La Biodiversità del Terminillo Alla scoperta della vegetazione, della fauna e degli habitat dei Monti Reatini

1 LA BIODIVERSITÀ DEL TERMINILLO INDICE Alla scoperta della vegetazione, della fauna E degli habitat dei Monti Reatini

Regione 4 Presentazione Amministrazione Provinciale di Coordinamento editoriale Giancarlo Cammerini 8 Scoperta e difesa della biodiversità Testi: Giancarlo Cammerini 16 La Rete Ecologica Natura 2000 Enrico Calvario Silvia Sebasti REGIONE LAZIO Francois Salomone 30 Geografie e paesaggi Stefano Sarrocco Cartografia: Giancarlo Cammerini 50 Vegetazione e habitat PROVINCIA DI RIETI Foto: Mauro Bernoni: pagg. 83,84,113,114 alto. 80 La fauna Accordo di programma multiregionale in mate- ria di biodiversità nella ZPS Monti Reatini, nei Fabrizio Bartolucci: pagg. 69, 106. SIC Gruppo , Vallone del Rio Enrico Calvario: pagg. 95, 112 basso,115. 104 Specie di valore europeo Fuggio, Valle Avanzana Fuscello e interventi di Giuliano Cappelli (panda Photo): pagg. 90,112. riqualificazione ambientale a tutela della Batra- cofauna. Gabriele Casciani: pag. 81. Giancarlo Cammerini: pagg. 10,14,19,20,21,22,23,24,25,26,27,28,31,33, 34, 35, 37, 38,39,40, 120 Progetto laghetti e fontanili Con la collaborazione di 42,43,45,47,48,51,55,57,58,61,63,65,66,71,73,75,76,77,78,96, 99,100,103,105,118,121,123,124 alto, 130,134,145,153,155,159,160,163,164,166,177. Andrea Capponi: pagg. 5,9. 124 Gli anfibi presenti nei laghetti e fontanili ripristinati Si ringraziano Romano Fabi: pag. 13. l’Arch. Roberta Galluzzi e Roberta Galluzzi: pagg. 135,136,137,138,139,140,141,142,143,144,145,171. l’Ing. Mariangela Guerrieri. Mariangela Guerrieri: pagg. 146,147,148,149,150,151,152,153,173. 132 Gli interventi per la tutela e valorizzazione di laghetti e fontanili Domenico Marchetti: pagg. 5,9. Gianpaolo Montinaro pagg.108,126 alto. 154 La cultura della montagna Guido Prola: pagg. 89,93,109,110,111,116,117.

Citazione bibliografica consigliata: Stefano Sarrocco: pagg. 126basso, 125 basso. Cammerini Giancarlo (Ed), 2012. Silvia Sebasti: pag. 127 alto. 168 Buone pratiche e gestione dei fontanili La Biodiversità del Terminillo. Alla scoperta della vegetazione, della fauna e degli Francois Salomone: pag. 107. habitat dei Monti Reatini. Regione Lazio, Amministrazione Provinciale di Rieti. Alberto Venchi: pagg. 109,123 basso . 174 Bibliografia

2 3 Presentazione Michele Beccarini - Assessore alle Politiche Ambientali

uale è il futuro del Terminillo? Sono molti anni, oramai, che am- ministratori, operatori, ambientalisti e semplici abitanti dei paesi pedemontani dibattono intorno a questa domanda, provando a Qtrovare soluzioni e proposte interessanti. Una delle risposte che la nostra Amministrazione vuole dare è racchiusa in questo volume, che prova a far emergere l’evidenza scientifica del valore ambientale e naturalistico dei Monti Reatini. Un patrimonio fino a oggi poco considerato, ma che è parte del mosaico di proposte che vedono la montagna reatina protagonista in tutti i suoi aspetti e in tutte le stagioni. Un progetto ideato per la tutela e la valorizzazione di specie peculiari e poco conosciute, come gli anfibi, ci ha consentito di curare la manutenzione, a volte la ristrutturazione e certamente la valoriz- zazione, di diciotto fontanili e due laghetti ma, soprattutto, ci ha permesso di dimostrare come sia possibile conciliare le esigenze dell’uomo con quelle della natura. I fontanili, per esempio, hanno un ruolo strategico per le spe- cie animali; ma la scelta ha dovuto tenere conto delle esigenze degli alleva- tori che quotidianamente vi fanno riferimento per l’abbeveraggio del be- stiame allevato allo stato brado e anche di offrire ai turisti luoghi di ristoro. Ecco, nello sviluppo dei Monti Reatini si devono tenere in considerazione molti ambiti di intervento e tra questi, sicuramente, la tutela della biodi- versità deve essere messa al primo posto. La politica ha il dovere di im- pegnarsi nel coniugare le esigenze della tutela ambientale con lo sviluppo economico, magari scoprendo e mostrando, come si fa in questo progetto, che possono viaggiare sullo stesso binario.

4 5 La conservazione è uno stato di armonia fra gli uomini e le terre.

Aldo Leopold

6 7 Scoperta e difesa della Biodiversità di Giancarlo Cammerini

arlare della Biodiversità dei Monti Reatini, della ricchezza naturali- stica delle montagne che sovrastano la città di Rieti, è probabilmente una novità rispetto alle decine di pubblicazioni che la celebrano per Pla sua storia legata alla costruzione della stazione turistica di Pian dé Valli alle piste da sci, all’urbanizzazione capillare che nel corso di cinquanta anni ha portato il segno tangibile, a volte sconsiderato dell’uomo su queste mon- tagne più che in tutti gli altri gruppi montuosi appenninici. Certamente questo tipo di sviluppo ha contribuito a dare un largo palco- scenico al Terminillo più per i suoi aspetti mondani che per il suo ambiente naturale. Tuttavia questa è solo una visione parziale, perché su quelle rocce, tra i boschi, nei prati ci sono persone che sono state e sono interessate so- prattutto a osservare boschi e rocce, prati e farfalle, lupi e aquile; scienziati, naturalisti o semplici appassionati che hanno percorso le valli e i versanti dei Monti Reatini, decifrando il grande valore della loro biodiversità. Fin dal XVI secolo sono iniziate le prime descrizioni cartografiche e rela- zioni scientifiche sul mondo naturale dei Monti Reatini. Nel secolo XVII, il botanico francese Jacques Barrelier fu il primo naturalista a esplorare le pendici del Terminillo. In seguito, considerata anche la vicinanza alla Ca- pitale, decine di scienziati hanno continuato ad approfondire la conoscen- za delle caratteristiche ambientali della montagna. Il botanico ligure Paolo Boccone nel 1682 analizzò molte piante, specialmente quelle in quota, in- dividuando una pianta rara come Potentilla appenninica. I crocus dipingono di viola i prati nel passaggio tra Nel 1818, con grandi capacità escursionistiche, il naturalista danese Joa- l’inverno a la primavera. kim Frederik Schouw giunse sino in cima dove compì la prima misurazio-

8 9 I costoni della Valle Scura conservano gli ambienti più preziosi del Terminillo

ne barometrica della vetta, risultò di 2150 metri dell’ornitofauna va ricordato il contributo, sia in e la chiamò Terminillo grande, (R. Marinelli-Il termini scientifici sia culturali, del Dott. A. Au- Terminillo, storia di una montagna - Il Velino). gusto Di Carlo che per alcuni anni fu medico Con lui inizia un nuovo sistematico studio della condotto a . geologia, della flora e della fauna reatina, anche Arriviamo ai giorni nostri in cui alla consapevo- se le scienze naturali ancora non avevano la di- lezza del valore della biodiversità si unisce il ri- visione disciplinare che avrebbe iniziato a distin- schio della sua scomparsa. Negli anni Ottanta guerle dai primi del Novecento. anche a Rieti la parola ecologia comincia a far- Così negli anni venti il geologo Lotti, Presidente si sentire attraverso l’impegno degli ambientalisti. della Società Geologica Italiana, avviò lo studio Oltre alla strenua difesa della montagna dagli ul- della geologia dei Monti Reatini secondo la con- timi attacchi “cementificatori”, questi cercano di cezione moderna delle scienze della terra, Giulia- divulgare i valori della biodiversità per far cono- no Montelucci sistematizzò la conoscenza della scere alla grande massa di turisti che sarebbe sta- flora dei Monti Reatini. Sempre nell’immediato to sufficiente fare capolino dietro i casermoni di dopoguerra fu fondato il Centro Appenninico Pian dé Valli per scorgere quella natura che or- del Terminillo, per iniziativa dello scienziato rea- mai appare solo nei documentari televisivi. tino Carlo Jucci; il primo erbario custodito pres- Infatti, già nel 1988 con la pubblicazione del vo- so il museo di quella che in seguito sarebbe di- lume Terminillo Anno Zero, da parte di W.W.F e ventata la foresteria del Centro di ricerca reatino, CAI, veniva rilevato come la percezione del Ter- conteneva già mille esemplari e, di fatto catalizzò l’interesse di molti studiosi, entomologi, erpeto- minillo doveva essere più legato agli aspetti natu- logi, ornitologi che cominciarono a riempire le rali che a quelli di “Montagna di Roma”. lacune di conoscenza, ma anche a meravigliarsi Tuttavia, a livello planetario, si stava affermando della varietà di ambienti, a volte rari, presenti su una nuova visione nella gestione dell’ambiente queste montagne. Per quanto concerne lo studio che a breve avrebbe portato a una riformulazio-

10 11 Una delle farfalle diurne più comuni è il Tabacco di Spagna Argynnis paphia, nell’immagine posata su una pianta di cardo rosso Cardus nutans.

ne delle politiche di conservazione e alla reinter- sentano la natura selvaggia: dai lupi alle faggete pretazione di una legislazione ormai inadeguata. monumentali, dai fiori che crescono in alta quota Il 5 giugno 1992 a Rio de Janeiro è sottoscritta agli anfibi, dalla miriade di farfalle e coleotteri ai la Convenzione Internazionale sulla Diversità rapaci che nidificano tra le pareti di roccia. Biologica, ratificata poi nel 1993 dalla Comuni- Tuttavia ci sono due specie che richiamano più di tà Europea. Quest’accordo sancisce un concetto ogni altro elemento la sensazione di wilderness fondamentale: la tutela della biodiversità è una nei Monti Reatini: nel panorama vegetale la Betul- parte inscindibile del processo economico e so- la, in quello animale l’Aquila reale. La Betulla, spe- ciale di un territorio. L’Unione Europea crea la cie relitta diffusasi in Italia durante le glaciazioni Rete Natura 2000, un programma per lo studio, è presente solo nel versante nord del Terminillo, la tutela e la valorizzazione delle specie e degli tra i massi della morena postglaciale (Pleistocene habitat più importanti. Anche nei Monti Reati- sup.) e la faggeta. Le betulle sopravvivono in for- ni sono individuati gli elementi naturali più sen- mazioni arbustive, sotto la parete nord del Termi- sibili o rari e sulla base di questi create le aree nillo e ci riportano ad un periodo in cui i Monti di tutela. Su alcuni di essi sono stati sviluppati Reatini erano ricoperti dai ghiacci e, tra i boschi Piani di Gestione e progetti di studio e divulga- di faggio, acero, abete bianco e betulla, ancora si zione per far conoscere la biodiversità ma anche aggiravano orsi, lupi, cavalli selvatici e mammut. per promuovere un nuovo e più coinvolgente ap- L’Aquila reale invece, ci testimonia ancora oggi proccio alla conservazione. un ambiente sano, il suo nido ricavato su pare- Così oggi, in termini di biodiversità, c’è una vi- ti strapiombanti è il simbolo chiaro di una mon- sione chiara sia sulla conoscenza degli elementi tagna affascinante e severa, di una natura incon- naturali sia sulle azioni da attuare per la loro tu- taminata che in parte oggi è scomparsa, ma che tela. Simboli rappresentativi di questa tutela sono guardando questo superbo rapace volteggiare le specie d’interesse comunitario e in particola- sulle alte valli è possibile richiamare, consapevoli re quelle che nell’immaginario collettivo rappre- che per la regina di questi cieli nulla è cambiato.

12 13 La salvezza del mondo sta nella natura selvaggia

Henry David Thoreau

14 15 La Rete Ecologica Natura 2000

di Enrico Calvario SIC SIC MONTE VALLE AVANZANA FAUSOLA FUSCELLO SIC a Rete Natura 2000 è un sistema europeo coordinato e coerente di RIO FUGGIO aree (Siti di Interesse Comunitario – SIC e Zone di Protezione Spe- ciale – ZPS) che devono essere adeguatamente tutelate dagli Sta- Lti membri dell’Unione Europea, per conservare una serie di habitat e di specie animali e vegetali indicate negli allegati della Direttiva 92/43/CEE SIC “Habitat” e della Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” (sostituita dalla Diretti- VALLONINA va 2009/147/CE). Le due direttive non solo hanno colto l’importanza di SIC MONTE TERMINILLO tutelare gli habitat per proteggere le specie, recependo in pieno i principi ZPS dell’ecologia che vedono le specie animali e vegetali strettamente connesse MONTI REATINI con le componenti biotiche e abiotiche che le circondano ma, per la pri- ma volta, hanno dato rilevanza agli habitat “seminaturali”, la cui presenza e conservazione dipendono strettamente dalle attività umane “sostenibili” che in essi si svolgono. Per assicurare il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacen- te degli habitat e delle specie di flora e fauna di importanza comunitaria, che sono stati alla base della designazione dei Siti Natura 2000, la Direttiva individua sostanzialmente i seguenti strumenti: • la definizione di misure di conservazione; • l’attuazione della procedura di valutazione d’incidenza per tutti i piani ed i progetti che insistono all’interno dei siti Natura 2000 o che, anche se L’area dei Monti Reatini è oggetto delle Direttive esterni, possono produrre effetti che si ripercuotono all’interno dei siti; LEGENDA emanate dall’Unione Europea • la conduzione delle attività di monitoraggio; e incardinate nel sistema di Siti di Interesse Comunitario tutela da parte della • L’individuazione dei Siti Natura 2000 comporta l’impegno da parte della Zona di Protezione Speciale Regione Lazio. Regione del mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente degli

16 17 habitat e delle specie per cui essi sono stati indi- misure di conservazione da applicarsi nelle Zo- Il moscardino è un gliride viduati, nonché il ripristino di ambienti compro- ne di protezione Speciale e nelle Zone Speciali stabilmente presente sui Monti Reatini. messi. Nel Lazio la Valutazione di incidenza va di Conservazione”. Infine per quanto riguarda il effettuata tenendo conto delle Linee Guida ema- Monitoraggio, La Regione Lazio, per adempiere nate dalla Regione con DGR 64/2010, pubblicata all’obbligo normativo previsto dalla Direttiva Ha- nel supplemento n°38 al BURL del 27/02/2010, bitat, si è dotata di una Rete Regionale di Moni- con le quali vengono definiti in modo chiaro gli toraggio (DGR n. 497 del 3/07/2007) che consi- elaborati tecnici da produrre e le modalità di at- ste in una vera e propria rete diffusa sul territo- tivazione della procedura. rio regionale organizzata in un Centro Regiona- Per quanto riguarda le Misure di Conservazione, le (“Focal Point”), alcuni centri tematici (“Topic il Ministero dell’Ambiente ha emanato il Decreto Center”) e una rete capillare di laboratori territo- del 17 ottobre 2007, recante “Criteri minimi per riali (ubicati presso le Aree Protette regionali). La la definizione di misure di conservazione relative gestione operativa del Focal Point è affidata all’A- a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zo- genzia Regionale Parchi. L’ARP, con la Direzione ne di Protezione Speciale (ZPS)”, pubblicato sul- Regionale Ambiente e con l’Osservatorio per la la Gazzetta Ufficiale n. 258 del 6 novembre 2007, Biodiversità del Lazio, dovrà mettere a punto l’ar- chitettura relativa alle banche dati, agli standard La Peonia che individua una serie di obblighi, divieti ed Paeonia officinalis è una azioni wda incentivare all’interno dei siti Natura e a tutti gli aspetti tecnico scientifici delle attivi- specie floristica localizzata 2000; esso è stato adottato anche per replicare alla tà di monitoraggio. I Monti Reatini fanno parte nei versanti erbosi occidentali dei Monti Reatini. Procedura di Infrazione comunitaria 2131/2006, della Rete Natura 2000, essendo stati designati co- ove si eccepiscono evidenti carenze di misure di me ZPS “Monti Reatini”, al cui interno sono stati protezione nei confronti delle Zone di Protezio- individuati ben cinque SIC: Vallone del Rio Fug- ne Speciale presenti sul territorio nazionale. gio, Gruppo del Monte Terminillo,Valle Avanza- na–Fuscello, Monte Fausola, Bosco Vallonina. La Regione Lazio ha provveduto all’adeguamen- to della propria normativa al citato DM 17 otto- Questo sistema di aree è un riconoscimento al bre 2007, emanando la DGR 363/2008, succes- valore “monumentale” della biodiversità delle sivamente modificata con DGR 928/2008 ed en- montagne reatine, anche da considerare come trambe sostituite dalla DGR n° 612 del 16 dicem- una straordinaria opportunità di studio e pro- bre 2011 denominata “Rete Europea Natura 2000: mozione turistica.

18 19 La cascata di Malopasso Il Monte Terminillo visto nella Valle Scura. dalle sponde del Lago di Ventina al confine tra Lazio e Umbria.

20 21 Monti Reatini Valle Avanzana-Fuscello

Questo comprensorio montano ospita comunità vegetali e animali tipiche La Valle Avanzana - Fuscello prende origine dai versanti montuosi di della regione appenninica. Numerose le specie animali a elevato valore zo- Monte Tilia e Collelungo e delimita la parte nord-occidentale dei Monti ogeografico e le specie vegetali endemiche dell’Appennino centrale; presen- Reatini. ti anche 12 habitat di interesse comunitario, fra cui 5 prioritari. Gli habitat Si tratta di una valle situata al confine con l’Umbria che si sviluppa da quota maggiormente rappresentati sono costituiti da “Faggeti degli Appennini 1100 a quota 600 m s.l.m., interamente ricoperta di formazioni forestali a Taxus e Ilex” e “Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine”, estesi montane e submontane, dalle faggete ai boschi di roverella. Nel torrente di secondo il Formulario Standard rispettivamente sul 25% e sul 14% della fondovalle, fosso di Leonessa, lo scorrimento idrico superficiale, a causa superficie della ZPS. L’ambiente naturale è di tipo altomontano, con faggete delle captazioni delle sorgenti, è discontinuo ed irregolare e si mantiene di quota e forme di vegetazione al di sopra del limite dei boschi. Di note- più o meno permanente soltanto nella parte alta della valle, lungo il rio vole valenza botanica sono le praterie submontane, quelle subalpine e la Fuscello. A quote elevate è presente una faggeta che verso valle rimane vegetazione delle rupi e dei brecciai. La composizione floristica rivela una solo a ridosso dell’alveo. I versanti della media valle sono occupati da una notevole diversificazione e ricchezza, con una elevata residualità e relittua- foresta mista costituita da aceri, carpini neri e, subordinatamente cerri. Il lità. Presente la specie floristica di interesse comunitario bivonea di Savi fondo valle e alcune vallecole laterali ospitano una cospicua popolazione Jonopsidium savianum. di salamandrina dagli occhiali e alcuni nuclei di ululone a ventre giallo, I monti Reatini ospitano due specie di anfibi di interesse comunitario, la tra le specie faunistiche di Direttiva. Le scarpate rocciose che bordano salamadrina dagli occhiali e l’ululone dal ventre giallo appenninico, e una i versanti della valle sono occupati da una coppia nidificante di falco popolazione estremamente localizzata di Vipera di Orsini. Presente anche pellegrino. Un problema ambientale che presenta la valle è la quasi totale il lepidottero Euphydrias aurinia. Di notevole interesse sono i mammiferi assenza dello scorrimento idrico superficiale, se non nella parte alta di Monti Reatini di medie e grandi dimensioni, tra cui un nucleo stabile di lupo e alcune Fuscello, a seguito della captazione quasi integrali delle sorgenti. Infatti ZPS IT6020005 segnalazioni recenti di orso bruno. Rilevante il numero di specie ornitiche. Valle Avanzana-Fuscello il torrente Avanzana ha un regime torrentizio molto pronunciato, nei Comuni: Morro Reatino, Sul gruppo montuoso vi sono 2 coppie nidificanti di aquila reale, alcune SIC IT6020004 mesi di maggiore piovosità e scioglimento delle nevi ha una portata che Rivodutri, Poggio decine di coppie di coturnice e di gracchio corallino, e infine 3-4 coppie consente la riproduzione di alcune specie di anfibi ma nel resto dell’anno Bustone, , Castel di falco pellegrino. Nelle faggete d’alto fusto vi sono due specie d’interesse Comuni: Morro Reatino, resta asciutto, sfocia nel lago di Piediluco. La valle Avanzana nei secoli ha Sant’Angelo, Borgo Velino, legate alle comunità degli alberi vetusti, come la balia dal collare e il picchio rappresentato un passaggio importante sia come corridoio faunistico che Micigliano, Leonessa, Posta, Rivodutri, Leonessa, Rieti dorsobianco. Nidificano inoltre il biancone, la tottavilla, l’averla piccola e il Labro. per la transumanza delle greggi, un collegamento tra le montagne umbre Estensione: 24.446,00 ha. calandro. Estensione: 1151,3 ha e la pianura reatina certamente utilizzato anche da carovane e pellegrini.

22 23 Vallone del Rio Fuggio Gruppo Monte Terminillo

Il Vallone del Rio Fuggio corrisponde al bacino idrografico del fosso omo- Il sito include tutte le principali cime del gruppo del monte Terminillo. nimo, un affluente in riva sinistra del fosso Tascino di Leonessa. Il sito è Sono presenti molti degli habitat degli orizzonti montano superiore, su- situato ad una altezza media di 1298 m s.l.m. ed è ricoperto per buona par- balpino ed alpino, tipici della regione appenninica: faggete, cespuglieti e te da faggete ad alto fusto. Le faggete a tasso che ricoprono i versanti della praterie d’altitudine, ghiaioni e brecciai. Nell’alternarsi delle diverse mor- stretta valle, rappresentano una vegetazione montana relitta, sviluppatasi fologie, si rinvengono alcune tra le cenosi vegetali più tipiche e peculiari nel corso della fine del Terziario, ridotta progressivamente dalle crisi gla- dell’Appennino centrale come le brughiere altomontane, corrispondenti ciali quaternarie. Lungo il vallone del Rio Fuggio, sul fondo della stretta all’habitat di interesse comunitario delle “Lande alpine e boreali” con po- valle, si rinvengono anche dei nuclei di foresta mista, da riferire all’habitat polamenti di mirtillo nero, che nel comprensorio si trova al limite meri- prioritario delle “Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion”. dionale del suo areale. Le praterie subalpine, corrispondenti agli habitat Lungo la valle, in corrispondenza delle confluenze di piccoli rii laterali alla delle “Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine”, delle “Formazioni valle principale, è presente l’habitat prioritario denominato “Sorgenti pie- erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane”, e le comunità vegetali colonizzatrici dei brecciai e dei liscioni calcarei che trificanti con formazioni di travertino”. Sono inoltre presenti altri 3 habitat caratterizzano gli habitat dei “Ghiaioni calcarei e scisto-calcarei montani di interesse comunitario, quali “Faggeti degli Appennini a Taxus e Ilex” , ed alpini (Thlaspietea rotundifolii)” e dei “Pavimenti calcarei”. Il sito è l’u- “Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica” e “Bordure plani- nico del comprensorio montano dove sono distribuite le formazioni arbu- ziali montane e alpine di megaforbie idrofile”. Tra le specie della Direttiva stive a ginepro nano, una specie rara al limite meridionale del suo areale. segnalate nel sito vi sono la balia dal collare, nidificante nella faggeta, e la Ai limiti superiori della faggeta è segnalata la presenza di popolazioni di tottavilla, un alaudide presente nelle radure di quota. Il Piano di Gestione betulla, specie assai rara nel Lazio. Per quel che riguarda le specie faunisti- ha evidenziato la necessità di migliorare l’utilizzo delle risorse idriche, evi- che di Direttiva, nel sito sono segnalate le principali aree di alimentazione tando ulteriori captazioni e cementificazioni delle rive e dell’alveo, pre- e di riproduzione del calandro, del gracchio corallino, della coturnice e vedendo, inoltre, un regime speciale di protezione che escluda tutti gli l’unico nucleo presente nel comprensorio di fringuello alpino. Nell’area interventi di taglio forestale e di trasformazione territoriale che possano Gruppo Monte Terminillo è inoltre presente una coppia di aquila reale. Segnalata anche la Vipera Vallone del Rio Fuggio provocare l’alterazione delle condizioni di efficienza del flusso delle -sor SIC IT20007 di Orsini, un serpente di piccole dimensioni, dalle abitudine schive, che SIC IT6020006 genti. Risulta inoltre necessario prevedere un’adeguata regolamentazione si alimenta di cavallette montane. Questa è la parte sommitale dei monti Comuni: Leonessa, Comuni: Leonessa. del transito carrabile. La risalita di questa valle conduce nei vasti prati in Cantalice, Micigliano. Reatini che comprende la vetta principale e la cresta Sassetelli che rappre- Estensione: 292,9 ha quota verso i monti Tilia e Corno. Estensione: 3185,7 ha sentano uno dei paesaggi più suggestivi e di carattere realmente montano.

24 25 Monte Fausola Bosco Vallonina

Situato nel comune di Rivodutri, il sito è localizzato nel settore nord- Situato a un’altezza media di 1471 m s.l.m., il sito include l’intera valle della occidentale dei monti Reatini e include versanti e la parte sommitale di Meta e gran parte della Vallonina, nonché l’alta valle del fosso Tascino di monte Fausola. Il paesaggio del monte Fausola, che raggiunge i 1325 m Leonessa. I boschi di faggio rappresentano la tipologia vegetazionale più s.l.m., è caratterizzato da praterie montane ricche di specie endemiche. Da frequente nell’area, rivestendo quasi ininterrottamente le pendici dei monti segnalare la presenza di “Formazioni erbose secche seminaturali e facies tra i 1000 e i 1900 m circa. Alle quote più elevate si rinvengono prevalente- coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)(*notevole mente faggete pure, accompagnate sporadicamente da aceri, sorbi e salici. fioritura di orchidee)”, habitat di importanza prioritario esteso sull’80% In alcune località la faggeta si arricchisce anche di tasso e di agrifoglio, co- della superficie. È altresì presente il Jonopsidium savianum, una crucifera stituendo l’habitat prioritario “Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex”. Il anche nota come bivonea di Savi, in genere considerata rara, sebbene negli tasso è presente soprattutto sugli affioramenti di roccia calcarea delle pareti ultimi anni sia stata segnalata in nuove località. Sarebbe infatti necessaria delle forre, in stazioni generalmente più umide, ombreggiate e con scarse una gestione controllata del pascolo per evitare sia l’eccesso di pascola- oscillazioni termiche. I nuclei di megaforbie idrofile, caratterizzanti l’ha- bitat delle “Bordure planiziali montane e alpine di megaforbie idrofile” si mento, sia l’abbandono totale delle attività pastorali. La specie vegeta pre- rinvengono nella fascia della faggeta in prossimità di corsi d’acqua, nelle valentemente in aree a morfologia dolce, poco inclinate e subpianeggianti, radure e sui margini del bosco. È inoltre presente l’habitat “Fiumi alpini nelle radure boschive su suolo acido dai 300 ai 1300 m s.l.m. Si tratta di con vegetazione riparia legnosa di Salix eleagnos”. Tra le specie faunistiche, un paleoendemismo relitto, molto raro e localizzato, con areale limitato a il lupo è presente nell’area della Vallonina in buona parte dell’anno. Tra le poche stazioni distribuite nell’Appennino Umbro-Laziale e in Toscana. Le specie ornitiche nidificanti, oltre alla balia dal collare, sono state recente- principali cause di minaccia per questa entità risultano essere l’evoluzione mente segnalate tre ulteriori specie di interesse comunitario. Si tratta di un della vegetazione rappresentata dall’espansione della macchia che coloniz- picide, il picchio dorsobianco, e due passeriformi, il gracchio corallino e za le praterie dove vive la specie, e la presenza di cinghiali che distruggono la tottavilla. La captazione delle sorgenti del fosso di Tascino di Leonessa continuamente le radure dove la specie è preferenzialmente presente. Sulla e gli interventi idraulici di risistemazione in alveo hanno distrutto parte strada, dal paesino di Cepparo verso Monte Fausola si trova il Faggio di della fascia di salici preesistente. Sarebbe inoltre necessario mantenere la Monte Fausola San Francesco, un esemplare monumentale di Fagus sylvatica dall’età di Bosco Vallonina massima varietà di situazioni qualitative del legno morto in quanto questi SIC IT20008 circa 250 anni. La leggenda narra che la rarissima conformazione ad om- SIC IT6020009 elementi forniscono sia cavità disponibili per la nidificazione della balia Comuni: Rivodutri brello sia stata assunta, miracolosamente, per proteggere il Santo da un Comuni: Leonessa. dal collare e del picchio dorsobianco sia il substrato alle comunità animali Estensione: 143,2 ha temporale, in realtà si tratta di una mutazione genetica. Estensione: 1125,3 ha saproxiliche di cui queste due specie si alimentano.

26 27 Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pe- scato, vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.

Anonimo

28 29 Geografie e paesaggi di Giancarlo Cammerini

uando si parla dei Monti Reatini si ha sempre un piccolo disagio a non riuscire comunicare con completezza a quali montagne ci si riferisce, tanto la loro conoscenza è legata alla sua vetta più alta Qe famosa, il monte Terminillo. In effetti, le vette, pur rappresentando una sintesi orografica, quasi mai ci offrono la complessità delle montagne di cui sono il punto culminante. Così è anche per i Monti Reatini, dove i paesaggi talvolta nascondono una geografia articolata, a volte sorprendente che, anche nell’era della carto- grafia satellitare, può riservare piacevoli sorprese al viaggiatore curioso. Infatti, se la percezione del paesaggio delle montagne reatine normalmente lo fa apparire come familiare, domestico, tanto siamo abituati a osservarlo velocemente tra le strade che lo attraversano, così non è per la visione ge- ografica che ha sempre bisogno di uno sforzo per conquistare una cono- scenza più approfondita, per scoprire il Genius Loci che inevitabilmente si nasconde tra l’evoluzione storica e la natura dei luoghi. Così, se l’immagine paesaggistica del Mons Tetricus appare già nelle fonti classiche, la sua rappresentazione cartografica ha il proprio battesimo in una pergamena della fine del XIII secolo (anche se con rappresentazioni fantasiose), con caratteristiche che in seguito saranno una costante anche

A Roma, dalle alture del nelle definite carte del XVIII e XIX sec. Queste caratteristiche mostrano Gianicolo, nelle giornate il gruppo dei Monti Reatini come una serie di aspri pinnacoli, isolati e con vento di tramontana è rivolti verso sud, verso la Capitale, orientati verso il paesaggio visivo che possibile ammirare il profilo del Terminillo al fianco del s’incrocia percorrendo la via consolare Salaria. Ancora oggi, percorren- Cupolone. do l’antica Via del Sale, già dalle colline della Sabina il Terminillo appare

30 31 imponente rispetto a tutte le altre alture vicine. Grande 2.912 m.s.l.m.), la più alta delle vette de- Così la visione da sud dei tre “coni” di Termi- gli Appennini. Poi lo sguardo si sposta verso le nilletto, Terminilluccio e Terminillo nel corso montagne del Velino-Sirente (M.te Velino 2.487 dei secoli ha fissato l’icona geografica e menta- m.s.l.m.). A sud-ovest si apre la grande pianura le di tutto il gruppo montuoso. Un’immagine reatina contornata dai che degra- cuneiforme che in antichità ha fatto pensare a dano nel sistema collinare della Sabina fino alla un vulcano spento: in realtà non è così, infatti, è pianura fluviale del Tevere. Questi gruppi mon- sufficiente girargli intorno per scoprire i versanti tuosi hanno altezze e uno sviluppo orografico a nord-est e capire immediatamente che la loro molto ampio, fanno da quinta teatrale alle mon- conformazione è quella tipica dei massicci calca- tagne più vicine ai Monti Reatini, nella provin- rei dell’Appennino. cia di Rieti. Sempre partendo da nord abbiamo La vetta del Monte Terminillo è alta 2.217 m.s.l.m., monte Pozzoni (1.903 m.s.l.m.) dalle cui pendi- Versante Nord-est dei Monti Reatini in estate questa quota, rilevata recentemente dalle appa- ci nasce il fiume Velino, poi a est monte Giano recchiature satellitari della Facoltà d’Ingegneria (1.820 m.s.l.m.) che con i suoi scoscesi versanti dell’Università La Sapienza, è stata misurata in un da origine alle gole di Antrodoco; al fianco si er- punto poco più a nord rispetto alla storica vetta gono il monte Nuria (1.888 m.s.l.m.) e il siste- dove ancora oggi è ubicata la colonnina dell’Istitu- ma montuoso del Cicolano che si estende fino to Geografico Militare. Ecco dalla vetta, e dalle cir- alle montagne della Duchessa. A sud troviamo i costanti alture l’orizzonte è sempre quello di altri gruppi montuosi che circondano le valli dei fiu- gruppi montuosi, alcuni più imponenti, altri che mi Salto e Turano, prima con i rilievi di monte degradano verso la pianura e il mare. Cervia e Navegna (1.508 m.s.l.m.), più a sud con i monti Lucretili (M.te Pellecchia 1.368 m.s.l.m.). A nord, dal sistema montuoso umbro si staglia- A sud-ovest si apre la pianura reatina, attraversa- no i monti Sibillini fino a giungere nelle marche ta dal fiume Velino, stretta tra i rilievi dei monti con il M.te Vettore 2.476 m.s.l.m. Il fiume Tron- Sabini (M.te Tancia 1.292 m.s.l.m.) e i Monti Re- to segna lo spartiacque dal quale s’innalzano le montagne abruzzesi che rappresentano certa- atini per questo può essere anche definita come mente l’orografia più rappresentativa degli Ap- conca intramontana. pennini. I (M.te Gorzano 2.458 Il gruppo dei Monti Reatini ha un’estensione ben Versante sud Monti dei Reatini in inverno m.s.l.m.) aprono il panorama che tuttavia è rim- circoscritta: i crinali, le valli, gli spartiacque de- picciolito dalla vicinanza del Gran Sasso (Corno finiscono nei dettagli la sua forma ed è possibile

32 33 Le caratteristiche climatiche dei Monti Reatini sono spiegate dalla posizione geografica “aperta” verso il Tirreno e pertanto esposta La parete est del Terminillo ricoperta da una copiosa nevicata dalla colorazione marrone. Tali eventi sono dovuti all’influsso dei venti agli influssi dei venti caldo-umidi provenienti dai quadranti occidentali che incontrandosi con le minori temperature determinano caldo-umidi provenienti da sud-ovest, normalmente dal nord Africa, che hanno caricato di sabbia e polvere le formazioni nuvolose copiose precipitazioni. Il rigoglio della vegetazione ne è una conseguenza. Nella foto il Terminilletto visto dalla cresta Sassetelli. che successivamente si spostano a grande velocità verso nord.

34 35 compiere il periplo attraverso strade asfaltate in dorsali e le creste sommitali descrivono i perime- La città di Rieti si trova alla base dei Monti Reatini sulla pianura reatina. Dal binomio pianura- montagna e acque-boschi deriva la meno di cento chilometri. Da Rieti, si risale la tri delle valli in quota che sono uno degli elemen- bellezza e la biodiversità di questo territorio. valle del fiume Velino fino ad Antrodoco, poi le ti più interessanti della geografia, in particolare gole omonime dominanti a est, da monte Giano la Cresta Sassetelli che separa la Valle della Meta fino al paese di Posta, quindi ci si orienta ad ovest dalla Valle degli Angeli, e tra Terminillo e Ter- percorrendo la strada che, attraverso il paese di minilletto la valle dell’Inferno, sopra Leonessa la Albaneto, giunge a Leonessa. Da qui si gira nuo- vall’Organo e numerose altre valliI crocus meno dipingo cono-- vamente a sud verso la Forca del Fuscello, poi la sciute, nascoste dai i boschi e dallano morfologiadi viola i prati e della primavera strada costeggia i versanti fino a scoprire di nuo- forse per questo più attraenti da visitare. vo il panorama della pianura reatina per tornare Tutte le altre cime non superano gli 1.800 me- al punto di partenza, Rieti. tri, le più importanti sono Colle Leprino (1.746 Riprendendo il percorso in senso antiorario tro- m.s.l.m.), Cima d’Arme (1.678 m.s.l.m.) che in- viamo le principali valli, articolate su un profi- sieme a Monte Rosato delimitano il versante lo altimetrico che va dalla base della montagna ovest, poi il settore leonessano con monte Corno (500-1000 metri) fino alle aree sommitali: sono e Tilia (1.775 m.s.l.m.) e quello della valle del Ve- il Vallone di Lisciano, Valle Ravara, Valle Scura, lino con Cimata di Castello e Colle delle Porrare Vallonina e la Valle di Cantalice. Da queste è pos- (1.603 m.s.l.m.). Tutte queste cime sono inter- sibile risalire la montagna fino alle vette maggiori, vallate da valichi e passi montani alcuni dei quali incontrando le diramazioni di altre valli boscose sono una chiave fondamentale per capire la geo- e circhi glaciali, creste, pratoni scoscesi, pascoli grafia dei Monti Reatini. Certamente il più famo- in uno scenario paesaggistico di rilievo che, pur so di questi è il passo di Sella di Leonessa (1.900 nella limitatezza spaziale del gruppo montuoso, m.s.l.m.), oggi percorribile in estate da una co- riesce a offrire una bella articolazione di scenari moda strada panoramica, collega i due versanti di montagna. nell’asse sud-nord, la città di Rieti con il paese di Le vette che superano i 2.000 metri sono in- Leonessa. Questa strada (da Rieti S.S. bis Salaria) dividuate nel Terminillo e la Cresta Sassetelli ha facilitato l’accesso in quota e al fianco della (2.217 m.s.l.m.), il M.te Elefante (2.015 m.s.l.m.) quale sono nate le stazioni turistiche di Pian dé con la cresta dei M.ti Valloni e il M.te Cambio Valli e Campoforogna. Un altro valico strategico (2.081 m.s.l.m.) che si prolunga con una cresta per capire la geografia dei Monti Reatini, ma an- su M.teCatabio fino alla pianura di Leonessa. Le che la storia, è il Passo La Fara, tra i comuni di

36 37 Le rocce calcaree sono sottoposte ad una costante erosione sia ad opera degli agenti atmosferici che per l’accentuato fenomeno del I Monti Reatini comprendono anche una rilevante geodiversità. Da Sella di Leonessa si trovano le imponenti megabrecce, ad elementi carsismo che opera la dissoluzione del carbonato di calcio. di Calcare Massiccio (sulla sinistra della foto), presenti all’interno della formazione della Corniola. Questa formazione denominata Megabrecce nella Corniola è uno dei geositi individuati dalla Regione Lazio nel territorio del Montepiano Reatino.

38 39 Versante nord di Valle Scura con la spaccatura del Fosso dei Cavalli, sovrastati da Monte di Cambio e Monte Iazzo . Leonessa e Poggio Bustone-Cantalice-Rivodutri, anni fa. A quote più elevate sono evidenti i cir- Questa è una delle aree meglio conservate del comprensorio montano. infatti fin dal medioevo è stato uno dei passaggi chi glaciali e le piccole valli sospese; scendendo che collegavano l’Umbria con la pianura reatina. lungo il versante occidentale s’incontrano le Valli Certamente vi ha camminato San Francesco e degli Angeli e dell’Inferno, mentre su quello set- oggi sono ancora visibili le tracce di quel passato tentrionale la Vall’Organo e la Valle della Meta medievale, in seguito è diventata linea di confine che presentano tutte una tipica conformazione tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie. a “U”, dovuta all’azione erosiva di lingue glaciali. La geografia dei luoghi ha comunemente il de- A quote minori, dove lo scorrimento delle acque stino che le rocce e la loro formazione gli hanno superficiali non ha rimodellato completamente il assegnato. Nel massiccio del Terminillo, analoga- paesaggio, è possibile rintracciare i resti delle an- mente a quanto accade in gran parte dell’Appen- tiche morene. Anche la Vallonina e la Valle Scura nino, le rocce sono di origine sedimentaria. sono di origine glaciale, ma la loro forma attuale La dorsale montuosa dei Monti Reatini è racchiu- è stata fortemente condizionata dalla presenza di sa tra due ampie depressioni, che molti sostengo- corsi d’acqua che, erodendo il fondo, hanno con- no essere, tuttora in lento abbassamento: il baci- ferito loro un profilo a “V”. Altre forme presenti no di Rieti e quello di Leonessa, originatisi tra il sono connesse per lo più all’erosione operata dal- Pleistocene e l’Olocene durante una fase tettonica lo scorrimento delle acque superficiali. distensiva. Le formazioni rocciose più antiche del Tuttavia se si vuole capire veramente la storia ge- gruppo montuoso sono costituite da calcari mas- ologica di queste montagne bisogna andare nelle sicci e da successioni calcaree e calcareo-dolomi- gole di Antrodoco, lì si trova un’importante strut- tiche di piattaforma carbonatica sub-tropicale, in- tura geologica dell’Appennino centrale: la linea di tensamente tagliate da faglie e tra loro accavallate. faglia “Ancona-Anzio”. Si tratta di una profonda Stratigraficamente sovrastanti vi sono altre for- frattura che divide gli appennini a metà, e che è mazioni di natura calcarea e marnosa originatesi alla base di alcune odierne differenze ambientali. in un ambiente marino pelagico. Ad esempio l’area di monte Nuria fino alle monta- Il modellamento del paesaggio è quello dovuto gne della Duchessa, si è originata in un ambiente in parte alla presenza del ghiaccio ed è rilevabile marino con acque basse, con clima subtropicale, in corrispondenza del massiccio del Terminil- con vaste aree di barriera corallina (Piattaforma lo, dove sono ancora visibili i segni dell’ultima Carbonatica) e oggi ci appare con successioni glaciazione, quella di Würm, risalente a 10.000 rocciose calcaree, che lasciano infiltrare gran par-

40 41 La vetta del Terminillo non è più di 2216 metri come riporta la cartografia ufficiale. Infatti, nel 2006 il Prof. Mattia Crespi, della Due classiche panoramiche dal Terminillo, la catena dei Monti Sibillini, con la vetta Monte Vettore (2.476 metri) e in basso i Monti Facoltà di Ingegneria dell’Università La Sapienza ha compiuto il rilevamento altimetrico della montagna con la strumentazione della Laga con il (2.458 metri) la più alta vetta del Lazio. Questi gruppi montuosi appenninci confinano con la satellitare. Il punto dove è collocato il segnale trigonometrico ha fornito quota 2215,41, vicina al 2.216 ufficiale. In quell’occasione fu catena dei Monti Reatini. verificata anche l’altezza della vicina cima Nord, quella con la piramide di sassi, che risultò quota di 2217,13, di 1 metro più alta. Così, la vetta del Terminillo oltre ad avere cambiato luogo e quota oggi si trova nel Comune di Leonessa.

42 43 te dell’acqua impedendo lo sviluppo di una coltre certamente non arborea; mentre nei versanti con Il versante nord della cresta Sassetelli conserva le tracce più evidenti dell’erosione glaciale. In alto la parete nord del Terminillo, vegetale arborea diffusa e uniforme. una stratigrafia meno permeabile si trovano le in primo piano la morena residuale del ghiacciaio di epoca quaternaria risalente a circa 20.000 anni fa. In quest’area le rocce, per effetto del carsismo si faggete, talvolta fino a quote considerevoli. Pro- sciolgono, e sviluppano inghiottitoi, grotte e lun- prio in queste aree, le rocce calcaree sono infra- ghi reticoli carsici, per questo motivo la presenza mezzate dalle marne pertanto hanno la capacità di acquiferi sotterranei in quota è molto scarsa, di sostenere acquiferi, dando origine a sorgenti mentre nel fondovalle c’è una straordinaria con- puntuali, anche a quote elevate. Tra queste ultime, centrazione di sorgenti, prima fra tutte quelle del le più conosciute e frequentate sono quelle di Ac- Peschiera. Questa sorgente, con una portata di quasanta, sotto la cresta Sassetelli, e di Capo Scu- circa 20.000 l/sec e che rifornisce di acque sor- ra, nella valle Scura, rispettivamente a 1745 e 1490 give una metropoli come Roma, ha il suo bacino metri di quota. È soprattutto a quote meno eleva- di alimentazione proprio dalle montagne che si te, in prossimità del paesaggio morfologico dal ri- estendono dal Cicolano fino alla Marsica. lievo alla Piana Reatina e alla valle del Velino, che Per contro i Monti Reatini, pur essendo un mas- le acque emergono in una miriade di sorgenti la siccio sostanzialmente calcareo, presentano una cui portata può arrivare anche a qualche migliaio maggiore diversità sedimentologica dovuta alla di litri/secondo, come nel caso della sorgente di presenza di sabbie, marne, selce e argille. Questo Santa Susanna, in prossimità di Rivodutri. si riflette in una minore permeabilità dei suoli e Infatti, sui Monti Reatini hanno sede due bacini in una maggiore presenza di acqua in prossimità idrografici che danno origine rispettivamente ai della superficie che consente alla vegetazione di fiumi Corno e Velino entrambi appartenenti al giungere a quote elevate. Per tali caratteristiche il bacino idrografico del fiume Tevere e tributari massiccio dei Monti Reatini alimenta, oltre a fal- del fiume Nera. Il Corno, attraversa il paese di de sospese che danno origine a piccole sorgenti Leonessa, poi scorre verso la Valnerina in Um- poste in alta quota contiene anche una potente bria. Il fiume Velino invece circonda quasi com- ed estesa falda basale è una delle più ricche della pletamente i Monti Reatini rappresentandone regione. sia il confine geografico che il corridoio ecologi- Guardando la vegetazione è facile capire anche la co per i territori circostanti e insieme rappresen- geologia della montagna. Ad esempio nelle valli tano l’elemento storico-geografico e ambientale dove l’erosione carsica drena le acque nel sotto- più importante. La rete ecologica collega le aree suolo troviamo una vegetazione meno rigogliosa, umide della pianura, al sistema collinare, alle

44 45 Nelle giornate particolarmente limpide, da Campoforogna è possibile vedere Roma e fino al mar Tirreno (la striscia chiara che attraversa l’immagine) proprio per l’assenza di montagne nel settore sud-ovest del Lazio

aree di alta montagna, insieme conferiscono a tutto il comprensorio del Montepiano Reatino un alto valore di biodiversità. La Valle del Velino e la Pianura Reatina raccolgono un sistema di acquiferi e di sorgenti stra- ordinarie che insieme ai boschi rappresentano la principale alleanza natu- rale di questo territorio. La diffusione capillare delle acque ci regala una vegetazione rigogliosa anche nelle estati siccitose, il tutto si trasforma in virtù estetica che fa annoverare questo territorio tra i più belli e suggestivi paesaggi d’Italia, certamente meritevole di tutela e valorizzazione. Certo, alla formazione del paesaggio attuale hanno contribuito molti ele- menti, naturali e generati dalla storia dell’uomo, ma il vero volto di questi luoghi, il Genius loci dei Monti Reatini nonostante il passare dei secoli è rimasto lo stesso. Forse si può incontrare, osservando il massiccio da lontano, nel silenzio invernale delle valli in quota, percorrendo una delle creste da cui si scopre l’ampio panorama, arrampicandosi sulla gelida parete nord del Terminillo o semplicemente percorrendo i tornanti della strada statale che attraversa tutto il massiccio. Sì, forse l’immagine e la percezione non sono cambiate rispetto a 2000 anni fa, quando poco si sapeva di questa montagna. Così ancora oggi, nelle limpide giornate di tramontana, dal Gianicolo a Roma è possibile intravedere al fianco della cupola di Michelangelo, all’o- rizzonte, il Monte Terminillo; e allora è facile capire che i Tetricae Horren- tes rupes di Virgilio o i Gurgures alti montes narrati di Varrone non poteva- no non corrispondere a quel paesaggio oggi è impresso sui Monti Reatini.

46 47 Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne

(Immanuel Kant)

48 49 Vegetazione ed habitat di Francois Salomone

l paesaggio vegetale che caratterizza i Monti Reatini è costituito prevalente- mente da formazioni di tipo alto-montano, rappresentate in massima parte da faggete di quota e da forme di vegetazione che si sviluppano al di sopra Idel limite della vegetazione forestale; queste ultime, in particolare, rivestono un ruolo chiave soprattutto da un punto di vista fitogeografico, in quanto eviden- ziano come questo sia uno dei territori più conservativi per la flora continenta- le a carattere boreale di tutta l’Italia Centrale. La maggior parte delle informazioni di seguito riportate sono tratte dal volume “Guida ai Monti Reatini” (AA.VV., 2002) e dai Piani di Gestione della ZPS dei Monti Reatini (AA.VV., 2004 a) e del SIC di Vallonina (AA.VV., 2004 b). La relittualità, infatti, è uno degli aspetti che maggiormente caratterizza la flora e la vegetazione di questo comprensorio: recenti indagini sulla distribuzione altitudinale della flora evidenziano come per questo territorio sia presente un generale fenomeno di persistenza di entità floristiche tipiche della vegetazione steppica che durante l’ultima fase glaciale caratterizzava ampi settori dell’Italia peninsulare. Anche la presenza della Bivonea di Savi (Jonopsidium savianum), una specie endemica estremamente rara in Italia, è altamente rappresentativa di una condizione di relittualità, riconducibile a nuclei di conservazione di flora di ambienti semidesertici sopravvissuti al cambiamento climatico postglaciale. Non meno rilevante è il valore della vegetazione forestale e delle sue forme di transizione con la vegetazione delle praterie subalpine. Ampie e compatte sono ancor oggi le faggete di tipo mediterraneo-montano a tasso e agrifoglio, nelle quali si conservano popolazioni di betulla (Betula pendula), come residuo di più complesse forme di vegetazione forestale dell’Olocene medio. Un ulteriore La Valle Scura è rimasta elemento di relittualità e costituito dai nuclei di foresta temperata a tigli (Tilia intatta per via dei suoi platyphyllos, T. cordata) e aceri (Acer sp. pl.), diffusi su alcune pendici a clima versanti scoscesi. relativamente caldo umido.

50 51 Carta della Vegetazione e degli habitat di interesse comunitario.

Fonte: Piano di Gestione della ZPS dei Monti Reatini (AA.VV., 2004 a).

52 53 Formazioni boschive Boschi di faggio Nel versante nord dei Monti Reatini le faggete giungono alla quota di 1900 metri ricoprendo i versanti fino alle praterie e alle I boschi di faggio (Fagus sylvatica) dominano in assoluto il paesaggio ve- rocce sommitali. getale del comprensorio, ricoprendo in modo pressoché continuo le pen- dici dei rilievi entro una fascia altimetrica compresa fra 800-1.000 e i 1.900 metri circa. Si possono distinguere due aspetti principali:

Faggeti d’alta quota Alle quote più elevate l’azione di pascolamento del bestiame domestico ha determinato nel corso dei secoli un abbassamento della distribuzione alti- metrica del faggio. Le faggete più elevate (in quota 1900 – 1600 m s.l.m.) so- no costituite da popolamenti monostratificati a dominanza assoluta di Fa- gus sylvatica, in cui la presenza di aceri (Acer pseudoplatanus, A. obtusatum, A. platanoides) testimonia eventi passati di apertura e chiusura della volta arborea. In corrispondenza di siti rupestri al limite superiore della faggeta tendono ad accantonarsi nuclei di rosacee legnose dominate da sorbi (Sor- bus aria, S. aucuparia), mentre in condizioni di ristagno idrico compaiono occasionalmente popolazioni di salice delle capre (Salix caprea), che, per la capacità di resistenza della specie alle alte concentrazioni di zolfo nel terreno, si sviluppa spesso nei pressi di terreni caratterizzati dai resti della combustione delle carbonaie che per secoli hanno costellato la foresta. Il sottobosco della faggeta pura è di norma estremamente rarefatto e pove- ro a causa della competitività del faggio. Nello strato erbaceo si rinvengo- no la lattuga montana (Prenathes purpurea), la piroletta pendula (Orthilia secunda), la lattuga dei boschi (Mycelis muralis), la dentaria a nove foglie (Cardamine enneaphyllos) e la moehringia a tre nervi (Moehringia triner- via). La componente arbustiva è costituita dalla madreselva alpina (Loni- cera alpigena), dal rovo ideo (Rubus idaeus), dal ranno alpino (Rhamnus alpinus) e dal ginepro nano (Juniperus nana); quest’ultimo tende spesso ad occupare ampie depressioni, dove pascolo, accumulo di neve, ristagno idrico o inversione termica rendano difficile la affermazione o la riaffer-

54 55 mazione della faggeta. Studi di tipo dendrocronologico effettuati in aree limitrofe hanno evidenziato che le faggete di quote più elevate ospitano individui di faggio che, nonostante le dimensioni normali, hanno rag- giunto età plurisecolari; questo costituisce un dato di estrema importanza scientifica sulle variazioni a scala secolare e millenaria delle condizioni ambientali a queste latitudini. Un esemplare di tasso (Taxus baccata), specie Faggeti a tasso e agrifoglio caratteristica dell’habitat A quote più basse, entro una fascia altitudinale compresa fra 800 e 1600 m di interesse comunitario s.l.m., si rinviene in tutto il comprensorio una faggeta più strutturata ri- prioritario Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex spetto alla precedente, nella quale si riconosce uno strato dominato a tasso (Taxus baccata) e agrifoglio (Ilex aquifolium) e uno strato erbaceo costitu- ito da numerose specie nemorali, quali l’erba laurella (Daphne laureola), la fusaria maggiore (Euonimus latifiolius), l’euforba delle faggete (Euphorbia amygdaloides), la melica comune (Melica uniflora), la cinquefoglia fragola- secca (Potentilla micrantha), l’erba fragolina (Sanicula europaea), il caglio odoroso (Galium odoratum), l’erba trinità (Hepatica nobilis), l’anemone dell’Appennino (Anemone apennina) e l’iva comune (Ajuga reptans). Il tasso e l’agrifoglio rappresentano gli ultimi rappresentanti (relitti) di un paesaggio vegetale di tipo subtropicale diffuso nelle ultime fasi del Ter- ziario; questo era dominato da specie sempreverdi di ambiente temperato (laurifille). Progressivamente scomparso in seguito alle crisi glaciali qua- ternarie, i resti di questo paesaggio sono conservati all’interno della vege- tazione forestale diffusasi dall’ultimo postglaciale ad oggi lungo i monti dell’Europa meridionale. Attualmente in Europa la faggeta a tasso e agrifoglio si presenta poco dif- fusa e prevalentemente disturbata dall’azione dell’uomo: questo è dovuto soprattutto al regime d’uso a cui questa foresta è stata sottoposta nel corso dei secoli (pascolamento e utilizzazione del materiale ligneo e della cor- teccia del tasso).

56 57 La cresta Sassettelli e la parete nord del Terminillo sono un vero Ai Monti Reatini un fattore decisivo è stato il pascolo ovino e bovino, che ha monumento naturale, sovrastano i luoghi più preziosi della montagna, Prato Sassi, Valle della Meta, Vallonina e rappresen- determinato sia la frammentazione delle faggete sia la rarefazione delle po- tano uno scenario di alta montagna unico in provincia di Rieti. polazioni di tasso e agrifoglio, riducendo significativamente l’area di diffu- sione potenziale locale di tali consorzi a favore del bosco puro di faggio (im- poverito). La faggeta con tasso e agrifoglio è tutelata dalla Direttiva 92/43/ CEE “Habitat” ed è riferibile all’habitat di interesse comunitario prioritario 9210* Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex).

Foreste decidue mesofile Si tratta di nuclei di foresta mista accantonati su pendii acclivi a suolo rela- tivamente maturo, presenti nei fondovalle del settore centro settentrionale del massiccio e in particolar modo lungo il Vallone del Rio Fuggio e in Val- lonina. Questi sono costituiti dal tiglio nostrano (Tilia platyphyllos), dall’acero ric- cio (Acer platanoides), dall’acero di monte (A. pseudoplatanus) ,dall’acero di Ungheria (A. obtusatum), dall’olmo montano (Ulmus glabra), dal frassino comune (Fraxinus excelsior), dal ciliegio selvatico (Prunus avium) e dal cer- ro (Quercus cerris). Questo tipo di bosco ha una distribuzione prevalentemente centroeuropeo- caucasica e si caratterizza per un’elevata ricchezza floristica: il piano subor- dinato vede la presenza del nocciolo (Corylus avellana) e del carpino nero (Ostrya carpinifolia), mentre nello strato erbaceo, oltre alle specie già citate per faggeta a tasso e agrifoglio, sono presenti la campanula maggiore (Cam- panula latifolia), la campanula di Tanfani (Campanula tanfanii), la billeri chelidonia (Cardamine chelidonia), la digitale appenninica (Digitalis micran- tha), la balsamina minore (Impatiens parvi flora), il laserpizio del meridione (Laserpitium garganicum), il giglio martagone (Lilium martagon), la linajo- la purpurea (Linaria purpurea), la sassifraga alpina (Saxifraga paniculata), il senecione alpino (Senecio cordatus), la lingua di cane appenninica (Solenan- thus apenninus) e la gramigna dell’Appennino (Trisetum villosum).

58 59 Anche questa formazione forestale è tutelata dalla normativa comunitaria ed è riferibile all’habitat di interesse comunitario prioritario “9180 *-Fore- ste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion”.

Foreste decidue submediterranee Al di sotto dei 900 m di quota, si rinvengono consorzi di latifoglie deci- In primo piano un sempre- due sub-mediterranee distinti nei seguenti tipi: vivo maggiore (Sempervi- vum tectorum) sullo sfondo Boschi dominati dal carpino nero il Monte di Cambio Nel settore settentrionale del comprensorio, alla base dei pendii della bassa Vallonina e bacino di Fosso Ranaro, con esposizione verso i qua- dranti meridionali, si accantonano formazioni dominate dal carpino ne- ro (Ostrya carpinifolia). Questi ostrieti si sviluppano su pendii partico- larmente scoscesi con roccia affiorante, in contesti dominati dalla cerreta mista. Querceti a cerro e roverella Nel territorio fra Rivodutri e Poggio Bustone e sulle pendici meridionali di M. Calcarone, al di sotto del bosco dominato dal carpino nero, sono dif- fusi querceti dominati da cerro e roverella. Cerrete a carattere zonale sem- brano essere presenti esclusivamente lungo i distretti a NE del comprenso- rio di Cittareale: in alcuni siti, infatti, il cerro si associa ad Acer obtusatum in popolamenti misti che assumono aspetto di comunità durevole. I quer- ceti dominati dalla roverella (Quercus pubescens s.l) costituiscono invece le boscaglie di sostituzione che hanno riconquistato parte dei pascoli ab- bandonati del settore occidentale del comprensorio. Rimboschimenti di conifere Le aree interessate dai rimboschimenti di conifere (prevalentemente Pinus nigra) ricadono esclusivamente in una fascia altitudinale compresa tra le quote medie e basse. Fenomeni di inselvatichimento sono di portata limi- tata e pertanto facilmente controllabili.

60 61 FORMAZIONI ARBUSTIVE Ginepreti a ginepro nano Paesaggio altomontano dei Monti Reatini, caratterizzato da E CESPUGLIETI estese faggete di quota, praterie montane e praterie subalpine Si tratta di comunità arbustive di alta quota dominate dal ginepro nano diffuse oltre il limite degli alberi. (Juniperus communis subsp. nana), a cui si accompagnano la codolina al- pina (Phleum alpinum), la festuca dei nardeti (Festuca nigrescens) e il mir- tillo nero (Vaccinium myrtillus). Queste formazioni arbustive in passato dovevano ricoprire gran parte dell’attuale estensione dei pascoli di alta quota, occupando le vette secondarie e lasciando alle praterie subalpine le sommità più elevate. Questo tipo di vegetazione può essere riferito all’ha- bitat di interesse comunitario “5130 Formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli”. Nei Monti Reatini questi habitat sono abbsatanza comuni sopra i 1700 metri di quota. Brughiere altomontane: popolamenti a mirtillo nero Di estremo interesse nel comprensorio sono alcuni lembi residuali di bru- ghiera altomontana a mirtillo nero (Vaccinium myrtillus); questa è presen- te in maniera discontinua in numerose località poste al di sopra del limi- te della vegetazione forestale (Sella di Leonessa); rispetto a testimonianze relative a una sua precedente diffusione locale sembrerebbe in una fase di regresso, cosa che impone urgenti misure di tutela. I Monti Reatini possono essere considerati il limite meridionale del mir- tillo nero nella nostra penisola, sebbene esistano popolazioni molto ridot- te anche nel Parco Nazionale d’. Nel comprensorio reatino questa specie può costituire delle vere e proprie brughiere a Vaccinium myrtillus e può far parte di cespuglieti altomontani nei quali si accompagna al gine- pro nano (Juniperus communis subsp. nana). Alcuni aspetti di questo tipo di vegetazione possono essere riferiti all’habitat di intereresse comunitario “4060 - Lande alpine e boreali”. Boscaglia alveale a salice ripaiolo Lungo le sponde del corso superiore dei torrenti si rileva la presenza ab- bastanza diffusa di saliceti a salice ripaiolo (Salix eleagnos); si tratta di un piccolo alberello, adattato al disturbo meccanico del regime torrentizio dei

62 63 corsi d’acqua in alta quota, comune sui rilievi dell’Europa centrale e meri- La Betulla verrucosa (Betula pendula), specie relitta diffusasi in Italia durante le glaciazioni, è presente solo lungo il versante dionale. Nel comprensorio questa boscaglia ha andamento lineare paral- nord del Terminillo, tra i massi della morena postglaciale e la lelo al reticolo idrografico e si distribuisce in modo relativamente discon- faggeta, (nella foto la vegetazione con il verde più chiaro). tinuo su substrati ciottolosi, dove la vegetazione forestale dei pendii circo- stanti non riesce ad insediarsi. Questa formazione è riferibile all’habitat di interesse comunitario “3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos”.

Formazioni prative Praterie mesofitiche di alte erbe: i megaforbieti di alta quota Al limite superiore della vegetazione legnosa su suoli umidi e ricchi di so- stanza organica,si rinvengono lembi di praterie di alte erbe bienni e peren- ni; in corrispondenza di tali consorzi si rileva anche l’importante presen- za di popolazioni di betulla (località Scangive). In questi siti la luminosità elevata, determinata dalla rarefazione della copertura arborea, consente lo sviluppo di numerose specie erbacee: il cavolaccio meridionale (Adeno- styles australis), il geranio a petali reflessi (Geranium reflexum), l’aconito di Lamarck (Aconitum lamarckii), il cerfoglio alpestre (Anthriscus nitida), la lattuga dei boschi (Mycelis muralis), la salvia vischiosa (Salvia glutino- sa), l’alliaria comune (Alliaria petiolata), il garofanino di Dodonaeus (Epi- lobium dodonaei) e la lunaria comune (Lunaria rediviva). Digitazioni di queste comunità possono essere considerati i megaforbieti che colonizzano piccole radure all’interno della faggeta ove si vengano a formare accumuli cospicui di sostanza organica Questa vegetazione rien- tra nell’ambito dell’habitat di interesse comunitario “6430 Bordure plani- ziali, montane e alpine di megaforbie idrofile”.

Praterie subalpine Nonostante i Monti Reatini siano tra le montagne più elevate del terri- torio regionale, la fascia altitudinale di pertinenza delle praterie subalpi- ne non è molto sviluppata: gran parte delle praterie sommitali al di sopra

64 65 Da sinistra verso destra: la genziana maggiore (Gentiana lutea), campanula (Campanula sp.), la pulsatilla alpina (Pulsatilla alpina) e la primula orecchia d’orso (Primula auricula).

del limite superiore dei boschi, infatti, si è originata in seguito all’azione del pascolo su consorzi di arbusti contorti e suffruticeti. Vengono qui di segui- to elencate le principali praterie sommitali presenti nel comprensorio dei Monti Reatini. Seslerieti Si tratta di comunità prative dominate dalla sesleria tenuifolia (Sesleria tenu- ifolia) presenti lungo le cenge rocciose del comprensorio, dove formano ag- gruppamenti di limitata estensione. Tra le specie più frequentemente asso- ciate compaiono la carice di Kitaibel (Carex kitaibeliana), la fienarola delle Alpi (Poa alpina), la festuca appenninica (Festuca dimorpha), la vulneraria montana (Anthyllis montana), l’eliantemo candido (Helianthemum canum), la campanula graminifolia (Edraianthus graminifolius) e la sassifraga alpina (Saxifraga paniculata); in aree caratterizzate da una elevata acclività e mo- bilità del substrato, compaiono il camedrio alpino (Dryas octopetala) e oc- casionalmente l’uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi). Queste praterie sono ascrivibili all’habitat di interesse comunitario “6170 Formazioni erbose cal- cicole alpine e subalpine”. Praterie a paleo genovese Lungo i versanti meridionali del Terminillo, tra i 1.600 e i 2.100 metri di quota, su suoli argillosi caratterizzati da una maggiore ritenzione idrica, si formano comunità erbacee dominate dal paleo genovese (Brachypodium ge- nuense). La flora più frequentemente associata a B. genuense annovera la fe- stuca pannocchiuta (Festuca paniculata), la poligala di De Angelis (Polygala angelisii), la festuca rossa (Festuca rubra subsp. commutata), lo spillone bian-

66 67 castro (Armeria canescens subsp. majellensis), la crocettona glabra (Cru- Jonopsidium savianum un paleoendemismo relitto, molto raro e localizzato, con areale limitato a poche stazioni distribuite ciata glabra), l’erba lucciola comune (Luzula campestris), il capellini delle nell’Appennino centrale, con una conspicua popolazione pre- praterie (Agrostis tenuis), la margherita digitata (Leucanthemum tridactyli- sente sul Monte Fausola. tes), la genziana maggiore (Gentiana lutea) e la viola di Eugenia (Viola eu- geniae). Scarsamente pabulabile, B. genuense, nella sua attuale tendenza locale all’espansione, potrebbe indicare un processo di rinaturalizzazio- ne in atto nelle praterie cacuminali. Anche queste praterie sono riferibili all’habitat di interesse comunitario “6170 Formazioni erbose calcicole al- pine e subalpine”. Nardeti Nei pressi di aree pianeggianti, fra 1700 e 2100 m s.l.m., si rinvengono lembi di praterie dominate dal nardo (Nardus stricta): si tratta di una graminacea a distribuzione boreale tipica di climi freddi; in Europa è diffusa nelle praterie montane e alpine e grazie alla sua inappetibilità da parte del bestiame bovino, estendendosi ampiamente al di fuori da pro- prio contesto ecologico primario; sui Monti Reatini, infatti, una buona parte dei nardeti presenti alle alte quote sembra di origine secondaria. Queste praterie rientrano nell’ambito dell’habitat di interesse comunita- rio prioritario “6230* Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane e delle zone submontane dell’Euro- pa continentale”. Praterie montane: i brometi Nel comprensorio reatino le praterie continue che prevalgono al di sopra dell’attuale limite superiore degli alberi sono costituite prevalentemente da comunità erbacee dominate dal forasacco eretto Bromus erectus. I brometi sono presenti anche alle quote più basse, al di sotto del limite superiore de- gli alberi, in contiguità sia con la foresta mista decidua sia con la faggeta a tasso e agrifoglio. In tal caso costituiscono praterie secondarie caratterizza- te dalla presenza di specie relativamente esigenti in fatto di umidità edafica (brometi mesofili) e si collocano pertanto sui substrati più ricchi di argilla.

68 69 Un esemplare di sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia). Nella foto piccola un particolare delle foglie del sorbo fari- naccio (Sorbus aria).

Questi sono spesso caratterizzati dalla presenza del paleo rupestre (Bra- chypodium rupestre), della covetta dei prati (Cynosurus cristatus), del lo- glio comune (Lolium perenne), della sonaglini comuni (Briza media), del paleo odoroso (Anthoxanthum odoratum), dell’erba mazzolina comune (Dactylis glomerata), della codolina comune (Phleum pratense), della fe- stuca dei prati (Festuca pratensis) e della gramigna comune (Agropyron repens). A quote maggiori, in ambiente decisamente montano, in contatto con la faggeta pura e oltre i suoi limiti altitudinali, compaiono il garofano minore (Dianthus deltoides), la festuca rossa (Festuca rubra),la festuca dei nardeti (Festuca nigrescens) e la cinquefoglia irta (Potentilla hirta). Salendo si ha la graduale scomparsa di Brachypodium rupestre che viene sostituito da Bra- chypodium genuense, specie maggiormente diffusa alle quote più elevate. Lungo le fasce altitudinali superiori, oltre il limite degli alberi, si svilup- pano i brometi a carattere più “xerico” e continentale; questi costituisco- no l’aspetto dominante delle praterie pascolate di alta quota con copertura dello strato erbaceo a carattere discontinuo. In questi consorzi a Bromus erectus si associano la festuca debole (Festu- ca inops), la codolina meridionale (Phleum ambiguum), il paleo meri- dionale (Koeleria slendens), le vedovelle appenniniche (Globularia meri- dionalis), la peverina a foglie strette (Cerastium arvense), il lino monta- no (Linum tenuifolium), il camedrio comune (Teucrium chamaedrys), il timo con fascetti (Thymus longicaulis), la finocchiella abrotanina (Seseli montanum), la santoreggia montana (Satureja montana) e il citiso spi-

70 71 noso (Chamaecytisus spinescens). Queste formazioni prative sono riferi- Agrifoglio sulle pendici di Monte Fausola, sullo sfondo Cima d’Arme. In quest’area è frequente incontrare raggruppamenti e bili all’habitat di interesse comunitario “6210 Formazioni erbose secche esemplari arborei di Agrifoglio. seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco- Brometalia)”.

Vegetazione dei In prossimità delle sorgenti del Rio Fuggio, in alcuni tratti dell’alto corso depositi travertinosi dello stesso fiume e lungo l’alto corso della Valle Scura si verificano venu- te a giorno d’acqua con conseguente deposizione di depositi travertinosi. Questi costituiscono le aree di presenza potenziale per l’erba-unta di Rei- chenbach (Pinguicula reichenbachiana), specie delle sorgenti stillicidiose, già segnalata per i massicci limitrofi e della quale si ipotizza a ragione la presenza nel comprensorio. Questo tipo di vegetazione rientra nell’habi- tat di interesse comunitario prioritario “7220* Sorgenti pietrificanti con formazione di tufi (Cratoneurion) ”.

Vegetazione degli Per quanto riguarda gli ambienti rocciosi del comprensorio dei Monti Re- ambienti rocciosi atini, di seguito se ne descrivono i principali tipi di vegetazione presenti. Vegetazione dei brecciai Le porzioni sommitali del gruppo di M. Terminillo sono caratterizzate da vaste superfici occupate da brecciai, ghiaioni e pietraie; si tratta di ambien- ti rocciosi instabili in continuo movimento, non adatti all’insediamento di vegetazione arbustiva e arborea e colonizzati in genere da comunità vege- tali altamente specializzate. Nel comprensorio questa vegetazione è rappresentata da popolamenti più o meno radi a festuca appenninica (Festuca dimorpha), dripide comune (Drypis spinosa), glasto di Allioni (Isatis allionii), kummel rupestre (Ca- rum heldreichii) e carice appenninica (Carex macrolepis). Questo tipo di vegetazione è riferibile all’habitat di interesse comunitario prioritario “8160* ghiaioni dell’Europa centrale calcarei di collina e montagna”.

72 73 Boscaglia alveale a salice ripaiolo: lungo le sponde del torrente Scura c’è una presenza diffusa di saliceti a salice ripaiolo (Salix eleagnos); si tratta di un piccolo alberello, adattato al disturbo meccanico del regime torrentizio dei corsi d’acqua in alta quota.

Vegetazione delle rupi sommitali Sulle vette più elevate del gruppo di Monte Terminillo, in condizioni di elevata acclività o su emergenze rocciose d’alta quota, si rinvengono ag- gruppamenti di specie capaci di colonizzare questi ambienti estremi. Si tratta di comunità erbacee costituite dalla campanula maggiore (Cam- panula latifolia), dalla campanula di Tanfanii (C. tanfanii), dalla sassi- fraga meridionale (Saxifraga lingulata), dalla sassifraga alpina (S. pani- colata), dalla primula orecchio d’orso (Primula auricula), dalla cinque- foglia penzola (Potentilla caulescens) e dal ranno spaccasassi (Rhamnus pumilus). Questo tipo di vegetazione, poco diffuso ed estremamente lo- calizzato all’interno del comprensorio, rientra nell’ambito dell’habitat di interesse comunitario “8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica”. Vegetazione dei liscioni calcarei I liscioni e le spianate calcaree diffusi lungo le vette sommitali si caratte- rizzano per una flora adattata a suoli estremamente superficiali in grado di attecchire nei rari punti dove è possibile il radicamento. Si tratta di specie succulente o a ramificazione strisciante: la peverina di Thomas (Cerastium thomasii), la peverina tomentosa (C. tomentosum), e numerose specie del genere Sedum. Questa forma di vegetazione, piuttosto rara e localizzata, è riferibile all’habitat di interesse comunitario prioritario “8240* Pavimen- ti calcarei”.

74 75 Faggio di San Francesco. I Monti Reatini, La leggenda vuole che la esposti a sud-ovest, sono sua forma così particolare oggetto di pertubazioni sia dovuta al miracolo che temporalesche che piegò l’albero per riparare possono formare il Santo durante un tem- bizzarre formazione porale. In realtà si tratta di di ghiaccio. una rarissima mutazione Nell’immagine un genetica. faggio su Cima d’Arme, colpito da una tempesta di neve.

76 77 La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.

M. K. “Mahatma” Gandhi (1869-1948)

Faggetta di Monte Cardito

78 79 La Fauna di Stefano Sarrocco e Enrico Calvario

el Lazio, la Provincia di Rieti spicca per gli elevati valori di Biodi- versità faunistica e ciò soprattutto a causa della presenza di signi- ficativi gruppi montuosi, di un sistema idrografico di importanza Nstrategica per l’Italia centrale e di una bassa densità abitativa. In un docu- mento preparato nel 2004 dal gruppo del Prof. Boitani per conto della Re- gione Lazio (Boitani et al., 2004), questo aspetto viene messo fortemente in evidenza, soprattutto in riferimento all’area dei Sabini, dei Monti Rea- tini e del Cicolano che raggiungono tra i più elevati valori dell’indice di biodiversità, riferito ai Vertebrati, del Lazio. Inoltre nel documento citato viene introdotto il concetto di “irreplaceability” (letteralmente “insostitu- ibilità”), una misura legata all’importanza conservazionistica di un’area: se un’area è difficilmente sostituibile per i valori naturalistici che ospita e per il ruolo ecologico-funzionale che svolge, in uno schema di aree da sotto- porre a conservazione, viene classificata con elevati valori di “irreplacea- bility” (cioè non può essere facilmente sostituita da nessun altra area nello schema di conservazione). Al contrario, bassi valori di “irreplaceability” indicano che l’area conside- rata è relativamente non importante (perché facilmente sostituibile da al- tre aree) per raggiungere l’obbiettivo di conservazione che ci si è prefissi. Ebbene, anche in questo caso la zona dei Monti Reatini (dei Sabini e del Un Lupo attraversa di Cicolano) hanno raggiunto i valori più elevati del Lazio, mettendo in luce giorno la faggeta nel Vallone di Lisciano. la peculiarità di questo comprensorio. L’immagine è stata scattata con una foto Le prime esplorazioni ed i conseguenti contributi scientifici ragionati sulla trappola. fauna a Vertebrati di questo gruppo montano sono riportati in alcuni studi

80 81 svolti da Di Carlo negli anni 1954-58 (Di Carlo scenze del gruppo montuoso non sarebbe com- Balia dal collare, un piccolo Passeriforme 1956, 1958); questo autorevole naturalista ci ha pleto senza citare le numerose indagini settoriali che nidifica nelle lasciato un quadro di riferimento notevolmen- su gruppi animali specifici, svolte nell’ambito di faggete dei Monti te esauriente sugli uccelli presenti negli anni ’50 diversi progetti: gli studi sulle comunità ornitiche Reatini su queste montagne, indispensabile per qualsiasi delle praterie di quota realizzato dall’Università di indagine successiva. Roma “La Sapienza” nell’ambito del “Piano Plu- In tempi più recenti, le informazioni su queste riennale Regionale per la tutela e la difesa della montagne e più in generale sull’Appennino Cen- Fauna autoctona in via di estinzione ” (Calvario e trale si possono trovare nel volume pubblicato Sarrocco, 1989) e le raccolte di dati faunistici per dalla Società Italiana di Biogeografia (AA.VV., gli atlanti regionali degli uccelli (Brunelli et al., 1971) in cui sono riportati per alcuni gruppi di 2011), degli Anfibi e Rettili (Bologna et al., 2000) Artropodi dei contributi organici ed esaurien- e dei Mammiferi (in corso di completamento). ti, quali quelli sugli Oribatei (Acarida) (Bernini, E’ inoltre opportuno sottolineare che i Monti Re- 1971), sui Collemboli (Dallai, 1971) e sui Cole- atini sono inseriti tra le “Aree Importanti in Euro- otteri Cicindelidi e Carabidi (Magistretti, 1965). pa per gli Uccelli” (Important Birds Areas in Eu- Alla fine degli anni ’80 il WWF di Rieti ha rac- rope) e ritenuti per tale motivo tra i siti europei a colto e pubblicato, con l’aiuto di numerosi spe- priorità di conservazione secondo un censimen- cialisti di diverse discipline, un articolato dossier to svolto dall’autorevole associazione internazio- sullo stato dell’ambiente del Terminillo (AA.VV., nale BirdLife International (Heat & Evans, 2000). 1988), riportando nei due volumi dell’opera anche una raccolta di informazioni sugli invertebrati e Successivamente gli studi sono continuati so- sui Vertebrati presenti sul gruppo montuoso (Au- prattutto grazie alla presenza della Rete Natura disio e Vigna Taglianti, 1988; Bagnoli, 1988; Sar- 2000 ed alle politiche messe in campo dalla Re- rocco, 1988). Nel 2002 la Provincia di Rieti, con gione Lazio che ha finanziato una serie di Piani il Patrocinio del CAI e del WWF Rieti, pubblicò di Gestione di SIC e ZPS che sono stati l’occasio- una “Guida ai Monti Reatini” (AA.VV., 2002) che ne per reperire nuovi dati e mettere a sistema le riportava tra l’altro una serie di informazioni fau- conoscenze pregresse; e così sono stati realizzati nistiche sul comprensorio. Il quadro delle cono- il Piano di Gestione della ZPS di Monti Reatini e

82 83 di due SIC inclusi (AA.VV., 2004a) e il Piano di Gestione del SIC Vallonina (AA.VV., 2004b). Da questi documenti citati sono state tratte per lo più le informazioni necessarie a comporre questo capitolo. Nella descrizione che segue si è fatto esclusivo riferimento ai Vertebrati ed in particolare ad Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi, suddividendone la tratta-

Il Picchio dorsobianco, zione secondo le diverse fasce vegetazionali che si possono incontrare pro- un picide associato alle cedendo dagli ambiti collinari e submontani fino all’orizzonte alpino. Gli in- foreste mature di latifoglie vertebrati sono stati trattati in una sezione separata e le informazioni sono montane. state per lo più desunte dal Piano di Gestione della ZPS dei Monti Reatini (AA.VV., 2004 a).

La fauna dei querceti e dei boschi misti Lasciati i coltivi che ricoprono gran parte della Piana di Rieti, dell’Altopiano di Leonessa o della Valle del Velino si incontrano le fasce arborate a querce caducifoglie ed i boschi misti a carpini ed aceri che bordano gran parte dei versanti del gruppo montuoso. Queste formazioni forestali si estendono in modo continuo dai 500-600 fino agli 800-1000 metri di quota. Le comunità forestali presenti sono quelle tipiche di gran parte dei boschi di caducifoglie dei piani collinare e submontano della Penisola. Tra le specie maggiormente tipiche e visibili possiamo ricordare tra i Rettili la Lucertola muraiola (Po- darcis muralis) che predilige soprattutto i versanti più soleggiati ed il Saetto- ne (Elaphe longissima), un innocuo serpente dai costumi arboricoli. Gli uccelli comprendono numerose specie, soprattutto quando i boschi so- no maturi e ben conservati (tipici esempi di queste formazioni sono i boschi presenti lungo Valle Avanzana di Morro Reatino e lungo i versanti della Val Carpineto di Leonessa); tra i rapaci diurni possiamo ricordare la Poiana (Bu- teo buteo), frequente un po’ dappertutto e lo Sparviere (Accipiter nisus), diffi- cile da osservare per le sue abitudini schive, ma con una distribuzione forse più vasta di quella che fanno supporre le sue sporadiche apparizioni.

84 85 Spesso, tra la fine dell’inverno e l’inizio della pri- selvatica (Streptopelia turtur), entrambi apparte- Analoga è la distribuzione di un altro roditore no ad osservare specie significative; è invece più mavera, lo si può osservare mentre svolge le sue nenti alla famiglia dei Columbidi. La comparsa arboricolo, il Ghiro (Glis glis), presente in modo semplice rilevare la presenza degli onnipresen- parate nuziali, volteggiando al di sopra del bosco. del Biancone (Circaetus gallicus) con 1-2 coppie regolare nei boschi del piano montano. Un po’ ti Scriccioli (Troglodytes troglodytes), Pettirossi Gli ambienti dove è più facile incontrarlo sono quel- nidificanti è alquanto recente e nel corso della dappertutto è anche visibile lo Scoiattolo (Sciurus (Erithacus rubecula), Cinciarelle (Cyanistes ca- li di contatto tra il bosco di querce ed i boschi di co- tarda primavera è alquanto facile vedere, nelle vulgaris) con individui dal caratteristico man- eruleus) ), Cince more (Periparus ater) e Cin- nifere di impianto o tra i questi ed i faggeti; ad esem- stazioni di presenza, quest’aquila di medie di- tello nero e dal ventre bianco, con una predili- ce bigie (Poecile palustris). Tuttavia il gruppo dei pio lungo la Valle di Fuscello e lungo la Val Carpi- mensioni a caccia di serpenti nelle praterie della zione per le pinete a Pino nero (Pinus nigra) di Monti Reatini è un comprensorio che ospita nu- neto. I picchi tipici di questi boschi sono il Picchio fascia submontana e montana. impianto artificiale che bordano le medie quote merose specie tipiche dei boschi montani. Nel- della dorsale montuosa.Nei boschi più termofili, rosso maggiore (Dendrocopos major), il Picchio ver- Durante l’inverno nelle radure tra i boschi e nei le sue faggete è infatti presente il Picchio dorso- fino ad almeno 700-800 metri, è anche presen- de (Picus viridis), il Torcicollo (Jynx torquilla) ed il cespuglieti si possono fare delle interessanti os- bianco (Dendrocopos leucotos), un Picide distri- te l’Istrice (Istrix cristata) ed un po’ dappertutto Picchio rosso minore (Dendrocopos minor). servazioni. Infatti la disponibilità di bacche di buito in poche località dell’Appennino centrale compaiono la Faina (Martes foina), il Cinghiale ginepri rossi e comuni, di biancospini e di rose e sul Promontorio del Gargano. Si tratta di una Le prime tre specie sono molto frequenti, difficili (Sus scrofa), la Volpe (Vulpes vulpes), più localiz- canine attirano una moltitudine di specie, prime specie legata alle faggete mature, con un abbon- da vedere, ma facili da sentire; mentre il Picchio zata la Puzzola (Mustela putorius). tra tutte quelle appartenenti ai Turdidi; si pos- dante numero di alberi vestusti e marcescenti. rosso minore è alquanto localizzato ed ha abi- Nei boschi del gruppo è anche segnalata la Mar- sono osservare gruppi di Tordi comuni (Turdus Alcune coppie sono presenti nell’alta Vallonina e tudini più elusive. La presenza del Picchio rosso tora (Martes martes), un Mustelide forestale dal philomelos) e sasselli (T. iliacus), Tordele (T. vi- in altre comprensori caratterizzati dalla presenza maggiore è spesso rilevata dal tipico tambureg- comportamento schivo, molto difficile da osser- scivorus) e Cesene (T. pilaris); tra i Fringillidi vi di faggete in buono stato di conservazione . giare sui tronchi, prodotto soprattutto all’inizio vare in quanto di abitudini crepuscolari e nottur- sono stormi di Fringuelli (Fringilla coelebs) e di della primavera, prima della comparsa delle fo- ne; la specie è presente con un numero di indi- Di notevole interesse sempre nelle faggete del Frosoni (Coccothraustes coccothraustes). glie. Questa specie frequenta soprattutto i boschi vidui contenuto, ma verosimilmente in continui- gruppo è la presenza della Balia dal collare (Fi- maturi, le fustaie ed i cedui composti. Le altre due Tra i Mammiferi forestali si può citare la presen- tà ecologica con la popolazione appenninica; ciò cedula albicollis), un Passeriforme di interesse specie hanno una maggiore diffusione, in quanto za del Quercino (Elyomis quercinus) e del Mo- dovrebbe assicurane il mantenimento nel lungo conservazionistico tipico dei boschi montani, occupano anche i boschi aperti, intervallati da ra- scardino (Muscardinus avellanarius), due piccoli periodo (AA.VV., 2004). che presenta una distribuzione alquanto localiz- dure. Il Picchio verde è riconoscibile dal verso, ca- roditori, schivi e poco visibili, ma discretamente zata in Italia. Sempre tra gli uccelli tipicamente ratteristico, simile ad una risata, emesso per gran diffusi. Tra l’altro entrambe le specie sono pre- La fauna delle faggete montani si possono inoltre ricordare il Luì verde parte dell’anno; il Torcicollo è un migratore estivo senti anche nella faggeta, infatti il Quercino è La fauna delle faggete non è particolarmente nu- (Phylloscopus sibilatrix) e il Ciuffolotto (Pyrrhu- che produce un canto ripetuto, sonoro e nasale. stato rinvenuto fino alla quota di 1700 m nella merosa sia in termini di ricchezza di specie che la pyrrhula, tre Passeriformi frequenti nella fag- Altre specie caratteristiche di questi boschi sono Vallonina ed il Moscardino fino a circa 1400 m di abbondanza di individui. Generalmente nel geta. Inoltre, Di Carlo negli anni’50 (Di Carlo, il Colombaccio (Columba palumbus) e la Tortora sempre nella stessa località. corso di una passeggiata non sempre si riesco- 1956) segnalava l’osservazione di Regoli (Regulus

86 87 regulus) in periodo riproduttivo nel bosco della Vallonina; purtroppo di questo interessante Silvide montano a distribuzione per lo più alpina, non vi sono più notizie di nidificazione sulle nostre montagne. La specie è comunque molto comune e numerosa durante l’inverno per l’arrivo delle popolazioni settentrionali migratrici; in questa stagione è fa- cilmente visibile all’interno dei rimboschimenti a Pino nero. Altrettan- L’Aquila reale nidifica con due coppie nel comprensorio to significativa la conferma della nidificazione del Rampichino alpestre dei Monti Reatini (Certhia familiaris), un piccolo Passeriforme dal becco rivolto all’ingiù, del peso di circa dieci grammi, con una distribuzione localizzata in po- che aree dell’Appennino che necessita di una gestione forestale sostenibile (non solo produttiva), tale da conservare alberi vetusti e legno morto, tra- mite regolamentazione degli usi civici. La Salamandra giallo-nera (Salamandra salamandra) è un’altra delle en- tità da ricercare. Infatti le ultime osservazioni di questo raro anfibio si ri- feriscono agli anni’70, in cui Bruno (1973) lo segnalava nella Vallonina, mentre le successive ricerche effettuate hanno sempre dato esito negativo. Pochi sono i mammiferi tipici della faggeta, ricordiamo, tra questi, il Topo selvatico collogiallo (Apodemus flavicollis), presente sulle monta- gne reatine ed il Lupo (Canis lupus); questo Canide sebbene frequenti un’ampia varietà di habitat, trova nelle zone montane densamente fore- state e ben conservate, delle aree vitali per la sua sopravvivenza. La spe- cie è distribuita con continuità dall’Aspromonte alle Alpi Marittime, con importanti espansioni in corrispondenza del Lazio settentrionale e della Toscana centro-meridionale; la sua popolazione è stimata in circa 400- 500 individui. I Reatini sono interessati dalla presenza stabile del Lupo ed il gruppo è frequentato da alcuni individui (Boitani, Fabbri, 1983; AA.VV., 2004; AA.VV., 2007). Per la Provincia di Rieti è stato pubblicato un volume su questa specie (Cammerini, 1998). L’Autore sottolinea che nel territorio

88 89 provinciale, nel quinquennio 1991-1995, la tendenza all’incremento della popolazione di Lupo si è mantenuta stabile e ne stima la presenza di 10-12 individui: sui Monti Reatini, in particolare, dovrebbe essere presente un nucleo composto da non meno di tre individui. Un altro mammifero forestale presente è il Gatto selvatico (Felis sylvestris);

La Coturnice è presente nei di questo interessante Felide, minacciato di scomparsa in molti compren- Monti Reatini con le densità sori italiani, si hanno alcune notizie per il gruppo montuoso tra cui una più elevate resgistrate nel segnalazione relativa ad una femmina catturata a Cantalice e conservata Lazio. in pelle (Ragni,1974) ed una osservazione alle pendici di Monte Cambio all’inizio degli anni duemila (F.M. Angelici, com.pers.).

Un’altra presenza estremamente significativa anche se saltuaria e irregolare è quella dell’Orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus). La presenza per l’area del Reatino è documentata fin dal secolo scorso con segnalazio- ni continue per l’area della Laga, del Turano e della Duchessa, registrate fino al febbraio 2003. La frequentazione è limitata, ma caratterizzata da continuità temporale, dovuta a fenomeni di dispersione ed erratismo, data la continuità territoriale ed ambientale con le porzioni centrali dell’areale distributivo nei monti del PN d’Abruzzo, Lazio e Molise. Recentemente la specie è stata segnalata specificatamente per i Monti Reatini, nell’ambito delle ricerche effettuate per il Progetto PATOM (Piano d’Azione Nazionale per la tutela dell’Orso Bruno Marsicano).

La fauna delle praterie montane e dei cespuglieti subalpini Le praterie montane sono costituite da radure più o meno ampie situa- te in aree dove originariamente erano presenti boschi montani. Ne sono un esempio tutte quelle aree che si trovano al di sopra dei 1000 metri di quota, come i versanti di Monte Tilia, le praterie di Monte Rosato e di Collelungo e i pascoli di Costa Piana, sopra Micigliano. Attualmente queste praterie, originatesi in seguito al taglio dei boschi per ricavarne

90 91 legname, per farne pascoli o prati da fienagione, tendono a richiudersi, in quanto le attività agrosilvopastorali tradizionali stanno rapidamente scomparendo. Queste praterie seminaturali sono di grande interesse faunistico ed attrag- gono nel corso della migrazione autunnale e durante l’inverno numerose specie di uccelli. In praterie quelle più cespugliate compaiono alcuni Alau- L’Orso bruno marsicano è una specie dal forte valore didi, Turdidi e Fringillidi; tra questi la Tottavilla (Lullula arborea), un Alau- simbolico che frequenta dide in decremento in tutta Europa, e salendo di quota, il Prispolone (An- irregolarmente le thus trivialis), un piccolo uccello dalle tonalità marroni, tipico delle zone montagne reatine. di margine tra il bosco e la prateria. I rettili che vivono in questi ambienti non sono particolarmente numerosi, un po’ dappertutto la solita Lucertola muraiola, il Ramarro (Lacerta bilineata) ed il Colubro liscio (Coronella au- striaca); quest’ultima insieme alla Vipera comune (Vipera aspis) frequenta le praterie meglio esposte e con una discreta copertura di rocce. In queste praterie sono anche frequenti i piccoli cumuli di terra smossa dagli scavi della Talpa romana (Talpa romana), un insettivoro localizzato in Italia centro meridionale. Particolarmente significativa inoltre appare la presenza della Lepre italica (Lepus corsicanus) sul Monte Cambio, registra- ta nel corso dello studio per la redazione Piano di Azione della specie (Gu- glielmi et. al., 2011); una specie che presenta una distribuzione ristretta alla sola Italia centro meridionale e Sicilia, ritenuta estinta e riscoperta recente- mente negli anni’90 del secolo scorso. Salendo di quota, oltre il limite degli alberi, compare una stretta fascia di pra- terie cespugliate, in gran parte ricoperte da Ginepro nano (Juniperus nana); un arbusto prostrato e dalle foglie poco coriacee, a cui si associano il Mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), l’Uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi) ed il Ranno alpi- no (Rhamnus alpinus). Nell’insieme queste praterie cespugliate hanno dei line- amenti simili a quelli dei prati cespugliati descritti nella fascia dei querceti e dei boschi misti, ma occupano una fascia altitudinale superiore , intorno ai 1800- 1900 metri di quota. Sono arbusteti originari delle montagne appenniniche in

92 93 quanto in equilibrio con le condizioni climatiche zione del piano di azione regionale della specie Il Fringuello alpino presenta una colororazione criptica che ed edafiche di questi territori. (Sorace et al., 2011), si è avuto modo di accerta- maschera la sua silouhette tra le rocce dei brecciai Come per la faggeta, le specie animali non sono re che sui Monti Reatini sono state registrate le numerose, ma in questo caso ciò è dovuto an- densità più elevate del Lazio (2,53 cp/kmq DS + che alle limitate estensioni di questi ambienti. - 2,02); tra l’altro uno dei motivi per l’istituzione Nonostante queste dimensioni ristrette, alcune dell’Oasi del Monte Terminillo è legata proprio specie presenti sono di notevole interesse zoolo- alla conservazione di questa specie vulnerabile. gico, prima fra tutte la Vipera di Orsini (Vipera La fauna delle praterie d’altitudine ursinii), un serpente di piccole dimensioni, dal- Tra gli ambienti che si possono visitare su queste le abitudine schive, scarsamente velenoso, che si montagne sicuramente le praterie di quota o d’al- alimenta di cavallette montane. titudine sono gli ambiti di maggior pregio e va- La specie è stata segnalata solo recentemente sui lore, quelli che meglio esprimono i caratteri delle Reatini (Capula, & Luiselli, 1992 in Bologna et montagne appenniniche. Sulle cime più elevate, al., 2000; Corti et. al, 2010), ma la segnalazione al di sopra del limite degli alberi e degli arbuste- riveste un’indubbia significatività in quanto que- ti subalpini, si estendono delle praterie naturali sto piccolo Viperide è minacciato in quasi tut- o primarie costituite per lo più da graminacee, to il suo areale europeo. In Italia è ritenuto ra- composite, ombrellifere e orchideacee. Si tratta ro, presente soltanto in pochi massicci montuosi di estese praterie interrotte nella loro continui- dell’Appennino centrale. tà morfologica da vallette nivali, brecciai, pareti Nei cespuglieti subalpini è anche presente la Co- rocciose, macigni e rocce. Una buona parte del- turnice (Alectoris graeca), uno dei tipici Fasiani- le specie animali presenti sulle montagne reatine di delle aree di media ed alta montagna; frequen- sono osservabili in questi ambienti aperti. Infatti ta le praterie acclivi, ricche di rocce e con pre- le praterie costituiscono habitat riproduttivi per senza di arbusti di ginepro e mirtilli. Nel corso alcune specie e habitat trofici per gran parte de- dell’inverno la specie diventa gregaria e forma gli animali, anche per quelli che si riproducono dei gruppi composti di alcune decine di indivi- nei boschi e nei cespuglieti sottostanti. dui. Sui Reatini è ben rappresentata, grazie an- Durante la bella stagione, tra giugno ed agosto, la che al vincolo venatorio vigente nel comprenso- passeggiata potrà essere molto fruttuosa. In que- rio (l’area rientra in un’Oasi di Protezione e Ri- sto periodo è possibile osservare i Gracchi coral- fugio per la Fauna), e nel corso della predisposi- lini (Pyrrhocorax pyrrhocorax), i Gheppi (Falco

94 95 Le radure svolgono un ruolo ecologico-funzionale tinnunculus), le Aquile reali (Aquila chrysaetos), dei colori netti e sgargianti, con il capo grigio-az- molto importante, il loro mantenimento risulta vitale per molte specie animali. le Tordele (Turdus viscivorus), le Coturnici (Alec- zurro e il petto e la pancia intensamente aranciati. toris graeca) e le lepri (Lepus sp.), intenti a cerca- Quasi assenti i mammiferi o almeno quelli carat- re cibo in questi spazi aperti. Inoltre si possono teristici, le uniche specie discretamente frequenti incontrare numerose altre specie simbolo delle sono il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus), pre- alte quote delle montagne mediterranee, quali sente con popolazioni abbondanti, recente rileva- il Fringuello alpino (Montifringilla nivalis), un te (2011) nel corso di trappolamenti svolti dall’A- Passeridae a distribuzione ristretta, limitata al- genzia regionale per i Parchi (Capizzi D., com. le Alpi ed all’Appennino centrale. Il maschio e la pers.) e le lepri. Come già accennato in prece- femmina sono facilmente riconoscibili in quanto denza, in Italia peninsulare esistono due specie di presentano gran parte delle ali bianche. E’ pos- Leporidi: nel settore centro-settentrionale è pre- sibile osservarli passando nel tratto di strada che sente la Lepre europea (Lepus europaeus), spe- collega la Sella di Leonessa con il Rifugio Seba- cie eurasiatica ad ampia distribuzione, autoctona stiani anche se la sua presenza in questo settore solo nelle regioni settentrionali; mentre in Italia del Lazio si è estremamente ridotta. Sempre tra centrale e Sicilia è presente la Lepre italica anche le specie caratteristiche è poi da segnalare, la pre- se probabilmente in forte declino. Quando in sin- senza numerosa dello Spioncello (Anthus spino- topia la Lepre italica adotta abitudini più monta- letta) e nelle cime più elevate del Sordone (Pru- ne della sua congenere. Nel complesso montuoso nella collaris), un Passeriforme dal becco sottile e la prima delle due specie è con molta probabile dalla gola lunettata di bianco e nero. stata introdotta a seguito di immissioni venatorie. Nelle aree in cui le praterie vengono interrotte da Alle specie sopra richiamate se ne potrebbe ag- rocce e macigni è facile inoltre osservare i Cul- giungere una ulteriore, tipica di questi ambienti bianchi (Oenanthe oenanthe) ed i Codirossi spaz- cacuminali oromediterranei, l’Arvicola delle nevi zacamini (Phoenichurus ochruros), entrambi Tur- (Chionomys nivalis), un roditore dalla folta pellic- didi di medio-piccole dimensioni. Il primo deve il cia grigia, di cui si hanno alcune generiche segna- suo nome al sopraccoda bianco ed il secondo alla lazioni che necessitano conferma. sua abitudine di frequentare anche i tetti delle abi- tazioni. Se si è fortunati, è anche possibile osser- La fauna degli ambienti rupestri vare uno degli uccelli più colorati della montagna, Le scarpate e le balze rocciose sono luoghi inac- il Codirossone (Monticola saxatilis), un Turdidae cessibili e di spettacolare bellezza, presenti un delle dimensione di un merlo; il maschio presenta po’ dappertutto su queste montagne.

96 97 Vi sono tuttavia alcune valli che racchiudono calizzata in pochi siti, il Picchio muraiolo (Ticho- Le faggete in quota, con alberi di notevoli dimensioni, sono un ambiente di grande valore ambientale perchè ospitano specie complessi rupestri particolarmente estesi, ne so- droma muraria) ed il Rondone maggiore (Apus animali caratteristiche e poco diffuse. no un esempio la Valle Scura, il Vallone di Li- melba); queste ultime due specie, tra l’altro, non sciano, il Vallone di Cantalice, la Valle di Poggio sono state rilevate negli ultimi anni. Bustone, l’alta Vallonina ed i versanti delle go- le del Velino. Sono questi ambiti estremamente Gli invertebrati di particolare interesse sensibili in cui si concentrano gran parte dei siti Il Massiccio del Terminillo rappresenta uno dei riproduttivi delle specie rupicole. Sui Reatini in- comprensori montani più rilevanti sotto il pro- fatti sono presenti ben due coppie nidificanti di filo faunistico e naturalistico dell’intera area la- Aquila reale (Aquila chrysaetos), una specie sim- ziale-abruzzese sia a causa di fattori bioclimatici bolo dei comprensori montani. Anche il Falco sia a seguito del suo relativo isolamento geogra- pellegrino (Falco peregrinus), nidifica nel grup- fico essendo collocato in posizione marginale ri- po con almeno due-tre coppie. spetto alla dorsale che include gli altri principa- Tra le specie rupicole vi è poi il Gracchio coralli- li gruppi montuosi dell’Appennino Centrale. Un no (Pyrrhocorax pyrrhocorax), un Corvide d’alta primo dato emergente è la ricchezza in specie di quota, gregario, che forma degli stormi costituiti molti gruppi faunistici, che si manifesta soprat- da decine di individui. Generalmente la matti- tutto tra gli Insetti fitofagi (Ortotteri, Coleotte- na i gruppi abbandonano i dormitori situati sul- ri Nitidulidi, Lepidotteri), come d’altronde era le pareti rocciose e si dirigono verso le praterie, prevedibile in funzione della notevole ricchezza dove pascolano a caccia di insetti. Il nero lucente e diversificazione floristica e vegetazionale del del piumaggio ed il lungo becco arcuato arancio- comprensorio. ne, lo rendono inconfondibile. Tra l’entomofauna fitofaga, vi sono un cospicuo Queste caratteristiche si associano anche ad un contingente di specie orofile a distribuzione per comportamento poco elusivo che ne permette lo più medio-sud-europea nelle fasce vegetazio- facilmente l’osservazione. La Sella di Leonessa e nali caratteristiche delle quote maggiori (oltre la cresta di Sassetelli nonché le praterie che ri- i 1100-1300 m s.l.m.), a fianco di una notevole coprono i versanti di Monti Porcini sono locali- componente di elementi schiettamente mediter- tà ideali per osservarlo. Almeno altre tre specie ranei, xerotermofili o perfino caratteristici della rupicole sono presenti sulle montagne reatine, la vegetazione mediterranea costiera, che coloniz- Rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), lo- zano i settori di media e bassa quota, e che rag-

98 99 Il Massiccio dei Monti Reatini visto da ovest. giungono in queste località altezze del tutto inconsuete. Relativamente mo- desto appare invece il numero di elementi più tipicamente settentrionali (al- pini o centro-nordeuropei s.l.), che raggiungono il Terminillo solo nei suoi settori più elevati; per questa sola categoria di specie il comprensorio appare distintamente più povero rispetto ai più elevati massicci montuosi dell’ Ap- pennino centrale (Gran Sasso e Monti della Laga, in particolare).

Per quanto riguarda i Lepidotteri, i dati sono stati estratti dai cataloghi di Pro- la, Provera, Racheli e Sbordoni (1978 a, 1978 b) e di Prola e Racheli (1979, 1980), relativi ai Macrolepidotteri dell’ Appennino centrale; un primo dato rilevante è rappresentato dalla numerosità delle specie presenti; 580 specie si- curamente note nell’ambito del Massiccio del Terminillo su un totale di 1259 entità presenti complessivamente in Italia centrale (Audisio & Vigna Taglianti, 1988). In particolare, tra i ropaloceri, che sono certamente i meglio conosciuti sotto il profilo faunistico, sono presenti almeno 109 specie su 153, ossia oltre i due terzi dell’intera fauna dell’Italia centrale. Tra i Coleotteri Carabidi (Magistretti, 1965; Audisio & Vigna Taglianti, 1988) sono note circa 100 specie per il Terminillo, non poche delle quali caratteristi- che ed endemiche delle aree centro-appenniniche e più o meno strettamente localizzate in stazioni montane di media e alta quota. Di grande rilievo è inoltre la presenza di Duvalius sp. cfr. straneoi Jeannel, ele- mento endemico dei Monti Reatini, presente nell’ambiente sotterraneo super- ficiale del Terminillo alle quote più elevate, sia nelle faggete che al limite dei piccoli nevai primaverili-estivi presso la vetta, da 1600 a 2200 m di quota (Vi- gna Taglianti, 1970, 1982; Audisio & Vigna Taglianti, 1988). Tra i Coleotteri Scarabeoidei, sono significative le presenze del Melolonti- de Amphimallon fuscus (Scop.), caratteristico elemento dei pascoli appen- ninici di alta quota, del raro Rutelide Anisoplia bromicola Germ. e del Gla- firide Anthypna carceli (Cast.). Di grande rilievo è senza dubbio la fauna ortotterologica, attentamente studiata da Baccetti (1971); questo Autore

100 101 segnala ben 66 specie di Ortotteroidei nell’ambito del comprensorio dei Monti Reatini, tra le quali alcune specie di Ortotteri orofili endemici di questo massiccio montuoso. Da rilevare l’interessante presenza del Crostaceo Anostraco Chirocepha- lus diaphanus (Prev.) nel Lago Tilia (1680 m s.l.m.), ove è rappresentato da una popolazione costituita da esemplari di dimensioni inconsuete e al- Le pareti scoscese sono quanto cospicue (Cottarelli, 1966, sub C. stagnalis Shaw). mente i meglio il luogo preferito per la conosciuti sotto il profilo faunistico, sono presenti almeno 109 specie su nidificazione dei falco 153, ossia oltre i due terzi dell’intera fauna dell’Italia centrale. pellegrino Falco peregrinus. Tra i Coleotteri Carabidi (Magistretti, 1965; Audisio & Vigna Taglianti, 1988) sono note circa 100 specie per il Terminillo, non poche delle quali caratteristiche ed endemiche delle aree centroappenniniche e più o me- no strettamente localizzate in stazioni montane di media e alta quota. Di grande rilievo è inoltre la presenza di Duvalius sp. cfr. straneoi Jeannel, elemento endemico dei Monti Reatini, presente nell’ambiente sotterraneo superficiale del Terminillo alle quote più elevate, sia nelle faggete che al li- mite dei piccoli nevai primaverili-estivi presso la vetta, da 1600 a 2200 m di quota (Vigna Taglianti, 1970, 1982; Audisio & Vigna Taglianti, 1988). Tra i Coleotteri Scarabeoidei, è da rilevare la presenza del Melolontide Amphimallon fuscus (Scop.), caratteristico elemento dei pascoli appenni- nici di alta quota, del raro Rutelide Anisoplia bromicola Germ. e del Gla- firide Anthypna carceli (Cast.). Di grande rilievo è senza dubbio la fauna ortotterologica, attentamente studiata da Baccetti (1971); questo Autore segnala ben 66 specie di Ortot- teroidei nell’ambito del comprensorio dei Monti Reatini, tra le quali le spe- cie di Ortotteri orofili endemici di questo massiccio montuoso Da rilevare l’interessante presenza del Crostaceo Anostraco Chirocepha- lus diaphanus (Prev.) nel Lago Tilia (1680 m s.l.m.), ove è rappresentato da una popolazione costituita da esemplari di dimensioni inconsuete e al- quanto cospicue (Cottarelli, 1966, sub C. stagnalis Shaw).

102 103 Specie di valore europeo di Enrico Calvario e Stefano Sarrocco

Monti Reatini ospitano diverse specie di flora e di fauna di interesse co- munitario. I Formulari Standard dei siti Natura 2000 del comprensorio elencano la presenza di 17 specie di rilevanza europea, cui si devono ag- Igiungere il Tritone crestato italiano Triturus carnifex ed il coleottero Rosalia alpina Rosalia alpina, per un totale di 19 specie di valore conservazionistico. Tra gli Uccelli sono presenti e nidificanti, l’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Biancone Circaetus gallicus, il Falco pellegrino Falco peregrinus, la Coturni- ce Alectoris greca, il Picchio dorsobianco Dendrocopos leucotos, la Tottavilla Lullula arborea, il Calandro Anthus campestris, la Balia dal collare Ficedula albicollis, l’Averla piccola Lanius collurio ed il Gracchio corallino Pyrrhoco- rax pyrrhocorax. Tra i Mammiferi sono segnalate due specie emblematiche, il Lupo Canis lupus e l’Orso bruno marsicano Ursus arctos. Passando agli Anfibi e Rettili il Formulario Standard riporta la presenza di Ululone ven- tre giallo Bombina variegata (ora pachypus), Salamandrina dagli occhiiali Salamandrina terdigitata, Vipera di Orsini Vipera ursinii ai quali si deve aggiungere il Tritone crestato italiano Triturus carnifex ritrovato nel corso del Progetto di ripristino dei fontanili. Tra gli invertebrati sono segnalati il Lepidottero Euphydryas aurinia, una farfalla le cui larve si nutrono all’in- terno di una coppia di foglie, unite con la seta, e, successivamente, costru- iscono nidi di seta collettivi dove svernano e il coleottero Rosalia alpina, la cui presenza nel comprensorio è stata messa in luce nel corso della stesura del Piano di Gestione del SIC di Vallonina (Biscaccianti in verbis). Occorre infine ricordare la presenza di una rara pianta montana, la Bivo- nea di Savi Jonopsidium savianum che vede sul Monte Fausola, la popo- lazione più significativa del Lazio. Tra queste “19 perle”, abbiamo scelto di decrivere quelle che hanno anche un forte valore simbolico.

104 105 Bivonea di Savi Rosalia alpina

Jonopsidium savianum è una rara pianta erbacea a ciclo annuale apparte- Coleottero Cerambicide di aspetto inconfondibile e particolarmente visto- nente alla famiglia delle Crucifere, con distribuzione mediterraneo-occi- so, per le dimensioni medio-grandi (tra 20 e 38 mm di lunghezza), il colore dentale e a fioritura primaverile (marzo-aprile). In Italia è segnalata per azzurro cenere, con nette macchie nere su pronoto ed elitre, le antenne lun- Toscana, Umbria e Lazio, dove è stata indicata in tre stazioni in provincia ghe, azzurre, con un folto ciuffo di peli neri all’apice di ciascun segmento. di Rieti,(Colle i Tre Confini, Monte Fausola e Monte Tancia). In Umbria Specie montano subalpina, legata al faggio, da 500 a 1800 m di quota. e Lazio è stata rinvenuta in prati aridi e sassosi, fenditure rocciose e mar- gini di sentieri a quote comprese fra i 900 e i 1300 m. In Toscana è stata Le uova vengono deposte su faggi morti o deperienti, parti morte di piante ritrovata in radure boschive e della macchia mediterranea su suolo acido, sane, ceppi e tronchi caduti, di preferenza esposti al sole. Occasionalmente a quote comprese fra i 300 e i 650 m. Nel territorio dei Monti Reatini, va è stata rinvenuta su altre latifoglie (noce, castagno, quercia, salice, tiglio, considerata, come una estrema propaggine delle popolazioni della Tosca- acero, olmo, frassino). Lo sviluppo larvale dura di solito tre anni, l’impupa- na metallifera, livornese e campigliese, là accantonate in siti su rocce in- mento avviene in primavera, l’adulto compare in giugno-agosto ed è attivo trusive, vulcaniche, e, quindi, coda di una lenta erosione di un precedente di giorno. Si osserva su piante morte o su tronchi abbattuti di recente, spes- margine orientale dell’areale, avvenuta negli ultimi millenni di migliora- so in pieno sole. Al contrario di altre specie di Cerambicidi, gli adulti non mento climatico postglaciale a favore di foreste montane. La stazione di si rinvengono sulle infiorescenze di piante erbacee o legnose. Dopo l’ac- Monte Fausola, che rientra nell’omonimo SIC, raccoglie una popolazione coppiamento le femmine depongono le uova nel legno delle piante ospiti. che costituisce più del 15% dell’intera popolazione nazionale. Presso la La conservazione di questa “specie bandiera” dipende dalla tutela delle stazione di Colle i Tre Confini la specie risulta essere molto rara, mentre sul Monte Tancia si presenta localmente abbondante. Le principali minac- faggete mature e dal ripristino della loro complessità strutturale, soprat- ce per questa specie sono costituite dal pascolo eccessivo, dai cambiamen- tutto con la conservazione dei vecchi alberi, del legno morto, con il man- ti di uso del suolo e dalle raccolte botaniche. Considerata la ristrettezza tenimento delle radure e con la istituzione di riserve integrali ed orientate, dell’areale della specie e la sua endemicità, occorre assicurare la protezione che possano ridurre la ceduazione, la “pulizia” del bosco e la eccessiva attiva delle stazioni attualmente note. Sarebbe utile, inoltre, programmare fruizione antropica, con i conseguenti rischi di incendi, calpestio e prelie- una campagna di raccolta dei semi da donare a differenti banche del ger- vo di esemplari. Dati inediti (A.B. Biscaccianti), segnalano la specie per il moplasma italiane. Monte Terminillo, Bosco Vallonina e Vallescura.

106 107 Ululone appenninico Vipera di Orsini

Si tratta di un anuro raro e localizzato in forte decremento, nel Lazio, as- E’ una delle specie di serpenti maggiormente minacciata di estinzione in sieme alla Salamandra giallo nera, è la specie di anfibio maggiormente mi- Italia. Esclusiva dei pascoli di alta quota, ove vive intorno ai pulvini pro- nacciata di estinzione. Numerose popolazioni note fino agli anni ’70 del XX strati di ginepro. In particolare, predilige le aree dove i cespugli di ginepro secolo non sono più state confermate soprattutto nelle aree planiziali in cui sono molto aggregati, di ampio diametro (> 6 m), e interconnessi tra loro l’intervento antropico è risultato più intenso. La vulnerabilità di gran parte (Filippi & Luiselli, 2004). Esclusivamente diurna, esce di rado dai pulvini delle popolazioni del Lazio, come ad esempio di alcune del Reatino, è det- di ginepro ed è pertanto di solito difficile da osservare anche in aree dove tata, inoltre, dal modesto numero di individui adulti di cui sono costituite. è ancora abbondante. Il ciclo riproduttivo è biennale, e le femmine par- Specie diurna, eliofila e termofila, attiva da marzo ad ottobre con un picco toriscono in agosto 3-4 piccoli vivi. L’accoppiamento avviene in maggio, di attività, nel Lazio, concentrato nel bimestre maggio-giugno. I siti ripro- e i maschi lottano per il possesso delle femmine mediante ‘danze rituali’ duttivi consistono prevalentemente in piccole raccolte d’acque poco pro- piuttosto spettacolari. Il ciclo trofico è costituito da due fasi (Agrimi & fonde, spesso soleggiate e caratterizzate da prosciugamenti estivi. Si rinvie- Luiselli, 1992): in primavera si nutrono solo le femmine, che catturano ne anche nell’alto corso di ruscelli ed in abbeveratoi. Le uova sono deposte lucertole e arvicole neonate mentre in estate si nutrono sia i maschi che le in gruppi di qualche decina di unità e lo sviluppo larvale può eccezional- femmine e le prede principali sono gli ortotteri atteri. La specie è rarissima mente completarsi in poco più di un mese. La colorazione addominale par- nel Lazio, dove sono conosciute solo tre popolazioni (Luiselli 2004). La ticolarmente vistosa della specie costituisce un segnale di avvertimento per popolazione delle Montagne della Duchessa è costituita da poche decine i suoi potenziali predatori; infatti, qualora disturbato o attaccato, assume di individui adulti; quella del Terminillo è quasi estinta (non sono stati una strana posizione difensiva, coprendo gli occhi con gli arti anteriori, catturati esemplari vivi negli ultimi cinque anni) e quella del versante la- inarcando la schiena e sollevando gli arti anteriori verso l’alto e rendendo ziale del Parco Nazionale d’ Abruzzo è a status sconosciuto, essendo stato visibile quindi la colorazione ventrale giallo-nera. Inizia quindi a secernere catturato un solo esemplare a circa 2000 m di altitudine. Tutte le misure dalle ghiandole cutanee una secrezione bianca vischiosa, dal vago odore tese a salvaguardare le aree di pascolo d’alta quota ove la specie vive sono di aglio, che per contatto, può causare ulcerazioni e irritazioni alla pelle e direttamente utili alla tutela di questo viperide. Particolare attenzione deve alle mucose del momentaneo “nemico”, facendolo desistere dall’attacco. Nei essere posta al contenimento del sovrappascolo e del traffico veicolare in Monti Reatini, è stato segnalato presso Valle Avanzana e Pian de’Valli (AA. alta quota. La popolazione presente sul Terminillo vive in un’area attra- VV., 2004a). Le piccole e frammentate popolazioni laziali sono sottoposte a versata da una strada d’alta quota abbastanza trafficata e uno degli ultimi potenziali fenomeni di inbreeding e di isolamento riproduttivo. esemplari raccolti fu trovato investito nel luglio del 1997 (Luiselli, 2008).

108 109 Aquila reale Falco pellegrino

L’ Aquila reale occupa nel Lazio gli ambienti montani a scarsa antropizza- Grande falcone dalla struttura compatta e robusta che nel Lazio nidifica in zione con orografia movimentata e versanti fortemente acclivi. Ogni cop- vari ambienti: dalle falesie costiere alle pareti rocciose in zone montane, dalle pia nidificante possiede un territorio che può arrivare a 250 km2 e com- scarpate tufacee a quelle di arenaria, nonché su edifici in aree urbane e in- prende vari tipi di habitat quali le formazioni rupestri per lo più calcaree, dustriali. La distribuzione altimetrica dei siti di nidificazione evidenzia una le praterie cacuminali, i boschi e le aree con vegetazione arbustiva rada. preferenza per le aree poste fino a 250 m s.l.m. e comunque entro i 1000 m Prevalentemente il periodo riproduttivo inizia nel mese di marzo e si con- s.l.m., oltre questa quota le segnalazioni subiscono un netto decremento, fino clude in quello di luglio. La specie preda elettiva è la Lepre (Lepus sp.) che ad arrivare alla quota massima registrata nel Lazio di 1300 metri s.l.m. può arrivare a coprire il 70% in biomassa dell’alimentazione del rapace Il nido è costituito da cavità o cenge poste nelle zone sommitali o mediane (Borlenghi, 2008). Più in generale preda mammiferi di piccole e medie delle pareti rocciose, direttamente sul terreno o all’interno di nidi abbando- dimensioni, compresi alcuni ungulati domestici quali agnelli e capretti; la nati di Aquila reale e Corvo imperiale. Gli adulti occupano il sito gia in gen- dieta comprende anche uccelli e rettili. Nella stagione invernale la specie naio-febbraio e la deposizione avviene in marzo-aprile. Le covate sono for- è moderatamente necrofaga. Considerata minacciata nella Lista Rossa re- mate da 3-4 uova che vengono incubate principalmente dalla femmina per un gionale (Calvario et al., 2011), nel Lazio la consistenza della specie è sti- periodo di 28-33 giorni. L’allevamento della prole dura 40 giorni dopo i quali mata in otto coppie nidificanti stabili e 2 di nuova formazione ed i Monti avviene l’involo, evento che si verifica generalmente nei mesi di maggio e giu- Reatini con le loro due coppie di adulti e la presenza di alcuni individui gno. Il successo riproduttivo medio è di 2,3 giovani involati per coppia che ha immaturi ne ospitano una consistente porzione della popolazione regio- allevato giovani (Brunelli, 2007, 2008). La dieta è costituita quasi esclusiva- nale (Borlenghi, 2011). Una criticità rilevante per la specie è dovuta alla mente da uccelli, che cattura in volo, anche di taglia medio-grande. In passato realizzazione di impianti eolici in vicinanza dei siti riproduttivi come an- i principali fattori di minaccia erano costituiti dalla persecuzione diretta e dal che importante è il mantenimento di significative estensioni di zone aperte furto di piccoli e uova. Altri fattori limitanti sono costituiti dal disturbo pro- in quota, utilizzate a scopi trofici dalla specie, libere da qualsiasi disturbo vocato dall’attività venatoria presso i siti di nidificazione, dall’impatto con le e/o attività sportiva. Per quanto riguarda il disturbo indiretto e gli abbat- linee elettriche, dall’arrampicata sportiva. Un ulteriore fattore di rischio può timenti illegali si deve operare verso un miglior controllo del territorio da essere rappresentato dagli impianti eolici. Anche in termini di consistenza parte degli organismi preposti. Infine, il rischio di elettrocuzione con gli numerica vi è stato un forte incremento, passando dalle 25-30 coppie stimate elettrodotti deve trovare mitigazione in opere di modifica di alcune infra- negli anni’80 alle attuali 92-106 (Brunelli et al., 2007), sui Monti Reatini sono strutture impiantistiche. presenti 4 coppie nidificanti.

110 111 La Coturnice Picchio dalmatino o dorsobianco

La Coturnice è un Galliforme della famiglia dei Fasianidi appartenente al Nonostante il nome, la sottospecie lilfordi non presenta il dorso bianco ma gruppo delle “pernici dalle zampe rosse”. Nidifica nei soli paesi del Medi- fittamente barrato. Il becco è lungo e scuro, il vertice è rosso nel maschio e terraneo centrale e orientale, con popolazioni cospicue in Italia. Nel Lazio nero nella femmina, la parte ventrale è bianca finemente barrata di scuro. I alla specie è stato dedicato un Piano di Azione (Sorace et al., 2011) che principali caratteri diagnostici sono quindi costituiti dalla barratura bian- ha consentito di fare chiarezza sul suo stato di conservazione: sono state ca e nera del dorso e dal vertice rosso del maschio. In considerazione della stimate 171-342 coppie e sui Monti Reatini sono state registrate le densità frequenza della specie, il principale rischio di confusione è con il comune più elevate del Lazio (2,53 cp/km2). L’altitudine media delle osservazioni Picchio rosso maggiore Dendrocopos major, frequente in tutti i tipi di bo- è risultata di 1.663 m con solo l’11,1% delle osservazioni sotto i 1.300 m sco, ma leggermente più piccolo, provvisto di due ampie spalline bianche s.l.m. Si alimenta principalmente di parti vegetali (foglie, germogli, semi e facilmente visibili anche in volo. Il tipico tambureggiare con la fase finale frutti) e di invertebrati, in particolare insetti. accelerata ed il verso, simile a quello di un Merlo, costituiscono utili carat- teri di riconoscimento, dal momento che le osservazioni nel bosco risul- Le attività territoriali della Coturnice iniziano già alla fine dell’inverno; tano spesso difficoltose. Si tratta di una specie strettamente associata alle per esempio, il 10 marzo 2008 nelle Mainarde, due maschi hanno rispo- foreste mature di latifoglie montane dove si riproduce, scavando il nido sto all’emissione del canto territoriale mentre sui Monti Reatini, il canto nel tronco di piante di grandi dimensioni, solitamente morte od in forte territoriale della specie era udibile già il 6 febbraio dello stesso anno. Spe- stato di deperimento; in tal senso assume molta importanza la gestione cie monogama, con alcune coppie che formano legami di lunga durata, del legno morto nell’ambito delle pratiche forestali. La distribuzione della occasionalmente bigama. Il nido, costituito da un’incavatura naturale del specie riguarda due ambiti geografici principali: l’area dei - suolo viene rivestito con materiale vegetale, Il periodo della deposizione Simbruini-P.N. d’Abruzzo, Lazio e Molise, che costituisce il più importante delle uova è compreso tra aprile e giugno e viene effettuata una sola covata settore occupato dalla specie in Italia ed è collocato soprattutto in Abruzzo annua (8-14 uova), con eventuale covata di sostituzione. e l’area del Monte Terminillo-Monte Nuria-Monte Giano. Queste due aree La cova inizia dalla deposizione dell’ultimo uovo ed è effettuata dalla sola rappresentano i soli territori sicuramente occupati dalla specie in Italia, femmina per 24-26 giorni. I pulli sono nidifughi e vengono accuditi dove complessivamente sono stimate 240-300 coppie nidificanti, 60-80 da entrambi i genitori. L’involo avviene a circa 21 giorni e le dimensioni delle quali nella regione Lazio (Bernoni & De Sanctis, 2011) ed una decina dell’adulto vengono raggiunte a 50-60 giorni. I giovani sono in grado di nei Monti Reatini (Bernoni, 2004). In questo comprensorio montano oc- riprodursi a un anno di età. cupa esclusivamente le faggete, tra i 1000 ed 1800 metri di quota.

112 113 Balia dal collare Gracchio corallino

E’ un piccolo Passeriforme migratore, nidificante nei boschi di caducifoglie È il più raro Corvide europeo ed è in declino in buona parte del suo areale (principalmente faggete), con predilezione per quelli in buono stato di con- ove il decremento interessa circa il 90% delle popolazioni europee cono- servazione, maturi e ricchi di cavità naturali. Nel Lazio la specie presenta sciute. È una specie tipica d’alta montagna che occupa le praterie montane una distribuzione ristretta al piano montano; nidifica lungo l’Appennino, e d’altitudine, utilizzate per la ricerca del cibo e le pareti rocciose sulle nel settore nord-orientale e meridionale, e su parte delle dorsali dell’An- quali nidifica, in anfratti o cenge. tiappennino (), tra i 1100 ed i 1800 metri di quota. È una specie dal comportamento gregario e, dove numerosa, tende a ni- Nel corso degli studi effettuati per la redazione del Piano di Gestione del dificare in forma coloniale. Nel Lazio è nidificante, con una distribuzione SIC “Bosco di Vallonina IT6020009” sono state effettuate delle stime della ristretta, concentrata esclusivamente lungo l’Appennino. Frequenta le pra- specie nel sito che hanno consentito di valutare la consistenza della popo- terie montane e d’altitudine, dai 1000 m s.l.m. sino alle massime quote. lazione nidificante tra le 157 e le 219 coppie, con densità di 0,28-0,30 coppie La specie è sedentaria, con erratismi durante il periodo invernale che la per ettaro (Sarrocco e Calvario, 2004). portano a frequentare le pianure intramontane ed anche i gruppi montuo- Nel Lazio la popolazione nidificante è probabile che superi le 1.000 coppie si più costieri (Antiappennino) dove non nidifica. Attualmente nel Lazio riproduttive (Brunelli et al., 2011). La ridotta disponibilità di cavità natu- la specie nidifica lungo la dorsale appenninica, occupando i monti della rali può rappresentare un fattore limitante per la specie; a tal riguardo la Laga e i Reatini, la Duchessa, i , Ernici e della Meta e le Regione Lazio ha finanziato al Comune di Leonessa uno specifico progetto Mainarde. In un recente lavoro sono state censite nella regione 65 coppie finalizzato all’installazione di nidi artificiali con l’obiettivo di rendere di- di cui 34 nidificanti certe e 31 probabili, 18 delle 65 coppie sono state rin- sponibili delle cavità artificiali in particelle forestali da sottoporre a tagli di venute entro una fascia di 2 km dal confine regionale. Sui Monti Reatini utilizzo, quale misura di conservazione attiva prevista nel Piano di Gestio- sono state stimate dalle 11 alle 24 coppie nidificanti (Bernoni et al., 2009). ne del sito. Nel corso del mese di novembre 2008 nella faggeta del SIC “Bo- sco Vallonina ” sono stati installati 300 nidi artificiali, collocati tra 1.100 e Oltre a cause di livello globale (cambiamenti climatici), la specie potrebbe 1.600 m di quota, ad una altezza di 3-5 metri dal suolo. Il controllo dei nidi essere sottoposta anche a fattori limitanti di scala regionale, come la ri- ha evidenziato l’occupazione del 12,5% dei nidi. Le covate controllate erano forestazione naturale dei pascoli montani, in corso nelle aree sommatali costituite da un numero medio di 5,9 uova ed hanno prodotto una media delle montagne appenniniche e la diminuzione dell’intensità di pascola- di 4,6 giovani all’involo(Sarrocco et al., 2009). mento che sembra interferire con l’alimentazione della specie.

114 115 Lupo Orso

Specie con abitudini prevalentemente notturne, vive in unità sociali sta- L’Orso bruno è presente in Italia con due popolazioni disgiunte, quella bili (branchi), fortemente gerarchizzate, che cacciano, allevano la prole e Alpina e quella dell’Appennino centrale (geneticamente separate). Negli difendono un territorio di dimensioni variabili (in Italia 150-250 km2), in anni ‘70 la popolazione appenninica di Orso bruno era oramai confinata maniera integrata e coordinata. Il branco corrisponde ad una unità fami- al territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo ed alle aree montane imme- liare che si forma quando due individui di sesso opposto si incontrano e diatamente circostanti. Attualmente l’areale della popolazione si estende si riproducono su un territorio idoneo. In Italia la dimensione del branco all’interno del Parco Nazionale Abruzzo Lazio Molise (PNALM) che, con 2 è di 2-7 individui. La dieta è costituita prevalentemente da ungulati sel- le aree contigue, comprende una superficie di 1.500–2.500 km mentre, nelle zone periferiche a tale area, solo periodicamente si registra la pre- vatici ma anche da ungulati domestici, rifiuti organici e materia vegetale senza di individui erratici che presentano quindi densità estremamente (Boitani, 2008). contenute. Sui Monti Reatini, i Monti della Laga ed i Monti della Duchessa Complessivamente in Italia si stima la presenza di 500-800 lupi ma que- la sua presenza è limitata, ma caratterizzata da continuità temporale, ed sto valore è puramente indicativo (Boitani, 2008). Nel Lazio comunque è dovuta a fenomeni di dispersione ed erratismo data la continuità terri- la specie sembra discretamente ben conservata, come testimoniato dagli toriale ed ambientale con le porzioni centrali dell’areale distributivo del avvistamenti regolari e dai danni causati al bestiame domestico. Sui Monti PNALM (Bologna e Vigna Taglianti, 1992). Le informazioni disponibi- li sulla dimensione della popolazione hanno portato ad una prima stima Reatini la specie è presente stabilmente: nel periodo 1992-1995 nove (2004) di 43 orsi (min. 35 - max. 67) all’interno dell’area centrale di pre- lupi sono stati uccisi nell’area, 4 di questi tra Leonessa, Poggio Bustone e senza, mentre una seconda stima (osservazioni dirette, catture) ha ridotto Rivodutri. Un esemplare è morto per un laccio, due esemplari sono stati a 40 gli orsi presenti nell’area centrale, con una densità di 3,3 orsi/100 km2. investiti, tre sono morti avvelenati. Tra gli esemplari morti, due esemplari La specie per il rifugio predilige aree con copertura forestale, ma frequenta giovani di 6 e 12 mesi. La presenza nell’area viene stimata in non meno anche praterie, zone rocciose e coltivi. L’alimentazione onnivora è basata di 3 esemplari (Cammerini 1998). La principale misura di conservazione su risorse trofiche vegetali (erba, frutti carnosi e secchi) e animali (insetti, da attuare con urgenza è una credibile lotta all’uso dei bocconi avvelenati carcasse). Un fattore limitante è la disponibilità di siti di svernamento su e una graduale modifica dei sistemi di caccia al cinghiale. Inoltre si deve aree impervie e indisturbate. Il dato più recente di presenza della specie espandere l’uso dei cani da guardia per le greggi e migliorare la gestione ed riferito ai Monti Reatini è quello relativo al 2010 sul Monte Terminillo il controllo del pascolo brado per equini e bovini. (Banca Dati Progetto PATOM).

116 117 Laudato si’, mi Signore, per sor’acqua, la qua- le è molto utile et hùmele et pretiosa et casta

San Francesco

118 119 Progetto laghetti e fontanili di Enrico Calvario e Silvia Sebasti

ui Monti Reatini, come in numerose altre località appenniniche i “fontanili”, ossia gli abbeveratoi costruiti dall’uomo per dissetare il bestiame domestico al pascolo, rivestono una notevole importanza Sanche dal punto di vista ecologico per le comunità di Anfibi, che trovano in queste strutture un habitat ideale per l’approvvigionamento trofico di larve e adulti e per completare il loro ciclo riproduttivo. Ciascun fontani- le è di solito composto da una o più vasche di raccolta dell’acqua, da un’ opera di presa che ne garantisce l’adduzione idrica da pozzi o falde, da un “troppo pieno” che ne mantiene stabile il livello. Nel tempo però queste strutture, laddove non adeguatamente mantenute e restaurate, essendo soggette ai danni causati dalle gelate e all’usura da parte del bestiame, appaiono spesso deteriorate, fatiscenti, in alcuni casi dirute. Divengono così inadeguate sia all’abbeveraggio che alla riprodu- zione degli Anfibi, perdendo completamente il loro ruolo funzionale. In questo contesto, la Provincia di Rieti, mettendo in atto alcune azioni di conservazione previste dal Piano di Gestione relativo alla ZPS dei Monti Reatini ha ultimato i 2 progetti di seguito indicati, destinati a ripristinare la funzionalità di fontanili e laghetti montani per renderli di nuovo idonei per l’abbeveraggio del bestiame e, con l’aggiunta di piccoli accorgimenti tecnici e di migliorarne l’idoneità per l’utilizzo da parte degli Anfibi: • Interventi Urgenti per la conservazione dei siti Natura 2000 Monti Reatini, Vallone di Rio Fuggio e Gruppo Monte Terminillo - “Interventi Urgenti per la Riqualificazione dei Laghetti Montani” e “Interventi Urgenti per la Riqualificazione Ambientale a tutela della batracofauna”. Docup 2000-2006.

120 121 • Accordo di programma multiregionale in materia di biodiversità (APQ) Sotto la cresta Sassetelli si trova la sorgente più alta di tutti i Monti Reatini, si tratta del fontanile di Acquasanta che nella nella ZPS “Monti Reatini”, nel SIC“Vallone del Rio Fuggio”, nel SIC “Grup- foto si trova nella radura tra i due lembi di faggeta. po Monte Terminillo” e nel SIC “Valle Avanzana - Fuscello”; interventi di riqualificazione ambientale a tutela della batracofauna. Le opere realizzate sono finalizzate al mantenimento in buono stato di conservazione e alla ristrutturazione dei fontanili montani presenti nel comprensorio dei Monti Reatini, per preservarli dal naturale degrado e ripristinarne la totale funzionalità. Il progetto ha apportato migliorie ecologiche e funzionali mediante: • interventi per il miglioramento della capacità idrica dei fontanili (risiste- mazione delle opere di presa e delle tubature, impermeabilizzazione inter- na delle vasche); • interventi sulle strutture murarie danneggiate (rimozioni di vasche dirute o crollate e di vasche non idonee, ripresa di pareti in cemento armato); • interventi per permettere la fruizione delle strutture da parte dell’erpeto- fauna (creazione di piccole zone umide recintate a valle dei fontanili stessi e di rampe di risalita interne alle vasche); • interventi di miglioramento della naturalità complessiva dei siti (risi- stemazione della pavimentazione perimetrale, copertura in pietra locale dell’esterno delle vasche e delle spallette, consolidamento di argini tramite viminate); • monitoraggio dell’habitat e delle specie. Il progetto nel suo complesso ha agito nel pieno rispetto delle caratteristi- che naturali del contesto territoriale in cui si inserivano i singoli interventi e utilizzando materiali locali. Si è operato secondo criteri che hanno tenu- to in considerazione la biologia delle specie di Anfibi presenti o potenzial- mente presenti nella zona. La direzione lavori si è avvalsa del supporto di un erpetologo al fine di evitare qualsiasi danneggiamento o disturbo alle specie di Anfibi presenti nell’area durante i lavori di ripristino.

122 123 GLI ANFIBI PRESENTI NEL COMPRENSORIO ANFIBI URODELI DEI LAGHETTI E DEI FONTANILI RIPRISTINATI di Enrico Calvario e Silvia Sebasti

ulla base delle segnalazioni bibliografiche disponibili e delle presen- Salamandrina dagli occhiali ze accertate durante il procedere dei lavori dei progetti, le specie di Salamandrina perspicillata Anfibi che frequentano o possono potenzialmente frequentare i fon- (Savi, 1821)* Stanili e i laghetti dei Monti Reatini sono le seguenti: - URODELI • Salamandrina dagli occhiali Salamandrina perspicillata (Savi, 1821)* • Tritone crestato italiano Triturus carnifex (Laurenti, 1768) - ANURI • Ululone dal ventre giallo appenninico Bombina pachypus (Bonaparte, 1838) • Rospo comune Bufo bufo (Linnaeus, 1758) • Rane verdi Pelophylax bergeri Günther, 1985 e Pelophylax kl. hispanica Bonaparte, 1839 • Rana appenninica Rana italica Doubois, 1987 Tritone crestato italiano Riportiamo di seguito qualche cenno sulla biologia di questo gruppo ani- Triturus carnifex male con l’obiettivo di contribuire a farne meglio comprendere le esigen- (Laurenti, 1768) ze ecologiche. Di origine greca, la parola “Anfibio” significa letteralmente “doppia vita”. Il ciclo vitale degli Anfibi è infatti solo parzialmente adatta- to alla vita nell’ambiente subaereo; la dipendenza dall’acqua rimane più o meno marcata per la riproduzione, per lo sviluppo larvale e, in alcuni casi, anche per la sopravvivenza degli stessi adulti: in queste specie più netta- mente acquatiche infatti la cute, che svolge anche un’importante funzione respiratoria, è ricoperta solo da un sottile strato corneo, che deve essere mantenuto umido per evitare la disidratazione.

124 125 ANFIBI ANURI

Ululone dal ventre giallo Rane verdi appenninico Pelophylax bergeri Gün- Bombina pachypus (Bo- ther, 1985 e Pelophylax naparte, 1838) kl. hispanica Bonaparte, 1839

Rospo comune Rana appenninica Bufo bufo Rana italica (Linnaeus, 1758) Doubois, 1987

126 127 Le uova degli Anfibi possono essere deposte: fuori dall’acqua, è necessario porre particolare TABELLA n.1 Periodi di presenza e fasi biologiche delle specie di Anfibi pre- - in grosse masse globulari flottanti sulla superfi- attenzione durante eventuali lavori di restauro senti nel comprensorio dei Monti Reatini (secondo Bologna et cie dell’acqua o sul fondo (rane rosse e rane verdi), a lasciare sempre sufficiente disponibilità idrica al., 2000). I dati sotto riportati sono da intendersi puramente - in cordoni, in piccoli gruppi o anche singolar- nell’invaso. indicativi perché la fenologia subisce variazioni profonde a seconda dell’altitudine, dell’esposizione al sole e del clima mente adesi alla vegetazione acquatica, alle pa- Fra le specie sopra elencate, talune (Salamandri- dell’anno. La verifica da parte di un erpetologo è sempre auspi- reti dei pozzi o dei fontanili, a sassi (Ululone ap- na dagli occhiali, Rospo comune, Rana appen- cabile prima di qualunque intervento sulle raccolte d’acqua. penninico, Rospo comune, Salamandrina dagli ninica), una volta raggiunta l’età adulta, sono occhiali). svincolate dall’ambiente acquatico e tornano - singolarmente chiuse in foglie di vegetazione all’acqua solo nel periodo riproduttivo, a volte acquatica (tritoni). attardandosi anche dopo la riproduzione (Rane GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC appenninica). L’Ululone appenninico è anch’esso Dopo la schiusa, le larve hanno bisogno, a secon- svincolato dall’ambiente acquatico al di fuori del Salamandrina A, U A,U,L A,U,L A,U,L U,N A,L,N N - A A A A dagli occhiali da della specie, della tipologia di raccolta d’acqua periodo riproduttivo, che però può durare diver- si mesi (da aprile a ottobre), durante i quali gli Trirone e delle condizioni atmosferiche stagionali, di un crestato italiano A, U A, U A,U,L A,U,L A,L A,L A,L,N A, N A A A A periodo di tempo abbastanza lungo (cfr. tabella 1) animali permangono in acqua o nelle immediate Ululone a A,U,L,N per raggiungere la metamorfosi (per metamorfosi vicinanze. I tritoni invece sono gli anfibi che re- ventre giallo - - A A A,U,L A,U,L A, N A A A - stano maggiormente legati all’ambiente acquati- si intende il processo graduale attraverso il quale, Rospo sotto il controllo degli ormoni tiroidei, le larve si co durante il loro ciclo vitale, permanendo spes- comune A, U A,U,L A,U,L A,U,L U,L,N L,N A - - - - A trasformano in individui adulti). so per tutto l’anno, con escursioni terrestri nei Rane Negli Anfibi Urodeli (salamandrine e tritoni) periodi estivi, quando i corpi idrici si possono verdi - - A A A, U A,U,L A,U,L A,L,N A,L,N A,N A - sono presenti casi di “neotenia”, in cui gli indi- prosciugare. Rane vidui mantengono la morfologia larvale (e con- A seconda poi delle caratteristiche climatiche di appenninica A A, U A,U,L A,U,L L,N L,N N A - - - A tinuano quindi a respirare in acqua attraverso le ogni area, è possibile che talune specie possano LEGENDA: A:Adulti, U:Uova, L:Larve, N:Neometamorfosati branchie) ma sono in grado di riprodursi come essere presenti in acqua in stagioni differenti, a adulti veri e propri. In questi casi, il prolungarsi seconda della disponibilità di acqua, come per dello stadio larvale consente alle specie neote- esempio la Salamandrina dagli occhiali, che può niche di raggiungere dimensioni corporee mag- riprodursi anche in autunno o in inverno (vedi giori e di sfruttare meglio l’ambiente acquatico, Tab. 1). almeno finché le condizioni ambientali riman- gono favorevoli. In caso di presenza di indivi- dui neotenici, che non possono sopravvivere

128 129 Abbiamo la Terra non in eredità dai genitori, ma in affitto dai figli.

Proverbio Indiano

130 131 GLI INTERVENTI PER LA TUTELA E VALORIZAZIONE LEGENDA DI FONTANILI E LAGHETTI

Di seguito si riporta una descrizione sintetica dei 2 laghetti e dei 18 LAGHETTI: fontanili ripristinati a seguito della realizzazione dei progetti, la loro 1- LAGO DI MONTE TILIA localizzazione, la potenzialità per le specie di Anfibi di interesse comu- 2- LAGO DELLA CROCE nitario segnalate nei Siti Natura 2000 interessati. I fontanili e i laghetti interessati si trovavano, nel complesso, in uno stato di conservazione FONTANILI: mediocre, presentavano alcuni difetti e/o cedimenti strutturali che si è ritenuto opportuno sistemare prima che ne venisse ulteriormente e 3- FONTE DELLA ROCCA 1200 m. definitivamente pregiudicata l’integrità ecologica. La presenza in quota 4- FONTE FORCELLA 1200 m. di numerose risorgive sui Monti Reatini ha permesso la costruzione di 5- FONTE MIGLIONICO 1.315 m . molti fontanili alcuni dei quali presenti già in epoca medioevale, anche 6- FONTE PORCINI 1482 m. se la loro diffusione in tutto il territorio risale al “900. Inizialmente 7- FONTE DEL PERO 1300 m. erano costruiti in legno, i trocchi, poi convertiti in pietra quindi in mu- 8- FONTE CASALE D’ANTONI 1264 m. ratura. Dagli anni “80 con l’abbandono progressivo da parte di greg- 9- FONTE DEI CAVALLI 1580 m. gi e più in generale delle attività dell’uomo in montagna hanno perso 10- FONTE PORCINI 1564 m. di importanza e anno dopo anno si sono deteriorati, talvolta distrutti. 11- FONTE DI CAMBIO 1779 m. Per questo il progetto di ristrutturazione dei fontanili, funzionale alla 12- FONTE PORANA 1372 m. presenza di anfibi si è ampiamente guadagnato il merito di restituirci 13- FONTE PACCE-GROTTA 600 m. anche dei monumenti della vita in montagna. La loro individuazio- 14- FONTE DEL FAGGIO 990 m. ne, avvenuta in collaborazione con i Comuni, si è anche basata sulla potenzialità della presenza di anfibi segnalate. Tuttavia bisogna con- 15- FONTE TRONCHETTO 1200 m. siderare, al fine della conservazione di queste specie, che la rete dei 16- GALAFONTE 1.153 m. fontanili presenti nei Monti Reatini supera le cento unità e quasi tutti 17- FONTE DEL BOBB0 954 m. sono collegati o raggiungibili dalla rete di sentieri del CAI. Il progetto 18- FONTE COLLE CROCE TOSTONE 1022 m. si è occupato di quei fontanili particolarmente strategici in condizioni 19- FONTE DEL PRATO SANTO 1206 m. non ottimali sia da un punto di vista strutturale che per la necessaria 20- FONTE ARACUCCA 1089 m. funzionalità alla riproduzione degli Anfibi.

132 133 LAGO DEL TILIA 1.600 m LAGO DELLA CROCE 1.550 m (Comune di Leonessa) (Comune di Leonessa)

La riqualificazione del laghet- Il laghetto della Croce o del- to e dei fontanili presenti su la Guardia è situato nel mez- Monte Tilia (Fonte Forcella e zo di un pascolo in quota, Fonte della Rocca) risponde circondato da una faggeta. alla strategia di realizzare una Come tutti i laghetti mon- rete di raccolte d’acqua tale da tani, è un habitat in rarefa- supportare la diffusione de- zione. L’importanza del re- gli individui nel territorio, of- cupero di queste tipologie di frendo loro la possibilità di raccolte d’acqua, ormai sem- raggiungere altre popolazioni pre più rare, non è solo fin già presenti oppure di rappre- lizzata a mantenere siti ri- sentare propaguli potenzial- produttivi di Anfibi, ma so- mente capaci di colonizzare prattutto a costituire una ri- nuovi siti riproduttivi. serva idrica utilizzabile in quota, dalla fauna domestica e selvatica.

Il sentiero che parte da Leo- Quello che giunge al Colle La nessa (970 m.) è di facile per- Croce (1.626 m.) e all’ omo- correnza, sale attraversando la nimo laghetto, per i Leones- faggeta fino a giungere ai prati sani, è molto più di un sen- in quota, il lago di Monte Tilia tiero. Infatti rappresenta una si trova nel naturale catino for- sorta di pellegrinaggio che mato dai versanti. ogni anno, in agosto, com- piono per onorare il loro pa- trono, San Giuseppe da Leo- nessa. Dal laghetto inizia una lunga dorsale che conduce ai Monti Catabio e Cambio.

134 135 FONTE DELLA ROCCA 1200 m. FONTE FORCELLA 1551 m. (Comune di Leonessa) (Comune di Leonessa)

Proprio per la sua collocazio- Il fontanile insieme al La- ne, all’interno di un matri- ghetto del Tilia ed alla Fon- ce forestale ricca di arbusti, il te della Rocca forma una re- fontanile costituisce un buon te di raccolte d’aqua. Questo sito riproduttivo e di rifugio aspetto insieme alla presen- per gli Anfibi. za di vegetazione acquatica al suo interno e alla vicinan- zacon il bosco lo rendono fortemente idoneo quale sito riproduttivo per Anfibi.

Il fontanile si incrocia proprio Il sentiero è lo stesso che par- su un tornante del sentiero te da Leonessa e attraversa i che collega Leonessa (969 m.) prati intorno al laghetto di a Monte Tilia (1.775 m.). Vale Monte Tilia, infatti il fonta- la pena percorrere la variante nile si trova poco più a valle del sentiero che giunge alla del lago. Il percorso continua Rocca di Leonessa, una forti- verso Monte Corno e Colle- ficazione nata nel XIII sec. per lungo, sullo storico confine volontà di re Carlo d’Angiò. tra Stato della Chiesa e Regno Dalla rocca si gode una vista di Napoli, segnalato dai cippi molto ampia su Leonessa e al- topiano. di confine, il sentiero scende alla Forca del Fuscello.

136 137 FONTE MIGLIONICO 1.315 m FONTE PORCINI 1482 m. (Comune di Rieti) (Comune di Borgovelino)

La fonte, situata all’interno di Il fontanile, privo di acqua a una faggeta, presenta eleva- causa della perdita dell’im- te potenziali biologiche per la permeabilità dellevasche, si riproduzione degli Anfibi. Lo trovava in forte stato di de- stato di degrado in cui versava grado. La sua collocazione però la muratura del fontanile prossima ad un vasto siste- non consentiva la permanen- ma forestale lo rendeva ido- za di adeguati livelli di acqua neo quale sito riproduttivo all’interno delle vasche. di Anfibi e quindi meritevole di ristrutturazione.

Il fontanile Miglionico si tro- Al fontanile di Monte Porci- va sull’omonimo fosso e si può ni si può giungere attraverso raggiungere su un comodo sen- una strada sterrata dalla lo- tiero che congiunge due del- calità Cinque Confini. In in- le località più frequentate dei verno quest’area è percorsa Monti Reatini, Pian dé Valli e da un’ottima rete di piste per Pian dé Rosce. lo sci di fondo.

138 139 FONTE DEL PERO 1300 m. FONTE CASALE D’ANTONI 1265 m. (Comune di Cittaducale) (Comune di Cittaducale)

Il fontanile denotava segni Anche in questo caso il fon- di rottura in alcuni punti del tanile mostrava segni di ce- muretto di contenimento, sia dimento in alcuni punti del a monte che a valle; ciò avreb- muretto di contenimen- be potuto, nel tempo, pregiu- to con significativa perdita dicarne la stabilità e la fun- d’acqua che non lo rendeva zionalità ecologica, quale sito idoneo ad ospitare popola- riproduttivo di Anfibi. zioni di Anfibi.

Al fontanile di Monte Porci- Il fontanile si trova al fianco ni si può giungere attraverso dell’omonimo casale. Si rag- una strada dalla località Cin- giunge da Cittaducale attra- que Confini. verso una comoda strada.

140 141 FONTE DEI CAVALLI 1580 m. FONTE PORCINI 1564 m. (Comune di Posta) (Comune di Posta)

Il fontanile, prima dei lavori Il fontanile, prima del ripri- completamente dismesso, pre- stino, non presentava carat- sentava, per la sua collocazio- teristiche idonee a svolgere ne, caratteristiche idonee al- il ruolo di sito riproduttivo la colonizzazione da parte di per Anfibi. Anfibi. Quest’area è infatti una delle più interne e intatte dei Monti Reatini.

Quest’area è una delle più in- A fianco del fontanile si trova terne e intatte dei Monti Re- un rifugio montano un tem- atini. Si raggiunge attraverso po utilizzato dai pastori. In- un sentiero panoramico che fatti quest’area è stata sempre parte dalla Sella di Jaccio Cru- frequentata da greggi per la dele, scende al rifugio Porcini ricchezza dei pascoli e dispo- per poi risalire i costoni di nibilità di acqua. Valle Scura.

142 143 FONTE DI CAMBIO 1779 m. FONTE PORANA 1372 m. (Comune di Leonessa) (Comune di Leonessa)

Il fontanile si trova sul versan- Fontanile particolare e sug- te ovest del Monte di Cambio, gestivo, formato da una serie al limite della vegetazione bo- di vasche posizionate all’in- schiva. Sullo stesso gruppo terno di un vasto sistema fo- montuoso sono presenti ulte- restale. La naturalità dell’a- riori raccolte d’acqua artificiali. rea e la presenza di numerosi La più vicina si trova nei pressi nascondigli caratterizza que- del vicino Rifugio di Vallebo- sta raccolta d’acqua, lascian- na, mentre, sul versante nord do presupporre una elevata del Monte di Cambio, si trova potenzialità quale sito ripro- la Fonte Porana e, a sud-est, la duttivo per Anfibi. Fonte dei Cavalli. Vicino Mon- te Porcini è inoltre posiziona- ta l’omonima fonte. La strate- gia di riqualificare un sistema di punti d’acqua spazialmen- te tra loro in relazione, tende a facilitare i contatti riprodut- tivi tra le popolazioni di Anfibi presenti sul territorio. Questa fonte è raggiungibi- Il fontanile si raggiunge per- le sia dal paese di Albane- correndo uno dei sentieri che to, per un percorso più lun- conducono al Monte Cam- go, che attraversando i Mon- bio. Si trova dopao la faggeta ti Reatini partendo dalla Sel- prima dei pendii che condu- la di Leonessa, salendo su cono sulla vetta. Monte di Cambio per ridi- scendere a Albaneto.

144 145 FONTE PACCE-GROTTA 600 m. FONTE DEL FAGGIO 990 m. (Comune di Morro Reatino ) (Comune di Morro Reatino )

Il fontanile, composto da 3 Il fontanile, composto da 5 vasche e una grotticina artifi- vasche, si trovava in un di- ciale, si trovava in un discreto screto stato di conservazio- stato di conservazione ed ha ne e presentava buone po- necessitato di limitati inter- tenzialità per gli Anfibi. venti di ristrutturazione. Pre- senti Characee e numerose specie di Invertebrati acquati- ci: è stata inoltre accertata la presenza della Salamandrina dagli occhiali.

Il fontanile si trova in un con- Questo fontanile si trova testo paesaggestico di grande sulla strada provinciale che bellezza, si può raggiungere collega Morro Reatino a Le- attraverso una strada carrabi- onessa. Si raggiunge dal- le dal paese di Morro Reatino. la strada attraverso un faci- Dal fontanile è possibile per- le sentiero. correre la valle sia verso Leo- nessa, attraverso il Passo del Fuscello, che verso valle rag- giungendo il lago di Piediluco.

146 147 FONTE TRONCHETTO 1200 m. FONTE ARACUCCA 1089 m. (Comune di Rivodutri ) (Comune di Cantalice )

Il fontanile, composto da 11 Il fontanile, composto da vasche, si trovava in un discre- una lunga vasca, si trovava to stato di conservazione. L’ap- in un discreto stato di con- porto d’acqua era abbondante servazione ed è stata accerta- in tutte le vasche anche se era ta la presenza della Salaman- presente una forte perdita idri- drina dagli occhiali. Fonte ca. E’ stata accertata la presen- molto frequentata da bestia- za della Salamandrina dagli me domestico. occhiali

L’interessante percorso che Il fontanile si trova sulla conduce al fontanile parte dal strada sterrata che collega paese di Rivodutri, la strada Cantalice al Rifugio Casti- sale alla località il Cepparo, glioni. poi continua verso l’area in cui si trova il Faggio di San Francesco.

148 149 GALAFONTE 1.153 m. FONTE DEL BOBBO 954 m. (Comune di Poggio Bustone ) (Comune di Poggio Bustone )

Il fontanile, composto da 3 va- Il fontanile, composto da sche in cemento, si trovava in una sola vasca, si trovava in cattivo stato di conservazione. un discreto stato di conser- L’apporto d’acqua era scarso e vazione. discontinuo, le vasche presen- tavano crepe e discontinui- tà che non permettevano una costante presenza dell’acqua all’interno.

La strada per giungere aque- Questa fonte è raggiungibile sto fontanile è quella che da sempre da Poggio Bustone. Poggio Bustone conduce qua- Il toponimo “Bobbo” sta a si- si in cima a Monte Rosato. Il gnificare spauracchio. Que- fontanile si trova sulla strada. sti nomi erano tipici nelle aree di confine, come questa tra Rivodutri e Poggio Bu- stone.

150 151 FONTE COLLE CROCE TOSTONE 1022 m. FONTE DEL PRATO SANTO 1206 m. (Comune di Poggio Bustone) (Comune di Poggio Bustone)

Il fontanile, composto da 5 Il fontanile è composto da 3 vasche in cemento e 1 vasca vasche di cui la finale era com- finale aggiunta, formata da pletamente diruta. Buona la una vasca da bagno casalinga potenzialità per gli Anfibi. (!), si trovava in uno stato di conservazione discreto. L’ap- porto d’acqua era molto ab- bondante ed era presente un cospicuo sversamento all’e- sterno. Un leggero dissesto del terreno a monte causava inoltre ingresso di terriccio e fango all’interno delle vasche.

Questo itinerario può avere il Per raggiungerlo si percorre suo inizio dal santuario fran- la strada sterrata che sale su cescano di Poggio Bustone, da Monte Rosato fino a giungere dove una strada sterrata risale ai Prati di San Giacomo. Da e attraversa la Valle Petrinara qui si osserva uno dei pano- fino a giungere in un piano- rami più suggestivi sulla pia- ro dove si trova il fontanile. nura reatina. Quest’area è an- Anche da qui vi sono ottimi che frequentata come base di panorami sia sulla pianura re- lancio per deltaplani e para- atina che verso il Terminillo. pendio.

152 153 La cultura della montagna di Giancarlo Cammerini

hi è stato il primo uomo a salire sul Terminillo, cima più alta dei La scomparsa dei Monti Reatini? La prima ascesa documentata risale al 1818, prota- montanari ha portato via tremila anni di storia, gonista un botanico danese. Ma se pensiamo che la vetta del Gran ovvero da quando l’uomo CSasso – la più alpina di tutte le vette appenniniche – sia stata scalata nel inizio a valicare queste 1573, è facile supporre che i prati erbosi di Terminilletto e poi le rocce di valli con greggi e mandrie. Sassetelli siano stati scalati molti anni o secoli prima. Forse a salire per primo è stato un uomo delle popolazioni sabine che, nel celebrare il rito della primavera sacra, offrendo sacrifici agli déi, ha pen- sato di violare la loro casa giungendo fino in cima. O forse è stato qualche uomo delle legioni romane, dopo aver disboscato i pendii boscosi, o qual- che pellegrino medievale che nell’intento di trovare spiritualità, espiazione ha voluto toccare la vetta per sentirsi redento; o magari qualche viaggiato- re rinascimentale desideroso di ammirare la bellezza del panorama nella sua massima ampiezza. A me piace credere che sia stato un semplice montanaro, di qualche epoca passata – non è importante quale – a valicare uno dei tanti passi che con- ducono alla vetta del Terminillo e che abbia avuto, per scelta o per destino, la volontà di salire fino in cima; e vista la consuetudine di questi uomini nel valicare i passi e attraversare valli, può anche darsi che non gli abbia dato nemmeno importanza. Del resto, quello che noi chiamiamo escur- sionismo, per loro era soltanto la vita quotidiana. In questa, come in altre pubblicazioni, con dovizia di particolari, si cerca di fare una descrizione delle valli e delle cime dei nostri monti, descrizioni che non sarebbero ser- vite ai montanari di allora, perché la montagna era il loro luogo nativo, dove vivere e lavorare.

154 155 Così se ci si domanda a chi appartiene la cultura delle montagne reatine, la risposta è semplice: senza dubbio alla gente che nei secoli ha popolato la co- rona di paesi che circonda i monti reatini. Gioielli che al viaggiatore restitu- iscono la lentezza e la saggezza della cultura della montagna, di quel modus vivendi che fino agli anni Sessanta ancora sussisteva incontrastato le valli e i boschi di questi monti. Fin dall’età del bronzo sono state rilevate tracce dell’uomo, almeno sulle pen- dici della montagna. Con il passare del tempo la presenza umana è aumenta- ta, grazie alla romanizzazione della Sabina ad esempio, ma è con l’incastella- mento medioevale che si evolve in una vera e propria occupazione di tutti i versanti dei Monti Reatini, le cui vestigia è possibile vedere ancora oggi. Dai paesi pedemontani, ci si spostava in alto con eremi, chiesette, stazzi, terraz- zamenti, roccaforti, vedette e si attraversavano valichi fino ai 1900 metri, la presenza umana era paradossalmente più viva allora di quella di oggi. Poi, nel Settecento inizia una nuova frequentazione, c’è il Gran Tour, i ram- polli delle nobili famiglie viaggiano cercando le bellezze artistiche ma anche avventure tra le montagne appenniniche. I Monti Reatini rimanevano fuori dai grandi circuiti più famosi, tuttavia anche qui giungono le pulsioni del ro- manticismo che vede nei paesaggi montani un’inesauribile fonte d’ispirazio- ne, portò tra queste montagne viaggiatori, artisti, letterati e scienziati. Una delle figure che ci ha lasciato, con i suoi disegni e scritti, una testimo- nianza preziosa del tempo è l’inglese Edward Lear, fa un bellissimo raccon- to di queste montagne le descrive impervie, però guardandole da lontano, senza addentrarsi, altrimenti avrebbe scoperto che sui passi, nelle valli era un pullulare di attività e quei luoghi erano molto familiari alle popolazioni dei paesi pedemontani. Invece un uomo che farà una conoscenza più appro- fondita, e giungendo sino alla vetta più alta è il naturalista olandese Joakim Frederik Schouw, un autorevole botanico che farà una ricognizione natura- listica dell’area, di fatto iniziando l’esplorazione naturalistica dei Monti Re- atini. Nell’Ottocento e poi in maniera più decisa nel Novecento inizia una frequentazione della montagna completamente slegata dalle esigenze ma-

156 157 teriali, la montagna diviene luogo di ardimento, di svago, di studio e di contemplazione, inizia l’epoca delle salite alpinistiche, una forma di cono- scenza e di cultura dello stare in montagna incomprensibile per chi viveva di montagna. Per i montanari era già talmente dura la vita che non vi era motivazione di prendere altri rischi e fatiche, tuttavia i più validi e intra- prendenti trasformarono in un lavoro extra quello di fare da guida a chi veniva dalla città offrendogli riparo, cibo e indicazioni per esplorare quelle valli e crinali che loro già conoscevano bene. Nel paese di Lisciano, la gui- da Giuseppe Munalli era una delle più rinomate. Questa attrazione per le vette e la voglia di conquista provenivano da chi le montagne le guardava da lontano, come sfida, gioco, rigenerazione per la stanca routine della cit- tà, certamente un altro percorso culturale. (R. Marinelli, Terminillo. Storia di una montagna, cit.). Dal dopoguerra inzia un rapporto con la montagna sempre più funziona- le al divertimento, inizia il turismo di massa. La montagna viene spogliata dei molti valori culturali e ambientali e viene allegerita la sua severità sem- plicemente ricostruendo un parco giochi cittadino sulla neve. Tutto inizia con una gita di Benito Mussolini che, aiutato dai valligiani, a dorso di mu- lo, giunse fino all’attuale Pian de Valli. Era il 22 gennaio 1933, una salita in- vernale che cambiò la storia del Terminillo. Il Duce alla fine dell’escursione pronunciò la famosa frase: “La prossima volta tornerò in automobile”. Da quel momento nascono i progetti di urbanizzazione del Terminillo; i reatini si sforzano di dare un nuovo volto alla montagna, di farla conoscere a coloro che avrebbero talmente fuorviato la cultura di quei luoghi da farla chiamare “Montagna di Roma”. Di seguito, la costruzione di alberghi e piste da sci ha dato il via al turismo, prima borghese, poi di massa della Capitale. Probabilmente la montagna non è dei Romani ed è poco dei Reatini, da sempre legati più alla nebbiosa pianura che alle cime assolate del Termi- nillo. Per questo hanno imparato a conoscere questa montagna insieme ai turisti romani e riconducono la sua storia principalmente agli eventi che hanno portato alla costituzione della stazione sciistica e al conseguente svi-

158 159 luppo; a quei processi cioè che hanno definitivamente portato all’emargina- zione delle genti di montagna e della loro cultura. Certo, anche a Rieti si for- mò un gruppo di forti scalatori del CAI che nel corso degli anni sono stati protagonisti della storia dell’alpinismo locale. Tuttavia, ancora oggi si tende a concepire lo spazio montano come un luogo privo di storia naturale e umana, a uso di un popolo di pendolari provenienti dalla città. Questi però ignorano i sentieri che attraversavano le valli, gli an- tichi ripari e la lentezza di una vita certamente più dura, ma soprattutto non comprendono la natura e il valore scientifico e culturale che essa contiene. Eppure il matrimonio tra uomo e montagna in tutte le culture ha rappresen- tato un elemento costante e vivo. Fin dall’antichità, con la loro bellezza, le montagne hanno conquistato artisti, filosofi e mistici, diventando simbolo di ascesi in senso fisico, morale e spirituale. Certo, anche altri ambienti offro- no scenari “fantastici”, come i mari, le foreste, le pianure e i deserti che sono uno spettacolo della natura. Come dice Dino Buzzati: La montagna ha due dimensioni eccezionali, la ripidezza e l’immobilità: la prima moltiplica la sen- sazione di lontananza e accresce il senso del mistero; la seconda crea una fatale tendenza dell’uomo a uno stato di tranquillità. Tuttavia l’idea dell’ascesa-ascesi, della montagna come dimora degli dèi cele- sti o luogo eletto per l’iniziazione al mistero divino, della congiunzione terra- cielo nella sublimità delle altezze, è costante in tutte le culture. È il Sinai di Mosè e, nel Nuovo Testamento, il Monte degli Olivi e il Golgota. Ma è anche l’Olimpo dei Greci, nella tradizione Indù, il monte Meru nella catena dell’Hi- malaya, è il luogo dove Shiva medita e si realizza spiritualmente; gli antichi ariani dell’India non avevano templi, era sulle cime dei monti che compivano i loro rituali. Nelle più antiche tradizioni elleniche, l’eroe sparisce tra le cime delle montagne; in quelle buddhiste si parla di una montagna, dove scompaio- no gli uomini giunti al risveglio spirituale; in quelle taoiste c’è l’immagine del monte Kuen-Lun, dove esseri regali bevono la bevanda dell’immortalità. Nelle civiltà precolombiane, gli imperatori, sacralizzati, si occultavano sui monti do- po la morte che, anche qui, non è vista come dissoluzione ma come apertura

160 161 verso l’aldilà. La montagna, che si configura come luogo di ascesa spirituale ma anche arena di azione e ardimento (l’uomo che si arrampica), secondo il filosofo René Dumal mette in opera una sorta di metafisica pratica, l’ascen- sione: quando diviene ascesi affranca i muscoli dalla fatica e si giunge alla conquista contemplativa della vetta e di se stessi. Nel XII secolo San Bonaventura, autore di un Itinerarium mentis in Deum, notava Ascender in montem, id est in eminentiam mentis. Salire dunque vo- leva dire saggiare il corpo e lo spirito. Anche Dante dopo essersi tuffato nell’abisso infernale per conoscere il male e superarlo, opera la propria pu- rificazione salendo, di grado in grado, su per il monte Purgatorio, verso il Paradiso terrestre che gli schiuderà la vista dei cieli; anch’egli cresce in sa- lita, libero e leggero, tanto da avvertire sempre meno il fardello del proprio corpo. La montagna è il passaggio verso l’alto, della rilevazione e del dono: sopra Poggio Bustone, San Francesco riceve da Dio conferme della propria conversione, come Petrarca giungerà al momento risolutivo della propria crisi spirituale ascendendo al monte Ventoso, in Provenza. Lo sguardo di- viene puro di fronte al paesaggio montano, corre libero dalle stagnazio- ni e incrostazioni che la pianura ha creato. Il Discorso della Montagna, il sermone rivolto da Gesù ai suoi discepoli, riportato nel Vangelo secondo Matteo 5,1-7,28 è uno dei messaggi più forti del Cristianesimo. Nel libro, Il Monte Analogo di Daumal, la montagna ha una cima inacces- sibile ma una base accessibile. Questo incontro tra azione e contemplazio- ne è uno dei principi guida di uno dei più grandi alpinisti, l’italiano Walter Bonatti. Recentemente scomparso, faceva la cronaca delle sue prodigiose scalate descrivendo la sintesi tra sforzo fisico e tensione morale, un infini- to che è dentro e che utilizza le vette e l’ascesa per venire a galla. Sempre Daumal scriveva: Non si può restare sempre sulle vette, bisogna ridiscende- re... A che pro, allora? Ecco: l’alto conosce il basso, il basso non conosce l’alto: salendo, devi prendere nota delle difficoltà del tuo cammino; finché sali, puoi vederle. Nella discesa, non le vedrai più, ma saprai che ci sono, se le avrai osservate bene. Si sale, si vede. Si ridiscende, non si vede più; ma si è visto. Esiste un’arte di dirigersi nelle regioni basse per mezzo del ricordo di quello

162 163 che si è visto quando si era più in alto. Quando non è più possibile vedere, al- meno è possibile sapere. Questa filosofia della montagna, forse si sposa più con una visione cittadina, meno con il duro lavoro del montanaro, tuttavia ci lascia una metafora molto efficace della vita e un aspetto della cultura alpinistica molto profondo. Tuttavia se la montagna è un Pantheon di miti e simboli arcaici, oggi questi simboli possono vivere anche attraverso la Natura, la montagna non solo co- me ascesa-ascesi ma anche come giardino dell’Eden popolato da migliaia di specie animali e vegetali. Anche qui la visione di una natura incontaminata da ammirare e tutelare spesso si è scontrata con la lotta che il montanaro ha sostenuto per proteggere i suoi greggi dai lupi: celebri i Lupari di Leonessa, che della caccia al famoso mammifero ne fecero una professione. Una lot- ta che spesso si è trasformata in un abbraccio, perché non si può non amare l’ambiente in cui si nasce e si vive. La millenaria cultura della montagna ha interpretato la difficile sfida del vivere in un ambiente tanto magnifico quan- to severo, elaborando soluzioni di equilibrio tra le proprie esigenze e il man- tenimento di quelle condizioni, senza di cui la vita stessa sarebbe diventata precaria, mediante una cura paziente, tenace e normalmente lungimirante che le ha consentito stabilità e perduranza fino a poche generazioni fa. Oggi questo mondo è quasi scomparso, come stanno scomparendo molte specie animali; la perdita di una cultura o di una forma vivente ci fa sempre sentire tutti più poveri. Per questo i Monti Reatini oggi sentono il bisogno di valori prima che di opere: non si tratta di recuperare la figura mitica del montanaro o del buon selvaggio, ma di costruire una cultura della montagna che abbia come fulcro la storia umana e la biodiversità, perché se riportare indietro la storia non è possibile, tutelare l’ambiente sì, cercando di coglierne non solo l’evidente valore scientifico, ma anche quello culturale. Infine, può esserci una sintonia, culturale, tra le esigenze degli uomini di oggi e “loro”, gli uomini delle montagne che mossero i primi passi attraversando queste catene montuose per andare a caccia, per guidare gli armenti, per prendere il ghiaccio o più semplicemente per soddisfare quell’insopprimibile esigenza di cercare, attraverso la montagna, l’armonia della vita.

164 165 Abbiamo la Terra non in eredità dai genitori, ma in affitto dai figli.

Proverbio Indiano

166 167 APPENDICE BUONE PRATICHE E GESTIONE DEI FONTANILI

di Enrico Calvario e Silvia Sebasti Normativa di riferimento sulla tutela degli Anfibi.

Alcune specie di Anfibi presenti nel Reatino (Salamandrina perspicillata, Triturus carnifex, Bombina pachypus, Rana dal- Nel Lazio, in particolar modo sulla dorsale appenninica e antiappennini- matina, Rana italica) sono incluse nell’Allegato IV della Direttiva Habitat 92/43/CEE come “specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa”. Bombina pachypus, Salamandrina perspicillata e Triturus ca, è particolarmente importante sostenere con ogni mezzo possibile le carnifex sono inclusi anche nell’Allegato II della stessa Direttiva, come “specie animali d’interesse comunitario la cui con- attività di pascolo, oltre che per il profondo e radicato significato socio- servazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione. La Direttiva sancisce che: “Gli Stati membri adot- economico che rivestono e per le economie che possono indurre, anche in tano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera quanto esse contribuiscono in modo diretto e significativo a contrastare a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di: il fenomeno della chiusura delle aree aperte e delle radure così importanti a) qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale; per il mantenimento di importanti elementi di biodiversità. b) perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione In tale contesto e soprattutto se ci si trova in zone carsiche con limitata di- e di migrazione; c) distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale; sponibilità di risorse idriche superficiali, i fontanili, le pozze e le cisterne d) deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.” per la raccolta dell’acqua piovana, rappresentano manufatti insostituibili necessari per l’abbeveraggio ed il ristoro del bestiame allevato. Essi inol- Hyla intermedia e Rana dalmatina sono anche segnalate come specie “vulnerabili” sia nella Lista Rossa degli Anfibi e dei Rettili del Lazio (Bologna et al., 2000) sia nel “Libro Rosso degli animali d’Italia” (Bulgarini et al., 1998). Tre specie figurano tre rappresentano spesso una valida ed efficiente alternativa agli ambienti inoltre nell’Annesso II della Convenzione di Berna: Triturus carnifex, Hyla intermedia e Rana dalmatina. umidi naturali (sempre più rari) anche per la riproduzione, l’alimentazio- ne e lo svernamento di diverse specie di Anfibi. Nella Regione Lazio tutte le specie di Anfibi, escluse le “rane verdi” (P. bergeri/hispanica), Rana temporaria e Ichthyosaura alpestris, sono protette dalla L.R. 18, 5/IV/1988 “Tutela della fauna minore”, che vieta: a) qualsiasi forma di cattura, di detenzione e di uccisione; Il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle raccol- b) il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione e di riposo; te d’acqua naturali e artificiali appare perciò di fondamentale importanza c) il molestare la fauna selvatica minore, specie nel periodo della riproduzione, dell’allevamento e dell’ibernazione, nella sia per soddisfare le esigenze di abbeveraggio e ristoro per il bestiame misura in cui tali molestie siano significative in relazione al raggiungimento delle finalità di cui al precedente articolo 1; d) la distruzione o la raccolta di uova dell’ ambiente naturale o la loro detenzione quand’anche vuote; domestico sia per la conservazione degli Anfibi. Occorre quindi trovare e) la detenzione, il trasporto ed il commercio di tali animali, vivi o morti, come pure imbalsamati, nonché di parti o pro- un necessario punto di equilibrio affinché le necessarie azioni di manu- dotti facilmente identificabili ottenuti dall’animale, nella misura in cui ciò contribuisce a dare efficacia alle disposizioni del tenzione di tali raccolte d’acqua (pulizia delle vasche, lavori di restauro) presente articolo.”

vengano condotte con modalità tali da garantirne la piena funzionalità Per la conservazione di queste specie è fondamentale quindi la gestione appropriata delle raccolte d’acqua ristrutturate. per entrambe le componenti (bestiame ed anfibi) ed in modo da non cau- Alcune di queste, principalmente quelle artificiali, assolvendo alla funzione di abbeveraggio del bestiame al pascolo, hanno sare danni diretti agli Anfibi che, lo ricordiamo, sono anche protetti da bisogno di manutenzione regolare, non solo strutturale ma anche per ciò che concerne la pulizia interna. specifiche norme di tutela sia di carattere comunitario che regionale.

168 169 Il fontanile dei Cavalli, posto in un’area di particolare pregio natu- Indicazioni sui criteri progettuali da seguire nella ristrutturazione dei fontanili ralistico è stato il fontanile che ha richiesto più lavoro sia nella ri- e suggerimenti per la loro manutenzione e gestione strutturazione che per la collocazione difficilmente raggiungibile. Di seguito si riportano gli aspetti salienti su cui porre l’attenzione per far sì che le raccolte ristrutturate assolvano alla funzione di sito riproduttivo per Anfibi e di punto di abbeveraggio per il bestiame. 1) MANTENIMENTO DEI MANUFATTI I manufatti esistenti che versano in buone condizioni strutturali e funzionali vanno preservati dal naturale degrado e da ulteriori ed accidentali ammaloramenti controllando periodicamente che: - non vi siano captazioni che alterino significativamente il livello dell’acqua nella vasca, - l’afflusso idrico sia garantito, monitorando eventuali ostruzioni alla sorgente, nei tubi di afflusso e/o nelle canaline di adduzione, - il pietrame (o altro materiale) che costituisce le pareti sia integro e non vi siano consistenti perdite d’acqua, - funzioni un sistema di “troppo pieno” verso una piccola zona umida, In siti ricadenti su sentieristica è possibile prevedere l’istallazione di cartellonistica informativa per la divulgazione di tematiche relative alla conservazione degli habitat e delle specie.

2) OPERE DI RESTAURO DEI MANUFATTI Nella realizzazione delle vasche di raccolta delle acque si dovranno tenere in conto i criteri che prendano in considerazione la biologia delle spe- cie di Anfibi (Scoccianti, 2001; Carpaneto et al., 2004), utilizzando materiali che permettano la fruizione del fontanile da parte dell’erpetofauna (principalmente pietra), assicurandosi che le superfici esterne abbiano una scabrosità idonea all’accesso e quelle interne siano adeguate all’ovode- posizione (ovvero non siano cementate e presentino uno strato adeso di vegetazione acquatica spontanea). Come nel caso precedente, qualora l’opera di restauro interessi fontanili/pozzi adiacenti a sentieristica, è possibile prevedere l’istallazione di car- tellonistica informativa.

3) COSTRUZIONE DI STRUTTURE ATTE A MIGLIORARE LA FUNZIONALITÀ DELLE RACCOLTE D’ACQUA COME SITI DI RIPRO- DUZIONE PER GLI ANFIBI • a. Rampe di risalita In alcune condizioni (ad es. repentino abbassamento del livello delle acque) i fontanili possono costituire vere e proprie “trappole ecologiche” per Anfibi e per altre specie animali (Scoccianti, 2001). Una semplice quanto efficace “rampa di risalita” potrà essere costruita, anche a fontanile funzionante, mediante una lastra in pietra ancorata sul bordo, larga circa 20 cm e inclinata di 45°. In alternativa, qualora si stia lavorando in un fontanile asciutto, la rampa può essere costruita anche mediante pietrame posto direttamente nella vasca, eventualmente stabilizzato con malta per rendere più solida la struttura. Per evitare che manufatti di tipologia differente dal fontanile (pozzi o cisterne) si trasformino in trappole ecologiche è possibile prevedere misure di salvaguardia quali la copertura dell’imbocco con una grata metallica a maglie sottili (ø < 1 cm) o la realizzazione di una rampa di risalita a gradoni lungo la parete interna del pozzo stesso. • b. Zone umide derivanti da “troppo pieno” Nell’area circostante i fontanili, antistante o laterale, nei casi in cui l’intervento sia ritenuto attuabile, si dovrà prevedere il mantenimento o il ripri- stino di una piccola zona umida idonea alla riproduzione di specie quali l’Ululone dal ventre giallo. La piccola zona umida potrà essere realizzata in un’area depressa mediante un piccolo canaletto per il deflusso delle acque del “troppo pieno” provenienti dal fontanile stesso. È importante che tale zona umida sia collocata in una zona franca dal calpestio o dal transito del bestiame; in tal senso si suggerisce, quale intervento migliorativo, la sua recinzione con una staccionata in legno (vedi punto successivo).

170 171 • c. Recinzioni Fonte di Pacce, si trova nella Valle Avanzana, a lato un Per preservare la zona umida derivante dal troppo pieno dal calpestio di bestiame domestico o da altri ungulati selvatici è opportuna una recin- particolare costruttivo della rampa di risalita, per zione in legno (staccionata) dell’area umida. Tale recizione dovrà essere realizzata in legname locale, resistente e alta almeno 1,50 m. permettere agli Anfibi di uscire dal fontanile, In alcuni casi, qualora il fontanile non sia utilizzato dal bestiame, è consigliabile apporre una recinzione attorno alla vasca, in modo da evidenziare anche con livelli idrici molto bassi. che l’area è sottoposta a manutenzione e tutela. • d. Fasce di rispetto e creazione di microrifugi In previsione di una corretta ripresa dell’attività riproduttiva da parte della comunità di Anfibi, è utile ricordare che questi necessitano non solo di un habitat acquatico (nel quale svolgono la fase trofica e riproduttiva) ma anche di un habitat terrestre dove adulti, giovani e metamorfosati possono trovare rifugio durante le fasi di prosciugamento degli invasi. Per aumentare l’idoneità della raccolta d’acqua per scopi riproduttivi è bene prevedere una fascia di rispetto intorno al bacino, intesa come una zona lasciata libera di evolvere in modo spontaneo o parzialmente gestita secondo criteri coerenti con la conservazione delle specie animali e degli habitat. Per gli anfibi si dovrebbe prevedere una zona larga almeno 20 metri (Scoccianti, 2001). Inoltre, qualora l’area ne sia sprovvista, è utile realizzare nelle immediate vicinanze della raccolta d’acqua un’opera che comprenda dei microrifugi per anfibi, ad es. cataste di legna, vecchie ceppaie estirpate, piccoli tratti di muretto a secco, di dimensioni minime 5 x 2 metri (altezza 1 metro). Il legno deve essere lasciato allo stato naturale e non deve essere stato precedentemente trattato. I rifugi devono essere esposti al sole, riparati dai venti ed elevati quanto basta perché non siano soggetti ad allagamento.

4) TEMPI E MODALITÀ DI PULIZIA DI FONTANILI E POZZI • a. Periodo per la pulizia La pulizia deve essere effettuata nei mesi autunnali (fine ottobre-novembre). Si ritiene comunque sempre opportuno verificare l’effettiva assenza di anfibi: nel caso siano ancora presenti stadi larvali o adulti la pulizia deve essere rimandata di qualche settimana. • b. Modalità di pulizia: - le operazioni devono avvenire manualmente e non con mezzi meccanici; - non è consentito l’utilizzo di sostanze chimiche erbicide, corrosive o tossiche (inclusi candeggina e acidi), ricordiamoci che tali sostanze sono nocive anche per il bestiame domestico; - solo la vegetazione in eccesso deve essere rimossa, è opportuno infatti lasciarne una parte che costituirà la base della ricrescita primaverile e il nascondiglio per gli esemplari che rimangono nella raccolta d’acqua; la rimozione non deve avvenire mediante raschiatura delle pareti; - si raccomanda di lasciare a lato dell’invaso il materiale asportato, in modo che eventuali individui, prelevati accidentalmente assieme alla vegeta- zione o al fango, possano uscire indenni e tornare nella zona umida. - è opportuno lasciare, durante le operazioni di pulizia, uno strato di almeno 10 cm di acqua sul fondo del fontanile; il rispetto di questa regola è fondamentale in quanto la mancanza d’acqua potrebbe lasciare all’asciutto le uova e/o le larve eventualmente presenti,condizionandone irrever- sibilmente la schiusa e lo sviluppo.

5) NORME DI BUON SENSO • a. È vietata l’introduzione di ittiofauna e di altre specie di animali acquatici Alcune specie esotiche di Invertebrati (Gamberi di fiume americano e turco), di Anfibi (Rana toro), nonché numerose specie autoctone ed eso- tiche di Pesci sono potenziali predatori e competitori per le risorse trofiche per gli Anfibi. La loro introduzione va evitata al fine di non arrecare disturbo alle popolazioni locali (SHI, 2007). • b. Si sconsiglia il lavaggio di stoviglie, biancheria, automezzi ed il risciacquo di utensili da lavoro che possono compromettere la qualità delle acque con seri danni al bestiame domestico ed agli Anfibi. Si sconsigliano fortemente tutte quelle attività che possono determinare lo sversamen- to di detersivi, olii, solventi, vernici, polveri e altre sostanze inquinanti che possono alterare l’habitat acquatico con conseguenze anche letali per il bestiame domestico e la fauna selvatica.

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