Facoltà di Scienze Politiche Cesare Alfieri

Corso di Laurea Triennale di Studi Internazionali in

Storia Militare

LA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Relatore: Prof. Ssa Carla Sodini Candidato: Gabriele Bagnoli

Anno Accademico 2013-2014

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“Quando molti dei suoi compagni erano caduti e la caserma, incendiata dal nemico, era tutta un rogo e minacciava di crollare, esaurite le cartucce, in supremo sforzo affrontava l’avversario con le bombe a mano”

Dalla motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria al Finanziere Lido Gori

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~ SOMMARIO ~

INTRODUZIONE ...... 4 L’INIZIO DELLE OSTILITÀ...... 6 LE OPERAZIONI IN GRECIA E IN ALBANIA ...... 10 LA VAL TOMORIZZA E LA BATTAGLIA DI DOBREJ ...... - 13 - LE OPERAZIONI IN MONTENEGRO E NELL’AREA BALCANICA ...... - 16 - LA GUARDIA DI FINANZA IN AFRICA ...... - 23 - IL NAVIGLIO DELLA GUARDIA DI FINANZA E L’AFFONDAMENTO ...... - 28 - DEL REGIO DRAGAMINE 36 LA DIFESA COSTIERA DELLA GUARDIA DI FINANZA ...... - 32 - L’ARMISTIZIO DELL’8 SETTEMBRE 1943 ...... - 35 - LA SITUAZIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA ALLA DATA DELL’ARMISTIZIO ...... - 38 - GLI AVVENIMENTI IN ITALIA A SEGUITO DELL’ARMISTIZIO ...... 40 IL DRAMMA DI CEFALONIA E CORFÙ ...... - 45 - LA SORTE DEI FINANZIERI NEI BALCANI E IN DALMAZIA ...... - 49 - IL DESTINO DELLA GUARDIA DI FINANZA IN GRECIA ...... - 51 - L’INTERNAMENTO DEI MILITARI DELLA GUARDIA DI FINANZA ...... - 53 - L’AIUTO DELLA GUARDIA DI FINANZA AI PROFUGHI EBREI ...... - 57 - LE FASI FINALI DELLA GUERRA E L’INSURREZIONE GENERALE ...... - 62 - IL DRAMMA SUL CONFINE ORIENTALE ...... - 71 - BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE ...... 78

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~ INTRODUZIONE ~

Questo breve studio sul ruolo della Guardia di Finanza durante il secondo conflitto mondiale nasce inizialmente come approfondimento per il corso di Storia Militare, tenuto dalla Professoressa Carla Sodini. Ma perché proprio una relazione sulle Fiamme Gialle? Scelta non certo facile, anzi ardua, data la scarsità dei testi e delle fonti sull’argomento, se si esclude il materiale edito dall’Ufficio Storico del Corpo. Del resto, il secondo conflitto mondiale viene sempre raccontato e descritto, quasi esclusivamente, attraverso le azioni del Regio Esercito, della Regia Marina e Regia Aeronautica, con brevi accenni ai Reali, senza tenere conto degli altri contributi pagati con il sacrificio di tanti giovani. Oggi, poi, tendiamo ad identificare la Guardia di Finanza come il corpo che vigila sulle frodi fiscali, sull’evasione e, più in generale, su tutti i reati economici e tributari, e che ben difficilmente immaginiamo in un assalto all’arma bianca in Africa Orientale o in Montenegro, oppure in accanite battaglie navali nel Mar Mediterraneo o in aspri combattimenti a Cefalonia o mentre partecipa alla liberazione di Roma, Milano, Pavia e Trieste. In passato, tuttavia, fin dalla costituzione avvenuta nell’ormai lontano 1° ottobre 1774, per volere del Re di Sardegna Vittorio Amedeo III, della Legione Truppe Leggere, le Fiamme Gialle hanno partecipato ad ogni battaglia e guerra che ha coinvolto la nostra Italia: dalle Cinque Giornate di Milano, alla Seconda e Terza Guerra d’Indipendenza, dalla Guerra Italo-Turca del 1911-1912 al primo conflitto mondiale, fino alla campagna d’Etiopia del 1935-1936, con propri reparti mobilitati. I Finanzieri prestarono la loro opera anche sul territorio nazionale, in operazioni antibrigantaggio e di soccorso ai terremotati di Messina e Reggio dopo il violento sisma del 1908. E con lo scoppio, il 10 giugno 1940, della Seconda Guerra Mondiale, i militari della Guardia di Finanza furono chiamati a fornire il loro contributo di uomini e mezzi, in ogni teatro che ha visto protagonista l’Italia: Francia, Africa Orientale Italiana, Libia, Albania, Montenegro, Grecia, Arcipelago del Dodecaneso, nonché, dopo lo sbarco alleato in Sicilia e la caduta del Fascismo il 25 luglio 1943, su tutto il territorio nazionale, dalla liberazione di Roma alla Toscana, fino all’insurrezione finale delle città di Milano, Pavia e Venezia, e poi sul fronte orientale per la difesa di Trieste. Una pagina di eroismo e di umano altruismo fu offerta da tutti quei militari che furono imprigionati nei campi di concentramento nazisti per aver offerto il loro aiuto a militari sbandati dopo l’8 settembre 1943, ai profughi, ai cittadini ebrei, ai partigiani e ai soldati alleati fuggiti dai campi di prigionia all’indomani dell’armistizio, come i tanti che parteciparono alla Guerra di Liberazione dell’Italia occupata.

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Infine, negli ultimi anni una nuova pagina si è aggiunta a quelle già scritte su questo periodo di storia d’Italia: riguarda gli uomini della Guardia di Finanza in servizio nella città di Trieste, in Istria, a Fiume e in Dalmazia. Contribuirono assieme ai locali comitati di liberazione alla cacciata dei Tedeschi, e subirono poi arresti indiscriminati, torture e sevizie, prima di essere gettati, spesso ancora vivi, nelle foibe, da parte delle truppe jugoslave del Maresciallo Tito. A oltre settant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, storie come quelle di Pietrino Fais, Francesco Meattini, Lido Gori, Vincenzo Giudice, Antonio Farinatti sono state consegnate al ricordo e alla memoria dei libri perché non vadano ancora una volta dimenticate.

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~ 1. L’INIZIO DELLE OSTILITÀ ~

Il 30 settembre 1938 le popolazioni europee potevano tirare un sospiro di sollievo, dal momento che una possibile guerra era stata evitata: i Quattro Grandi (Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna), infatti, durante la Conferenza di Monaco, erano giunti ad un compromesso per accontentare Hitler sulla questione dei Sudeti, territorio di etnia tedesca assegnato alla Cecoslovacchia all’indomani dei trattati di pace della Prima Guerra Mondiale. Già in marzo, le truppe tedesche avevano occupato l’Austria con quello che fu chiamato Anschluss: oltre a voler unire al Terzo Reich i territori di nazionalità tedesca, Hitler era intenzionato a perseguire una politica di espansione verso i territori slavi, evitando, per quanto possibile, uno scontro armato. E fu in questo contesto che si tenne la Conferenza di Monaco: mediata direttamente da su esplicita richiesta di Neville Chamberlain, Primo Ministro inglese. Così, come proposto da Mussolini, dietro istruzioni di Hitler, la Cecoslovacchia, a partire dal 10 ottobre successivo, doveva cedere alla Germania la regione dei Sudeti, territorio ricco di risorse minerarie e strategico dal punto di vista militare, dal momento che rappresentava l’unico baluardo naturale in vista di una possibile invasione tedesca. La guerra sembrava così essere stata evitata. Ma le spinte annessionistiche tedesche non si fermarono: pochi mesi dopo, il 13 marzo 1939, l’esercito tedesco marciava su Praga, annettendo Boemia e Moravia. Il resto della Cecoslovacchia, intanto, era stato spartito tra Ungheria e Polonia. Proprio quest’ultima diverrà la nuova preda, questa volta da dividere con l’Unione Sovietica di Josif Stalin. Con la firma, il 23 agosto 1939, del Patto di non aggressione (conosciuto come Patto Molotov-Ribbentropp, dal nome dei due ministri degli esteri russo e tedesco), una clausola segreta prevedeva, appunto, la spartizione dello Stato polacco tra le due nazioni. Il 1° settembre iniziava la Blitzkrieg, la guerra lampo tedesca nei confronti della Polonia: e fu guerra. I Governi di Londra e Parigi dichiararono la mobilitazione generale, intimando alla Germania di sospendere tutte le operazioni belliche, altrimenti i rispettivi Stati avrebbero adempiuto agli obblighi derivanti dai trattati di alleanza con il Governo di Varsavia. Fallito ogni tentativo di mediazione, a partire dall’idea di Mussolini di una conferenza per salvare nuovamente la pace per il successivo 5 settembre, domenica 3 Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania. L’Italia di Mussolini, nel frattempo, dichiarò la sua non belligeranza. A sua volta, l’Unione Sovietica invase da est, il 17 settembre, la Polonia, senza prendere in seria considerazione il Patto di non aggressione sovietico-polacco concluso il 25 luglio 1932. Il 28 settembre, dopo poco più di due settimane di eroica resistenza che vide i lancieri polacchi a cavallo caricare i carri armati tedeschi, il Governo di Varsavia si arrese. Il 30 settembre erano stati sparati gli ultimi colpi nella base navale di

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Hel. Sbarazzatosi della Polonia, Hitler aveva intenzione di porre fine alla guerra costringendo alla resa anche Francia e Gran Bretagna. Dopo un’attenta preparazione, il 10 maggio 1940 le forze tedesche invasero l’Olanda, liquidata rapidamente: il 15 maggio era occupata Amsterdam. Oltrepassando la frontiera belga, Tedeschi e Francesi si scontrarono nei primi combattimenti sul fronte occidentale. Trincerati dietro la Linea Maginot, i capi dell’esercito francese non avevano tenuto in considerazione uno sfondamento delle linee di fortificazione, escludendo ogni tipo di invasione passando per il Belgio. Era pensiero comune che la foresta delle Ardenne fosse impenetrabile per i mezzi corazzati, che si sarebbero facilmente impantanati o avrebbero rallentato l’avanzata. Già il 14 maggio era ormai chiara la vicina capitolazione delle forze anglo-francesi: umiliato, il corpo di spedizione inglese dovette lasciare in tutta fretta il continente e reimbarcarsi verso la Gran Bretagna dal porto di Dunkerque, sotto gli incessanti bombardamenti dell’artiglieria tedesca e dei raid aerei della Luftwaffe (l’evacuazione avrà luogo dal 26 maggio al 4 giugno). Frattanto, il 28 maggio capitolava anche il piccolo Belgio. Ebbe luogo, a questo punto, l’invasione della Francia: all’alba del 5 giugno, le truppe francesi, già stremate, tentarono inutilmente di resistere all’attacco sferrato nell’area della Somme. Anche Mussolini decise, a questo punto, di fare la sua parte. Al momento dell’entrata in guerra, il 10 giugno 1940, il Regio Esercito contava una forza di 1.600.000 uomini inquadrati in 75 divisioni. Circa 1.090.000 soldati erano stanziati sul territorio nazionale, 280.000 in Africa Orientale, 207.000 in Libia e 24.000 nel Dodecaneso. Solo una piccola parte di queste divisioni era in realtà completa di materiali ed armamenti per far fronte ad un conflitto che, cominciato con la speranza di una fine rapida, si prolungherà invece per cinque anni. La Regia Marina appariva potente e ben addestrata, ma non era equilibrata nelle sue componenti, né adeguata alle tecniche d’impiego più moderne. Sulla carta veniva considerata per potenza la quarta del mondo: era composta da sei corazzate, sette incrociatori pesanti, dodici incrociatori leggeri, 120 cacciatorpedinieri e 120 sommergibili, ma non possedeva portaerei e l’assenza di cooperazione con la Regia Aeronautica penalizzerà tutta la condotta delle operazioni navali. La mancanza del radar, infine, sarà un altro fattore negativo e, tra l’altro, una delle cause principali delle numerose sconfitte sui mari. Ma è proprio la Regia Aeronautica a soffrire di più della lentezza dell’apparato industriale italiano, che la costringerà ad affrontare il conflitto con mezzi tecnologicamente inadeguati. Questa era la situazione in cui versavano le Forze Armate Italiane all’entrata in guerra: se Mussolini era convinto che la guerra stesse per terminare vista l’incredibile forza e potenza di fuoco della Wermacht, il Re Vittorio Emanuele III era invece piuttosto preoccupato vista l’impreparazione militare italiana.

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Ma nonostante tutto, il 10 giugno 1940, la dichiarazione di guerra veniva consegnata agli Ambasciatori francese François Poncet e inglese Percy Loraine. L’11 giugno iniziavano le ostilità e le Forze Armate Italiane al confine con la Francia si schierarono subito sulla difensiva: le difficili condizioni del terreno alpino, le difese costruite dai Francesi, la lontananza da obiettivi importanti avrebbero impedito di raggiungere risultati significativi, anche con uno schieramento diverso. Così, il 21 giugno 1940, in tutta fretta e in modo improvvisato, le Forze Armate Italiane iniziarono qualche operazione sulle Alpi. Il giorno seguente i Francesi firmarono l’armistizio con la Germania e lo chiesero di conseguenza anche all’Italia: fu siglato il 24 giugno, senza che l’intervento militare italiano avesse esercitato qualunque effetto sopra i destini dello Stato francese Anche la Regia Guardia di Finanza fu chiamata ad offrire il suo contributo alla causa bellica: vennero mobilitati diciotto battaglioni che, insieme al naviglio posto alle dipendenze dirette della Regia Marina, parteciparono alle operazioni sul fronte greco-albanese e nell’Arcipelago del Dodecaneso, dove si distinsero soprattutto il I, il II ed il III Battaglione Mobilitato. Con i reparti del Regio Esercito ancora in fase di mobilitazione, furono i Finanzieri posti a difesa dei confini i primi a ingaggiare scontri a fuoco con i reparti francesi. Il 13 giugno, appena tre giorni dopo la dichiarazione di guerra al Governo di Parigi, il Finanziere Giuseppe Giuliano si rendeva protagonista di un atto che gli valeva la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Componente di un nucleo confinario, attaccato improvvisamente da forze preponderanti, rispondeva al fuoco nemico con calma e coraggio, fino a quando, gravemente ferito, era costretto ad abbandonare la lotta. Colle della Maddalena, 13 giugno 19401”. E ancora, il giorno seguente, durante un'azione a Castel del Lupo, cadeva il Finanziere Pietrino Fais, decorato con Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria: “Appartenente a nucleo confinario, otteneva di partecipare ad un colpo di mano con un plotone arditi. Con ardimento, assaltando fra i primi la posizione nemica, riusciva con bombe a mano a fugarne i difensori. Colpito a morte esprimeva tutta la sua fierezza di offrire così la vita alla Patria. Castel del Lupo, 14 giugno 19402”. Un altro Finanziere, Giacinto Vespa, decorato con Medaglia di Bronzo al Valor Militare, durante un'azione contro una posizione nemica, nonostante fosse stato ferito, rifiutava di raggiungere un posto di medicazione per proseguire e portare a compimento l’azione militare: “Partecipava volontario ad una ricognizione di un'importante posizione avversaria, rimanendo per molte ore esposto al tiro nemico. In una missione assunta

1 Regio Decreto del 27 giugno 1941 2 Regio Decreto del 26 maggio 1945 - 8 -

volontariamente, sebbene ferito, rifiutava di recarsi al posto di medicazione, continuando a dare la sua opera per il proseguimento dell'azione. Viaduc de Scarassoui-Fontan, fronte italo-francese, 17-24 giugno 19403”.

3 Regio Decreto del 29 giugno 1941 - 9 -

~ 2 ~ LE OPERAZIONI IN GRECIA E IN ALBANIA

Come contropartita alle clamorose vittorie tedesche del 1939-1940, Mussolini tentò di imitare la Germania occupando l’Albania e, nell’ottobre 1940, aggredendo la Grecia: su quest’ultima Nazione, il Duce riteneva di poter strappare un rapido successo in Epiro, agendo di sorpresa con le poche forze in Albania. Iniziò, invece, una vicenda molto amara, illuminata dal ricordo dei combattenti che l’hanno sofferta e dalla memoria di coloro che sono tornati. Inizialmente, dopo una rapida preparazione, le otto divisioni italiane raccolte in Albania vennero proiettate sulla frontiera con la Grecia. Il 28 ottobre 1940 ebbe così inizio l’offensiva verso Gianina con azioni di aggiramento dal litorale e dalle pendici meridionali del Pindo. Ma i reparti italiani furono fin da subito ostacolati dal maltempo, che rendeva impraticabili le poche piste montate, e furono ritardati dalle radicali distruzioni di tutti i ponti e i passaggi sui corsi d’acqua. La lenta avanzata dopo qualche giorno veniva contrastata e poi bloccata dal rapido afflusso delle riserve greche, prontamente mobilitate. Queste, dal 14 novembre, passavano alla decisa controffensiva con forze assai superiori e respingevano le unità italiane stremate dalle perdite, dalle fatiche e dalla penuria dei rifornimenti. Sotto l’incalzare delle preponderanti forze greche, i reparti delle Divisioni Julia, Siena, Ferrara e Centauro erano costrette a ripiegare con gravi perdite; alla fine di dicembre le truppe si attestavano su una linea difensiva improvvisata, a circa 50 km dal confine albanese. Anche la Guardia di Finanza offrì il proprio contributo di uomini a questa nuova impresa. Già il 26 ottobre 1940, appena iniziata la campagna di Grecia, il Plotone Mali Viluscia fu assegnato in forza alla Divisione Alpina Julia e inquadrato in una compagnia d’assalto di volontari dell’8° Reggimento Alpini, dove rimase fino al 16 novembre. In seguito, fu inserito nel 14° Reggimento Fanteria per andare a rinforzare lo schieramento difensivo sulla Voiussa, famosa per la violenta e sanguinosa battaglia combattuta sul Ponte di Perati. Quando le truppe italiane si videro costrette a ripiegare, incalzate dalle formazioni elleniche, il Plotone Mali Viluscia fu aggregato al III Battaglione che sorvegliava la frontiera jugoslava. Nell’area di Korcia, tutti i reparti di Finanzieri presenti, in particolare quelli di Germeny, Ravat, Kukesit, Ponte di Perati e Mesaré, tentarono di ostacolare l’avanzata nemica. Insieme ai Finanzieri era schierata anche la valorosa Divisione Alpina Julia, immolatasi per fermare il nemico. E proprio a dimostrazione dell’eroismo dimostrato, il III Battaglione fu insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare:

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“Operante con scarsi effettivi e mezzi inadeguati, in zona particolarmente difficile per condizioni ambientali, contro agguerrite, preponderanti forze, imbaldanzite da precedenti successi, reagiva con superbo vigore a reiterati attacchi opponendo ostinata resistenza protratta, nel tempo, con fredda determinazione e sostanziata da audaci, sanguinosi contrattacchi. Delineatasi la crisi, decimato, a corto di munizioni, si svincolava con abile manovra e contenendo l’incalzante nemico in accaniti combattimenti, riusciva, coi resti valorosi, a raggiungere la nuova linea difensiva che si era potuta predisporre in virtù della eroica, prolungata azione ritardatrice affidata al fiero Battaglione, ben degno delle gloriose tradizioni militari delle Fiamme Gialle d’Italia. Fronte greco-albanese, novembre-dicembre 19404”. Al Comando della Guardia di Finanza di Korcia, per le azioni condotte nell’area del Ponte di Perati, era conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Incaricato del servizio di copertura su un tratto della frontiera greco-jugoslava, partecipava attivamente e validamente alla tenace difesa del korciano, ostacolando e rallentando, sulla montagna impervia la soverchiante pressione nemica. Nelle operazioni contro la Jugoslavia dava il suo prezioso concorso ai reparti dell’Esercito, fornendo prove di slancio combattivo e di valore. Ponte di Perati-Quf Thanes, novembre 19405”. Vennero, inoltre, concesse al Sottotenente Giovanni Marzano e al Sottobrigadiere Amedeo De Janni, la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il Sottotenente Marzano, al comando di un plotone di Finanzieri, riuscì il 3 dicembre 1940 a respingere un primo attacco nemico; l'assalto, condotto in superiorità numerica, fu reiterato il giorno successivo, tanto che i Greci cominciarono a guadagnare terreno. Il Sottotenente Marzano, già ferito due volte, assieme ad un gruppo di militari, continuò a combattere per oltre due ore, permettendo così il ripiegamento del battaglione. Ferito un'altra volta e visti i suoi Finanzieri cadere, al termine dello scontro venne fatto prigioniero da un nemico impressionato dal suo coraggio. Al termine del periodo di prigionia, alla fine del 1945, il Sottotenente Marzano fece ritorno in Italia e venne decorato della più alta onorificenza al Valor Militare, continuando a prestare servizio nella Guardia di Finanza: “Ferito durante la difesa di importante caposaldo, volontariamente rimaneva sul posto con tre dipendenti pure feriti, dopo l’ordine di ripiegamento dato alla compagnia, per proteggere la difficile operazione di sganciamento, mentre incalzava baldanzoso il nemico. Nuovamente colpito e gravemente, dopo che la compagnia aveva già raggiunto

4 Decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 1950 5 Decreto del Presidente della Repubblica del 7 dicembre 1951 - 11 -

le nuove posizioni e dopo che erano caduti i tre compagni, anziché arrendersi continuava imperterrito nell’azionare l’ultima mitragliatrice rimasta efficiente e che sbarrava il passo al nemico, finché, dopo lunghe ore di leonina resistenza che meravigliava e disorientava l’avversario, si abbatteva anch’esso sulla sua arma. Magnifico esempio di eccelse virtù militari. Fronte greco-albanese, 4 dicembre 19406”. Il Sottobrigadiere De Janni, ricevuto l’ordine di ripiegare, continuava conscio del pericolo ad imbracciare un fucile mitragliatore pur di rallentare il nemico e permettere ai suoi militari di ripiegare. Così, assieme ad altri due Finanzieri, si apprestò a proteggere il ripiegamento delle restanti truppe. Feriti gravemente i due uomini ed esaurite le munizioni, continuò lo scontro con il lancio di bombe a mano. Solo quando venne ferito in più parti del corpo da una bomba di mortaio nemica dovette desistere dallo scontro. Fatto prigioniero dai Greci e in seguito liberato nel maggio 1941, il Re Vittorio Emanuele III, nel dicembre dello stesso anno, gli appuntò sul petto la Medaglia d'Oro al Valor Militare: “Comandante di una squadra fucilieri, nonostante l’ordine di ripiegare, pur conscio del supremo sacrificio cui si votava, si muniva di un fucile mitragliatore e rimaneva sul posto con due guardie, riuscendo a proteggere, malgrado il nutrito fuoco di artiglieria e mortai, il ripiegamento del proprio plotone, incalzato da preponderanti forze avversarie. Caduto il tiratore, imbracciava decisamente l’arma ed in piedi, sereno ed indomito, continuava a falciare la fanteria nemica, che veniva all’assalto. Esaurite le munizioni e ferito, resisteva ancora a colpi di bombe a mano, finché veniva sopraffatto dal nemico. Hoprensha, fronte greco, 6 dicembre 19407”.

6 Decreto del Presidente della Repubblica del 25 luglio 1949 7 Regio Decreto del 27 dicembre 1941 - 12 -

~ 3 ~ LA VAL TOMORIZZA E LA BATTAGLIA DI DOBREJ

Nel dicembre 1940, il I e II Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza furono destinati alla Val Tomorizza, in Albania, dove si opposero vigorosamente alle truppe greche. Nel gennaio dell’anno seguente, fu chiesto al Comandante Generale del Corpo, Generale di Corpo d’Armata Ugo Pignetti, di costituire un reparto speciale di sciatori da mettere a disposizione della Divisione Parma, che l’avrebbe utilizzato alla destra dello schieramento italiano, nel settore di Trove, per il collegamento con la Divisione Pusteria, l’estrema sinistra della XI Armata. Si trattava, infatti, di attraversare le impervie alture del Tomor, impresa impraticabile per chi non fosse addestrato alla montagna e valido sciatore. Così, un plotone di quarantaquattro Finanzieri, comandato dal Tenente Gino Zappardino, assolse a questo compito, rientrando in linea il 22 gennaio in previsione di nuove operazioni. Fu così deciso, per alleggerire la pressione sull’XI Armata, impegnata nella battaglia di Berat, di compiere un’azione lungo tutto lo sbarramento della Val Tomorizza, allo scopo di migliorare l’andamento della posizione di resistenza. Nell’operazione furono coinvolti i Battaglioni Alpini Morbegno, Intra e Susa ed il I e II Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza. Il compito affidato alle unità dei Finanzieri, poste sul fondo della valle, era alquanto difficile: l’obiettivo dell’attacco loro assegnato era costituito dal costone di Dobrej, impervio e ben difeso. L’azione era stata strutturata sullo sfruttamento della sorpresa. Il 24 gennaio 1941, giorno stabilito per l’attacco, con una situazione meteorologica estremamente sfavorevole, i plotoni esploranti del I° Battaglione Mobilitato si avvicinarono alle linee nemiche ed in perfetto silenzio giunsero ad una cinquantina di metri dalle linee jugoslave. Alle 07:25 partì l’assalto. In pochi minuti gli avamposti avversari furono conquistati e consolidati. La penetrazione proseguì poi col sopraggiungere di nuovi rinforzi dei due grandi reparti. Già alle 12:00 dello stesso giorno erano stati raggiunti tutti gli obiettivi assegnati ai Finanzieri. Per l'azione compiuta alla testa dei suoi uomini, al Sottotenente Zappardino è stata concessa la Medaglia d'Argento al Valor Militare: “Volontario di guerra, comandante di un plotone arditi, dopo essersi distinto in numerose ed audaci azioni di pattuglia, durante un'azione per l'occupazione di una posizione nemica, per vincere la violenta resistenza dell'avversario, che sistemato a difesa impediva l'avanzata di una compagnia obbligata ad attraversare un tratto di terreno scoperto e fortemente battuto dalle mitragliatrici, con nobile sprezzo del pericolo si lanciava audacemente alla testa dei suoi arditi, riuscendo a fugare il nemico

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dalle case ove era asserragliato e dando la possibilità alla compagnia avanzata di raggiungere il proprio obiettivo. Dobrej, 24 gennaio 19418”. Alla fine dello stesso mese, il XXVI Corpo d’Armata passò nuovamente all’offensiva per contrastare l’azione dell’esercito greco e per mantenere le posizioni: le prime azioni aggressive dopo un lungo predominio del nemico. Il I ed il II Battaglione Mobilitato furono inquadrati nella Divisione Parma ed impiegati così un’altra volta in Val Tomorizza, dove si distinsero in combattimento meritando l’elogio degli alti comandi del Regio Esercito. Infatti, il 27 aprile 1941, il Comandante di Corpo d’Armata, Generale Gabriele Nasci, indirizzò ai due Battaglioni della Guardia di Finanza un toccante ordine del giorno che si concludeva con queste parole: “Riverente mi inchino alla memoria di coloro che ai miei ordini hanno coronato le Fiamme Gialle col supremo sacrificio9”. I combattimenti in Val Tomorizza e a Dobrej ebbero una notevole importanza morale per le truppe italiane stanziate in Albania: furono, infatti, le prime vittorie italiane dopo un lungo periodo di vittorie greche e jugoslave. Per questi atti, al I Battaglione Mobilitato fu conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Saldo Battaglione della Guardia di Finanza, sbarcato in Albania i primi di dicembre 1940 e destinato ad operare in un settore di copertura della frontiera jugoslava, chiedeva ed otteneva di essere impiegato in azioni di guerra sul fronte greco. Affrontava subito le ostilità del tempo, del terreno e del nemico con tenacia ed abnegazione. Impegnato in una serie di combattimenti in Val Tomorizza, sosteneva dapprima l’urto dell’agguerrito avversario e gli strappava poi con generoso contributo di sangue e con mirabile ardimento la munita posizione di Dobrej. Sul fronte jugoslavo, ultimava a marce forzate, assieme a reparti di Alpini, una rapida manovra di protezione dello schieramento della IXa Armata. Col sacrificio dei suoi caduti e lo slancio dei suoi superstiti rinnovava così le gloriose tradizioni delle Fiamme Gialle d’Italia. Guerra greco-albanese, dicembre 1940-aprile 194110”. Tra i militari del Corpo decorati, risaltano le azioni del Tenente Pietro Migliorini, decorato per le sue azioni di guerra sul fronte greco con due Croci di Guerra al Valor Militare. Il 14 gennaio 1941, il Tenente Migliorini compì un’audace azione di annientamento di una postazione avversaria, riuscendo tra l’altro ad individuare numerose altre posizioni avversarie:

8 Decreto del Presidente della Repubblica del 14 luglio 1948 9 Ordine del Giorno del Generale Gabriele Nasci al I e II Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza, 27 aprile 1941 10 Decreto del Capo Provvisorio dello Stato il 31 dicembre 1947 - 14 -

“Comandante di una pattuglia, di notte e attraverso terreno quasi impraticabile, riusciva ad avvicinarsi ad una posizione nemica dominante e a riconoscere la sistemazione difensiva dell’avversario al quale infliggeva perdite. Burraj, fronte greco, 14 gennaio 194111”. In luglio, il Tenente Migliorini era distaccato presso la cittadina di Budva, dove aveva sede il Tribunale di Guerra del XIV Corpo d’Armata, presidiato da uomini del 94° Reggimento Fanteria Messina. All’improvviso, un attacco massiccio costringeva i pochi militari presenti a ritirarsi su posizioni ben più difendili, attendendo così i rinforzi, costituiti da una compagnia di Marinai del San Marco e da due compagnie di Camice Nere del 108° Battaglione. L’azione di contrattacco permetteva così la riconquista della cittadina di Budva. Per l’impegno profuso nel combattimento, il Tenente Migliorini era così insignito della seconda Croce di Guerra al Valor Militare: “Comandante di un distaccamento della Guardia di Finanza attaccato dall’avversario, si univa alle altre Forze Armate ed avuto il comando di un Plotone Fucilieri guidava il Reparto con slancio ed ardimento al fuoco. Durante un’azione in zona impervia e densamente battuta si prodigava con risolutezza ed energia. Esempio costante alla truppa per abnegazione e coraggio. Budva, 13 luglio 194112”. Pietro Migliorini morirà l’8 febbraio 1942, quando un siluro lanciato da un sommergibile alleato causerà l’affondamento del Piroscafo Duino, sul quale si trovava imbarcato rientrando dal fronte di guerra, mentre stava facendo rotta verso il porto di Bari.

11 Fascicolo N. 136 del Ministro della Guerra del 23 luglio 1941 12 Fascicolo N. 280 del Ministro della Guerra del 1° aprile 1942 - 15 -

~ 4 ~ LE OPERAZIONI IN MONTENEGRO E NELL’AREA BALCANICA

L’occupazione dei territori già compresi nel Regno di Jugoslavia era avvenuta quasi senza contrasto. Agli inizi di aprile, sul saliente del Vermosh, i Finanzieri al comando del Sottotenente Carlo Augenti riuscirono a porsi in salvo e a raggiungere le linee italiane dopo essere stati attaccati da un considerevole numero di nemici. Per la riuscita dell’operazione, al Sottotenente Augenti è stata conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Comandante interinale di una Compagnia Guardie di Finanza e di un settore di vigilanza e difesa della frontiera, riusciva a contrastare ed a ritardare l’avanzata del nemico incalzante. Circondato da forze preponderanti in posizione isolata, con opportuni accorgimenti, resisteva e riusciva a condurre il Reparto presso le nostre linee. Saliente del Vermosh, fronte albano-jugoslavo, 6-13 aprile 194113”. In Montenegro, i primi presidi della Guardia di Finanza erano stati costituiti alla fine dell’aprile 1941, da elementi del circolo territoriale di Scutari. Il 3 maggio era entrato nel territorio anche il II Battaglione Mobilitato, proveniente dalla zona di Librazhd; a metà mese sbarcò ad Antivari anche il VI Battaglione Mobilitato, che fu inviato verso l’interno. Il 13 luglio 1941 esplose improvvisamente una sanguinosa rivolta, la prima in grande stile durante la Seconda Guerra Mondiale, che colse di sorpresa i comandi italiani. Gli insorti, al comando di ex ufficiali dell’esercito jugoslavo, iniziarono ad assaltare sistematicamente le caserme isolate. Successivamente furono attaccati anche presidi come quello di Plevlje, sede del Comando Divisione Pusteria e di un distaccamento della Guardia di Finanza forte di 500 uomini. Ma dove le guarnigioni erano formate da pochi uomini, gli insorti, superiori numericamente, ebbero la meglio. Così, all’alba del 13 luglio, furono sopraffatti i distaccamenti di Misici, Ivanova Korita, Buljarica, Rezovici. Il 14 e 15 luglio toccò alle guarnigioni di Bogetaci, Spuz e Cevo. Durante questi scontri cadrà il Finanziere Gabriele Sanges, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “In un’azione contro bande armate, impiegava con spirito ardito la sua mitragliatrice. Circondato da preponderanti forze, rinunciava ad avere salva la vita a prezzo della resa e cadeva mortalmente ferito sulla sua arma. Planina-Pandurizza, 16 luglio 194114”.

13 Decreto del Presidente della Repubblica del 10 gennaio 1941 14 Regio Decreto del 2 febbraio 1943 - 16 -

Cadeva negli scontri il Finanziere Pierino Chierici, mentre soccorreva un gruppo di militari feriti. È stato insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Infermiere al seguito di una colonna in operazione di rastrellamento, durante un attacco, si prodigava nel soccorrere i feriti, incurante del pericolo. Colpito a morte, immolava la vita per la Patria. Cekanje, Montenegro, 15 luglio 194115”. Il 20 luglio gli insorti attaccarono Zabliak, Kolasin e Petnica, i cui uomini si stavano spostando verso Berane da diversi giorni sotto attacco. A Berane, una cittadina di montagna del Montenegro, il presidio delle truppe d’occupazione italiane era costituito da una compagnia dell’Arma di Fanteria, da un plotone ridotto del VI Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza e da un nucleo di Carabinieri Reali. Il 17 luglio ingenti forze partigiane mossero all’attacco del distaccamento di Berane, muovendo inizialmente contro i reparti della Guardia di Finanza e dei Carabinieri rimasti isolati dal resto delle truppe. Ormai circondati e con le munizioni esaurite, il giorno seguente, 18 luglio, i pochi superstiti, tutti feriti, dovettero cedere. Tra i caduti, si distinsero due giovani Finanzieri, Francesco Meattini e Lido Gori, entrambi decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. L’Appuntato Meattini, posto al comando di una squadra di Finanzieri, animando i suoi sottoposti a resistere veniva ferito una prima volta, rifiutando al contempo ogni soccorso. Ferito altre due volte, mentre il presidio era ormai in fiamme, ed i suoi commilitoni quasi tutti caduti sotto il fuoco nemico, prese le ultime bombe a mano e, dopo averne tolto la sicura, si lanciò da una finestra sui nemici sottostanti, riuscendo a salvar così la vita a sei suoi colleghi. La motivazione della Medaglia d’Oro recita: “Caposquadra Fucilieri di un distaccamento della Regia Guardia di Finanza aggredito da preponderanti bande ribelli, che avevano circondato la caserma ed incendiato fabbricati vicini, animava la difesa col suo contegno freddo, energico e risoluto. Ferito una prima volta, rifiutava ogni soccorso, continuando ad incitare i superstiti ed a sparare sugli assalitori. Ferito altre due volte, mentre la caserma era già in fiamme ed i camerati quasi tutti caduti, persisteva tenacemente nell’impari lotta. Esaurite le cartucce, si raccoglieva un attimo per baciare la fotografia dei suoi cari; quindi prese alcune bombe a mano e toltane la sicurezza, se le metteva nelle tasche e da una finestra saltava sugli avversari inferociti dall’asprezza della lotta, seminandovi, col proprio sacrificio, strage e distruzione. Fulgido esempio di sublime sacrificio. Berane, Montenegro, 17-18 luglio 194116”.

15 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 1948 16 Regio Decreto del 2 aprile 1943 - 17 -

Il Finanziere Gori, invece, ferito prima ad un braccio, poi ad una gamba e al petto, continuò a combattere e a sostenere i propri compagni, finché non cadde dopo essere stato mortalmente colpito da una scarica di fucileria nemica alla testa: “Al suo posto di combattimento in una casermetta assalita da preponderanti forze nemiche, accorreva tra i primi alla difesa. Ferito ad un braccio non desisteva dalla lotta e si portava nei punti da cui poteva meglio reagire. Ferito una seconda volta ad una gamba, in modo grave, non abbandonava il suo posto di combattimento e incitava i compagni alla resistenza. Ferito nuovamente al petto, quando molti dei suoi compagni erano caduti e la caserma, incendiata dal nemico, era tutta un rogo e minacciava di crollare, esaurite le cartucce, in supremo sforzo affrontava l’avversario con le bombe a mano. In questo ultimo gesto una pallottola lo colpiva in fronte e ne troncava la giovane vita offerta in modo superbo alla Patria. Berane, 17-18 luglio 194117”. Dopo la fine della guerra, anche i Battaglioni Mobilitati II e VI in Montenegro furono decorati con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Al II Battaglione Mobilitato: “Saldo Battaglione della Guardia di Finanza, sbarcato in terra d’Albania nei primi di novembre 1940 e destinato ad operare in un settore di copertura della frontiera jugoslava, chiedeva ed otteneva di essere impiegato in azioni di guerra sul fronte greco. Impegnato in una serie di cruenti combattimenti in Val Tomorizza batteva l’avversario agguerrito e baldanzoso arrestandolo prima e strappandogli poi, con largo contributo di sangue e con mirabile ardimento, la posizione di Dobrej. Sul fronte jugoslavo ultimava a marce forzate assieme a reparti alpini una rapida manovra di protezione dello schieramento della 9a Armata. Nel Montenegro, mentre era suddiviso in piccoli reparti isolati a guardia della linea di demarcazione ed a presidio di località importanti, sapeva resistere alle soverchianti agguerrite forze nemiche, scrivendo pagine di gloria ed eroismo, col sacrificio supremo dei gloriosi caduti. Guerra italo- greca, novembre 1940-maggio 1941; Montenegro, luglio 194118”. Al VI Battaglione Mobilitato, invece: “Dislocato nel Montenegro si distingueva in numerose azioni belliche offrendo ripetute prove di fulgido eroismo. All’atto dell’armistizio, fedele alle tradizioni d’onore del Corpo, si schierava compatto contro il tedesco aggressore e, datosi alla montagna, si univa a unità dell’invitta Divisione Venezia battendosi in sanguinose lotte contro preponderanti forze, emergendo per spiccato ardore combattivo ed elevato spirito di

17 Decreto del Presidente della Repubblica del 7 luglio 1948 18 Decreto del Capo Provvisorio dello Stato del 31 dicembre 1947 - 18 -

abnegazione. Nobile esempio di salde virtù militari e fervida fede nei destini della Patria. Montenegro, 1941-194319”. Durante le operazioni condotte in Montenegro, l’anno seguente, il 1942, vide il sacrificio di un giovane Finanziere, Alfredo Sarli, caduto mentre conduceva un assalto ad una posizione nemica, nonostante la superiorità dell’avversario. Alla sua memoria è stata conferita la Croce di Guerra al Valor Militare: “Partecipava volontariamente all’attacco di una munita posizione, contribuendo a contenere l’impeto del nemico fino al sopraggiungere dei rinforzi. Si lanciava quindi tra i primi all’assalto trovando gloriosa morte. Satonici, Balcania, 16 marzo 194220”. Il 13 novembre 1942, un nucleo composto da dodici militari della Guardia di Finanza, al comando del Tenente Carlo Fiumanò, nel corso di un’operazione di ricognizione, venne attaccato dai partigiani slavi, presso la località di Durava. Nel duro scontro a fuoco caddero il Tenente Fiumanò ed un Finanziere, mentre altri cinque rimasero feriti, tra cui il Finanziere Enzo Mariani, successivamente insignito della Croce di Guerra al Valor Militare: “In duro combattimento, su posizione fortemente battuta da nuclei nemici, benché ferito, rifiutava di essere medicato e continuava calmo e tenace la lotta, mostrando ammirevole sprezzo del pericolo e del dolore. Dubrava, Balcania, 13 novembre 194221”. In Croazia, una settimana più tardi, il 19 novembre, il Sottobrigadiere Salvatore Bonanno, rimaneva ucciso dopo aver sostenuto due duri scontri a fuoco con bande di ribelli nella località di Orebic. Ferito gravemente, rifiutava ogni soccorso, rimanendo al suo posto di combattimento e spirando a battaglia ormai conclusa. Per questo suo comportamento gli è stato insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “Capo pattuglia in perlustrazione, scontratosi con alcuni ribelli, nella conseguente lotta corpo a corpo, veniva per due volte ferito gravemente. Nonostante le sue condizioni iniziava con i suoi uomini l'inseguimento del nemico, ma veniva subito attaccato da altro gruppo di rivoltosi che tentavano di circondarlo. Con calma riusciva a ripiegare nel varco dei reticolati dell'accantonamento, da dove col fuoco preciso di poche armi e con lancio di bombe a mano, volgeva in fuga gli attaccanti. Mentre veniva

19 Decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 1950 20 Fascicolo N. 393 del Ministro della Guerra del 6 ottobre 1942 21 Decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 1956 - 19 -

trasportato all'ospedale, spirava esprimendo il suo orgoglio per aver potuto compiere fino all'ultimo il proprio dovere. Orebic, Balcania, 19 novembre 194222”. Il 3 dicembre 1942, ancora in Croazia, durante lo spostamento di una piccola autocolonna incaricata di raggiungere dei presidi sul territorio, un reparto di Finanzieri rimaneva vittima di in un’imboscata di un gruppo di partigiani jugoslavi. Tra i caduti, i Finanzieri Attilio Ballali, Salvatore Puleo e Gaspare Tavormina, decorati di Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria. Il Finanziere Ballali, conducente del mezzo in testa alla colonna, dopo essersi accorto di essere caduto nell'imboscata, riuscì, benché ferito, a fermare l'autocarro così da permettere ai suoi compagni di organizzare la difesa. La stessa motivazione dell'onorificenza riporta nel testo l'azione eroica compiuta dal militare: “Conducente dell'autocarro di testa di un'autocolonna viveri attraverso una zona pericolosa, colpito per primo e più volte da improvviso e violento fuoco di preponderanti forze ribelli, manteneva il suo posto di guida riuscendo, con sforzo sovrumano, a bloccare la macchina che avrebbe dovuto abbordare in forte salita una strettissima curva, fortemente presidiata dai ribelli. Con tale atto sottraeva i compagni a morte sicura, dando loro modo di scendere dall'autocarro per organizzare la controreazione. Benché gravemente minorato partecipava alla cruenta lotta a colpi di bombe a mano n veniva colpito mortalmente. Gradina di Blatta di Curzola, 3 dicembre 194223”. Il Finanziere Puleo, “facente parte della scorta ad un'autocolonna di rifornimenti e viveri attaccata da nemico in forza, reagiva efficacemente col fuoco del fucile mitragliatore. Sebbene più volte ferito, noncurante delle sofferenze, rimaneva al posto di combattimento finché, colpito mortalmente, si abbatteva con la sua arma sull'autocarro in fiamme. Gradina di Blatta di Curzola, 3 dicembre 194224”. Il Finanziere Tavormina, “facente parte della scorta di una autocolonna di viveri attaccata da nemico in forza, reagiva efficacemente col lancio di bombe. Più volte ferito, sebbene accasciato al suolo, continuava il fuoco col moschetto fino all'esaurimento delle forze. Decedeva dopo due

22 Decreto 23 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 1948 24 Ibidem. - 20 -

giorni tra sofferenze stoicamente sopportate. Gradina di Blatta di Curzola, 3 dicembre 194225”. Sempre sul fronte greco, nel marzo 1943, si distingueva per l’eroismo dimostrato il Finanziere Giovanni Denaro che, durante un attacco effettuato da partigiani greci contro un presidio isolato presso la località di Tsangarada, preferiva la morte piuttosto che arrendersi e andare incontro ad un destino incerto. Infatti, quando ormai le munizioni erano esaurite e tutti i suoi compagni caduti sotto il fuoco dei Greci, il Finanziere Denaro decise di seguire la sorte degli altri militari caduti attorno a lui, gettandosi tra le fiamme della caserma ormai completamente distrutta. Il suo valore sarà ricompensato con la massima onorificenza, la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Durante un attacco portato da soverchianti forze nemiche alla caserma di un piccolo distaccamento isolato di Finanzieri di cui faceva parte, concorreva con tutti i compagni alla strenua disperata resistenza protrattasi per oltre tre ore. Rimasto il solo superstite dell’eroico manipolo, esaurite le munizioni e le bombe a mano, impavido tra le macerie dell’edificio quasi completamente distrutto dai ribelli con una mina e già in preda alle fiamme, piuttosto che cedere alle intimazioni degli assalitori che ammirati di tanto ardimento gli offrivano un’onorevole resa, si lanciava risolutamente nel rogo, preferendo alla unica speranza di vita, la sorte dei camerati caduti attorno a lui nel nome d’Italia per la gloria della Patria immortale. Tsangarada, 22 marzo 194326”. A partire dalla seconda metà del 1943, elementi della Guardia di Finanza dislocati sul confine orientale italiano, vennero impiegati in operazioni di controguerriglia, in special modo di rastrellamento delle bande jugoslave, che già preannunciavano quel clima di terrore e odio etnico che di li a poco, subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, condurrà alla tragedia delle foibe. In una di queste azioni, compiuta il 7 luglio nei dintorni di Gorizia dal V Nucleo Mobile Misto di Polizia, forte di circa cinquanta uomini agli ordini del Tenente dei Carabinieri Marino Borghesi, con il compito di intercettare e catturare elementi partigiani appartenenti ad una grossa banda armata jugoslava, si distinse in particolar modo il Finanziere Domenico Fazio, che attirò su di sé il fuoco nemico per permettere lo sganciamento del piccolo reparto, lanciando bombe a mano verso gli aggressori, riuscendo, tra l'altro, a distruggere la riservetta di munizioni dei partigiani slavi. Rimasto in servizio anche dopo la fine della guerra, e promosso al grado di Maresciallo Maggiore Aiutante, sei mesi dopo la sua morte sopraggiunta per una grave malattia è stato decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare per i fatti d'arme di Cima Sebreljie:

25 Ibidem. 26 Decreto del Presidente della Repubblica del 15 febbraio 1949 - 21 -

“Giovane Finanziere, inquadrato in un nucleo misto di forze di Polizia impiegato in operazioni antiterroristiche, caduto il suo reparto in una imboscata e rimasto accerchiato non intravedendo alcuna possibilità di salvezza, chiedeva reiteratamente al proprio comandante l’autorizzazione di tentare da solo una sortita nell’intento di creare un diversivo e consentire così l’incruento sganciamento dei commilitoni. Ottenuta l’autorizzazione, eliminava con un furioso corpo a corpo una vedetta avversaria e pur essendo ferito e sanguinante, riusciva a colpi di bombe a mano a far saltare la riservetta munizioni nemica e a mettere così in fuga gli avversari che lasciavano sul terreno undici morti ed armi varie. Consentiva così il salvataggio dell’ intero suo reparto altrimenti destinato a sicuro sterminio. Luminoso esempio di consapevole sprezzo del pericolo e di ardimentoso altruismo. Cima Sebreljie, Gorizia, 7 luglio 194327”. Una pagina assai curiosa è, invece, quella di Quintino Sicuro, arruolatosi nella Guardia di Finanza nel 1939. Allo scoppio del conflitto e alla successiva dichiarazione di guerra all’Albania, il 23 gennaio 1941 veniva mobilitato per il fronte greco-albanese. Assieme al I Battaglione delle Fiamme Gialle prese parte a gran parte delle operazioni da esso sostenute; l’armistizio dell’8 settembre lo colse mentre si trovava in servizio presso la Compagnia Deposito di Roma. Decise di aggregarsi alla II Brigata Garibaldi, partecipando alla guerra di liberazione. Catturato dai tedeschi, dopo una rocambolesca fuga, riusciva a raggiungere l’Italia Meridionale, già liberata. Promosso Sottobrigadiere, la sua vita prese una nuova direzione: stanco della guerra, dopo un travaglio spirituale, decise di congedarsi dalla Guardia di Finanza per entrare nel Convento dei Frati Minori di Ascoli Piceno. Morirà il 26 dicembre 1968, per un infarto, mentre si recava ad una funzione religiosa.

27 Decreto del Presidente della Repubblica dell'11 novembre 1974 - 22 -

~ 5 ~ LA GUARDIA DI FINANZA IN AFRICA

Anche nel teatro africano, della Libia e dell'Africa Orientale Italiana, i reparti delle Fiamme Gialle tennero alti il prestigio e l’onore del Tricolore italiano, riuscendo in accaniti combattimenti, spesso compiuti in inferiorità numerica e tattica, a respingere il nemico, contrattaccando più volte all’arma bianca, divenuta in quei giorni il mezzo di lotta abituale. Già all’inizio delle ostilità, si riscontrò il valore degli uomini della Guardia di Finanza. In Libia, il 19 giugno 1940, il Finanziere Francesco Accardi cadeva eroicamente meritandosi la Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria dopo aver respinto a colpi di bombe a mano l'attacco di un plotone nemico: “Elemento di pattuglia di vigilanza, aggredito di sorpresa al cippo terminale di confine da un plotone di marocchini, si difendeva strenuamente a colpi di bombe a mano per assicurare la trasmissione telefonica dell'allarme ai posti di frontiera retrostanti, fino a che cadeva crivellato di ferite, fronte al nemico, al suo posto d'onore. Cippo di confine di Ras Agedir, Tripolitania, 19 giugno 194028”. Per far fronte all'inasprirsi delle ostilità in tutto il Nord Africa, fu disposto l'invio in Libia di un adeguato rinforzo di uomini e mezzi; in seguito, nell'aprile 1942, veniva costituita una compagnia mobilitata per il teatro dell'Africa Settentrionale. Il nuovo reparto, forte di 185 uomini, a cui si aggiunsero 140 libici addestrati da militari del Corpo, fu dispiegato lungo la cinta fortificata di Zuara e, in seguito, trasferito in Tunisia a Ben Gardane. Solo il 6 aprile 1943, quando ormai la situazione militare in Africa Settentrionale era segnata per le forze italo-tedesche, fu dato l'ordine di ripiegamento su Hammamet. L'ultima resistenza dei Finanzieri venne compiuta nelle vicinanze di Hammanlif, mentre il nemico occupava l'intero fronte. In Africa Orientale Italiana, lungo tutti i 6500 km di confine, a partire dal 17 giugno 1940, i Finanzieri furono impegnati a respingere puntate e attacchi di autoblindo e reparti inglesi del Sussex Royal Regiment. In tale occasione, il Tenente Pasquale Calabrese era decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Alla testa di una compagnia di formazione contrattaccava sui fianchi e sul tergo il nemico che, superiore in forze, aveva determinato una pericolosa sacca nelle nostre linee. Con nutrito lancio di bombe a mano, costringeva l'avversario a ripiegare e ad abbandonare nostri elementi già catturati. Il suo intervento deciso e ardimentoso

28 Regio Decreto del 26 maggio 1941 - 23 -

faceva desistere l'avversario da ulteriori tentativi, lasciando a noi l'iniziativa delle operazioni che culminarono in azioni vittoriose. Eritrea, 17 giugno 194029”. Il 4 luglio 1940, il Brigadiere Salvatore Puggioni si rendeva protagonista di un’epica carica a cavallo: un reparto di Finanzieri, assieme al Raggruppamento Cavalleria del Tenente Colonnello Cesare Fanucci, aveva il compito di occupare Cassala. Fu allora che, durante i combattimenti a Monte Mokram, il Brigadiere Puggioni si lanciava con uno squadrone a cavallo alla carica del nemico, riuscendo con la sua azione ad aprire la strada ai rinforzi italiani per la successiva conquista della città di Cassala. Nei continui e costanti contrattacchi inglesi, sotto incessanti attacchi aerei nemici, cadeva il giovane Finanziere Giovanni Salerno, dopo aver soccorso un compagno ferito. Per questo suo gesto di straordinario valore ed altruismo gli è stata concessa, alla memoria, la Medaglia d'Argento: “Sotto violento bombardamento aereo notturno, si portava con la mitragliatrice allo scoperto per effettuare un tiro più efficace. Ferito gravemente da una scheggia, solo dopo aver soccorso un compagno privo di sensi, si trascinava fino alla sede del proprio comando dove decedeva dopo pochi minuti. Esempio di attaccamento al dovere e sereno sprezzo del pericolo. Zeila, 15 agosto 194030”. L’8 aprile 1941, le forze inglesi portarono l'attacco decisivo su Massaua, dopo che il giorno 2 aprile l'intimazione di resa fatta pervenire dagli Inglesi era stata respinta. In un contrattacco alla baionetta, cadeva alla testa dei propri uomini il Maresciallo Ordinario Luigi Piccinni Leopardi, dopo che la sua postazione era stata accerchiata dal nemico. Per questo suo gesto, è stato insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “Comandante di un plotone di militari coloniali, circondato da preponderanti forze, si difendeva strenuamente dando prova di grande ardimento , tenace combattività e sprezzo del pericolo. Per rompere il cerchio avversario, ordinava l’assalto alla baionetta, cadendo da prode alla testa dei suoi uomini e apportando con la propria azione e col proprio sacrificio un efficace contributo alla difesa di un’importante posizione avanzata. Africa Orientale, 8 aprile 194131”. Sotto i bombardamenti rimase ucciso il Maresciallo Ordinario Vincenzo Grimaldi, mentre cercava di evacuare un gruppo di militari feriti verso un centro di medicazione. È stato decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria:

29 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 agosto 1952 30 Regio Decreto del 17 agosto 1941 31 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 maggio 1948 - 24 -

“Offertosi di scortare alcuni feriti ad un lontano posto di medicazione, cadeva colpito mortalmente durante intensa azione di artiglieria avversaria alla quale non volle sottrarsi per portare a termine la sua missione. Africa Orientale, 8 aprile 194132”. Anche se di inaudita violenza, i primi due assalti furono respinti, a costo di gravissime perdite. Solo con azioni notturne, ed in superiorità di uomini e mezzi, le forze nemiche riuscirono ad infiltrarsi tra le posizioni italiane, dilagando così in tutto il fronte e nelle retrovie. Solo alle ore 13.30 era comunicata la resa delle ultime forze italiane. Ma mentre le forze avversarie occupavano Massaua, i Finanzieri, ancora al loro posto di combattimento, avviavano nelle retrovie gruppi di prigionieri nemici catturati durante le fasi iniziali dei combattimenti. Nell'eroica difesa della città di Massaua, cadeva l'Aiutante di Battaglia Giovanni Battista Steri che, alla testa di un reparto di Ascari, conquistava un'importante posizione. È stato decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria: “Comandante e animatore di un plotone di ascari, faceva dei suoi uomini un manipolo di eroi. Lanciatosi durante un'aspra battaglia alla testa di essi alla riconquista di un'importante posizione e giuntovi solo, nonostante la violenta reazione di fuoco, s'impegnava in combattimento con lancio di bombe a mano, infliggendo forti perdite al nemico. Nell'atto di incitare i suoi ascari, cadeva colpito a morte. Africa Orientale, 8 aprile 194133”. Il Tenente Ferdinando Dosi, futuro Comandante in Seconda del Corpo dal 1977 al 1978, fu promosso al grado di Capitano per meriti di guerra, a seguito delle numerose missioni da lui compiute nel teatro africano, meritandosi, tra l'altro, una Medaglia d’Argento al Valor Militare per i fatti di Massaua: “Comandante di Plotone incaricato di esplorare con pochi suoi dipendenti il terreno antistante la linea di difesa, riusciva a raccogliere tutti i dati necessari. Accortosi che era stato individuato un campo minato ed erano state disinnescate le mine ad un passaggio obbligato per automezzi, provvedeva di notte a rendere efficienti le mine stesse reinnescandole con inneschi tolti da altre mine poste in località meno importante. Circondato e fatto segno a fuoco di fucileria riusciva a ritornare alla propria linea, mentre l’avversario, che tentava di transitare dal passaggio ritenuto libero, rimaneva bloccato dai primi automezzi colpiti per lo scoppio delle mine. Africa Orientale, 8 aprile 194134”.

32 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 maggio 1948 33 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 maggio 1948 34 Decreto del Presidente della Repubblica del 28 giugno 1948 - 25 -

Il Capitano Dosi, dopo aver comandato un plotone della Compagnia Mobilitata di Tessenei, in Eritrea, guidò con successo una pattuglia cammellata da ricognizione per sette giorni in territorio nemico. Al momento della scoppio dell’offensiva britannica, gli fu affidato il comando della 1a Compagnia del Gruppo Mobilitato Misto dell’Eritrea, che per quasi tre mesi presidiò il fronte nord della piazzaforte di Massaua, ricevendo, al termine degli scontri, l’onore delle armi. Il Battaglione per le sue gesta, ricevette anch'esso, al termine della guerra, la Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Per quasi tre mesi, in clima tropicale ed in zona desertica, concorse alla difesa della piazzaforte di Massaua, dando prova di elevato spirito guerriero. In aspri ed impari combattimenti, con scarsi mezzi, ma fermamente deciso a non piegarsi, resistette con tenacia ed eroismo sulle proprie posizioni ai reiterati violenti attacchi di preponderanti agguerrite forze che respinse infine con forti perdite. Col valore e col sacrificio, tenne in onore il prestigio delle armi italiane. Africa Orientale, 23 gennaio-8 aprile 194135”. Ultimo baluardo italiano a cadere fu quello di Gondar, tra il 27 ed il 28 novembre 1941, data in cui terminarono le operazioni belliche nell’Africa Orientale. E anche in tali episodi erano presenti i reparti e gli uomini delle Fiamme Gialle, che presero parte a tutte le operazioni belliche inquadrati nei reparti del Regio Esercito, dal 14 giugno 1940 al 28 novembre 1941, tra cui si distinse il Battaglione Mobilitato Misto dell’Amhara, decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare: “In lungo ciclo operativo nel Bassopiano Sudanese e nell’interno dell’Amhara brillantemente concorreva alle operazioni militari, distinguendosi per ardore combattivo, mirabile saldezza, ferrea disciplina e infrangibile tenacia; dalle vittoriose giornate di Metemma Gallabat contro agguerrite forze nemiche, ai duri ripiegamenti su Celgà e sul Gimma e successivamente all’Ulchefit e a Debra Tabor, a Tucl Dinghià e al Ghindi Meteà, a Cratreb e a tutta la gloriosa resistenza di Gondar. Col generoso contributo di eroismo, di sacrificio e di sangue rinnovava così in terra d’Africa le gloriose tradizioni delle Fiamme Gialle d’Italia. Territorio Amhara, Africa Orientale, giugno 1940-novembre 194136”. Lo stesso Capitano Valentino Achille, comandante del reparto per tutta la durata del ciclo di operazioni belliche, fu insignito della Medaglia d'Argento al Valor Militare, con una bellissima motivazione: “Al comando di quegli stessi Finanzieri che sul fronte di Gallabat Metemma gareggiarono in valore e nobile spirito di sacrificio coi reparti nazionali e coloniali

35 Decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1948 36 Decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1948 - 26 -

impegnati contro forze preponderanti nemiche che miravano a travolgere la nostra resistenza per aprirsi la via su Gondar, fu costante esempio ai propri dipendenti di serenità, di personale coraggio e di elevate virtù militari, sintetizzate in piena dedizione al dovere. Nel corso dell'ultima resistenza gondarina, incaricato di presidiare e difendere strenuamente coi propri uomini un'importante posizione del Caposaldo Amhara, dava ripetute prove di temerario ardimento e di sicura perizia, animando i dipendenti a tenace ed eroica saldezza. Il suo esemplare contegno, improntato a slancio ed assoluto sprezzo del pericolo, spronò le Fiamme Gialle di Gondar a quegli atti di valore che conferiscono maggior gloria alle superbe tradizioni del Corpo. Gondar, Africa Orientale, marzo-novembre 194137”. Al termine del secondo conflitto mondiale, alcuni reparti della Guardia di Finanza, rimasero nei territori dell'Eritrea e della Somalia per guidare la transizione del dopoguerra voluta dalle Nazioni Unite e dall'Inghilterra, a cui erano passate, con il Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, le colonie italiane dell'Africa Orientale e che erano state poste sotto Amministrazione Fiduciaria. E gli uomini delle Fiamme Gialle continuarono a scrivere in terra d'Africa nuove pagine di eroismo. Il 5 marzo 1949, una pattuglia di militari veniva attaccata a colpi di moschetto e bombe a mano da banditi locali: in questa circostanza cadevano i Finanzieri Antonio Di Stasio e Alfredo Tramacere, quest'ultimo insignito di Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Mentre assieme ad altri Finanzieri usciva dalla caserma, veniva improvvisamente aggredito nell'oscurità da banditi con il lancio di bombe a mano e colpi di moschetto. Affrontava coraggiosamente uno dei banditi e cercava di disarmarlo, ma, assalito alle spalle da un altro che lo feriva gravemente e ripetutamente con una scimitarra, si accasciava morente al suolo. La resistenza permetteva, però, agli altri Finanzieri non feriti di porsi in salvo. Senafé, Africa Orientale, 5 marzo 194938”.

37 Decreto del Presidente della Repubblica del 2 dicembre 1955 38 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° dicembre 1952 - 27 -

~ 6 ~ IL NAVIGLIO DELLA GUARDIA DI FINANZA E L’AFFONDAMENTO DEL REGIO DRAGAMINE 36

Una pagina di particolare eroismo e sacrificio offerto dalla Guardia di Finanza, e ad oggi ancora poco nota al pubblico, è quella inerente le sue unità navali. Con lo scoppio delle ostilità il 10 giugno 1940, infatti, circa centocinquanta unità del naviglio della Guardia di Finanza passarono alle dirette dipendenze della Regia Marina Militare, prodigandosi in missioni di scorta a convogli navali, sia militari che commerciali, dragaggio, caccia sommergibili e vigilanza costiera. Tanto prezioso contributo è premiato con il conferimento della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Bandiera di Guerra del Corpo: “Nel corso di lungo ed aspro conflitto cooperava con la Marina Militare, con perfetta efficienza di uomini e di mezzi, nell’assolvimento del gravoso compito di vigilanza alle coste nazionali e di oltremare, di dragaggio alle rotte di sicurezza, di caccia ai sommergibili e di scorta ai convogli, contrastando sempre l’agguerrito avversario con valore, tenacia ed alto sentimento del dovere. Successivamente all’armistizio, tenendo fede alle leggi dell’onore militare, concentrava le superstiti unità e, pur menomato nei mezzi e negli uomini per le notevoli perdite subite, iniziava con rinnovato ardimento la lotta contro il tedesco aggressore. Perdeva complessivamente, nella dura lotta, il cinquanta per cento delle unità, contribuendo con eroici sacrifici singoli e collettivi, a mantenere in grande onore il prestigio delle armi italiane. Mediterraneo, 10 giugno 1940-8 settembre 1943; Tirreno-Adriatico, 9 settembre 1943-8 maggio 194539”. Il 17 marzo 1941 nel porto di Durazzo, la Motovedetta Lombardi, al comando del Maresciallo Sante Candia, contrastò efficacemente l’attacco di un aereo inglese. Ma degno di menzione è un evento in particolare, quello della sorte del Regio Dragamine 36 e del suo equipaggio. Il 21 agosto 1941, il Regio Dragamine 36, utilizzato fino a quel momento in ben 317 missioni di dragaggio esplorativo e di neutralizzazione di mine marine, subiva un duro primo attacco aereo mentre si trovava a svolgere un’attività di dragaggio. Nell’attacco caddero eroicamente il Brigadiere Francesco Mazzei, Comandante dell’unità navale, e i Finanzieri Michele Esposito e Gennaro Russo. Alla Memoria del Brigadiere Mazzei sarà concessa la Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Comandante di Dragamine fatto segno a ripetuti attacchi di aereo nemico, si sostituiva volontariamente al puntatore di una mitragliera ammalato ed iniziava un’intensa reazione di fuoco contro il velivolo attaccante. Con sereno coraggio e

39 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 luglio 1949 - 28 -

cosciente ardimento proseguiva animosamente nel serrato duello finché, colpito al petto da una raffica di mitraglia, si abbatteva esanime sull’arma ancora puntata contro il nemico. Acque di Pozzallo, 21 agosto 194140”. Eseguite le dovute riparazioni, il 4 settembre 1942 il Regio Dragamine 36 era trasferito a Tripoli con il nuovo Comandante, Maresciallo Aldo Oltramonti, e tutto il suo equipaggio con compiti di scorta a convogli e antisommergibile e posto sotto le dipendenze della XL Flottiglia, comandata dal Tenente di Vascello Giuseppe Di Bartolo, della Regia Marina. A seguito delle disastrose azioni militari italo-tedesche in Nord Africa, e della rapida avanzata inglese, il 19 gennaio 1943 l’unità, assieme ad un convoglio, si diresse alla volta della Sicilia: intercettato da una squadra navale inglese, fin da subito iniziò un impari lotta. Il Comandante Di Bartolo diede ordine alle altre unità navali di disperdersi ed avvicinarsi nuovamente alla costa africana per cercare riparo e con il piccolo dragamine si avventò contro i cacciatorpedinieri avversari. Tutto il fuoco nemico, principalmente proveniente dai Cacciatorpedinieri Javelin e Kelvin, si concentrò allora sulla piccola imbarcazione che, nonostante l’eroismo dei suoi uomini, venne affondata. Anche le altre unità del convoglio, nonostante il sacrificio di Di Bartolo, Oltramonti e degli altri quattordici membri dell’equipaggio, furono raggiunte ed affondate. In segno di riconoscenza, al Tenente di Vascello Di Bartolo venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Comandante di Flottiglia Dragamine dislocata in zona avanzata oltremare, resasi necessaria l’evacuazione della base ed avuto ordine di trasferire in Patria la Flottiglia, apprestava alla lunga navigazione, con competenza e capacità, le Unità dipendenti, nonostante le ininterrotte, violente incursioni aeree. Nel corso del trasferimento, attaccato di notte da preponderante formazione di supercaccia avversari, nel sublime tentativo di salvare le altre Unità, impartiva l’ordine di dirottare verso la costa mentre con la propria, offerta al supremo olocausto, muoveva decisamente incontro all’attaccante, nel disperato tentativo di opporsi alla schiacciante superiorità dei mezzi avversari. Giunto a portata di tiro delle proprie mitragliere impegnava impari lotta, sorretto dall’entusiasmo e dalla fede degli eroi. Colpita la sua imbarcazione più volte, prossima ad affondare, rispondeva al nemico facilmente vittorioso, con le ultime raffiche di mitraglia, inabissandosi con la nave e l’intero equipaggio. Fulgido esempio di estrema dedizione alla Patria e di luminose virtù di comando. Mediterraneo Centrale, 20 gennaio 194341”.

40 Regio Decreto del 26 marzo 1942 41 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1948 - 29 -

Al Brigadiere Pietro Laganà, imbarcato sul Regio Dragamine 36 è stata concessa la Croce di Guerra al Valor Militare: “Brigadiere di Finanza, ramo mare, imbarcato con mansioni di meccanico su Dragamine in partenza verso altra zona per evacuazione di importante base navale oltremare, si prodigava sotto violenta azione aerea avversaria per l’imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l’Unità da soverchianti forze navali che ne provocavano l’affondamento, partecipava all’impari lotta fino all’estremo sacrificio della vita. Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere. Mar Mediterraneo, 20 gennaio 194342”. Trovò la morte sul Dragamine anche il giovane Finanziere di Mare Scelto Costabile Di Sessa, imbarcato sulla piccola unità navale quale motorista, ed in seguito decorato di Croce di Guerra al Valor Militare alla Memoria: “Imbarcato con mansioni di meccanico su dragamine in partenza verso altra zona, per evacuazione di importante base navale d’oltremare, si prodigava sotto violenta azione aerea avversaria per l’imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l’unità da soverchianti forze navali che ne provocarono l’affondamento, partecipava all’impari lotta fino all’estremo sacrificio della vita. Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere. Mar Mediterraneo, 20 gennaio 194343”. Lo stesso Regio Dragamine 36, verrà poi insignito della massima onorificenza al Valor Militare, a dimostrazione dell’eroismo dimostrato nell’impari lotta: “Dragamine comandato ed armato da personale della Guardia di Finanza, agli ordini del Comandante della Flottiglia, attaccato nella notte del 20 gennaio 1943 da preponderanti forze navali nemiche, correva incontro all’avversario nell’eroico intento di coprire e salvare le altre Unità della formazione, fino a trovarsi a portata delle proprie modestissime armi di bordo. Aperto il fuoco, cercava di arrecare al nemico la maggior possibile offesa continuando a sparare, benché colpito più volte, fino a quando soccombeva nell’impari lotta inabissandosi con il Comandante e l’intero equipaggio. Sublime esempio di indomabile spirito aggressivo, di sovrumana determinazione e di dedizione al dovere fino al supremo sacrificio. Mediterraneo Centrale, 20 gennaio 194344”.

42 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° aprile 1949 43 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° aprile 1949 44 Decreto del Presidente della Repubblica dell'8 maggio 1972 - 30 -

Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 le unità del naviglio superstiti furono tra le protagoniste del salvataggio di numerosi soldati sbandati, che trovarono un imbarco sicuro per raggiungere i porti liberati dell’Italia Meridionale. Altre imbarcazioni, non potendo raggiungere i convogli della Regia Marina diretti al Sud, preferirono autoaffondarsi piuttosto che cadere nelle mani dei Tedeschi, come avvenne alle unità dislocate a Imperia, Livorno, Trieste, Fiume e Napoli. Le imbarcazioni che sfuggirono alla cattura o all’affondamento raggiunsero i porti sicuri: la Pirovedetta Postiglioni, salpando da Rodi l’11 settembre 1943, raggiunse il porto di Haifa, sotto comando inglese. Venne impiegata per le restanti fasi della guerra a fianco della Royal Navy, in delicatissime missioni di guerra, di scorta e antisommergibile. Ben novantadue furono i Finanzieri di Mare caduti in combattimento e settantatré le navi perdute, pari alla metà del naviglio complessivo45.

45 Cfr. Pierpaolo Meccariello, Finanza di Mare. Dalle scorridore ai pattugliatori, Editalia, Roma, 1997, p. 134 - 31 -

~ 7 ~ LA DIFESA COSTIERA DELLA GUARDIA DI FINANZA

Una consistente aliquota di militari del Corpo della Guardia di Finanza, circa 15.000 uomini, fu destinata, fin dalle prime fasi del conflitto, alla difesa costiera, dipendenti direttamente dai comandi dell’Esercito e della Marina. Inizialmente, le attività cui vennero destinati furono soccorso a naufraghi, cattura di equipaggi nemici e di prigionieri di guerra evasi, avvistamento di mine vaganti, contrasto ad azioni di commandos. Il 10 luglio 1943, con lo sbarco alleato in Sicilia, le divisioni costiere poste a difesa iniziarono un’aspra lotta, infliggendo al nemico gravi perdite, nonostante l’inferiorità numerica, di uomini e di armamenti. Per quanto riguarda le Fiamme Gialle, furono impiegati circa 620 militari, con compiti di pattugliamento delle prime linee di bunker, contrasto ad eventuali colpi di mano da parte di sabotatori e recupero di piloti alleati caduti in mare. I combattimenti più accaniti si ebbero sulla spiaggia tra Gela e Scottigli, dove lo sbarco rischiò di fallire per il tempestivo intervento della Divisione Livorno. E furono proprio dei Finanzieri i primi reparti ad aprire il fuoco verso gli Alleati: nella notte del 10 luglio, rimaneva ucciso il Brigadiere Santo Arena, mentre era di pattuglia con alcuni suoi uomini nei pressi del pontile di Gela. La mattina seguente, a sbarco avvenuto sulla spiaggia di Porto Ulisse, erano gli uomini del Brigadiere Lorenzo Greco a fronteggiare i primi mezzi che raggiungevano la spiaggia, rallentando di diverse ore i piani anglo-americani. Solo l’intervento di reparti paracadutatisi sull’isola la notte precedente permise l’annientamento del piccolo reparto di Fiamme Gialle: caddero il Brigadiere Lorenzo Greco ed i Finanzieri Raffaele Bianca, Emanuele Giunta e Pietro Nuvoletta, ai quali vennero conferite, rispettivamente, la Medaglia d’Argento e le Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria. Questa la motivazione dell'onorificenza al Brigadiere Greco: “Comandante di due postazioni per fucili mitragliatori, pur accortosi che la difesa costiera non era entrata in azione, nonostante l'enorme sproporzione di mezzi e di uomini nemici, si opponeva col fuoco allo sbarco dell'avversario. Preso con i pochi militari di cui disponeva, tra il fuoco delle navi e quello dei da terra, anziché cedere, si irrigidiva in una resistenza ad oltranza. Sopraffatto cadeva sul posto del dovere accanto alle proprie armi che aveva fatto sparare fino all'ultima cartuccia offrendo la giovane esistenza in olocausto alla Patria. Portulisse, Sicilia, 10 luglio 194346”.

46 Decreto Legge del 1° febbraio 1945 - 32 -

Questa la motivazione dell'onorificenza ai Finanzieri Bianca, Giunta e Nuvoletta: “In servizio ad una postazione di fucili mitragliatori, pur essendosi accorto che la difesa del litorale non era entrata in azione, opponeva col fuoco strenua resistenza alle preponderanti forze navali da sbarco nemiche. Preso, con i pochi compagni, tra il fuoco di mare e quello dei paracadutisti da terra, anziché cedere continuava la resistenza sino all’estremo sacrificio lasciando la propria vita sul posto dell’onore. Esempio di virtù preclari e di supremo attaccamento al dovere. Portulisse, Sicilia, 10 luglio 194347”. Dall’altra parte dell’isola, nei pressi di Pachino, caddero i Finanzieri Salvatore Scifo e Giovanni Fidone e rimasero feriti altri sei militari, tra cui il comandante della brigata di Marzameni, Maresciallo Capo Giuseppe Magnani. I due Finanzieri caduti ed il sottufficiale furono decorati di Medaglia d’Argento al Valor Militare. Così recita la motivazione della Medaglia all'Appuntato Scifo: “Mentre accorreva volontariamente per dare manforte ad altri Finanzieri del suo reparto impegnati da soverchianti forze nemiche, cadeva colpito da una raffica di mitraglia, immolando alla Patria la sua esistenza. Marzameni, Sicilia, 10 luglio 194348”. Il Finanziere Fidone, “partecipava alla difesa di una postazione attaccata da soverchianti forze nemiche e dopo aspro combattimento, sostenuto con valore, spirito di sacrificio e coraggio, cadeva crivellato di schegge di una bomba mentre forniva le munizioni per il fucile mitragliatore al proprio comandante. Marzameni, Sicilia, 10 luglio 194349”. Il Maresciallo Magnani, a sua volta, “organizzava con spirito di iniziativa la resistenza scontro il nemico sbarcato con forze preponderanti. Con un manipolo di Finanzieri difendeva tenacemente una postazione. Con un solo dipendente illeso, lui stesso più volte ferito, continuava la disperata resistenza fino al completo esaurimento delle munizioni. Marzameni, Sicilia, 10 luglio 194350”.

47 Decreto Legge del 1° febbraio 1945. Riferendosi allo stesso evento, la motivazione è identica per tutti e tre i militari 48 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954 49 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954 50 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954 - 33 -

Sempre a Marzameni veniva catturato dalle forze alleate il Finanziere Giorgio Calvo, dopo aver ostacolato l'avanzata di un forte numero di nemici, meritandosi la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Ostacolava l'avanzata di un forte nucleo di nemici che tentava di aggirare una postazione. Esaurite le munizioni, ripiegava su detta postazione e continuava a combattere con altri pochi Finanzieri fino a quando, feriti tutti gli altri ed esaurite completamente le munizioni, veniva catturato. Marzameni, Sicilia, 10 luglio 194351”. Ad Avola, si distingueva il Maresciallo Capo Luigi Leopardi che veniva catturato in combattimento, armi in pugno. Infine, l’Appuntato Salvatore Ferro della brigata di Massoliveri, che rifiutava di arrendersi, venne ucciso nella sua postazione. Al termine della battaglia, i Finanzieri catturati dagli Alleati vennero concentrati a Pachino e imbarcati per i campi di prigionia in Egitto. Durante il tragitto, il convoglio veniva attaccato da aerei italo-tedeschi e molti Finanzieri perirono nell’affondamento di una delle navi. Tra di loro, l’Appuntato Bartolomeo Carbone, che si era distinto nella difesa di Porto Palo.

51 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954 - 34 -

~ 8 ~ L’ARMISTIZIO DELL’8 SETTEMBRE 1943

Tre anni dopo l’entrata in guerra, le forze dell’Asse erano sulla difensiva e l’Italia era allo stremo delle forze morali e materiali. Gli uomini della Guardia di Finanza presenti sul territorio nazionale condividevano le sorti della popolazione civile stremata dalla guerra e dai bombardamenti alleati. Il 28 maggio 1943, a seguito dell'ennesima incursione aerea sulla penisola, nella città di Livorno, trovava la morte il Maresciallo Maggiore Giuseppe Grasso, colpito da una scheggia di bomba mentre a bordo di una piccola imbarcazione cercava di portare in salvo in un rifugio antiaereo un gruppo di civili. Promosso a titolo onorifico a Sottotenente, gli è stata conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Imbarcato su una motolancia della Guardia di Finanza, che traghettava militari e civili diretti ad un rifugio, fatto segno da bombardamento aereo, anziché affrettarsi a mettersi al riparo, si prodigava fino al sacrificio della propria vita nelle difficili operazioni di sbarco, riuscendo in tal modo a sottrarre da sicura morte una quarantina di militari ed alcuni civili che avevano preso posto nell'unità, diretti anche loro al rifugio. Livorno 28 maggio 194352”. Lo sbarco in Sicilia, il 10 luglio 1943, e la successiva invasione della penisola, determinarono anche nelle più alte cariche del Governo e del Regno la sensazione che il conflitto era ormai perduto definitivamente e che solo la destituzione di Mussolini avrebbe determinato la fine della guerra contro gli Alleati. Vittorio Emanuele III, percependo questo malumore crescente, approfittò del contrasto politico, determinatosi in seno al Gran Consiglio del Fascismo nella notte del 24-25 luglio, a seguito dell’Ordine del Giorno Grandi, facendo arrestare Mussolini e costituendo un nuovo governo con a capo il Maresciallo Pietro Badoglio. Durante lo sbarco in Sicilia un’opera di pregevole ammirazione fu compiuta da Don Giuseppe Grossi, cappellano militare inquadrato nella Guardia di Finanza, il quale prestò la sua opera di fede verso i feriti e i moribondi, meritando per questo la Croce di Guerra al Valor Militare: “Cappellano di Corpo d’Armata, nel corso di un ciclo operativo di recava nei posti maggiormente colpiti dall’offesa nemica e contribuiva validamente alla saldezza morale delle truppe portando ovunque con l’esempio e la parola il conforto della fede. Incurante del pericolo si prodigava sotto le offese nemiche nel raccogliere i feriti e nella identificazione delle salme. Scacchiere della Sicilia, 10 luglio-2 agosto 194353”.

52 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 1948 53 Conferimento nel 1947 - 35 -

A seguito della crisi verificatasi in Italia, il comando generale della Wermacht ordinò l’esecuzione dell’Operazione Alarico, riguardante l’eliminazione delle Forze Armate Italiane, a sua volta più ampiamente articolata nell’Operazione Eiche (liberazione di Mussolini), nell’Operazione Student (occupazione di Roma, cattura del Governo, della Famiglia Reale e dello Stato Maggiore Italiano), nell’Operazione Schwarz (disarmo e internamento dei militari italiani) e nell’Operazione Achse (cattura dell’intera flotta). Iniziò così, e proseguì per tutto il mese di agosto, l’afflusso in Italia di grandi unità tedesche, le quali occuparono le posizioni prescelte per l’esecuzione dei loro compiti senza richiedere autorizzazioni da parte italiana. Il 18 agosto 1943, le operazioni preliminari del piano furono concluse, ed in Italia si trovarono così schierate diciassette divisioni, due brigate e numerosi elementi non indivisionati, per un totale di circa 150.000 uomini. Al contempo, da parte italiana, iniziarono i contatti con gli Alleati: convinti di poter negoziare un armistizio, Vittorio Emanuele III e Badoglio non si resero inizialmente conto che gli Alleati erano disposti soltanto a definire le modalità tecniche della cessazione delle ostilità e della consegna dell’intera flotta da battaglia, restando inteso che i termini politici della questione erano fissati nella formula della “resa incondizionata”. Frattanto, il 15 agosto, Italiani e Tedeschi concordavano il rimpatrio nella penisola della 4a Armata dalla Francia Meridionale, di alcune divisioni dalla Slovenia e di un certo numero di battaglioni dei Carabinieri e della Guardia di Finanza dalla Grecia per ragioni di tutela dell’ordine pubblico. Nei confronti dei Tedeschi, Governo e Stato Maggiore furono dominati dalla consapevolezza della superiorità dell’avversario, e si aggrapparono tenacemente all’illusione di non dover giungere allo scontro diretto, scegliendo la strada della riaffermazione della fedeltà all’alleato: è quanto fece Vittorio Emanuele III il 7 settembre all’Ambasciatore tedesco a Roma Rudolf Rahn ed il Generale Mario Roatta al Maresciallo Albert Kesserling nel pomeriggio dell’8, quando le radio alleate già stavano diffondendo la notizia dell’armistizio, firmato a Cassibile già il 3 settembre segretamente dal Generale Giuseppe Castellano, per conto di Badoglio, e dal Generale Walter Bedell Smith in rappresentanza degli Alleati. Solo a tarda sera, ed esattamente alle 19:45, il Maresciallo Pietro Badoglio dava annuncio via radio dell’avvenuta sottoscrizione dell’armistizio: “Il Governo Italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al Generale Eisenhower, Comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare

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da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza54”. Molti comandi italiani furono colti di sorpresa; non fu così per i Tedeschi che aggredirono ovunque, sia sul territorio nazionale che all’estero, le forze italiane. Solo il Comando Generale della Guardia di Finanza, grazie a piani predisposti per tempo, e decisi dal nuovo Comandante Generale, Generale di Corpo d’Armata Aldo Aymonino valutò la situazione, orientando al meglio i comandi dipendenti: le diserzioni furono ridotte al minimo, l’intera catena di comando continuò a funzionare e a costituire anche un punto di riferimento per le centinaia di Finanzieri che in modo più o meno avventuroso riuscirono a rientrare in Italia. Con la Circolare del 15 settembre 1943, il Generale Aymonino dava le istruzione necessarie affinché la Guardia di Finanza continuasse ad “osservare e di fare osservare scrupolosamente le leggi vigenti e le norme che le autorità militari e quelle civili competenti55” si fossero trovate ad emanare.

54 Testo dell'armistizio tra l'Italia e le forze alleate letto dal Maresciallo Pietro Badoglio alle ore 19.42 dalla stazione EIAR di Roma 55 Circolare N. 964/R.O. del 15.09.1943 “Istruzioni generale di servizio per la Regia Guardia di Finanza (Ramo Terra e Ramo Mare)” - 37 -

~ 9 ~ LA SITUAZIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA ALLA DATA DELL’ARMISTIZIO

Alla data dell’armistizio, la forza della Guardia di Finanza, ammontava a 51.133 uomini, di cui 18.652 richiamati dal congedo; 26.253 erano impiegati in compiti bellici, ovvero nei Battaglioni Mobilitati (Jugoslavia, Dalmazia, Montenegro, Albania, Grecia e Dodecaneso), nella difesa costiera, a disposizione della CSIAF, la Commissione Italiana di Armistizio con la Francia, e nella difesa di fabbriche e impianti industriali; ben 24.880 erano addetti al servizio d’istituto, comprendente peraltro anche i compiti di concorso al mantenimento dell’ordine pubblico e di polizia economica, direttamente connessi allo stato ed anche lotta al mercato nero56. La parte operativamente più significativa, i 9950 appartenenti ai reparti mobilitati era inquadrata in diciotto battaglioni e due compagnie autonome, dislocate dalla Francia Meridionale a Creta e negli equipaggi delle unità navali dipendenti dai comandi operativi della Regia Marina. L’Accademia di Roma svolgeva i suoi normali corsi, biennale per allievi ufficiali ed annuale di applicazione, soltanto con un numero poco superiore di frequentatori rispetto al tempo di pace. Erano stati anche trasferiti nella Guardia di Finanza, per concorso, una cinquantina di ufficiali di complemento del Regio Esercito laureati in discipline economico-giuridiche. Specificatamente per quanto riguarda il personale mobilitato all’estero, alle dipendenze dei comandi del Regio Esercito per servizi di presidio e compiti di difesa costiera e di controguerriglia, la situazione era la seguente:  in Francia, Battaglione Mobilitato di Nizza e Annemasse (con in aggiunta una compagnia dislocata in Corsica);  in Slovenia, IX e X Battaglione Mobilitato;  in Dalmazia, IV, XI e XIV Battaglione Mobilitato, Compagnia Autonoma di Cerquenizza, Stazione Navale di Spalato;  in Montenegro, II e VI Battaglione Mobilitato e Compagnia Autonoma di Cattaro;  in Albania, III, VII e XV Battaglione Mobilitato, Legioni di Tirana e Scutari;  in Grecia, I, V, VIII, XII, XIII, XVI Battaglione Mobilitato (erano poi presenti diverse compagnie di Finanzieri nelle isole italiane dell’Egeo). Tra le responsabilità più gravi e meno spiegabili di chi gestì il problema drammatico del cambiamento di fronte si colloca, quindi, la mancanza di qualunque predisposizione riguardante le forze, oltre 500.000 uomini, dislocate nei Balcani, in Grecia e nelle Isole dell’Egeo. Nulla fu fatto per contrastare le misure preliminari dell’Operazione Alarico, per organizzare preventivamente la concentrazione delle truppe in teste di ponte in vista di un successivo imbarco e per ottenere

56 Circolare N. 897/R.O. del 28.08.1943 “Norme particolari del Regia Guardia di Finanza durante l’attuale periodo bellico” - 38 - l’appoggio alleato allo scopo di avere la collaborazione dei movimenti di resistenza. Riuscirono in buona parte a salvarsi solo le truppe della 4a Armata, che, in base a precedenti accordi con i Tedeschi, stavano rientrando dalla Francia Meridionale. Anche il battaglione della Guardia di Finanza presente a Nizza aveva già ricevuto l’ordine di rimpatrio, e nella giornata del 9 settembre da Ventimiglia raggiunse Cuneo e poi Torino, dove fu sciolto. Furono invece internati parte dei militari della compagnia di Finanzieri di Tolone, mentre quelli della compagnia dislocata in Corsica, dopo aver partecipato ai combattimenti intorno a Bastia, si trasferirono in Sardegna alla fine di ottobre. Un altro battaglione, con comando ad Annemasse, al quale era affidata la vigilanza del tratto di confine franco-svizzero tra il Mont Dolent ed il Lago di Ginevra, presidiato dagli Alpini del XX Raggruppamento Sciatori, passò quasi al completo la frontiera ed i suoi componenti trovarono rifugio in Svizzera.

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~ 10 ~ GLI AVVENIMENTI IN ITALIA A SEGUITO DELL’ARMISTIZIO

I comandi militari in Italia e all’estero seppero dell’armistizio, come i comuni cittadini, dal messaggio del Maresciallo Badoglio, diffuso dalle stazioni radio dell’EIAR alle 19:45 dell’8 settembre 1943. Il giorno dopo, 9 settembre, il Re, il Capo del Governo, il Capo di Stato Maggiore Generale e dell’Esercito, decisero di rinunciare sia alla difesa di Roma che al progettato trasferimento a La Maddalena, essendo il litorale controllato per buona parte dai Tedeschi, e di raggiungere la costa adriatica per portarsi successivamente a sud, in una località che non fosse occupata né dai soldati tedeschi né dagli Anglo-Americani. Intorno alla Capitale, comunque, i combattimenti si protrassero fino al pomeriggio del 10 settembre quando, alle 16:30, entrò in vigore la tregua stipulata con il Maresciallo Kesserling. La Guardia di Finanza non ebbe modo di prendervi parte, poiché non disponeva nella zona di Roma di reparti mobili, mentre nelle scuole erano presenti solo pochi elementi del quadro permanente, essendo gli allievi in licenza estiva. Furono in ogni modo attuati i piani di difesa delle caserme e presidiati gli obiettivi sensibili: il Ministero delle Finanze, l’Istituto Poligrafico, la Zecca e la Banca d’Italia. La Scuola Sottufficiali di Ostia fu occupata di sorpresa da un reparto di paracadutisti tedeschi la sera dell’8 settembre stesso. Il comandante, gli ufficiali ed i pochi uomini del quadro permanente presenti furono riuniti in un collegio vicino dove venivano raccolti i colleghi rastrellati lungo il litorale. Il mattino successivo, un ufficiale tedesco, alla presenza del Capitano Enzo Stanzani, rimasto a rappresentare il comando, riunì i Finanzieri, li lasciò liberi e li invitò a tornarsene a casa. Il Capitano Stanzani si fece allora avanti e, dopo aver ordinato di non tenere conto delle parole del comandante tedesco, invitò i suoi uomini a raggiungere al più presto il Comando Generale della Guardia di Finanza a Roma: fece poi “rompere le righe” senza che alcun soldato tedesco intervenisse. Nella Capitale, per il mantenimento dell’ordine pubblico, furono disposti tre battaglioni della Divisone Piave, un’aliquota di circa 4000 Carabinieri Reali, quasi 1500 uomini appartenenti alla Polizia Africa Italiana e alla Polizia Metropolitana ed un contingente di Finanzieri appartenenti alla 9a Legione Territoriale e alla Legione Allievi. Furono tutti posti alle dipendenze del neo costituito Comando Forze di Polizia della Città Aperta, mentre i militari della Guardia di Finanza furono posti alle dirette dipendenze del Comando Guardia di Finanza della Città Aperta, agli ordini del Generale Filippo Crimi, Comandante della zona di Napoli ma rimasto bloccato nella Capitale a seguito degli avvenimenti legati all’armistizio. Nel resto d’Italia, l’assunzione del controllo da parte della

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Wermacht avvenne senza eccessiva difficoltà, malgrado i tentativi di resistenza posti in essere dalle forze italiane. A Bari, i Finanzieri intervennero il 9 settembre contro un drappello di Tedeschi incaricati di distruggere le installazioni portuali, costringendoli ad asserragliarsi nell’edificio della dogana ingaggiando un aspro conflitto a fuoco nel corso del quale cadde il Finanziere Luigi Partipilo, decorato poi con Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria: “Mentre alcuni Tedeschi occupavano i punti strategici dell'ospedale consorziale per dare la possibilità ad altra forza tedesca di compiere atti di sabotaggio nel porto di Bari, volontariamente accorreva sul posto unendosi ai reparti che incalzavano il nemico rispondendo col proprio fuoco a quello avversario. Colpito da proiettile sparato da breve distanza, pagava con la vita il suo atto di ardimento dando così esempio di coraggio, sprezzo del pericolo e amor di Patria. Bari, 9 settembre 194357”. La compagnia stanziata a Piombino partecipò alla difesa del porto contro un tentativo di sbarco di truppe tedesche da alcune motozattere: negli scontri iniziati il 10 settembre 1943, rimase ucciso il Sottobrigadiere Vincenzo Rosano, mentre organizzava la difesa. In uno scontro a Livorno, invece, caddero il Maresciallo Maggiore Gaetano Russo, Comandante della Brigata Calate, ed il Finanziere Mario Guidelli. A Fortezza, in provincia di Bolzano, i Tedeschi assaltarono la locale caserma delle Fiamme Gialle: nei combattimenti che ne seguirono, cadde il Finanziere Scelto Giuseppe Gardella, decorato di Medaglia di Bronzo al Valore della Guardia di Finanza alla Memoria: “Finanziere appartenente alla Brigata Stanziale di Fortezza, Bolzano, nelle tragiche ore susseguenti alla dichiarazione d’armistizio dell’8 settembre 1943, impegnò un impari combattimento contro una formazione tedesca che tentava di assaltare la caserma ove prestava servizio, venendo mortalmente ferito dopo eroica resistenza. Fulgido esempio di attaccamento al dovere e di nobili virtù militari dettate fino all’estremo sacrificio. Fortezza, Bolzano, 9 -10 settembre 194358”. Non mancarono incidenti anche gravi: a Napoli due Finanzieri, Salvatore Spiridigliozzi e Ludovico Papini, trovati in possesso di armi, furono fucilati il 12 settembre insieme ad altri due militari; in analoghe circostanze venne gravemente ferito, a Voltri, in provincia di Genova, l’Appuntato Antonio Fontana. Nel giro di pochi giorni, comunque, le forze tedesche assunsero il controllo del territorio, almeno per quanto riguarda i centri abitati di qualche consistenza e le vie di comunicazione.

57 Decreto Legge del 18 luglio 1944 58 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007 - 41 -

Sul confine svizzero, le brigate della Guardia di Finanza si adoperarono per agevolare il passaggio in territorio neutrale di militari sbandati e, a volte, di interi reparti, di prigionieri di guerra evasi e di perseguitati politici e razziali, tra i quali decine di ebrei stranieri. Passarono in Svizzera anche numerosi Finanzieri, gran parte dei quali tornarono ai reparti dopo pochi giorni. Degno di menzione, il Capitano Leonardo Marinelli, Comandante della Compagnia di Madonna di Tirano che, il 12 settembre 1943, guidò i suoi Finanzieri in una disperata corsa per salvare il maggior numero di uomini. Storie di eroismo nei drammatici mesi successivi l’armistizio, furono compiuti da tantissimi soldati, marinai, avieri, carabinieri e Fiamme Gialle. Dalla strenua difesa di Porta San Paolo a Roma al triste epilogo della Corazzata Roma agli ordini dell’Ammiraglio Carlo Bergamini, fiumi di inchiostro sono stati già scritti. E, proprio per questo, cercare di narrare i fatti che coinvolsero la Guardia di Finanza non è stato certamente facile, sia per la scarsità di notizie a riguardo, sia perché considerato, a torto, un argomento di secondo piano dalla storiografia bellica. Solo di recente, grazie anche all’opera del Museo Storico della Guardia di Finanza di Roma, si viene piano piano a conoscenza di azioni individuali e collettive, di singoli militari come di interi reparti, non certo meno eroiche di quelle ricordate. In Abruzzo, immolò la sua giovane vita l’Allievo Finanziere Livio Cicalé che venne catturato dai militari tedeschi e poi fucilato perché, durante un’azione militare, si era attardato per soccorrere un partigiano rimasto ferito nel precedente scontro a fuoco. Gli è stata concessa la Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “Dopo l’armistizio si arruolava tra i primi nelle formazioni partigiane, distinguendosi per coraggioso comportamento. Nel corso di un’ardita azione, già disimpegnatosi con i suoi, tornava indietro per raccogliere un ferito. Caricatosi il compagno sulle spalle, ma inseguito e raggiunto, impegnava combattimento fino all’ultima cartuccia. Catturato, percosso, lungamente e barbaramente seviziato, manteneva fiero ed esemplare contegno, non rinnegando la sua fede e nulla rivelando. Fucilato, cadeva nel nome d’Italia. Tolentino Sforzacosta, Macerata, 17 aprile 194459”. A Monte Morello, nel luglio 1944, il Finanziere Pietro Ferrantini, già appartenente al IX Battaglione Mobilitato, si unì fin da subito alle formazioni partigiane all'indomani dell'armistizio. Durante un rastrellamento compiuto dalle forze tedesche, rimaneva ucciso durante un duro scontro a fuoco. È stato insignito di Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Già bravo Finanziere, accorreva all'armistizio al richiamo della lotta per la libertà, distinguendosi per capacità, spirito di iniziativa e coraggio in più combattimenti.

59 Decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 1950 - 42 -

Durante un duro rastrellamento avversario, rimasto solo, dopo ore di cruenta lotta, resisteva impavidamente alla soverchiante pressione nemica finché, sopraffatto, immolava la sua vita per la libertà della Patria. Monte Morello, 14 luglio 194460”. Oppure storie come quella del giovane Finanziere Attilio Martinetto, volontario sul fronte jugoslavo nel 1940. Colto quasi alla sprovvista dall’armistizio, riuscì a tornare in Italia, raggiungendo la provincia di Cuneo dove, nella cittadina di Castello Alfredo, fu tra gli organizzatori del locale gruppo di resistenza alle truppe tedesche. Infiltratosi all’interno del controspionaggio fascista, si distinse per la preziosissima attività informativa politico-militare e di collegamento fra i vari comandi partigiani. Arrestato il 25 novembre 1944, dopo essere stato scoperto, nonostante una rocambolesca fuga, venne fatto nuovamente prigioniero assieme alla moglie, Anna Maria Comandù, staffetta partigiana. Tradotto nel carcere di Cuneo, il 25 aprile 1945, veniva fucilato da un plotone delle Brigate Nere, assieme ad altri quattro prigionieri. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza: “Giovane e ardente Finanziere, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 aderiva alla resistenza, aggregandosi ad una Divisione Partigiana che lo incaricava di svolgere delicate e pericolose azioni informative. Infiltratosi nell’ufficio politico di una Questura Fascista Repubblicana, forniva preziose informazioni che consentirono di evitare la cattura di numerosi partigiani. In tale veste riusciva a far pervenire ai Comandi partigiani il piano dettagliato per l’attacco alla città di Alba, proclamatasi repubblica autonoma, consentendo ai difensori di protrarre la resistenza oltre ogni logico limite. Catturato dai Fascisti, riusciva a fuggire, ma si riconsegnava ai suoi carnefici per ottenere la liberazione della sua giovane sposa, presa in ostaggio. Dopo interminabili sevizie, veniva fucilato assieme ad altri compagni nel giorno della liberazione, dando esempio di luminoso spirito di sacrificio, eccezionale senso del dovere, prorompente anelito alla libertà ed eroico sprezzo della morte. Castello Alfredo, Cuneo, 8 settembre 1943-25 aprile 194561”. Il Maresciallo Capo Francesco Niglio, deceduto nel 1951 per cause naturali, come semplice Finanziere, il 9 settembre 1943 coadiuvava le truppe americane della 5a Armata che, sbarcate a Salerno, stavano risalendo la penisola, con compiti di controspionaggio. Il suo contributo è stato determinante nello scoprire e catturare numerose spie, infiltratesi tra i gruppi partigiani, che operavano per i Tedeschi. In segno di gratitudine per l’opera svolta, gli è stata conferita la Medaglia d’Argento al Valore della Guardia di Finanza:

60 Decreto del Presidente della Repubblica del 22 febbraio 1971 61 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007 - 43 -

“Finanziere di eccellenti doti militari, trovandosi in licenza presso la propria famiglia in occasione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, si presentava spontaneamente alla locale Brigata, ottenendo l’autorizzazione a prestarvi servizio temporaneo. Dopo aver coadiuvato le truppe della 5a Armata americana sbarcate nel Golfo di Salerno il 9 settembre 1943, fu successivamente impiegato nel Servizio di Controspionaggio presso le Forze Armate Alleate. Si prodigava, in continuo rischioso lavoro, spesso sotto il fuoco nemico, in numerose azioni di guerra, nel corso delle quali dava prova di ardimento e di perizia. Nello scoprire e catturare numerosi agenti segreti alle dipendenze dei Tedeschi, contribuiva fattivamente al buon esito della guerra di liberazione. Castellabate, Salerno, e territorio nazionale, 8 settembre 1943-11 luglio 194562”. Lo stesso spirito animò il Sottotenente Giuseppe Osana, nelle regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, aiutando ed armando i locali gruppi partigiani che si erano andati formando all’indomani della caduta del Fascismo il 25 luglio 1943 e alla firma dell’armistizio. Con gli uomini posti al suo comando, riusciva a svolgere numerose azioni contro le truppe tedesche. Al suo ricordo è legata la Medaglia d’Argento al Valore della Guardia di Finanza conferitagli dopo la sua scomparsa: “Durante la dominazione fascista, teneva salda la tradizione di fedeltà alla Patria della Guardia di Finanza, partecipando con grave rischio personale all’attività del fronte clandestino. Si prodigava nel fornire ai partigiani armi, munizioni ed ogni equipaggiamento e svolgeva un’intensa attività informativa a favore dei patrioti. Sfuggito avventurosamente all’arresto, assumeva il comando di un Battaglione partigiano, con il quale partecipava a numerose azioni contro gli occupanti. Nobile esempio di virtù militari e civili. Friuli-Veneto, 8 settembre 1943-25 aprile 194563”.

62 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007 63 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007 - 44 -

~ 11 ~ IL DRAMMA DI CEFALONIA E CORFÙ

Anche il Corpo della Guardia di Finanza fu duramente colpito, in perdite militari, dalla tragedia connessa agli eventi verificatisi nelle Isole Jonie, specialmente a Cefalonia e a Corfù, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Nelle isole greche era stanziato il I Battaglione Mobilitato, presente nell’area fin dall’aprile 1941, con compiti di difesa costiera, polizia militare e vigilanza finanziaria ed economica, presso depositi merci, magazzini, strade e porti: proprio durante l’espletamento di tali compiti, il 22 luglio 1941, nella rada di Katalios, sulla costa meridionale di Cefalonia, furono uccisi i Finanzieri Francesco Caddeo e Enrico Martinelli. Forte di oltre 800 uomini, il I Battaglione, suddiviso in cinque compagnie, era comandato dal Capitano Luigi Bernard, il quale aveva anche a disposizione motovedette e unità navali minori per svolgere compiti di polizia costiera e di controllo tra le isole dell’arcipelago. L’armistizio portò con sé incertezza di comportamento, ordini contradditori provenienti dai comandi in Patria e intimazioni alla resa da parte delle truppe tedesche della Wermacht stanziate nell’arcipelago. Alla data dell’armistizio, il I Battaglione Mobilitato era così dislocato:  Isola di Corfù: Comando di Battaglione, 1a e 3a Compagnia Fucilieri (circa 400 uomini);  Isola di Cefalonia e Itaca: 4a Compagnia Mitraglieri, rinforzata da elementi della 2a e 5a Compagnia Fucilieri (circa 250 uomini);  Isola di Leucade: due plotoni della 2a Compagnia Fucilieri (circa 100 uomini);  Isola di Zante: due plotoni della 5a Compagnia Fucilieri (circa 80 uomini);  Isole minori: una squadra di Fucilieri per ogni isola (circa 50 uomini). Il 9 settembre, il Capitano Bernard, così come era stato disposto dal Comando Generale della Guardia di Finanza, diede ordine a tutti i reparti dipendenti di attenersi alle decisioni dei singoli comandi di presidio. Anche questo, non permise ai Finanzieri, così come alle altre forze militari, di comportarsi univocamente, lasciando aperte le tre soluzioni possibili: aderire alla resa e, di conseguenza farsi internare; dissociarsi ed agire contro i Tedeschi; tentare il rimpatrio via mare. Solo il 14 settembre era consegnata ai Tedeschi la seguente nota: “Per ordine del Comando Supremo italiano e per volontà degli ufficiali e dei soldati, la Divisione Acqui non cede le armi. Il Comando Supremo tedesco, sulla base di questa decisione, è pregato di presentare una risposta definitiva entro le ore 09:00 di domani 15 settembre64”.

64 Comunicazione del Generale Antonio Gandin, Comandante della Divisione Acqui a Cefalonia, alle forze tedesche stanziate - 45 -

A questo punto, i Finanzieri di Cefalonia e Corfù, fallita ogni diversa trattativa, scelsero di seguire la stessa strada della Divisione di Fanteria Acqui del Generale Antonio Gandin, ovvero la difesa ad oltranza contro i Tedeschi, nell’attesa di aiuti militari alleati provenienti dall’Italia. Di quanto avvenne agli uomini della Guardia di Finanza della 4a Compagnia Mitraglieri a Cefalonia le notizie sono ancora oggi poche e frammentarie: l’unica certezza è che l’isola non ha restituito al Corpo nessun ufficiale. A Corfù, invece, in seguito ai primi scontri del 13 settembre, il Capitano Bernard ed i suoi Finanzieri, dopo aver disarmato e fatto prigionieri i militari tedeschi del distaccamento portuale, nonostante gli intensi bombardamenti aerei della Luftwaffe, che causarono, oltre alla morte del Capitano Francesco Cultrona, Comandante della 1a Compagnia Fucilieri, vasti e pericolosi incendi, riuscirono a sgomberare un deposito di munizioni ubicato nel porto. Al Capitano Cultrona sarà così conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “All’atto dell’armistizio, ricevuto ordine di imbarcarsi per rientrare in territorio metropolitano, chiedeva ed otteneva di condividere la sorte dei commilitoni che, rifiutando le offerte di resa, si approntavano alla lotta. Nel corso di intenso bombardamento aereo, nel tentativo di attraversare una zona intensamente battuta per raggiungere i propri uomini maggiormente esposti, cadeva nell’assolvimento del nobile compito impostosi. Corfù, 9-25 settembre 194365”. Con l’attacco finale tedesco, del 24 settembre 1943, con lo sbarco nella laguna di Corissa di altri rinforzi e con la distruzione delle batterie costiere di difesa, terminò la resistenza delle truppe italiane. Il Capitano Bernard, come la maggior parte degli ufficiali, fu, dapprima, tenuto prigioniero sull’isola e, successivamente, nel mese di ottobre, internato: per le sue azioni verrà insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Assunto il comando di un battaglione pochi giorni prima dell’armistizio, partecipava con entusiasmo alla lotta intrapresa contro preponderante avversario. Incurante del rischio, si prodigava, sotto continui e massicci bombardamenti aerei, per la prosecuzione della resistenza fino all’estremo limite e per il recupero di ingenti quantitativi di materiale bellico. Volontariamente partecipava a varie rischiose azioni, trascinando con lo esempio i propri uomini. Quando ormai le sorti della lotta erano decise, rifiutava la possibilità offertagli di porsi in salvo e continuava a combattere fino

sull'isola, 14 settembre 1943 65 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 ottobre 1954 - 46 -

a che, caduti gli altri presidi, era costretto a cedere alla schiacciante superiorità avversaria. Corfù, settembre 194366”. Numerosi furono anche i Finanzieri che, grazie all’aiuto della popolazione locale, riuscirono a rientrare in Italia con mezzi di fortuna. Da ricordare che nel corso delle esecuzioni di massa seguite alla capitolazione della Divisione Acqui a Cefalonia, furono fucilati tutti gli ufficiali presenti sull’isola: il Capitano Francesco La Rosa, il Sottotenente Pasquale Ciancarelli ed il Sottotenente Lelio Triolo, quest’ultimo prelevato dall’ospedale da campo, sito ad Argostoli. Fucilato sarà anche il Finanziere Lionello De Mita, che aveva svolto per tutta la durata dei combattimenti il ruolo di staffetta e che gli varrà la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Staffetta presso un reparto dislocato oltremare, durante tragiche giornate di lotta contro un nemico preponderante per uomini e mezzi, assolveva il proprio compito incurante del pericolo, percorrendo ripetutamente un itinerario scoperto, intensamente battuto dal bombardamento e mitragliamento aereo. Catturato, affrontava stoicamente la fucilazione cui era stato condannato per l’ardimentoso servizio svolto. Cefalonia, settembre 194367”. Inoltre, dal 9 al 25 settembre 1943, numerosi furono gli atti eroici compiuti da singoli uomini: il Tenente Renato Benini, a Corfù, durante un bombardamento tedesco, riusciva a mettere al sicuro armi e munizioni dalle fiamme di un incendio che era scoppiato, meritando per l’azione la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Aiutante Maggiore di Battaglione dislocato in un’isola lontana dalla Madrepatria, all’atto dell’armistizio, partecipava con slancio alla lotta intrapresa contro il preponderante avversario. Nel corso di massiccio bombardamento aereo, incurante del grave rischio, si prodigava per salvare dalle fiamme armi e munizioni, trascinando con l’esempio i propri dipendenti. Caduto un Comandante di Compagnia, lo sostituiva portandosi volontariamente nelle località più esposte dove galvanizzava gli uomini nella disperata resistenza. Corfù, 9-25 settembre 194368”. Si ricordano poi il coraggio del Finanziere Fernando Rondelli che, nonostante fosse stato gravemente ferito dallo scoppio di una bomba di aereo, rifiutava ogni cura, continuando a combattere fino all'ultimo respiro; quello del Finanziere Francesco Di Sabatino che, sfidando il fuoco nemico, riusciva a portare in salvo una mitragliatrice e, in seguito, alla testa di pochi uomini, attaccava arditamente una posizione tedesca; o quello del Finanziere Giorgio Lorefice che,

66 Decreto del Presidente della Repubblica del 26 settembre 1954 67 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 ottobre 1954 68 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 ottobre 1954 - 47 - nonostante un incessante bombardamento aereo, riusciva a domare un incendio scoppiato all’interno di un deposito munizioni e carburante; infine, quello del Finanziere Luigi D’Onofrio che riusciva a portare in salvo alcuni colleghi da un edificio in fiamme. In totale, per i fatti d’arme nelle Isole Jonie, il I Battaglione Mobilitato annovererà 57 caduti e numerosi feriti e a dimostrazione del valore dei suoi militari, sarà concessa allo Stendardo del I Battaglione Mobilitato la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Temprato in numerosi aspri combattimenti, tenace nelle lotte più cruente, temerario negli ardimenti, pervaso da indomito spirito guerriero, teneva fede alle leggi dell’onore militare, a fianco dei Reparti della Divisione Acqui nella tragica ed eroica resistenza di Cefalonia e di Corfù, dava largo, generoso contributo di sangue, battendosi in condizioni disperate ed immolandosi in glorioso olocausto alla Patria. Cefalonia- Corfù, 9-25 settembre 194369”.

69 Decreto del Presidente della Repubblica del 28 giugno 1950 - 48 -

~ 12 ~ LA SORTE DEI FINANZIERI NEI BALCANI E IN DALMAZIA

Tra i reparti dislocati in Slovenia e sul litorale croato-dalmata, la Compagnia Autonoma di Cerquenizza effettuò il movimento via mare per il rimpatrio nella stessa giornata dell’8 settembre e giunse senza danni a Trieste. Molto avventurosa fu, invece, la marcia del IX Battaglione Mobilitato, inquadrato nella Divisione Isonzo, condotto dal suo Comandante, Maggiore Raffaello Tani, da Novo Mesto, attraverso il Carso insediato dai partigiani slavi, fino al capoluogo giuliano, per poi sciogliersi a Milano, sede del suo centro di mobilitazione. Il personale del X Battaglione Mobilitato rimase in servizio a Lubiana fino alla fine di ottobre, rimpatriando a scaglioni, mentre quello dei distaccamenti minori in parte fu catturato o si unì ai partigiani, in parte riuscì a passare il confine. Il Comando della Guardia di Finanza della Dalmazia, agli ordini del Colonnello Gaetano Simoni, aveva sede con l’XI Battaglione Mobilitato a Zara, città dove le forze italiane furono mantenute in servizio fino allo sgombero da parte dei Tedeschi, nell’autunno del 1944. I Finanzieri di stanza nel capoluogo furono rimpatriati gradualmente, mentre quelli presenti a Sebenico si dispersero o furono internati. Numerosi militari dalle isole dell’arcipelago dalmata riuscirono a raggiungere la costa italiana con mezzi di fortuna. Fu così per i componenti dei Distaccamenti di Brazza, Lesina e Lissa, e per l’intera 2a Compagnia del XIV Battaglione Mobilitato dislocata a Curzola. Più difficile la situazione dei presidi nei centri maggiori della costa, Spalato e Cattaro, formalmente annessi al Regno d’Italia, e Ragusa nel territorio dello Stato croato. Nei primi due, capoluoghi di provincia del Governatorato della Dalmazia, la Guardia di Finanza svolgeva il suo normale servizio. Subito dopo l’annuncio dell’armistizio, il Governo di Zagabria proclamò l’annessione dell’intero territorio dalmata, accingendosi a prenderne possesso con l’appoggio delle forze germaniche. I comandi italiani si trovarono così a dover fronteggiare due aggressioni contrapposte: quella tedesca che mirava al disarmo ed all’internamento delle truppe italiane, e quella dei partigiani dell’Esercito di Liberazione del Maresciallo Josip Broz Tito, che esigevano a loro volta la consegna delle armi. In questa situazione ebbe effetto determinante, per i tragici sviluppi successivi, l’ordine emanato personalmente da Hitler il 10 settembre, in base al quale i comandanti e gli ufficiali dei reparti italiani che avessero opposto resistenza sarebbero stati fucilati. A Spalato, Finanzieri del IV Battaglione Mobilitato, agli ordini del Maggiore Aldo Duce, dopo aver eseguito l’ordine di consegnare le armi ai partigiani furono raccolti in tre campi di concentramento. Occupata la città, i Tedeschi sottoposero a corte marziale 450 ufficiali, tra cui sei della Guardia di

- 49 - finanza, e ne scelsero quarantasei da fucilare, della Divisione Bergamo: gli altri furono avviati ai campi di internamento in Polonia, come i sottufficiali ed i militari di truppa. A Ragusa, nei combattimenti che seguirono all’annuncio dell’armistizio e che si protrassero fino al 13 settembre, caddero il Sottotenente Giovanni Cimone, il Sottobrigadiere Giovanni Parrella ed i Finanzieri Sante Ciocchini, Elia De Stasio, Panfilo Pizzoferrato e Pietro Rossi, tutti del XIV Battaglione Mobilitato. In Montenegro, dove erano presenti il II ed il VI Battaglione Mobilitato e la Compagnia Autonoma di Cattaro, i combattimenti si protrassero fino al 15 settembre, ed il Comandante della Compagnia Autonoma, Capitano Nino Secci, ebbe il comando di un reparto misto di circa duecento Finanzieri, Artiglieri ed Alpini: cadde in combattimento il Sottobrigadiere Aurelio Terravazzi. Costituitasi la Divisione Garibaldi, alleatasi con l’Esercito di Liberazione Jugoslavo, ne entrarono a far parte il VI Battaglione (Maggiore Annibale Lanzetta) e successivamente il XV Battaglione (Maggiore Antonio Frattasio), giunto a marce forzate dal . Del XV Battaglione Mobilitato faceva parte il Capitano Arturo Avanzi che, dopo una lunga marcia assieme alla sua compagnia, e dopo aver sostenuto numerosi scontri a fuoco con i reparti tedeschi presenti in Albania e in Montenegro, riuscì a ricongiungersi al resto del Battaglione. Catturato in seguito, veniva fatto prigioniero ed avviato nei campo di concentramento. Per queste sue azioni era insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Dopo l'armistizio, con fedeltà e con decisione, si congiungeva con il comando del suo Battaglione, affrontando lunga e difficile marcia contro bande albanesi passate al servizio dei Tedeschi. Sosteneva, poi, col suo reparto numerosi scontri, particolarmente distinguendosi nella difesa di Berane. Prigioniero in combattimento rifiutava di collaborare affrontando, in piena coscienza, il duro calvario dei campi di concentramento. Albania-Montenegro, settembre-dicembre 194370”. In Albania, dopo che i Tedeschi avevano occupato gli aeroporti del Paese e i porti di Durazzo e Valona durante lo svolgersi delle trattative con i comandi italiani, costrinsero i reparti dell’Esercito, da cui dipendevano il III, il VII ed il XV Battaglione Mobilitato e le Legioni di Tirana e di Scutari, a cedere le armi. Una tragica fine farà una colonna di Finanzieri agli ordini del Maggiore Luigi Sechi che, aggregata ad un reparto dei Carabinieri, il 18 settembre 1943 sarà disarmata dai partigiani e massacrata.

70 Decreto del Presidente della Repubblica del 17 luglio 1951 - 50 -

~ 13 ~ IL DESTINO DELLA GUARDIA DI FINANZA IN GRECIA

Anche ad Atene, al comando dell’11a Armata, ai cui ordini erano posti dei piccoli nuclei di Finanzieri, l’8 ed il 9 settembre sono passati nella più totale incertezza. Ma dopo che fu dato l’ordine di disarmo ai reparti italiani, i Tedeschi diedero inizio ai trasporti ferroviari verso i campi di internamento, sul primo dei quali prese posto il Colonnello Lauro Sinicato, comandante dei reparti della Guardia di Finanza della Grecia, con il personale del comando e del nucleo di polizia tributaria di Atene. Per effetto delle misure di neutralizzazione preventiva, le operazioni di disarmo delle truppe italiane in Grecia furono concluse con eccezionale rapidità. Gli ufficiali di stanza a Nauplia, nel Peloponneso, compreso il comando della 2a Compagnia del V Battaglione Mobilitato, furono catturati nella mattina del 9 settembre. Non mancarono tuttavia episodi di resistenza. Il Tenente Mario Re, Comandante del Plotone di Missolungi dell’VIII Battaglione, passò ai partigiani con il suo reparto, ed altrettanto fecero il Tenente Mario Majorana, dello stesso Battaglione, ed il Sottotenente Attilio Corrubia, Aiutante Maggiore del V Battaglione, il quale, catturato mesi dopo, fu impiccato sulla piazza di Epidauro, nel Peloponneso. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Aiutante Maggiore di Battaglione dislocato nel Peloponneso, riusciva a sottrarsi all’atto dell’armistizio alla cattura da parte delle truppe tedesche e si aggregava a banda partigiana greca, seguendone la rischiosa attività. Catturato in seguito a delazione e sottoposto a sevizie, si rifiutava di fornire qualsiasi elemento che potesse giovare al nemico. Condannato a morte mediante impiccagione, affrontava la prova suprema con intrepida fierezza ed ardimentosa serenità. Grecia, settembre 1943- gennaio 194471”. I Finanzieri del XIII Battaglione Mobilitato parteciparono, in Tessaglia, ai combattimenti sostenuti dalla Divisione Pinerolo, fino al disarmo ed alla disgregazione della grande unità, travolta nel conflitto interno alla resistenza greca, divisa tra le formazioni monarchiche e quelle di ispirazione comunista. Il Maggiore Vittorio Martelli, che dopo aver ceduto il comando del XIII Battaglione era in attesa di rimpatrio, si unì ai partigiani fino a dicembre, quando fu catturato in condizioni di salute tanto precarie da essere trasferito in Italia; ma il 13 luglio 1944, mentre si trovava presso i propri familiari a Subbiano, presso Arezzo, fu fucilato in occasione di una rappresaglia.

71 Decreto del Presidente della Repubblica del 5 settembre 1957 - 51 -

La stessa sorte era toccata, in ottobre, al Capitano Pinto, del IX Battaglione, il quale dopo il rimpatrio dalla Slovenia aveva tentato di passare le linee per raggiungere l’Italia Meridionale. Anche i militari italiani della guarnigione di Creta, arresisi dopo un inutile tentativo di ottenere collaborazione dalla resistenza, furono perseguitati da un destino avverso dopo la cattura. Il Piroscafo Sintra, che trasportava sul continente molti di loro, fu silurato nella notte del 18 settembre 1943, e persero la vita anche numerosi Finanzieri del XVI Battaglione Mobilitato che si trovavano a bordo: in tutto, moriranno oltre duemila militari italiani.

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~ 14 ~ L’INTERNAMENTO DEI MILITARI DELLA GUARDIA DI FINANZA

Riepilogando le diverse sorti dei militari del Corpo della Guardia di Finanza operanti all’estero e sul territorio nazionale, esse furono comuni a quelle delle altre Forze Armate Italiane ubicate in territori controllati assieme ai Tedeschi:  a Cefalonia e Corfù, chi sfuggì alla morte nei combattimenti, ai rastrellamenti e alle successive fucilazioni dei prigionieri, fu internato in Germania (circa 500 Finanzieri del I Battaglione Mobilitato);  a Lubiana, furono catturati solo una trentina di militari appartenenti al IX Battaglione Mobilitato, mentre gli uomini del X Battaglione Mobilitato furono rimpatriati in Italia dalle stesse autorità tedesche;  in Dalmazia furono catturati e internati oltre 150 Finanzieri, in gran parte appartenenti ai reparti dislocati a Spalato e a Sebenico (IV, XI e XIV Battaglione Mobilitato, Compagnia Autonoma di Cerquenizza);  altri 800 Finanzieri appartenenti al II e VI Battaglione Mobilitato furono catturati in Montenegro, mentre altri entrarono a far parte della Divisione Garibaldi;  in Albania, Macedonia e Kosovo furono catturati e internati in Germania circa 800 militari del III, VII e XV Battaglione Mobilitato;  ben pochi, degli oltre 1800 Finanzieri del I, V, VIII, XII, XIII e XVI Battaglione Mobilitato, sfuggirono alla cattura nella Grecia e nelle isole del Dodecaneso;  nella Francia Meridionale, furono 300 i Finanzieri dei Battaglioni Mobilitati di Nizza e Annemasse ad essere internati in Germania. Dei militari dei reparti della Guardia di Finanza ordinari ubicati sul territorio nazionale furono catturati solo quelli delle unità operanti in Provincia di Bolzano e gli Allievi Finanzieri della Scuola Alpina di Predazzo, per un totale di circa 300 uomini. Altri 850 Finanzieri furono internati in Svizzera dopo i ripetuti passaggi di confine seguiti all’armistizio dell’8 settembre. In conclusione, furono catturati ed internati nei lager tedeschi quasi 5200 militari della Guardia di Finanza e di essi oltre 230 morirono per fame, maltrattamenti e malattie. Tra costoro, una particolare menzione va al Finanziere Giovanni Gavino Tolis: aderì fin da subito al movimento partigiano del nord Italia, per il quale operava come staffetta portaordini, trasportando clandestinamente lettere e messaggi riservati da o per la Svizzera, nonché svolgendo un insostituibile opera in favore di ebrei ed antifascisti che tentavano la fuga dai rastrellamenti tedeschi. Arrestato e deportato in Austria il 14 aprile 1944, il venticinquenne Finanziere morì il 28

- 53 - dicembre dello stesso anno nel campo di concentramento di Mathausen, meritando così la Medaglia d’Oro al Merito Civile: “Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale contribuì alla lotta di liberazione con l’attività di postino delle organizzazioni partigiane e, con eccezionale coraggio, si prodigò in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici, aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Arrestato dalle autorità tedesche fu infine trasferito in un campo di concentramento austriaco, dove perse la giovane vita. Mirabile esempio di umana solidarietà e di altissima dignità morale, spinte fino all’estremo sacrificio. Mathausen, Austria, 1943-194472”. A trovare la morte nel campo di concentramento di Mathausen fu anche il Finanziere Pietro Occhi che, aggregatosi ad un’organizzazione partigiana operante in Lombardia all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, venne ucciso in una camera a gas. Per il suo eroico sacrificio, gli è stata conferita la Croce di Guerra al Valor Militare alla Memoria: “Giovane e attento partigiano, all’atto dell’armistizio aderiva al movimento della Resistenza prodigando tutte le sue energie per il trionfo della libertà della Patria. Catturato a seguito di un capillare rastrellamento nemico, sopportava stoicamente atroci torture senza nulla svelare che potesse tradire la causa partigiana. Deportato nel campo di sterminio di Mathausen l’8 aprile 1945, concludeva nella camera a gas il suo cosciente sacrificio. Mathausen, Austria, giugno 194573”. Trovò la morte nel campo di concentramento di Mathausen anche il Finanziere Claudio Sacchelli, deportato dopo gli aiuti offerti a Milano ai perseguitati con espatri clandestini: morì di stenti il 26 aprile 1945, lo stesso giorno in cui i suoi colleghi liberavano il capoluogo lombardo, a soli vent’anni di età. Anche a lui è stata conferita la Medaglia d'Oro al Merito Civile alla Memoria: “Di stanza nel territorio di frontiera del Tiranese, nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, durante l'occupazione tedesca, si prodigò in favore dei profughi ebrei, aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Arrestato dalle autorità tedesche fu infine trasferito nel campo di sterminio di Mathausen, dove morì di stenti e di sevizie. Mirabile esempio di umana solidarietà e di altissima dignità morale, spinte fino all'estremo sacrificio. Villa di Tirano, Sondrio, 194374”. Nel campo di concentramento di Flossemburg, dopo essere stato giunto stremato nelle forze e nel fisico per le violenze e le torture subite, decedeva Francesco De Matteo, Comandante di una brigata

72 Decreto del Presidente della Repubblica del 17 giugno 2010 73 Decreto del Presidente della Repubblica del 4 maggio 1990 74 Decreto del Presidente della Repubblica del 17 aprile 2012 - 54 - della Guardia di Finanza nella Venezia Giulia e valido aiuto per le formazioni partigiane operanti nella zona. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Comandante di Brigata della Guardia di Finanza, l’8 settembre 1943, si metteva in contatto con le formazioni partigiane dislocate nella zona, cooperando validamente con le stesse, fornendo loro armi e munizioni nonché viveri e vestiario. Individuato per tale attività, nel giugno 1944 veniva arrestato dalle SS tedesche ed inviato alle carceri di Udine, dove, nonostante le atroci torture e sevizie, nulla rivelava in merito alla costituzione delle forze della Resistenza, operanti nella Venezia Giulia. Deportato nel mese di luglio 1944 nel campo di sterminio di Flossemburg, decedeva in seguito alle sofferenze subite. Venezia Giulia, 8 settembre 1943-Flossemburg, 30 gennaio 194575”. A guerra ormai conclusa, il 18 giugno 1945, il Finanziere Virginio Diamanti, non sopravviveva ad una grave forma di tubercolosi contratta durante la prigionia in Germania, presso l’Ospedale Civile di Camerata, nel bergamasco. Un ricordo a parte merita, infine, la sorte del Finanziere Elia Levi: ebreo, dopo la promulgazione delle leggi razziali nel 1938 fu costretto a lasciare la Guardia di Finanza: il 15 febbraio 1939, messo in congedo assoluto, riprese il suo precedente lavoro di tipografo a Cuneo. Pochi giorni dopo l’armistizio, il 10 settembre 1943, la sua posizione si aggravò con l’inizio dei rastrellamenti da parte delle autorità tedesche. Fu durante uno di questi che, il 21 gennaio 1944, venne catturato e portato al campo di concentramento di Borgo San Dalmazzo. Trasferito in un primo momento al carcere di San Vittore, a Milano, e poi nel campo di prigionia di Fossoli, il 22 febbraio 1944 fu deportato in Polonia, al campo di sterminio di Auschwitz. Da alcune testimonianze e documenti, il Finanziere Elia Levi morì il 30 marzo 1944, probabilmente di stenti per le sofferenze patite nel campo. Riuscirà, invece, a sopravvivere alle torture delle SS e alle sofferenze dei lager l’Appuntato Antonio Misuriello, arrestato il 3 agosto 1944 con l’accusa di aver aiutato numerosi militari italiani ed alleati ed ebrei ad espatriare all’estero, meritando così la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Aderendo al movimento di resistenza, si valeva della sua perfetta conoscenza dei luoghi per favorire lo sbarco di emissari alleati lungo la costa ligure e per provvedere al trasporto e all’occultamento di materiale bellico di provenienza anglo-americana. Arrestato, sottoposto a duro trattamento, inviato quindi in un campo di concentramento tedesco, in ogni circostanza sapeva mantenere contegno fermissimo, esempio fino al

75 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 gennaio 1995 - 55 -

termine della guerra di coraggio e di fedeltà alla causa della Patria e della libertà. Genova-Voltri-Fossoli-Germania, settembre 1943-aprile 194576”. A testimonianza dei sacrifici sofferti dai militari italiani, non solo della Guardia di Finanza, e dei civili, internati nei campi di concentramento nazisti, è stata conferita simbolicamente all’Internato Ignoto la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Militare fatto prigioniero o civile perseguitato per ragioni politiche o razziali, internato in campi di concentramento in condizioni di vita inumane, sottoposto a torture di ogni sorta, a lusinghe per convincerlo a collaborare con il nemico, non cedette mai, non ebbe incertezze, non scese a compromesso alcuno; per rimanere fedele all’onore di militare e di uomo, scelse eroicamente la terribile lenta agonia di fame, di stenti, di inenarrabili sofferenze fisiche e soprattutto morali. Mai vinto e sempre coraggiosamente determinato, non venne meno ai suoi doveri nella consapevolezza che solo così la sua Patria un giorno avrebbe riacquistato la propria dignità di Nazione libera. A memoria di tutti gli internati il cui nome si è dissolto, ma il cui valore ancora oggi è esempio di redenzione per l’Italia77”.

76 Decreto del Presidente della Repubblica del 6 marzo 1950 77 Decreto del Presidente della Repubblica del 19 novembre 1997 - 56 -

~ 15 ~ L’AIUTO DELLA GUARDIA DI FINANZA AI PROFUGHI EBREI

Come è noto, a seguito dell’armistizio le Forze Armate Italiane, ormai in piena fase di disfacimento, furono in buona parte disarmate ed i componenti fatti prigionieri dagli ex alleati tedeschi. Coloro che riuscirono a salvarsi furono costretti ad espatriare in Svizzera, Paese che da sempre accoglieva esuli italiani ogni qualvolta se ne creavano i presupposti. Il sistema di controllo alla frontiera fu, quindi, messo in crisi dall’afflusso incontrollabile di migliaia di persone. Nel solo mese di settembre entrarono nel Paese oltre 3600 rifugiati civili, mentre, verso la fine dell’anno 1943, gli internati militari italiani raggiungevano il considerevole numero di quasi 21.300 unità. Anche in Italia, gli espatri divennero un problema di ordine pubblico, soprattutto in quelle zone di montagna dove il gran numero di sbandati poteva costituire linfa vitale per i primi gruppi di partigiani. A quel punto la repressione tedesca fu immediata e molto dura, come confermano i numerosi eccidi verificatisi sin dai primi giorni che seguirono l’8 settembre 1943. Quasi tutto il confine con la Svizzera, ritenuto di cruciale importanza, soprattutto in rapporto con il movimento resistenziale, fu dunque sottoposto al controllo diretto dei Tedeschi. Il raggiungimento della frontiera, a quel punto, fu per tutti un’impresa drammatica, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che circolare nell’Italia occupata dalle truppe tedesche era pressoché impossibile, anche per chi era riuscito a procurarsi documenti d’identità falsi. Anche in questo caso, gli uomini della Guardia di Finanza prestarono la loro opera di aiuto a tanti cittadini di religione ebraica, di renitenti alla leva, di militari sbandati e di perseguitati politici. Moltissimi furono anche i Finanzieri che ne pagarono le conseguenze: arrestati, spesso su delazioni, militari del Corpo della Guardia di Finanza furono denunciati per “concorso in espatrio clandestino” e, per questo, deferiti, nella migliore delle ipotesi, al Tribunale Militare. Per molti altri, la maggioranza, si aprirono i cancelli dei campi di concentramento. Durante queste delicate fasi del conflitto, si distinsero in special modo cinque Finanzieri, che pagarono con la vita il loro altruismo verso i ricercati e, per questo, decorati con le più alte onorificenze della Repubblica. Il Maresciallo Maggiore Luigi Cortile, Comandante della Tenenza di Viggiù, provincia di Varese, si prodigò con tutte le proprie forze, offrendo in maniera disinteressata aiuti umanitari nei riguardi di migliaia di cittadini che desideravano espatriare clandestinamente in Svizzera per sfuggire alla caccia dei Nazi-Fascisti. Tratto in arresto l’11 agosto 1944 dalle autorità tedesche, fu internato nel campo di concentramento di Melk, in Austria, il 9 gennaio 1945. Alla memoria del Maresciallo Maggiore Luigi Cortile è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile:

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“Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei ed i perseguitati politici, aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Arrestato dai Nazi- Fascisti veniva infine trasferito in Austria, perdendo la vita in un campo di concentramento. Mirabile esempio di altissima dignità morale e di generoso spirito di sacrificio ed umana solidarietà. Melk, Austria, 1943-194578”. Il Brigadiere Mariano Buratti, in servizio presso la Compagnia di Viterbo, dopo l’8 settembre 1943 costituì una banda partigiana che dava sostegno agli ex militari delle Forze Armate Italiane, ai ricercati politici, ai soldati anglo-americani riparatisi dietro la linea del fronte e ai cittadini ebrei. Arrestato dai Tedeschi, il 31 gennaio 1944 veniva fucilato a Forte Bravetta. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Nobilissima tempra di patriota, valente ed appassionato educatore di spiriti e di intelletti. Raccoglieva intorno a sé, tra i monti del viterbese, un primo nucleo di combattenti dal quale dovevano sorgere poi valorose formazioni partigiane. Primo fra i primi nelle imprese più rischiose, animando con l’esempio e la parola i suoi compagni di lotta, infliggeva perdite al nemico e riusciva ad abbattere un aereo avversario. Arrestato in seguito a vile delazione, dopo aver sopportato, con la fierezza dei forti e col silenzio dei martiri, indicibili torture, veniva barbaramente trucidato dai suoi aguzzini. Esempio purissimo di sublime amor di Patria. Monti del viterbese, Roma, 31 gennaio 194479”. L’Appuntato Domenico Amato, in servizio presso la Brigata di Casamoro, a seguito dell’armistizio dell’8 settembre, operò a favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici nella zona di Porto Ceresio. Tratto in arresto il 17 febbraio 1944, fu trasferito nel campo di concentramento di Mathausen, dove morì il 27 febbraio 1945. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile: “Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici, aiutandoli ad espatriare clandestinamente e ad inoltrare la corrispondenza e i valori che le organizzazioni ebraiche indirizzavano ai rifugiati nella vicina Svizzera. Arrestato dalle autorità tedesche veniva infine trasferito in Austria, perdendo la vita in un campo

78 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 giugno 2006 79 Decreto del Capo Provvisorio dello Stato del 25 febbraio 1946 - 58 -

di concentramento. Mirabile esempio di altissima dignità morale e di generoso spirito di sacrificio ed umana solidarietà. Mathausen, Austria, 1943-194580”. Il Finanziere Scelto Salvatore Corrias, in forza alla Brigata di Frontiera di Bugone, provincia di Como, si rese anch’egli protagonista di aiuti in favore dei profughi ebrei e dei militari sbandati. Arrestato il 28 gennaio 1945 durante un rastrellamento antipartigiano, fu in seguito fucilato lo stesso giorno dopo un sommario processo. Alla memoria del Finanziere Scelto Salvatore Corrias è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile: “Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei ed i perseguitati politici, aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Animato da profonda fede nella democrazia e nello Stato di diritto partecipava con impegno tenace alla lotta partigiana. Arrestato dai Nazi-Fascisti veniva barbaramente fucilato, immolando la giovane vita ai più nobili ideali di solidarietà umana, di rigore morale ed amor patrio. Bugone di Moltrascio, Como, 1943-194581”. Il Finanziere Tullio Centurioni, appartenente alla Brigata di Porto Ceresio, provincia di Varese, fu arrestato il 21 marzo 1944 per le sue responsabilità in merito agli espatri clandestini. Internato nel campo di concentramento di Mathausen, morì in prigionia in data imprecisata. Alla memoria del Finanziere Tullio Centurioni è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile: “Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici, aiutandoli ad espatriare clandestinamente e ad inoltrare la corrispondenza e i valori che le organizzazioni ebraiche indirizzavano ai rifugiati nella vicina Svizzera. Arrestato dalle autorità tedesche veniva infine trasferito in Austria, e successivamente dichiarato disperso. Mirabile esempio di altissima dignità morale e di generoso spirito di sacrificio ed umana solidarietà. Mathausen, Austria, 1943-194482”. E a riprova delle azioni compiute dagli uomini della Guardia di Finanza a favore dei profughi ebrei, cinque militari sono stati insigniti dalla Stato di Israele della Medaglia di Giusti tra le Nazioni. Essi sono: il Maggiore Raffaello Tani, assieme alla moglie Jolanda Salvi (anch’essa insignita della onorificenza), che operò da Roma in qualità di Comandante del II Battaglione della Legione Allievi, nonché adoperandosi attivamente tramite il Reparto Fronte Clandestino di Resistenza; il Tenente Giorgio Cevoli, che prestò la sua opera dalla Tenenza di Chiavenna, in provincia di

80 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008 81 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 giugno 2006 82 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008 - 59 -

Sondrio, in stretto contatto con il Comitato di Liberazione per l’Alta Italia e partecipando alla liberazione di Milano il 25 aprile 1945 alla testa della 2a Compagnia del reparto del Colonnello Alfredo Malgeri; il Tenente Giuseppe Pollo che, da Venezia, collaborò con il Comando Volontari della Libertà del Lido di Venezia; il Finanziere Giulio Massarelli che, prestando la propria opera dal Nucleo di Polizia Tributaria di Busto Arsizio, in provincia di Varese, aderì al Comitato di Liberazione Nazionale, partecipando poi all’insurrezione generale nel Nord Italia e nella provincia di Milano. Infine, il quinto militare del Corpo decorato dal Governo di Gerusalemme è il Finanziere Scelto Salvatore Corrias, il quale venne tratto in arresto ed in seguito fucilato da unità delle Brigate Nere, dopo aver messo in salvo un ex prigioniero inglese al di là della frontiera svizzera. Per ultimo, il Maresciallo Maggiore Aiutante Antonio Ambroselli, operante allo scalo della stazione Tiburtina di Roma, offrì il suo instancabile aiuto ai tanti ebrei diretti nei campi di concentramento, facendoli fuggire dai carri dove erano in attesa del loro ultimo viaggio. Assieme alla moglie, poi, riuscì anche a far diventare dipendenti della Croce Rossa molti di loro. Nel 2012, la Fondazione Carnegie, che da sempre premia gli atti di filantropia, lo ha insignito della sua Medaglia d'Oro: “Finanziere, in servizio presso la Stazione di Roma Tiburtina, durante l'occupazione tedesca della Capitale, membro attivo della banda partigiana Fiamme Gialle, contribuiva con l'apertura clandestina dei vagoni piombati e sfidando la fucilazione, alla fuga e al salvataggio di numerosi deportati destinati ai campi di concentramento nazisti. Parimenti, con gravissimo rischio per la propria incolumità, salvava altre centinaia di deportati, consentendo la loro fuga dal campo d'internamento istituito negli stabilimenti della Breda a Torre Gaia. Roma, settembre 1943-aprile 194483”. Anche la Repubblica Italiana ha voluto riconoscere il valore del Maresciallo Ambroselli, conferendogli la Medaglia di Bronzo al Merito Civile: “Durante il periodo di occupazione nazifascista si adoperò, pur consapevole dei rischi che correva, a favore di numerosi prigionieri civili e militari favorendone la fuga dallo scalo ferroviario di Roma Tiburtina e dal Campo Breda. Chiaro esempio di umana solidarietà ed elette virtù civiche. Roma, 1943-194584”. Nelle altre aree occupate dalle truppe italiane, come nella Francia Meridionale, si creò una situazione alquanto incerta: oltre che doversi confrontare con le truppe tedesche e i collaborazionisti della Francia del Regime di Vichy, i Finanzieri dovettero spesso affrontare anche gruppi di sbandati, renitenti alla leva e formazioni comuniste, che non compresero l’opera assistenziale

83 Seduta della Fondazione Carnegie del 6 dicembre 2011 84 Decreto del Presidente della Repubblica del 27 gennaio 2012 - 60 - fornita dalle Fiamme Gialle ai perseguitati politici e agli ebrei. In uno di questi assalti, tra l’1 ed il 2 agosto 1943 rimase ucciso il Brigadiere Michele Antezza, comandante del distaccamento di Novel. In Montenegro si distinse particolarmente il Capitano Renato Mentini, Comandante della 1a Compagnia del VI Battaglione Mobilitato di stanza a Plevlija, il quale più volte fece utilizzare a cittadini ebrei la posta del Corpo così da passare indisturbata ai controlli in Italia. Il Capitano Renato Mentini perderà la propria vita agli inizi del 1944 in un’azione di guerra contro l’esercito tedesco. Il Generale Raffaele Cadorna, Comandante del Corpo Volontari della Libertà, espresse il suo riconoscimento per l'azione svolta dalla Guardia di Finanza durante la guerra di liberazione con un foglio d'ordini inviato al Comando di Milano: “Le Fiamme Gialle, custodi dei confini della Patria, si sono ancora una volta trovate in linea quando è suonata l'ora dell'insurrezione per la cacciata dell'oppressore e la distruzione dei traditori al loro servizio. Per la loro disciplina e la loro fermezza, esse hanno reso grandi servizi alla causa della libertà85”. Come riprova finale per lo spirito di sacrificio offerto, la Bandiera di Guerra del Corpo è stata decorata con la Medaglia d’Oro al Merito Civile: “Militari e Reparti della Guardia di Finanza, durante il secondo conflitto mondiale, mossi da autentica umanità e fedeli allo Stato di diritto, agirono, con continuo aiuto ed il fattivo sostegno della Santa Sede, di sacerdoti e delle popolazioni civili, per la salvezza dalla deportazione di migliaia di cittadini, italiani e stranieri, civili e militari, di religione ebraica e cristiana, nei territori esteri di occupazione e nell’Italia invasa da soverchianti forze nazi-fasciste. L’operato dei Finanzieri, spinto anche all’estremo sacrificio, rischiarò la speranza di molte famiglie e garantì la continuità delle tradizioni di fedeltà e solidarietà della Guardia di Finanza. Territorio nazionale ed estero, luglio 1942-maggio 194586”.

85 Foglio d'Ordini N. 53/b4di del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà, 4 maggio 1945 86 Decreto del Presidente della Repubblica del 10 giugno 2005 - 61 -

~ 16 ~ LE FASI FINALI DELLA GUERRA E L’INSURREZIONE GENERALE

Nel territorio nazionale, i reparti del Corpo della Guardia di Finanza presero subito parte, come si è visto, alla resistenza armata contro i Tedeschi. Le ultime fasi del conflitto, ovvero il periodo autunno 1944-primavera 1945, videro i militari della Guardia di Finanza impegnati in primo luogo nel mantenimento dell’ordine pubblico, sovente messo a rischio dalla ritirata delle truppe tedesche, e nell’aiuto di tanti ricercati politici, militari sbandati ed ebrei. Numerose furono le azioni eroiche e altruistiche compiute, pertanto, dai Finanzieri. Il 23 febbraio 1944, in località Ponte della Serra, vicino Feltre, il Finanziere Quirico Deroma, al comando di un gruppo di partigiani garibaldini, riusciva a disarmare una colonna tedesca forte di circa quaranta uomini, riuscendo a catturarla dopo un aspro combattimento, requisendo altresì un ingente quantitativo di armi e munizioni. Il 12 aprile 1944, durante un rastrellamento tra Vacone e Monte Cosce, in provincia di Rieti, venne catturato l’Allievo Sottufficiale della Guardia di Finanza Beniamino Minicucci, assieme ad un altro giovane. Condotto in carcere, nonostante le numerose offerte di libertà in cambio di informazioni sulle bande partigiane, tentò, durante un interrogatorio, la fuga, riuscendo anche a ferire un soldato: raggiunto, fu immediatamente fucilato, così come l’altro prigioniero. Durante le fasi finali della liberazione di Roma, il 4 giugno 1944 un reparto di paracadutisti tedeschi tentò un colpo di mano assaltando la caserma della Guardia di Finanza di Viale XXI Aprile, oggi sede del Comando Generale. L'assalto fu respinto dopo un accanito combattimento, ma nello scontro a fuoco cadde, meritandosi la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria, il Finanziere Antonio Sciuto: “Si offriva volontario per partecipare a successive azioni contro i Tedeschi che tentavano di catturare automezzi esistenti in una autorimessa militare. Negli scontri favorevoli, culminati con la fuga del nemico, si comportava da valoroso, rimanendo colpito a morte. Roma, 4 giugno 194487”. Tragicamente, il 5 giugno 1944, rimase ucciso nella Capitale, a città ormai liberata dalle forze anglo-americane, il Sottotenente Giorgio Barbarisi, all’epoca comandante della Guardia al Campidoglio. Fedele all’Italia, collaboratore delle forze alleate (riuscì ad ottenere dal comando americano il permesso di issare il Tricolore italiano, vietato all’indomani della liberazione di Roma), venne ucciso da Rosario Bentivegna, partigiano dei GAP autore dell’attentato di Via

87 Decreto Legge del 21 dicembre 1945 - 62 -

Rasella88. Il Sottotenente Barbarisi è stato insignito dal comando alleato della Bronze Star Medal, nonché gli è stata dedicata l’Accademia Ufficiali di Bergamo della Guardia di Finanza. A Firenze, un ruolo di primo piano venne rivestito dal Tenente Angiolo Gracci, già Comandante del Plotone di Berat. Combattente a fianco dei partigiani, assunse il comando della 22a Brigata garibaldina Senigaglia, inquadrata nella Divisione partigiana Arno, e forte di quasi duecento uomini. La 22a Brigata fu guidata dal Tenente Gracci dalle alture di Pratomagno fino a sud dell’Arno, per prendere poi parte, l’11 agosto 1944, alla liberazione del capoluogo toscano. Il reparto guidato dal Tenente Gracci fu il primo a guadare l’Arno e a costituire una testa di ponte, che permise così la liberazione della città di Firenze da parte delle altre formazioni partigiane e delle avanguardie dell’esercito canadese. Negli scontri casa per casa che seguirono, cadde l’Appuntato Agostino Palmieri. Il Tenente Gracci, per le sue azioni, è stato insignito dopo la fine della guerra della Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Dopo l’armistizio partecipava alla lotta di liberazione facendosi vivamente apprezzare per doti di animatore e di organizzatore e raggiungendo, nelle formazioni partigiane, incarichi di responsabilità e di comando. Nel corso di numerosi combattimenti dava sicure prove di decisione e di valore. Ancora convalescente di ferita riportata in uno scontro, riprendeva animosamente il suo posto di comando allo scopo di partecipare ai combattimenti per la liberazione di Firenze. Zona di Firenze, giugno 194-settembre 194489”. Un vero atto di eroismo fu compiuto dal Maresciallo Maggiore Vincenzo Giudice che, il 16 settembre 1944, a Bergiola Foscalina di Carrara, saputo che un reparto di militari tedeschi stava per compiere una rappresaglia su un gruppo di civili, tra i quali vi erano la moglie e la figlia del Finanziere, offrì la propria vita in cambio di quella degli ostaggi. A memoria del suo sacrificio, reso vano dal fatto che poco dopo la sua morte furono uccisi anche i civili ostaggi dei Tedeschi, è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Sottufficiale della Guardia di Finanza, avvertito che la rappresaglia tedesca si apprestava a mietere vittime innocenti fra la popolazione civile, si presentava al comandante la formazione SS operante offrendo la propria vita pur che fossero salvi gli ostaggi tra i quali la moglie e i figli. Di fronte all’obiezione essere egli un militare, si liberava prontamente della giubba ed offriva il petto alla vendetta nemica. Crivellato dì

88 L’attentato di Via Rasella, compiuto il 23 marzo 1944, causò la morte di trentatré soldati tedeschi. L’indomani, le SS trucideranno alle Fosse Ardeatine 335 tra militari e civili italiani per rappresaglia 89 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 ottobre 1952 - 63 -

colpi, precedeva i civili sull’altare del martirio. Bergiola Foscalina di Carrara, 16 settembre 194490”. Intanto, mentre nell’Italia del Sud veniva costituito il Battaglione Roma che, messo a disposizione della 5a Armata americana, entrò poi nella Capitale insieme alle truppe alleate il 4 giugno 1944. Nell’Italia centro-settentrionale molti Finanzieri si posero a fianco dei vari Comitati di Liberazione Nazionale ed entrarono nelle formazioni partigiane; vi furono casi in cui militari del Corpo erano a capo di bande partigiane, come quella guidata dal Sottotenente Gianmaria Paolini, nella quale affluirono, dopo la sua costituzione, e sempre più numerosi, civili, militari sbandati sorpresi dall’armistizio ed ex prigionieri alleati. Operante nell’area di San Benedetto del Tronto, la “Banda Paolini”, venne sempre più temuta dai Tedeschi poiché con le sue azioni contro installazioni militari, linee ferroviarie e depositi infliggeva gravi perdite alle truppe della Wermacht. Catturato dai Tedeschi il 24 marzo 1944, mentre si recava in missione nel nord Italia, il Sottotenente Paolini fu fucilato all’alba del 24 aprile 1944 a San Giovanni Valdarno, assieme al Sottotenente degli Alpini Settimio Berton e al Cannoniere Francesco Fiscaletti. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Valoroso Ufficiale reagiva con indignazione ad atti di crudeltà commessi da militari tedeschi in sosta in una stazione ferroviaria, costringendo con lancio di bombe a mano il convoglio nemico ad allontanarsi. Al comando di una banda di partigiani sosteneva per un intero ciclo operativo numerosi scontri con i Nazi-Fascisti distinguendosi per coraggio, ardimento e sprezzo del pericolo. Catturato dall’avversario veniva condotto al supplizio che seppe affrontare con serena fermezza al grido di Viva l’Italia. Zona picena, 1° settembre 1943-aprile 194491”. Nel nord Italia, si distinse particolarmente il Finanziere Renato Ambrosini, che operò con una banda partigiana nell’Altopiano di Asiago e nella provincia di Vicenza. Catturato durante un rastrellamento, venne ucciso il 18 settembre 1944, dopo quattro giorni di prigionia. È stato decorato di Medaglia di Bronzo al Valore della Guardia di Finanza alla Memoria: “Finanziere appartenente alla Legione Territoriale di Venezia, aderì al movimento di liberazione nazionale, entrando a far parte di un’indomita formazione partigiana operante sull’Altopiano di Asiago. Nominato Ispettore di Battaglione, si prodigava nella lotta contro il Nazi-Fascismo, fornendo utilissime notizie circa i movimenti ed i rastrellamenti delle forze nemiche. Sospettato dalla polizia tedesca, dopo numerose rischiose missioni, fu arrestato nella sua abitazione e rinchiuso in carcere. Dopo

90 Decreto del Presidente della Repubblica del 5 giugno 1957 91 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° dicembre 1948 - 64 -

quattro giorni di detenzione, veniva condotto sul ciglio di un burrone dove fu fatto precipitare dopo una barbara esecuzione. Fulgido esempio di attaccamento al dovere e di nobili virtù militari spinte fino all’estremo sacrificio. Altopiano di Asiago-San Francesco di Foza, Vicenza, 23 maggio-18 settembre 194492”. Nelle Valli di Comacchio, in provincia di Ferrara, si distinse il Finanziere Edgardo Fogli che, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, partecipò tra i primi alla resistenza partigiana, entrando a far parte della 35a Brigata Garibaldi. Catturato dai Tedeschi, venne fucilato il 29 gennaio 1945, meritandosi la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: “Valoroso combattente partigiano partecipava tra i primi al movimento di resistenza rivelando alte doti di combattente, di organizzatore e di trascinatore. Con il suo Battaglione partecipava alle imprese più ardue nella difficile e infida zona delle valli, distruggendo i traghetti avversari e provocando gravi perdite in uomini e materiali. Attivamente ricercato veniva infine catturato e nonostante fosse sottoposto a feroci sevizie, non una parola usciva dalle sue labbra che potesse nuocere alla Resistenza, finché il nemico, inferocito per tanta, splendida forza d’animo, barbaramente lo trucidava. Nobilissimo esempio di adamantina fierezza e di ardente amor di Patria. Comacchio, Ferrara, 29 gennaio 194593”. A Roma, il Generale Filippo Crimi, in frequenti riunioni clandestine, definì un piano d’azione la cui attuazione fu di pertinenza delle “Bande Fiamme Gialle”: ad esse vennero affidati i compiti di facilitare l’entrata e l’uscita dalla Capitale dei patrioti, servendosi dei militari della Guardia di Finanza in servizio ai posti di blocco e di rifornimento armi, munizioni e viveri alle bande esterne e di raccogliere informazioni di carattere politico-militare. Grazie alla relativa libertà di movimento, i Finanzieri si adoperarono in azioni clandestine per supportare i neonati comitati di liberazione. Nella Capitale, gli uomini posti al presidio del Forte Prenestino, dove i Tedeschi avevano ammassato gli armamenti sottratti ai reparti italiani dopo l’armistizio, rifornivano di armi e munizioni le formazioni partigiane. Venute a conoscenza del fatto, il 3 aprile 1944, le SS trassero in arresto il Finanziere Marcello Guarcino che, dopo essere stato portato nelle carceri di Via Tasso e sottoposto a torture, non rivelò alcun elemento che potesse mettere a rischio la struttura clandestina. Non meno vasta, rischiosa ed importante fu l’azione che la Guardia di Finanza svolse a Milano. Gli uomini del Colonnello Alfredo Malgeri prepararono un piano per l’insurrezione e l’impiego degli stessi Finanzieri, un altro per l’occupazione della frontiera con la Svizzera. Nel quadro di attuazione di tali piani, i Finanzieri, a cominciare dal 23 aprile 1945, effettuarono alcuni colpi di mano ed

92 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007 93 Decreto del Presidente della Repubblica dell’11 settembre 1968 - 65 - azioni di più vasta portata, come l’occupazione della Prefettura, delle caserme della Brigata Nera e della X MAS e la protezione dei principali stabilimenti industriali. Il Colonnello Malgeri, lasciate le forze necessarie per la protezione delle caserme e degli stabilimenti, radunò le forze rimanenti, per un totale di ventitré ufficiali e 407 tra sottufficiali e militari e, alle 03.00 di notte del 26 aprile, mosse verso la Prefettura impossessandosene con un’azione fulminea. I Tedeschi, sorpresi, si arresero. La stessa azione venne poi ripetuta per l’occupazione del Municipio, del palazzo della Provincia, del Comando Militare Regionale e della stazione radio dell’EIAR. Dopo la guerra, alla memoria del Colonnello Alfredo Malgeri, deceduto per superati limiti di età, fu conferita la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza: “In difficilissima situazione politico militare, quale Comandante di Legione in zona di altissimo valore strategico, si opponeva con decisione e con grave rischio personale agli intendimenti del Governo Fascista Repubblicano di utilizzare la Guardia di Finanza contro l’espatrio clandestino di ebrei e perseguitati ed in operazioni antiguerriglia contro la resistenza. Collegatosi segretamente con il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, poneva il suo comando al centro dell’attività cospirativa contro i Nazi-Fascisti, fornendo ai patrioti armi, munizioni e documenti falsi. Il 25 aprile 1945, alla testa di un reggimento di formazione composto esclusivamente da Finanzieri, occupava i gangli vitali ed i principali uffici pubblici di Milano, scacciandone gli occupanti. Alle ore 8 del successivo 26 aprile aveva l’alto privilegio di annunciare, con il suono delle sirene, l’avvenuta liberazione del capoluogo e delle principali città lombarde. Fulgido esempio di onore militare e di cosciente dedizione al Corpo ed alla Patria. Milano, 8 settembre 1943- 26 aprile 194594”. Alla liberazione del capoluogo lombardo prese parte anche il Colonnello Ugo Finizio, attivo soprattutto in azioni cosiddette di “retroguardia”, fornendo cioè coperture, luoghi sicuri e documenti falsi al movimento partigiano. Il 25 aprile 1945, inquadrato nel Reggimento di Formazione partecipava alla liberazione della città, meritandosi così la Medaglia d’Argento al Valore della Guardia di Finanza: “In difficile situazione politico-militare, quale Ufficiale della Guardia di Finanza, anelante di vedere la Patria libera dall’oppressore, consapevole del grave rischio personale, aderiva al movimento partigiano dell’alta Italia, adoperandosi attivamente e fattivamente per procurare alla resistenza coperture, informazioni e documenti falsi. Collaborava efficacemente e senza risparmio di energie alla preparazione del piano d’impiego della Guardia di Finanza nella lotta al Nazi-Fascismo e partecipava,

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inquadrato nel Reggimento di Formazione del Corpo, alla liberazione di Milano. Luminoso esempio di attaccamento al Corpo, di alto senso di responsabilità e del dovere. Brescia-Milano, 15 maggio 1944-25 aprile 194595”. Un grandissimo contributo fornito per la liberazione della città di Milano fu offerta dall’allora Tenente Augusto De Laurentiis, futuro Generale di Divisione e Comandante in Seconda del Corpo dal dicembre 1979 al dicembre 1981. Era tra i principali organizzatori ed animatori della resistenza milanese, dopo essere stato paracadutato in operazioni di spionaggio dietro le linee tedesche; arrestato nel febbraio 1945, veniva liberato solo a guerra terminata, dopo aver passato le fasi finali del conflitto nel carcere di San Vittore. Per la sua preziosa opera, gli è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza: “Ufficiale della Guardia di Finanza, animatore dei nuclei resistenziali sorti a Roma dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, dopo la liberazione della Capitale si proponeva volontariamente per una missione in territorio nemico. Paracadutato in alta Italia unitamente al Comandante Militare del Corpo Volontari della Libertà, operava clandestinamente nella città di Milano quale tramite tra la resistenza e la Guardia di Finanza del capoluogo lombardo. Catturato dai Nazi-Fascisti e riottenuta la libertà grazie ad uno scambio di prigionieri, partecipava all’insurrezione generale in qualità di Ufficiale di Collegamento tra il Comitato di Liberazione Alta Italia ed il Reggimento di Formazione della Guardia di Finanza che operava la liberazione di Milano. Fulgido esempio di dedizione alla Patria e di alto senso del dovere. Roma-Milano, 8 settembre 1943-25 aprile 194596”. Fu così che la lotta sanguinosa che pose termine alla Seconda Guerra Mondiale in Italia vide sempre, ed in ogni momento, i Finanzieri eroici protagonisti. E a riprova di ciò, alla Bandiera di Guerra del Corpo della Guardia di Finanza è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare per l’attività svolta dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945: “Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, i militari della Guardia di Finanza, fedeli allo Stato di diritto e alle tradizioni del Corpo, parteciparono alla Guerra di Liberazione contro l’invasore d’oltralpe. In Patria e oltre confine, nel corso di venti mesi dall’olocausto di Cefalonia e Corfù, sia isolati, sia in formazioni patriottiche italiane e straniere, sia affiancati a unità operanti alleate, dispiegarono a duro prezzo salde virtù di combattenti; con il Corpo Volontari della Libertà parteciparono all’insurrezione in Italia Settentrionale; concorsero alla liberazione di Milano, a tutela

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dell’ordine per l’assunzione dei nuovi pubblici poteri. I 1100 caduti, i 2000 feriti, i 5000 deportati, le 193 ricompense al Valor Militare, le promozioni per merito di guerra, rappresentano e testimoniano il tributo di sacrificio, di valore e di sangue, offerto da una eletta schiera di Fiamme Gialle combattenti, alla nobile causa della Libertà. Zona di guerra, 8 settembre 1943-26 aprile 194597”. A Seregno, nei dintorni di Milano, il Maresciallo Capo Nino Noia, dopo un aspro combattimento durato diverse ore, riusciva a fermare e prendere prigionieri circa 200 Tedeschi, facenti parte di un’autocolonna intenzionata ad attaccare la piccola cittadina, meritando per l’azione la Medaglia di Bronzo al Valore della Guardia di Finanza: “Comandante di Brigata, nei giorni dell’insurrezione generale dell’aprile del 1945, si prodigava, alla testa dei propri uomini, nelle concitate fasi che portarono alla liberazione della città dalle forze nazi-fasciste, procedendo alla cattura, dopo intenso combattimento, di una agguerrita autocolonna tedesca, la quale forte di circa 200 uomini, minacciava di attaccare la località. Splendido esempio di attaccamento al dovere e di nobili virtù militari. Seregno, Milano, 25-26 aprile 194598”. Come a Milano, l’insurrezione scoppiò in altre città del Nord Italia: a Pavia, vi era una formazione agguerrita e pesantemente armata della Guardia Nazionale Repubblicana. I Tedeschi si erano quasi tutti arresi o erano in ritirata: solo i militari della Repubblica Sociale Italiana erano intenzionati a non cedere le armi, anche per i possibili atti di ritorsione nei loro confronti che avrebbero fatto seguito ai numerosi rastrellamenti di partigiani. Negli scontri che seguirono, si distinsero il Tenente Francesco Lillo, l’Appuntato Tommaso Coletta ed il Finanziere Roberto Spirito, il primo decorato di Medaglia di Bronzo al Valore Militare e gli altri due di Medaglia di Bronzo al Valore della Guardia di Finanza alla Memoria, dopo essere caduti in combattimento mentre tentavano di disarmare un reparto di militi della Guardia Nazionale Repubblicana. La motivazione dell’onorificenza al Tenente Lillo recita: “Ufficiale della Guardia di Finanza, al momento dell’insurrezione generale, alla testa dei suoi uomini, impegnava deciso combattimento contro formazioni germaniche onde costringerle alla resa. Ferito una prima volta continuava a sparare: visto un suo dipendente accasciarsi ferito, si adoperava per porlo in salvo. Ferito egli stesso una seconda volta e sentendosi prossimo alla fine sparava un’ultima raffica contro il nemico e quindi si accasciava esanime sulla sua arma. Pavia, 26 aprile 194599”.

97 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 1984 98 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007 99 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 marzo 1956 - 68 -

Parimenti al loro Comandante, il valore fu dimostrato anche dai due suoi sottoposti, come dimostrato dalle Medaglie a loro conferite: Tommaso Coletta, “Appuntato della Guardia di Finanza, inquadratosi volontariamente in un Plotone di Formazione predisposto per l’occupazione di alcuni edifici pubblici della città di Pavia, si lanciava fra i primi all’attacco di elementi della Guardia Nazionale Repubblicana pesantemente armati. Sprezzante del gravissimo pericolo che lo minacciava, tentò egualmente di raggiungere e disarmare gli avversari. Gravemente colpito alla gamba sinistra da una raffica di mitra avversaria, spirò dopo due giorni di indicibile agonia. Fulgido esempio di dedizione al dovere e di nobili virtù militari, spinte fino all’estremo sacrificio. Pavia, 26 aprile 1945100”. Il Finanziere Roberto Spirito, allo stesso modo, “Militare della Guardia di Finanza, reduce da una lunga campagna di guerra condotta assieme ai partigiani dell’Oltrepò Pavese, si presentò spontaneamente al Reparto d’appartenenza all’inizio dei moti insurrezionali dell’aprile del 1945. Inquadratosi volontariamente in un Plotone di Formazione predisposto per l’occupazione di alcuni edifici pubblici della città di Pavia, si lanciava fra i primi all’attacco di elementi della Guardia Nazionale Repubblicana pesantemente armati. Sprezzante del gravissimo pericolo che lo minacciava, tentò egualmente di raggiungere e disarmare gli avversari. Colpito in tale ed ardimentosa azione da una raffica di mitra, cadde eroicamente dopo aver fermato uno degli antagonisti. Fulgido esempio di dedizione al dovere e di nobili virtù militari, spinte fino all’estremo sacrificio. Pavia, 26 aprile 1945101”. Nei Balcani, la lotta contro i Tedeschi vide gli uomini della Guardia di Finanza aggregati alle varie formazioni partigiane costituitesi dopo la caduta del Fascismo e a seguito dell’armistizio con gli Anglo-Americani. Tra esse si ricorda la Brigata Italia, distintasi in combattimento contro l’esercito tedesco. Tra le sue fila spicca il sacrificio del Finanziere Renzo Atzei che, dopo aver prestato servizio nel IV Battaglione Mobilitato operante in Jugoslavia, trovò la morte il 21 aprile 1945 in combattimento contro la Wermacht in ritirata. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “Accorreva tra i primi nelle file partigiane nella lotta per la libertà della Patria, distinguendosi in ogni circostanza per coraggio personale e senso del dovere. Nel corso di un’azione, attaccato di sorpresa dal nemico, lo respingeva con pronta reazione della squadra ai suoi ordini. Attaccato una seconda volta, mentre i suoi compagni

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ripiegavano di fronte alla forte pressione avversaria, egli rimaneva sul posto incitando con il proprio esempio alla resistenza. Colpito da una raffica nemica, eroicamente cadeva sul campo. Quota Maidan, 21 aprile 1945102”.

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~ 17 ~ IL DRAMMA SUL CONFINE ORIENTALE

Durante le ultime fasi del conflitto, le Fiamme Gialle erano state suddivise dai Tedeschi in tre compagnie autonome, con funzioni di ordine pubblico: a Trieste, avevano il compito di assicurare la completa agibilità della strada Trieste-Fiume; a Udine di controllare la rotabile tra Cividale e Caporetto; a Gemona, per servizi straordinari di sicurezza. Verso la seconda metà del 1944 il Tenente Mario Osana, comandante della compagnia di Gemona, e molti suoi dipendenti, passarono nei reparti partigiani, così come gran parte della compagnia di Udine e del suo comandante, Capitano Mario Giannone. Fu così che i Finanzieri della Legione di Trieste, unico reparto armato, inquadrato ed ancora esistente sul posto, avevano combattuto e contribuito con il locale Comitato di Liberazione Nazionale alla cacciata dei Tedeschi dalla città, con l’obiettivo di occupare e presidiare gli impianti ed i depositi di importanza vitale. Infatti, nei giorni dell’insurrezione generale, dal 27 al 29 aprile 1945, molte furono le azioni di guerriglia da parte dei Finanzieri. Il Tenente Marcello Vanni, al comando di un plotone, occupò la centrale telefonica, catturando trentasette soldati tedeschi. Il Tenente Raffaele Pece prese possesso della stazione radio, impedendo al contempo il danneggiamento degli impianti da parte dei Tedeschi in ritirata. Le compagnie dei Capitani Domenico Veca e Gaetano Carulli occuparono la stazione ferroviaria, dopo un breve scontro a fuoco contro un reparto germanico. I Finanzieri del Capitano Giovanni Battista Acanfora, inoltre, presero possesso ed occuparono le caserme dell’esercito repubblicano, della milizia e del comando tedesco. Infine, gli uomini del Capitano Leonardo Savastano impedirono la distruzione e la demolizioni della zona portuale intorno al molo Fratelli Bandiera. Il Colonnello Persirio Marini, inoltre, grazie alla costituzione di un battaglione di Fiamme Gialle, contribuì in maniera determinante ad evitare stragi tra la popolazione civile da parte delle truppe tedesche in ritirata. Nella serata del 30 aprile la liberazione di Trieste si concludeva con la cacciata degli ultimi reparti della Wermacht e delle SS. Ma la fine della guerra a Trieste coincise per la popolazione con l’inizio di un altro incubo, ancor peggiore: si preannunciavano i tristi e dolorosi episodi legati alle foibe e all’esodo dalla Venezia Giulia, dall’Istria e dalla Dalmazia. Già il 7 febbraio 1945 a Malga Porzus, in provincia di Udine, si consumò il massacro della Brigata partigiana Osoppo, ad opera dei garibaldini comunisti alleati con il IX Corpo sloveno del Maresciallo Tito. Nell’eccidio perì anche il Brigadiere della Guardia di Finanza Pasquale Mazzeo103, effettivo della 3a Divisione Osoppo Friuli, con il nome di battaglia “Cariddi”. Lo stesso

103 Comandante della Brigata Osoppo era il Capitano degli Alpini Francesco De Gregori, ucciso anche lui nella strage e zio - 71 - giorno, a Saciletto di Cervignano del Friuli, i Finanzieri Marcello Zanella e Giovanni Cecchi furono assassinati in un’azione terroristica mirante a colpire i comandi italiani più isolati. Tra aprile e maggio, intanto, le truppe jugoslave stavano occupando l’Istria, infoibando, arrestando e deportando numerosi civili e militari. Anche molti Finanzieri che erano in forza alle varie brigate della Guardia di Finanza dell’Istria erano stati catturati e molti altri avevano trovato scampo allontanandosi dalle zone più pericolose. Nei giorni successivi all’insurrezione generale a Trieste, lo stesso Colonnello Marini subì arresti indiscriminati nel suo reparto da parte dei nuovi occupanti, offrendosi al posto dei suoi uomini. Per queste sue azioni, Persirio Marini sarà decorato con la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza: “In difficile situazione politico-militare, quale Comandante di Legione dislocata sul confine orientale italiano in zona direttamente controllata dalle autorità germaniche, si oppose con decisione e con grave rischio personale agli intendimenti di utilizzare i militari dipendenti nel contrasto ai partigiani e, ove ciò non fu possibile, diede precise direttive affinché i reparti favorissero la resistenza segnalando i movimenti delle truppe tedesche e fornendo ai patrioti armi, munizioni ed equipaggiamenti. Nei giorni dell’insurrezione generale costituì con i Finanzieri dipendenti un battaglione di formazione che contribuì in modo determinante alla liberazione della città. Durante il periodo dell’occupazione jugoslava mantenne contegno fiero e fermo contro gli occupanti che operavano arresti indiscriminati tra i suoi dipendenti, offrendosi al loro posto per ottenerne la libertà. Luminoso esempio di attaccamento al corpo, di altissimo senso di responsabilità e del dovere. Trieste, 8 settembre 1943-12 giugno 1945104”. Nel contempo, a Trieste ci fu un generale sbandamento di civili e militari italiani, preoccupati per l’occupazione della città da parte dei partigiani del Maresciallo Tito. Nello stesso periodo, quei pochi Finanzieri rimasti in città, si prodigarono per soccorrere ed assistere quei commilitoni sbandati e ricercati dagli Jugoslavi. Una particolare menzione meritano quegli ardimentosi Finanzieri di Trieste che, noncuranti del grave pericolo cui andavano incontro, si portarono, con autocarri, nelle varie località dell’Istria, salvando circa un centinaio di Fiamme Gialle. Il 1° maggio 1945 i soldati del IX° Corpo ed i partigiani di Tito entrarono a Trieste ed il successivo 2 maggio irruppero nella Caserma di Campo Marzio, mentre numerosi Finanzieri erano impegnati nel controllo degli ultimi nuclei di resistenza tedeschi, dove prelevarono i novantasei Finanzieri presenti per portarli a morire, forse, nella foiba di Basovizza: tra essi anche i Capitani Giovanni

dell'omonimo cantautore 104 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007 - 72 -

Battista Acanfora e Eugenio Piucca ed il Sottotenente Francesco Tolardo. A fine guerra, un testimone riferì di aver visto “presso Cave Auremiane, un campo cosparso di oggetti, di vestiario ed equipaggiamenti della Guardia di Finanza e di aver saputo che numerosi Finanzieri erano stati uccisi con le mitragliatrici105”. L’Esercito Jugoslavo lasciò Trieste dopo quaranta giorni di occupazione, portandosi dietro una lunga scia di sangue innocente. Nelle foibe sono stati così sacrificati, oltre a numerosi militari della Guardia di Finanza, migliaia e migliaia di altri Italiani, vittime di una vera e propria pulizia etnica: civili, religiosi, Carabinieri, Vigili Urbani, Agenti di Pubblica Sicurezza, militari della Repubblica Sociale Italiana, esponenti dei comitati di liberazione. Analogamente all’eccidio della Caserma di Campo Marzio, nella provincia di Udine, il Distaccamento di Buttrio subì uguale sorte. Composto da nove Finanzieri, comandanti dall’Appuntato Efisio Corrias, il 25 aprile 1945 furono prelevati da un gruppo di partigiani jugoslavi, con la scusa che avrebbero partecipato di li a poco alle fasi insurrezionali contro le restanti forze tedesche. Giunti a Canebola di Faedis, nella Carnia, i nove Finanzieri capirono di essere caduti in una trappola: portati nelle impervie località montane e divisi in gruppi, furono barbaramente fucilati, con la sola colpa di essere italiani. A cadere, oltre al Comandante del distaccamento Efisio Corrias, furono l’Appuntato Vincenzo Flore ed i Finanzieri Michele Buono, Alberto Cantù, Giuseppe D’Arrigo, Michelangelo Bonfante, Nazzareno Ciardiello, Pierino Corinti e Michele Mancini. Alla memoria dell’Appuntato Efisio Corrias, così come ai suoi dipendenti, è stata conferita la Medaglia di Bronzo al Merito Civile alla Memoria: “In servizio presso il Distaccamento della Regia Guardia di Finanza di Buttrio, dopo l'8 settembre 1943 continuava la sua attività di vigilanza presso un magazzino di viveri e foraggi sito in Udine, opponendosi ai tentativi di razzie messi in atto sia dai tedeschi che dagli sloveni. Unitosi fiduciosamente ad una formazione partigiana slovena, con l'inganno venne condotto, insieme ad altri commilitoni, in zone impervie, ove fu trucidato. Chiaro esempio di amor patrio e di senso dell'onore, spinti fino all'estremo sacrificio. Canebola di Faedis, 25-26 aprile 1945106”. La ferocia delle azioni dei partigiani titini, però, si scatenò già all’indomani dell’armistizio, favoriti dal generale sbandamento delle forze italiane. Il 21 settembre 1943 il Maresciallo Capo Antonio Farinatti, Comandante della Brigata di Parenzo, veniva fatto prigioniero dopo l’occupazione della

105 Museo Storico della Guardia di Finanza, La Guardia di Finanza sul confine orientale. 1918-1954, Grippaudo, Torino, 1997, p. 244 106 Decreto del Presidente della Repubblica del 26 settembre 2012. L’onorificenza, conferita anche agli altri otto Finanzieri del distaccamento comandato da Efisio Corrias riporta la stessa motivazione. - 73 - città da parte dei partigiani. Trasferito prima a Pisino, insieme ad altri militari e civili italiani, il corpo del Maresciallo Farinatti fu estratto ai primi di novembre dalla Foiba di Vines. Gli è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria: “Con profondo spirito patriottico ed eroico coraggio, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si adoperava nella difesa delle comunità italiane rimaste esposte alla rivolta della popolazione croata. Catturato da elementi partigiani, sopportò con fiero contegno e serena fermezza intimazioni, minacce ed inaudite sevizie. Legato ai polsi col filo di ferro spinato, venne barbaramente fatto precipitare in una foiba. Luminosa testimonianza di amor patrio ed elevatissimo senso del dovere. Parenzo, Pola, ottobre 1943107”. Nella notte tra il 12 ed il 13 gennaio 1944, il distaccamento della Guardia di Finanza di Matteria, in provincia di Fiume, veniva attaccato da non meglio quantificate bande ribelli. Ricostruire la sorte dei ventidue Finanzieri catturati e del loro comandante, il Brigadiere Serafino Ricci Lucchi, si è rivelato difficoltoso: la certezza è che furono deportati dai partigiani slavi in una ignota località della Venezia Giulia per essere, verosimilmente, uccisi. E ancora, il 2 marzo 1944, tre partigiani si recarono nell’abitazione del Tenente Cappellano Giuseppe Gabana, inconsapevole di cosa lo aspettasse: i tre lo uccisero con una raffica di mitragliatrice in pieno addome, dopo averlo colpito alla tempia con il calcio dell’arma. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile: “Cappellano Militare presso la 6a Legione Giulia nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, con eccezionale spirito di sacrificio, alto senso del dovere ed abnegazione, svolse un’encomiabile opera di conforto e di soccorso in favore dei tanti Finanzieri impegnati in aspre lotte per la difesa ed il mantenimento dell’ordine pubblico. Si prodigò, inoltre, nell’attività di assistenza ad aiuto nei confronti della popolazione civile, in particolar modo degli ebrei. Ritenuto un possibile pericolo per i principi della dottrina marxista, anche in relazione al suo ministero, venne assalito e ferito mortalmente dai sostenitori degli slavo-comunisti, immolando la vita ai più nobili ideali di cristiana solidarietà. Trieste, 1941-1944108”. Il Capitano Gerardo Severino, Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza, nel ricordare i sacrifici di tanti Finanzieri trucidati, a proposito di Don Giuseppe Gabana scrive che “da buon martire della fede, sacrificò la propria esistenza pur di salvare la vita preziosa di donne, vecchi e

107 Decreto Presidente della Repubblica del 24 luglio 2007 108 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008 - 74 - bambini in fuga dalle persecuzioni razziali e dall’odio etnico109”. Per gli assassini di Don Giuseppe “il solo fatto di essere rimasto al proprio posto dopo l’8 settembre 1943 equivaleva all’aver sposato la causa della Repubblica Sociale110”. Non sapremo mai con certezza quante migliaia di persone furono infoibate, uccise sommariamente, deportate nei lager titini o annegate nel Mar Adriatico: solo nella foiba di Basovizza (l’unica, assieme a quella di Monrupino, ad essere ancora in territorio italiano) furono recuperati ben 500 m3 di resti umani: dalle stime medico-legali fu stabilito che i morti dovevano essere non meno di duemila. Nella Venezia Giulia, in Istria e in Dalmazia, gli arresti indiscriminati avvenivano di notte, molto spesso con scuse di controlli, cosicché il panico tra la popolazione tardò a svilupparsi: la maggioranza dei processi che venivano poi celebrati si risolsero sempre con la condanna a morte dell’arrestato. I prigionieri, con i polsi legati con filo spinato o di ferro, vennero così portati in grotte e cave di bauxite e falciati a raffiche di mitra; altri vennero allineati, legati l’uno all’altro, sull’orlo delle foibe, profonde 100-300 m e gettati dentro vivi: spesso gli aguzzini, però, si limitarono ad uccidere il primo del gruppo che, cadendo nel baratro, si trascinava dietro i compagni a lui legati. Infine, nelle località costiere si procedette invece agli annegamenti collettivi: legati l’uno all’altro e opportunamente zavorrati con grosse pietre vennero portati al largo e gettati in mare. Il 3 maggio 1945, a Trieste, erano uccisi i Finanzieri Lembo Luscari e Pietro Mongiu da un gruppo di sicari indossanti la divisa dei vigili del fuoco, mentre a Fiume, il Tenente Giovanni Capozzi, comandante della compagnia della città, scomparve dopo l’occupazione militare titina. Il 4 maggio, il Maresciallo Vito Butti, assieme ad altri otto Italiani, era fucilato dopo un processo sommario a Castua. Troppo tardi, i sacrifici e le sofferenze degli scomparsi nelle foibe sono stati riconosciuti dal Governo: “I reparti della Guardia di Finanza dislocati lungo il confine orientale, dopo l’8 settembre 1943, pagarono un alto tributo di sangue pur di affermare i principi della legalità, della sicurezza economica-sociale e della salvaguardia dei valori etico-morali. Strenuo baluardo dell’italianità e dell’integrità territoriale, i Finanzieri di stanza nella Venezia Giulia, Istria e Dalmazia rimasero ai loro posti di servizio, dopo l’armistizio, scrivendo pagine luminose di generoso altruismo. Nonostante le centinaia di caduti, le Fiamme Gialle contribuirono alla salvezza del patrimonio sia aziendale che abitativo e,

109 Gerardo Severino, Don Giuseppe Gabana. Soldato di Cristo e martire della fede (1904 1944), San Paolo Edizioni, 2009, p. 12 110 Gerardo Severino, Don Giuseppe Gabana. Soldato di Cristo e martire della fede (1904 1944), San Paolo Edizioni, 2009, p. 67 - 75 -

dopo la fine del confitto, prestarono la loro generosa opera di soccorso alle migliaia di profughi Giuliani, Istriani e Dalmati. L’operato dei Finanzieri, spinto anche fino all’estremo sacrificio, ha suscitato l’ammirata gratitudine e l’unanime riconoscenza del Paese. Confine orientale, 1943-1945111”. Chi non finì nelle foibe, chi non venne massacrato brutalmente o torturato, chi non venne fucilato sommariamente, rischiò l’arresto e la deportazione nei campi di concentramento jugoslavi: nomi come Borovnica, Bor, Skofia Loka riportano alla mente dei pochi sopravvissuti sevizie e privamenti inimmaginabili; e come per le foibe, anche in questo caso le notizie sono poche e frammentarie. Il Finanziere Augusto Bacchi venne prelevato il 2 maggio 1945 dalla caserma di Via Udine a Trieste e deportato nel campo di concentramento di Borovnica: da quel poco che è emerso, è certo che è deceduto il 26 giugno, probabilmente per la fame e le sevizie; il Maresciallo Carlo Foglio, il Brigadiere Milano Succi, i Vice Brigadieri Nicola Scotto Covella e Antonio Sorrentino, i Finanzieri Carmine Barone e Cesare Merlani subirono la stessa sorte, decedendo nel luglio 1945. A Skofia Loka trovò la morte nell’ospedale da campo il Vice Brigadiere Gerardo Campana, il 13 luglio 1945, per una grave forma di denutrizione, stessa sorte toccata ai Finanzieri Sebastiano Cosentino, Alberto Libanti, Alfio Marinelli, Antonio Perini, Rosario Presti e Luigi Tiloca. Inoltre, per le assenti condizioni igieniche, molti moriranno di malattia: nel luglio 1945, i Finanzieri Luigi Burgio, Mario D’Arcangelo e Giacomino Vacca non sopravvivevano al tifo contratto a Borovnica e Skofia Loka. Nelle carceri di Lubiana perirono il Maresciallo Michelangelo Genovese, l’Appuntato Donato Tommasi ed il Finanziere Italo Rubino. Il 21 maggio 1945, a Prestrane, durante un tentativo di evasione, furono fucilati i Finanzieri Carlo Matteucci e Bruno Monferrini. Nell’ospedale di Belgrado perirono il Brigadiere Lino Baldini e il Finanziere Giuseppe Marini. Nel lager di Borovnica furono internati circa 3000 Italiani, meno di mille faranno ritorno a casa. L’ultimo tributo di sangue pagato dalla Guardia di Finanza sul confine orientale fu l’uccisione del Finanziere Salvatore Russo, il 29 agosto 1949, mentre scortava un gruppo di operai incaricati della messa in opera dei segnali di confine alla Cima dei Mughi, presso il Passo del Predil nel comune di Tarvisio: nelle immediate vicinanze, cinque anni prima, il 25 marzo 1944, dodici Carabinieri vennero torturati e trucidati da una banda di partigiani sloveni. Nel 1960, il Comando della Zona Triveneta della Guardia di Finanza inviò una richiesta al Comando Generale per apporre all’interno della Caserma Postiglioni una lapide a memoria dei 97 Finanzieri di Campo Marzio. La proposta, però, secondo il Commissario Generale del Governo Giovanni Palamara, avrebbe provocato “la reazione di Belgrado con probabili ripercussioni sui

111 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008 - 76 - rapporti politici e commerciali faticosamente intrattenuti attualmente tra i due Stati112”. Palamara faceva poi osservare che la data “del 2 maggio 1945 da iscrivere nella lapide mette chiaramente in luce che i 97 dispersi furono trucidati durante il periodo in cui le forze jugoslave occuparono la città e perciò le vittime sarebbero da attribuire implicitamente allo Stato jugoslavo113”. Cinque anni più tardi, il 3 maggio 1965, nel 20° Anniversario del sacrificio dei Finanzieri della Caserma di Campo Marzio di Trieste, il Comando Generale della Guardia di Finanza realizzava un opuscolo commemorativo. Dieci lunghe pagine riportano i nominativi di 242 caduti (tra Ufficiali, Sottufficiali, Appuntati e Finanzieri) nella Venezia Giulia dopo l'8 settembre 1943. Di molti di loro, come si è detto, non si seppe più nulla. E alla fine del triste elenco, come monito per non dimenticare il loro sacrificio: “Quanti nomi mancano? Vada a tutti i caduti il nostro indimenticabile pensiero con accorato rimpianto114”. Come i loro resti mortali, anche le loro storie sono andate perdute, dimenticate e gettate nell’oblio. Assieme a loro, decine e decine di altri loro colleghi pagarono con la vita la sola colpa di essere rimasti al loro posto durante tutta la guerra, senza gettare la divisa e quelle Fiamme Gialle sulle mostrine a cui avevano giurato fedeltà.

112 Foglio del Comando Generale della Guardia di Finanza al Comando della Zona Triveneta datato 20 luglio 1960 113 Ibidem. 114 I martiri della Regia Guardia di Finanza a Trieste e nella Venezia Giulia, opuscolo commemorativo a cura del Museo Storico della Guardia di Finanza - 77 -

~ BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE ~

Libri

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Altre pubblicazioni

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Museo Storico della Guardia di Finanza, I martiri della Regia Guardia di Finanza a Trieste e nella Venezia Giulia, opuscolo commemorativo, Roma, 1965

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Riviste e periodici

Fiamme Gialle. Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia-ANFI, n° 1/2005; n° 2-3/2005; n° 7-8/2005; n° 5/2006; n° 5-6/2007; n° 7/2007; n° 10/2007; n° 1-2/2008; n° 4/2008; n° 9/2008; n° 10/2008; n° 2/2009; n° 4/2009; n° 10/2009; n° 8-9/2010; n° 6/2011; n° 8- 9/2011; n°2/2012; n° 8/2012

Il Finanziere. Mensile illustrato della Guardia di Finanza, n°3/2003; n°6/2008

Mensile illustrato di storia “Historia,” n° 199, luglio 1974

Siti internet

Sito istituzionale della Guardia di Finanza: http://www.gdf.gov.it

Sito istituzionale della Marina Militare Italiana: http://www.marina.difesa.it

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