RASSEGNA STAMPA di giovedì 19 dicembre 2019

SOMMARIO

“Le domande delle sardine (che non hanno risposte)” è il titolo del pezzo di Paolo Franchi sul Corriere della Sera di oggi. “Si dice con ironia - osserva - che quello delle sardine è il primo movimento al mondo nato per contestare non il governo, ma l’opposizione. Vero. Ma è anche vero che, se alcuni (non tantissimi) anni fa ci avessero detto che un giorno un movimento di sardine si sare bbe levato a Bologna per svegliare una sinistra incline in cuor suo a dare per scontata la caduta dell’«Emilia rossa», e di lì a rapidi passi si sarebbe esteso in tutta Italia, fino a riempire piazza San Giovanni, ci saremmo messi a ridere. Nonostante già allora scudi crociati, falci e martello, garofani fossero già stati sostituiti dai più vari simboli desunti dalla flora e dalla fauna, avessimo già visto crescere, declinare ed estinguersi rapidamente pantere, girotondi, popoli viola, e fossero in avanzata gestazione i Cinque Stelle. Ma in politica, come nella vita, niente è così impensabile, specie in tempi di crisi prolungata, da non poter avvenire. Dunque, inutile arricciare il naso. Meglio, molto meglio, cercare di capire. Che, piaccia o non piaccia, le sardine ci siano, e siano tante, ormai è, o dovrebbe essere, un dato accertato. Che, per quanti consensi talvolta pelosi ricevano, il loro movimento non sia né un’invenzione né una filiazione di una sinistra incapace peraltro di inventare e di filiare, anche. Che si sia rapidissimamente gonfiato, fino a occupare un posto importante su una scena politica per il resto desolata e desolante, pure. Le domande sulle sardine ormai sono diventate altre. La prima è: quanto potranno durare, se non cederanno alla tentazione di trasformarsi in un partito, senza condannarsi alla fine di tutti o quasi i movimenti del nostro recente passato, deperiti, e poi scomparsi dalla scena, con la stessa velocità con la quale avevano preso corpo? Domande legittima. Ma destinata in partenza a restare inevasa, se prima non si prova a capire chi sono, di cosa sono espressione, come mai si sono messe in moto proprio adesso. Dalla prima uscita a Bologna alla grande mobilitazione di Roma è passato meno di un mese, scandito da una quantità di mobilitazioni, quasi tutte riuscite, in molte città italiane. In queste poche settimane il movimento ha, ma solo in parte, cambiato faccia. È diventato un fatto politico di dimensioni nazionali, cui tanti che sardine non si sentono e non sono (compreso il segretario di Stato vaticano, ) guardano con aperta simpatia. Tutto questo all’inizio non era affatto scontato. Ad affollare piazza Maggiore c’erano numerosissimi giovani (ma anche molti dei loro genitori, e non pochi nonni, entusiasti all’idea di tornare a vedere tanti ragazzi in piazza, e speranzosi di poter passare loro il testimone) tenuti insieme da un obiettivo non dichiarato, ma non per questo meno evidente: spronare, o addirittura costringere il Pd e i suoi alleati (sin lì a dir poco frastornati, e persi in discussioni oziose sul significato locale o nazionale da attribuire al voto imminente) a non comportarsi come se considerassero ineluttabile la sconfitta. A battersi. E non solo in nome dei buoni risultati che può vantare il presidente uscente Stefano Bonaccini, sui quali molte sardine potrebbero avere le loro perplessità, ma anche, e forse soprattutto, in nome di un modo di governare ma pure di stare insieme della gente, di una storia, di una tradizione ammaccata, sì, ma comunque viva. Tenendo bene a mente che cosa significherebbe quella che in altri tempi si sarebbe chiamata «la caduta» dell’Emilia rossa, non più un «modello», se mai lo è stato, ma di sicuro l’ultimo solido riferimento storico e politico per quel che resta della s inistra italiana: un disastro di proporzioni incalcolabili per la sinistra medesima, la testimonianza ufficiale che, per Matteo Salvini e pure per Giorgia Meloni, la strada è ormai spianata. Lanciato per