santo, gran piazza cinta di coda di rondine dello stesso materiale; in- muraglie nel centro della quale è un obeli- fi ne, gran parte del muro di cinta è frutto sco su di una base ornato di teschi di morto di ricostruzione. Nel complesso, l’incongrua rilevati dallo stesso pezzo di marmo”29. e singolare compresenza di merli guelfi e ghibellini è indicativa dell’assenza di preoc- cupazioni di correttezza fi lologica da parte 3. Gli interventi dell’Ottocento e del Novecento dell’artefi ce del ripristino in stile, interessato Secondo la testimonianza di Emanuele prevalentemente a conferire una piacevole Repetti, vissuto all’epoca delle trasformazio- connotazione medievale al complesso, con ni del castello, “Il march. Leopoldo Feroni risultati che rasentano l’eclettismo. Non è di Firenze, a cui toccò di parte la fattoria di da escludere che l’intervento si debba ricon- Frosini, ha fatto cangiare d’aspetto a questa durre all’architetto Baccani - responsabile possessione mediante le molte e ben intese del progetto della chiesa della Madonna del coltivazioni intraprese, e i nuovi edifi zi che Buonconsiglio -, noto per aver praticato an- vi fa erigere; fra i quali merita di essere qui che una rilevante attività sul versante dello rammentato un ricco tempio che, in luogo stile neomedievale; si pensi, a titolo di con- del piccolo oratorio di S. Galgano, si va at- fronto, al fantasioso torrino neoarnolfi ano tualmente a compire con l’annessa canoni- del Giardino Torrigiani a Firenze, da questi ca”30. Tuttavia, eccezion fatta per la chiesa progettato e costruito nel 1822. della Madonna del Buonconsiglio - edifi cata Per cercare di stabilire quale fosse l’arti- su progetto dell’architetto fi orentino Gaeta- colazione degli stabili del castello all’epoca no Baccani entro il quarto decennio dell’Ot- del Feroni, ci si può avvalere della mappa tocento - non sono noti l’artefi ce e l’epo- del Catasto Leopoldino - redatta da Giovac- ca della ristrutturazione alla quale si deve chino Carloni e revisionata da Ferdinando l’odierno aspetto del complesso di Frosini. Sancasciani nel 182031 - che, tuttavia, atte- Stupisce, inoltre, che il Feroni abbia optato sta la topografi a degli edifi ci in un periodo per l’utilizzo di un duplice registro stilistico: di transizione. Ad un confronto con la si- da un lato effettuando interventi di carattere tuazione odierna, si nota l’assenza di uno neogotico sul castello e sui suoi annessi in stabile che era posto sul retro del castello, armonia con le preesistenze architettoniche collegato all’antico torrione con base a scar- medievali, dall’altro adottando per la chiesa pa; inoltre era ancora inedifi cata l’area ove costruita ex novo il ben diverso linguaggio sorgerà poi l’Arcipretura della Madonna del neoclassico. Buonconsiglio con l’annessa canonica. Al Gli interventi di maquillage in stile neo- fi anco meridionale della pieve romanica era medievale hanno interessato tutte le strut- addossato un corpo di fabbrica non più esi- ture antiche del castello. La sezione centra- stente, mentre non era stato ancora costrui- le del fronte presentava al piano nobile un to lo stabile antistante, che verrà adibito a loggiato a tre arcate a sesto ribassato, le cui scuola elementare in età moderna. aperture sono state tamponate e ridotte in Sulla mappa catastale fi gura il pozzo cir- forma di fi nestre trilobate; inoltre è stato ag- colare posto di fronte allo spiazzo di accesso giunto un coronamento di merli ghibellini al castello: esso infatti risale al 1819, come si in laterizio. La più svettante torre retrostan- può leggere inciso sulla vera in pietra. Anche te - la parte verosimilmente più antica - è i lavatoi ubicati più in basso sono già pre- stata soprelevata con una merlatura guelfa. senti all’epoca della redazione della pianta, Stessa sorte è toccata, come già accennato, mentre è ancora assente la fontana circolare

29 Ettore Romagnoli, Biografi a Cronologica..., ante 31 Archivio di Stato di Siena, Catasto Leopoldino 1835, vol. I, p. 219. - Chiusdino - Sez. B - f. 1 - n. 6. 10 30 E. Repetti, Dizionario..., vol. II, 1833, p. 349. Frosini, torretta neogotica di accesso al giardino all’italiana.

installata nel giardinetto limitrofo al pozzo. gradualmente l’antico castello, già adibito a È verosimile che l’area della fontana sia sta- fattoria, in un’amena villa. Al disotto del- ta costruita poco tempo dopo, giacché vi si la torretta si apre una scalinata a tenaglia entra da un cancello in ferro battuto fra due con corrimano dal profi lo mistilineo, sotto tozze colonnette di pietra con scanalature in la quale è un sistema fontaniero costituito stile neoclassico, compatibili con la crono- da due vasche collegate da un grottino per logia degli interventi del Baccani. l’adduzione delle acque; da qui si diparte un Anche la creazione del giardino storico, a piccolo e stretto canale in laterizio che attra- cui si accede dalla torretta neogotica, si può versa l’intero giardino. Il naturale declivio far risalire ad un’iniziativa del marchese Fe- del terreno è stato risolto con la suddivisio- roni, che con questi interventi trasformava ne in due terrazzamenti, al centro dei qua- 11 li la canaletta delle acque funge da asse di unica terminante con abside semicircolare, simmetria. Ulteriori elementi di carattere to- è costituito da grandi blocchi squadrati in piario, come le siepi in bosso dal taglio geo- travertino locale ed è sormontato da una co- metrico che delimitano alcune aree, confe- pertura a capriate; si osservano, nella parte riscono al giardino un aspetto all’italiana32. superiore della cortina muraria, integrazioni Al castello sono addossati tutta una se- in laterizio riconducibili ad un restauro d’e- rie di edifi ci, dai caratteri formali pressoché tà moderna (XVIII-XIX secolo). La facciata a indecifrabili per la mancanza di elementi capanna presenta un unico portale sormon- stilistici distintivi e coerenti. Si tratta, con tato da architrave e arco a ogiva. L’abside, ogni probabilità, di annessi costruiti a par- al centro del quale si apre una monofora, è tire dalla prima età moderna e rimaneggiati decorato da una sequenza di archetti pensili - fra Sette e Ottocento - per la riduzione in e scandito nella sezione inferiore da esili se- fattoria del complesso di Frosini, come de- micolonne. Sul fi anco meridionale è visibile nunciano le irregolari e povere murature in una monofora tamponata e in parte coperta laterizio misto a frammenti lapidei33. Anche dalla costruzione del corpo di fabbrica della la planimetria di questi edifi ci, soprattutto canonica, addossato al paramento medieva- di quelli situati tra la pieve e il giardino, ha le. Sul lato settentrionale dell’edifi cio corre subito consistenti modifi cazioni rispetto una serie di mensole lapidee modanate (di all’assetto del 1820; di sicuro alcuni degli riutilizzo), che in origine dovevano sorreg- interventi effettuati sono riconducibili al se- gere la tettoia di un loggiato databile all’epo- colo successivo. L’iscrizione “A.D. 1925” è ca tardomedievale, ormai perduto; un corpo infatti incisa sulla chiave di un arco in stile di fabbrica addossato all’edifi cio era ancora neogotico di un edifi cio limitrofo alla ram- presente agli inizi dell’Ottocento, come at- pa d’accesso all’antico portale del castello; testa la cartografi a del Catasto Leopoldino ciò consente di estendere questa datazione a già citata35. Su questo fi anco si osserva, inol- tutti gli archi simili che si rintracciano su al- tre, una piccola porta tamponata, la cosid- cuni stabili addossati o prossimi al castello. detta ‘porta dei morti’, che dava accesso al Alla stessa epoca dovrebbe risalire il cosid- limitrofo cimitero, non più esistente. detto Parco della Rimembranza ubicato nei Nota in età moderna come Compagnia pressi dell’Arcipretura della Madonna del del SS. Sacramento e Carità36, questa pie- Buonconsiglio, ove è installato un monu- ve si può forse identifi care con la ecclesia mento ai caduti della guerra del 1915-1834. pertinente al castello di Frosini menziona- ta nell’atto di fondazione del Monastero di Serena del 1004, intitolata a S. Michele 4. Gli edifi ci ecclesiastici Arcangelo (S. Michaelis de castro Fruosino), Fra i fabbricati afferenti al castello meri- a meno che non le preesistesse una chie- tano di essere presi in considerazione anche sa più antica, il cui titolo sarebbe poi stato quelli di carattere sacro. Alle pendici della recepito da quella ancor oggi visibile. L’esa- villa, sul lato meridionale, è ubicata una me degli elevati condotto dalla Causarano piccola pieve romanica. L’edifi cio, ad aula consente di stabilire che i resti della mura-

32 Per queste informazioni tecniche ho attinto al che mostrano murature irregolari con angolate ben materiale messomi a disposizione dalla Soprintenden- defi nite e risolte in conci ben squadrati. In generale, za per i Beni Architettonici e il Paesaggio per le pro- la tendenza all’impiego di materiale eterogeneo è atte- vince di Siena e Grosseto. stata, nei numerosi edifi ci rurali presenti nel territorio, 33 M.A. Causarano, Atlante cronotipologico..., fi no almeno alla metà del XVIII secolo”. 2001, p. 193: “A partire dal XV secolo i laterizi com- 34 In proposito si veda: Lontano dal fronte. Monu- paiono sempre più frequentemente negli edifi ci rurali menti e ricordi della Grande Guerra nel Senese, a cura di M. del territorio: le apparecchiature in mattone risultano Mangiavacchi e L. Vigni, Siena 2007, p. 197. irregolari, con un vasto ricorso a elementi spezzati e 35 Si veda alla nota 24. a materiale lapideo non lavorato. Numerosi nuclei ru- 36 Con tale nome fi gura in F. Brogi, Inventario rali di epoca medievale si trasformano, a partire dal generale degli oggetti d’arte della Provincia di Siena (1862- 12 XV-XVI secolo, in strutture a conduzione mezzadrile 1865), Siena 1897, p. 127. Frosini, pieve di San Michele Arcangelo. Frosini, particolare dell’abside della pieve di San Michele Arcangelo. tura più antica, visibile nella parte inferiore abbaziale di San Galgano, anche quella di S. dell’abside, sarebbero databili tra XI e XII Niccolò in Frosini. A tal proposito, è da evi- secolo, e che la chiesa sarebbe stata quasi denziare che nel trittico riferibile a Giovanni completamente ricostruita tra la fi ne del di Paolo e bottega, proveniente dalla pieve XII e la metà del XIII secolo37. Peraltro, la romanica considerata (1475-80, oggi conser- dedicazione all’arcangelo Michele è sinto- vato a Baltimora, Walters Art Gallery), si os- matica dell’antichità della sua fondazione, servano i santi Niccolò - in posizione privi- trattandosi del santo guerriero patrono dei legiata - e Galgano, indizio che avvalorereb- Longobardi e caro alla consorteria feudale be l’ipotesi della provenienza da una chiesa dei Gherardeschi. intitolata al primo santo. Non è pertanto da Tuttavia, l’analisi delle fonti non consen- escludere che la pieve romanica, in origine te di stabilire con certezza quali fossero in dedicata a S. Michele Arcangelo, sia stata antico gli edifi ci sacri pertinenti a Frosini. successivamente intitolata a S. Niccolò, pri- Nel Sinodo Belforti (1356) viene menziona- ma di acquisire la moderna dedicazione al ta una non meglio specifi cata “ecclesia de SS. Sacramento e Carità38. D’altro canto, in Fruosina” ubicata nella pievania di S. Gio- un documento risalente al 1578, relativo alla vanni a Monti, mentre alcune visite pastora- stima delle spese da sostenere per il restauro li (risalenti agli anni 1327, 1422 e 1550) cen- di alcune chiese afferenti all’abbazia di San siscono, fra le varie chiese della commenda Galgano, vengono menzionate “due chiese

37 M.A. Causarano, Atlante cronotipologico..., 2001, tica, presentano un’attenzione particolare nella resa p. 191: “La messa in opera di paramenti realizzati in delle superfi ci esterne dei conci. La lavorazione e la conci ben squadrati e spianati, disposti su corsi oriz- fi nitura degli elementi litoidi, dove conservata, attesta zontali e paralleli, mostra, negli edifi ci indagati, il a partire dalla metà del XII secolo, in edifi ci religiosi buon livello tecnico raggiunto, nel periodo compreso quali la pieve di San Michele Arcangelo a Chiusdino e tra fi ne XI secolo e XIII secolo, dalle maestranze ope- la chiesa di Frosini, l’utilizzo dell’ascettino”. ranti nel territorio. In particolare edifi ci quali la chiesa 38 È improbabile che il trittico provenga ab antiquo dei SS. Martino e Iacopo a Chiusdino e la chiesa di da un altare della basilica di San Galgano, dato che il San Michele Arcangelo a Frosini che, ricostruita quasi committente dell’opera, effi giato genufl esso ai piedi completamente nel secolo successivo, conserva nella della Madonna, indossa l’abito scuro da monaco be- parte inferiore dell’abside resti della muratura più an- nedettino e non quello bianco da cistercense. 13 a Frosini”, purtroppo senza ulteriori speci- male in sostituzione della cappella di S. Gal- fi cazioni39. gano e di farvi traslare il titolo parrocchiale Nella sua succinta descrizione del castel- della vetusta pieve di Malcavolo, della quale lo pubblicata nel 1833, Emanuele Repetti quest’ultima era una piccola succursale. La scriveva che: “La rocca di Frosini esisteva so- chiesa della Madonna del Buon Consiglio, pra un poggio alto e scosceso di calcarea se- eretta negli anni venti-trenta dell’Ottocen- migranosa avente un dirupo dalla parte del to in eleganti forme neoclassiche, si deve al sottoposto torrente. La villa di Frosini, fi nora progetto dell’architetto fi orentino Gaetano semplice fattoria con alcune case attorno e una Baccani41. La facciata in laterizio è scandi- cappella (S. Galgano) una succursale della pieve ta da quattro paraste d’ordine gigante in di Malcavolo, trovasi alla base del poggio sul travertino, che sostengono un timpano del fosso Frella”, e più avanti, “Il march. Leopol- medesimo materiale e incorniciano il porta- do Feroni di Firenze, a cui toccò di parte la le e la soprastante lunetta vetrata. L’interno, fattoria di Frosini, ha fatto cangiare d’aspet- a navata unica con tribuna absidale sopre- to a questa possessione mediante le molte e levata e volta adornata di stucchi dorati, ben intese coltivazioni intraprese, e i nuo- presenta un ricco pavimento a commesso, vi edifi zi che vi fa erigere; fra i quali merita tre altari, un fonte battesimale e altri arredi di essere qui rammentato un ricco tempio in marmi policromi, che concorrono a cre- che, in luogo del piccolo oratorio di S. Galgano, are un complesso di pregevole omogeneità si va attualmente a compire con l’annessa stilistica. Sul fi anco sinistro dell’edifi cio si canonica, per servire di chiesa battesimale erge lo svettante campanile, costituito da un e di residenza al pievano di Malcavolo”40. basamento a pianta quadrata sormontato da A meno che il Repetti non appellasse come un’ampia cella campanaria terminante con cappella/oratorio di S. Galgano proprio la una cupoletta in laterizio. pieve romanica tutt’oggi visibile - visto che A dispetto della sua alterità stilistica ri- la dice ubicata, assieme ad altri edifi ci, “alla spetto al contesto che la accoglie, l’Arci- base del poggio” -, si deve credere che esi- pretura della Madonna del Buonconsiglio stesse a Frosini un ulteriore edifi cio sacro, costituisce uno degli esempi più raffi nati di evidentemente di carattere privato, ormai architettura neoclassica in terra di Siena ed scomparso. accresce il pregio del complesso di Frosini, Ad ogni buon conto, il marchese Leopol- tipico esempio di fascinoso pastiche architet- do Feroni assunse l’iniziativa di erigere alle tonico ottocentesco. pendici del castello una nuova chiesa battesi-

39 A. Canestrelli, L’Abbazia..., 1896, pp. 132- 133, doc. XXIX. 40 E. Repetti, Dizionario..., vol. II, 1833, pp. 347 e 348. I corsivi sono dell’Autrice. 41 Gaetano Baccani (Firenze, 1792-1867) si formò all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto Gaspare Maria Paoletti; ne divenne professore nel 1818 e in seguito maestro dal 1849 fi no alla morte. Rivestì inol- tre la prestigiosa carica di Architetto dell’Opera del Duomo dal 1824 al 1860. Ha progettato e costruito numerosi edifi ci fi orentini, prevalentemente in stile neoclassico ma anche neogotico. Sulla sua fi gura si veda adesso: Stefania Bertano, Angelamaria Quar- tulli, Gaetano Baccani. Architetto nella Firenze dell’ulti- Frosini, vera del pozzo antistante l’Arcipretura 14 ma stagione lorenese, Firenze 2002. della Madonna del Buonconsiglio. Un trascurato bassorilievo trecentesco a Frosini di Silvia Colucci

Un’erta rampa incassata fra due edifi ci ‘proprietà’ del cenobio cistercense. È presu- conduce all’antico portale d’accesso del ca- mibile, infatti, che la formella si trovi ancora stello di Frosini, pressoché celato agli occhi in situ, sebbene non sia coeva all’edifi cio nel del visitatore che non ne conosca l’esatta quale è murata, costruito in epoca anterio- ubicazione; qui si individua un’interessante re; in particolare, il sottostante portale con testimonianza della scultura senese di primo arco gotico senese, secondo recenti analisi Trecento che, seppur segnalata negli studi delle tecniche murarie, potrebbe risalire alla sul castello1, sembra essere sfuggita all’atten- seconda metà del Duecento2. zione degli storici dell’arte. Il nostro bassorilievo è invece databile, Si tratta di una formella in marmo di for- con un buon margine di approssimazione, ma quadrata raffi gurante San Galgano che tra il primo e il secondo decennio del Tre- confi cca la spada nella roccia per adorarne cento, come si desume dal confronto con l’elsa in forma di croce, secondo l’episodio la contemporanea produzione scultorea se- riferito dalle fonti agiografi che. Il santo è ef- nese. Tipica di questa fase è la tendenza a fi giato come un giovane cavaliere che indos- risolvere la fi gurazione con poche forme sin- sa un lungo abito a tunica e un ampio man- tetiche e compatte, che si stagliano con vivo tello; la testa è coperta da una cuffi a legata aggetto su un fondale liscio, in antitesi alle sotto il mento, dalla quale spuntano ciuffi posizioni espresse allo scadere del Duecento di capelli sulla fronte e sulla nuca. Chinan- da Giovanni Pisano e dalla sua équipe. A que- dosi in avanti nell’atto di muovere un passo, sta solidità delle masse si accompa- con la mano destra il santo pianta la spada gna, nel bassorilievo esaminato, un’accurata in un cumulo di rocce smussate, mentre con defi nizione di certi particolari decorativi, la sinistra trattiene un lembo del mantello. come l’orlo frangiato della veste e del man- Fanno da cornice alla scena due esili alberel- tello di Galgano, o ambientali, come l’esatta li fronzuti che spuntano ai lati. differenziazione botanica delle chiome de- Il soggetto iconografi co si giustifi ca fa- gli alberi. Nonostante il mediocre stato di cilmente, quando si pensi che il castello di conservazione del rilievo, consumato dalla Frosini, appartenuto per secoli ai conti Del- prolungata esposizione all’aperto, l’equili- la Gherardesca, era stato incamerato a caval- brio della composizione e la defi nizione dei lo fra Due e Trecento fra i beni della potente dettagli consentono di apprezzare ancora la abbazia di San Galgano; l’inserimento di qualità tutt’altro che modesta dell’opera. questo bassorilievo doveva, pertanto, avere I caratteri stilistici della formella sono la funzione di demarcare l’edifi cio come prossimi a quelli di una serie di rilievi con-

1 Paolo Cammarosano - Vincenzo Passeri, I Ca- cura di A. Nardini, Siena 2001, p. 105: “una formella stelli del Senese, 1976, ed. Venezia 1985, p. 302: “una in marmo con l’immagine di San Galgano, a ricordo bella formella in marmo con l’immagine di S. Gal- del controllo cistercense sull’insediamento a partire gano”; Massimo Marini, Chiusdino. Il suo territorio e dalla seconda metà del XIII secolo”. l’abbazia di San Galgano. Itinerari storico-naturalistici, 2 Marie-Ange Causarano, Atlante cronotipologico Siena 1995, p. 23: “si osservi una formella in marmo delle murature, in Carta Archeologica della Provincia di con l’immagine di San Galgano”; Alessandra Nardi- Siena. Volume IV. Chiusdino, a cura di A. Nardini, Sie- ni - Marie-Ange Causarano, Frosini, in Carta Arche- na 2001, p. 193. ologica della Provincia di Siena. Volume IV. Chiusdino, a 15 servati nella Pinacoteca Nazionale di Siena, manica, fi nanche il paffuto ovale del volto aventi per soggetto alcuni episodi post mor- giovanile, sono tutti particolari che rendono tem di Cristo; in origine appartenevano al le due fi gure quasi sovrapponibili. fronte di un monumento sepolcrale parieta- Quanto alla cesellata defi nizione delle le, forse a quello del vescovo Rinaldo Mala- foglie dei due alberelli, uno dei quali identi- volti († 1307) che, stando alle fonti, era eret- fi cabile con una quercia, un termine di pa- to sull’altare di san Bartolomeo nel duomo ragone si può individuare negli arbusti che di Siena3. Questi frammenti sono caratteriz- fanno da sfondo all’episodio del Noli me tan- zati dalla tendenza a rappresentare le scene gere sulla cassa del monumento funebre del tramite poche fi gure icasticamente isolate su cardinal Petroni, scolpito da Tino di Camai- un fondale no nel secondo decennio del Tre- liscio e disa- cento4. Qui si fer- dorno, pri- mano le analogie, vo persino giacché il rilievo di quelle di Frosini non minime ha nient’altro connota- in comune con zioni am- la produzione bientali tinesca e pare che si in- leggermente dividua- anteriore al no nella sepolcro Pe- formella troni. di Frosi- Al con- ni. Col- trario, la pisce so- già sotto- prattutto lineata la somi- ‘Maestro del sepolcro Malavolti’ (attr.), ‘consan- glianza fra San Galgano confi cca la spada nella roccia, bassorilievo in marmo, 1305-1315 ca. guinei- il nostro tà’ con le San Galgano e il San Tommaso nell’atto di ve- sculture della Pinacoteca invoglia a credere rifi care le stimmate della serie conservata nella che la formella di Frosini sia riconducibile Pinacoteca. L’inarcarsi della fi gura, il contra- al medesimo ambito, forse direttamente al sto fra la liscia superfi cie del mantello e le loro ignoto artefi ce. Ne conseguirebbe una pieghe dell’abito sottostante, la maniera di piccola aggiunta al corpus del cosiddetto rappresentare la mano che trattiene il lem- “Maestro del sepolcro Malavolti”, una delle bo del mantello in secondo piano rispetto più intriganti personalità attive sulla scena al braccio levato a compiere l’azione, quella senese del primo Trecento, che ancora si sorta di schiacciamento della superfi cie della sottrae ad una compiuta defi nizione critica5.

3 In proposito si vedano: Roberto Bartalini, Scul- vità toscana di Tino di Camaino, in Scultura gotica senese tura gotica in Toscana. Maestri, monumenti, cantieri del (1260-1350), a cura di R. Bartalini, (Itinerari e proposte, Due e Trecento, Cinisello Balsamo 2005, p. 82 e Silvia 17), Torino 2011, pp. 120-121. Colucci, Gano di Fazio e la scultura al passaggio tra Due 5 Il nome critico è stato coniato da Alessandro e Trecento, in Scultura gotica senese (1260-1350), a cura di Bagnoli (in Marco Romano e il contesto artistico senese R. Bartalini, (Itinerari e proposte, 17), Torino 2011, pp. fra la fi ne del Duecento e gli inizi del Trecento, cat. della 40-41, 61. mostra (Casole d’Elsa 2010), a cura di A. Bagnoli, Ci- 4 La cronologia del monumento è discussa, ma la nisello Balsamo 2010, p. 228), il quale non esclude critica è ormai orientata a circoscriverla verso il 1315- che quest’anonima personalità sia identifi cabile con il 16 1317. Da ultimo si veda Claudia Bardelloni, L’atti- maestro Camaino di Crescentino. I marchesi Leopoldo Feroni e Caterina Gori Pannilini, signori e mecenati di Frosini nell’Ottocento di Silvia Colucci*

Assieme alla cura della vetusta abbazia di mercante e banchiere ad Amsterdam; per i San Galgano presso Chiusdino, anche il ca- servigi resi al Granducato, nel 1681 costui fu stello medievale di Frosini divenne, alla fi ne investito del titolo marchionale ottenendo del Settecento, proprietà di un prelato ap- in feudo la tenuta di Bellavista nella Valdi- partenente ad un illustre casato fi orentino: nievole2. Si deve forse a Francesco la forma- il cardinale Giuseppe Maria Feroni, ultimo zione del primo nucleo della quadreria di abate commendatario perpetuo del tempio famiglia, che annovera, non a caso, numero- cistercense1. Nei primi decenni del secolo si dipinti di scuola nordica, verosimilmente successivo i suoi eredi, ovvero il marchese acquistati nel corso del suo soggiorno nelle Leopoldo Feroni (1773-1852) e la consorte Fiandre. Nel 1788, alla morte del marchese senese Caterina Gori Pannilini (1800-1865), Giuseppe Francesco Feroni, l’ormai cospi- trasformarono il castello nella residenza di cua raccolta venne smembrata fra i tre fi gli campagna di famiglia, apportando consi- Fabio, Ubaldo Francesco e appunto Leopol- stenti modifi cazioni al suo assetto architet- do, il quale lasciò poi per testamento la sua tonico e al suo apparato decorativo. parte alla città di Firenze (ora agli Uffi zi)3. Della fortuna della famiglia Feroni, ori- È presumibile che Leopoldo, amante delle ginaria di Empoli, era stato artefi ce il tin- belle arti e delle lettere4 e fi ne mecenate, ab- tore Francesco di Baldo, arricchitosi come bia contribuito - sia pur modestamente - ad

* Si ringraziano per la disponibilità i conti Spallet- alla Città di Firenze. Il nipote Alessandro, ultimo ti, proprietari del castello di Frosini; Federica de’ Gori esponente del casato (giacché Leopoldo e Caterina Pannilini; Maria Laura Pogni, direttrice della Società non avevano avuti fi gli), per disporre liberamente del di Esecutori di Pie Disposizioni di Siena; Nadia Cero- palazzo di famiglia cedette nel 1865 la raccolta al ni, Conservatrice del Museo d’Arte della Città di Ra- Comune, che provvide a depositarla presso la Gal- venna; un sentito ringraziamento va anche a Patrizia leria degli Uffi zi, nella quale tuttora è conservata (la Agnorelli per i preziosi consigli. documentazione relativa alla cessione della raccolta al Comune di Firenze e ai successivi atti di deposito 1 Emanuele Repetti, Dizionario geografi co, fi si- si conserva presso l’archivio dell’Uffi cio Catalogo e co, storico della Toscana, contenente la descrizione di tutti Fototeca dei Musei Civici Fiorentini). La genesi del- i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e la raccolta, costituita da 158 dipinti, 2 sculture e 4 Lunigiana e supplemento al dizionario, vol. II, Firenze formelle in pietre dure, è in corso di studio da parte 1835, pp. 347-349. Giuseppe Maria Feroni (Firenze dello staff degli Uffi zi. 1693-1767) era stato creato cardinale il 24 novembre 4 Leopoldo Feroni, membro dell’Arcadia con il 1753 da Benedetto XIV. nome accademico ‘Adrasto’ dal 1791, coltivava anche 2 Antonio Paolucci, Francesca Petrucci, I Fero- qualche vaga ambizione letteraria. È autore degli scrit- ni a Bellavista. Un esempio di villa barocca in Toscana, in ti: Viaggio di un anno dall’ottobre 1821 all’ottobre 1822, “Paragone”, 345, 1978, pp. 26-45. Firenze 1822; La natività, sestine del marchese Leopoldo 3 Nel suo testamento del 1850 il marchese sta- Feroni fra gli arcadi di Roma Adrasto Focense, Firenze bilì che la collezione sarebbe dovuta restare in una 1828. Sono numerosi i libri di proprietà del marchese sala del suo palazzo di via Faenza a Firenze, libera- pervenuti in eredità alla Biblioteca Comunale degli mente fruibile dal pubblico ogni giovedì; in caso di Intronati di Siena, sia incunaboli e cinquecentine che alienazione del palazzo, sarebbe invece stata donata pubblicazioni seicentesche di antichistica. 17 a tal proposito, una vivida testimonianza delle sue preferenze in campo artistico pro- prio le commissioni effettuate per la tenuta di Frosini in qualità di proprietario e mece- nate, sulle quali sarà opportuno indugiare. All’aprirsi dell’Ottocento nel borgo si trovava soltanto la pieve romanica di S. Michele Arcangelo, ubicata alle propaggini dell’abitato, attigua ad un’area cimiteriale7; inoltre, nel castello esisteva la piccola cap- pella di S. Galgano, che costituiva una suc- cursale della pieve parrocchiale di S. Maria a Monti di Malcavolo, podere non distante da Frosini. Il marchese Feroni assunse l’ini- ziativa di erigere alle pendici del castello una nuova chiesa battesimale in sostituzione della cappella di S. Galgano e di farvi trasla- re il titolo parrocchiale della modesta pieve di Malcavolo8. Il progetto della chiesa della Madonna Caterina Gori Feroni, Autoritratto, olio su tela, prima metà del Buon Consiglio, eretta negli anni venti- del XIX sec. (Siena, Santa Maria della Scala, sede storica della trenta dell’Ottocento in sobrie ma elegan- Società di Esecutori di Pie Disposizioni). ti forme neoclassiche, si deve all’architetto fi orentino Gaetano Baccani9. La facciata in arricchire la quadreria ereditata assecondan- laterizio è scandita da quattro paraste d’or- 5 do il proprio orientamento estetico . Il suo dine gigante in travertino, che sostengono gusto appare caratterizzato dalla predilezio- un timpano del medesimo materiale e in- ne per certo classicismo, incarnato da opere corniciano il portale e la soprastante lunetta nelle quali prevalgono “principi di decoro, vetrata. L’interno, a navata unica con tribu- compostezza, simmetria e astrazione for- na absidale soprelevata e volta adornata di 6 male di ascendenza raffaellesca” . Offrono, stucchi dorati, presenta un ricco pavimento,

5 Caterina Caneva ritiene, tuttavia, che il contribu- di Apollonio Nasini con la Madonna del rosario e i santi to all’accrescimento della collezione offerto da Leopol- Caterina e Domenico, una tela dell’ambito del Maratta do sia stato esiguo, almeno a giudicare dalla tipologia con la Madonna col Bambino e i santi Niccolò e Galga- dei dipinti presenti, in larga parte caratterizzati da un no (attualmente presso la Soprintendenza di Siena) e “vivace sapore realistico” poco affi ne ai gusti del per- due laterali con i santi Sebastiano e Rocco (attualmente sonaggio: C. Caneva, Appunti per una storia della Colle- presso la Curia Arcivescovile di Siena), oltre ad una zione Feroni, in La Collezione Feroni. Dalle Province Unite modesta statua lignea policromata di Santa Lucia agli Uffi zi, catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli (XVII-XVIII sec.) e ad una tela (vedi oltre), entrambe Uffi zi, Salone delle Reali Poste, 9 luglio - 11 ottobre provenienti dalla pieve di Malcavolo. 1998), a cura di C. Caneva, Firenze 1998, pp. 25-26. 8 Si veda E. Repetti, Dizionario…, vol. II, 1835, 6 C. Caneva, Appunti…, 1998, p. 25. p. 347. 7 All’epoca di Francesco Brogi, nella seconda metà 9 Gaetano Baccani (Firenze, 1792-1867) si formò dell’800, la chiesetta aveva assunto l’intitolazione di all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto Gaspare Compagnia del SS. Sacramento e Carità. Proviene da Maria Paoletti; ne divenne professore nel 1818 e in quest’edifi cio il trittico di Giovanni di Paolo e botte- seguito maestro dal 1849 fi no alla morte. Rivestì inol- ga avente per soggetto la Madonna col Bambino, San tre la prestigiosa carica di Architetto dell’Opera del Nicola di Bari, S. Galgano e altri santi (tempera su tavo- Duomo dal 1824 al 1860. Ha progettato e costruito la, cm 202 x 197, 1475-80 ca.) attualmente conservato numerosi edifi ci fi orentini, prevalentemente in stile nella Walters Art Gallery di Baltimora (inv. n. 37.554); neoclassico ma anche neogotico. Sulla sua fi gura si l’opera fu alienata anteriormente al 1895. Nella chie- veda adesso: Stefania Bertano, Angelamaria Quar- setta, ove sono presenti tre mediocri lunette a fresco tulli, Gaetano Baccani. Architetto nella Firenze dell’ulti- 18 di Giovan Paolo Pisani, si conservano ancora: una tela ma stagione lorenese, Firenze 2002. Giovan Battista Canevari, Vergine del Buonconsiglio, olio su Pietro Benvenuti, La visione di San Galgano, olio su tela, 1838 tela, 1838 ca., Frosini, Chiesa della Madonna del Buon Con- ca., Frosini, Chiesa della Madonna del Buon Consiglio. siglio. tre altari, un fonte battesimale e altri arredi guranti La visione di san Galgano e l’episodio in marmi policromi, che concorrono a cre- evangelico del Sinite parvulos, al rinomato are un complesso di notevole omogeneità pittore neoclassicista Pietro Benvenuti13. È, stilistica10. in particolare, il secondo dipinto a rivelare La tela dell’altar maggiore, avente per appieno quegli ideali di compostezza, de- soggetto la Vergine del Buonconsiglio, è riferita coro ed equilibrio della composizione che dalle laconiche fonti locali ad un non me- costituiscono la cifra dell’arte del Benvenu- glio identifi cato Canovari o Canovai roma- ti, e che devono aver conquistato il favore no11; si tratta, con ogni probabilità, di Gio- del Feroni. Giova, peraltro, rammentare che van Battista Canevari (Roma 1789-1876), il pittore replicò in questo quadro la com- bel pittore membro dell’Accademia di San posizione adottata per lo stesso soggetto in Luca12. Ancor più indicativa dell’orienta- una tela destinata al Granduca, attualmente mento estetico del marchese Feroni risulta conservata nella Galleria d’Arte Moderna di la scelta di affi dare le due tele laterali, raffi - Palazzo Pitti14.

10 È opportuno osservare che il marchese fece esplicitamente dichiarato romano. erigere la nuova chiesa in stile neoclassico, mentre i 12 Si veda in proposito: Maestà di Roma. Da Napo- caratteri formali della ristrutturazione e dell’amplia- leone all’Unità d’Italia. Universale ed eterna capitale delle mento del castello sono in chiave neomedievale, in arti, catalogo della mostra (Roma, 7 marzo - 29 giugno armonia con le preesistenze architettoniche. In pro- 2003), Milano 2003, p. 421. posito si veda, in questa sede, la scheda relativa al ca- 13 Arezzo, 8 gennaio 1769 - Firenze, 3 febbraio stello di Frosini. 1844. La commissione dei due dipinti cade dopo il 11 Archivio della Società di Esecutori di Pie Dispo- 1838, negli ultimi anni di vita del pittore. Ugo Vi- sizioni di Siena (d’ora in avanti ASEPD), C.XIV.171, viani, Arezzo e gli aretini. Pagine raccolte dal dott. U.V., Relazione e costatazione del patrimonio immobiliare spet- Arezzo 1921, p. 185: “[P. Benvenuti] Fece due quadri tante alla Eredità del Nobile Signore Marchese Leopoldo d’altare per la chiesa del Marchese Leopoldo Feroni Feroni, Parte terza, Tenuta di Frosini (1855): l’estensore alla nuova villa di Frosini uno rappresentante G. Cri- la riferisce al “Canovai Romano”. Invece Francesco sto che benedice i Fanciulli, e l’altro rappresentante la Brogi, Inventario generale degli oggetti d’arte della Provin- Visione di S. Gargano”. Si veda adesso: Pittore impe- cia di Siena (1862-1865), Siena 1897, p. 126, la riferisce riale: Pietro Benvenuti alla corte di Napoleone e dei Lore- al “Canovari”. A ben vedere, è attestato a Firenze nel na, catalogo della mostra (Firenze, Galleria Palatina e 1854 un certo pittore Zanobi Canovai, che espose Galleria d’arte moderna, Palazzo Pitti, 10 marzo - 21 nella Sala della Società Promotrice di Belle Arti un giugno 2009), a cura di Liletta Fornasari e Carlo Sisi, dipinto dal soggetto Galileo che detta al Viviani la dimo- Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, strazione de’ moti locali, riscuotendo scarso successo (in Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale “Bullettino delle Arti del Disegno”, I, 6 luglio 1854, della Città di Firenze, Livorno 2009, pp. 182-183. n. 27, pp. 211-213). Diffi cilmente, però, questi sarà da 14 Carlo Sisi, Palazzo Pitti. Galleria d’Arte Moderna, identifi care con l’egregio autore della tela di Frosini, Livorno 2008, p. 249; Pittore imperiale…, 2009, p. 182. 19 Gaetano Baccani, Chiesa della Madonna del Buon Consiglio a Frosini, terzo-quarto decennio del XIX sec.

Una volta terminata la costruzione e la gnor Giuseppe Gaetano Incontri, vescovo di decorazione dell’edifi cio, con atto del 9 no- Volterra, la cessione del giuspatronato attivo vembre 1841 il marchese otteneva da monsi- sulla pievania di Malcavolo per trasferirlo

Il 31 ottobre 2009 è stato messo in vendita da Damien tici, l’uno per Marchese Ferroni per la chiesa di Fro- Leclere all’asta di Marsiglia (lotto 116) un bozzetto sini, l’altro per Granduca per la Galleria moderna di su tela con questo soggetto (cm 31 x 24,5); sul tergo Toscana, questo bozzetto fu regalato dall’autore Ben- è vergata l’iscrizione: “Bozzetto originale del celebra- venuti Suocero al suo genero Dr Gasparo Barzellotti. tissimo pittore Pietro Benvenuti da lui perfezionato / Stimato dal Gagliardi padre negoziante a resta cura- 20 dopo la esecuzione fattane nei due quadri quasi iden- tore di quadri Lit 10000”. nella nuova chiesa di Frosini15. Contestual- siano state da lui acquistate o semplicemen- mente, il Feroni istituiva un’Opera preposta te ereditate19. alla gestione del patrimonio e degli obblighi Di sicuro la volontà del testatore fu esau- gravanti sulla chiesa e alla “custodia degli ar- dita, visto che il quadretto con la Santa Te- redi sacri che non occorrono nel giornaliero resa pervenne alla chiesa di Frosini (dove servizio”16. già il Brogi ne registra la presenza verso il La cura devota e assidua che il marche- 186420) e vi è tuttora conservato21. Quanto se Feroni riservava alla chiesa di Frosini è al dipinto con il Sant’Antonino vescovo, la testimoniata anche da un’ultima iniziativa, marchesa Caterina si premurò, nel suo te- assunta all’atto di redigere le sue disposizio- stamento olografo del 19 gennaio 1864, di ni testamentarie del 19 aprile 1844: “lascio assecondare e ribadire la volontà del mari- alla mia chiesa di Frosini un quadretto rap- to: “Voglio che al più presto, dopo la mia presentante Santa Teresa di Carlino Dolci, morte, venga inviata e consegnata all’Opera che tengo nella mia camera, da porsi nell’In- della Chiesa Parrocchiale di Frosini la Testa ventario delle suppellettili spettanti a detta rappresentante il ritratto di S. Antonio [sic] chiesa. E semmai la suddetta signora Cate- per mano di Carlo Dolci, a forma delle te- rina Gori Pannilini mia consorte, a me pre- stamentarie disposizioni del mio defunto morisse, lascio alla predetta chiesa, anche il marito”22. Caterina si spegneva l’anno suc- quadro rappresentante Sant’Antonino lega- cessivo; la documentazione d’archivio rivela to alla suddetta”17. Il passo ci rivela un altro che il 4 settembre 1865 gli esecutori testa- aspetto delle preferenze artistiche del mar- mentari venivano rimborsati per il viaggio chese, l’apprezzamento per la pittura di Car- compiuto a Siena “per portare il quadro lo Dolci, il maggiore maestro fi orentino del rappresentante S. Antonino destinato per la Seicento18; del resto, il rigoroso ‘purismo’ chiesa di Frosini”, ma ancora il 22 gennaio fi gurativo di quel pittore, che partecipa ap- 1866 si registra una voce di spesa “per far pieno del classicismo seicentesco senza fare portare alla Compagnia dei Disciplinati una alcuna concessione all’estro barocco, ben si cassetta contenente il quadro destinato per concilia con l’indole di Leopoldo. Purtrop- Frosini”23. Per ragioni ignote - forse ricon- po non è dato sapere quando tali opere ab- ducibili alla dipartita dell’erede Alessandro biano fatto ingresso nella collezione, se cioè Feroni nel 1866 e alle successive spartizioni

15 Già dal maggio 1837 la nuova chiesa era consa- bottega; si tratta di cinque ovali raffi guranti: Angelo crata e regolarmente offi ciata: Archivio Storico Dioce- Annunziante e corrispondente Vergine Annunziata, Ecce sano di Volterra. Archivi Parrocchiali, Inventario, risorsa Homo, Madonna ‘del dito’, San Filippo Neri (La Collezio- digitale online, Hyperborea s.c. 2008, p. 48. ne Feroni…, 1998, pp. 88-89 e 121). Caterina Caneva 16 Archivio di Stato di Firenze, Notarile, Rogiti del è propensa a credere che queste tele abbiano fatto in- notaio Luigi Lami, vol. 7695, 4, p. 81, 1841 novem- gresso nella collezione nel XVIII secolo (Appunti…, bre 9; citato da Antonio Canestrelli, L’Abbazia di S. 1998, pp. 34 e 36). Galgano, Firenze 1896, p. 102 nota 1. Una copia del 20 F. Brogi, Inventario…, 1897, p. 127: “S. Teresa Contratto di fondazione di uffi ziatura e istituzione d’Opera di Gesù. Piccola testa dipinta a olio. Altezza 0,18 lar- della Chiesa di Frosini del dì 9 novembre 1841 si conserva ghezza 0,15. Secolo XVII. Maniera di Carlo Dolci”. anche nell’ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.5. Alcuni 21 La tela con Santa Teresa non viene menzionata fra gli arredi liturgici conservati nella chiesa, di note- negli inventari noti della Collezione Feroni (1847 e vole valore artistico, verranno prestati dal successivo 1895), forse perché fi n dal 1841 era stata legata alla proprietario, Ippolito Niccolini, alla Mostra della Anti- chiesa di Frosini e dunque scorporata dalla quadreria ca Arte Senese del 1904. di famiglia; oppure si deve supporre che sia frutto di 17 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.5, Testamento di un acquisto del marchese Leopoldo. Attualmente nel- Leopoldo Feroni (19 aprile 1844). Si tratta di una prima la chiesa della Madonna del Buon Consiglio è esposta stesura del testamento, poi superata da quella defi - una riproduzione del dipinto, giacché l’originale è cu- nitiva del 1850. E’ opportuno precisare che anche il stodito sotto chiave nei locali dell’attigua canonica, di quadro di Sant’Antonino era attribuito a Carlo Dolci. proprietà della Curia Arcivescovile di Siena. 18 Firenze, 1611-1687. Su di lui si veda: Francesca 22 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.1, Testamento olo- Baldassari, Carlo Dolci, Torino 1995. grafo della nobil fu Sig. Marchesa Caterina Gori-Pannilini 19 Nella Collezione Feroni pervenuta agli Uffi zi vedova Feroni, 19 gennaio 1864, pp. 5-6. sono presenti altre opere di Carlo Dolci o della sua 23 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.3, p. 29. 21 dei beni fra le tre fi glie - il dipinto dovette La fi gura storiografi ca di Caterina, che restare a lungo in quella provvisoria colloca- pure proveniva dall’illustre casato senese dei zione. Infatti, soltanto nel 1876 Elisa Feroni Gori Pannilini, è rimasta decisamente in om- Marchesini autorizzerà l’economo spirituale bra, offuscata dalla preponderante notorietà di Frosini a ricevere in consegna la piccola del marito; merita invece di essere analizza- tela di Carlo Dolci24 - in realtà copia da un ta e riscoperta. Al padre, cavaliere Ottavio suo prototipo -, della quale peraltro si sono di Giulio Gori (1758-1813), l’erudito Ettore in seguito perse le tracce25. Romagnoli dedicava una delle sue biografi e, giacché questi aveva praticato un’attività di pittore dilettante; passione trasmessa alla fi - glia, come si legge in chiusura: “si dilettò […] di pittura una delle molte fi glie che ebbe il Gori, Caterina maritata al marchese Leopol- do Ferroni di Firenze condusse molti quadri e studi con accuratezza e buon disegno”26. Di sicuro le colte frequentazioni del consor- te devono aver stimolato non poco l’amore di Caterina per la cultura umanistica e per le arti fi gurative in particolare, sollevandola dalla canonica educazione femminile sette- ottocentesca che prevedeva, per le fanciulle di nobili natali, un generico approccio alla pratica della pittura27. La corrispondenza epistolare con alcuni personaggi del tempo è rivelatrice del calibro dei rapporti che in- tratteneva, soprattutto nei periodi dell’anno in cui dimorava a Firenze; apprendiamo, ad esempio, che la marchesa era in contatto con il professore abate Melchior Missirini (Forlì Carlo Dolci, Santa Teresa (riproduzione fotografi ca dall’origi- 1773-1849), segretario e biografo di Canova, nale olio su tela), XVII sec., Frosini, Chiesa della Madonna del Buon Consiglio. oltre che poeta, erudito e fecondo scrittore

24 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.6: “Io sotto- San Filippo Neri, tuttora in Collezione Feroni agli scritta Elisa fi glia del fu Marchese Alessandro Feroni Uffi zi. consorte del Signor Tito Marchesini domiciliata in 26 Ettore Romagnoli, Biografi a cronologica de’ Firenze comproprietaria della tenuta di Frosini […] bellartisti senesi, 1200-1800 (1835), rist. anast. Firenze dichiaro che la chiesa non ha Operaio né Opera che 1976, vol. XII, p. 428. Nella guida di Giovacchino la governa essendo a carico delle proprietarie Signore Faluschi (Breve relazione delle cose notabili della città di Giulia Feroni nei Cerrina, Elisa Feroni nei Marchesi- Siena, ampliata e corretta, Siena 1815, p. 166) si legge ni, e Paolina Feroni nei Morelli […] autorizzo […] a che nella chiesa di S. Egidio: “Il Tondo colla B. Ve- consegnare al Molto Reverendo Signor Don Giuseppe ronica fu dipinto dal cav. Ottavio Gori nel 1806”. I Pacini Economo Spirituale di Frosini il quadro rap- fi gli di Ottavio Gori Pannilini e Giulia Azzoni era- presentante il ritratto di S. Antonino Arcivescovo di no: Fabio, sposo di Francesca Pecci, nato nel 1789; Firenze per mano di Carlo Dolci…” (12 aprile 1876). Carolina, sposa di Francesco Bonci Casuccini, nata Elisa Feroni Marchesini resterà proprietaria di Frosini nel 1794; Emilia, sposa di Carlo de Vecchi, nata nel fi no al 27 febbraio 1884, quando venderà la tenuta 1796; e appunto Caterina, nata il 30/09/1800, sposa al marchese Ippolito Niccolini (Pistoia 1848 - Firenze di Leopoldo Feroni. 1919). 27 Il suo necrologio, apparso su “La Nazione” del 25 La tela dovrebbe potersi identifi care, secondo 24 marzo 1865, recita non senza una punta di retori- Francesca Baldassari (Carlo Dolci, 1995, p. 91 e fi g. co ossequio: “Ebbe cultura pari alla elevatezza della 28w), con un esemplare passato sul mercato antiqua- condizione; si dilettò di lettere, di lingue straniere e rio (Londra, Sotheby’s, 10-12-1980, n. 3). Si tratta di di arti; e si ammirano di lei alcuni dipinti, superiori una copia da un prototipo del Dolci, che costituiva a quanto può aspettarsi da semplici amatori, divenuti 22 il pendant dell’altro ovale (anch’esso una copia) con tali per sistema di educazione”. di saggi storico-artistici e celebrativi28. Con questo non si vuol certo dire che Caterina sia da annoverare fra gli artisti misconosciuti dell’Ottocento; si tratta, in ultima analisi, di una dilettante appassionata dalla mano non infelice, come sembra rivelare l’esigua docu- mentazione superstite. Già in età giovanile ella praticava in maniera amatoriale la pittura, dedicandosi in particolare alla riproduzione di dipinti antichi. Nella solenne mostra organizza- ta all’Accademia di Belle Arti di Siena nel 1821 in occasione della venuta dei Sovrani, all’epoca del direttore Giuseppe Colignon, la “Nobile Signora Caterina Gori” si distinse esponendo “una S. Caterina copia a olio, da Guido, ed una Madonna dal Frate”29. Si deve all’ispettore-restauratore Francesco Brogi la segnalazione di altri due suoi dipinti, il primo ubicato nella Pieve di San Galgano a Montesiepi e il secondo nella Cappellania Pietro Benvenuti, Sinite parvulos, olio su tela, 1838 ca., Frosi- di Malcavolo, ovvero nelle terre di proprie- ni, Chiesa della Madonna del Buon Consiglio. tà Feroni. Della prima tela, effi giante una Madonna addolorata, si sono perse ormai le Sacramento e Carità a Frosini ma proviene, tracce30; si conserva ancora la seconda, una secondo attendibili testimonianze, dalla pie- Madonna del Buon Consiglio, la cui autografi a ve di Malcavolo; pertanto è sicuramente da non è tuttavia esente da dubbi. identifi care con la tela censita dal Brogi ver- Il dipinto, purtroppo in pessime condi- so il 1864 come autografa di Caterina Fero- zioni, presenta una composta effi gie della ni31. Curiosamente, però, per questo dipinto Vergine assisa sull’arcobaleno fra le nuvole, è attestata anche una diversa attribuzione; con il Bambino seduto sul ginocchio destro; la si reperisce in un inventario manoscritto in basso due angeli dall’aspetto efebico sro- del patrimonio immobiliare dell’eredità del tolano un cartiglio con l’iscrizione mater marchese Leopoldo, nella sezione relativa boni consilii, mentre in cima due putti alla tenuta di Frosini (1855). L’ignoto esten- sembrano discostare le nubi al pari di un sore, peraltro alquanto approssimativo nelle tendaggio. L’opera è attualmente conservata indicazioni di carattere storico-artistico, rife- nella piccola chiesa della Compagnia del SS. risce che nella chiesa di Malcavolo sull’altar

28 Firenze, Biblioteca Marucelliana, ms. D.383, naturale del Celebre Guido Reni” (Breve relazione…, lettera di Caterina Feroni a Melchior Missirini, 1829 1815, p. 151). (nella quale si accenna anche al Cav. Camuccini). 30 F. Brogi, Inventario…, 1897, p. 129: “Quadri nelle Un’altra lettera, inviata ad un certo A. Benelli, reca pareti - La Madonna Addolorata. Figura al vero dipinta l’indicazione “Caterina Feroni pittrice” (Firenze, Bi- a olio su tela, alta 2,00 larga 1,40 circa. Secolo XIX. blioteca Moreniana, Fondo Palagi, fi lza 423, ins. 1-3 Marchesa Caterina Ferroni”. bis, lettera di Caterina Feroni a A. Benelli, 30 aprile 31 F. Brogi, Inventario…, 1897, p. 127: “Altare 1855). Maggiore - La Madonna assisa sulle nubi, che ha Gesù 29 “Gazzetta di Firenze”, n. 101, 23 agosto 1821, p. Bambino posato sul ginocchio destro. Quattro Angeli 5. La prima opera potrebbe aver riprodotto la tela con le stanno attorno, due dei quali tengono una fascia, Santa Caterina che Guido Reni aveva lasciato a Siena ove è scritto: «mater boni consilii». Tela dipinta a nel palazzo della famiglia Gori di via Banchi di Sopra olio con fi gure al vero, alta 2,30 larga 1,70. Secolo (attuale Grand Hotel Continental), così descritta da XIX. Marchesa Caterina Feroni”. G. Faluschi: “Una S. Caterina in ovato traverso fi gura 23 Autore ignoto (Caterina Gori Feroni o Domenico Monti?), Madonna del Buonconsiglio e angeli, olio su tela, ante 1855, Frosini, Compagnia del SS. Sacramento e Carità.

Autore ignoto (Caterina Gori Feroni o Domenico Monti?), Madonna del Buonconsiglio e angeli, olio su tela, ante 1855, Frosini, Compagnia del SS. Sacra- 24 mento e Carità, particolare del volto della Vergine. maggiore “vi è un quadro rappresentante L’autoritratto si conserva nella sede stori- la Vergine del Buon Consiglio, opera del ca della Società di Esecutori di Pie Disposi- Professor Monti”32. Si allude a Domenico zioni di Siena (già Compagnia dei Discipli- Monti, pittore ma soprattutto abile restau- nati sotto le Volte dello Spedale), istituzione ratore, attivo fra Siena e Firenze nella pri- largamente benefi ciata dalla nobildonna. Il ma metà dell’Ottocento33. Stupisce questa dipinto, di qualità dignitosa ma non entu- difformità di attribuzioni a distanza di un siasmante, è connotato da una spiccata “at- solo decennio, ancor più quando si pensi titudine sentimentale” nello sguardo perso che sia Domenico Monti che Caterina Fero- e ispirato della fanciulla, che si lascia in- ni erano ancora viventi all’epoca della reda- quadrare nella “temperie di Romanticismo zione delle due fonti. L’analisi stilistica, per incipiente”35. Come recita l’iscrizione sot- quanto possibile, indurrebbe a pronunciarsi tostante, fu donato dal Senatore del Regno in favore del primo; ad un confronto con Augusto Gori Pannilini, nipote di Caterina, l’Annunciazione della chiesa parrocchiale di nel 186936; per l’occasione, la tela fu corre- Campagnatico, eseguita dal Monti nel 1829, data di una pregevole cornice in legno inta- si osserva infatti quello stesso aspetto torni- gliato e dorato, sulla quale vale la pena di to e algido delle fi gure34. Altrimenti si può spendere qualche parola37. Oltre agli stemmi supporre che egli sia intervenuto in qualità Gori Pannilini, Feroni e della Compagnia di restauratore sulla tela di Caterina Feroni, dei Disciplinati, si individuano nei quattro magari precocemente deteriorata dall’insa- angoli altrettanti curiosi simboli. Ad un’a- lubre luogo di conservazione; ipotesi, però, nalisi più attenta, essi si rivelano l’espressio- priva di alcun riscontro documentario. Nel ne dei quattro indirizzi di studi - Teologia, dubbio, sarà opportuno lasciare la questione Lingue Orientali, Architettura e Meccanica in sospeso, anche perché l’unica opera certa - che Caterina volle istituire per testamento, uscita dal pennello di Caterina, il suo auto- fondando un Alunnato sovvenzionato con ritratto giovanile, offre un appiglio troppo le rendite del patrimonio fondiario lasciato debole. in eredità alle Pie Disposizioni38.

32 ASEPD, C.XIV.171, Relazione e costatazione del fatto altresì nel fi ore degli anni suoi; onde per triplice patrimonio immobiliare spettante alla Eredità del Nobile ragione può considerarsi pregevole…”. Signore Marchese Leopoldo Feroni, Parte terza, Tenuta di 37 Non è da escludere che il manufatto si debba Frosini (1855). agli ebanisti A. Guidi, A. Querci e G. Gosi di Siena, ai 33 Domenico Monti nasce a Campagnatico agli quali nel 1870 lo stesso Senatore commissionerà una inizi dell’800; la sua attività è attestata almeno fi no cornice intagliata per il medagliere da inviare all’E- al 1848, ma è ancora in vita nel 1871, come testimo- sposizione Universale di Vienna del 1873. Si veda: nia la corrispondenza epistolare con Luigi Mussini. Si Simone Chiarugi, La fortuna degli intagliatori senesi, in veda: E. Romagnoli, Biografi a…, (1835) 1976, XII, cc. Siena tra Purismo e Liberty, catalogo della mostra (Sie- IX-XII, e adesso Patrizia Agnorelli, Alcuni esempi di na, Museo Civico, 20 maggio - 30 ottobre 1988), coor- artisti-restauratori a Siena nella prima metà dell’Ottocento: dinamento generale a cura di Bernardina Sani, Milano Francesco Mazzuoli e Domenico Monti, in Il corpo dello - Roma 1988, p. 306, fi g. 16. Stile. Cultura e lettura del restauro nelle esperienze contem- 38 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.1, Testamento olo- poranee. Studi in ricordo di Michele Cordaro, coordina- grafo della nobil fu Sig. Marchesa Caterina Gori-Pannilini mento scientifi co di O. Rossi Pinelli, Roma 2005, pp. vedova Feroni, 19 gennaio 1864, p. 8: “In tutti gli al- 283-289. tri miei Beni […] mia erede universale faccio, voglio 34 Una riproduzione dell’opera è pubblicata in che sia, e nomino la Venerabil Compagnia di Maria Cultura artistica a Siena nell’Ottocento, a cura di Carlo Santissima sotto il R. Spedale di Siena, detta dei Di- Sisi e Ettore Spalletti, Cinisello Balsamo 1994, p. 226. sciplinati, con le appresso ingiunzioni, cioè: […] sie- 35 C. Sisi, L’Istituto di Belle Arti e le origini del Purismo no […] erogate nella collazione in perpetuo di tanti senese, in Cultura artistica…, 1994, p. 195. posti quanti ve ne comporteranno dette mie rendite, 36 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.1, Lettera di Au- da conferirsi ad altrettanti Giovani, i quali dovranno gusto Gori del 25 dicembre 1869: “Reputo che sarà recarsi in una Città d’Europa ove esista una delle più gradito a codesta Confraternita il possedere il Ritratto cospicue Università, all’oggetto di perfezionarsi nella originale di mia zia Caterina, Vedova Feroni; quello Teologia, nelle Lingue Orientali, nella Architettura e che unitamente alla presente mi prendo la libertà di nella Meccanica…”. Sull’Alunnato Gori Feroni si veda offrirle, è non solo originale, ma anco autografo, e adesso: Silvia Colucci, Martina Dei, La formazione 25 Come già accennato, la marchesa moriva marchesa disponeva: “come sopra lascio il 20 marzo 1865 nel palazzo Feroni in via e lego al Sig. Enrico Pazzi Scultore, tutti i Faenza a Firenze. Dopo i solenni funerali miei libri che trattano, si riferiscono ed ap- nella curia di S. Lorenzo, il corpo fu traslato partengono alle Arti Belle; come pure tutti in treno fi no a Siena e poi alla chiesa parroc- e singoli gli oggetti attenenti al mio Studio chiale di Frosini, dove Caterina aveva dispo- di Pittura, tutti i gessi, quadri, stampe, il sto di essere sepolta39; tuttavia, nell’edifi cio manichino, e tutto quanto serve all’Arte, ad non si individua alcun monumento né lapi- eccezione soltanto delle copie da me fatte de sepolcrale che attesti il suo luogo di inu- dei due quadri rappresentanti la Madonna mazione. Nella parete destra della chiesa di e l’Angelo di Carlo Dolci, che lascio e lego Frosini è invece murato il cenotafi o di Leo- alla predetta mia sorella Carolina Gori nei poldo Feroni, costituito da un’arca marmo- rea su alto basamento con coperchio a spio- vente, decorata sul fronte da un bassorilievo fi gurato e sormontata dal busto-ritratto del defunto. È opera dello scultore ravennate Enrico Pazzi, tutta intonata ad un’algida purezza classicheggiante, soprattutto nel bassorilievo del sarcofago ispirato ad analo- ghe scene funerarie dell’antichità pagana40. Il progetto del monumento e il busto già realizzato furono esposti nel settembre del 1854 presso i locali dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, riscuotendo il plauso della locale Società Promotrice di Belle Arti41; la commissione dell’opera, come si ricava dall’autobiografi a del suo artefi ce, era stata effettuata in quell’anno dalla marchesa Ca- terina, assidua frequentatrice e sincera esti- matrice dello scultore42. L’intensità del rapporto con quest’artista è ben testimoniata dal testamento di Cate- rina, nel quale, oltre a lasciare tutti i suoi libri contenenti “romanzi, viaggi e lettere” Enrico Pazzi, Monumento funebre del marchese Leopoldo Feroni, marmo grigio e marmo bianco, 1854, Frosini, Chiesa della al libraio fi orentino Antonio Giuntini, la Madonna del Buon Consiglio.

degli architetti a Siena, in Architettura nelle terre di Siena. bassorilievo raffi gura il defunto panneggiato all’antica La prima metà del Novecento, a cura di Luca Quattroc- guidato dalla Carità mentre elargisce l’elemosina ad chi (Fondazione Musei Senesi, Cataloghi/ 8), Cinisel- un gruppo di mendici; sul lato opposto si osserva la lo Balsamo 2010, pp. 34-38. Religione seduta sullo scranno in atto di educare ai 39 Queste notizie si ricavano da ASEPD, Eredità misteri del Vangelo un giovinetto. Feroni, C.XIV.3, pp. 9-10; si conservano anche due 41 Monumento eretto alla memoria del Marchese Pan- fotografi e della defunta composta sul letto di morte nolini-Ferroni dalla Marchesa Pannolini-Ferroni scolpito eseguite dal fotografo J. Sbolci di Firenze, che furono da Enrico Pazzi di Ravenna, in “Bullettino delle Arti fatte per tramite dello scultore Enrico Pazzi (ASEPD, del Disegno”, I, 21 dicembre 1854, n. 51, pp. 402- Eredità Feroni, C.XIV.1). 404. 40 F. Brogi, Inventario…, 1897, p. 127: “Monu- 42 “La marchesa Caterina Pannilini vedova Fero- mento al Marchese Leopoldo Ferroni. Bassorilievo ni mi commise nel 1854 il monumento sepolcrale da ove sono rappresentate la Religione, altre fi gure alle- innalzarsi nella cappella gentilizia di Frosini alla me- goriche, ed il ritratto dello stesso Ferroni. Il bassori- moria ed alle ceneri del suo marito marchese Leopol- lievo scolpito in marmo ha sette fi gure di grandez- do. L’opera incontrò approvazione; il Bullettino delle za un terzo del vero circa. Al di sopra vi è un Erma Arti del Disegno, Anno I, N. 51, 24 dicembre 1854, rappresentante il ritratto del Ferroni. Lunghezza 1,30 vi dedicò un lungo articolo molto onorevole per me, 26 altezza 0,69. Secolo XIX. Pazzi”. Per la precisione, il descrivendolo minutamente e la marchesa con insoli- Casuccini…”43. Qualche informazione ag- (1884) alla Galleria dell’Accademia di Belle giuntiva sulla consistenza di questo lascito si Arti di Ravenna, oggi Pinacoteca Comuna- ricava da un successivo Inventario e stima dei le del Museo d’Arte della Città, tutti i suoi Quadri, ed altri oggetti lasciati per legato dalla quadri e i suoi gessi45. Non è da escludere, fu Sig.a Marchesa Caterina Gori Pannilini […] pertanto, che i dipinti di Caterina Gori Fe- al Sig.e Enrico Pazzi; vi risultano, infatti, due roni siano confl uiti nell’istituzione museale quadri antichi con la Sacra Famiglia e altri ravennate: solo ulteriori ricerche potranno due antichi con la Madonna, purtroppo non far luce sulla sorte del legato testamentario identifi cabili, e ben 37 copie eseguite dalla della nobildonna senese, pittrice dilettante e marchesa44. Il passo ci consente di stabilire benefattrice degli studi46. non soltanto che la nobildonna aveva alle- stito un vero e proprio laboratorio di pittura, ma soprattutto che ella praticava prevalente- mente l’attività di copista, riproducendo in primis le opere conservate nella collezione di famiglia del marito, a partire da quelle del tanto amato Carlo Dolci. Per tentare di rintracciare le opere dell’e- redità di Caterina non resta, forse, che riper- correre gli spostamenti dello scultore Enrico Pazzi (Ravenna 1819 - Firenze 1899). L’ar- tista, che si era stabilito a Firenze nel 1845 divenendo l’allievo prediletto di Giovanni Dupré, aveva avuto una fortunata carriera ri- cevendo prestigiose commissioni pubbliche di carattere celebrativo; gli spettano, fra gli altri, il monumento a Dante Alighieri instal- lato in piazza S. Croce nel 1865 e quello al Savonarola collocato nel Salone dei Cinque- cento in Palazzo Vecchio nel 1882. Al di là della sua cospicua produzione da statuario, è rimasto celebre anche per aver promosso la creazione del Museo Civico Bizantino di Ravenna, in seguito divenuto Museo Na- zionale, di cui fu direttore dal 1884 al 1898 Autore ignoto (Caterina Gori Feroni o Domenico Monti?), quando gli subentrò Corrado Ricci. Oltre Madonna del Buonconsiglio e angeli, olio su tela, ante 1855, Fro- sini, Compagnia del SS. Sacramento e Carità, particolare di a ciò, il personaggio lasciò per testamento un angelo.

ta cortesia mi onorò di un ricco dono in prova della vari per dipingere. sua piena soddisfazione” (Ricordi d’arte di Enrico Pazzi, 45 Notizie sul personaggio si ricavano dalla sua au- statuario, Firenze 1887, rist. a cura di L. Scardino, Fer- tobiografi a: Ricordi d’arte di Enrico Pazzi…, 1887, rist. rara 1991, p. 43). 1991. La sua attività è stata inoltre oggetto di studi 43 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.1, Testamento olo- recenti: Giordano Viroli, Il gesto sospeso. Scultura nel grafo della nobil fu Sig. Marchesa Caterina Gori-Pannilini Ravennate negli ultimi due secoli, Ravenna 1997, e Silvia vedova Feroni, 19 gennaio 1864, p. 6. Pacassoni, Enrico Pazzi (1818-1899) dall’Accademia al 44 ASEPD, Eredità Feroni, C.XIV.5, fasc. 2: Inser- Museo, tesi di laurea, Università degli Studi di Bolo- to dei fogli per la denunzia al Registro: “n. 4 Quadri an- gna, A.A. 2001/2002. tichi rappresentanti 2. la Sacra Famiglia, e 2. la Ma- 46 Le indagini preliminari condotte sull’inventario donna / 37 detti, che 5 grandi, 10 circa un braccio, dei quadri e dei gessi formanti il Legato Pazzi a favo- e il restante tutti piccoli, tutte copie eseguite dalla re dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna conforme defunta Sig.ra Ma. Caterina / Una partita di gessi di all’originale (Firenze, 2 luglio 1899) non hanno, pur- teste, estremità, e pezzi anatomici / Un manichino troppo, sortito alcun risultato utile ai fi ni di questa di Germania con suo piede e casse”, oltre a materiali ricerca. 27 Holbein il Giovane, Ritratto di Erasmo da Rotterdam, Parigi, Louvre.

28 Erasmo da Rotterdam a Siena nel 1509 e una sua lettera apologetica sull’epigrafe “concedo nulli”. di Alfredo Franchi

Nel 1509 Erasmo si trovava a Siena in accuse dei suoi nemici, era portato ad evi- qualità di precettore di Alessandro Stewart denziare il carattere casuale dell’intera vi- fi glio di Giacomo re di Scozia. Invitato dal cenda. In realtà nel 1508, prima del periodo padre a ritornare in patria Alessandro fece in cui aveva iniziato ad utilizzare il simbolo dono al suo precettore di un anello recante nel suo sigillo, trovandosi a Venezia ospite una gemma nella quale era scolpita l’effi gie di Aldo Manuzio, impegnato nella stampa del dio Terminus. Erasmo la fece imprime- dei suoi “Adagia”, aveva avuto l’opportu- re nel suo sigillo con l’aggiunta della frase nità di conversare a lungo con gli studiosi “Cedo nulli”, ossia “non mi piego dinanzi e gli intellettuali che gravitavano attorno a nessuno”. A partire da questo momento all’editore. In tale cerchia di studiosi si era l’immagine di Terminus, il busto di un gio- più volte discettato intorno alla fi gura del vane con i capelli al vento, accompagnò le dio Terminus da quando si era scoperto che medaglie ed i ritratti di Erasmo. L’umani- Terminus era la risposta ad un antico enig- sta Froben, nell’occasione di una visita di ma riferito da Gellio nelle “Noctes Atticae”. Erasmo a Basilea, collocò una grande fi gu- In particolare l’umanista Gyraldus ne aveva ra di Terminus nella mensola del camino; dato la dotta intepretazione in un libro pub- Pirckheimer gli fece pervenire una coppa in blicato nel 1507 . Sotto la dicitura “Aenigma cui era incisa l’identica effi gie e Bonifacius Termini” viene riportata tale delucidazione: Amerbach, in qualità di esecutore testamen- “Una volta meno o due volte meno, non so tario di Erasmo fece scolpire la fi gura di bene / O tutti e due un tempo, come ho Terminus nella sua pietra tombale. Dall’e- inteso dire, / Non volle piegarsi neppure a pistolario dell’umanista veniamo a sapere Giove re”. che i suoi nemici videro nella scelta di tale Si tratta di un enigma in senari giam- emblema la prova tangibile di una arrogan- bici lasciato insoluto da Gellio nel XII libro za indicibile. A distanza di quasi venti anni, della sua opera per stimolare le interpreta- memore ancora della diffusione di tale dice- zioni dei lettori. A parere di Gyraldus in ria, Erasmo fu indotto a scrivere una lettera tali parole si allude al dio Terminus tenuto a sua discolpa, affermando che le parole dai romani in somma reverenza come ap- ritenute insolenti non dovevano intender- pare dalle cerimonie religiose in suo onore si come pronunziate da lui stesso ma dalla descritte da Ovidio nel secondo libro dei morte “Terminus che non si piega dinanzi a “Fasti”: “Allora, quando il Campidoglio, ap- nessuno”. Indicava poi le circostanze in cui pena costruito, era nuovo / L’intera famiglia l’immagine gli era stata donata talché il fatto degli dei si piegò a Giove, e lasciò il luogo: gli era quasi sembrato un presagio di mor- / Terminus, come ricordano gli antichi, tro- te. Per questo aveva pensato di fare del dio vato nel tempio, / resistette al suo posto, e pagano il suo simbolo rinvenendo in esso divide il santuario col grande Giove”. l’esortazione pressante ad emendare la vita Si può verosimilmente pensare, sulla da ogni manchevolezza dal momento che la scorta del quadro delineato, che il giovane morte è ognora incombente per tutti e non Alessandro abbia donato al suo precetto- consente rimandi di sorta. re l’effi gie di Terminus non casualmente, Nel 1528 Erasmo, per difendersi dalle come Erasmo a distanza di anni aveva tut- 29 to l’interesse a far ritenere la vicenda, ma nostrarum rerum nonnihil”1: questa la frase proprio come attestato tangibile di conver- con cui Erasmo compendia nel tragico epi- sazioni e rifl essioni dotte sull’argomento a logo la sua permanenza senese. cui non era rimasto insensibile. Del resto la vicenda terrena del principe era destinata a Desiderii Erasmi epistola apologetica de Termi- ni sui inscriptione “Concedo nulli” concludersi tragicamente come risulta dalle Desiderio Erasmo all’onorevolissimo uomo Al- commosse parole di Erasmo negli “Adagia” fonso Valdes segretario della maestà imperiale quando ricorda il suo soggiorno senese nel Ciò che con il tuo ingegno con grande misura 1509 : “Al fi anco del valorosissimo padre, mi fai conoscere, ho ben conosciuto chiaramente cadde vero fi glio di suo padre, Alessandro… dagli scritti di altri, e cioè che alcuni hanno messo che alla giovane età di vent’anni non man- in giro voci calunniose intorno alla raffi gurazio- cava di nessuna delle qualità che possono ne di Terminus nel mio anello, spargendo la voce adornare la piena maturità di un uomo fuori dell’intollerabile arroganza in cui sarei incorso del comune. Straordinaria bellezza, straor- aggiungendo al simbolo il motto “Non cedo a nes- dinaria nobiltà d’aspetto, fi gura di semidio, suno”. Cosa è questo se non una certa fatale malat- tia di calunniare tutte le cose. Rida Momo, che ha temperamento dolcissimo, sì, ma grande- preso in giro il sandalo di Venere, ma costoro supe- mente dotato per l’apprendimento di ogni rano lo stesso Momo, dal momento che hanno tro- disciplina. A Siena feci per un certo tempo vato qualcosa da criticare in un anello. Li chiame- vita in comune con lui: in quel tempo lo rei Momi, ma Momo di niente si fa beffa, se non addestravo in retorica e in greco. Chiamo dopo averlo esaminato con cura. Questi litigiosi Dio a testimone della mia ammirazione per o sicofanti, con gli occhi chiusi criticano ciò che la prontezza, la felicità, la duttilità, per la non vedono, né hanno compreso, tanto grande è la grande versatilità e capacità assimilativa di forza della malattia. E frattanto pensano di essere quella intelligenza. A Siena studiava giuri- le colonna della Chiesa, nel mentre dispiegano la sprudenza, senza grande trasporto, però, loro stoltezza, unita ad una uguale malizia e sono più noti al mondo di quanto conviene. Sognano per i barbarismi frammischiati al linguaggio che la frase “Concedo nulli” sia detta da Erasmo. giuridico e per l’insopportabile verbosità dei Ora se leggessero i miei scritti vedrebbero che non commentatori… Se mai uomo si dimostrò c’è nessuno così mediocre a cui io mi anteponga, e all’altezza della sua nascita regale, e fi glio di che prontamente cedo dinanzi a tutti piuttosto che un tale re, quell’uomo fu Alessandro. a nessuno. E così coloro che mi hanno meglio cono- Magari il suo amore fi liale avesse in- sciuto per la convivenza familiare, qualsiasi vizio contrato il favore della sorte così come me- mi attribuiscono piuttosto che l’arroganza: e con- ritò il plauso degli uomini! Per non separarsi fesseranno che io sono più vicino al detto socratico dal padre in nessuna circostanza, lo accom- “questo solo so, di non sapere niente”, piuttosto che pagnò in guerra… Ma che ci fa, in mezzo a a questo “non mi piego dinanzi a nessuno”. Ma addirittura immaginano che io abbia un animo tanta violenza, la tua bellezza, la tua giovi- così insolente, da antepormi a tutti, ed anche mi nezza, la tua mansuetudine, il tuo candore? stimano così stolto, da confessarlo con un simbolo? Che ci fa l’uomo di scienza sul campo di Se avessero qualcosa della mentalità cristia- battaglia? Che fa un vescovo con le armi na, interpreterebbero quelle parole, o come non in mano? Ti sei lasciato fuorviare dalla tua fossero mie, o come avessero un altro signifi cato smodata carità fi liale, e per attestare al padre profondo. Vedono lì un’immagine scolpita, sotto il tuo intrepido – troppo intrepido – amore, un masso, e sopra un giovane con i capelli al ven- hai trovato accanto al padre una tristissima to. In tutto ciò c’è qualcosa di Erasmo? morte: è bastata una battaglia ad annien- Se ciò sembra poco, guardino espresso nel- tare come un turbine tanti doni di natura, lo stesso masso Terminus, nel quale se termini la pronuncia, sarà un verso giambico dimetro tanti talenti, tante fervide speranze. Anche acatalettico. “Concedo nulli Terminus”: se inizi una parte di me è morta: quel che impiegai da quest’ultima parola, sarà un dimetro trocai- nell’istruirti, quel tanto di te che mi appar- co acatalettico, “Terminus concedo nulli”. E così tiene, frutto del mio impegno”. “Periit et se avessi dipinto un leone, ed avessi aggiunto nel luogo del simbolo “Fuggi se non vuoi essere sbranato”, forse che queste parole mi verrebbero 30 1 Erasmo, Adagia, Torino 1980, p 51 -55. attribuite invece che al leone? Ora niente di più ranta anni. Affi nché questo pensiero non sparisse sano è quanto essi fanno: infatti sono più simi- cominciai ad imprimere questo sigillo con le paro- le al leone che al sasso, se non sbaglio. Diranno, le. Aggiunsi una poesia come prima è stato detto. non ci siamo accorti che questa era un’iscrizione E così di un Dio profano feci per me un simbolo poetica, né conosciamo Terminus. Allora dopo che mi esortava alla correzione della vita: la mor- questo sarà un crimine aver scritto una poesia, te è veramente il Terminus al quale nessuno può poiché loro non conoscono le regole della metrica? resistere. Del resto nell’immagine presa è scritto in Certamente se sapessero che in simboli di tal fatta greco “osserva la fi ne di una lunga vita” ed in la- si può cogliere qualcosa di oscuro, che eserciti le tino “Specta fi nem longae vitae” e “Mors ultima congetture di chi li vede, se non conoscono Termi- linea rerum”.Avresti potuto scolpire il cranio del nus, sebbene dai libri di Agostino ed Ambrogio defunto. Forse avrei accettato questo consiglio se avrebbero potuto essere informati, dovevano chie- fosse pervenuto in tempo: ma questo si verifi cò, derlo agli esperti di tali cose. Un tempo i confi ni in primo luogo poiché avvenne a caso, ed inoltre dei campi erano identifi cabili tramite un segno. venne ad avere una duplice attrattiva, la prima E questo era un masso sporgente dalla terra, che della allusione ad una antica celebre storia, la se- immobile doveva rimanere come comandavano conda dalla oscurità, caratteristica peculiare dei le leggi degli antichi, delle quali c’è traccia in Pla- simboli. Hai così l’apologia di Terminus, o più tone, nella frase “Ciò che non hai posto, non devi veramente della lana caprina. E magari costoro togliere”. Venne poi aggiunta la superstizione, per ponessero fi nalmente termine alle loro calunnie. allontanare la rozza moltitudine dall’audacia di Volentieri con loro farò pace, al punto di essere togliere il sasso, allorché crede che nel levarlo si disposto a cambiare il mio simbolo, se essi cam- faccia violenza al Dio, che i Romani chiamano bieranno la loro malattia. E così più sanamen- Terminus, ed al quale è consacrato un tempio e te si prenderanno cura della loro autorità, che si dedicate le feste dei Terminalia. Questo Terminus, lamentano esser danneggiata dagli studiosi delle come si riporta negli Annali Romani, fu l’unico buone lettere. Io certamente tanto sono lontano che non si piegò dinanzi a Giove e mentre nelle dal desiderio di rovinare la fama di costoro che sconsacrazione di tutti gli altri tempietti lasciava- grandemente mi rammarico che essi con così stol- no entrare gli uccelli, nel solo tempio di Terminus ti calunniatori offrano se stessi al mondo come non li ammisero. Riporta T.Livio nel primo libro personaggi ridicoli, e non arrossiscano dopo esser e di nuovo nel sesto libro delle sue storie come, es- stati confutato tante volte con ludibrio. Il Signo- sendo stato liberato il Campidogliio dall’uffi cio re ti conservi sano nel corpo e nell’anima, amico dell’augurato i giovani non sopportarono che carissimo in Cristo. Scritto a Basilea, il primo di Terminus venisse tolto. Questo presagio venne ac- Agosto, dell’anno 1528. colto da tutti con grande gioia poiché pensarono che avrebbe signifi cato l’eternità dell’impero. La gioventù è adatta alla guerra e Terminus è piantato lì. A questo punto esclameranno, ma tu cosa hai a fare con il favo- loso Dio? Accade, non è vana pre- tesa. Alessandro, arcivescovo dal titolo di S.Andrea, essendo stato richiamato in patria da Siena dal padre Giacomo re di Scozia, come discepolo riconoscente ed amico, mi donò certi anelli come ricordo della vita passata insieme. Tra questi ve n’era uno che nella gem- ma aveva scolpito Terminus. A me, che ignoravo chi fosse, lo fece conoscere un certo italiano esperto di cose antiche. Accettai il presa- gio e lo intesi come un’ammoni- zione per me, che non ero lontano Ignoto xilografo attivo a Venezia, Sena Etrurie Civitas, da Supplementum Sup- dal termine della vita., infatti in plementi Chronicarum di Flippo Foresti, Venezia, B. Rozi da Novara, 1490. quel tempo avevo intorno ai qua- Fantasiosa elaborazione dell’immagine della città ai tempi di Erasmo. 31 Desiderii Erasmi epistola apologetica de esse jubebant Priscorum leges, quarum haec vox Termini sui inscriptione “Concedo nulli” est apud Platonem, Quae non posuisti, ne tollas. Addita est superstitio, quo magis deterreretur Des. Erasmus ornatissimo viro Alfonso imperita multitudo, à tollendi audacia, dum Valdesio, Caesareae majestatis Secretario, S. D. credit in saxo violari Deum, quem Romani Terminum vocant, cui fanum ac festum etiam QVOD mihi pro tuo ingenio modestissime dicatum, Terminalia. Hic Terminus, ut est in signifi cas, idem ex aliorum litteris dilucide Romanis Annalibus, solus Jovi noluit concedere, cognovi, exstitisse qui Terminum annuIi mei quod cum caeterorum omnium sacellorum sigillum in calumniam vocent, vociferantes exaugurationes admitterent aves, in solo Termini intolerabilis arrogantiae esse, quod adjectum fano non addixere. Refert T. Livius Libro ab est symbolum, Concedo nulli. Quid est, si hic Urbe condita I. ac rursus Lib. VI. narrat, quod non est fatalis quidam morbus calumniandi cum augurato liberaretur Capitolium, Juventas omnia? Ridetur Momus, qui sandalium Veneris Terminusque moveri se passi non sunto ld omen reprehenderit, at isti Momum ipsum superant, magno omnium gaudio exceptum est, quod qui in annulo quod arrodant invenerint. Momos existimarent portendi perpetuitatem imperii. dicerem, sed Momus nihil carpit, nisi quod prius Juventus ad belulm utilis, & Terminus fi xus est. attente perspexerit. lsti filaitioi vel sycophantae Hic forte clamabunt, quid tibi cum fabuloso potius, clausis oculis carpunt, quod nec vident, Deo? Obvenit, non adscitus est. Alexander, nec intelligunt. Tanta. est morbi viso Atque Archiepiscopus titulo S. ANDREAE, cum à patre interim sibi videntur Ecclesiae columnae, cum Jacobo, Scotiae Rege, Senis in patriam revocaretur, nihil aliud quam traducant suam stoliditatem, mihi Romam evocato, velut gratus & amicus cum pari malitia conjunctam, jam notiores Orbi discipulus, annulos aliquot dono dedit, habitae quam expedit. Somniant ab Erasmo dici, Concedo inter nos consuetudinis mnhmosunon. In his erat, nulli. Atqui si mea scripta legerent, viderent qui in gemma sculptum habebat Terminum. vix quenquam esse tam mediocrem ut illi me Nam hoc prius ignotum indicavit ltalus quidam, praeferam, citius eoneedens omnibus quam rerum antiquarum curiosus. Arripui omen, nulli. Jam qui me propius ex eonvietu familiari & interpretatus sum admoneri me, non pro noverunt, quidvis vitii tribuent potius quam cui abesse vitae terminum: nam id temporis arrogantiam: meque fatebuntur propiorem agebam annum circiter quadragesimum. Haec esse illi Soeratieo, hoc unum scio, me nihil scire, cogitatio ne posset excidere, litteris hoc signum quam huie, concedo nulli. Sed fi ngant animum imprimere coepi. Addidi carmen, ut ante dictum tam insolentem esse mihi, ut memet omnibus est. Itaque ex profano Deo feci mihi symbolum, anteponam, etiam-ne tam stultum existimant, adhortans ad vitae correctionem: Mors enim ut id symbolo profi tear? Si quid haberent vere Terminus est, qui nulli cedere novit. Atqui Christianae mentis, interpretarentur ea verba, in fusili imagine adscriptum est Graece, ora aut non esse mea, aut aliam habere sententiam. teloj makrou biou, id est, Specta fi nem longae Vident illic seulptam imaginem, inferne saxum, vitae, Latine, Mors ultima linea rerum. Poteras, superne juvenem capillis volitantibus. An haec inquient, insculpere defuncti cranium. Forsitan habet aliquid Erasmi? ld si parum est, vident accepturus eram, si obvenisset: sed hoc arrisit, in ipso saxo expressum, Terminus, in quam primum quia fortuito contigit, deinde quod dietionem si desinas, versus erit jambieus geminam haberet gratiam, alteram ex allusione dimeter aeataleetus, Concedo nulli terminus: Sin ad priscam ac celebrem historiam, alteram ex hine ineipias, erit dimeter troehaieus acataleetus, obscuritate, quae symbolis est peculiaris. Habes Terminus concedo nulli. Quid si pinxissem leonem, Apologiam de Termino, seu verius de lana & addidissem symboli loco, Fuge, ni mavis caprina. Atque utinam isti tandem calumniis discerpi, num haee verba mihi tribuerent pro suis terminum ponerent. Lubens enim cum leone? At nihilo sanius est, quod nune faciunt: illis paciscar, ut mutem symbolum meum si nam similior leoni sum, quam saxo, ni falloI. illi mutent morbum suum. Ita sane rectius Dieent, non animadvertimus esse carmen, nee consuluerint auctoritati suae, quam clamant per novimus Terminum. An igitur posthac crimen bonarum litterarum studiosos labefactari. Ego erit scripsisse carmen, quoniam illi metricam profecto tantum absum à cupiditate laedendi rationem non didicerunt? Certe cum scirent in existimationem istorum, ut vehementer hujusmodi symbolis captari etiam obscuritatis doleam, quod ipsi sese tam stolidis sycophantiis aliquid, quod conjecturas intuentium exerceat, Orbi propinent deridendos, nec erubescant si non noverant Terminum, quanquam hoc ex toties cum ludibrio confutati. Dominus te Augustini & Ambrosii libris poterant discere, servet incolumem & corpore & animo, amice sciscitari debebant à talium rerum peritis. Olim in Christo carissime. Datum Basileae, l. Augusti, fi nes agro rum signo quopiam discernebantur. Anno 1528. là erat saxum è terra prominens, quod akinhton 32 “Il suo fermo proposito”: il matrimonio spagnolo di Maddalena Agazzari di Elena Brizio*

Alla metà del sedicesimo secolo, come schili della famiglia. Come in molti altri sta- conseguenza delle varie guerre europee che ti italiani, la regolamentazione e le pratiche si combattevano sul suolo italiano, la repub- matrimoniali nelle classi sociali più elevate blica di Siena attraversa una serie di crisi erano strettamente controllate. politiche che, inevitabilmente, hanno effetti In questa situazione politica e sociale devastanti sulla vita e sull’organizzazione tesa, improvvisamente una nobildonna se- sociale. I tumulti che, quotidianamente, nese ha deciso di scegliere da sola e, andan- sconvolgevano la vita della città e del suo do contro le aspettative della sua famiglia, territorio avevano molte conseguenze ne- gli interessi della sua classe sociale e l’am- gative per entrambi i sessi, ma allo stesso biente cittadino, combattere accanitamente tempo creavano alcuni vuoti nelle strutture per sposare non solo uno straniero, ma an- sociali. Questi vuoti permettevano ad alcu- che un membro delle forze occupanti spa- ne donne, in particolare, di esercitare una gnole. certa indipendenza personale in aree nelle Questo breve articolo narra la vicenda quali, in altre situazioni, ciò sarebbe stato di Maddalena della Gazzaia (o Agazzari) e impossibile. il suo tentativo riuscito di lasciare il marito Una di queste situazioni è quella matri- senese per sposare il suo amante spagnolo. moniale che, per le donne senesi delle classi Maddalena ha rotto un matrimonio giuridi- più alte, era generalmente una questione ge- camente valido, ha agito contro le pratiche stita ed organizzata dai rappresentanti ma- sociali correnti, e ha dimostrato un livello 33 di autonomia femminile che non era diffuso che era ancora pupillo, cioè minorenne. E’ nelle pratiche matrimoniali del tempo né a molto probabile che il matrimonio tra Mar- Siena né altrove in Italia. cantonio e Maddalena sia stato combinato Il suo particolare caso, che viene presen- all’interno della famiglia Sozzini alla quale tato ai magistrati della città occupata nel entrambe le madri, Niccola e Girolama, ap- 1557, dimostra che alcune donne avevano la partenevano. Questo esempio mette in luce forza e l’iniziativa per affermare la propria il ruolo importante che le donne ricopriva- autonomia anche in campi legati alla politi- no nel combinare i matrimoni, ruolo che ca e alle aspettative sociali come il matrimo- è particolarmente evidente anche nel caso nio e che anche un politico avveduto come della moglie (e poi vedova) fi orentina Ales- Agnolo Niccolini, il governatore fi orentino sandra Macinghi Strozzi. inviato dal duca Cosimo I de’ Medici, aveva Lo scandalo che coinvolge Maddalena ha diffi coltà a risolvere. le basi non nel suo primo matrimonio, ma L’endogamia, cioè il matrimonio all’in- nella sua decisione di risposarsi e, più speci- terno della propria classe sociale e politica, fi camente, di sposare un soldato spagnolo era la pratica predominante perché salva- di stanza a Siena col quale, come il gover- guardava e corroborava la struttura sociale natore Niccolini informa il duca Cosimo, la e politica del tempo. Nella Siena di questi donna aveva già avuto una relazione mentre anni di crisi che avrebbe portato al crollo era ancora sposata a Marcantonio Placidi. della Repubblica e alla sua incorporazione E’ importante sottolineare che i docu- nel doppio stato ducale (lo Stato vecchio menti che fanno riferimento a Maddalena – fi orentino — e quello nuovo – il senese), sono stati trovati per caso lavorando su fonti l’endogamia era vista anche come uno stru- fi orentine. Questa scoperta fortuita, mi ha mento che permetteva di difendere e man- spinto ad analizzare la documentazione se- tenere l’élite locale contro le interferenze nese, che è spesso frammentaria e diffi cile esterne, soprattutto fi orentine. da gestire. Sfortunatamente non abbiamo Maddalena apparteneva ad una famiglia testimonianze dirette di Maddalena: la sua ricca ed in vista, gli Agazzari, ed era sposata voce, così come i molti resoconti di questa all’erede di una famiglia altrettanto impor- storia intrigante, sono raccontati da uomi- tante, i Placidi. Nata nel 1523, era proba- ni (magistrati, il goveratore fi orentino, i bilmente l’unica fi glia di un padre anziano, rappresentanti ecclesiastici), molti dei quali Rinaldo, nato nel 1463. Rinaldo si era sposa- hanno ‘nascosto’ o ‘dimenticato’così da non to almeno due volte: nel 1505 con Antonia evidenziare il comportamento sovversivo di di Pietro Pecci e nel 1508 con Girolama di Maddalena. Alessandro di Pietro Sozzini. Uno dei testa- Il ruolo della famiglia del primo marito, i menti redatti da Rinaldo nel 1519, quando Placidi, sembra essere più visibile soprattut- si dichiara malato, è un atto notarile parzial- to perché molti documenti appartenenti alla mente completo. Nel documento non sono famiglia sono sopravvissuti, grazie al suo menzionati fi gli, e il testamento stabilisce eccezionale ruolo politico e al suo potere solo che una certa quantità di denaro sia do- economico. nata alla chiesa di Santa Maria degli Angeli, Dopo la caduta di Firenze in mano dei dove Rinaldo aveva la sua tomba.1 Medici e degli spagnoli nel 1530, le truppe Nel 1539 Maddalena sposa Marcantonio spagnole rimaste avevano iniziato ad infi l- di Aldello Placidi, più grande di lei di due trarsi nel territorio senese. In Siena gli spa- anni, e gli porta in dote 5000 fi orini. La ma- gnoli erano riusciti abilmente ad utilizzare dre di Marcantonio era Niccola, la fi glia del le differenze politiche per trarre personale giurista Bartolomeo Sozzini. Nel 1531, già vantaggio, infl uenzare e controllare il gover- vedova, Niccola era “mater, tutrix et cura- no locale fi no ad imporre la presenza di una trix” dei suoi fi gli tra i quali Marcantonio, guarnigione spagnola in città. Questa deci-

34 1 Archivio di Stato di Siena [da ora ASS], Conventi 2611, c. 63v. Lo stemma della famiglia Placidi tratto dall’ottocentesca raccolta di Ulisse Diligenti

35 Giorgio Vasari, La presa dei forti di Camollia, Firenze, Palazzo Vecchio. L’affresco vasariano ritrae il momento iniziale dell’assedio di Siena condotto dalle truppe imperiali al comando di Gian Giacomo Medici, marchese di Marignano, tra il gennaio 1554 e l’aprile 1555

sione aveva diviso i governanti senesi: molti avevano condotto alla decisione imperiale di appoggiavano la presenza ispano-imperiale, inviare un nutrito numero di truppe spagnole ma molti al contrario vi si opponevano e a controllare la città. avevano cercato l’appoggio francese per ‘li- I senesi consideravano gli spagnoli degli berare’ la città dalla dominazione straniera. invasori e la costruzione della fortezza era Non solo gli uomini ma anche le donne era- vista come un tradimento da parte di Carlo no coinvolte in queste tensioni e spesso, se- V, perché Siena era sempre stata un fedele guendo le scelte familiari, parteggiavano per alleato dell’imperatore. Non è una sorpresa l’uno o l’altro partito. dunque che nel 1552, in seguito alla sconfi tta In seguito all’incoronazione dell’impera- militare delle truppe spagnole di presidio e di tore Carlo V a Bologna nel 1530, e alla ri- quelle fi orentine – il cui appoggio era stato apertura delle ostilità contro la Francia sul in verità ininfl uente – nella rivolta ordita dai territorio italiano, la posizione strategica di senesi con l’aiuto del re di Francia, la guarni- Siena era diventata di estrema importanza. gione imperiale fosse stata espulsa dalla città Situata a metà strada tra il ducato Milanese e e la fortezza parzialmente abbattuta. il regno napoletano, divisa all’interno in lotte L’imperatore Carlo V e il suo alleato, continue tra i Noveschi e i Popolari, Siena era Cosimo de’ Medici, si erano fatti un punto descritta dall’inviato spagnolo dell’imperato- d’onore nel riconquistare Siena, che aveva re come un luogo nel quale la giustizia non cercato il sostegno del re francese Enrico II, veniva amministrata e dove la competizione marito di Caterina de’ Medici, cugina e ne- tra partiti impediva lo svolgimento della vita mica di Cosimo. Come conseguenza della quotidiana. Inoltre l’opposizione di una parte richiesta di aiuto alla Francia e della guer- dei governanti alla riammissione degli esiliati ra contro gli spagnoli, negli ultimi tre anni appartenenti soprattutto ai Nove, dopo anni della sua indipendenza (1552-1555) Siena di guerra interna, e l’opposizione senese alla aveva dovuto accogliere un numero sempre costruzione della fortezza, che invece l’im- maggiore di truppe francesi e spagnole nel peratore giudicava assolutamente necessaria, suo territorio.

2 “pomposo, enfatico, cerimonioso, vanitoso, adu- (eds.), L’ultimo secolo della Repubblica di Siena. Politica e latore, fanfarone”, in J. C. D’Amico, Nemici e libertà a istituzioni, economia e società, Siena, Accademia senese 36 Siena: Carlo V e gli spagnoli in M. Ascheri, F. Nevola degli Intronati, 2007, pp. 107-139: 109. Nella letteratura e nella documentazione sale della città ne mostra molto dispiacere et del tempo, gli spagnoli sono descritti come vergogna”4 scrive il Niccolini a Cosimo, ma “fanfaroni, insistenti, cerimoniosi, vani, Maddalena non arretra dalla sua posizione. adulatori e sbruffoni”2 e dovremmo aggiun- La descrizione che il governatore fa di Mad- gere anche canaglie e ladri, se dobbiamo cre- dalena nel suo resoconto, è particolarmente dere alle cronache che riportano molti atti di intrigante: “La donna è di circa trent’anni, violenza contro beni, proprietà e persone. non ha fi glioli et dicano che fra eredità et Di contro c’è un unico racconto, la relazio- dota ha xv o xx mila ducati”.5 Il governato- ne di Montalvo, che è fi lo-spagnola e che re continuava: “il marito fu Marcantonio riferisce che non tutti i senesi erano contro Placidi … il più bello et honorato giovane gli spagnoli, ma che molti, infatti, temendo di questa città… morì in Napoli mandatovi la riprovazione politica e sociale, nasconde- dal cardinal di Burgos d’agosto fece l’anno”6 vano i loro veri sentimenti. cioè nell’agosto dell’anno precedente quan- Dopo la conquista fi orentino-spagnola do, la donna ricorda, la sua storia con lo spa- del 1555 e mentre i combattimenti contro gnolo era già cominciata. Trentaquattrenne, i ‘ribelli’ asserragliati a Montalcino conti- Maddalena era considerata vecchia per la sua nuavano, il re di Spagna Filippo II nomina età; il fatto che non avesse fi gli fa supporre il duca Cosimo I a riorganizzare Siena. Co- che fosse – o potesse essere — sterile; tuttavia simo non cambia uffi cialmente la struttura apparteneva ad una famiglia nobile ed era politica della città, ma invia un rappresen- ricca. Curiosamente, il Niccolini non dice tante legale che, con il titolo di Governato- niente della sua avvenenza. Marcantonio, re, si pose al vertice dell’amministrazione invece, è ricordato come un giovane bellis- politica e giuridica della città. Quando la simo, il più onorato “giovane” della città, la storia di Maddalena arriva in tribunale, il sua famiglia molto importante, la sua morte governatore era Agnolo Niccolini. lontano da casa mentre era probabilmente in Il soldato che Maddalena voleva sposare esilio, terribile: accentuata dal fatto che men- non apparteneva forse ad una classe socia- tre era ancora vivo sua moglie, a Siena, aveva le bassa; nella sua informativa a Firenze, il una relazione con un soldato spagnolo, forse governatore Niccolini riporta il cognome l’insulto peggiore nella città che ancora non dell’uomo, anche se in maniera incorretta: si era ripresa dalla conquista spagnola. “Luigi Carovagial”.3 Probabilmente Lui- È diffi cile immaginare Maddalena: di lei gi apparteneva alla famiglia spagnola dei restano solo pochi documenti sparsi, come Carvajal che, in quegli stessi anni, aveva la denuncia delle tasse del 1549. Queste dato alla chiesa cattolica il vescovo di So- denunce (la cosiddetta Lira) venivano com- vana, Carvajal de Simoncellis (1535-1596), pilate da ogni capofamiglia e teoricamente il predicatore domenicano Gaspar Carvajal includevano tutte le proprietà (sia case, ter- che era andato in Perù con Pizzarro e for- re, animali, affi tti, botteghe e così via) così se Francisco de Carvajal, che aveva milita- come tutti i debiti che il capofamiglia, essen- to agli ordini dei principali comandanti di do il rappresentante legale della stessa, pos- Carlo V nelle guerre d’Italia. Agli inizi del sedeva. Nel 1549 Maddalena compila la sua quindicesimo secolo la famiglia aveva avu- denuncia della Lira come erede del padre, to un vescovo, Juan Carvajal, che era stato Rinaldo, e indica tutte le sue proprietà in auditore di Rota in Roma e aveva servito città e nel contado dalle quali ricava affi tti, come legato papale per Eugenio IV e Calli- grano e animali. “So’ debitrice a Marcan- sto III, ed era amico di papa Pio II. tonio mio marito di fi orini 4500 per conto “Li parenti tutti rimoreggiono et l’univer- delle mie dote”7 elenca tra i debiti, senza

3 “Alli giorni passati venne qui un Luigi Carova- 5 ASF, Mediceo del Principato 1864, c. 267 r-v. gial spagnolo”, Archivio di Stato di Firenze [da ora 6 ASF, Mediceo del Principato 1864, c. 267v. ASF], Mediceo del Principato 1864, c. 267r. 7 ASS, Lira 242, c. 4r-v. 4 Ibidem. 37 troppa importanza. Nella sua denuncia dei tore per inasprire le pene contro l’adulterio redditi, riferendosi alla stessa dote, Marcan- e i matrimoni clandestini (questo è il termi- tonio sembra molto più preoccupato, forse ne usato nel documento) che erano imposte per la sua famiglia: “per non havere io fi gli dallo statuto. Lo statuto del 1544, al quale la può ochorire d’averli a restituire”.8 Balìa faceva riferimento, puniva l’adulterio Maddalena elenca le sue proprietà per la con una ammenda di 1000 lire.10 Lo statu- valutazione fi scale, indicando il reddito che to non faceva specifi camente riferimento al ricava da esse, ma sottolinea anche il nega- matrimonio clandestino, ma è possibile che tivo, cercando forse di diminuire la propria il sentimento generale al quale fa riferimen- ricchezza, come accadeva di solito nella de- to la Balìa fosse che questo matrimonio era nuncia dei redditi. voluto e organizzato dalla sola Maddalena, Temporaneamente ospitata presso un senza l’accordo della sua famiglia o dei pa- convento, mentre il processo (non è chiaro renti. Non sembra nemmeno che il matri- se si teneva presso una corte civile o ecclesia- monio sia stato organizzato per acquietare stica) andava avanti, Maddalena dichiara al i senesi o gli invasori o per motivi politici o Capitano di giustizia, senza alcuna esitazio- sociali. La reazione della Balìa infatti e la sua ne, che voleva rimanere sposata allo spagno- resistenza al matrimonio non giustifi chereb- lo. Possiamo immaginare che l’argomento bero questa possibilità. giuridico sul quale si dibatteva fosse la sua Al momento non sono riuscita a trovare, relazione con Carvajal mentre Marcantonio tra i documenti dell’archivio arcivescovile, Placidi era ancora vivo, sebbene esiliato, a carte relative alla possibile causa tra Mad- Napoli. dalena e i Placidi e rimangono solo alcuni “Confessò ogni cosa arditamente e mol- documenti sparsi, come i due che si riferi- to più che non se li domandava”9 aggiunge il scono a Maddalena. Sulla scia dello scanda- governatore. L’attuale marito, Luigi, sembra lo, i familiari di Marcantonio decidono di tuttavia più esitante a proposito del legame complicare, per quanto è possibile, la vita di – o forse dei sentimenti di Maddalena –, più Maddalena e quella di Luigi Carvajal ades- preoccupato dell’opinione generale che le so sposati (o che comunque vivevano come famiglie (sia Agazzari che Placidi) e la città una coppia sposata), anche se non ho trova- avevano di lui. La città era totalmente coin- to alcun atto notarile che riporti il contratto volta nello scandalo, che si trasforma in caso matrimoniale. Nel 1559 Maddalena chiede, politico. Il 27 novembre 1557 la Balìa, un senza successo, la restituzione della sua dote. ristretto gruppo di governanti incaricati di Allo stesso tempo, la famiglia Placidi presen- prendere le decisioni più complesse, decide ta al tribunale ecclesiastico una richiesta di di scrivere al duca Cosimo predisponendo restituzione di alcuni libri che apparteneva- di presentargli tutte le informazioni che no a Marcantonio ma che erano rimasti tra avrebbe raccolto quanto prima: probabil- le proprietà di Maddalena, che aveva pro- mente era in corso un’indagine. vato ad usarli come merce di scambio per Dopo aver analizzato a lungo il caso, recuperare la dote.11 In altre due petizioni la Balìa decide di scrivere alcune lettere presentate al governatore Niccolini, Mad- per dimostrare come il comportamento di dalena e Luigi chiedevano entrambi il suo Maddalena creasse problemi sia ai parenti aiuto per trattare con la famiglia Placidi. Un che all’intera città, e chiede a Cosimo di in- parente di Marcantonio, chiamato Aldello tervenire direttamente nel caso e risolverlo. come il padre, aveva cercato di appropriarsi Inoltre, la Balìa autorizzava i suoi quattro di alcuni beni di Maddalena. Da una que- rappresentanti a consultarsi con il governa- rela presentata da Luigi, veniamo a sapere

8 ASS, Lira 242, c. 3v. Siena (1545), Siena, Accademia senese degli Intronati 9 ASF, Mediceo del Principato 1864, c. 267r. 1993, p. 315. 10 Dist. III.76 “De poena adulterii, stupri et raptus” 11 Archivio Arcivescovile di Siena, Cause civili 38 in M. Ascheri (ed.), L’ultimo statuto della Repubblica di 4726, ad nomen. Jeronimus Cook (attr.), L’assedio di Siena, Arezzo, collezione privata. Realistica visione della città stretta nella morsa dell’esercito imperiale tra i cui ranghi prestava servizio Luigi Carvajal che Aldello Placidi aveva rubato alcuni libri una petizione del maggio 1560, di aiutarlo di amministrazione appartenenti a Marcan- a recuperare del grano che era stato rubato tonio e amministrava i beni appartenenti a a Maddalena. Nel gennaio 1561 Maddalena Maddalena come se fossero i suoi.12 I mari- scrive a Cosimo I, tramite il governatore, la- ti infatti erano i rappresentanti legali delle mentandosi che la sua dote, così come altre mogli, e ne amministravano i beni e le pro- proprietà personali e gli interessi che queste prietà come se fossero loro. In questi libri di fruttavano, le erano sempre trattenute dai amministrazione la reale appartenenza delle Placidi, che continuavano a rifi utare di re- proprietà (quali di Marcantonio, quali di stituirle.13 Non è chiaro però se, prima della Maddalena) forse non era specifi cata, e dun- morte di Marcantonio, Maddalena avesse que era facile ‘confonderle’. Inoltre Aldello pagato completamente la dote al marito. Se minacciava i lavoratori e gli amministrato- la dote era stata saldata in toto, Maddalena ri di Luigi, e dunque anche di Maddalena. avrebbe avuto diritto alla restituzione alla Nel 1559 una copia del processo, inoltrata morte del marito. È anche possibile che ne al duca forse per via dell’importanza sociale abbia pagato solo una parte, che voleva riot- di Maddalena come nobildonna senese, of- tenere. Maddalena spiega molto chiaramen- fre un altro dettaglio della complessità dei te che i Placidi stavano cercando di rubarle tempi e della confl ittualità che era in atto tra le sue entrate, nominando erede di Marcan- le due famiglie. Luigi, a nome della moglie, tonio un nipote, fi glio di uno dei fratelli. chiedeva nuovamente al governatore, in Il piano apparentemente consisteva nel far

12 Archivio Niccolini da Camugliano in Firenze 13 Ibidem. [da ora ANCF], Suppliche 28, c. 97r. 39 prendere al ragazzo i voti religiosi ed usare il tiene, come il primo marito e come lei, ad tribunale ecclesiastico, anziché quello civile, una ricca e nobile famiglia senese. Nel 1587, per accedere all’eredità. Maddalena spiegava all’età di 67 anni, Maddalena sposa Cornelio anche che i Placidi stavano cercando di spo- di Cesare Marsili, nato nel 1527, e gli porta stare il processo presso una corte fuori dallo in dote 7000 fi orini.15 Nel 1598, di nuovo stato, “in el foro romano o altrove” così da vedova, Maddalena si fa carico del matrimo- “defatigarlla… et non far el dovere”.14 Chie- nio di Virginia Agazzari, imparentata con lei deva dunque l’aiuto del duca sottolineando ma in maniera non del tutto chiara. Virginia che i sudditi ducali non dovevano essere ob- sposa Teucro, appartenente ad un altro ramo bligati ad apparire in tribunale in una città degli Agazzari, e la sua dote è fi ssata in 2000 straniera, quando potevano ottenere giusti- scudi. La maggior parte della dote, 1500 scu- zia nella propria. di, è pagata direttamente da Maddalena, che Come la maggior parte delle donne sene- aggiunge altri 200 scudi da pagarsi dopo la si, Maddalena è apparsa quasi per caso nella sua morte.16 È molto probabile, come sugge- documentazione. Ha vissuto con Luigi al- risce Colleen Reardon, che Maddalena si sia meno fi no al 1573, quando lui la rappresen- fatta carico dell’educazione di Agostino, fra- ta un’altra volta in tribunale. tello di Virginia: un modo per compensare, Per molti anni dopo le battaglie legali forse, la mancanza di eredi propri.17 con i Placidi, Maddalena scompare dai do- Perché Maddalena abbia deciso, negli cumenti. Ma riappare quando si sposa per anni centrali della sua vita, di fare una scelta la terza volta, ora con un vedovo che appar- così clamorosa e sposare uno straniero e un nemico, e accentrare così l’attenzione della sua famiglia e dell’intera città sul suo com- portamento, non è chiaro. Forse questo era il suo modo di ribellarsi al controllo della famiglia maritale o forse era espressione del suo desiderio di libertà personale e bisogno di indipendenza. O forse era, molto sempli- cemente, amore. Come molte altre donne senesi, Mad- dalena era forte e determinata. Il suo ca- rattere, ma anche la sua ricchezza e la sua classe sociale, hanno avuto un’importanza determinante nella riuscita della sua scelta. Sappiamo di Maddalena perché ha infran- to le regole e probabilmente, nonostante la disapprovazione sociale e cittadina, è diventata un modello per altre donne che cercavano di esercitare la propria indipen- denza.

* The Medici Archive Project - Firenze

14 ANCF, Suppliche 234, ad nomen. 17 C. Reardon, Agostino Agazzari and Music at 15 ASS, Gabella 411, c. 153v. Siena Cathedral, 1597-1641, Oxford, Clarendon Press 40 16 ASS, Notarile postcosimiano protocolli 178, ad nomen. 1993. Una Santa Caterina da Siena tra Andrea Sacchi e il Volterrano di Michele Danieli

Milz valt estre senz compainie / Qu’aveir compainun a envie, E senz compainun nuit e jor / Quë aveir tel u n’ait amor. Thomas

Recentemente è comparsa sul mercato raccolta:3 la aveva già accolta nel 1925 Hans statunitense una bella tela raffi gurante Santa Posse, che segnalava una copia all’Histori- Caterina da Siena, nella quale ho creduto di sches Museum di Bamberga.4 riconoscere la mano di Baldassarre France- Grazie alla segnalazione della Sutherland schini detto il Volterrano.1 Questa osserva- Harris, il nome di Sacchi si propagò anche zione, in apparenza innocua, ha schiuso le alle altre versioni, che nel frattempo emerge- porte di una vicenda critica intricata e sin- vano sempre più rapidamente. Una modesta golare, e a tratti appassionante. copia si conserva alla Pinacoteca Civica di Le versioni di questo tema, tutte stret- Forlì, dove era entrata nel 1853 come ope- tamente collegate dal punto di vista ico- ra di Francesco Vanni. Nel 1980, all’interno nografi co, sono molto numerose. Nella del catalogo della Pinacoteca, Giordano Vi- sua monografi a su Andrea Sacchi del 1977, roli dava voce a un suggerimento di Federi- co Zeri, secondo il quale il dipinto Dulwich Anne Sutherland Harris discuteva una San- era da considerarsi opera toscana, di “un au- ta Caterina da Siena conservata alla Dulwich tore di ambiente fi orentino, sul tipo di Bal- Picture Gallery di Londra. Secondo la stu- dassarre Franceschini, detto il Volterrano”; 5 diosa si trattava di un’opera da scalare sul la stessa proposta, nello stesso anno, veniva 1638, poiché la testa della santa si confron- avanzata oralmente anche da Charles Mac tava con quella di santa Caterina nella pala Corquodale. della sacrestia di Santa Maria sopra Miner- Si formano in questo modo due partiti 2 va a Roma, documentata al 1637-1639. di opinione: chi assegna il gruppo a Sacchi, La Sutherland Harris riproponeva in real- e chi lo assegna al Volterrano. I due schie- tà un’attribuzione divenuta tradizionale, ma ramenti si fronteggiano dialetticamente per non antica. La Santa Caterina era infatti per- tutto il decennio successivo. Nel 1982 com- venuta al Dulwich College solo con l’eredità pare sul mercato milanese una versione del di sir Peter Francis Bourgeois (1753-1811); tema, successiva e in controparte, che vie- nell’elenco pubblicato nel 1813 si legge: ne attribuita senza esitazioni al Volterrano:6 “269. Mater Dolorosa – Andrea Sacchi”. L’at- credo che sia questo il primo rifl esso dell’o- tribuzione passò poi in tutti i cataloghi della pinione di Zeri.

1 Doyle, Important English & Continental Furniture. to A. Sacchi”; per altra bibliografi a cfr. R. Beresford, Old Master Paintings, New York, 25 gennaio 2012, lotto Dulwich Picture Gallery. Complete Illustrated Catalogue, 17, olio su tela, cm 76x81; ritenuto una Santa Rosa London 1998, p. 104. da Lima, era assegnato a “Spanish School, 17th/18th 4 H. Posse, Der römische Maler Andrea Sacchi, Leip- Century”. zig 1925, p. 77; vedi ora K.G. Pfändtner, Die italieni- 2 A. Sutherland Harris, Andrea Sacchi. Comple- schen Gemälde in Bamberg, Bamberg 2006, pp. 10, 80. te edition of the painting with a critical catalogue, Oxford 5 G. Viroli, La Pinacoteca Civica di Forlì, Forlì 1977, p. 81. 1980, p. 305. 3 Catalogue of the collection of pictures bequeathed 6 Finarte, Roma, 1° giugno 1982, lotto 114, cm to Dulwich College by sir Francis Bourgeois, [London], 75x98; la tela rielabora lo stesso modello ma con nu- [1813], p. 13; l’unico segno di incertezza è in J.C.L. merose varianti, e non può rientrare nel gruppo qui in Sparkes, A descriptive catalogue of the pictures in the esame; ma proprio per questo il riferimento al Volter- Dulwich College Gallery, London 1867, p. 158: “ascribed rano è signifi cativo nell’ambito della vicenda narrata. 41 Collezione privata (già Doyle, New York)

Tra i numerosi interventi comparsi nel ne da un punto di vista del tutto diverso. Lo 1988, il più infl uente è quello di Marco studioso recupera dalla guidistica senese la Chiarini, che pubblica una versione del- segnalazione di una Santa Caterina di Guido la Santa Caterina conservata al Musée des Reni in palazzo Gori, che l’artista bolognese Beaux-Arts di Grenoble: Chiarini accetta la avrebbe donato alla famiglia Gori in occa- ricostruzione di Zeri e assegna il quadro al sione della consegna della pala con la Cir- Volterrano.7 Nello stesso anno André Brejon concisione per la chiesa di San Martino, quin- de Lavergnée e Nathalie Volle sposano so- di nel 1636. Secondo Giammarioli quell’o- stanzialmente la stessa tesi, e danno notizia riginale reniano, oggi scomparso, avrebbe di altre due repliche nei Musei di Nantes e generato un’ampia progenie di copie.9 di Caen.8 L’ipotesi reniana ha trovato scarso se- Ancora nel 1988, un contributo di Mau- guito, e lo stesso Giammarioli ammette di rizio Giammarioli inquadra l’intera questio- non poter produrre prove decisive in suo

7 M. Chiarini, Grenoble. Musée de peinture et de France. Répertoire des peintures italiennes du XVIIe siècle, sculpture. Tableaux italiens. Catalogue raisonné de la col- Paris 1988, p. 150. lection de peinture italienne XIVe-XIXe siècles, Grenoble 9 M. Giammarioli in L. Bianchi, D. Giunta, Ico- 1988, pp. 120-121. nografi a di S. Caterina da Siena. 1. L’Immagine, Roma 42 8 A. Brejon de Lavergnée, N. Volle, Musèes de 1988, pp. 211-212. Londra, Dulwich Picture Gallery sostegno, ma il suo intervento è comunque al pittore romano, quanto la sua funzione importante per diversi motivi. Primo, in di capostipite delle versioni di Nantes, Gre- esso è raccolto il primo cospicuo nucleo di noble, Forlì, Bamberga, Caen.10 La rimon- esemplari, circa una decina; secondo, il cen- ta dell’ipotesi Sacchi è confermata anche tro di diffusione dell’iconografi a è spostato dal passaggio sul mercato l’anno seguente nel suo luogo naturale, cioè Siena. Terzo, ha (1991) di un’altra replica, identifi cata come sganciato la datazione della tela Dulwich dal copia da Andrea Sacchi “after the picture in 1638, poiché chiaramente la relazione con la Dulwich College Picture Gallery”.11 pala di Sacchi in Santa Maria sopra Minerva L’ipotesi Volterrano riguadagna terre- risulta allentata, per non dire annullata. no nel 1994, con il catalogo del Museo di Giammarioli tuttavia mantiene l’attri- Nantes, a scapito delle alternative Sacchi e buzione a Sacchi per la Santa Caterina del Reni – rilanciata, quest’ultima, nel 1992 in Dulwich College, che un paio d’anni più tar- occasione di una mostra avignonese.12 Poco di (1990) prenderà parte a una esposizione dopo, nel 1998, sembra capitolare il capo- al Museo di Caen – che pure ne conserva saldo dell’ipotesi Sacchi. Nel catalogo della una replica – dove verranno rilanciati con Dulwich Picture Gallery, la Santa Caterina decisione tanto il tradizionale riferimento viene presentata come opera della cerchia

10 A. Tapié, Les Vanités dans la peinture ai XVIIe siècle. 12 B. Sarrazin, Catalogue raisonné des peintures ita- Meditations sur la richesse, le dénuement et la rédemption, liennes du musée des Beaux-Arts de Nantes. XIIIe-XVIIIe Caen – Musée des Beaux Arts, catalogo della mostra a siècle, Nantes-Paris 1994, p. 349; il possibile coinvol- cura di A. Tapié, Caen 1990, p. 130. gimento di Guido Reni era stato riproposto da L. 11 Christie’s, London, 7 febbraio 1991, lotto 14, Bianchi, D. Giunta in Catherine de Sienne, Avigno- olio su tela, cm 75x99. ne - Grande Chapelle du Palais des Papes, catalogo 43 del Volterrano, accogliendo il parere espres- Dulwich – anzi, il suo disperso prototipo – so da Zeri nel 1980. Nella stessa occasione fu opera molto apprezzata e generò nume- si rende nota una opinione scritta di Anne rose repliche e copie nello stesso Seicento”.16 Sutherland Harris, che rifi utava l’attribuzio- L’ultimo (per ora) capitolo della vicenda ne a Sacchi da lei stessa accolta nel 1977.13 è rappresentato dalla versione apparsa sul L’ipotesi Sacchi torna ad affacciarsi nel mercato antiquario a New York ricordata in 2000, quando Maurizio Fagiolo dell’Arco apertura, che ha fornito lo spunto per queste pubblica una nuova versione di ottima qua- note. lità, da lui riferita ad Andrea Sacchi e collo- cata negli ultimi anni di attività del pittore, Gli sforzi che avevano portato a riunire in quanto racchiusa in una cornice recanti le diverse redazioni della Santa Caterina da gli stemmi della famiglia Chigi, ai quali il Siena e a considerare il problema nel suo in- pittore si avvicinò solo dopo l’elezione di sieme sembrano oggi dissolversi sotto i colpi Alessandro VII nel 1655. Il dipinto, oggi di una connoisseurship piuttosto sterile. La in collezione Carlo Alfi ero, attrae anche la questione non è soltanto ingarbugliata, ma tela Dulwich, che torna dunque a gravitare anche decisamente atipica in quanto non si nell’orbita di Sacchi anche se, afferma Fagio- pone nei consueti termini originale-copia. lo dell’Arco, a un livello qualitativo inferio- Le copie sono numerose, ma di un originale re. L’intervento ha indubbiamente il merito non c’è alcuna traccia. Ancora: questa im- di porre sul campo uno degli esemplari di magine di Santa Caterina ha conosciuto una qualità più alta, ma forse a causa della ec- diffusione rapida e vasta, ma i canali di que- cessiva brevità appiattisce il dibattito critico sta diffusione sono ancora ignoti. C’è chi precedente, limitandosi a considerare solo la ha ipotizzato l’esistenza di una incisione, bibliografi a sacchiana.14 che avrebbe facilmente permesso la replica Negli anni seguenti la bibliografi a si fa di una stessa invenzione in contesti diversi. più rada, e il problema viene lentamente ac- Non è impossibile, ma resta il fatto che una cantonato.15 Di recente (2010) Marco Ciam- tale incisione non è ancora stata rintracciata; polini è tornato sulla tela Dulwich propo- inoltre in tutte le versioni la santa è rivolta nendo la paternità di Francesco Vanni, con verso sinistra, ed è identica anche la tavoloz- una datazione verso la fi ne degli anni trenta za, per quanto scarna. Se pensiamo invece del Seicento; a quell’epoca il Vanni faceva che un’incisione a monte non ci sia, le cose ritorno da Roma, recando il ricordo delle si complicano ancora di più. In questo caso opere di Andrea Sacchi: “la similitudine è dobbiamo supporre l’esistenza di un arche- così evidente che sono ancora riferite al Sac- tipo pittorico di grande fama: opera di un chi opere del Vanni, che pare attratto dal de- artista celebre, oppure collocata in un luogo voto comporre del maestro: come la Santa di alto valore simbolico. Niente di tutto ciò: Caterina medita sul teschio del Dulwich Pictu- tutti i nostri dipinti si trovano oggi in col- re Gallery di Londra. […] La Santa Caterina locazioni piuttosto anonime e periferiche.17

della mostra a cura di J. Chiffoleau, Avignon 1992, in Donne di Roma dall’Impero Romano al 1860. Ritrattisti- cat. 59. ca romana al femminile, Ariccia – Palazzo Chigi, catalo- 13 R. Beresford, Dulwich Picture Gallery. Complete go della mostra a cura di M. Natoli, F. Petrucci, Roma Illustrated Catalogue, London 1998, p. 104. 2003, pp. 81-82. Il dipinto è comparso presso Antichità 14 M. Fagiolo dell’Arco, “Roman Baroque Pain- Di Castro a Roma: ringrazio Alberto Di Castro per ave- ting”. Tre schede per Sacchi, Ferri, Baciccio, in Studi di Storia re concesso la riproduzione fotografi ca e l’autorizzazio- dell’Arte in onore di Denis Mahon, a cura di M.G. Bernar- ne alla pubblicazione. dini, S. Danesi Squarzina, C. Strinati, Milano 2000, p. 15 Nessuna traccia nei recenti repertori: F. Baldas- 298; tra le copie, lo studioso ricorda solo quella di Bam- sarri, La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti berga (citata già da Posse come copia da Sacchi), quella e delle loro opere, Torino 2009; S. Bellesi, Catalogo dei passata presso Christie’s nel 1991 (come copia da Sac- pittori fi orentini del ‘600 e del ‘700, Firenze 2009. chi) e quella di Grenoble, affermando che quest’ultima 16 M. Ciampolini, Pittori senesi del Seicento, Siena secondo Chiarini sarebbe “attribué a M. Franceschini”. 2010, III, 1032, 1046-1047. La confusione tra Marcantonio e Baldassarre indica lo 17 Lo stesso vale anche per gli esemplari citati da 44 scarso interesse per il problema. Cfr. anche F. Petrucci Francesco Brogi alla fi ne del XIX secolo nelle chiese È comunque chiaro che tutti gli esem- plari discendono, più o meno direttamen- te, da un unico archetipo. Ma la memoria di questo dipinto, così celebre da generare subito decine di copie, è inspiegabilmente svanita molto in fretta: questa certamente è l’anomalia più evidente. Ciascuna delle ver- sioni che abbiamo ricordato ha alle spalle una storia attributiva diversa, spesso del tut- to improbabile. La tela di Grenoble provie- ne dall’abbazia di Saint-Antoine-l’Abbaye, nell’Isère, ed entrò al Musée des Beaux-Arts nel 1799 come opera di Carlo Maratta. Quella di Nantes, pervenuta al Museo con la collezione Cacault nel 1810, era riferita a un anonimo artista francese. Quella di Caen era attribuita al Domenichino quando si trovava in collezione Le Monuet (1820), e quando pervenne al Museo (1926) passò a un ignoto pittore spagnolo. Quella di Forlì entrò in Pinacoteca nel 1853 come opera di Francesco Vanni. Già alla fi ne del Settecento nessuno era più in grado di riconoscere l’au- Forlì, Pinacoteca Civica tore dei dipinti, né tanto meno di ricondurli a un prototipo, del quale evidentemente si era già persa ogni notizia.

Bamberga, Museen der Stadt 45 (a sin.) Roma, Collezione Carlo Alfi ero (sopra) Grenoble, Musée des Beaux Arts

Il prototipo per la nostra Santa Cateri- deducendone le proporzioni del formato na rimane avvolto nel mistero, e riguardo ovale e soprattutto la tipologia del viso della il suo autore si possono formulare soltan- santa, con il lungo naso affi lato, le soprac- to ipotesi. Mi sembra comunque si possa ciglia sottili e il tocco di luce sulla palpebra escludere il nome di Guido Reni. Troppo sinistra. faticoso passare sopra il totale silenzio delle Deve essere accantonata anche l’ipotesi fonti, inoltre l’arte bolognese non serba nes- di vedere nel dipinto Dulwich la mano di sun ricordo del successo di questa compo- Francesco Vanni. Questa proposta, del tutto sizione. Ricordiamo che il coinvolgimento estemporanea, nasce da una visione del pro- di Guido, proposto da Giammarioli con la blema molto parziale, e non è supportata dovuta cautela, si basava in sostanza su una dalle caratteristiche di stile. tarda segnalazione ottocentesca a proposito Rimangono sul campo Andrea Sacchi e di “una S. Caterina di Guido Reni” in Pa- il Volterrano. L’ipotesi Sacchi è quella che lazzo Gori a Siena:18 la scarna descrizione ha goduto di maggiore credito in quanto non permette di collegare con sicurezza il ancorata al dipinto più celebre, ovvero la quadro senese – disperso – con l’iconogra- tela della Dulwich Picture Gallery, la cui at- fi a qui in esame. Una altrettanto fortunata tribuzione a Sacchi oggi vacilla pericolosa- composizione di Guido Reni, la Vergine con mente, minata alle fondamenta. Rimane il il Bambino dormiente, può rappresentare però problema del dipinto in collezione Alfi ero, un utile termine di paragone. La storia criti- che certamente presenta una qualità mag- ca di questo dipinto è per certi versi simile: giore, e che Fagiolo dell’Arco ritiene l’origi- l’invenzione di grande successo generò un nale della tela Dulwich. O meglio: Fagiolo numero di repliche coeve talmente alto, che dell’Arco pensa che sia una replica autografa oggi la critica si trova in diffi coltà nel distin- di un dipinto eseguito da Sacchi negli anni guere le versioni autografe dalle repliche – trenta-quaranta del Seicento, che “risale, anche al di là della malafede delle logiche come invenzione, all’epoca Barberini, ma è di mercato.19 Se consideriamo l’esemplare stato eseguito dal Sacchi verso la fi ne della della Galleria Doria Pamphilj, vediamo che sua vita, all’epoca Chigi”.20 Non so in base l’autore della nostra Santa Caterina ha pro- a quale dato lo studioso arrivi a questa con- fondamente meditato il modello reniano, clusione, che mi pare del tutto arbitraria.

del territorio senese, e oggi dispersi: F. Brogi, Inven- 19 Per le copie del dipinto del Reni, cfr. R. Eng- tario generale degli oggetti d’arte della provincia di Siena, gass, Variations on a Theme by Guido Reni, in “The Siena 1897, pp. 549, 602; cfr. anche Giammarioli, cit., Art Quarterly”, XXV, 1962, pp. 113-122, e S. Pepper, p. 211. Guido Reni. L’opera completa, Novara 1988, pp. 264, 18 E. Romagnoli, Cenni storico artistici di Siena e suoi 329, 343. 46 suburbii, Siena 1840, p. 50. 20 Fagiolo dell’Arco, cit., p. 298. Dovendo immaginare un committente per la scuola del nostro Franceschini, si recò a Pa- un’immagine di santa Caterina, mi pare più rigi ove si distinse per alcuni pregiabili lavori, logico far risalire l’iniziativa ai senesi Chigi ed ivi morì in assai fresca età”.22 che non ai romani Barberini. Acquisito un primo legame concreto tra Una volta sganciata la tela Dulwich dal un esemplare della nostra Santa Caterina e nome di Sacchi, anche la versione Alfi ero l’ambiente di Baldassarre Franceschini, pos- può essere riconsiderata senza quella pesan- siamo riprendere l’argomento stilistico, pur te eredità. Ci si accorge allora di un classici- con molta cautela. Nella selva delle repliche, smo più maturo rispetto ai modi del Sacchi. i dipinti più antichi sembrano essere quelli L’incarnato liscio e compatto – quasi di cera del Dulwich College e quello riemerso re- – della santa, l’accordo sobrio e silenzioso centemente a New York, che sono anche dei colori freddi indicano una cronologia i due più simili tra loro. Sono forse appa- posteriore, e un ambiente culturale già per- rentati anche dalle condizioni di conserva- meato dalla lezione di Maratta, evidente an- zione: il dipinto di Londra appare molto che nella descrizione della superfi cie lucida consunto, quello di New York bisognoso del teschio. Non si può negare che si fatica di una pulitura. Entrambi presentano una a riconoscere nella Santa Caterina Alfi ero un profonda zona d’ombra in corrispondenza prodotto del clima “Roma 1630”. degli occhi, forse accentuata dalla perdita di Considerando l’opzione Volterrano, materia, poiché non si riscontra il piccolo sembra fruttuoso rivolgersi a un’altra attri- colpo di luce che rischiara la palpebra sini- buzione tradizionale, la più antica e duratu- stra. Per questi due dipinti, tra i più note- ra, che riguarda una tela conservata nel Duo- voli della serie per qualità, è da recuperare mo di Volterra. Nella cappella di San Carlo, l’intuizione di Zeri che accostava la versione ai lati di una pala raffi gurante la Visione di londinese al Volterrano, opinione rafforzata san Carlo Borromeo, si trovano tuttora due dal nuovo dipinto statunitense. Non è solo tele raffi guranti San Francesco d’Assisi e San- la tipica fi sionomia della santa – che come ta Caterina da Siena, che la tradizione locale abbiamo visto risente degli esempi reniani – attribuisce a tale Guarguaglini, pittore loca- ma la morbidezza del modellato, lo sfumato le.21 Anche qui le inesattezze non mancano: insistito che arriva a confondere i lineamen- le prime menzioni confondono santa Cate- ti: tutti elementi che distaccano queste due rina con santa Rosa, e parlano di un dipinto versioni dal resto della serie, e consentono di formato ovale – in realtà si tratta, come di formare un piccolo gruppo da assegnare in quasi tutti gli altri casi, di una tela ret- al Volterrano. Il quale Volterrano potrebbe tangolare entro la quale è dipinta una fi nta ben avere ereditato una invenzione altrui, cornice ovale. trovandola congeniale e svolgendola nei Come detto, la Santa Caterina di Volterra suoi modi consueti e riconoscibili. è quella che vanta la storia critica più antica, Giunti alla conclusione, le tenebre non si che risale fi no alla metà del XVIII secolo; da sono molto dissipate. Dove si trovi il dipin- allora è sempre stata assegnata al misterioso to che servì di modello per le nostre copie, e Guarguaglini, misconosciuto al punto che se chi lo abbia dipinto, non è per il momento ne ignora il nome di battesimo. La letteratura dato sapere. Il tono emotivo e patetico con locale fornisce però due notizie interessanti: cui viene svolto il tema devozionale, ponen- Anton Filippo Giachi afferma “che lavorò do l’accento sui particolari più drammatici molto in Parigi ove morì”, mentre Gaetano – le stimmate e la corona di spine, il teschio Leoncini precisa che “dopo aver frequentato umano – ricordano sicuramente analoghe

21 Il riferimento è già in un manoscritto del 1756, ni Volterrano che lavorò molto in Parigi ove morì”, cit. in F. Lessi, U. Bavoni, Arte a Volterra, Pisa 1980, da cui dipendono le citazioni successive; cfr. anche pp. 44-45; la prima menzione a stampa risale a A.F. Giammarioli, cit., p. 213. Giachi, Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno 22 G. Leoncini, Illustrazione sulla cattedrale di Volter- di Volterra, Firenze 1786, II, p. 201: “una S. Rosa da ra, Siena 1869, p. 51. Siena ed un S. Francesco stimatizzato del Guargualli- 47 formule di Carlo Dolci; ma non è il caso gli inizi del XIX secolo, e spesso provenienti di aprire altre piste di indagine in assenza di da luoghi pubblici. Si tratta di opere tarde, elementi concreti. già settecentesche, di modesta qualità e con Non si potrà infi ne fare a meno di no- qualche importante variante rispetto alle re- tare una diffusione del modello in Francia: dazioni più antiche. È lecito chiedersi se il le versioni nei Musei di Caen, di Nantes, di volterrano Guarguaglini, che “lavorò molto Grenoble, la tela di Saint Sernin a Tolosa. in Parigi ove morì”, possa avere qualche re- Tutti dipinti presenti in Francia almeno da- sponsabilità.

Elenco delle versioni note all’Autore

Non si fornisce la bibliografi a relativa a ogni esemplare, ricostruibile comunque attraverso i riferimenti inseriti nelle note al testo.

Bamberga, Museen der Stadt, inv. 225, cm 73x111 Caen, Musée de Beaux Arts, inv. 181, cm 106x137 Forlì, Pinacoteca Civica, inv. 148, cm 60x42 Grenoble, Musée des Beaux Arts, inv. MG407, cm 99x132 Londra, Christie’s, 7 febbraio 1991, lotto 14, cm 75x99 Londra, Dulwich College Picture Gallery, inv. PG252, cm 88x104 Montefollonico (Siena), chiesa di San Valentino, cm 92x117 Nantes, Musée des Beaux Arts, inv. 595, cm 71x96 New York, Doyle, 25 gennaio 2012, lotto 17, cm 76x81 Roma, convento di Santa Sabina (segnalata da Giammarioli in Bianchi-Giunta 1988, p. 211, non sono stato in grado di rintracciarla) Roma, collezione Carlo Alfi eri, cm 90,5x114,5 Sarteano (Siena), chiesa di Santa Chiara, cm 70x100 circa Siena, chiesa della Compagnia dei Santi Emidio e Andrea da Avellino, ***x*** Siena, collezione Chigi-Saracini, inv. MPS 525, misure Siena, Conservatori Riuniti del Rifugio, cm 97x118 (segnalata da Ciampolini 2010, III, p. 1047, è la stessa che Brogi nel 1862-1865 descriveva nel Conservatorio di Santa Maria Maddalena, cfr. Giammarioli in Bianchi-Giunta 1988, p. 211) Siena, Santuario Casa di Santa Caterina misure Siena, Spedale di Santa Maria della Scala, compagnia di Santa Caterina della Notte, cm 85x60 (in Bianchi-Giunta 1988, pp. 211, 214, è citato due volte, ma si tratta dello stesso dipinto; di nes- suna qualità, è cosa già ottocentesca) Stone, Saint Dominic’s Convent, cm 88x110 Tolosa, basilica di Saint Sernin, 97x124 Ubicazione ignota (già Siena, Accademia di Belle Arti?) Volterra, cattedrale di Santa Maria Assunta, cm 81x115

Non possono essere infi ne comprese nel nostro gruppo le versioni della chiesa dei Santi Giusto e Clemente a Lucciana e di Sant’Agnese a Montepulciano segnalate da Brogi (1897, pp. 60, 325) e accolte da Giammarioli (1988, p. 211), ma che presentano una iconografi a differente, né quella apparsa a Roma, Finarte, 1° giugno 1982, lotto 114, che, rivolta dall’altra parte e con le mani in una posizione diversa, sembra più una libera interpretazione del tema. 48 Metodologia e deÀ nizione dello stato di conservazione di un’architettura: il caso di Porta Camollia di Flavio Collini

Spiragli di storia zio fortifi cato denominato Castellaccia che si sviluppava verso nord inserendo al suo La più antica attestazione conosciuta, re- interno due importanti strutture fortifi cate; lativa ad un passaggio di proprietà di beni il Torrazzo di mezzo e il Portone dipinto immobili e terreni posti nel borgo di Ca- denominato così per gli affreschi che lo mollia, è datata 1082. abbellivano realizzati da Simone Martini Già in un’epoca così recente si trattava (l’odierno Antiporto). Questa grande con- di un’area dotata di una struttura difensiva. centrazione di edifi ci fortifi cati in questa In epoca etrusca la zona venne destinata zona della città si spiega con il fatto che ad una necropoli e in epoca carolingia era quest’ area rivestiva il ruolo di punto focale adibita a zona fortifi cata. Il toponimo Ca- nella struttura difensiva poiché si tratta di mollia risalente ad epoca romana, si riferisce un luogo topografi camente più esposto agli ai possedimenti immobiliari di un probabi- assalti nemici. le Camillus o Camullus. In quell’epoca la L’area di Camollia, probabilmente pro- zona aveva prevalentemente le caratteristi- prio nella zona denominata Castellaccia, in che di insediamento agricolo. quella stessa epoca, fu anche sede di nu- In epoca medievale la spazio di Camollia merosi luoghi di ricovero e di edifi ci di doveva essere costitutito da un complesso di culto per i pellegrini che percorrevano la edifi ci fortifi cati tipologicamente denomi- via Francigena. Per tutto il Trecento e fi no nata castellare. L’area di Camollia attraverso alla fi ne del Quattrocento, gran parte del il passare dei secoli dal Medioevo ad oggi, terzo di Camollia era costituito da edilizia risulta essere una delle zone più trasformate povera. della città. Nel 1526 i senesi alleati con le truppe La porta nel Medioevo rivestiva il ruolo imperiali di Carlo V, riuscirono a respingere di sintesi tra la città e la campagna, era sim- l’assalto delle truppe pontifi cie facendo leva bolo di protezione e sicurezza dai nemici proprio sul baluardo difensivo di Camollia e rivestiva una funzione fi scale ricoprendo e la stessa zona fu protagonista anche del- il ruolo di barriera daziaria, compito che la guerra combattuta tra i senesi e Cosimo verrà meno soltanto nel terzo decennio dei Medici fi no al 1555; Camollia dovette del XX secolo. A partire dal XII secolo la essere lo scenario degli episodi più cruenti zona di Camollia fu sede dello sviluppo di della guerra e nell’immaginario collettivo istituti religiosi e dette accoglienza all’inse- della città la Porta, con gli apparati difensivi diamento dei Templari; il consolidarsi del- dell’area circostante, ha rappresentato fi no la loro presenza dal quinto decennio del alla seconda metà del Cinquecento il sim- Duecento, impose la Chiesa della Magione bolo della forza di Siena. come punto di riferimento per le funzioni Alla fi ne del Cinquecento la carta di civili. Francesco Vanni dette una lettura diversa Nel corso del Duecento, nell’area pro- e innovativa di quello spazio: le strutture spicente la porta Camollia, si defi nì lo spa- militari vennero smantellate quasi comple- 49 Francesco Vanni, La città di Siena, edizione di Lazzaro Bonaiuti, Firenze, Calcografi a Smorti, 1873 (particolare), collezione Ettore Pellegrini. Il rilievo eseguito dal Vanni nel 1595 documenta effi cacemente il vuoto creatosi tra l’Antiporto e la Porta di Camollia a seguito dell’abbattimento di edifi ci disposto dalle autorità granducali dopo la caduta di Siena, ma si può notare come l’apparato della porta risulti tamponato, non avendo ancora subito la ristrutturazione di Casolani – Cafaggi che ne avrebbe sancito, con la riapertura, l’attuale confi gurazione.

tamente e si aprì un vuoto tra la Porta e signifi cati della propaganda politica presen- l’Antiporto a seguito della distruzione del tando al centro uno stemma mediceo soste- Torrazzo di mezzo. E’ diffi cile defi nire i nuto da due fi gure allegoriche e dal famo- tempi precisi che portarono all’eliminazio- so motto Cor magis tibi Sena pandit. Questo ne degli apparati militari che comunque messaggio di accoglienza depurato da ogni avevano subito gravi danni durante l’asse- aspetto bellico e difensivo messo in atto su dio del 1554-1555. Porta Camollia tra il 1560 e il 1604, è la con- L’epigrafe posta sul lato interno della seguenza della dipendenza senese dal potere porta indica nella data del 1604 quella della fi orentino. sua realizzazione. L’apparato decorativo è L’immagine della Porta non è mutata attribuito ad Alessandro Casolani, mentre a fi no ai nostri giorni, mantenendo il ruolo Domenico Cafaggi la materiale realizzazio- di simbolo di apertura della città. Gli inter- ne dei rivestimenti marmorei. La nuova por- venti di urbanizzazione progettati ed ese- ta abbandonò defi nitivamente la complessa guiti negli anni Venti del Novecento con la architettura bellica per divenire un arco di lottizzazione dello spazio tra Antiporto e accoglienza superbo e raffi nato. Palazzo Diavoli, la costruzione della nuova Camollia è l’unica porta cittadina in cui caserma e il piano regolatore mai realizzato non sono quasi più leggibili le origini me- nel 1932, sono signifi cativi per il ruolo attri- dievali. Il nuovo ingresso alla città appare buito a quest’area. come una splendida cornice che si inserisce Venuta meno nel 1930 la funzione di bar- all’interno del paramento murario con fun- riera daziaria, Porta Camollia divenne solo il zioni puramente estetiche. Le spigolosità punto di passaggio del movimento veicola- tipiche delle strutture militari sono perdute re e, a fronte della realizzazione nell’anno per lasciare spazio ad eleganza e leggerezza. 1931 di due fornici laterali, fu favorito il L’apparato decorativo, che trae spunto dai transito pedonale. 50 grandi archi trionfali, viene arricchito dai Rutilio Manetti, veduta di Siena ripresa dal rilievo delineato da Francesco Vanni nel 1595 (particolare), Siena, Archivio di Stato. Il Manetti ricopia fedelmente in un grande dipinto su tela l’iconografi a delineata dal Vanni, ponendo attenzione ad aggiornarla con i successivi interventi architettonici ed urbanistici, come mostra il dettaglio di Porta Camollia che, ristrutturata dal Casolani nel 1605, aveva sensibilmente modifi cato l’originario assetto medievale.

Introduzione al restauro nendone i segni e i traumi subiti nel tempo. Lo scopo, infatti, sarà quello di mante- Prima di ogni programma di restauro è nere la storia stessa dell’opera e renderne indispensabile la conoscenza dello stato di correttamente leggibile il suo percorso nel conservazione del materiale da sottoporre tempo nel rispetto delle sue trasformazioni all’intervento ed il tipo di formazioni super- naturali e degli interventi che vi si sono suc- fi ciali che ricoprono l’opera. Da tale presup- ceduti. posto discende, quindi, che ogni progetto Vi è un caso in cui l’aggiunta reperibile che si proponga l’obiettivo del restauro con- sull’opera d’arte non si presenta necessaria- servativo del manufatto storico-artistico, do- mente come il prodotto di un fare, e cioè vrà essere preceduto da un accurato studio quell’alterazione o sopramissione che riceve teso a caratterizzare - dal punto di vista mi- il nome di “patina”. neralogico-petrografi co - i materiali originari In certi casi, come la pittura e la scultu- e d’integrazione presenti per una puntuale ra greca, taluni procedimenti documentati valutazione del loro stato di manutenzione. storicamente, attestano che l’abbassamento Ciò per comprendere i fenomeni altera- di tono e/o lo spegnimento di una materia tivi che vi agiscono, o che vi hanno agito, troppo brillante, era voluto senza aspettare dando, in questo modo, utili indicazioni l’opera del tempo. alla conoscenza del processo di vetustà e de- L’eliminazione della patina - sia essa de- cadimento avviato dal tempo. positata dal tempo come “pensata” dall’au- Tra i principali obiettivi di un restau- tore dell’opera - fa incorrere il restauratore ro, quindi, è l’eliminazione delle cause del in una falsifi cazione storica del documento degrado attraverso l’attuazione di un pro- artistico. I materiali che compongono l’ope- gramma metodologico di pulitura, consoli- ra, depurati della loro vetustà o della loro damento e protezione che consenta la con- autenticità, sono costretti ad acquisire una servazione del documento storico mante- illogica freschezza, un taglio netto con il 51 Porta Camollia La facciata esterna con l’imponente apparato decorativo scolpito in travertino da Domenico Cafaggi

52 Porta Camollia. Facciata tergale nella ristrutturazione architettonica creata da Alessandro Casolani, dove una targa collocata alla base del timpano riporta la data “1605” (vedi particolare a p. 57)

Porta Camollia. Facciata interna, monogramma in travertino 53 tempo trascorso, un’irruenza che contraddi- gli elementi decorativi del portale principale ce la testimonianza del passaggio del tempo. compresi i monogrammi bernardiniani. Nella nostra città non pochi novelli o im- Il ferro costituisce, invece, la corona po- preparati anziani (di mestiere) architetti han- sta al centro della decorazione del portale no, con deprecabile leggerezza, attualizzato principale, nonché gli accessori delle due - cioè portato ai nostri giorni - molti prege- ante del portone (cardini, , ecc.). voli antichi segni d’architettura facendoceli Il legno è il materiale utilizzato per la rea- mostrare come appena realizzati!! lizzazione delle due ante del portone recen- Dal punto di vista storico, quindi, la con- temente installate in sostituzione di quelle servazione della patina - intesa come prote- rimosse nel corso dell’anno 1975, in quanto zione di quel particolare offuscamento che risultate in pessimo stato di manutenzione. la novità della materia riceve come testimo- nianza del tempo trascorso - è auspicabile 2. Generalità sui processi di deterioramento oltreché tassativamente richiesta. La cultura di una società è determina- 2.1 Inquinanti atmosferici ta anche dalla consapevolezza dei valori In generale possiamo affermare che i espressi dal proprio patrimonio artistico- depositi di particellato atmosferico e/o culturale e non può prescindere dal rilevare carbonioso nero associato al dilavamento che l’attività di restauro deve rivestire un ca- dell’acqua piovana provocano reazioni chi- rattere di eccezionalità. mico-fi siche tali da alterare consistentemen- E’ il mantenimento in effi cienza della te l’aspetto e la leggibilità del materiale che consistenza fi sica dell’opera, attuato attra- costituisce il manufatto. verso un costante programma di manuten- L’elevato inquinamento prodotto dagli zione sistematico e periodico - in coerenza scarichi di gas combusto del traffi co veicola- con quanto espresso dalla Carta del Restau- re interagisce con le superfi ci dei manufatti ro di Venezia - che garantisce il permanere architettonici che fi ancheggiano la strada. dei materiali e, quindi, l’indissolubilità del In particolare l’azione degli inquinamen- nostro passato. ti sui materiali lapidei e laterizio, possono sinteticamente essere ricondotti a: 1. La natura materica di Porta Camollia - corrosione dei componenti minerali per attacco acido; Porta Camollia, posta lungo la direttrice - apporto di sali solubili e relativi proble- nord della città di Siena che conduce verso mi legati alla cristallizzazione; la città di Firenze, si apre sulle mura cittadi- - deposizione di particellato carbonatico ne attraverso due portali (interno ed esterno ed annerimento delle superfi ci; alle mura) diversamente decorati. - formazione di croste nere per effetto Il manufatto architettonico articola la combinato delle tre precedenti azioni. propria immagine celebrativa attraverso l’u- Nel caso di marmi calcari con porosità so e la lavorazione artistica del laterizio, del bassa (non superiore a 5% - 8%), le superfi ci travertino, del ferro e del legno nella costru- riparate dalla pioggia sono annerite o addi- zione delle ante del portale d’ingresso. rittura coperte dalle cosiddette croste nere. Il laterizio è presente nel paramento del Nelle zone esposte al dilavamento della portale tergale e costituisce le paraste (fusti, pioggia le superfi ci sono bianche, biancastre basamenti e lesene), l’arco di ingresso, la tra- o, comunque non annerite e spesso profon- beazione e le cornici di coronamento com- damente corrose. preso il timpano di chiusura con sagoma ad Nelle zone di passaggio tra le due pre- arco ribassato seicentesco. cedenti, dove l’acqua arriva meno frequen- Il travertino è il materiale che costituisce temente o scorre con minore velocità, tali le bozze angolari delle cornici delle paraste superfi ci sono grigiastre. e del coronamento presenti nel portale pro- Le “croste nere”, di norma rigide e fragili, spiciente P.zza Conte Guido Chigi Saracini. si distaccano dal substrato, lasciando espo- 54 Dello stesso materiale, peraltro, sono tutti Domenico Cafaggi, apparati decorativi nella sezione superiore della Porta (esterno) sta la porzione di materiale sottostante che danneggiare i manufatti non mantenendo- si presenta profondamente decoesa e spes- li correttamente, usandoli in modo impro- so del tutto polverulenta. Le “croste nere” prio, esercitando atti vandalici, peggiorando risultano costituite da percentuali molto la qualità dell’ambiente. elevate di gesso (fi no al 60%-70% del peso), I danni prodotti dagli agenti biologici calcite, spesso di neoformazione, da altri possono distinguersi in due grandi catego- componenti minerali della pietra e da quelli rie: danni chimici e danni meccanici. del terreno circostante. I primi derivano dalle possibili alterazioni Il colore nero delle croste è dovuto alla tra i componenti originali dei materiali lapi- presenza del materiale particellato carbonio- dei e i prodotti metabolici degli organismi vi- so più fi no che spesso penetra anche nelle venti, i secondi sono legati allo sviluppo del microfratture sub-superfi ciali. biodeteriogeno a stretto contatto con il mate- Le croste nere quando arrivano a formar- riale, sulla superfi cie o entro le micro-macro si, si staccano rapidamente e la superfi cie fratture. A queste due categorie di danni - che del materiale assume un aspetto fortemente riguardano strettamente l’aspetto materico - corroso. va aggiunto il danno estetico (macchie, cam- biamenti di colore, depositi, ecc.) 2.2 Inquinanti biodeterogeni Per biodeterioramento si intende ogni 3. Lo stato di conservazione dei paramenti co- tipo di alterazione irreversibile provocata da stituenti la Porta di Camollia e tipologie esseri viventi sia microscopici sia macrosco- di degrado pici. Gli agenti responsabili del biodeteriora- 3.1 Il travertino mento del materiale lapideo sono numerosi E’ una roccia costituita in larga parte da ed appartengono sia al mondo vegetale che calcite a seguito di deposizione chimica di a quello animale e tra questi ultimi può acque sature di carbonato di calcio. essere incluso anche l’uomo. L’uomo può Le modalità di deposito e la presenza di 55 sostanze organiche o inorganiche caratte- cipale. Variano nell’aspetto cromatico dal rizzano la loro tessitura e variazione cro- giallo ocra al marrone più o meno scuro. matica. Deposito superfi ciale incoerente - È costituito E’ una roccia che per aspetto cromatico, dal particellato atmosferico e guano di volati- per la sua elevata durezza e, soprattutto, per li ed è diffuso sugli elementi a sporgere non- la facile reperibilità nella zona circostante è ché sui piani delle cornici terminali (buche molto presente nell’architettura senese. pontaie, cornici, lesene, nastri, stemmi, etc.). Caduta di materiale - La fragilità dei la- 3.1.1 Stato di conservazione pidei in genere è da ricondurre alla natura La transizione dalle aree di travertino, del materiale e della sua genesi e/o all’invec- sottoposte all’azione di dilavamento pro- chiamento dei leganti. Nel caso specifi co, dotta dalle acque meteoritiche, a quelle in questi fattori hanno favorito la perdita di cui è presente il deposito carbonatico (cro- consistenti parti della decorazione del pro- ste nere), rappresenta il carattere più eviden- spetto principale. te dell’alterazione del paramento in pietra Tracce di un possibile intervento di con- travertino (prospetto principale). solidamento sono visibili nelle porzioni esi- stenti dei nastri che circondano l’apparato 3.1.2 Tipologie di alterazione Dilavamento - centrale del portale. Sui due prospetti è presente una ampia area di paramento dilavato corrispondente a so- 3.2 Il laterizio luzioni di continuità degli elementi lapidei. Il laterizio rappresenta il materiale domi- La polvere biancastra che caratterizza tali nante la facciata tergale della Porta di Ca- zone è costituita da calcite incoerente. mollia contrariamente al prospetto principa- Croste nere - Le croste nere di spessore le in cui è principalmente presente nelle aree più consistente sono osservabili sulle super- dei riquadri laterali del portale. fi ci delle porzioni più protette dall’azione Sul prospetto tergale il laterizio costitui- diretta delle piogge. In tali zone il pulvisco- sce tutto l’apparato decorativo (portale, pa- lo atmosferico si accumula acquistando coe- sione ed aderenza al suo substrato. raste, basamento, cornici, lesene, etc.). Sotto le stesse croste nere si residuano al- tri eventuali livelli di alterazione. 3.2.1 Stato di conservazione Nelle zone maggiormente riparate le cro- L’alterazione del materiale situato sul pro- ste nere sono sottoposte a distacco ed evi- spetto principale risulta abbastanza modesta denziano substrati soggetti a scagliature. ed è riconducibile principalmente all’azione Le croste nere sono rinvenibili nei vacui erosiva delle acque meteoritiche (dilavamen- tipici del travertino ed in corrispondenza to) ed a sparsi fenomeni di solfatazione. Sul delle aree in cui il materiale ha subito pro- prospetto tergale, viceversa, i fenomeni di de- cessi di distacco (decorazione a nastro sul grado sono evidenti ed, in taluni casi, rivesto- prospetto principale, terminali di cornici di no carattere di preoccupante pericolosità alla coronamento). sicurezza di persone e cose. Caduta di malta di allettamento - Fra i giun- ti dei conci di pietra travertino costituenti 3.2.2 Tipologie di degrado l’apparato decorativo del prospetto prin- cipale (Iesene, volute e nastri), ed in larga Scagliatura - L’esposizione continuativa parte nelle zone del prospetto tergale (sfere del laterizio all’azione degli agenti climati- e piedistalli, terminali delle cornici, etc.) è ri- ci (pioggia, vento, gelo e disgelo), che de- levabile la perdita della malta di allettamen- terminano un progressivo invecchiamento to nelle commettiture. del materiale, associata alla presenza dei sali Pellicole di ossalati di calcio - Sono in gran all’interno del laterizio i quali, nel corso parte diffuse sul materiale lapideo costituen- della cottura dell’argilla, hanno separato in 56 te l’apparato decorativo del prospetto prin- modo privilegiato le parti stratifi catesi du- Porta Camollia. Dettagli decorativi e 57 strutturali della facciata anteriore (fi gg. 1-6) e della parte tergale (fi gg. 7-10) rante la manifattura dell’argilla, favoriscono La situazione alterativa dell’intradosso il distacco e la caduta delle sezioni esterne dell’arco del portale è contraddistinta da una dei laterizi. signifi cativa diffusione delle croste nere e da Mancanza di malta di allettamento - Nel ampi annerimenti provocati dal particellato caso del paramento in laterizio la perdita atmosferico e carbonioso. E’ da osservare, della malta di allettamento è da imputare infi ne, la rilevante presenza di vegetazione sia all’azione geliva (ciclo del gelo e disge- causata da agenti biochimici lo) che provoca un aumento della porosità Sugli elementi decorativi inseriti sul lato delle malte innescando un primo processo dx del portale, ove si collocano lo stemma di disgregazione del materiale, sia all’azione del Capitano del Popolo (leone rampante) meccanica di erosione provocata dalle parti- ed il terminale della decorazione “a nastro” celle polverulente trasportate dal vento. sono evidenti le gravi alterazioni subite dal travertino. Crescita biologica - Nelle superfi ci orizzon- In particolare, la superfi cie dello stem- tali delle cornici in muratura di laterizio di- ma mostra diffuse tracce di alterazione cau- sposto “a coltello” ed in quelle sommitali, la sata dall’aggressione di tipo biologico con costante presenza di microrganismi, licheni formazione di vegetazione, licheni e muffe e vegetazione in generale, è legata all’accu- estese peraltro sugli elementi dell’arco con mulo di polveri le quali divengono ottimo motivo “a diamante”. substrato per la crescita. La complessiva area circostante, inoltre, La crescita biologica è condizionata alla è caratterizzata da superfi ci invase da croste capacità di assorbimento dello strato poroso nere, annerimenti per depositi cartonatici e del deposito polverulento. associati alla grave solfatazione del lapideo. Polverizzazione - Il fenomeno è attribui- Il laterizio, invece, causa agenti atmosfe- bile all’effetto dei sali solubili ed è legato a rici e biodeterogeni evidenzia gravi danni fenomeni di cristallizzazione che avvengo- per scagliatura e polverizzazione del mate- no sulla superfi cie. La formazione di questo riale di superfi cie tipo .di degrado è da imputarsi alla presenza L’elemento in metallo ferroso, che costi- dell’umidità ed alla sua ripetuta migrazione tuisce la corona, presenta superfi ci invase da ed evaporazione sulla superfi cie. ossidazione, oltre ampie zone in cui il me- Evitando di entrare nel merito dei con- tallo risulta già caduto ed i listelli (cerchia- tenuti del progetto di conservazione, luogo ture) posti lungo la circonferenza (superiore non deputato per una disanima sulla me- ed inferiore) sono sottoposti ad avanzati todologia tecnica di intervento, mi appare processi di distacco. effi cace, invece, riportare alcuni puntuali L’intonaco della mensola in muratura di esempi fotografi ci delle parti del manu- mattoni pieni evidenzia un degrado di tipo fatto, ove completati da una suffi ciente chimico (muffe e licheni) e fi sico (decoe- descrizione, possano ben rappresentare la sione). diffusa gravità dello stato conservativo dei Il ferro piatto, con funzione statica per le paramenti e, soprattutto, dell’elevato grado parti in lapideo della testa della mensola ha di pericolosità derivante dal possibile di- le parti esposte all’intemperie aggredite da stacco dei materiali. processi di ossidazione Sono evidenti, lungo la superfi cie Il monogramma in travertino è compo- dell’arco del portale, le ampie aree rico- sto da elementi in pietra travertino fi ssati perte da residui polverulenti e le classiche alla muratura sottostante e tra loro aggan- macchie nere nelle parti più protette dallo ciati mediante perni in ferro. scolo delle acque. In altre zone sono in atto Sul lapideo è evidente il processo di de- i processi di aggressione provocati dai sol- grado chimico e fi sico causato dagli agenti fati di calcio. atmosferici (acqua, sole, gelo, vento). I gravi distacchi di materiale decorativo Sono evidenti, peraltro, signifi cative aree hanno compromesso l’unitarietà dell’opera aggredite da croste nere e da annerimenti. 58 d’arte. Alcune porzioni di travertino (zona superio- re) sono già assenti causa il grave degrado qua piovana associata all’azione dei venti, degli elementi di sostegno (perniature) la cui che con il trasporto delle particelle polve- sezione è sottoposta a corrosione per ossi- rulente ne ha favorito la decoesione con la dazione. conseguente caduta. Il travertino che costituisce il “cartiglio” Nei sottosquadri delle modanature di posto nel frontone esterno è sostanzialmen- coronamento sono evidenti croste nere ed te sottoposto agli agenti atmosferici i cui ef- annerimenti. fetti sono evidenziati dalle linee di percola- zione dell’acqua che in parte dilava la super- fi cie rendendola scabrosa e, nei sottosquadri del manufatto, dalla concentrazione delle croste nere e degli annerimenti dovuti alla sedimentazione dei depositi carbonatici. In altre zone dell’elemento in questione, sotto l’azione degli agenti biologici, sono presenti tipiche aggressioni biologiche (li- cheni e muschi). La sottostante protome (testa leonina) Bibliografi a evidenzia gli stessi tipi di degrado (biologico e chimico). Depositi di guano sono diffusa- Ilaria Bichi Ruspoli, Allegorie medicee su Por- mente presenti nelle parti esposte. ta Camollia e sulla Fortezza, in “Fortifi care con L’alterazione sulla superfi cie del laterizio arte” III, (a cura di E. Pellegrini), Siena 2012. è caratterizzata da un’ampia area di esfolia- Cesare Brandi, Il restauro. Teoria e pratica, a zione tale da compromettere la composizio- cura di Michele Cordaro, postfazione di Giusep- ne architettonica. A tale degrado si associa pe Basile, Editori Riuniti, Roma 2005 l’azione degli agenti meteorici che hanno Flavio Collini, Progetto di Palazzo Sansedoni - prodotto la caduta (anche per vetustà del relazione tecnica - Soprintendenza BB.AA., Siena materiale) delle malte. Sulle zone protette 2003 dei cantonali in travertino sono presenti le consuete croste nere accompagnate da aree Flavio Collini, Studio per il restauro di Porta in cui si annidano gli annerimenti per sedi- Camollia, Siena 2004 mentazione di deposito organico e carbona- Stefano Moscadelli - Cecilia Papi - Ettore tico. In molte zone sono visibili le caratteri- Pellegrini, Forza, Accoglienza, ornamento. Rifl es- stiche percolazioni saline provenienti dalla sioni su Porta Camollia , Pubblicazione realizza- composizione chimica delle malte e dei late- ta a cura della Contrada Sovrana dell’Istrice in rizi (processo ambizione ed evaporazione). occasione del IV Centenario della ricostruzione In molte aree la malta di calce è stata di Porta Camollia, Siena, Ed. Il Leccio, agosto espulsa per l’azione di dilavamento da ac- 2004, pp. 11-35

59 Nel XIX secolo, fi no agli anni della riconquistata unità nazionale, a Siena come in molte altre realtà italiane l’assistenza sociale non era applicata su basi di pubblica generalità, appannaggio quasi esclusivo di enti ecclesiastici e di istituti nati dalla generosa iniziativa di esponenti dell’aristocrazia cittadina, come nel caso dell’asilo per donne povere fondato da Maria Assunta Butini Bourke nel 1844 e tutt’oggi profi cuamente vitale. Nella nostra città, tuttavia, gli ideali risorgimentali avrebbero pure alimen- tato attività assistenziali di carattere eminentemente popolare, delle quali è oggi opportuno evidenziare, con i pregevoli esiti, l’originalità istituzionale. Signifi cativi valori insiti anche in analoghe iniziative di mutuo soccorso sorte nell’ambito delle Contrade, che nell’impegno sociale seppero riassumere e rivitalizzare uno dei motivi storici della loro esistenza. Nelle pagine seguenti, gli studi di Mauro Barni e di Alberto Fiorini descrivono la genesi e ricercano le motivazioni ideali e materiali di questi due fi loni dell’asso- ciazionismo assistenziale senese, scaturiti da impulsi di solidarietà di diversa na- tura e tra sé indipendenti, ma parallelamente destinati nel periodo postunitario a migliorare le condizioni di vita in una città allora dominata da disoccupazione, miseria e malattie epidemiche.

Il busto marmoreo di Maria Assunta Butini Bourke Pubblicazione con il testamento della Butini Bourke, 60 scolpito da Tito Sarrocchi, Siena - Palazzo Comunale atto costitutivo dello Stabilimento di Benefi cienza I Garibaldini e il risveglio sociale di Siena di Mauro Barni

L’epilogo delle ubiquitarie celebrazioni indotti dall’Unità, talora spinte sino al ne- dei 150 anni dell’Italia unita sollecita le più gazionismo di matrice ideologica, venato varie velleità di un bilancio, che va ovvia- (ancora) di nostalgie giacobine, anarcoidi o mente calibrato tra l’analisi delle risposte di clericali (come se non vi fossero state le ar- livello nazionale e il vaglio delle iniziative denti vocazioni patriottiche di molti uomini locali, innumeri, forse esorbitanti ma spesso di Fede!). Merita piuttosto di non essere re- essenziali per una presa di coscienza di una legato in ombra il rifl esso della unifi cazio- emozione e di una partecipazione effettiva, ne sulla civiltà, sul progresso, sulla qualità non effi mera e non marginale o soltanto eli- della vita degli italiani e, più chiaramente, taria. Sarà comunque in questa operazione sulla complessiva evoluzione socioculturale opportuno, e non solo storicamente, ben del nuovo Stato e delle sue cento realtà mu- distinguere tra quanto evoca una nostalgica nicipali e territoriali. Anche le celebrazioni epopea risorgimentale, tendenzialmente re- regionali non sono sfuggite all’omologa- torica, cronologicamente ambigua e ideolo- zione ricognitiva ma hanno quanto meno gicamente ribelle ad ogni schema, e quanto avuto, tra gli altri molteplici2 , il merito di invece serve a ricostruire e razionalizzare il aver messo in luce storie minori della Tosca- processo di reductio ad unam delle moltepli- na risorgimentale, e, per quanto più diretta- ci entità statuali italiane che, oltre ad essere mente ci riguarda, di Siena e delle sue Istitu- lo straordinario e quasi portentoso punto di zioni. Ne è derivato un quadro molto ricco partenza di una vicenda locale e nazionale e composito, dominato dagli avvenimenti e complessa e spesso dolorosa, hanno tuttavia dai personaggi più direttamente collegati al realizzato il nostro humus nel recente passa- processo unifi cante e alle più luminose vi- to, nel dubbioso presente, per un insonda- cende risorgimentali, partecipate in maniera bile futuro. molto diversifi cata dalla “gente” di Siena Ma come non ha giovato alla schiettez- divisa tra confessionalismo, intransigenza za delle celebrazioni, la esaltazione, quan- granducale e passioni democratiche a loro do non contestualizzata né approfondita, volta diversamente connotate in una poli- di Eroi, di Martiri, di Vittorie, di Olocausti, cromia ideologica svariante dal più acceso di Glorie quale fu del resto pervicacemente giacobinismo al più ricasoliano fi deismo sa- perpetrata nel ventennio fascista1, così sono voiardo. Qualche attenzione in più merita apparse stridenti e supponenti le riaffi orate anche la isolata ma straordinaria sensibilità tendenze revisionistiche relative ai modi, di molti cattolici, sui quali svetta la fi gura ai tempi, alle stesse ragioni e ai “negativi ” scientifi ca e morale di Tommaso Pendola3,

1 È la tesi di Lucio Villari: Bella e perduta, l’Italia vore documentario hanno partecipato con interessan- del Risorgimento, Laterza, Bari 2009. Cfr. soprattutto te contributo Duccio Balestracci, Gabriella Piccinni, l’avvincente denuncia di Mario Isnenghi: (I luoghi Aurora Savelli, Roberto Barzanti e molti altri studiosi. della memoria: simboli e miti dell’Italia unita, Laterza, Le indicazioni bibliografi che sono assolutamente esu- Bari 2010) degli «usi pubblici del passato e la politica beranti e in evoluzione continua, consultabili presso della memoria » A. Leoncini, Direttore dell’ Archivio storico dell’Univer- 2 Di straordinaria rilevanza sul tema sono i con- sità di Siena. tributi di Giuliano Catoni tra i quali: I goliardi senesi 3 La luminosa e provvida fi gura di Tommaso e il Risorgimento, Ed. Effegi, Siena 2011. Le ricerche Pendola (1800-1883) ha brillato negli anni che anti- sul ruolo degli universitari senesi nel Risorgimento si ciparono e seguirono l’Unità d’Italia. Achille Mirizio debbono, soprattutto ad Alessandro Leoncini. Al fer- nella sua acuta e spregiudicata rifl essione sul Pendola 61 il cui Magistero, si tradusse in apostolato so- senesi, di varia appartenenza sociale e di ciale e in straordinario impegno civile che molteplice orientamento “rivoluzionario”, lo condusse al Rettorato della nostra Uni- spesso animati anche dalla osservazione dei versità dal 1861 al 1867, proprio negli anni grandi mutamenti già affermatisi da almeno della prima esperienza italiana del nostro un cinquantennio nei Paesi maggiormente e Ateneo e alla mirabile realizzazione della precocemente partecipi della emancipazio- Scuola e dell’Istituto per Sordomuti. Ap- ne sociale e della “utopia” di una relativa “si- punto, all’Università è stata dedicata, grazie curezza” e, sul piano delle vicende compo- soprattutto a Giuliano Catoni e a Alessan- site della scienza, della tecnica, del lavoro, dro Leoncini, la massima attenzione cele- della economia, corresponsabili di quella brativa e illustrativa di studenti e di docenti, rivoluzione culturale, scientifi ca e industriale anche drammaticamente partecipi del movi- che più d’ogni altro fenomeno scosse la so- mento risorgimentale, ansiosi d’indipenden- cietà del XIX secolo. za e di nuovo comune benessere non solo Tra i più vivaci e tenaci animatori di materiale. Ovviamente, la piccola Siena ha questa rinascita eticamente rivoluzionaria contribuito alla grande storia dei “150 anni” brillano, per l’appunto, alcuni garibaldini che l’analisi politologica e socioeconomica senesi che, ben più realistici dei mazziniani e la meditazione saggistica hanno scandito e dei giacobini, seppero trasfondere il loro anche nel faticoso procedere della scienza patriottismo in attività di solidarietà e d’im- e della tecnica, della promozione culturale pegno umanitario e assistenziale cui si pro- sorretta dall’affermarsi della lingua italiana digarono con autentico spirito di servizio, a nelle tante luci ed ombre all’Italia unita. A sua volta tradotto in fi nalità di istruzione, me preme più modestamente sottolineare di sviluppo occupazionale e soprattutto di l’effetto risorgimentale e unitario sulle que- solidarismo inteso non come carità né pa- stioni e le evoluzioni economiche, produtti- ternalismo nobiliare bensì come un diritto ve, culturali, civiche, urbanistiche della Sie- e una esigenza di eguaglianza, di responsa- na ottocentesca, sin qui solo fuggevolmente bilità, e di dignità. Anche queste idee risen- considerate (ma in maniera molto franca e tivano, sia pur confusamente, dell’affl ato decisa) dalla Accademia degli Intronati che umanitario del nizzardo. se ne è ripromessa un’ulteriore analisi quan- Gli storici Antonio Cardini4 e Maurizio to più possibile approfondita; e soprattutto Degl’Innocenti5 hanno analizzato da par mi è congeniale soffermarmi sulla questio- loro le ragioni e le condizioni di questo svi- ne sociale. luppo locale in termini di idee e di realizza- Ebbene, non è denegabile il risultato di zioni, evidenziando con chiarezza la “mu- una nuova consapevolezza, di un nuovo tazione” civica e civile, che, ferme restando fervore nel divenire della città e delle sue le certezze politiche e ricostruttive assicurate istituzioni, cui dettero impulso proprio quei da un protagonista come Luciano Banchi6,

«di nessun partito e di tutti i partiti », pur rifl ettendo sul 2009. fatto che «non ci sono documenti che attestino una 5 Maurizio Degl’Innocenti è coautore con Zef- qualsiasi presa di posizione del Pendola durante gli firo Ciuffoletti del volume patrocinato dalla Fonda- eventi del 1859-60», ritiene logico «immaginare che il zione MPS: La città nostra, Protagon, 2011. suo ruolo ormai pubblico … abbia giocato un decisi- 6 Come scrive Degl’Innocenti, la vicenda perso- vo ruolo nella determinazione delle sue intenzioni e nale e pubblica del Banchi è emblematica: patriota e quindi nelle sue azioni in quel frangente. Non a caso, più volte Sindaco di Siena nella seconda metà del proprio in coincidenza con gli eventi di profonda tra- XIX secolo, in possesso di un patrimonio culturale sformazione di quel biennio, il Pendola assunse la ca- eccellente e poliedrico, archivista, fi lologo, erudito, rica di Rettore dell’Università: carica che ricoprirà pro- cultore d’arte, scrittore di tragedie, drammi e saggi, e prio negli anni in cui il nuovo corso chiarirà meglio le giornalista, il Banchi può davvero considerarsi come proprie intenzionalità sociali ». Cfr. Tommaso Pendola: l’artefi ce della città, intesa come moderno centro di tra apostolato, pedagogia e impegno sociale, a cura di M. attività, istituzioni, imprese (il bene storico artistico, Bennati, Cantagalli ed., Siena 2008. la fi tta trama dei presidi d’istruzione e collegi come il 4 Di Antonio Cardini è fondamentale strumento Convitto Tolomei dei conservatori, gli istituti scolasti- di informazione e di interpretazione la Storia di Siena ci e d’istruzione superiore, anche femminili, la tutela 62 dal Risorgimento al miracolo economico, Nerbini, Firenze dell’Università e del Monte dei Paschi, la realizzazione Tommaso Pendola Luciano Banchi, foto commemorativa ritratto in tarda età predisposta dall’Accademia dei Rozzi

Il dott. Ruggero Barni Giovanni Campani ritratto in occasione in divisa da garibaldino della nomina a Rettore dell’Università

63 dettero nuova consistenza in Siena ad una dell’uguaglianza nei diritti, la prospettiva di autentica questione sociale. uno sviluppo aperto verso l’esterno, basato La più attendibile documentazione di su arti e mestieri, opifi ci, edilizia e infrastrut- questa peculiarità senese postunitaria evi- ture per garantire più solide condizioni oc- denziata in termini di instancabile origina- cupazionali” (Degl’Innocenti). lità, può trarsi dagli scritti di Arnaldo Che- In questa temperie, il garibaldinismo rubini7 che ha prevalentemente operato su (meno pensiero forse, ma più azione!) lasciò materiale di cronaca molto dettagliato e a Siena tracce non marginali, orgogliosamen- foltissimo, recuperato da una Stampa “sene- te esibite durante il soggiorno di Garibaldi se” addirittura dilagante; e anche le recenti del 13-16 agosto 1867, propiziato e organiz- operazioni documentarie che hanno coin- zato dal dottor Ruggero Barni (esponente volto Comune, Università, Archivio di Sta- di primo piano del partito garibaldino, in- to, Biblioteca Comunale, Accademie degli timo dell’Eroe fondatore e animatore della Intronati, dei Fisiocritici, dei Rozzi hanno Fratellanza militare) e da Giovanni Campani, svelato al proposito preziosi giacimenti. Di destinato a diventare Rettore dell’Università tale avventura che colse di sorpresa l’establi- nel 1879, e allora dirigente della Società ope- shment clerico-nobiliare, furono protagonisti raia di mutuo soccorso: aggregazioni volute i più vivaci “elementi della borghesia, del- e attuate dai pochi uomini di buona volon- le professioni e dell’ambiente studentesco tà, capaci di trasfondere nelle sfera sociale dando voce all’eloquente silenzio del mon- con sorprendente continuità l’ardore risor- do popolare e conseguendo la possibilità di gimentale per la causa nobile e “urgente” di offrire una base più ampia … alle esigenze una città marginalizzata e fossilizzata. … di rinnovamento della società in termi- Per comprendere la situazione “senese” ni culturali e sociali contro i capisaldi della del 1860, bisogna pur considerare l’esodo tradizione»: l’autoritarismo della Chiesa uf- pisano e la perdita pressoché totale dell’U- fi ciale, il prestigio scontroso dell’aristocrazia niversità (salve la facoltà di Giurisprudenza sorretta dalla proprietà della terra e dal con- e la sopprimenda Teologia), la lentezza del- trollo delle istituzioni di benefi cienza e ac- le modernizzazioni, l’eclisse granducale, la cademiche, caposaldi di privilegi e di sordi- paralisi amministrativa cui concorsero molti tà, che il processo risorgimentale aveva solo fattori, a cominciare dal dato demografi co, intaccato, addomesticato, ma non debellato, quale tristemente risultò dal censimento del “lasciando deluse le esperienze più radicali 1861 (abitanti 23.304, dei quali solo 3682 riposte nel divenire sociale”. Il movimento, bambini infradecenni e 9.908 analfabeti) ancorché elitario, condivideva una visione che restò immutato un anno dopo (abitanti nazionalistica e pedagogica della militanza, 22.965) spinto alle 35.836 unità del 1881, tale da privilegiare l’educazione delle masse grazie soprattutto all’accorpamento con le alla vita civile, la denuncia del pregiudizio “presenze” nelle Masse. e del privilegio ritenuti ugualmente ostativi Il dato realmente sorprendente dell’a-

di un servizio pubblico comunale di Igiene e Sanità, Siena, Pistolesi 2002. e dell’Ospedale Psichiatrico). Liberale, grande ammi- 7 Di Arnaldo Cherubini è entusiasmante per nistratore ricoprì oltre a quella di Sindaco molteplici ricchezza documentaria e contributiva l’ampio stu- cariche pubbliche, riassumendo nella propria persona dio fi n troppo negletto, su Il problema sociale e il mutuo la rappresentanza complessiva della comunità: «al di soccorso nella stampa senese (Accademia degli Intronati, là delle indubbie qualità personali, e tutto ciò dipese dal 1967). Arnaldo realizza un impressionante affresco fatto che Banchi fu l’uomo nuovo della Siena postuni- della condizione senese, non dissimile da quello di altre taria». Ricoprì per due volte la carica di Arcirozzo. I città storiche ma tutto rappreso sul nucleo del potere grandi senesi della fi ne Ottocento: artisti, architetti, conservatore dominato dal clero e dalla vecchia e nuo- costruttori, docenti, amministratori furono mobili- va nobiltà e inamovibile dall’idea della povertà come tati da questo eccellente Sindaco. Basta ricordare gli vergogna da emarginare e da consolare solo con le pie straordinari artefi ci di modernità Policarpo Bandini e opere di bene. Il quadro che ne risulta è politicamen- Giuseppe Pianigiani. Ma questo è un problema ben te disarmante e destinato a rammentare che, dopo le più ampio, che esula dal presente contributo. Sulla fi - illusioni risorgimentali, Siena ricadeva in una staticità gura del Banchi, vedi pure: Giulia Barbarulli, Lucia- parassitaria anche in ambito di “assistenza pubblica” 64 no Banchi. Uno storico al governo di Siena nell’Ottocento, e di “previdenza sociale”. Un gruppo di aderenti alla Società Operaia nalfabetismo, appena attenuato dalla legge Le fogne ove si mescolano le acque putride Casati del 1859 si drammatizza per la gra- straversate orribilmente…nei…vicoli, alcuni dei vissima carenza di scuole primarie e d’asili, quali mandano un puzzo così forte che non più gestiti quasi integralmente da congregazioni poteva sentire Dante nelle bolge dell’inferno…i religiose per lo più conventuali; e un’altra cittadini tutti e dalle botteghe e dalle case tiran giù piaga appare sostanziale, quella economica sulla via sudiciume di ogni specie né si danno cura che si esacerba in una sorta di declino nel V della via pubblica e con essa della pubblica salute decennio del secolo: l’agricoltura è languen- e la privata… (Foglio della Domenica, 23 lu- te; impressionante il regresso delle produ- glio 1865). D’altronde, il servizio comunale zioni seriche e cotoniere, un tempo fi orenti di nettezza urbana fu attuato solo nel 1865, e del relativo commercio. Manca l’acqua per l’assistenza sanitaria era affi data dal Comu- le case e per le fabbriche e mancano le mac- ne a tre medici, tre chirurghi e tre ostetriche chine per l’industria tessile e tipografi ca. “deputati a curare gratuitamente i miserabili, i La disoccupazione impera (10.500 uni- militari e gli esposti”. L’Ospedale di S. Maria del- tà); l’economia è assolutamente squilibrata; la Scala, glorioso quanto si voglia, nel 1863 la maggiore risorsa resta quella artigianale, il effettuò 7093 ricoveri in condizioni di estremo reddito medio è umiliante. Ma quello che disagio: “ammalati che giacciono tra gli escre- più allarmava era la qualità della vita e della menti, distesi nel letto del morto, talvolta per ma- salute e la carenza di ogni presidio igienico, lattia contagiosa…”. Poche erano in defi nitiva tanto da esasperare la patologia e la mortalità le note positive nonostante le speranze (in infantile, lo spaventoso defi cit demografi co, particolare) riposte nella nuova strada ferra- il suicidio. Arnaldo Cherubini riporta così ta centrale, da Siena a Empoli e nel connes- alcune apocalittiche “giornalate”, dolorose so complesso industriale di massimo rilievo macchie di colore, assolutamente impressio- rappresentato dalle Offi cine ferroviarie che nanti per quanto già esteriormente riguar- davano lavoro nel 1860 a 55 operai, saliti a da il decoro della città. Viali sporchi di ogni 214 nel 1866, al seguito della spinta politica sozzura… vie coperte di escrementi…spazzatura progressista. Le piccole fabbriche artigiane gettata per via ogni mattina … in strade meno e manifatturiere erano ridotte, nel 1864, a frequentate si getta dalle fi nestre… (La Provincia una quarantina, con 1450 lavoranti. Come di Siena, 11 luglio 1865). scriveva retrospettivamente il Libero Cittadi- 65 no (12 maggio 1878) mancava del tutto la tra i quali si distinguevano due notissimi vocazione produttiva della nobiltà senese, garibaldini, attivi militanti, che operarono non ancora sazia di suggere le proprie ricchezze a lungo nel senese, ai confi ni con lo Stato dalla campagna, e faceva difetto ogni stimolo pontifi cio, per reclutare volontari e fornire da parte degli Istituti creditizi, a cominciare denari e armi per una prematura campagna dal Monte dei Paschi “ che i ricchi tengono per di liberazione di Roma (e intanto Garibaldi loro uso e consumo, sottraendolo dalla città.” E vittoriosamente risaliva il Meridione con i basterà ricordare il pervicace rifi uto di uti- suoi Mille). Essi si chiamavano Mario Pim- lità a favore dello stesso Comune di Siena. pinelli e Giuseppe Baldini10, il famoso tar- tuchino Ciaramella, autentico e infaticabile * * * patriota che ebbe una vita avventurosa e una È essenziale soffermarsi sulla debolezza instancabile velleità combattiva, e ad essi si della Siena postunitaria per meglio esaltare, aggiunse Luciano Raveggi, mentre Giusep- come fa Degl’Innocenti8, il nuovo straordi- pe Bandi, livornese, diretto collaboratore di nario soprassalto prodotto dalla costituzio- Garibaldi nella spedizione dei Mille, e poi ne della Società operaia, partecipata su base illustre giornalista, teneva contatti ad alto volontaria e avente fi nalità sociale e gestione livello. Ma, tornando al più istituzionale democratica. E, quasi sostanziando una tesi Comitato politico garibaldino guidato dal non partigiana, la Società crebbe subito nel- professor Antonio Pantanelli11, esso si pre- la pratica del mutuo soccorso. Essa fu per l’ap- occupava direttamente ab initio della situa- punto una diretta emanazione del Comitato zione pubblica istituendo le scuole serali che senese per l’unità d’Italia che era stato costitui- nel 1864 contavano 161 iscritti. Il merito to il 5 giugno 1860, sotto la presidenza del maggiore fu tuttavia quello di dar vita, con- professor Bartolomeo Acquarone, cattedra- sapevolmente trasfondendovi il Comitato, tico di Storia e Diritto costituzionale. Del alla Società operaia di mutuo soccorso, solenne- direttivo del Comitato (a sua volta collegato mente fondata, presso l’Accademia dei Rozzi, ai Comitati internazionali di Soccorso a Giusep- il 9 febbraio 1861, con ben 600 adesioni. Ne pe Garibaldi guidati in Italia dalla “centrale” tenne le redini lo stesso professor Bartolo- genovese da Agostino Bertani e coordinati meo Acquarone e la Presidenza onoraria fu in Toscana dal fi orentino Giuseppe Dolfi , non a caso conferita a Giuseppe Garibaldi. fornaio dal grande animo in continuo, discre- Il programma, in parte già elaborato da una to e dialettico rapporto con Bettino Ricasoli apposita commissione in seno all’organismo e il suo governo provvisorio9), fecero parte il per l’Unità d’Italia, prevedeva l’assistenza Grottanelli, il Castellini, il Gianni e il Pieri per le malattie acute e croniche, il fondo di Nerli. Ne fu Segretario il garibaldino Anto- vecchiaia e di disoccupazione. Era così del nio Pantanelli, interessante e poco ricorda- tutto evidente la ispirazione “previdenziale” ta fi gura di patriota e di docente, che di sé che già si era imposta sul piano pubblico nel- scriveva (lettera al Dolfi in data 24 maggio le nazioni coinvolte nella Grande rivoluzio- 1860) «io sono democratico, voglio l’Unità ne industriale del XIX secolo a cominciare italiana; ma non sono mai stato e mai sarò dalla Gran Bretagna, come direttamente ave- mazziniano». Va detto per inciso che fun- va sperimentato Garibaldi. «Il movimento geva da braccio militare del Comitato senese solidaristico popolare e democratico incrina- per l’Unità d’Italia, un Comitato di provvedi- va il monopolio delle iniziative caritative di mento, guidato dal dottor Antonio Ricci e natura ecclesiale e nobiliare, risvegliando un composto da spericolati uomini d’azione nuovo attivismo di una Siena democratica

8 Cfr. nota n. 5 se nei confronti dei regnanti, tanto da far intervenire il 12 9 Cfr. nota n. 18 che riassume le gesta dei garibal- ottobre 1847 la Guardia Nazionale costituita dopo il dini toscani e senesi in particolare. ferimento mortale dello studente Ludovico Petronici 10 Cfr. nota n. 18. avvenuto il 3 luglio 1847. Si ricorda anche la Guardia 11 Si deve accennare al fatto che Antonio Panta- Universitaria composta da docenti e studenti e gui- nelli era stato un coraggioso e provocatore studente, data dal notissimo Professor Alessandro Corticelli, 66 il quale declamava a ogni spettacolo composizioni ingiurio- docente di Fisiologia. Due uffi ciali garibaldini: Giuseppe Baldini e Luciano Raveggi che non coincideva con la Siena popolare, duplice intento che da una parte si propone ma la sovrapposizione di tali realtà era pale- l’impegno della donna nella vita pubblica se, tanto più che la prima si ergeva a paladi- (e Garibaldi sottolineò più volte l’esigenza na della seconda, anzi pretendeva di esserne di promuoverne l’emancipazione ritenendo la più autentica interprete». Il successo della che l’istruzione costituisse uno dei mezzi Società fu straordinario. Basta ricordarne la per la loro liberazione dalla tutela dei pre- sopravvivenza, nonostante boicottaggi e un ti), dall’altra si opera una rivendicazione di rovinoso crollo della sede dei Magazzini co- una verace virilità che può essere maschile operativi (1866), la gemmazione della Società ma anche femminile ed è affi data alla matu- femminile (1864), fondata non a caso ma per rità, al coraggio, all’intelligenza, e non a una virtù familiari, da Angela Pantanelli Bonaiuti sessualità perversa ed effemminata … attribuita cui sembra aver dato apporto, come sostiene alla classe dirigente italiana. Cherubini, anche la garibaldina Baldovina La bellissima storia della Società operaia che Vestri12. E qui si impone il richiamo al valo- raggiunse, nel massimo suo fulgore, i 6000 roso ingegno di Aurora Savelli e di Laura Vi- iscritti merita di esser riletta nella scansione gni, promotrici di una rassegna di contributi quasi giornaliera offerta dal fondamentale sulle “donne a Siena” nei secoli (pubblicato studio del Cherubini “Sul problema sociale e da pochi mesi) che si ispira al pensiero domi- il mutuo soccorso nella stampa senese (1860- nante, nell’ideale garibaldino, di una nuova 1893)”. La città ne fu valorizzata nel periodo società nella quale la donna dovrebbe dirigere stesso del suo affacciarsi ad una modernità an- la famiglia umana13 (come scrive la Riall14) col che strutturale. Del che va riconosciuto non

12 Argia Vestri detta Baldovina (1840-1931) è la ga- patrio e di fi ducia per gli ideali di libertà. ribaldina di Siena per eccellenza. Conobbe il Genera- 13 Di particolare interesse è la prolusione inau- le durante la visita a Siena nel 1867 e, anche in virtù gurale di A. Savelli, dell’anno accademico 2012 agli della formazione acquisita in una famiglia “patriotti- Intronati (19 gennaio 2012): Volti femminili del Risorgi- ca” seguì la sfortunata campagna laziale. Una sua sche- mento: profi li e modelli di donne. da biografi ca, corredata da una sua immagine senile è 14 Riall L. Garibaldi, l’invenzione di un eroe, Laterza, riportata in E il vento del Risorgimento soffi ò su Siena e il Bari 2007. suo Palio, Contrada della Torre, 2011, ardente di amor 67 marginale merito ad una matrice progressista, “progressista” Carlo Livi. L’Istituto Pendola illuminata, mossa da fermenti risorgimentali intanto giganteggiava, per effi cienza e noto- e sfociata soprattutto in iniziative culturali, rietà mondiale nel nome e nel segno, vivo sanitarie, assistenziali, industriali che distin- anche dopo la sua scomparsa, del sommo sero la città e la salvaguardarono in qualche Scolopio. Anche l’ardore per la scienza spe- misura anche sul piano occupazionale. rimentale e per la sua internazionalità trova- Non mancarono soprattutto le moltepli- vano terreno fertile per emblematiche nuo- ci iniziative sociali dallo storico gruppo ga- ve realtà come l’Istituto Sclavo e la Scuola ribaldino, dirette (come la istituzione coopera- di Lingua e Cultura italiana per stranieri tiva della bella e storica Banca popolare senese (1917), cui dette vita una imperiosa donna in chiara e coraggiosa risposta alla rigidità senese, la Imperiera Serpieri. del sistema bancario, la stretta collaborazio- Verso il fi nire del secolo fu onorato, è ne con il Comune per i pubblici stabilimenti ben vero, il Risorgimento con la realizza- di assistenza e formazione, la inesauribile zione prepotentemente patriottica dell’e- spinta al solidarismo) e indirette come il pro- popea quale fu affrescata in una delle sale liferare di società di mutuo soccorso tra varie più belle del Comune (con le immagini di categorie artigiane e soprattutto nell’ambito alcuni patrioti senesi)15 e con la erezione del delle Contrade ove esse si costituirono con movimento equestre di Giuseppe Garibaldi una fi oritura vivifi cata dal patriottismo oltre ai giardini della Lizza, cui dettero una for- che dai colori “del cuore”. E le società di mu- midabile spinta gli ultimi garibaldini, tra i tuo soccorso, hanno a loro volta prodotto le quali il dottor Ruggero Barni16. attuali società di contrada ancor oggi ricche Il processo di normalizzazione avanzava di contenuti sociali, che riuscirono persino tuttavia, muovendo gli entusiasmi in un a sopravvivere al declino dopolavoristico va- alternarsi di avanzamenti “prudenti” e di gheggiato dal regime fascista (vedi il succes- riappropriazioni di potere, anche in campo sivo contributo di A. Fiorini). assistenziale, da parte dei formidabili poteri Questo persistente sfolgorio di faville ri- alto-borghesi e clericali, capaci di fondere sorgimentali, ancorché poco considerato ma benefi cienza, arroccamenti e interessenze indubbiamente effi cace, si accompagnava con attenta metodologia, come quello, (ri- all’affermarsi dei grandi centri di moderni- corda Cherubini) della Società Esecutori tà e di lungimiranza culturale e civile, che di Pie Disposizioni. Poi … è storia recente, si costituivano nel cuore della città, come prevalse la malinconia che dolorosamente il grande Ospedale psichiatrico di San Nic- ispirò Federico Tozzi; e non bastarono due colò, nosocomio sterminato, tempio oggi guerre per scuoterla. malamente perduto della nuova scienza freniatrica e incunabolo delle idee positi- * * * vistiche riparative di assurde ottusità pena- listiche, nonché terminale toscano di una Mi è sembrato dunque signifi cativo, an- delle più interessanti rivoluzioni scientifi - che se viziato dalla indubbia suggestione che mitteleuropee, tanto che non mancaro- legata alla mia formazione medico-sociale, no le occhiute reazioni clericali culminate quella per intendersi seminata dai medici con l’allontanamento del grande psichiatra socialisti nei decenni tra i due ultimi secoli

15 Cfr. Civai M.: Bevendo a sorsi la vita: Vita e impre- lore di Garibaldi (1862) ferito ad Aspromonte. Fonda- se di L. Raveggi, garibaldino e accademico rozzo, in Siena va a Siena in quegli anni la Fratellanza militare, società e i Rozzi nel Risorgimento (a cura di E. Pellegrini), in di mutuo solidale soccorso della provincia di Siena “Accademia dei Rozzi”, n. 34, 2011. (una settantina di aderenti), il cui statuto fu pubbli- 16 Ruggero Barni (1820-1896) fu strenuo “combat- cato dalla Tipografi a Meucci. La visita di Garibaldi a tente” vicino a Garibaldi, fi no alla III Guerra di Indi- Siena del 1867, fu da lui preparata minuziosamente e pendenza quando il 3 luglio 1866, dal monte Suello, l’Illustre Ospite trascorse due notti in casa Barni in prestò le sue cure di medico al comandante ferito alla Camollia. Anni dopo, è tra i promotori (1882) del mo- coscia sinistra. Ma già aveva partecipato alle battaglie numento equestre alla Lizza. Nelle elezioni del 1889, del Volturno e di Bezzecca, meritandosi medaglie al fu candidato per il Partito Repubblicano. 68 valore e il grado di capitano. Era accorso al letto di do- del millennio, come Luigi Devoto, Gaeta- cedere il passo alla legislazione nazionale no Pieraccini, Cesare Biondi17, sottolineare che fu particolarmente fertile, alla fi ne del quel fervore risorgimentale che anche qui si XIX secolo, in ambito di previdenza ob- indirizzò verso i deboli, per dar loro voce e bligatoria attraverso la protezione assicu- protagonismo, soprattutto in ambito, si di- rativa contro gli infortuni, la invalidità, la rebbe ora, di welfare, indirizzando la spinta vecchiaia, la disoccupazione (così com’era meritoria verso posizioni coese di solida- occorso in Inghilterra e come Bismark ave- rietà e dignità attraverso l’acquisizione di va garantito persino alle nostre terre “irre- garanzie essenziali alla tutela della libertà e dente”). E l’individualismo coraggioso, già del decoro morale e civico delle persone e confl uiva in una vis politica nuova, che al rispetto del lavoro. Anche questo volon- veniva dalle fabbriche e dai campi con la tarismo eccezionale ed eccellente doveva forza della ideologia18.

Volontari della Pubblica Assistenza con un carro-ambulanza nei primi anni del XX secolo

17 Cfr. Barni M., Cesare Biondi, Asmos Ed., Siena ne Italia. Anche Giuseppe Bandi (1834-1894), studen- 2010. te di giurisprudenza presso l’Ateneo senese, membro 18 Giuseppe Baldini, “Ciaramella”, (1823-1893), è dello stato maggiore garibaldino durante la spedizio- un popolano, macellaio in Piazza S. Agostino, di non ne dei Mille e celebre testimone delle imprese del molta istruzione (e si riconosce nella ortografi a delle 1859 a Talamone e dintorni (destinato a divenire uno sue lettere) ma di grandissima attività. (Così Gilda dei più noti giornalisti italiani come fondatore de “Il Valeggia in Appunti di storia della Democrazia in Siena Telegrafo” e a perire tragicamente per mano anarchica) nell’anno 1860 in “Rassegna storica del Risorgimento”, intrattenne fi ttissimi rapporti con i Garibaldini senesi 1924, pp. 333-380). «A Siena nella Contrada della Tar- per realizzare reclutamenti e presidi ai confi ni con lo tuca che ha i colori giallo e nero fu eletto capitano» Stato Pontifi cio. È in questa impresa il Baldini con ma «egli rifi utò l’onorevole incarico … per ragioni pa- Mario Pimpinelli, un capo macchinista delle ferrovie triottiche, per attaccamento a quella causa che a tutti che per “far politica” si era dimesso dall’impiego (il costò e costa grandi sacrifi ci di sangue» (L’Unità ita- coordinamento era affi dato al senese Antonio Ricci, liana, 3 giugno 1860: «Fu amico di Andrea Giannelli avvocato, defi nito più “conservatore” degli altri). In e Giuseppe Bandi, col quale è in corrispondenza, è questa serie di operazioni si iscrive la sciagurata spedi- uomo d’azione … »). I “superiori” gerarchi del Baldini zione guidata da Callimaco Zambianchi (1811-1862, furono Agostino Bertani (1812-1886), che seguì come repubblicano) che partì da Talamone a fi ni diversivi, medico Garibaldi in tutte le imprese e coordinò il Co- e fu debellata dalle truppe fedeli al Papa. Da segnala- mitato Nazionale con sede a Genova, della lega interna- re anche Luciano Raveggi, da Orbetello, che era stato zionale di soccorso garibaldino; in Toscana il comando uno dei Mille e poi si batté valorosamente nella sfor- era nelle mani di Giuseppe Dolfi (1818-1889) fornaio tunata campagna di Mentana. fi orentino, amico del Guerrazzi, già iscritto alla Giovi- 69 Mi è sembrato tuttavia giusto rifl ettere uso più abilmente e con effetto di lunga durata, sulla iniezione di “pragmatismo”, di civi- come seppe Garibaldi nella sua vaga e so- smo e di aspirazione a nuove forme di giu- gnante vibrazione ideale tra nazionalismo stizia e di benessere che i garibaldini riten- e universalismo, patriottismo e risveglio so- nero possibile anche per Siena in quanto ciale20, pacifi smo e ribellismo. E di essa son portatori di una ispirazione ideologica che pago di aver colto i bagliori di speranza che ben distinse il radicalismo garibaldino19. anche a Siena si accesero, per una nuova Tra i radicali, pochi seppero – infatti – farne solidarietà sociale.

19 Riall L., cfr nota 14. come la libertà, l’eguaglianza, la giustizia … , la ridu- 20 Quando il termine socialismo cominciò a carat- zione al minimo dei contrasti tra le classi attraverso terizzare l’arretrato dibattito politico italiano, Gari- una diffi cile ma sempre possibile, opera di collabo- baldi si dichiarò prontamente socialista, senza stare razione … interprete di una solidarietà libertaria, più ad approfondire troppo le motivazioni ideologiche vicina a quella che sarà la dottrina sociale della Chie- di questa scelta. Il Socialismo di Garibaldi escludeva sa…». Il socialismo del Generale, a cura di Grignola A. il ricorso alla lotta di classe e puntava semmai alla e Cecchi P.: Garibaldi, una vita per la libertà, Giunti, 70 fratellanza, alla condivisione universale dei valori Firenze, 2010. Breve storia dell’associazionismo contradaiolo di Alberto Fiorini

Una vera storia dell’associazionismo (anno accademico 2003-’04). La Fabbrini, contradaiolo senese non è mai stata scritta. specialmente nella prima parte, ricostruisce Esiste una vasta e ricca bibliografi a su Siena, il clima in cui germogliarono i sodalizi po- le Contrade e il Palio, ma non sulle Società polari in Toscana e a Siena, nel periodo po- di Contrada, la cui nascita risale alla secon- stunitario, per illustrare poi lo sviluppo e il da metà dell’Ottocento, dopo l’unifi cazione fenomeno associativo di Contrada. nazionale, in sintonia con il sorgere di tanti Tuttavia, per una visione generale sul sodalizi volontari strettamente legati al ter- ruolo e sul signifi cato dei sodalizi senesi di ritorio, che si fondavano sulla mutualità e Contrada sono basilari anche un saggio di sulla solidarietà. Duccio Balestracci, «L’associazionismo con- Per conoscere la Siena dei “bisnonni” e tradaiolo», contenuto nel terzo volume del- dei “nonni” è fondamentale la pregevole ri- la «Storia di Siena - L’età contemporanea» (Ed. cerca di Luca Luchini1, mentre per notizie Al.Sa.Ba., Siena 1997) e il lavoro di Augusto sulle aggregazioni popolari di mutuo soc- Mattioli e Sandro Rossi, «Ci si vede in Società. corso è doveroso rifarsi ad Arnaldo Che- Appunti e interviste sulla storia delle società di rubini (Arezzo, 1920), studioso di grande Contrada» (Ed. Nuovo Corriere Senese, Sie- fi nezza, di inesauribile vena e di profonda na 1978). cultura, autore, fra l’altro, di una preziosa Tra le pubblicazioni delle Società di monografi a sul problema sociale del mutuo Contrada meritano di essere segnalate: «Dai soccorso nella stampa senese della seconda nostri nonni a noi» (1978), di Mauro Marzuc- metà dell’Ottocento2. chi per «Il Leone»; «100 anni di Castelsenio» La consultazione delle opere del ricerca- (1987), «Cento, 1890 - 1990 l’anno della Du- tore senese e dello studioso aretino consente prè» (1991), «La nostra Società», rivista edi- uno sguardo non fuggevole sulla nostra real- ta dalla Soc. «Trieste» in occasione del 70° tà civica a cavallo dei secoli XIX e XX, non- anniversario della fondazione (1989), «In ché qualche rifl essione sulle attività assisten- Vallepiatta al 26» (1992), uscita in occasione ziali delle Società senesi di mutuo soccorso dell’inaugurazione delle nuova sede della - comprese quelle di Contrada - ai primordi Società; «Alle radici della Quercia. Vicende sto- del loro vivere. riche di una Società di Contrada» (1996), «Cin- Chi scrive ha potuto consultare un pre- quantesimo Pania» (1997), «La Società Elefan- gevole studio sulla storia delle Società di te. 1923-2007», data alle stampe in occasione Contrada in una tesi della giraffi na Marta dell’inaugurazione dei recenti locali del so- Fabbrini, dal titolo «Le Società di Contrada. dalizio di Salicotto. Un’indagine sull’associazionismo contradaiolo a Il fi orire dell’associazionismo tra più Siena, tra storia e memoria: il caso del Nicchio» persone “organizzate in corpo” con fi nalità

1 Luca Luchini, Siena dei Bisnonni, opera impre- ziali, tra cui Dottrine e metodi assistenziali. Italia-Francia- ziosita dall’archivio fotografi co di Pietro Ligabue (Al. Inghilterra (1959), Per una storia dell’assistenza pubblica Sa.Ba., Siena 1986), e, dello stesso autore ed editore, in Italia, 1860-1900 (1964), Il problema sociale e il mutuo in due volumi: Siena dei Nonni (1993). soccorso nella stampa senese. 1860-1893 (1967), Storia 2 Arnaldo Cherubini (Arezzo, 1920), ha retto la della previdenza sociale in Italia. 1860-1960 (1977), Me- Cattedra di Medicina sociale e di Storia della medici- dicina e lotte sociali 1900-1920 (1980), Benefi cenza e soli- na nell’Università di Siena. Ha pubblicato diversi vo- darietà. Assistenza pubblica e mutualismo operaio 1860- lumi sulla storia delle istituzioni sanitarie e previden- 1900 (1991). 71 di mutuo soccorso si ebbe in Italia dopo il Stretta dalla cinta delle vecchie mura e 1861, spesso su base radical-repubblicana, legata ad un’economia prevalentemente quando avvennero sostanziali mutazioni e agricola in perenne crisi, la città di Siena fenomeni di presa di coscienza politica da languiva per mancanza di iniziative, anche parte delle classi “sprovviste di beni di for- se qualcosa di vitale stava cominciando a tuna”, le quali si sentirono incoraggiate ad muoversi in campo urbanistico, sociale, associarsi per fi ni di istruzione e di assisten- industriale e artistico-culturale per l’opera za medica, per costituire casse per vedove di pochi ma effi cienti concittadini, quali ed orfani, per benefi ciare di assegni funerari, Tommaso Pendola (1800-1883), un padre per realizzare il mutuo credito, per esaltare scolopio ed educatore, fondatore dell’Isti- la fratellanza patriottica. tuto dei Sordomuti, Giuseppe Pianigiani A Siena dopo l’unifi cazione nazionale (1805-1850), apostolo industriale, il conte sorse la Società di mutuo soccorso fra gli operai Bernardo Tolomei, civettino, che come sin- e il Magazzino cooperativo della Società Opera- daco (1865-1866 e 1867-1869) dette avvio al ia; poco dopo il Comitato di previdenza per Museo Civico, il conte Scipione Borghesi gli operai, poi la Società di mutuo soccorso fra (1801- 1877), senatore, che dilapidò le sue le donne (con 424 socie alla fi ne del 1865). personali fortune per recuperare le Tavolette Nel maggio ‘65 nacque la Banca Popolare, di Biccherna all’Archivio di Stato, Policarpo approvata con decreto del giugno successi- Bandini (1801-1859), uomo di affari ma an- vo. Prima del ‘70 fu costituita la Fratellanza che di realizzazioni assistenziali (fondatore fra gli operai tipografi . Nel 1868 sorse la Mutua nel 1834 di “una scuola infantile gratuita Assistenza fra i volontari e, negli stessi anni, a benefi zio della classe povera”), Luciano furono istituite le Scuole operaie. Banchi (1837-1907), grande intellettuale ed Nel 1872 si colloca la nascita della «So- archivista, uomo di modesta estrazione so- cietà di mutuo soccorso della Giraffa» e della ciale che grazie al suo ingegno ed ai suoi Società di mutuo soccorso del «Ventaglio» tra i studi riuscì a ricoprire ruoli e funzioni fi no nativi e i geniali della Torre, che probabil- ad allora riservati solo ai nobili. Fu più volte mente furono le prime e più antiche Società sindaco dal 1869 al 1888. di Contrada. Furono seguite a ruota dalla Quando Siena entrò a far parte del Re- prima società del Nicchio, detta «Della Ban- gno d’Italia, la città era in pessime condizio- diera» (1873), da quella «Romolo e Remo» del- ni igieniche, il servizio medico era carente, la Lupa (primi anni settanta), dalla Società di l’assistenza dei poveri era affi data alle opere Mutuo Soccorso della «Stella» nell’Onda (1873) pie e svolta su base caritativa e volontari- e poi ancora dalla Società di mutuo soccorso stica, i salari erano generalmente infi mi. In di «S. Marco» nella Chiocciola (1875), dal- queste condizioni di sofferenza, le malattie la Società di mutuo soccorso del «Rinoceronte» e l’inabilità si erano sviluppate più che al- nella Selva (1876) e dalla «Società delle Pub- trove. Basti pensare al triste primato senese bliche Rappresentanze» nell’Istrice (1878). Nel nella morbosità per tubercolosi con accen- 1880 si aggiunse la «Società di mutuo Soccorso tuazione infantile (della scrofola fu presa e d’Istruzione in Fontebranda» (che taluni au- troppo tardi allarmata coscienza), del ra- tori indicano sorta addirittura nel 1870) e, chitismo, dei disordini di prevalente genesi a seguire nel giro di pochi anni, quelle del sociale come la malinconia, anticamera del Bruco e della Tartuca3. suicidio. L’assistenza ospedaliera era garan- Alla fi ne del 1861, quando il fenomeno tita dal vecchio e grande Santa Maria della del mutuo soccorso cominciava a sbocciare, Scala; ma il disagio dei cronici e dei vecchi il censimento comunale senese aveva rileva- non trovava adeguata risposta se non, ap- to una popolazione cittadina di 23.304 abi- punto, nella solidarietà. tanti: quasi diecimila erano analfabeti, poco Accanto ad un ceto privilegiato molto più di dodicimila gli occupati. ricco, soprattutto di estrazione nobile, che

72 3 Sulle date di fondazione di alcune Società di Con- trada non vi è molta concordanza tra le varie fonti. Soci de “La Stella” nella Contrada dell’Onda alla fi ne del XIX secolo

Gruppo di soci della “Castelsenio” nella Contrada della Tartuca 73 possedeva tenute agricole nei dintorni della Contrade e pagati per il loro servizio. Il Pa- città e che abitava nei sontuosi palazzi del lio era occasione gradita per i popolani dei centro, e di una classe borghese che si anda- diciassette rioni, ma ad esso si prestava una va formando (e arricchendo) con il progredi- minore attenzione rispetto a quella di oggi. re delle grandi istituzioni cittadine come l’o- Molto ridotto era il numero dei contradaio- spedale, il Monte dei Paschi e l’Università, li che seguivano il cavallo dopo la prova e nella maggioranza delle case dei vari rioni quello dei partecipanti alle poche cene del - spesso insalubri, buie ed umide stamber- tempo. ghe - povertà e miseria regnavano sovrane. Le Contrade erano tutte piccole abba- La quotidiana esistenza di tanti nostri avi si stanza, perché tutti si conoscessero almeno dipanava in condizioni ed aspetti del vivere di vista. In Contrada, perciò, l’anonimato quotidiano che Federigo Tozzi seppe scol- non esisteva, e ciascuno veniva riconosciu- pire, e che solo parzialmente conosciamo to in quanto individuo, e in quanto tale era col fascino bianco e nero o color seppia di amato o odiato, favorito od osteggiato. In vecchie fotografi e. Molte persone non ave- cambio, ciascun contradaiolo si identifi ca- vano un vero lavoro e dovevano combattere va completamente con la propria Contrada, quotidianamente per assicurarsi la semplice gioiendo e soffrendo con essa4. sopravvivenza. In situazioni economiche Qualsiasi contradaiolo, in caso di biso- spesso veramente diffi cili, l’amore per la gno, poteva contare sulla propria Contrada, Contrada e lo spirito di vera solidarietà era- anche senza aver bisogno di chiedere aiuto. no i legami forti che univano gli abitanti dei Così, quando in Europa cominciarono ad rioni senesi. affermarsi le idee di mutuo soccorso tra i Nella Contrada coincidevano residenza, membri della componente operaia, anche appartenenza e vita; si esprimevano e si esal- Siena prese ad animarsi in tal senso, pur tavano i rapporti, gli affetti, le passioni, la senza dar vita ad eclatanti confl itti sociali. gioia di vivere o il soffrire insieme, la soli- In una epoca come il fi ne Ottocento, darietà. ricca di grandi fermenti e di profonde soffe- Tuttavia va tenuto presente che alla fi ne renze, Contrada e Mutuo Soccorso sembra- del XIX secolo ed agli inizi del XX i valori e vano fatti apposta per un incontro fattivo e le priorità che contraddistinguevano la Con- caloroso. Dopo la «Società Operaia» (1861), trada erano ben diversi dagli attuali. Alcune si ebbe una fi oritura di piccole casse mutue Contrade potevano vantare per le adunanze e prese vita quel fenomeno, che il Cherubi- storici oratori, ma poche avevano sedi mu- ni chiama mutualismo minore, secondo un seali, e in particolare stanze per la cancelle- duplice indirizzo: professionale (tipografi , ria e per l’economato... Anche le stalle non ferrovieri, fornai, calzolai, ecc.) e contrada- erano certo i “salotti” di oggi. iolo, appunto. Ogni rione era più abitato di quanto non Alcune Società nacquero come fi liazione succeda ai giorni nostri, ma tutto era più li- diretta delle Contrade, altre ebbero base rio- mitato e circoscritto. Il giro di onoranze alle nale o occupazionale di più o meno esplicita consorelle veniva fatto con comparse forma- estrazione contradaiola. La loro cronologia te da poche decine di persone, alcune delle è diffi cile da ricostruire per mancanza di do- quali, in particolare i tamburini, prelevati da cumenti: “di fronte agli enigmi del nuovo, altre Contrade, “giravano” in cambio di un ai rivolgimenti della grande storia, i contra- piccolo compenso monetario. daioli si associavano e si riassociavano per Lo stesso accadeva per le comparse del affrontarli insieme, ribadendo nella diversità Palio: il tamburino e la coppia degli alfi eri di tante nuove forme la loro solidarietà di spesso erano ingaggiati o imprestati da altre sempre”5. Furono dirette, almeno all’inizio,

4 L. Luchini, La Contrada ieri, in AA. VV., “Il Pa- 5 A. Falassi, Festa di Siena, in “Palio”, MPS, 1982, 74 lio”, Betti, 2003, pp. 118-119. p. 23. da rappresentanti della borghesia (soci ono- prio lusso) all’interno di spartani locali, o di rari) che si erano interessati al problema in un ballo popolare in piazza ed una merenda un momento in cui la classe operaia non fuori porta, conquistata mettendo da parte poteva ancora esprimere uomini all’altezza i propri risparmi per mesi, poco cambiava; della situazione. Taluni lo avevano fatto per importante era stare insieme e dimenticare puro spirito di solidarietà, per favorire il be- almeno in quei momenti le tante diffi coltà nessere degli operai, altri per controllare un della vita”8. fenomeno che rischiava di creare problemi Tra il 1870 e il 1890, per circa un ven- e capovolgimenti sociali. Naturalmente ciò tennio, la classe dirigente liberale, che mal rappresentò motivo di scontro quando, con tollerava il Palio, in cui vedeva perpetua- il passare del tempo, al posto dell’idea pura ti modelli di ancien régime, alimentò uno e semplice dell’assistenza si cercò da parte scontro dalla forte connotazione politica e di alcuni di introdurre quella del concetto sociale con le Contrade, ritenute roccaforte politico in opposizione a quel sistema a cui, del cattolicesimo retrivo e reazionario. Le guarda caso, apparteneva proprio la maggio- Contrade erano accusate di essere una fuci- ranza della classe dirigente delle società di na di idee di matrice radicale e repubblicana mutuo soccorso6. attraverso le prime associazioni con intenti Le classi medie cittadine contrastarono di mutuo soccorso rionale, che andavano le unioni di Contrada, affi nché non fosse sorgendo accanto e dentro alle consorelle. acuito il confl itto sociale e politico e negli Tentò di criminalizzare alcuni aspetti dell’at- statuti di molte Società furono ribaditi sco- tività contradaiola, defi nendola roba da preti pi apolitici, e fi nalità inequivocabilmente fi - e da piazza, il più diffuso periodico locale: lantropiche e patriottiche. Le giovani società «Il Libero Cittadino», il quale biasimava il di mutuo soccorso fra contradaioli, pur fre- tradizionale omaggio ai benemeriti protet- quentate dalle classi disagiate del rione, non tori, la vuota allegria popolare fatta di tom- fecero mai professione di politicità e anzi si bole, di cenette e di bicchierate alimentate attennero alla caratterizzazione più costante dall’indubbio impoverimento morale e ma- della Contrada, il suo interclassismo7. Non teriale dei diciassette rioni. Il giornale, foglio vi fu un sodalizio che, con le proprie inizia- politico-amministrativo, organo di stampa tive, non raccogliesse dei fondi da destinare della Camera di Commercio ed Arti di Sie- non solo agli abitanti del rione meno fortu- na e dei liberali anticlericali, vagheggiava un nati e bisognosi, ottemperando alla fi nalità nuovo ordine sociale su modelli piemontesi primaria del mutuo soccorso, ma pure alla e durante gli anni Settanta contestò il Pa- amata Contrada per correre il Palio, anche lio e le Società di Contrada, appoggiando se non mancarono taluni casi di confl ittuali- l’azione del Sindaco Luciano Banchi contro tà più o meno aperta tra Società e Contrada. le Contrade e quella del Sindaco Domenico Le sedi delle Società erano modesti luo- Mazzi. Per la verità - fa notare Federico Va- ghi di ritrovo, di feste, di tombole, di teatro, lacchi, cui si deve un apprezzabile studio a che richiamavano vecchi e ragazzi, intere fa- celebrazione dei cento anni del Magistrato miglie, per stare insieme affettuosamente in delle Contrade - le preoccupazioni dell’am- un ambiente caldo e illuminato, che i soci ministrazione civica, più che di ordine stret- sentivano come proprio, vicino ma diverso tamente politico, sembravano essere di ca- dalle case di allora, un po’ fredde, un po’ rattere “turistico-amministrativo”. Il Comu- buie, un po’ tristi... Scrive L. Luchini: “Che ne si sforzò “di mantenere le manifestazioni si trattasse della partita a carte accompagnata collegate alla vita delle Contrade entro i li- da un bicchiere di rosso di bassa gradazione miti del “pubblico decoro” (...) nel tentativo o del biliardo (in molti casi un vero e pro- di farne un effi cace veicolo pubblicitario per

6 L. Luchini, op. cit. vol. III, Al.Sa.Ba., Siena 1997, pp. 111-122. 7 D. Balestracci, L’associazionismo contradaiolo, sta 8 L. Luchini, op. cit. in: AA. VV., “Storia di Siena - L’età contemporanea”, 75 la città e quindi un sostegno per la sua eco- luto bisogno di dar vita a novelle istituzioni, che, nomia traballante”9. frazionando la popolazione in tanti Enti secon- All’epoca, tentò di analizzare con mag- dari nocciono a senso mio all’intento stesso del- giore obiettività il fenomeno delle Società la cooperazione, che è tanto più profi cuo quanta di Contrada Giuseppe Valsecchi, autore di maggior coesione esiste tra gli associati; senza dire un libretto su «Le Contrade di Siena. Noti- poi che nella simultanea coesistenza di due asso- zie sommarie», scritto nel 1887 e pubblicato ciazioni, quella originaria un tempo comprensiva presso l’editore Carlo Nava nel 1889. Il Val- di tutti gli abitanti della Contrada e la nuova a secchi, nel rilevare il “carattere di moderna scopo tutto civile, vedono alcuni perpetuarsi un associazione che le Contrade sono andate dualismo che si risolve naturalmente in danno di gradatamente assumendo (...), conseguenza entrambe10. de’ rivolgimenti politici che ne modifi ca- Tra Ottocento e Novecento, ogni Con- rono l’attributo e le forme, senza toccarne trada, tranne la Civetta, l’Aquila, il Leocor- l’ordinamento”, ebbe a scrivere: no e la Pantera, possedette la sua Società di Né è da tacere di un altro carattere del tut- mutuo soccorso, che andò ad unirsi e ad in- to moderno, che le Contrade senesi sono andate tersecarsi a tante altre associazioni similari11. da pochi anni acquistando mano a mano che si Prima di illustrare sinteticamente la na- faceva strada l’idea della cooperazione e della so- scita e lo sviluppo delle Società di Contrada, lidarietà, ben a ragione chiamate le caratteristiche occorre dire che fi n dall’inizio del secolo XX del secolo. Sarebbe facile dimostrare come ormai il fi ne primitivo, quello dell’assistenza reci- tale idea tenda a generalizzarsi dappertutto, dalla proca, già declinò e venne poi meno con le metropoli al più oscuro paese rurale, e come alla prime realizzazioni previdenziali dello Sta- individuale iniziativa vada sostituendosi, per to. Tuttavia, mentre le grosse società profes- forza de’ tempi e delle odierne teorie economiche, sionali di mutuo soccorso si scioglievano, lo spirito di associazione. quelle contradaiole invece si rinsaldarono, A me basta averla così di volo accennata magari cambiando nome; e dove erano per dedurne che anche le Contrade, benchè asso- mancate fi nirono prima o poi per formarsi. ciazioni popolari di per loro stesse, costituite su I periodi di vera crisi delle società di basi del tutto diverse da quelle delle attuali, non Contrada coincisero con gli anni dei due seppero resistere a questa universale tendenza di confl itti mondiali (1915-’18 e 1940-’45). Per solidarietà, e in seno alla Contrada o accanto alla la verità la Grande Guerra determinò in talu- medesima sorsero ben presto altre associazioni sul ni casi anche un’intensa attività di solidarie- modello delle moderne Società, aventi la maggior tà verso i contradaioli combattenti dovuta parte lo scopo di concorrere insieme alla Contrada allo spirito patriottico delle Contrade, ma il alle spese occorrenti per le corse e render più deco- periodo post-bellico registrò lo spostamento rosi i pubblici spettacoli, altre scopo di benefi cen- d’interesse dall’attività prevalente di mutuo za e di istruzione, o di mutuo soccorso. soccorso ad una dimensione più ricreativa Dire se ciò sia un bene o un male nol consente e impegnata maggiormente negli affari del l’indole del mio lavoro; limitandomi a constatare Palio. Inoltre, tra le due guerre, tutte le as- i benefi ci e ognor crescenti risultati di quelle rivolte sociazioni cittadine, sia le nuove che quelle alla benefi cenza ed alla istruzione. ricostituite, entrarono a far parte dell’Opera Quanto a quelle aventi carattere cooperativo è Nazionale Dopolavoro, creata nel 1925 dal da notare che in Siena ove esistono consimili so- regime fascista col compito di occuparsi del dalizi, come la Società di mutuo soccorso fra gli tempo libero dei lavoratori. Per defi nizione operai e quella fra le donne, già da tempo costi- statutaria l’Opera curava “l’elevazione mo- tuite e fi orenti pareva non si dovesse sentire asso- rale e fi sica del popolo, attraverso lo sport,

9 F. Valacchi, Nel Campo in lotta ed al di fuor sorelle. cura di A. Forni, Sala Bolognese 1975. Il Magistrato delle Contrade 1894-1994, Siena, Canta- 11 Sembra che la Contrada di Stalloreggi nel 1882 galli, 1994, pagg. 27 - 28. tentò di costituire un sodalizio che si disse «del Leo- 10 G. Valsecchi, Le Contrade di Siena. Notizie som- ne». 76 marie, C. Nava, Siena 1889. Ristampa anastatica a Un gruppo della “Duprè” nella Contrada dell’Onda ai primi del ’900

La Soc. “Il Leone” della Pantera in gita a Colle Val d’Elsa Il gagliardetto della Società viene orgogliosamente esibito come la bandiera della Contrada 77 l’escursionismo, il turismo, l’educazione ar- conosciute), si dovettero impegnare per or- tistica, la cultura popolare, l’assistenza socia- ganizzare attività sempre più coinvolgenti: le, igienica, sanitaria, ed il perfezionamento cene, feste da ballo, competizioni sportive, professionale”, ma non a tutti i contradaioli attività fi lodrammatiche, gite sociali, feste il cambiamento piacque... per i più piccini12. Nel secondo dopoguerra le vecchie So- Oltretutto, fi n dagli anni ‘60 cominciò cietà ripresero a poco a poco le loro attività, a registrarsi un vero boom di presenze dei ma con modifi cazioni profonde nell’orga- contradaioli in Società e in Contrada anche nizzazione interna e negli scopi. Quasi tut- al di là dei giorni del Palio. Tale maggiore te aderirono all’Ente Nazionale Assistenza partecipazione è forse spiegabile con l’accre- Lavoratori (E.N.A.L.), sorto il 22 settembre sciuta disponibilità di tempo libero e di ge- 1945 dalla trasformazione dell’Opera Na- stirlo come meglio a ciascuno piaceva, con zionale Dopolavoro, e divennero dei circoli un più diffuso benessere, con la voglia di ricreativi aziendali atipici. Il loro fervore or- uscire dalla solita routine e divertirsi, con la ganizzativo fu incanalato sempre più mar- sempre maggiore libertà di muoversi e di ag- catamente al perseguimento di scopi ricrea- gregarsi da parte di giovani e meno giovani tivi, ma anche e soprattutto a fornire alla d’ambo i sessi, ma anche e soprattutto con Contrada un supporto logistico e fi nanzia- le accresciute capacità organizzative delle rio, sia per le attività connesse al Palio, sia Contrade: registrazione e controllo dei pro- per necessità straordinarie come l’acquisto tettori (e dei soci), enfatizzazione del “batte- di immobili o le ristrutturazioni museali. E’ simo contradaiolo”, coinvolgimento di con- il caso dei Civettini che nell’estate del 1945 tradaioli e contradaiole con il conferimento dettero vita alla «Corte di Cecco» non solo di cariche e di incarichi, la mai venuta meno per divertirsi e dimenticare gli orrori della voglia dei Senesi di “vivere” la Contrada e guerra, ma anche e soprattutto per aiutare viverne le emozioni durante l’intero anno. la Contrada a darsi un oratorio ed una sede Eppure – si badi bene -, in molti casi, le fre- nuova, e per pagare le spese della vittoria del quentazioni, speciamente di coloro che ave- primo Palio d’agosto del dopoguerra. vano perduto il rapporto quotidiano con il Negli anni seguenti, cambiata rapida- rione, non sempre erano (e sono) agevoli e mente la vita delle Contrade a causa del scontate. Basti pensare alle diffi coltà a poter mutare dei gusti e delle esigenze della so- raggiungere il centro storico e alla pigrizia cietà italiana, e soprattutto a causa del fatto indotta dalle comodità della propria abita- che il territorio rionale non funzionava più zione e dalla presenza della televisione, che, come base d’aggregazione, se non nei giorni specialmente la sera e nei periodi invernali del Palio, per lo spostamento di gran parte non invogliano certo ad uscire... della popolazione in quartieri extramoenia, Scrive Marta Fabbrini: “Certo, se si pen- le Società si attrezzarono per esercitare una sa ai racconti degli anziani, che ancora ricor- forza di richiamo e per garantire il coagulo dano quando per le cene estive tra le strade contradaiolo. del rione, trenta o quaranta contradaioli, E poiché da “spazio creato e frequentato uomini, si riunivano insieme a parlare del dagli abitanti del rione” esse erano divenute Palio, portando ognuno cartocci di cibo da in molti casi “organismi aperti a chiunque casa, mentre le ragazze e le donne osserva- pagasse un protettorato alla Contrada o una vano dalle fi nestre, si può restare impressio- quota annuale”, si dovettero evolvere, nel nati dalle presenze alle attuali “kermesse” senso che per far stare insieme persone (tal- enogastronomiche. Le cene di contrada, so- volta tantissime persone, che altrimenti pro- prattutto in occasioni speciali, quali i giorni babilmente non si sarebbero mai neanche del Palio, le serate degli auguri di Natale, i

12 M. Fabbrini, Le Società di Contrada. Un’indagine in Storia, Tradizione, Innovazione (curriculum Etno- sull’associazionismo contradaiolo a Siena, tra storia e me- antropologico), Anno Accademico 2003-’04. 78 moria: il caso del Nicchio, tesina del Corso di Laurea banchetti che segnano la fi ne dell’anno con- conclude: “Il segreto di questo successo ri- tradaiolo, contano oggi diverse centinaia siede in parte non trascurabile nella soprav- di partecipanti, per non parlare delle cene vivenza di un ideale di solidarietà che fa del- organizzate nell’autunno dalle due contra- la Contrada e delle Società di Contrada the de vincitrici dei Palii di Luglio e di Agosto, uniquely beautiful fabric of this lovely city”14. Le che superano comunemente i mille invitati Società di Contrada, nel presente, svolgono fi no ad arrivare a numeri eccezionali quali dunque un compito delicato e faticoso, che cinquemila commensali. Non solo gli sce- richiede l’impegno diretto di molte persone nari sono molto diversi, non più pochi ta- attive in un sistema di organismi formali e voli lungo una via, ma piazze riccamente legali. L’organo direttivo di queste associa- addobbate, piene di gente con tanto di maxi zioni è il Consiglio di Società, costituito da schermi per rendere tutti partecipi; sono un Presidente, affi ancato da uno o più vice- cambiate anche le esigenze culinarie perché presidenti, un segretario, un cassiere, dei non ci si accontenta più di semplici menù revisori dei conti e poi addetti alle attività caserecci, ma soprattutto nelle occasioni im- più diverse, addetti al tesseramento, addetti portanti sono chiamati a preparare cene lu- al gruppo sportivo, e così via, secondo un culliane, sia contradaioli esperti del mestiere regolamento interno di ciascuna Contrada. che professionisti del catering. Sono orga- All’interno del Consiglio sono anche richie- nizzate anche vere e proprie sfi de e tornei sti addetti alle attività gastronomiche, eco- gastronomici, per scovare tra i frequentatori nomi e vice economi che si preoccupano di della Società qualche cuoco talentuoso, in rifornire il bar e la cucina, oltre a persone grado di cucinare piatti appetibili per tante che si occupano di rintracciare tra i soci, chi persone”13. può fare servizi ai tavoli o aiutare in cucina E le attività organizzate dalle società, non come lavapiatti, specialmente in occasione si fermano certo alle sole cene, ma spaziano delle annuali sagre gastronomiche. Le ca- ben oltre, coinvolgendo molti ambiti, da riche sono votate da tutti coloro che sono quello sportivo a quello artistico-culturale. maggiorenni e in regola con il pagamento Al di là delle feste, dello sport e dell’attività della quota sociale, e durano due o tre anni comunitaria, dentro i moderni sodalizi con- a seconda delle Contrade. Tutte queste per- tradaioli persiste ancora - sia pure in forma sone, affi ancate da molti altri collaboratori non preminenente - la funzione di mutua che spesso lavorano dietro le quinte senza socialità. Basti pensare ai gruppi di volontari apparire nelle cariche uffi ciali, garantiscono «Donatori di sangue e di midollo», che fi n dal tantissimi servizi: cene, feste da ballo, com- 1984 si sono dati anche un coordinamen- petizioni sportive, attività fi lodrammatiche, to intersocietario e intercontradaiolo. Non gite sociali, feste per i più piccini o per gli può non essere un fatto che colpisce, tanto anziani, gare di benefi cenza, ecc., per non che Mauro Barni, facendo sua una frase di parlare dei cenini, delle cene uffi ciali e dei Judith Hook (una studiosa che amò Siena, rinfreschi della Contrada15. In tante di que- forse non riamata), esclama: “Questo è il se- ste iniziative - nota Barni - vi è, per dirla greto e l’unico vero successo della Siena del ancora con la Hook, qualcosa che preserva ventesimo secolo, conseguito ad onta delle i Senesi dal sense of alienation così marcata- diffi coltà di vita di una moderna comuni- mente dominante fra gli abitanti delle città tà che congestiona una città medievale!” E moderne16.

13 M. Fabbrini, op. cit. 14 M. Barni, Le Società di Contada, in: “100 Anni 15 M. Fabbrini, op. cit. di Castelsenio. 1887-1987”, Alsaba, Siena 1987, p. 34. 16 M. Barni, op. cit. 79 Resta da dire che agli inizi del XXI se- spondere le imposte ed i responsabili delle colo le Contrade e le Società di Contrada attività non sono più considerati sostituti dovettero affrontare un grave problema: d’imposta. quello dei bilanci e delle relative gestioni a Peraltro, le Società di Contrada non sono fi ni tributari. circoli ricreativi, né succursali, bensì sezioni A seguito di accertamenti eseguiti operative rappresentanti l’essenzialità quoti- dall’autorità fi nanziaria, che dettero luogo a diana delle stesse “Contrade di Siena”, cu- controversie di fronte alla Agenzia delle En- stodi delle antiche tradizioni della storia e trate di Siena, le Società di Contada dovet- della cultura del popolo senese e bene pa- tero ridefi nire la natura giuridica e il regime trimoniale dell’intera collettività, sorte con fi scale delle proprie attività istituzionali per fi ni sociali e umanitari quando ancora non adeguarli alle normative vigenti. Il conten- esisteva alcuna forma di associazionismo in zioso (nato, per la verità, a seguito degli ac- Italia se non quella assistenzialistica a sfon- certamenti disposti dalla Guardia di Finanza do religioso. sui compensi dei fantini del Palio) ha obbli- gato il mondo contradaiolo a una nuova vi- sione dell’intera materia fi scale e gestionale. LE 17 SOCIETÀ DI CONTRADA Un passaggio per la regolarizzazione è stata la scelta di tutte le Società di Contrada - e Concludiamo queste note storiche con dunque anche della «Cecco Angiolieri» - di alcune note riassuntive e schematiche relati- aderire ad associazioni nazionali aventi per ve alla nascita ed allo sviluppo delle 17 So- fi ni il miglioramento della salute fi sica e cietà di Contrada. Cominciamo con quelle l’elevazione morale e intellettuale dei soci, di più antica fondazione, legate al fenome- nonché la loro assistenza nel campo sociale no associativo rionale postunitario avente mediante attività di carattere ricreativo, edu- come scopo precipuo il mutuo soccorso. cativo, culturale, turistico, sportivo, assisten- ziale e previdenziale. BRUCO - La «Società di mutuo soccorso del La questione è stata risolta con la pub- Giardino» nacque il 20 maggio 1877 con blicazione nella Gazzetta Uffi ciale n.166 di l’autorizzazione del Rettore del Bruco; giovedì 17 luglio 2008 del decreto 3.7.2008 nel 1889 si unì con la «Società del Giglio» del Ministro dell’Economia e delle Finanze, per le feste popolari e con questa ebbe che elenca i soggetti benefi ciari di un regi- sede in locale di proprietà della Contra- me fi scale agevolato, di cui al comma 185 da. «Il Giardino» si qualifi cò nel 1893 con dell’art.1 della legge 27.12.2006 n. 296 (c.d. una serie di dibattiti sul tema dell’eman- legge Finanziaria 2007), tra cui le Contrade e cipazione femminile, e nell’agosto dello le Società di Contrada. Nell’elenco le Con- stesso anno fu istituita una speciale se- trade di Siena occupano i primi diciassette zione femminile all’interno della Società posti, mentre le Società di Contrada sono stessa, alla quale aderirono un centinaio riportate successivamente in relazione alla di donne. rispettiva data di costituzione. Nel 1921 sorse la «Società della Contrada L’iter legislativo fu avviato, proposto e del Bruco». Nel 1925 i giovani brucaioli sostenuto dalla comunità senese tramite i formarono «L’Alba», forse perché fra ce- propri parlamentari fi n dal 1989. nini, chiacchiere e varie attività i frequen- Il nuovo assetto normativo permette alle tatori più assidui non andavano a casa Contrade e alle Società di Contrada, equipa- prima del levar del sole, ma la società rate agli enti pubblici, di agire nell’ambito di di Via del Comune fu sciolta d’imperio un inquadramento fi scale chiaro ed agevola- dopo una visita delle camicie nere. Dopo to, anche in termini di adempimenti forma- la guerra la società fu ricostituita e prese li, quale riconoscimento della loro origina- il nome di «Nuova Alba» (1946) per assu- lità e peculiarità. In altre parole, Contrade e mere, nel 1950, la denominazione di «So- 80 Società di Contrada sono esentate dal corri- cietà della Nobil Contrada del Bruco». Dal 1989 la società preferì distinguersi con lo e l’avvento del fascismo, la cui politica storico nome «L’Alba». A norma dell’art. osteggiava queste forme di aggregazione, 1 del proprio Statuto Regolamento La infl uirono sulla sua attività. Società “si prefi gge lo scopo di raccoglie- Nel 1924 fu redatto uno Statuto, che l’an- re in oneste ricreazioni i soci e le loro no seguente fu adeguato ai dettami del famiglie organizzando manifestazioni regime fascista; però nel 1929 la Società culturali, sportive e di svago, stimolan- si sciolse per motivi politici, lasciando at- do, altresì, l’attaccamento alla Contrada tiva soltanto una sezione “Pro Palio” in e promuovendo soprattutto lo spirito di seno alla Contrada. La Società di Campo solidarietà e l’assistenza morale e mate- Regio fu ricostituita nel 1944. Sul fi nire riale tra i soci.” del secolo, nei mesi estivi, essa prese ad utilizzare per le proprie attività i Voltoni CHIOCCIOLA - La Società «San Marco» di S. Domenico e i giardini del colle di venne fondata come società di mutuo Camporegio sopra la balza verde rivolta soccorso nel 1875 con la denominazione verso S. Prospero, fi nché decise di restau- di Società della Chiocciola. L’associazione rare l’intero complesso rinnovandone i dei Chiocciolini successivamente assun- locali, inaugurati il 21 maggio 2011. se il nome “La Quercia” (1898), in ricor- do dell’antica Compagnia Militare extra- GIRAFFA - La «Società di mutuo soccorso del- moenia della stessa Contrada, ma du- la Giraffa» (1872) nacque allo scopo di rante il fascismo la Società fu costretta a aggregare i contradaioli tramite attività cambiar nome in Dopolavoro «S. Marco». culturali, ricreative e sportive e di parte- Con essa si fuse nel 1936 la “Società dei cipare al sostentamento economico della Quattordici”, un sodalizio non contrada- Contrada con i proventi delle proprie iolo, presente nel rione fi n dal 1880 con attività. Ha sede in Via delle Vergini nei fi nalità solamente ricreative, che cedette locali sottostanti la Basilica di Proven- al Dopolavoro i propri locali. Il sodali- zano, che appartennero alla Compagnia zio dei chiocciolini fu ricostituito dopo del Suffragio, accanto alla propria sede il “passaggio del Fronte”, nel 1945, con il museale. nome di Società «San Marco». Agli inizi degli anni ‘70, nei locali della La Società ha cambiato sede varie volte. Società si costituì per iniziativa di Bruno Inizialmente si trovava in locali adiacenti Tanganelli, per gli amici Bubi, che ne fu di Vicolo dei Monelli, si spostò poi da- anche il presidente, il «Vernacolo Clebbe», vanti al Pozzo (dove oggi c’è la stalla), che organizzava serate teatrali in verna- poi di fi anco ai Cancelli (nelle attuali colo. Sale di Rappresentanza). ISTRICE - La prima associazione istriciaiola Infi ne, ma solo molto più tardi trovò la con scopi ricreativi e di mutuo soccorso sua defi nitiva collocazione dove ancora fu la «Società delle Pubbliche Rappresentanze oggi si trova, in Via S. Marco n.c. 77. nella Contrada dell’Istrice» (1878), aperta ai DRAGO - La «Società di Campo Regio per i nativi e ai suoi simpatizzanti. Altre Socie- pubblici spettacoli» nacque il 1° ottobre tà attive nel rione fra il XIX e XX secolo 1879 fra tutti i componenti del Drago, con scopi prevalentemente ricreativi fu- voluta dall’assemblea della Contrada rono la «Pipa», il «Buonumore», la «Società in base ad un progetto illustrato dall’o- del Fiasco», la «Quiete in Camollia», il «Cor norando Vicario Luigi Grasso. Il suo Magis». stemma raffi gurava un drago in campo Nel 1886 fu costituita «L’Unione» che si a quartieri rossi e verdi. Potevano esser- distinse quando, vicepresidente lo scul- ne soci “tutti gli appartenenti alla Con- tore Tito Sarrocchi, inviò a Roma il pro- trada del Drago come nativi, abitanti, prio vessillo per l’inaugurazione del mo- geniali e protettori”. Nel 1881 si dette numento a Giordano Bruno. una sede propria, distinta da quella della A «L’Unione» nella Contrada dell’Istrice Contrada, ma la prima guerra mondiale fu ridata nuova vita con scopi anche edu- 81 INSEGNE

“Leone”: Pantera

“Castelsenio”: Tartuca

“Mutuo soccorso in Fontebranda”: Oca “Mutuo soccorso Giovanni Duprè”: Onda

82 cativi e culturali nel 1924 per interven- un’opera dello scultore Pier Luigi Olla, to del conte Guido Chigi Saracini, che “Acca Larenzia”, la matrigna di Romolo donò i locali (con ingresso dal n. c. 209 e Remo, i due piccoli gemelli salvati ed di Via Camollia). allattati da una lupa, simbolo di Roma, Nel 1927 si costituì il Circolo Culturale di Siena e dalla Contrada. Avanguardista e Sportivo «Il Leone», che NICCHIO - Nell’Ottocento furono costi- nel 1933 confl uì ne «L’Unione» («Il Leone- tuiti fra i contradaioli dei Pispini diversi Unione»). L’attuale Società «Il Leone» ripre- sodalizi, fra cui una società detta «Della se la sua attività nel 1948; fu poi riaperta Bandiera» (1873), così chiamata perché uffi cialmente nel 1953 e ampiamente ri- doveva fornire i fondi per acquistare le strutturata nel 1978 con i fondi raccolti bandiere per la Contrada (detta anche da un prestito contradaiolo. Il nome del- «Società del Pranzo», perché i suoi soci si la Società si ispira alla Contrada costitui- riunivano in un pranzo sociale), una «So- ta nel 1516 per partecipare ad una Caccia cietà dei Venti», che si confi gurava poco dei Tori nel Campo dagli uomini delle diversamente da un club privato, poiché Compagnie Militari di Santo Stefano alla prendeva il nome dal numero dei contra- Lizza e di S. Vincenti, due delle quattro daioli che avevano diritto ad accedervi, e, Compagnie Militari che costituirono la infi ne, un’associazione di mutuo soccor- Contrada dell’Istrice. so detta «Società di Montaperto» o «Monta- L’Istrice ha visto nel dopoguerra aumen- perti» (1878). Quando la «Società dei Venti» tare la sua popolazione contradaiola in fu sciolta, il popolo del Nicchio si rior- maniera considerevole. La Società ha ganizzò ancora e nel 1906 dette forma pertanto incrementato le proprie attività concreta alla «Società del Palio della Nobile socioculturali e ricreative, e specialmen- Contrada del Nicchio», avente come scopo te quelle riservate ai giovani. Il 9 maggio principale quello di supportare fi nanzia- 2009 ha inaugurato una nuova bellissima riamente la Contrada per partecipare con sede (su progetto dell’arch. Filippo Buti) successo alle carriere. con un amplissimo salone posto sotto il Nel 1927 l’impegno ricreativo dei giova- proprio giardino, a cui si accede agevol- ni dei Pispini portò alla costituzione di mente da Via Malta. una Società sportiva che prese il nome LUPA - La Società della Lupa fu costituita di ASAP, ovvero Associazione Sportiva verso il 1879 come Società di mutuo soccor- «Antonio Palmieri» (un ex-capitano della so «Romolo e Remo» ed ebbe come presi- Contrada del Nicchio), con sede sociale dente onorario il Generale Giuseppe Ga- in Santa Chiara. ribaldi. La «Romolo e Remo» aveva avuto Nel 1947 il nome ASAP fu sostituito con sede in Vallerozzi e prima ancora all’in- il più popolare «Pania». crocio fra Vallerozzi e Via dell’Abbadia. L’attuale «Società della Pania» nacque per Dopo la seconda Guerra Mondiale, con iniziativa di alcuni nicchiaioli, che vol- l’acquisto di un edifi cio - ora abbattuto lero rimarcare con tal nome il fatto che - ubicato in Via del Pian d’Ovile, dietro quando uno cominciava a frequentarla l’oratorio della Contrada, il sodalizio as- vi rimaneva “impaniato”. La sede attua- sunse la denominazione di Società «La le, ricavata nei locali dell’antica chiesa di Lupa»; poi, alla fi ne degli anni sessanta, Santo Stefano Protomartire ai Pispini, si quando avvennero i primi restauri dei affaccia su un’ampia vallata verde, detta locali si chiamò «Fontenova Club» ed in anch’essa “della Pania”. seguito «Club 72». Tra gli anni ‘30 e ‘50 del secolo scorso, Il 23 marzo 2009, la Società, che è tornata gli abitanti del rione dei Pispini forma- ad assumere la denominazione originale rono pure una libera associazione avente di «Romolo e Remo», ha inaugurato una carattere puramente ricreativo, detta «So- cietà del Gingillo». nuova sede nei pressi della Fonte Nuova d’Ovile, abbellendola esternamente con OCA - Già dal 1870, analogamente a quasi 83 tutte le Contrade, esistette in Fontebran- ha avuto, nel tempo, vari ampliamenti da una «Associazione di mutuo soccor- e ristrutturazioni. Gli spazi attuali con so e di istruzione tra i nativi dell’Oca» terrazza e un bel prato affacciato sull’Or- che poi divenne dei «Quindici» (1904). to dei Pecci hanno l’accesso dal n. c. 24 Questa, dopo la Prima Guerra Mondiale, del Vicolo di S. Salvadore e da Piazza del con il ritorno dei reduci, assunse la de- Mercato. Furono acquistati nel 1993. I nominazione attuale di Società «Trieste» locali storici della “Duprè”, invece, pur nel 1919, con dedica alla città redenta appartenuti da sempre alla società sorta al termine della Prima Guerra Mondia- alla fi ne dell’ottocento dallo spirito di le. La sede sociale fu inizialmente in via collaborazione e solidarietà che già lega- della Galluzza n° 13, ma doveva trattarsi va gli abitanti del rione, sono proprietà soltanto di una soluzione provvisoria: della Contrada dal 1938. uno dei primi atti della Società, infatti, Per Statuto sono soci della «Società G. fu quello di autorizzare l’acquisto dello Dupré» tutti i protettori della Contrada stabile situato in via Benincasa n° 25-27 Capitana dell’Onda. (attuale via Santa Caterina) per trasferirvi SELVA - La Società «Il Rinoceronte» nacque defi nitivamente i locali; i lavori furono nel 1876 come associazione di mutuo progettati e diretti da Bettino Marchetti, soccorso e di salvaguardia delle condizio- che rivestì per lunghi anni anche la carica ni degli uomini di Vallepiatta impegnati di Governatore. La sede fu uffi cialmente in attività industriali, agricole ed artigia- inaugurata il 21 novembre 1920. Il fi ne nali. principale della Società «Trieste» fu di ca- Nello Statuto del 1912 fu stabilito che rattere mutualistico-assistenziale, unito la Società “non ha scopo politico, né però ad attività ricreative nei più svariati religioso”. Il fi ne principale era quello campi. Il motto “un cuor solo, un’anima del’”assistenza in caso di malattia”, ma sola” fu coniato dal presidente Guido erano ammessi anche i “divertimenti Panterani nel 1921. decorosi”, purché a carico esclusivo dei Nella metà degli Anni Venti del secolo soci. scorso, in seguito alla nascita di due fa- Dopo la guerra 1915-’18 «Il Rinoceronte» zioni all’interno della Contrada, «Oca mantenne il solo aspetto ricreativo, ma bianca» e «Oca nera», si formò in contrap- nel 1931 dovette sciogliersi per non sot- posizione alla Trieste un’altra società, la tostare all’organizzazione dell’ONDA. «Trento», che però si sciolse dopo la vitto- Nel 1945, dopo la fi ne della seconda ria dell’Oca nel Palio del 1928. guerra mondiale, la Società del Rino- ONDA - Il più antico sodalizio di mutuo ceronte fu ricostituita per iniziativa del soccorso costituitasi in Malborghetto fu Seggio della Contrada e l’anno seguente la «Società di istruzione ed educazione della risolse il problema dei locali con l’ac- Stella» (1873), che nel 1890 fu intitola- quisizione dei vasti ambienti dell’antica ta «Giovanni Duprè», dallo scultore che cripta di S. Sebastiano. nell’Onda aveva avuto i propri natali. L’integrazione delle strutture della Socie- Nel 1937, a causa degli eventi politici, tà in quelle della Contrada fu sancito dal in luogo del Consiglio Direttivo fu no- nuovo Statuto della Selva, approvato il minato un Commissario Straordinario 14 febbraio 1969. Infatti nel capitolo IV e alla fi ne dello stesso anno la Società fu stabilito che lo scopo fondamentale di Mutuo Soccorso diventò Dopolavoro della Società dovesse consistere nel “so- «G. Dupré» fi no al 1944. Nel 1938 i lo- stenere incondizionatamente le fi nalità cali dell’allora Dopolavoro, appartenuti della Contrada” e che i responsabili della alla vecchia Società fi n dal 1897, diven- gestione del sodalizio dovessero far parte nero proprietà della Contrada Capitana del Seggio. dell’Onda. Dal 1992 la Società del “Rinoceronte” ha 84 La sede della Società di Malborghetto trasferito la propria sede nei locali della INSEGNE

“Il Giardino”: Bruco “L’Unione”: Istrice

“Soc. delle corse”: Valdimontone “Mutuo soccorso”: Oca 85 ex lavanderia dell’ospedale di S. Maria ricreative, nei primi anni del Novecento della Scala e della ex Clinica Otorinola- nacquero e vissero nel rione pure «La ringoiatrica, in Via di Vallepiatta n.c. 26. Farfalla» e «Il Fiasco Rotto». In tali ambienti, opportunamente ristrut- Il «Circolo Rionale Elefante» nacque nel turati, tiene le proprie assemblee anche marzo del 1923, per consentire ai tor- la Contrada. raioli, che in esso si riunivano “a scopo Il sodalizio di Vallepiatta è da considera- morale ricreativo”, di espletare attività re a tutti gli effetti “un organo della Con- mirate “al bene e vantaggio della pro- trada, cui è affi dato il compito di orga- pria Contrada”, e aderì subito all’OND nizzare le attività ricreative, sportive, cul- cambiando anche il nome in «Dopolavoro turali e sociali” per i Selvaioli, ma di re- Italo Balbo», in onore del gerarca fascista cente si è dotato di uno Statuto proprio, Capitano onorario della Contrada. indipendente da quello della Contrada, Alla fi ne degli anni Venti, si formò in assumendo la nuova denominazione di Salicotto il «Circolo Rionale Spada Forte», “Società della Contrada della Selva”. divenuto subito dopo Gruppo Dopolavori- TARTUCA - Il 3 settembre 1885 in una stico «Spadaforte», che si dedicò ad attività riunione della «Società della Corsa» (un teatrali e sportive. Nel 1935 il Dopolavoro organismo interno della Contrada, che «Italo Balbo» ricevette in dono i beni del- assicurava il fi nanziamento del Palio) fu la «Società del Ventaglio», che aveva dovu- lanciata l’idea di costituire una società to cessare la propria attività per mancan- per divertirsi e ballare. Così la «Società za di sede. della Corsa» scomparve, sostituita dalla Dopo il periodo bellico, il sodalizio, che «Società di mutuo soccorso Castelsenio», fon- non aveva mai cessato del tutto la pro- data il 21 ottobre 1887. La Società dei pria attività, riprese il nome di Società Tartuchini, che oltre ad aiutare i più po- «Elefante» e nel 1948 celebrò il venticin- veri contribuì pure a pagare le spese dei quesimo anniversario della fondazione. Palii della Contrada, ebbe la sua prima Nel 2007 ha rinnovato ed ampliato la sede in un fabbricato posto nella Via di propria sede in Via Salicotto, con il bar Castelvecchio (nn. cc. 25-27). trasferito nel locale al piano strada e reso Dopo l’ultima guerra si spostò nei locali accessibile anche dall’esterno attraverso della Contrada tra Via T. Pendola e il Vi- grandi aperture. colo della Tartuca, ma recentemente se Nel 1967 nacque la Congrega della «Pagliet- n’è allontanata avendo posto la sua sede ta», creata da un gruppo di torraioli come nel Palazzo Cesari Manganelli prospi- reazione ad una squalifi ca della Contrada. ciente il prato di Sant’Agostino. La So- Essa, senza entrare in competizione con la cietà di «Castelsenio» è l’unica Società di società “Elefante”, teneva le proprie con- Contrada a conservare nel nome la spe- viviali in uno slargo tra le case nella parte cifi ca distinzione di “mutua assistenza”. bassa di Salicotto, oggi intitolato Piazzetta della Paglietta. La «Paglietta» è attualmente TORRE - La Società di mutuo soccorso un’organizzazione di Contrada al servizio «Il Ventaglio», composta interamente da della stessa, con lo scopo di tramandare e torraioli, fu presente in Salicotto fi n dal rafforzare i principi di fedeltà alla Torre, 1872. «Il Ventaglio» fu sempre in ottimi la cultura delle tradizioni, il rispetto degli rapporti con la Contrada, ma limitandosi anziani e il loro sostegno fi sico e morale sempre a perseguire i propri fi ni statutari in caso di bisogno. di assistenza, di istruzione e di aiuto eco- nomico e morale ai soci più bisognosi. VALDIMONTONE - La «Società di Mutuo Nel rione, forse già prima del Ventaglio, Soccorso di Castelmontorio» nacque intor- esistette per un breve periodo un piccolo no al 1880. Il nome, mantenuto sino ad gruppo popolare, «La Tazza», formatosi oggi, ricorda il leggendario generale ro- per fi nanziare la Contrada della Torre per mano «Montorio» che nel territorio della 86 il Palio; inoltre, con fi nalità meramente Contrada aveva posto i propri accampa- menti. Dopo la I Guerra Mondiale entrò LEOCORNO - La Società della Contrada a far parte dell’Opera Nazionale Dopo- del Leocorno, fondata con il nome «Il lavoro con la denominazione Gruppo Cavallino» in riferimento al mitico ani- Dopolavoristico, ma nel 1930 cessò le sue male rampante dello stemma, fu costitui- attività. ta nel giugno del 1970 ed ebbe la sua sede Il Castelmontorio fu ricostituito il 19 aprile in piazza Virgilio Grassi. 1952 ad opera di pochi contradaioli, e il Già prima della nascita del «Cavallino» 9 novembre 1952 poté inaugurare la pro- esistette comunque nel territorio della pria sede in un garage di Via Pulcetino. Contrada un ritrovo frequentato dai le- Altre sedi furono in Via Roma e in Via caioli: si trattava della Società «Fontegaia», dei Servi. Dal 1985 ha trovando defi ni- sorta fi n dall’immediato dopoguerra con tiva sistemazione in Piazza A. Manzoni lo scopo di organizzare balli e veglioni, (n.c. 6), in alcuni locali dell’ex ospeda- utilizzando il giardino ed alcuni ambien- le psichiatrico e del convento dei Servi ti a piano terra del Palazzo Sozzini Ma- di Maria (ampliati con altri ambienti lavolti. ceduti dall’Università), ricavandovi sale Oggi, per le proprie attività sociali e di molto belle, ridando splendore a strut- Contrada, «Il Cavallino» può benefi cia- ture dell’antico cenobio. All’esterno, la re di una sala bar e, sotto, di un salone, Società può vantare un’ampia terrazza e entrambi sulla sinistra dell’oratorio di S. vasti spazi verdi affacciati sullo stupendo Giovannino. Davanti alla Società si apre panorama di Siena. un’ampia terrazza verde affacciata sulla valle di Follonica. Tra le Società sorte nel Novecento, due, PANTERA - Sembra che esistano notizie di «Il Rostro» dell’AQUILA (1969) e «Il Caval- una Società «Leone» o «Società del Palio» lino» del LEOCORNO (1970), hanno sto- fi n dal 1882. Questa Società però rimase rie abbastanza recenti; invece la «Due Por- in vita più di nome che di fatto. Il 29 te» della PANTERA (1964) e specialmente agosto 1923 venne approvato lo statuto la «Cecco Angiolieri» della CIVETTA (1945) della «Ricostituita Società del Leone», che di possono vantare esperienze ben preceden- fatto ebbe la sua prima sede sociale solo ti di ricreazione e di supporto alla propria nel 1936, quando assunse la qualifi ca di Contrada. «Gruppo Dopolavoristico». La Società «Due Porte» nacque uffi cial- AQUILA - Il Circolo «Il Rostro» è una delle mente il 16 giugno 1964 promossa da società di Contrada più giovani, essen- Ettore Bastianini, prendendo il nome da dosi costituita uffi cialmente il 22 maggio un gruppo sportivo costituito dai giovani 1969. L’idea di una Società della Nobi- panterini alla fi ne degli anni Cinquanta. le Contrada dell’Aquila aveva già preso Il primo Presidente fu Paris Pasqui. Nel piede nei primi anni ‘60. Gli Aquilini si 1969 la «Due Porte» poté acquisire spazi ritrovavano nelle vecchie sale della Con- e locali attigui a quelli della Contrada e trada, contigue all’oratorio di San Gio- il 30 maggio 1971 inaugurò l’attuale sede vanni Battista, già della Compagnia dei in cima a via San Quirico. L’anno scorso Tredicini, tanto che questo primo soda- si è trasferita nei vasti ambienti dell’ex lizio fu detto «Circolo dei Tredicini». Dal Pendola, con ingresso da Via di S. Qui- 1969 «Il Rostro» pose la sua sede in alcu- rico, realizzandovi una sede funzionale ni locali del Casato di Sotto, di fronte e moderna. alla chiesa, nel territorio della Contrada Nel 1975, in seno alla Società, fu costitui- Capitana dell’Onda, fi nché, nel 1981 to il «Gruppo Filodrammatico Panterino». la Contrada ha potuto realizzare per la CIVETTA - Della necessità di costituire una propria Società una sede accogliente e «Società del Palio», con il fi ne di aiutare moderna con un bel giardino in fondo al economicamente la Contrada si parla già Vicolo del Verchione. nel 1905; ma di fatto essa fu costituita 87 soltanto nel 1922. Nel 1931 fu approvato palazzo degli avi del poeta duecentesco il primo Statuto. con ingresso dal Vicolo al Vento; quin- Nell’estate del 1945 alcuni Civettini co- di, per quanto la Contrada vantasse colà stituirono la Società «Cecco Angiolieri», ambienti societari di un certo prestigio ispirandosi al celebre poeta, vissuto nel ed abbastanza funzionali, nel 2005 fu rione tra il 1260 e il 1312, per dar vita dato avvio ad un ambizioso progetto per a serate danzanti nel cortile del Palazzo collocare la sede della Società nel “cuo- Forteguerri in Banchi di Sopra. L’iniziati- re” della Civetta, e cioè nel Castellare va, avente la fi nalità di raccogliere fondi degli Ugurgieri. pro-Contrada, fu detta «Corte di Cecco». Nel 2010 la Contrada ha però riconside- Alla fi ne dell’estate la Società si accordò rato il progetto, acquisendo alla «Cecco con il Parto d’Azione per costituire nel Angiolieri» nella galleria dell’ex Garage Palazzo Bargagli di Via dei Termini un “Bardini” degli spazi già strutturati con «Circolo Senese», che proseguì l’iniziativa buone prospettive per futuri amplia- delle serate danzanti fi no alla primavera menti. del ‘46. Dal 2011 a fi anco della Contrada e del- La «Cecco» si dette strutture dirigenziali la “Cecco Angiolieri”, si è costituita la stabili con l’approvazione di uno statuto- Compagnia di Pier Pettinaio, associa- regolamento e svolse attività sociali inte- zione avente fi nalità di mutuo soccorso, ressanti; ma solo nel 1972 potè disporre solidarietà e promozione sociale e cul- di una prima vera sede atta a dare concre- turale fra il popolo della Contrada, che tezza e continuità a tutte le sue iniziative. ha inteso riproporre ai Civettini l’antica Dapprima la Società «Cecco Angiolieri» e mai smarrita cultura del mutuo soc- fu posta in un piccolo appartamento di corso, anima storica della comunità se- fronte al vicolo del Castellare. nese, tornata fondamentale per affron- Poi, nel corso del biennio 1984-’85, gra- tare le nuove drammatiche contingenze zie all’eredità “Mori” poté insediarsi nel dell’attuale società.”””

Archivisti di Contrada che hanno collaborato con l’Autore Aquila - Marco Brocchi Selva - Alessandro Ferrini Chiocciola - Riccardo Pallassini Tartuca - Francesco Dolcino Drago - Duccio Benocci ed Enrico Giannelli Torre - Laura Brocchi e Davide Orsini Giraffa - Marta Fabbrini Valdimontone - Aldo Giannetti

88 Carlo Emilio Gadda e Dario Neri Dentro il paesaggio senese di Roberto Barzanti

C.E. Gadda D. Neri

Ha vagato da catalogo a catalogo, ma citazioni, alla rinfusa: “Le coccole saporo- nella perennemente inconclusa bibliografi a se del ginepro, cilestri pensieri del monte, degli scritti di Carlo Emilio Gadda non ave- a bbacìo”, “i fi chi fi oroni li chiamano dad- va ancora trovato il posto che merita. Final- doloni”, “Ombrone è il fi ume umbro”, “il mente il breve testo letto da Gadda a Radio bàzzico (donde bazzicare) è il complesso Firenze il 17 gennaio 1946 a commento di dei segni della lepre”, “il grido rauco, un po’ una mostra di dipinti di Dario Neri (1895- strozzato della fagiana che va via, levata dal 1958) è pubblicato con la cura necessaria cane”. Prima o poi bisognerebbe che fossero da Giovanni Agosti su “I quaderni dell’In- consegnate alla stampa tutte le 72 paginet- gegnere”, nel primo numero della nuova se- te di cui consta il quaderno, compilato, a rie, edita in cooperazione dalla Fondazione quanto Gadda rammenta con qualche dub- Pietro Bembo e da Ugo Guanda (pp.43-7). bio, nel luglio 1946, nel trambusto d’una L’opera gaddiana è una miniera inesauribile, trebbiatura. Paolo Neri propende, anche una cucina che non smette di sfornare suc- lui senza sicurezze assolute, pel 1948, per- culente pietanze da assaporare con lentezza, ché associa la visita dello scrittore al palio gustando ogni ingrediente. Già si conosce- dell’Onda giostrato con Pietrino. vano i cosiddetti “grumi di pensiero silva- E veniamo al testo ora edito che (forse) no” – resi parzialmente noti da Dante Isella precede d’un semestre, più o meno, il tac- nel primo dei “Quaderni” (Milano-Napoli, cuino campagnolo. Gadda vi dà prova di Ricciardi 2001, pp. 35.40) che indagano sui una raffi nata e affettuosa intelligenza della lasciti dello scrittore – e si sapeva di un Gad- pittura dell’ospite. “I dati del paesaggio – os- da che si era aggirato per la tenuta dei Neri serva – divengono istanze predominanti nel a Campriano annotando nomi e nomigno- suo lirismo: l’amore si trasfonde in una ope- li, modi di dire e parole antiche ancor vive rosa diligenza, la silloge devota si tonalizza nella pronuncia contadina. Frutto di quella in una rammemorazione”. Quadri spesso escursione fu un piccolo quadernetto tasca- amati per la miniaturistica verisimiglianza bile con copertina telata colmo di “Appun- sono giustamente compresi nella loro quie- ti senesi”, come l’autore si era premurato ta tessitura, fi ltrata dal ricordo. Ed il pezzo di scrivere nel frontespizio. Eccone alcune 89 Primavera

90 Estate Autunno

Inverno 91 radiofonico è punteggiato di slanci dai qua- una memorabile paginata del “Guerin spor- li traluce una visione materiale dell’uomo tivo”, evocò una sua sosta nel medesimo e del suo collocarsi nel disarmonico caos spazio e vide nella pittura di Neri la lezione cosmico, delle infrangibili relazioni che lo di una bizzarra coppia, sfoggiando una di stringono ad esso. L’anima stessa per Gadda quelle uscite iperculturali che destavano stu- non è altro che il rifl esso di questi perpetui pefazione nei disarmati lettori sportivi del e naturali vincoli: “La nostra anima non è lunedì: Mondrian e Corot. Pei quali ricerca se non un groppo di relazioni e di vincoli di una totale e perfetta razionalità e compo- che ci avvicinano all’universo”. Le forme del sta geometria delle forme erano cifre premi- paesaggio costituiscono una sorta di “geo- nenti e convergenti. logia della memoria”, dalla quale affi orano La traduzione in scrittura della fi gurativi- fantasmi e immagini. Anche Gadda si rifà tà di Neri genera espressioni così pertinen- – come non potrebbe? – al Buon Governo ti che sembrano calchi ricavati da minuto di Ambrogio Lorenzetti, ormai banalizza- scrutare: “il popolo antico degli ulivi”, “gli to e degradato a logo pubblicitario. Per lui strapiombi farinosi delle ‘balze’”. “Il Neri – l’affresco si squaderna come la scaturigine aggiunge Gadda – ne vuole rivivere la par- prima d’una pittura patria, di uno sguardo venza, immobilizzandola nella fi ssità d’un civile sulla terra della Repubblica. Così nei ricordo”. Ed ecco un paesaggio fatto di colo- quadri di Dario Neri: “Siena è là, talora, nel ri e volumi che rimandano ad un immediato fondo, così dolcemente sdraiata nei vapori e senso simbolico: “Stoppie gialle, assenzio, nei lumi vari del giorno!” E Gadda avverte l’acuità nera del cipresso nel cielo toscano”. una sintonia profonda con una religiosità L’incontro di Dario Neri con Gadda panica, con un ancestrale culto della Madre, non era stato accidentale. Si era stabilito della Bona Dea. In quegli alberi e in quelle tra loro un sodalizio fondato su comuni cose si concretizza una vicenda che penetria- interessi, rafforzati dalla partecipazione at- mo attraverso un “entusiasmo” acceso da un tiva al clima di un’illuminata industriosità movimento mistico, agitato da una febbre lombarda. Fu, ad esempio, Neri a incarica- estatica. “Entusiasmo” è tra virgolette, per- re Gadda, per conto della sua Electa, della ché Gadda allude al “divino entusiasmo dei traduzione di due volumetti divulgativi poeti”, enunciato da Platone. E tra i primi su Brunelleschi e su Fattori di Bernard Be- esegeti va annoverato Plutarco, che lo riten- renson, allora collaboratore principe, qua- ne “un’ispirazione estranea, che sconvolge si nume tutelare, della casa editrice. Era il in noi il pensiero razionale, in quanto trae sogno di un’imprenditorialità umanisti- principio ed energia da una potenza superio- ca, non ciecamente rivolta al profi tto, ma re”. “Le tradizioni d’un’età prisca degli uo- consapevole di doveri comunitari. Adriano mini – scrive Gadda – , d’un tempo dorato, Olivetti fu l’eroe più celebre di progetti altro non sono se non una reminiscenza di che dai pigri d’ogni risma furono subito questo stadio lirico e amorosamente infan- etichettati utopie. E Achille Neri, probabil- tile del nostro conoscere: quando il mondo mente stimolato dalla cultura paterna, ne obiettivato, le cose, gli oggetti, gli alberi, le aveva un vero e proprio culto. vele, le rondini, o il fumante colmigno di un Come osserva Agosti, la pubblicazione tetto, o il pertinace rivolversi d’una macchi- dell’intervento fi orentino sulla mostra di na, si imprimono indelebilmente nel nostro Neri aperta alla Galleria Michelangelo dal ‘entusiasmo’: o noi ci trasfondiamo in loro”. 12 al 23 gennaio 1946 deve essere considera- Da notare che “colmigno”, voce attestata fi n to un succoso capitolo di quell’itinerario cri- dal Quattrocento, fa parte di un repertorio tico di Carlo Emilio Gadda attraverso le arti ingegneresco, ma è ripescata anche da D’An- fi gurative che attende tuttora di essere ben nunzio e sarà altre volte reperibile in Gadda. esplorato e sistemato. Non andrà dimentica- Quanto alla tensione religiosa o al gusto ta, da questo punto di vista, l’amicizia con per il primitivo, le notazioni gaddiane van- Enzo Carli, interlocutore generoso e, come no forse assai temperate. Gianni Brera, in sempre, guida amabile e cordiale ad un im- 92 maginario abitato con gioia. I 150 anni del Liceo “Enea Silvio Piccolomini”. L’inventario del fondo archivistico del Liceo Ginnasio e le celebrazioni della ricorrenza organizzate dall’Associazione “Il Liceone”. di Giacomo Zanibelli

Era il 17 novembre 1862 quando per la per offrire a tutti i liceali un programma di prima volta gli studenti varcarono le porte iniziative che potesse coinvolgere tutte le fa- della nuova scuola classica cittadina, ospi- sce di età, spaziando da eventi di carattere tata nei locali del convento di S. Agostino. culturale a quelli ludico – sportivi. La tradizionale “Commedia”3 organiz- “Stamane a ore 10 ant, ha avuto luogo la so- zata dagli studenti, tenutasi il 7 marzo, ha lenne apertura del Regio Liceo e del Ginna- dato uffi cialmente inizio ai festeggiamenti; sio municipale. Nella chiesa di S. Agostino è gli studenti del Piccolomini si sono cimen- stata celebrata la messa e cantato il Veni Cre- tati in una ricostruzione “goliardica” della ator con l’intervento del Prefetto, del Gon- faloniere, della rappresentanza Municipale e storia del Liceo, dalle origini ai giorni no- Provinciale, della Magistratura dell’Universi- stri. Il pubblico presente al Teatro dei Roz- tà, presenti essendo il corpo insegnante del zi ha notevolmente apprezzato l’impegno R. Liceo, il Collegio Tolomei, l’orfanotro- degli studenti per la realizzazione di “ La fi o, la rappresentanza della società operaia, storia continua ovvero Liceale, anche un secolo la scolaresca liceale e ginnasiale […] La sala (e mezzo) è passato”. Il 26 marzo il Gruppo era stata apparecchiata con il maggior gusto sportivo del Liceo Classico è stato insignito ed adorna di colori nazionali, dove sotto un del “Premio Prestige” dall’UNVS - CONI di ricco baldacchino trionfava il busto del Re Siena. Nella motivazione si legge: “ Al Grup- d’Italia […] Il discorso inaugurativo, affi dato al professore e canonico Ranieri Riccucci era po Sportivo del Liceone per gli ottimi risultati ri- stato all’insegna del più che sentito amor di portati nel corso del tempo nelle varie discipline patria.”1 nel corso dei campionati studenteschi e per essere un chiaro esempio di come studio e sport possano Come nel 1862 anche quest’anno si sono coesistere e portare a risultati eccellenti”. tenuti grandi festeggiamenti per celebrare i Il 21 aprile nell’Aula Magna del Liceo 150 anni dalla fondazione del Liceo senese; si è tenuta una giornata di studi sul tema una serie di iniziative a tutto campo hanno “l’eredità del classico”, promotore e curatore riportato all’interno delle mura del Piccolo- dell’evento il prof. Moreno Lifodi che, con mini tutti coloro che nel corso della propria passione e dedizione, ha coinvolto alcuni vita hanno varcato “le arcate del Fantastici” docenti dell’Università degli Studi di Siena per motivi di studio o di lavoro. che hanno affascinato i presenti illustrando L’ Associazione “Il Liceone”2, presieduta le eredità del mondo classico nella contem- dall’ Ing. Alessandro Bellini, si è impegnata poraneità. Interessante anche l’intervento

1 Si riporta la cronaca dell’inaugurazione dell’isti- tività dell’associazione si v. http://www.liceone.it. tuto senese riportata sul quotidiano locale La Provin- 3 Gli studenti del Piccolomini ogni anno si cimen- cia, anno III, n 267, 17 novembre, 1862. tano nella realizzazione di una commedia goliardica 2 L’associazione il Liceone è composta da studenti, riprendente temi letterari del mondo classico e non, ex studenti, docenti ed ex docenti ed è nata allo scopo riadattandoli alla vita liceale contemporanea. La pri- di preservare e valorizzare il patrimonio umano e cultu- ma commedia portata in scena è stata: I Sconnessi sposi, rale che si è formato all’interno del Liceo Classico E.S. 10 marzo 1984, Teatro dei Rinnovati di Siena. Piccolomini di Siena. Per ulteriori informazioni sull’at- 93 del prof. Duccio Balestracci sull’evoluzione tazione dei documenti in esso conservati. del Liceo. L’operazione di inventariazione si è resa ne- Il 26 marzo è stato il giorno del “Pre- cessaria in quanto l’archivio con il passare mio Intervallo”, concorso letterario nazio- del tempo si è trasformato in un “archivio di nale organizzato dal Liceo senese e rivolto concentrazione”. a tutte le scuole superiori del centro Italia. Nel corso della serata si è tenuta “La “Notte “Con la nascita degli Istituti comprensivi, Biancoverde”, una grande festa che ha riu- all’interno dell’archivio dell’istituto centra- nito liceali di tutte le età per festeggiare il le possiamo trovare gli archivi delle singole “compleanno” del Liceone. Inoltre il prof. scuole che sono state inglobate nel corso del tempo, arrivando così alla formazione di Geremia d’Olimpio, vicepreside del Liceo, grandi archivi di concentrazione. L’archivio ed il prof. Federico Valacchi, Università di del Liceo Classico Piccolomini ospita al suo Macerata, hanno presentato alla cittadi- interno anche i fondi archivistici del Liceo nanza il primo volume sulla storia del Li- della Formazione Santa Caterina da Siena, ceo Classico di Siena4. dell’Istituto d’Arte Duccio di Buoninsegna L’obiettivo era quello di ricostruire la sto- e del Liceo Linguistico R. Lambruschini di ria della fondazione e dei primi anni di vita Montalcino. Nei locali dell’Istituto si trova dell’Istituto; purtroppo i numerosi cambia- anche l’archivio del convitto Tolomei (oggi non più esistente), che era ubicato al piano menti di sede imposti dalle contingenze sto- superiore del convento di Sant’Agostino, at- riche hanno fatto sì che la maggior parte dei tuale sede del liceo classico”7. documenti degli anni dal 1862 al 1890 non sia più conservata all’interno dell’archivio Il volume è stato realizzato partendo da del Liceo senese. Soltanto uno studio del uno studio della documentazione d’archivio materiale presente negli altri archivi cittadi- al fi ne di ricostruire la storia della scuola at- 5 ni ha permesso una ricostruzione analitica traverso la documentazione da essa prodotta degli anni in oggetto. nel corso del tempo. Si è deciso di seguire il Questa operazione ha permesso di po- metodo impostato da Marino Raicich, Giu- ter acquisire informazioni preziosissime per seppe Talamo, Simonetta Soldani, Angelo una storia dettagliata dell’Istituto, analiz- Semeraro e Mario Isneghi. zando anche il sistema scolastico senese ne- gli anni precedenti all’entrata in vigore della “È solo con tali fonti, che la storiografi a della Legge Casati6. scuola e dell’educazione, pena a una sua sog- Assieme alle ricerche negli archivi cittadi- gettiva invalidazione e vanifi cazione cultura- ni si è provveduto al riordino dell’Archivio le, è messa in grado di attraversare il proprio del Liceo Classico Enea Silvio Piccolomini «Rubicone» archivistico”8. di Siena ed alla realizzazione di un inven- tario analitico al fi ne di facilitare la consul- L’associazione “Il Liceone” si è impegnata

4 Il riferimento è a: G. Zanibelli (a cura di), Il Li- sulla gazzetta Piemontese del Regno di Sardegna –, ceo Classico di Siena. I. dal Granducato allo Stato Liberale, che deve il suo nome all’allora ministro della Pubblica Nuova Immagine, Siena, 2012. All’interno del volu- Istruzione Gabrio Casati. La legge fu estesa al Regno me sono presenti testi di Vincenzo Coli, Alessandro d’Italia nel 1861 e restò in vigore fi no alla Riforma Leoncini e Patrizia Turrini. Gentile del 1923. La Toscana adottò il provvedimento 5 La maggior parte della documentazione è stata legislativo con la Legge Ridolfi del 10 marzo 1860 e reperita all’Archivio di Stato di Siena, all’Archivio Sto- con il R.D. 15 settembre 1867. rico del Comune di Siena ed alla Biblioteca Comuna- 7 G. Zanibelli (a cura di), Il Liceo Classico di Siena. le degli Intronati. All’interno dell’archivio del Liceo I. dal Granducato allo Stato Liberale cit, p14. Classico è presente una raccolta miscellanea con al- 8 G. Bonetta, Introduzione, in G. Bonetta-G. Fio- cuni documenti signifi cativi riguardanti gli anni dal ravanti (a cura di), L’Istruzione Classica (1860-1910), 1863 al 1875. Archivio Centrale dello Stato-MIBAC, Roma, 1995 6 Il riferimento è al Liceo Universitario, esistente (Fonti per la storia della scuola III), p. 18, il volume prima dell’entrata in vigore della Legge Casati. È co- offre un quadro dettagliato sulla storia e sull’evoluzio- munemente chiamato Legge Casati il Regio Decreto ne normativa dei licei e dei ginnasi. 94 n° 3725 – emanato il 13 novembre 1859 e pubblicato Professori e alunni nel tempo

95 a promuovere la realizzazione del secondo potessero coesistere all’interno del piccolo volume della storia del Liceo al fi ne di rico- microcosmo di Sant’ Agostino. struire le vicende storiche sociali e culturali della scuola senese nel corso del Novecento, “Italiani, e al tempo stesso cittadini del mon- attraverso l’uso delle fonti archivistiche ed i do, lo diventammo, frequentando questa ricordi degli ex liceali. Al termine di questo scuola, che, a varcarne la soglia, ogni volta lavoro si offrirà alla città di Siena un utile risveglia memorie intimamente radicate. Ave- re vent’anni, quaranta od ottanta non impor- strumento per la storia della scuola locale. ta, se cinque li abbiamo trascorsi sugli stessi Nel corso dell’anno scolastico 2012/2013 banchi, una generazione dopo l’altra. Tra sono previste ulteriori iniziative per la ce- queste mura, che sull’innocenza di ginnasiali lebrazione dei 150 anni dalla fondazione proiettano ombre ostili ma con gli anni ac- dell’Istituto. quisirono una complice familiarità, nessuno, Durante questo anno di festa si è potuto o quasi, si è sottratto al rigore dell’apprendi- notare anche come il forte senso di appar- mento. Dietro il quale erano accessibili tutti tenenza al “Piccolomini” abbia fatto sì che gli strumenti di crescita personale collettiva, tutti i rudimenti della socialità”9. generazioni apparentemente lontanissime

Solenne consegna del vessillo nazionale nei primi anni del secolo scorso

9 G. Zanibelli (a cura di), Il Liceo Classico di Siena. I. dal Granducato allo Stato Liberale cit, p 9. Si riporta un 96 frammento del contributo di Vincenzo Coli. Inventario del fondo “Liceo Ginnasio” nell’Archivio Storico Comunale di Siena

Il fondo Liceo Ginnasio del Comune di Sie- scicoli non riportati non presentano documenta- na raccoglie documentazione dal 1860 ed in par- zione signifi cativa per una ricostruzione storica ticolare dalla nascita dell’Istituto avvenuta il 17 delle vicende del Liceo Ginnasio senese. febbraio 1862. I fascicoli inerenti i primi anni di 1897. La presidenza del Liceo-Ginnasio chie- vita del Liceo Ginnasio di Siena sono stati recen- de alla Giunta Municipale la realizzazione di temente studiati in occasione dei festeggiamenti alcuni lavori di ampliamento al fi ne di dotare l’I- dei 150 anni dalla fondazione1. stituto di 4 nuove stanze. Le autorità Municipali L’obiettivo di questo contributo è quello di approvano i lavori con delibera del 14 febbraio facilitare la ricostruzione della storia del Liceo 1898. senese fi no alla riforma della scuola del 1969; 1898. (21 giugno) Il Sindaco di Siena scrive analizzare la documentazione conservata all’in- al Preside del Liceo per metterlo a conoscenza terno degli archivi delle istituzioni cittadine di- che alcuni suoi studenti avevano molestato delle viene una tappa fondamentale di questo percor- bambine, schizzandole con dell’acqua, nei pressi so al fi ne di comprendere il ruolo che il Liceo della fontana della fortezza e che per tale com- ha svolto nella formazione della classe dirigente portamento erano stati multati dalla Guardia senese. Lo studio analitico delle carte conservate Municipale. Il Primo Cittadino invita il Preside all’interno dell’Archivio Storico Comunale ha ri- a prendere provvedimenti contro gli studenti. guardato gli anni dal 1897 al 1956. L’analisi della 1901. (5 giugno) Nella documentazione si tro- documentazione evidenzia come nel corso degli va un manifesto della Prefettura con le date degli anni i locali di S. Agostino, dove ancora oggi è esami per gli studenti della scuola classica. ospitato il Liceo Classico, siano stati soggetti a Sessione Estiva numerosi interventi di manutenzione. Da ciò è Giovedì 4 luglio componimento di italiano possibile comprendere anche l’evoluzione archi- Venerdì 5 luglio versione dall’italiano al la- tettonica che il complesso scolastico ha avuto tino nel corso del tempo. Sabato 6 luglio versione dal latino all’italiano Tale operazione è stata realizzata in sintonia Lunedì 8 luglio versione dal greco all’italiano Martedì 9 luglio versione dall’italiano al fran- con il riordino e lo studio delle carte raccol- cese te all’interno dell’Archivio del Liceo Classico Sessione autunnale Enea Silvio Piccolomini2, al fi ne di poter ri- Venerdì 4 ottobre componimento di italiano costruire, attraverso un approccio scientifi co e Sabato 5 ottobre versione dall’italiano al la- metodologico, l’evoluzione dell’istruzione clas- tino sica nel Novecento a Siena. Lunedì 7 ottobre versione dal latino all’ita- liano Inventario Analitico Martedì 8 ottobre versione dal greco all’ita- I. ACSi, Postunitario, XA, cat XIII, 2, fasc. liano (1897-1906) Mercoledì 9 ottobre versione dall’italiano al La documentazione è raccolta per anni. I fa- francese

1 In proposito si v. G. Zanibelli (a cura di), Il Li- gine, Siena, in corso di pubblicazione. Lo studio si è ceo Classico di Siena, I. dal Granducato allo stato Liberale, concentrato nel riordino della documentazione con- Nuova Immagine, Siena, 2012. In particolare i con- servata all’interno dell’Istituto e nella redazione di un tributi di Patrizia Turrini, “Nello Spirito progredente del inventario e di un metodo di conservazione che facili- tempo nostro”. La fondazione nel 1862 del Regio Liceo e tasse le operazioni di inventariazione della documen- del Ginnasio comunale di Siena, pp. 29-56; Eadem, “un tazione. Le carte conservatevi presentano numerose glorioso mandato: preparar la gioventù alle nuove sorti a cui lacune che ne compromettono, ad esempio nella se- è serbata l’Italia”. Il Regio Liceo e il Ginnasio comunale di zione carteggio, il vincolo archivistico. Lo studio della Siena dal 1862 al 1882, pp. 57-109. documentazione raccolta negli altri archivi cittadini si 2 Si v. G. Zanibelli, L’Archivio del Liceo Classico E.S. è reso necessario al fi ne di colmare i numerosi vuoti Piccolomini di Siena, inventario analitico, Nuova Imma- documentari. 97 1901. (23 novembre). L’insegnamento del di- ri di restauro dei locali. Il Comune di Siena de- segno approda all’interno della scuola classica, cide di stanziare la cifra richiesta facendo ricorso con una missiva al Comune il Preside richiede al fondo di riserva. Si invita inoltre il Preside ad l’allestimento di una nuova aula e di banchi. Il attenersi, per quanto possibile, ad utilizzare le Comune approva le richieste. somme del fondo ordinario. E’ presente anche 1903. Il Comune stabilisce un impegno di una relazione manoscritta di sei pagine sulla na- spesa di 1000 lire per il mantenimento del Liceo- scita del Liceo-Ginnasio di Siena. Ginnasio. 1912. Le materie scientifi che all’interno della 1905. All’interno del fascicolo è presente il scuola classica vengono potenziate. Il Comune carteggio con il Comune sull’impegno di spesa stanzia una somma di 439 Lire per l’acquisto di per il mantenimento dell’Istituto. Il Preside chie- un microscopio per l’aula di Scienze. de lo stanziamento di fondi straordinari per le 1915. Si effettuano dei lavori di restauro per opere di manutenzione. ammodernare i nuovi locali del ginnasio per un 1906. Il Comune delibera l’inserimento di un totale di 1500 Lire3. Si costruiscono i servizi igie- custode fi sso con dimora all’interno del Liceo- nici e due nuove aule. (17 novembre) Missiva Ginnasio. Si tratta di Benedetto Bettini. (21 riguardante l’insegnamento della ginnastica al giugno); il Comune, su richiesta del Preside, de- Liceo. Si ottiene la concessione di poter effettua- libera di allestire delle tende nelle aule dove si re le pratiche ginniche nel cortile del Seminario terranno gli esami al fi ne di prevenire contatti Arcivescovile di Siena. con l’esterno, nell’occasione si decide inoltre di 1916. Carteggio tra il Comune e la dirigenza riparare gli infi ssi dell’Istituto. In questo anno del Liceo inerente problematiche di logistica e il Comune, viste le spese continue per il man- fruizione dei nuovi locali. tenimento del Liceo-Ginnasio, decide di inviare 1918. Carteggio con le autorità militari per in- delle missive conoscitive delle spese di mante- crementare i lavori di smilitarizzazione dei locali nimento delle scuole classiche ai comuni di: di S. Agostino. Treviso, Imola, Trani, Caltagirone, Benevento, 1919. Il Ginnasio ed il Liceo ritornano dopo Girgenti, La Spezia, Mantova e Cesena. L’inda- la “Grande Guerra” nei locali di S. Agostino, gine è a campione al fi ne di coprire la maggior vengono impegnate 1600 Lire per il restauro parte della Penisola. Si riportano di seguito gli dei locali stessi. L’appartamento che ospitava il impegni di spesa previsti dai comuni interrogati, Ginnasio in via dei Rossi 51 viene riconsegnato alcuni comuni riportano anche spese straordina- all’Associazione Liberale Senese, quest’ultima rie per ristrutturazioni e manutenzione. chiede all’Amministrazione Comunale un con- La Spezia 34.100 Lire tributo per il ripristino dei locali. Trani. 21.997 Lire 1920. Proseguono i lavori di manutenzione Caltagirone 18.210,60 Lire in S. Agostino. (5 febbraio) Documentazione ri- Imola 15.095 Lire chiesta dal Preside del Liceo-Ginnasio sulla storia Cesena. 11.906 Lire del Ginnasio Senese. L’informativa che l’uffi cio Girgenti 4.190,30 Lire comunale invia al Liceo si discosta molto dalle Mantova 1000 Lire reali vicende storiche dell’Istituto. “Il Ginnasio ebbe la sua prima sede nei locali di S. Domenico e poi trasferito in quelli di S. Agostino (ove trovasi anche II. ACSi, Postunitario, XB, cat IX, 4, fasc. ora) con l’anno scolastico 1876-1877”4. (1907-1921) 1921. Il Comune acquista nuovi banchi al fi ne di dotare le aule di attrezzature più ergo- La documentazione è raccolta per anni. Le nomiche. carte del Liceo-Ginnasio sono conservate as- sieme a quelle della Scuola Tecnica. I fascicoli non riportati non presentano documentazione III. ACSi, Postunitario, XB, cat IX, 31, fasc. signifi cativa per una ricostruzione storica delle (1923-1933) vicende del Liceo Ginnasio senese. La documentazione è raccolta per anni. Le 1907. All’interno è conservata documentazio- carte del Liceo-Ginnasio sono conservate as- ne contabile dell’anno. sieme a quelle della Scuola Tecnica. I fascicoli 1908. La direzione del Liceo-Ginnasio chiede non riportati non presentano documentazione all’Amministrazione Comunale un contributo signifi cativa per una ricostruzione storica delle 98 di 249,54 Lire per la realizzazione di alcuni lavo- vicende del Liceo Ginnasio senese. lo di Arezzo. 1923. (14 dicembre) La Giunta Municipale Che senza toglier nulla al merito del GUICCIAR- Stanzia 250 Lire per la realizzazione di un’aula DINI come storico insigne, senza far conto neppure che possa ospitare almeno 50 persone. che impiegò anche il suo ingegno, e la sua infl uenza 1924. (11 dicembre) Corrispondenza tra la per soffocare nel sangue la libertà della Patria, e quin- Presidenza del Liceo-Ginnasio ed il Comune al di anche quella della nostra Città, è però indubitato fi ne di reperire dei fondi per la realizzazione di che in Siena non mancano uomini illustri e benemeriti un annuario sull’evoluzione storica dell’Istitu- delle Scienze, ed alla umanità, quali un Arcidiacono to5. Vengono realizzati anche dei lavori per po- Sallustio Bandini, che non solo illustrò ma diede vita tenziare il gabinetto di fi sica. alle scienze economiche, ed un Paolo Mascagni nome 1926. Il Comune provvede ad elargire un reso europeo per la scoperta dei vasi linfatici, e per la contributo per il potenziamento degli uffi ci e sua opera grandiosa che portò tanta luce alle scienze per nuovo materiale di cancelleria. mediche. 1927. Vengono restaurati i servizi igienici Domandava però che il consiglio volgesse rispet- dell’Istituto. tosa istanza al Ministero della Pubblica Istruzione, 1929. Proseguono le diatribe con il Convitto pregandolo a voler sostituire al nome del Guicciardini Tolomei, il Rettore scrive al Preside del Liceo- dato al Liceo di questa Città o quello dell’Arcidiacono Ginnasio per invitarlo a monitorare gli accessi Sallustio Bandini, o l’altro di Paolo Mascagni”7. all’Istituto al di fuori dell’orario scolastico. 1930. Si decide di intervenire per potenziare Si riporta la lettera inviata dal Preside del l’impianto di riscaldamento, viste le carenze evi- Liceo al Podestà di Siena per l’intitolazione ad denziate da docenti ed alunni dell’Istituto. Enea Silvio Piccolomini8. 1931. Si acquistano nuove sedie per gli alunni. 1932. (9 luglio) Viene pagata a Benvenuto “Senza alcuna intenzione di mancare di riguar- Cellini una targa in bronzo. E’ l’anno in cui il do alla fama del grande storico fi orentino Francesco Liceo-Ginnasio viene intitolato ad Enea Silvio Guicciardini, ho sempre pensato che mancando specia- Piccolomini. Il Regio Decreto del 7 luglio 1932 li ragioni, da me almeno ignorate, che leghino a Siena cambia l’intestazione dell’Istituto Senese da il ricordo dell’illustre fi orentino, sarebbe stato più op- Francesco Guicciardini al Papa Umanista, esau- portuno, meglio doveroso, che il principale e più antico dendo così un desiderio più volte espresso dalla Istituto medio di Siena, classico per di più, avesse la cittadinanza senese. sua denominazione di un grande senese Enea Silvio In proposito viene allegato l’intervento, nel Piccolomini il quale prescindendo dall’opera sua di 1865, del consigliere comunale Federigo Comi- Pontefi ce, che non è certo meno insigne di essere ricor- ni6 contro l’intitolazione a Francesco Guicciar- dati, fu un esponente fulgidissimo dell’umanesimo, e dini. (Si riporta il testo integralmente). gloria di Siena. Pertanto a seguito di quanto Le esposi verbalmente, prego V. S. Ill.ma di presentare ed appro- “Il Consigliere Sig. Federigo Comini chiesto e otte- vare presso il Ministero dell’Educazione Nazionale, nuto la parola ha esposto che il Ministero della Pubbli- la proposta, nella quale siamo concordi, di dare al no- ca Istruzione nell’assegnare con recente Ordinanza un stro Liceo il nome del Grande Senese.” nome ai diversi Licei del Regno ha creduto assegnare al Liceo della nostra Città il nome di FRANCESCO 1933. Si prosegue con i lavori di manutenzio- GUICCIARDINI. ne dei locali. Che il Ministero nel conferire tali Nomi ha con lodevolissimo fi ne voluto in tal guisa segnalare gli uo- IV. ACSi, Postunitario, XB, cat IX, 53, fasc. mini sommi che illustrarono la Patria Loro, ed infatti (1936-1956) al Liceo di Firenze ha dato il nome di DANTE, di La documentazione è raccolta per anni. Le GALILEO a quello di Pisa, del PETRARCA a quel- carte del Liceo-Ginnasio sono conservate as-

3 Si v. Stillae Temporis. Annuario 1983/84 del Liceo 4 In relazione alla fondazione del Liceo-Ginnasio Ginnasio Enea Silvio Piccolomini di Siena, Cantagalli, di Siena Cfr. G. Zanibelli (a cura di), Il Liceo Classico di Siena, 1984. Il Liceo Ginnasio nel corso della storia Siena, I. dal Granducato allo stato Liberale cit. ha cambiato più volte sede per vari motivi. Tra il 1915 5 All’interno dell’Archivio e della Biblioteca del ed il 1919 il Ginnasio fu collocato all’interno di un Liceo Classico E.S. Piccolomini di Siena non sono appartamento in via dei Rossi n. 51 ed il Liceo nei presenti documenti riguardanti la pubblicazione di locali della R. Università di Siena. questo annuario. 99 sieme a quelle della Scuola Tecnica, del Liceo 1943. Viene inaugurata la sala per i caduti, Scientifi co e delle Scuole Medie. I fascicoli non “Sala della Giovinezza”, per celebrare gli studen- riportati non presentano documentazione signi- ti caduti nella Prima Guerra Mondiale. Il locale è fi cativa per una ricostruzione storica delle vicen- decorato con immagini celebrative del Fascismo de del Liceo Ginnasio senese. e del mito della Patria9. Il Preside Imberciado- 1936. Vengono potenziati il gabinetto di fi sica ri decide di acquistare un cinematografo per gli e l’aula di scienze. Si decide di costruire 3 nuove studenti per una spesa di 1000 Lire. aule per ospitare la crescente popolazione sco- 1944. A causa della guerra il Ginnasio è collo- lastica. I lavori vengono approvati dalla Giunta cato temporaneamente nella vicina Scuola Me- Municipale per un totale di 55.295.30 Lire (Dal- dia di via Mattioli. la piantina presente nel fascicolo emerge che le 1945. Dopo la dismissione dei locali di S. tre aule in oggetto sono quelle dove oggi sono Agostino da parte dei militari il Preside scrive ospitati gli uffi ci amministrativi dell’Istituto). alle autorità municipali per segnalare il furto di 1937. Si acquistano nuovi banchi per arredare oggettistica varia. le aule di recente edifi cazione per un totale di 1946. Il Provveditorato agli Studi chiede 125 Lire. un parere al Comune di Siena su un eventuale 1938. L’autorità comunale acquista 30 nuovi trasferimento ad altra sede del Preside Gaetano banchi (6.720 Lire). Verso la fi ne degli anni tren- Balboni, non è presente la risposta del Comune, ta si ha un forte incremento degli iscritti. molto probabilmente si dovette trattare di un 1939. Ulteriori operazioni di restauro (2000 parere negativo visto che il Preside restò salda- Lire) dei corridoi e delle aule. mente al suo posto. 1941. Il comune di Schio scrive al comune di 1947. Si effettuano lavori di restauro e di ri- Siena per conoscere le modalità da esso intrapre- facimento dei locali per un totale di 40.000 Lire. se per l’apertura di un liceo cittadino. 1950. La presidenza viene restaurata. 1942. A causa di un inverno particolarmen- 1954. Proseguono i lavori di manutenzione in te rigido il Preside del Liceo chiede l’acquisto di tutto l’Istituto. una stufa per la presidenza. L’economato del co- 1955. Il Liceo viene dotato di nuovi infi ssi mune si vede costretto a rifi utare la richiesta visti (750.000 Lire). gli alti costi di acquisto e per il timore che possa 1956. Nuovi restauri del gabinetto di fi sica essere avanzata la medesima istanza dalle altre (270.000 Lire). scuole cittadine.

6 Federigo Comini. Siena 1803-Siena 1884. Pos- Silvio Piccolomini. L’idea di intitolare l’Istituto all’u- sidente senese di ispirazione liberale fu consigliere manista senese si svilupperà all’interno del Liceo-Gin- comunale per nove mandati dal 1865 al 1874, più nasio come evidenziato dalla documentazione. volte assessore, ricoprì anche la carica di Sindaco dal Nel corso dell’anno scolastico 1868-1869. Si ten- 14 gennaio 1872. Fu autore anche di una pubblicazio- ne una grande celebrazione in onore di Enea Silvio ne sui Bottini senesi: Id, Rapporto alla giunta comunale Piccolomini, fu questo il prodromo che avrebbe le- sugli acquedotti o bottini che conducono le acque in Siena, gato indissolubilmente il Liceo di Siena al nome di Tip. Mucci, Siena, 1873. Per ulteriori informazioni sul PIO II. Comini si v. L. Vinciarelli, I Consiglieri comunali a Siena 8 Lettera del 22 febbraio 1932 Protocollo 150/19. negli anni della destra storica 165-1876, Murena Editrice, 9 Il Locale attualmente ospita l’aula magna del Perugia, 2008, pp. 106-107. Ginnasio. Durante i lavori fu costruito un cammina- 7 Estratto del protocollo degli atti del Consiglio mento laterale per il passaggio degli alunni, in questo Generale del Comune di Siena. Seduta del 25 aprile passaggio sono state realizzate delle aule che sono 1865. Oggetto, Nuova denominazione del Liceo di ancora utilizzate. Le decorazioni hanno subito inter- 100 Siena. Nel 1865 non c’era alcun riferimento ad Enea venti correttivi per cancellare i simboli del Fascismo. Locandina di Emilio Giannelli per la festa del Liceo Classico del 24 aprile 1988

101 Hanno studiato al “Piccolomini”

A. Sapori L. Socini Guelfi M. Luzi

D. Verzili L. Cottini M. Delle Piane M. Verdone

A. Befani M. U. Dianzani P. Sadun P. Vivarelli

M. Barni A. Carmi

G. Grottanelli de’ Santi 102 S. Ferri

E. Cheli M. Comporti P. Nannini

V. Bonelli Barabino G. Catoni E. Tiezzi E. Giannelli

R. Bracci

A. Mazzini

R. Barzanti

G. Quercini

P. Cammarosano M. Baglioni

P. Rigatti 103 Indice

Silvia Colucci, Il Castello di Frosini (Chiusdino, Siena) ...... pag. 003 Un trascurato bassorilievo trecentesco a Frosini ...... » 015 I marchesi Leopoldo Feroni e Caterina Gori Pannilini, Signori e mecenati di Frosini nell’Ottocento ...... » 017

Alfredo Franchi, Erasmo da Rotterdam a Siena nel 1509 e una sua lettera apolo- getica sull’epigrafe “concedo nulli” ...... » 029

Elena Brizio, “Il suo fermo proposito”: il matrimonio spagnolo di Maddalena Agazzari ...... » 033

Michele Danieli, Una Santa Caterina da Siena tra Andrea Sacchi e il Volterrano » 041

Flavio Collini, Metodologia e defi nizione dello stato di conservazione di un’archi- tettura: il caso di Porta Camollia ...... » 049

Mauro Barni, I Garibaldini e il risveglio sociale di Siena ...... » 061

Alberto Fiorini, Breve storia dell’associazionismo contradaiolo ...... » 071

Roberto Barzanti, Carlo Emilio Gadda e Dario Neri. Dentro il paesaggio senese .... » 089

Giacomo Zanibelli, I 150 anni del Liceo “Enea Silvio Piccolomini” L’inventario del fondo archivistico del Liceo Ginnasio e le celebrazioni della ricorrenza organizzate dall’Associazione “Il Liceone” ...... » 093 Inventario del fondo “Liceo Ginnasio” nell’Archivio Storico Comunale di Siena ...... » 097