Itinerario del etrusco Da a

Da Canino si seguono le indicazioni per la via Aurelia e , che conducono verso sud lungo la statale 312 Castrense. Dopo quasi cinque chilometri si giunge al cosiddetto complesso di Musignano, nascosto fino all’ultimo sulla destra della strada poco prima del bivio per . Il complesso comprende un grande edificio color rosso, con un arco bianco di accesso in pietra, i resti archeologici detti delle “Cento camere” e un vero e proprio castello che fu la dimora preferita dal fratello di Napoleone Luciano Bonaparte allorché ricevette da papa Pio VII nel 1814 il titolo di principe dei feudi di Canino e Musignano. Al successivo bivio, dove la strada conduce anche alle vicine terme di Musignano, si prosegue fino all’incrocio presso alcuni capannoni industriali dove si va a destra in direzione Farnese e Castro: dritto si andrebbe al parco di Vulci, a sinistra al mare. Tra gli scorci più singolari di questo lembo di Lazio, il ponte e l’abbadia di Vulci fanno oggi parte di un parco archeologico naturalistico di grande bellezza e una visita è d’obbligo. Riprendiamo la provinciale Doganella, questo il nome della nostra strada, che punta invece con decisione a nord avvicinandosi

63 Itinerario del Lazio etrusco Canino Valentano

Fontana Farnesiana, Canino.

a una collina tarlata in maniera evidente da una grande cava. Vi si estrae il macco, un calcare grossolano utilizzato come pietra da costruzione. Osservando da più vicino lo sbancamento si nota uno sperone di roccia risparmiato dalle macchine scavatrici: la ragione sta nel fatto che alla sua sommità sorgono i resti di un abitato preistorico denominato Poggio Olivastro, frequentato fin dal Neolitico. Si tratta di un insediamento con caratteristiche uniche nell'Italia centrale tirrenica, dove ricerche archeologiche hanno individuato oltre quattrocento buche, molte delle quali identificabili come alloggiamento di pali per capanne, canalette e pozzetti. Altre tracce sovrastanti hanno poi fatto ricostruire la presenza successiva di un abitato riferibile alla prima età dei Metalli. Inoltre, l'esame di alcune foto aeree eseguite durante l’ultimo conflitto mondiale dalla Royal Air Force (nel 1944) ha rivelato sul poggio la presenza di un fossato circolare, con un diametro di circa 90 metri e dal significato ancora oscuro, distrutto prima dai lavori agricoli e quindi dalle cave. Oltrepassato il borgo rurale di Roggi, al successivo bivio si svolta per Manciano. In un paesaggio solitario, chiuso davanti a noi dalle ultime colline boscose del Lazio che sorgono aldilà del fiume Olpeta seppellito dalla vegetazione, si raggiunge il Ponte San Pietro. Quel che oggi appare a uno sguardo distratto come un qualunque ponte, in realtà è un luogo carico di storia e suggestioni. Passava qui il confine tra Stato pontificio e Repubblica di Siena, lungo il fiume Fiora che scende dall’Amiata. Oltre tutto, la natura selvatica dei luoghi favorisce la presenza di numerose specie animali – il lupo, per citarne solo uno - certificata

64 Itinerario del Lazio etrusco Canino Valentano da alcuni siti di Natura 2000 (la rete di protezione della biodiversità dell’Unione europea). Affacciandosi dal ponte è possibile osservare bene le antichissime rocce metamorfiche su cui scorrono le acque del fiume, e pure poco più a monte l’arcata del vecchio ponte d’età rinascimentale ormai diruto. Nei dintorni, sono numerose le cavità carsiche e le necropoli d’età arcaica ma frequentate fino al Medioevo e oltre. Tornati sui propri passi fino al bivio che precedeva il ponte si va in direzione Farnese. Con l’Amiata e la sua caratteristica silhouette arrotondata all’orizzonte, chiaramente di origine vulcanica, si giunge a un rettilineo dove in corrispondenza di una croce di ferro si prende una stradina sulla destra, segnalata solo provenendo dalla direzione opposta. Porta ai resti di Castro, la città-fantasma capitale dell’omonimo ducato fondato dai Farnese nel Cinquecento. Neanche un chilometro più avanti c’è il bivio per Pitigliano, che però va ignorato. Nei pressi si trova un geotopo di particolare rilievo, il cosiddetto Crostoletto del Lamone. Sito d’importanza comunitaria (Sic) riconosciuto dall’Unione europea nell’ambito di rete Natura 2000, si tratta di un’area vasta circa quaranta ettari ricoperta da una crosta di travertino e dalle notevoli particolarità vegetazionali. Poco oltre, in corrispondenza dell’area di sosta del Lamoncello (con tabelle informative e fonte), ha inizio sulla sinistra della strada una grande estensione boschiva che ammanta di cerri e altre essenze un quadrilatero che arriva fino al confine toscano. Si tratta della Selva del Lamone, dal 1994 una delle più singolari e anche meno conosciute aree protette del Lazio.

Tra i fantasmi di Castro Non palazzi in rovina entro un’area recintata, magari custodita. E nemmeno strade, piazze dove ricostruire – come in una Pompei più recente – la vita quotidiana ancora facile a immaginarsi tra case e botteghe. Per andare a scoprire quel che rimane di un’antica capitale dell’Alto Lazio occorrono fantasia e un pizzico d’avventura. Dallo spiazzo dove termina la strada che viene dalla Farnese- Ponte San Pietro, un sentiero segnato risale sulla destra la collina fino ai ruderi, sparsi nel sottobosco di una bella cerreta. Frammenti di decorazioni, parti di capitelli, la pavimentazione in cotto a lisca di pesce che emerge sotto il terreno e le foglie in quella che era la centrale piazza della Zecca raccontano, con molta immaginazione, l’intensa vita sociale e culturale che pulsava qui quattro secoli fa. Un passato oggi quasi 65 Itinerario del Lazio etrusco Canino Valentano insospettabile, camminando nel bosco tra i ciclamini e i pungitopo mentre i picchi s’inviano l’un l’altro i loro tambureggianti richiami territoriali. Con un po’ di tempo a disposizione, la visita a Castro va completata raggiungendo il corso dell’Olpeta sul fondovalle: dal parcheggio si prosegue a piedi lungo la stradina fattasi sterrata fino alla tomba della Biga, dove negli anni Sessanta del secolo scorso fu trovata da archeologi belgi la famosa biga con a fianco gli scheletri di due cavalli attualmente esposta al Museo nazionale etrusco di . Per la discesa a destra si raggiungono le sponde dell’Olpeta, che si guada con attenzione (necessari gli stivali solo in periodi di piogge intense) per raggiungere poco più avanti l’imbocco della suggestiva via cava. Si tratta di una tagliata, strada letteralmente scavata nel tufo a scopo difensivo. Nel Lazio etrusco ve ne sono diverse e anche questa, pur dalle modeste dimensioni – ottanta metri di lunghezza e venti di altezza delle pareti di roccia – non delude quanto a fascino e atmosfera del luogo. Secondo alcuni autori qui transitava la via Clodia, storica via di comunicazione tra la Cassia e l’Aurelia, il cui tracciato a nord di non è stato ancora univocamente delineato dagli studiosi.

Poco prima del ponte sull’Olpeta, dov’è sulla sinistra l’accesso principale alla riserva, una stradina non segnalata conduce alla bella cascata del Salabrone. Quindi si sale a Farnese, che accoglie il visitatore con una pittoresca successione di cantine scavate nel tufo lungo la provinciale. Il paesino ha un’aria nobile, ariosa, più di quanto lasci supporre la sua piccola dimensione e popolazione. I palazzi, le arcate dell’acquedotto, il grande edificio della scuola elementare, tutto testimonia di un passato importante. Questa è infatti la piccola patria della nobile famiglia dei Farnese, che dette numerosi protagonisti – da papa Paolo III agli stessi duchi di Castro -

66 Itinerario del Lazio etrusco Canino Valentano alla storia dell’Italia centrale dal Medioevo fino al Settecento. Da vedere c’è innanzi tutto il Museo civico Ferrante Rittatore Von Willer, che prende il nome dall’archeologo (1919-1976) dell’Università di Milano che più investigò questi luoghi in anni recenti. Nato agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, con l’accorpamento della mostra sugli scavi dell’abitato protovillanoviano di Sorgenti della Nova con la mostra dei reperti medioevali e rinascimentali rinvenuti in alcuni butti del centro storico, il museo è stato riallestito nei primi anni del Duemila e attualmente ha pure le funzioni di centro visite della riserva naturale della Selva del Lamone. Ospitata nello storico Palazzo Chigi, la collezione mostra reperti che vanno dal paleolitico medio al tardo Rinascimento. Farnese inoltre ha diverse altre attrattive, dalla Rocca al palazzo Chigi-Ceccarini, dalle chiese del centro storico a quella campestre di San’Anna o Madonna della Cavarella: e, non ultimi, alcuni caseifici dove si producono ricotte e pecorino. Appena fuori dal paese una freccia sulla sinistra segnala la strada provinciale per (che si pronuncia con l’accento sulla prima a). Si chiama SP Valle dell’Olpeta e tocca poco dopo l’omonimo fiume. Lungo un rettilineo due deviazioni portano a Valentano (sulla destra) oppure al lago di Mezzano (sulla sinistra).

Lago di Mezzano

Lo specchio d’acqua si raggiunge per la stradina che, fattasi subito sterrata ma ben percorribile, attraversa i campi assai piacevolmente. Questi i suoi numeri: una quota di 452 metri sul livello del mare, un diametro di 800 metri, un’area di 0,47 chilometri quadrati, una profondità di 30-40 metri. In fondo alla strada il lago compare sulla destra, tra i rami del bosco, dove alcuni sentieri scendono verso la sponda. Proseguendo in auto

67 Itinerario del Lazio etrusco Canino Valentano e andando al bivio in fondo alla discesa a destra si apprezza un bel panorama sul suo specchio azzurro, incastonato tra i boschi e i campi in uno scorcio di bucolica bellezza.

Le spade di Mezzano Per una pura casualità nel 1972 sul fondo del lago di Mezzano, nel di Valentano, vennero rinvenuti due piccoli orci in ceramica databili all’età del Bronzo. Negli anni successivi ricerche condotte dalla Soprintendenza archeologica per I'Etruria meridionale hanno permesso di fare luce sull’esistenza su quei fondali di un vero e proprio abitato, formato da palafitte e risalente al III millennio a.C. Tra i materiali trovati spiccano alcuni oggetti in bronzo tra cui due spade. Una per forma e tipologia ha un solo eguale in Italia, l’altra per la scarsa durezza dovuta alla lavorazione ha portato gli studiosi a ritenerla non realizzata come arma ma piuttosto come offerta votiva.

Tornati sui propri passi fino al bivio sulla provinciale, in fondo appare Valentano, sul margine sud-est della cinta calderica di Latera. Si tratta di una vasta conca di origine vulcanica, anticamente occupata dalle acque di un lago. Ed il suo è un orizzonte davvero singolare, unico in una regione come il Lazio che pure è le più ricche d’Italia quanto a paesaggi disegnati dalle attività eruttive. Il paese è di origini antiche, forse etrusche tanto per cambiare. Prima tra i domini di Viterbo, poi papali, venne cinto da mura e torri in parte tuttora conservate per opera di Martino V. Dopo la distruzione di Castro, nel 1649, divenne il capoluogo del Ducato dei Farnese. La storia del suo territorio è raccontata nell’interessante Museo di Preistoria della Tuscia ospitato nella Rocca Farnese, la cui collezione spazia da reperti fossili a ricostruzioni di tombe appartenute alla civiltà cosiddetta rinaldoniana, a materiali provenienti da un abitato palafitticolo presso il lago di Mezzano, a una sezione rinascimentale. Tra i monumenti più rilevanti vanno citati le porte di San Martino e Magenta, quest’ultima realizzata su disegno del Vignola, il Palazzo Comunale, la Collegiata le cui campane provengono dall’antica Castro: almeno il suono di un passato che non ritorna.

68 Itinerario del Lazio etrusco Canino Valentano

La cultura di Rinaldone Gli archeologi chiamano così una facies o cultura dell’età del Rame – qualcosa come circa cinquemila anni fa – diffusa nell’Italia centrale tra le attuali Toscana, Lazio e Umbria. E il nome deriva da quello di una necropoli del viterbese, nel territorio di , scavata alla fine dell’Ottocento. Qui per la prima volta vennero riconosciuti i caratteri distintivi di tale civiltà, antecedente a quella villanoviana, legati in particolare alla produzione ceramica. Si tratta di vasi a fiasco con collo cilindrico, realizzati a impasto buccheroide (con superficie nero-lucida, come quella dei più tardi vasi etruschi). Dalle numerose punte di freccia in selce rinvenute nelle tombe, assieme ad asce in pietra levigata, pugnali e lance in rame, si è ipotizzata la relazione a una società di guerrieri. Particolari anche le stesse tombe, scavate nella roccia e chiuse da lastroni in pietra.

69 The Itinerary of Etruscan Lazio From Canino to Valentano

From Canino follow the road signs for the Via Aurelia and Montalto di Castro which take you south along the SS312 Castrense state road. After about five kilometers you will reach the so-called Castello di Musignano, which remains hidden on the right side of the road until the last minute just shortly before the intersection for Vulci. It isn’t exactly a castle; it’s a large red building with a white stone archway which was the favorite residence of Napoleon’s brother, Lucien Bonaparte when in 1814 Pope Pius VII made him prince of the large estates of Canino and Musignano. At the next intersection, where the road also leads to the nearby hot springs of Musignano, continue on until you reach the intersection near some industrial buildings where you turn right and go in the direction Farnese and Castro. This provincial road leads north and approaches a hill whose surface is pockmarked by the activity of a large quarry. Here “macco”, a rough limestone used in construction, is extracted. As you look more closely at the excavation site, you can see one outcrop of rock spared by the excavators. This was spared because on its top there are the ruins of a prehistoric settlement called Poggio Olivastro, in use up to the Neolithic period. Once you have gone past the rural hamlet of Roggi, at the next intersection turn in the direction of Manciano. The solitary landscape is closed in front of us by the last wooded hills of Lazio which rise on the other side of the Olpeta stream, buried by vegetation. After a while you reach a bridge, Ponte San Pietro. What to a distracted glance seems to be just an ordinary bridge is really a place filled with history and fascination. The border between the Papal State and the Republic of Siena was here, along the Fiora River which flows down from Monte Amiata. The wilderness of this area favors the presence of many animal species - the wolf to mention just one - certified by some sites of Natura 2000 (the biodiversity protection network of the European Union). When you look out over the bridge you can clearly see the very ancient metamorphic rocks that the river flows over and just a little farther upstream, the archway of the old bridge built during the Renaissance period and now in ruins. In the surrounding area there are also some karstic cavities and ancient necropolises that however were used up to and beyond the Middle Ages. Turn around and go back to the intersection that was before the bridge and go in the direction of Farnese. With Monte Amiata and its characteristic rounded silhouette on the horizon, which is clearly of volcanic origin, you reach a straight road where you turn right onto a narrow road when you see an iron cross. It is marked only for those coming from the opposite direction. This road leads to Castro, the ghost-city of the eponymous duchy founded by the Farnese family in the 1500’s. Less than a kilometer ahead and there is the intersection for Pitigliano which you will just ignore. Nearby there is a geological site of particular importance called Crostoletto del Lamone. Just a little further ahead, you reach the Lamoncello rest area (with information panels and a fountain), here, to the left of the road, begins the large wooded area called Selva del Lamone, a protected nature reserve since 1994.

70 The Itinerary of Etruscan Lazio

Farnese

From here you can climb to Farnese which welcomes visitors with a picturesque succession of wine cellars hollowed out of the tuff walls along the provincial road. One of the things you must see is the Ferrante Rittatore Von Willer museum which is named after the archaeologist (1919-1976) of the University of Milan. He was the archaeologist who most thoroughly investigated these areas in recent times. The museum is housed in the historic Palazzo Chigi and displays finds that go from the Middle Paleolithic time period up to the late Renaissance. Farnese also has other attractions such as the Rocca (the fortress), Palazzo Chigi-Ceccarini, the churches of the historic center and the country churches of Sant’Anna and Madonna della Cavarella, and of course the various cheese factories that produce ricotta cheese and pecorino. Just outside the town an arrow on the left indicates the provincial road for Latera. Along the straight road there are two turnoffs that lead either to Valentano (on the right) or to Lake Mezzano (on the left). You can reach Lake Mezzano by taking the narrow road that almost immediately becomes a dirt road but is in good condition and it is a pleasant drive through fields. When you backtrack to the intersection on the provincial road you can see Valentano which is located on the south-east border of the caldera rim of Latera. This is a vast basin of volcanic origin, which in the past was a lake. The horizon here is truly singular, unique, even in a region like Lazio which is famous for its landscape created by volcanic activity. Valentano has ancient origins, perhaps Etruscan. First it was under the dominion of Viterbo, and then the Papal State. Pope Martin V had walls and towers built around it which are still partially preserved. After the destruction of Castro in 1649, Valentano became the chief town of the Farnese Duchy. The history of this area is told in the interesting Museo di Preistoria della Tuscia housed in the Rocca Farnese. Some of the most important monuments are Porta San Martino and Porta Magenta (the latter designed by Vignola), the Palazzo Comunale, the Collegiata whose bells come from the ancient town of Castro: at least we still have the sound from a past that will never return.

71 La riserva naturale Selva del Lamone

stituita con legge regionale n.45/94, la riserva naturale Selva I del Lamone occupa 2030 ettari nel territorio del Comune di Farnese, in provincia di Viterbo al confine con la Toscana. Ente gestore è il Comune di Farnese. Il Lamone è un bosco aspro e selvaggio, ricco di ammassi lavici, anfratti bui e siepi impenetrabili. Cresce su un vasto plateau lavico roccioso ed impervio che si presenta come un tavolato irregolare, allungato e debolmente inclinato in direzione S-O, marcato da alcuni rilievi rappresentati da antichi coni eruttivi cumuli di lava grigia (noti localmente con il nome di murce). Il paesaggio accidentato è inoltre segnato da molti crateri di collasso e da forre, che sono vestigia di condotti lavici ormai demoliti. Le eruzioni che hanno originato le lave sono avvenute nell'ultimo periodo di attività del cosiddetto vulcano di Latera (tra 158.000 e 145.000 anni fa) ed hanno sovrapposto i loro materiali su precedenti colate e su uno strato basale di arenarie, messe in luce dall’attività erosiva del torrente Olpeta. Sulle lave si sviluppa una foresta Ponte San Pietro, Farnese. variegata, con residui di lecceta, mentre il piano dominante è dato da un bosco misto di latifoglie e, lungo la fascia settentrionale, dalla cerreta. Importanti sono alcuni lembi di faggeta, abbondantemente sotto quota. Molte sono le specie vegetali rare e protette, per le quali spesso il Lamone rappresenta una delle poche se non l’unica stazione del Lazio: tra le altre, l’asplenio settentrionale, il lupino greco, la veccia di Loiseleur. Anche la fauna è ricca ed interessante, spesso per la sua rarità. Comprende il lupo tra i mammiferi (attualmente a presenza non accertata); falco pecchiaiolo, biancone, succiacapre, occhione, ghiandaia marina, albanella minore, calandro e bigia grossa, tra gli uccelli; la testuggine comune ed il cervone, tra i rettili; il tritone crestato, l’ululone dal ventre giallo (con poche e vecchie segnalazioni) e la salamandrina dagli occhiali tra gli anfibi. Sulle murce le specie vegetali, soprattutto le essenze spinose (prugnoli, biancospini, rovi, stracciabrache), creano un intrico spesso impenetrabile che non poco ha contribuito alla creazione del mito di selva dantesca. Ricchissima è anche la stratificazione archeologica, dal paleolitico medio ai giorni nostri, con resti di necropoli, villaggi fortificati di vari periodi (età del Bronzo, periodo etrusco e medievale), fattorie e strade romane, pievi rurali, capanne di pastori e carbonai. La Selva del Lamone è percorsa da una serie di strade sterrate, che si sviluppano per circa 50 km e sono percorribili anche con l'automobile. Più complessa e lunga è la rete dei sentieri, alcuni dei quali sono stati destinati ad uso turistico. Selva del Lamone nature reserve

The Selva del Lamone nature reserve covers 2030 hectares in the territory of the Comune di Farnese, in the Viterbo province. It is a harsh, wild wood which grows on a vast lava plateau marked by some hills which were ancient eruptive cones of gray lava (known locally as “murce”). The rough landscape is marked with many collapsed craters and gorges which are what is left of the caved in lava vents. The eruptions which gave rise to the lava occurred in the last period of activity of the so-called Latera volcano (between 158.000 and 145.000 years ago) and they erupted their lava on top of previous lava flows and on a sandstone layer which has become visible because of the erosive activity of the Olpeta stream. On the lava, a forest with a large variety of species has grown. There are still residual ilex groves, whereas the main part of the forest is made up of a mixture of broad- leaved trees, and along the northern edge by woods of Turkey oaks. There are many rare and protected species of flora which include, among others spleenwort, the European white lupin (var. graecus), and the vetch of Loiseleur. Fauna is abundant and interesting, often due to its rarity as in the case of the wolf, short- toed eagle, night jar, stone curlew, tawny pipit, orphean warbler, and spectacled salamander. The archeological strata go from the Medium Paleolithic to modern times. The Selva del Lamone reserve is crisscrossed by many dirt roads and trails.

paesaggio della Riserva Selva del Lamone 90 Riserva regionale Selva del Lamone Via XXSettembre 139/b- Tel. 0761458795 Bed &Breakfast“LaFalegnameria” Tel. 0761458580 Ostello “Ortensi”- Corso Vittorio Emanuele III68- Tel. 0761458089 Casa perferieMonasteroClarisseSantaMariadelleGrazie Tel. 0761458854-Fax 063202157 Corso Vittorio Emanuele III,159/d Borgo RinascimentoInternationalSchoolofArt FARNESE Loc. Ponte San Pietro - Tel./Fax 0761 458769 Agriturismo “Castro” Strada Provinciale Lamone- Tel./Fax 0761424858 Agriturismo “IlPrataccio” CASTRO Ricettività eristorazione / Tel. 0761459608-459785Cell.3470583525 Via S.Sebastiano snc-01010Latera(VT) Museo dellaTerra Tel./Fax 0761420018 Piazza della Vittoria, 11-01018 Valentano (VT) Museo dellaPreistoriaTusciaeRoccaFarnese Musei / Tel. 0761458741-www.parchilazio.it, www.parks.it Corso Vittorio Emanuele II395,Farnese Sede delParco Selva delLamone Riserva regionale Informazioni utili CANINO -VALENTANO Museums / Parkoffices Via ColleS.Martino 65 TRATTO Accomodation andrestaurants Useful information Informazioni utili Asparago diCanino Local products Prodotti tipici Via Cesare Battisti 17- Tel. 0761458508 Ristorante “LaVecchiaOsteria” Via XXSettembre 129- Tel. 0761458606 Ristorante “LaPiazzettadelSole” Tel. 0761458342 Ristorante “IlGiardinetto”- Useful information Via S.Magno 20

91 Riserva regionale Selva del Lamone