ALBERTO BERTONI / GUCCINI E L’APPENNINO APPENNINO / 2.15

borgo avìto di Pàvana, luogo originario del padre L’entrata in guerra dell’Italietta fascista pro- Alberto Bertoni Ferruccio Guccini (nata invece a Carpi, nel Mo- vocò immediate restrizioni sul piano alimentare denese, la madre Ester Prandi) nel quale Fran- e mamma Ester non esitò a portare il già robusto cesco trascorse il quinquennio bambino e dov’è infante al mulino di Pàvana (una leggenda che è tornato a vivere in coincidenza con l’inizio del anche l’inizio di una canzone, Milano – «Quan- nuovo millennio, nel gennaio del 2001, in una do son nato io pesavo sei chili: avevo spalle da Guccini e casa che i suoi nonni usavano dare in affitto e via uomo/ e mani grandi come badili» – narra che via da lui ristrutturata (però nel segno di un ri- Francesco pesasse già quasi 6 kg, al momento spetto atavico per la struttura originaria), distan- della nascita), nel cuore della tribù di Ferruccio, te solo poche decine di metri dall’ormai storico di lì a poco costretto ad abbandonare il suo la- l’Appennino mulino degli anni d’infanzia. Ma anche il mulino voro di impiegato delle Poste e a partire per la è stato restaurato e vive ancora, come suggestivo guerra: la seconda – per lui – perché aveva già bed & breakfast, grazie alle cure di Silvano Bona- partecipato, negli anni Trenta, alla campagna iuti, marito della cugina Maria Rosa Prandi. d’Africa che aveva tanto pomposamente quan- Viluppo di grappoli sparsi di case lungo to vanamente trasformato in “Impero” il nostro la statale Porrettana (che unisce Pistoia a Fer- paese. rara), frazione di Sambuca Pistoiese, Pàvana Il mulino di Pàvana consisteva nella grande venne confermata in possesso al vescovo di Pi- casa patriarcale sulla rive gauche del fiume Limen- stoia dall’imperatore Ottone III, sulla soglia di tra, che – con l’arrivo di Francesco – si appresta- quell’anno Mille che segnò il crinale di una rina- va così ad accogliere la quarta generazione dei scita profonda dell’Europa. Per quanto toscana Guccini, da bisnonni a bisnipote. In questa casa/ dal punto di vista amministrativo, Pàvana si situa mulino, nella quale tra l’altro Francesco – nel però al di qua del crinale d’Appennino e le ac- giugno del 2000 – ha festeggiato con una festa que dei suoi due Limentra (quello del mulino dei molto spontanea e divertente il suo sessantesi- a chiave per capire davvero personalità e oggi o con la Pechino da cartolina intravista alle Guccini è il Limentra occidentale), attraverso il mo compleanno, si deve identificare una sorta Lstile di è la memoria: una me- Olimpiadi. confluente Reno, vanno a buttarsi non nel Tirre- di luogo sacro o nido di esperienze originarie, moria che coinvolge in primo luogo il DNA fa- Così, al di là degli eventi e delle inclinazioni, no, ma nell’Adriatico. vero centro motore di quella doppia spinta che miliare, com’è ovvio, ma anche gli scrittori letti degli incontri e delle occasioni che hanno deter- In realtà, Guccini è nato a , al nume- rappresenta il suo rapporto più autentico con e riletti, gli amici cui chiede soprattutto di trattar minato la sua storia individuale, Francesco Guc- ro 22 di via Domenico Cucchiari (una strada lun- il mondo: un’energia centripeta che, negli anni, bene la propria lingua, le donne amate o soltanto cini tende sempre – in tutte le forme della sua ga e diritta che unisce via Est alla Stazione almeno tutte le estati, lo ha sempre riportato in- conosciute, i «colleghi cantautori, eletta schiera», ricerca espressiva – a scavare fino alle radici del Piccola, quella da cui tuttora partono i trenini per dietro a quell’ombelico naturale; combinata però i compagni di strada della sua stessa generazione, proprio albero genealogico. E questo è senz’altro Sassuolo e per la Stazione Grande), il 14 giugno con l’energia centrifuga che per esempio lo ha i giovani che continuano a fermarlo per strada il primo segreto di una durata e di un successo 1940. La nascita di Francesco sembra una del- indotto a conoscere bene l’America, a girare per e a svolgere tesi di laurea su di lui e i maestri che raggiungono ormai quasi il mezzo secolo, le rarissime buone nuove giunte da quella data, concerti l’Italia e l’Europa, a dialogare fittamente incontrati a scuola, dal Franco Violi dell’Istituto oltre che di quel sigillo di onestà e di verità che perché una doppia eco di sciagura rimbombava ogni giorno con moltissime persone. Magistrale di Modena all’Ezio Raimondi dell’U- si porta dentro fin dall’inizio della sua carriera nelle stesse, terribili ore: la catastrofica dichiara- La casa, d’altra parte, è il tabernacolo che c’è, niversità di . di cantautore. Auschwitz è stata scritta nel 1964 e zione di guerra pronunciata da Mussolini quattro che consiste, la cui materia è il solido sasso ap- Poi, la memoria di Guccini è insieme storica continua ad essere una delle canzoni più attuali giorni prima («Un’ora segnata dal destino batte penninico: ma la casa è ubicata sul fiume e il fiu- e geografica, perché si chiude come uno scrigno mai composte in Europa. Ed è anche molto di- nel cielo della nostra patria…», pessima lettera- me scende verso Bologna, è l’elemento materno nel luogo dove vive, orientando tempi e gesti del- retta nel trasmettere un messaggio di alto profilo tura e metafora da sicuro menagramo) e l’entrata della sorgente, ma è anche il veicolo di un movi- la sua vita quotidiana, ma poi sa spingerlo anche morale: la necessità – oggi più che mai – di con- delle truppe del Terzo Reich hitleriano a Parigi, mento nel tempo e nello spazio, emblema di una molto lontano – fino al limite di “un’isola non servare memoria della Shoah, la persecuzione e esattamente quel giorno 14. Per questa duplice e discesa dalla montagna alla pianura e poi al mare trovata” o di un’Asia che coincide con quella di l’olocausto degli Ebrei da parte dei nazifascisti, serissima ragione, Francesco è una delle persone ed emblema anche del trascorrere delle diverse Marco Polo e dell’Italo Calvino delle Città invi- durante la Seconda Guerra Mondiale. più integralmente e radicalmente antifasciste che età della vita umana. sibili piuttosto che con la “Cindia” rampante di Punto focale dell’esistenza di Francesco è il si conoscano; e sembra non amare troppo Parigi. C’è un disco fondante, nella storia creativa di

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Guccini e anche nella storia della nostra canzo- la e impenetrabile mutismo della pietra, Radici è intercorrevano rapporti economici. Guccini sceglie la strada ne d’autore, che è Radici, del 1972: il disco che una canzone inaugurale anche sul piano storico, Negli anni della guerra io sono cresciuto in contiene canzoni memorabili quali Piccola città, Il soprattutto se si riflette sul suo tempo di compo- questo mulino, in questa casa isolata ma agita- dell’antropologia e vecchio e il bambino, Incontro e La locomotiva. Questo sizione: primi anni Settanta, anni di piombo, ma- ta e vivacissima, perché abitata e frequentata da di una rivisitazione disco, però, è aperto dalla canzone che lo intito- nicheismi ideologici espressi in forma di slogan, molti parenti, che componevano la classica fa- la e che comincia proprio con la constatazione terrorismi di Stato e Antistato, strategie della ten- miglia patriarcale. Oltre al bisnonno Francesco dell’esperienza interiore di un rapporto davvero vincolante (e tutt’altro sione. Guccini – come anche De André, con lui – ancora vivo quando sono nato io – ci vivevano che scontato, privo com’è di risposte certe o – in riconosciuto capostipite della genìa dei cantauto- infatti nonno Pietro (morto poi nei primi anni dell’individuo, qualche caso – di risposte tout court) tra la pietra e ri italiani – sceglie la strada dell’antropologia e di Cinquanta) con nonna Amabilia, suo fratello En- tra istinto regressivo l’acqua, il silenzio e la voce, la natura e la città, i una rivisitazione dell’esperienza interiore dell’in- rico (morto nel ’63) e la di lui moglie Rina, le fondamenti atavici dell’umano e i più drammatici dividuo, tra istinto regressivo (ma tutt’altro che sorelle Maria Luisa e Peppina, e i loro figli, tra (ma tutt’altro che reazionario) interrogativi esistenziali, che chiamano necessa- reazionario) e utopia. Ed è probabilmente questo cui – naturalmente – mio padre Ferruccio. riamente in causa il dolore dell’apprendistato alla il motivo profondo della sua durata nel tempo e A loro si aggiungeva la gente che veniva a e utopia vita, l’appartenenza alla propria generazione, il del gradimento intergenerazionale di cui tuttora macinare e così era assicurato un costante movi- gran teatro della storia. gode: egli – infatti – ha saputo sempre evitare mento di persone. Non solo: essendo in mezzo Da un punto di vista formale, il testo di Radici la parte effimera dell’esistenza privata e sociale, alla vallata, la casa era anche in mezzo al traf- introduce tra l’altro una metrica quant’altre mai interrogando piuttosto «il solito silenzio senza fico della gente che andava e veniva dal paese. narrativa e rischiosa, perché si apre con una serie fine» che abita ognuno di noi. Guccini, poi, è uno Molti del paese, infatti, possedevano dei campi di endecasillabi doppi, perfettamente congegna- straordinario inventore di rime (in questo, anche di là dall’acqua, vale a dire “’d d’là da l’acqua”, tentato – quando Berlusconi poco credibilmente ti, prima di consegnarsi – nel ritornello – a misu- a fermarsi alla parte testuale delle sue canzoni, sulla riva destra del Limentra: altri ci abitavano narrò che sua madre Rosa aveva insultato un sol- re più rapide e più spurie: davvero non inferiore ai poeti di primo piano) ed erano chiamati “spinaioli”, perché di qua c’è il dato tedesco – di raccontare anch’io di quando e Radici finisce proprio con una rima semplice castagno, mentre di là prevale il cerro ed è pieno mia madre si era comportata allo stesso modo La casa sul confine della sera oscura e e folgorante, tutta umana, «saggezza : dolcezza». di spini, rovi, biancospini, more, prùgnoli… Al- con due militi del Reich. Insieme, infatti, erava- silenziosa se ne sta: È tempo però di lasciare a lui stesso la parola, lora coltivavano quasi tutti, molti erano stanziali mo andati a nascondere il maiale in una casetta, respiri un’aria limpida e leggera, e senti dal momento che a Pàvana e ai suoi anni bam- ed erano contadini che vivevano là e che veni- la “Ca’ ’d Bondina” (uno zio di mia nonna), che voci forse di altra età. bini ha dedicato il suo primo romanzo, Cròniche vano ogni giorno in paese. Si creava dunque un mia nonna possedeva di là dall’acqua, con qual- La casa sul confine dei ricordi, la stessa epafàniche (uscito con successo da Feltrinelli nel movimento continuo di gente che andava e gente che campo attorno. Tra l’altro, anche di quella sempre, come tu la sai 1989), magari avvertendo – con formula sua – che veniva, visto che tutti portavano al mulino casa, ho prima di tutto un ricordo acustico. Fra e tu ricerchi là le tue radici se vuoi capire che anche in questo caso si tratta di parola detta- il proprio grano e quindi la casa dei Guccini – piano terra e piano letto, infatti, c’era una scala l’anima che hai. ta dalla «labilità della memoria» e dai «filtri incerti per quanto isolata – era sempre piena di gente, a pioli per andare su e i materassi erano in fo- Quanti tempi e quante vite sono scivo- della fantasia e dell’affetto». Ascoltiamolo, dun- tutt’altro che morta. glia di granoturco: non appena ci si muove, fan- late via da te que. Mentre parla, sta guardando dalla finestra Questa casa, per me bambino, era il centro no un rumore indimenticabile. Comunque, a un come il fiume che ti passa attorno; sul retro di casa sua: di un mondo fantastico: popolato di persone, certo punto comparvero questi soldati tedeschi tu che hai visto nascere e morire gli an- sul fiume, con i boschi attorno e gli echi terribili che volevano requisire il fieno e mia madre dis- tenati miei «Qui sotto c’è il campo e la casa dei conta- ma abbastanza lontani della guerra, perché qui la se: “Andate a prenderlo a Hitler e a Mussolini, il lentamente, giorno dopo giorno; dini e dei nonni e poi c’era il campo che andava guerra – fortunatamente – non ha avuto grandi fieno!”. ed io l’ultimo ti chiedo se conosci in me fino al fiume. E sul fiume c’era questo mulino, ripercussioni. Pavana infatti non ha subito bom- Ne conservo tuttora un ricordo vaghissimo, qualche segno, qualche traccia di ogni mulino ad acqua, che era uno dei tre mulini di bardamenti né uccisioni efferate, né rappresaglie. ma l’episodio non finì lì, perché i due sergenti vita Pavana, appartenuti tutti per un certo periodo ai E invece ricordo nitidamente quando, una notte tedeschi, un vecchio e un giovane: ed era il vec- o se solamente io ricerco in te risposta Guccini o ai loro parenti. Il terzo mulino, poi, d’estate, abbiamo visto il cielo rosseggiare là sot- chio che cercava di moderare i deliri aggressivi ad ogni cosa non capita. è stato abbandonato quando hanno costruito la to, dalla parte di Bologna, e mia zia che diceva: dell’altro, davvero molto agitato. Ma entrambi, centrale elettrica, che sarebbe stata fatta saltare in “Guarda, bombardano Bologna, povera gente!”. alla fine, giurarono a mia madre che sarebbero Esempio riuscito – e molto in anticipo sui aria dai tedeschi in fase di ritirata. Quindi c’erano Qualche piccolo caso qua e là coinvolse an- tornati a riprendersela il giorno dopo. E così fe- tempi – di interrogazione sul rapporto tra biolo- due mulini, quello dei miei e quello di un fratello che noi: il più eclatante dei quali ha chiamato cero, ma per fortuna mi misi di mezzo proprio gia e storia, DNA ed esistenza, vitalità della paro- del mio bisnonno, più a valle. Tra loro, però, non in causa proprio mia madre, tanto che ero stato io che – appunto – il mattino successivo pensai

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bene di procurarmi un vasto taglio a un braccio, La scelta di Guccini dei «novellatori di tradizione» – «il caso narrato dalla dichiarazione d’autore che è una storia sen- con una canna di bambù. Molto sangue perso e […] viene strinato da un’amarezza di fondo, dal tita «raccontare tante volte». ricerca disperata di un dottore: ma non ce n’e- a favore del plurilinguismo cadere nella pania di una vita soltanto presa in L’evento introdotto dal titolo si colloca ver- ra nessuno, in paese, perché era cominciato un prestito». so la fine degli anni Trenta, poi l’andamento del movimento d’aeroplani (Pàvana per fortuna non si ripercuote a livelli Il punto centrale tuttavia è un altro e Sicilia- racconto non è mai lineare, costellato com’è di fu mai bombardata) ed erano scappati tutti. In- molto più ampi di stile e no lo introduce con molta proprietà: «Qualcuno flashback, con racconti di emigrazione in Toscana, somma, non ci fu chi sapesse applicarmi i punti annoterà scontento: – storie di paese. Appunto: Sardegna, Calabria, America; e squarci di rientri necessari, tanto che porto tuttora sul braccio una di struttura e coincide una vera storia paesana, d’infatuazione amicale e per partecipare al macello/lavàcro della Prima cicatrice irregolare. In questo modo, però, salvai sbornia, pacche sulle spalle e peggio. Il tutto in- Guerra Mondiale. Su un altro versante, però, non mia madre, perché davvero (e sembra incredibi- con una visione del mondo che nestato sul filo teso e sornione del discorso libe- sono poche nemmeno le prolessi, vale a dire le le) i due sergenti tedeschi si erano ripresentati – quando diventa racconto – ro indiretto, gonfio di una verbosità che fa smal- anticipazioni del futuro, a proposito della vita dei alla “Ca’ ’d Bondina” per portarla via. to, però, sulle risorse d’affetto e di esclamazione quattro protagonisti (verosimilmente pavanesi): Un altro episodio che riguarda la trasforma- si alimenta di digressioni, che il cuore può dettare con verità». L’intuizione Libero suicida, Balòtta disperso in Russia, gli al- zione dei tedeschi da alleati in invasori e aguzzi- di apertura autentica critica decisiva coinvolge il riconoscimento del tri due con destini diversi che raccontano come ni, dopo l’8 settembre del ’43, coinvolge un pri- «discorso libero indiretto» quale istituto forma- una «birichinata giovanile» la loro avventura ap- gioniero russo: uno di tre che erano scappati da alle voci popolari le dominante della Cena: la parola – vale a dire penninica in quella notte di neve, mentre l’Eu- un campo di concentramento. Una mattina che – è pronunciata dal narratore a voce alta anche ropa tracollava tutt’attorno e loro – dentro una eravamo sfollati per l’appunto nella “Ca’ ’d Bon- quando sono chiuse le virgolette del discorso di- perfetta struttura circolare, che sembra scritta da dina” abbiam sentito bussare alla porta e c’erano retto. Così, anche quando lui o un personaggio un Borges appena un poco alticcio – «senza dire dei tedeschi armati che cercavano questi prigio- parlano a se stessi (nel cosiddetto monologo in- più niente tornarono ad abbracciarsi e andarono, nieri russi. Uno, il nostro prigioniero, l’aveva tro- teriore), le loro frasi sono sempre agite, animate, ognuno verso casa, ognuno, inconsapevole come vato un contadino in un campo di granoturco e ci coinvolgono con una vibrazione di straordi- tutti noi, verso la propria sorte». davanti al mulino, l’aveva messo in una “gòrgo- pastasciutta. A me piaceva andare a mangiare naria autenticità. Nella Cena, in definitiva, a legare i due pro- la” (un cestone per il fieno a maglie molto lar- alla mensa che avevano fatto alla centrale idro- Ecco, allora, un punto capitale: la passione per tagonisti superstiti e narranti (Mezzonéccio, in ghe, che giù a Modena si chiama còrga) e l’aveva elettrica, quella fatta saltare dai tedeschi prima le lingue del Guccini narratore non rimane mai particolare), noi lettori e un narratore che riven- portato nella cavanna, cioè nel fienile dei nonni, di andar via, con un’esplosione per la quale ci fine a se stessa, né si limita a dar luogo a eleganti dica a sé il diritto di metter su pagina «una storia proprio mentre arrivavano i tedeschi. Era ferito, avevano avvertito così (almeno nella traduzione intarsi lessicali o a saporite cadenze neodialettali, di quelle quasi come le favole che ci racconta- ma poi vennero a prelevarlo i partigiani e si salvò. dei miei): “Aprite le finestre, perché sennò i vetri nel bel mezzo di scenari provinciali. La sua scelta vano da piccoli, già sentita tante volte ma che Dopo, nell’ottobre del ’44, sono arrivati gli cioccano!”. Ricordo la botta di fumo e la dispe- a favore del plurilinguismo si ripercuote a livelli amavamo ci raccontassero ancora e ancora, per americani: e per un bambino è stato tutto som- razione di un mio coetaneo, che piangeva perché molto più ampi di stile e di struttura e coincide il solo piacere di stare lì ad ascoltare un narrato- mato un periodo bello. Naturalmente, gli ame- suo papà lavorava in centrale e aveva paura che con una visione del mondo che – quando diventa re» è il filo davvero vitale della memoria: meglio, ricani me li ricordo meglio dei tedeschi, perché fosse morto». racconto – si alimenta di digressioni, di enumera- proprio, l’interazione delle rispettive memorie. quando sono arrivati avevo già compiuto quattro zioni più o meno caotiche, di apertura autentica anni. Ma dei tedeschi, per esempio, mi ricordo Venendo all’opera del Guccini narratore, in alle voci popolari, di dialoghi lenti e meditati, di ancora che due di loro dormivano in casa, adatta- ogni caso, vale la pena di porre in conclusione memorie che s’intrecciano ad altre memorie. ti alla meglio sotto il tavolo dell’androne, perché l’accento sul racconto La cena, pubblicato in pri- I modelli più espliciti della Cena sono piutto- avevano paura dei bombardamenti, dal momen- ma battuta nel ’94 e accolto da Enzo Siciliano sto lontani tra loro: per il destino di emigrazione to che c’era la diga a 300 metri… nel “Meridiano” in tre volumi da lui curato nel montanara, si può infatti pensare al racconto Il Gli americani avevano i carri armati giù di 2001 dei Racconti italiani del Novecento. Nella sua taglio del bosco di Carlo Cassola; mentre – per la fianco a casa, le tende, un capitano che dormiva rapida nota introduttiva, Siciliano centra almeno capacità di trasformare la cena prenatalizia del in casa, dov’era stata destinata una stanzetta per una questione critica davvero rilevante. È giu- titolo in un dialogo tra vivi e morti, sospesi su altri due ufficiali, che non si sapeva bene cosa sto, certo, che egli parli di un «fervido novellare» una soglia tutta metafisica – si deve risalire al ma- facessero, al di là di uno studio continuo delle che dà luogo a «una sua obliqua festosità», calata gnificoThe Dead (I Morti, appunto), che conclude carte topografiche. Venivano spesso a casa di mia sul «confine antropologico» che separa Emilia e i Dubliners di James Joyce. La Cena svela un’abili- nonna perché amavano moltissimo la polenta, la Toscana, dopo la constatazione che – sulla scia tà narratologica davvero considerevole, a partire

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