Ai Sindaci di 30 gennaio 2016 Recoaro Terme, , , , e

Non passerà molto tempo che i Comuni della Valle dell’Agno – Trissino, Castelgomberto, Brogliano, Cornedo Vicentino, Valdagno e Recoaro Terme - formeranno una sola comunità in un unico . Non per questo ogni attuale Comune perderà la propria identità e la propria storia. Anzi in una rimodulazione organizzativa generale, ci sarà chi fungerà come centro dei principali servizi ai cittadini, chi rimarcherà la sua vocazione più industriale o artigianale o agricola o residenziale. E ci sarà la località di Recoaro Terme con la sua aspirazione turistico-termale e di montagna. Non sembri perciò fuori luogo che io desideri cointeressarLa al problema della Società Terme di Recoaro, perché come cercherò di esporre più avanti il Comune di Recoaro Terme e quindi anche il futuro Comune di Valle ha il diritto di proprietà, se non su tutti i beni termali, almeno su una quota parte di essi. A tale proposito mi è d’obbligo un preambolo di carattere generale, il più possibile sintetico, per la comprensione dell’argomento. Premessa La Terme di Recoaro S.p.A. venne trasferita gratuitamente dallo Stato alla Regione , previa l’adozione obbligatoria di un Piano di Rilancio e di Valorizzazione Termale - approvato all’unanimità dal Consiglio Regionale nel 1997 - in previsione di cedere tutto o in parte il pacchetto azionario al Comune di Recoaro Terme (1). Questo indirizzo statale venne attuato per le altre realtà termali dello Stato (Montecatini, Chianciano, Salsomaggiore, Casciana, Castrocaro, Aqui, etc.). I Comuni ebbero riparti differenziati delle proprietà termali e, giustamente, anche il coinvolgimento gestionale diretto delle varie Regioni di riferimento. Quindi la gestione ordinaria e straordinaria sui beni termali – attuata in vari modi - ha interessato, anche dal punto di vista della promozione, della programmazione e degli investimenti, i vari Enti Locali coinvolti, Regioni, Province e Comuni e anche Comuni non termali (2) ma limitrofi, cointeressati per le ricadute economiche. La Regione Veneto, invece, tenne per sé tutta la proprietà del Complesso Termale recoarese, che comprende anche altre tre Fonti Staccate. E questo nonostante esistesse la deliberazione n. 28 approvata dal Consiglio Comunale di Recoaro Terme il 27 marzo 1998, che chiedeva alla Regione una compartecipazione del patrimonio termale. Invece la Regione Veneto avocò a sé l’esclusività della gestione diretta della Terme, come suo compito istituzionale in materia di Sanità, Termalismo e Turismo. Gestione diretta della Regione Veneto Nel 1997, quindi, la Regione ricevette gratis una struttura termale rinnovata da grossi investimenti dello Stato in recupero, ristrutturazione e restauri: Villa Tonello (sede di rappresentanza e amministrazione con servizi di accettazione alle cure), nuovi impianti di erogazione di cure idropiniche, inalatorie e di fangoterapia, nuovi servizi igienici, nuovi ingressi, terreni a parco con impianti sportivi rifatti (tennis, bocce, passeggi, percorso vitae), nuovi piazzali e fontane, luoghi di intrattenimento (sala concerti, bar, spazi espositivi) e infine progettazione e trasformazione dell’albergo Dolomiti in albergo termale e primi interventi alle sue strutture portanti e al tetto. Un personale composto da 7 persone stabili: 2 impiegati (1 responsabile dell’organizzazione e promozione turistico/termale e 1 dell’amministrazione) e una unità operativa composta da un custode e responsabile della manutenzione, da 1 idraulico, 1 elettricista, 1 muratore carpentiere, 1 giardiniere che lavoravano in squadra per la cura dei beni termali. Dal 1997 al 2015 la Regione Veneto non fece alcun investimento straordinario sui beni termali (non attuò mai il Piano di Rilancio e di Valorizzazione Termale cui era obbligata) e gestì il Complesso Termale, che era una S.p.A., nominando di volta in volta gli organi amministrativi, tutti esterni al paese e privi di esperienza termale, e ripianando ogni anno le perdite di gestione. Si limitò all’apertura stagionale, alla gestione ordinaria e non risultano attività promozionali né progettualità future (si fa presente che già alla fine degli anni 90 il termalismo italiano e non solo si stava indirizzando verso un offerta di benessere e di salute termale). Non completò l’Albergo Dolomiti da trasformare in albergo del “benessere termale”, lasciò in abbandono l’ex albergo Giorgetti, lasciò crollare l’autorimessa Dolomiti, la Villa Tonello - gioiello liberty e simbolo rappresentativo d’immagine di primo impatto per l’ospite - venne abbandonata e ultimamente recintata perché dissestata, sul campo da tennis lasciò che fosse installato un enorme traliccio per la telefonia mobile, una parte della strada che porta al campo da tennis crollò sulla strada di immissione al piazzale della Fonte Lelia e ambedue le strade sono inagibili da anni e ora transennate. E qui mi fermo per non tediarLa ulteriormente. Risultato: calo di presenze di ospiti (ultimi in provincia anche dopo Tonezza), chiusura di alberghi (dai quasi 60 degli anni ’80 ai 9 attuali, di cui solo 5 strutture aperte ancora tutto l’anno: 1 albergo, 2 locande, 1 casa per mini appartamenti ed un b&b), crollo delle nascite (i nati degli ultimi anni non superano le 40 unità annue) e della popolazione (6.477) il cui numero è inferiore a quello del 1901 (6.591) e imparagonabile al censimento del 1961 (8.584). Infine, ciliegina sulla torta: i dati del 2014 sull’indice di vecchiaia danno 206,5 anziani contro 100 giovani. Dal punto di vista economico Recoaro è in questa situazione: - settore primario (agricoltura, allevamento, silvicoltura) è al livello di sussistenza locale e non ha prodotti da esportare; - settore secondario (trasformazione di materie prime) inesistente; - settore artigianale, esistono solo piccole imprese individuali al sevizio di manutenzione delle abitazioni locali; - settore industriale: lo stabilimento di imbottigliamento “Recoaro” della Nestlé svizzera ha ora meno di 60 addetti, contro i più di 400 fissi (senza contare gli stagionali che nell’insieme arrivavano a superare i 1.200) del periodo d’oro. Ultime vicende Finite le vacche grasse, la Regione decise la soppressione e la liquidazione della società termale (3) che per la “spending review” doveva essere venduta, anche se era un bene strumentale avente per oggetto un’attività di produzione di servizi alla persona strettamente necessari al conseguimento delle finalità istituzionali della Regione (sanità, termalismo terapeutico e turismo). Infatti bisogna rimarcare che il reparto termale eroga cure e terapie mediche al pari di un reparto di un ospedale. E se un reparto ospedaliero pubblico non può essere messo sul mercato, anche la Terme nel suo intero complesso non può essere venduta. Questo è alla fine riconosciuto anche dalla legge di stabilità del 2015 (legge n. 190 del 23 dicembre 2014, art.1, commi 609-616): tale società non può essere messa in vendita. Non è una società rientrante nel piano di razionalizzazione delle società partecipate dalle Regioni. Tale scoglio per il momento non è del tutto superato: dopo aver portato la società, perennemente in rosso, a consegnare i libri in tribunale per un concordato preventivo nell’incapacità di far fronte a 2 milioni di debiti, metà dei quali con le banche, il resto con i fornitori, la Regione, entro il termine ultimo dell’11 dicembre u.s., non è riuscita a trovare un solo acquirente. Ora siamo nella situazione che il proprietario/Regione non ne vuole più sapere di assumersi il dovere di esercitare i suoi compiti istituzionali di turismo e in particolare di sanità pubblica nell’erogare terapie e cure termali - obblighi volti al mantenimento, al recupero dello stato di benessere fisico psichico della persona e rientranti nel servizio sanitario dell’Unità Sanitaria Locale 5 Ovest Vicentino (1). Nomina il sig. Nicola Serafini nuovo liquidatore della Società Terme di Recoaro ora s.r.l. e decide di non gestire più il Complesso Termale trovando come abile risorsa per rimuovere il problema quella di coinvolgere l’associazione privata ViviRecoaro per l’apertura stagionale delle Terme dal giugno del corrente anno. Nel frattempo la Regione procederà a porre termine alle procedure di liquidazione della Società per poi incamerarne i beni. Non più proprietaria di una società, ma dei soli beni immobiliari e termali. La Regione, inoltre, promette nel suo bilancio 2016 uno stanziamento di 13 milioni per il rilancio del turismo della montagna veneta che in sede di assestamento potrebbe essere aumentato di altri 10 milioni. All’assegnazione dei fondi potrà partecipare anche il gestore del Compendio Termale di Recoaro (4). In sintesi la proposta che la Regione fa è questa: dà in affido gratuito pluriennale (trentennale) le strutture termali (5) a patto però che Vivi Recoaro si impegni con un piano di manutenzione straordinaria, prevedendo agevolazioni all’accesso al credito tramite “Veneto Sviluppo” senza ricorrere alle banche ma con l’obbligo di rientrare negli anni nell’investimento effettuato. Il tutto subordinato ad un progetto di sviluppo serio. Se l’operazione va in porto ViviRecoaro dovrebbe ricevere a titolo gratuito l’uso dei beni e intervenire sul piano gestionale sia ordinario che straordinario. Gestione ordinaria: l’assumersi l’onere del normale andamento rientra nell’abituale rischio d’impresa e presumo che Vivi Recoaro si impegnerà ad offrire sul mercato un servizio di sicuro migliorato - cure termali e correlate al benessere – rispetto a quello finora erogato dalla Regione, e tenderà sicuramente a non far debiti, in ciò anche facilitata dall’uso pluriennale gratuito dei beni - strutture e impianti. Gestione Straordinaria: ciò significa assumersi il rischio di accollarsi anche le spese di interventi migliorativi straordinari, improrogabili, su beni termali altrui. Non è proprio un normale compito dell’affidatario/Vivi Recoaro, perciò si spera che ciò sia oculatamente valutato, anche perché significa un indebitamento extra, se pur ridotto da agevolazioni finanziarie e dalla gratuità d’uso a lunga scadenza (30 anni: pressoché una privatizzazione) degli stessi beni dell’affidante/Regione. Se quanto sopra si realizzerà, il problema gestionale del Complesso Termale, in un modo o in un altro, sembra risolto e si mette fine alla fase di disinteresse di quanto rimane dell’imprenditoria recoarese riguardo l’andamento del turismo termale. Ma resta sempre il problema della capacità ricettiva degli alberghi che non ci sono più: senza ospitalità alberghiera, è certa la diminuzione dei curandi e garantito il passivo per la società termale. Attenzione, però, perché la Regione non ha mai tralasciato la sua intenzione di sempre, che è quella, una volta conclusa la liquidazione della Società, di conferire i beni del Complesso Termale ad un fondo immobiliare di apporto pubblico (6), considerando l’affido in gestione alla ViviRecoaro come soluzione secondaria. Questioni aperte Tutto è risolto? No. Perché ci sono problemi rimasti in sospeso e di rilevante importanza che coinvolgono direttamente l’Amministrazione Comunale di Recoaro Terme. Primo: chi è il proprietario dei beni del Complesso Termale? Ancora e soltanto la Regione Veneto. E questo vìola le disposizioni legislative vigenti e gli impegni assunti all’atto del trasferimento della Terme dallo Stato alla Regione e qui mi riferisco al passaggio gratuito della proprietà con l’obbligo, mai realizzato, di attuare il Piano di Rilancio e Valorizzazione Termale e dell’ulteriore destinazione di tutto o in parte delle partecipazioni, attività, beni del patrimonio al Comune, anche in ottemperanza della già citata delibera n. 28/1998 del nostro Consiglio Comunale che non ha mai perso efficacia né validità e mai fino ad ora è stata rimessa in discussione ed annullata dall’organo amministrativo che l’aveva adottata. Questa posizione è una rivendicazione di diritti, che obbliga il Comune di Recoaro Terme ad un’azione forte contro la Regione. E’ palese che il Comune è escluso da qualsiasi beneficio, sia che l’operazione vada bene (beneaugurata) sia in caso contrario (malaugurata). Infatti il proprietario (affidante/Regione) alla fine avrà il ritorno di un’azienda avviata con tutte le strutture rivalutate oppure nel secondo caso il ritorno dei beni immobiliari termali, nel contempo rinnovati con i finanziamenti di un’impresa privata indebitata e in difficoltà che ha rinunciato al proseguo dell’attività. Secondo: come la mettiamo con i danni provocati dal crollo verticale dell’economia non solo turistica, causati alla comunità recoarese da questa biasimevole gestione regionale durata 18 anni? Terzo: riuscirà, poi, la Regione a garantire che nessuna parte dei terreni e dei fabbricati del Complesso Termale e delle Fonti Staccate venga un giorno messa in vendita, se non rientra nello studio di fattibilità economica (business plan, adesso lo chiamano) di ViviRecoaro? Certo è che, se la Regione proseguirà la politica, per obbligo di legge, di riduzione del debito per far cassa con la dismissione del proprio patrimonio immobiliare pubblico disponibile, come gli stabili di pregio, le ville, i palazzi e i terreni (per fare solo alcuni esempi: il Palazzo Manfrin e l’Hotel Bella Venezia in Venezia, gli immobili scolastici e istituti, i 18.908 alloggi adibiti a uso residenziale, commerciale, uffici, box, cantina, i fabbricati Arpav di BL, VI e TR oppure la messa all’asta dei palazzi: Contarini, Torres- Rossini, Gussoni, Ca Nova), non è escluso il rischio di vendita della Villa Tonello, degli alberghi Giorgetti o Dolomiti, di quel che resta del garage Dolomiti e altri stabili delle Fonti Staccate, smembrando così il Complesso Termale. Quarto: se il rilancio del termalismo è a carico di questa nuova società (speriamo controllata a maggioranza da recoaresi), il Comune (e anche il futuro Comune di Valle) è totalmente escluso da ogni possibilità di intervento, incentivo, indirizzo o controllo sull’attività termale, sua principale risorsa economica. Ritorniamo alla situazione precedente nella quale la nostra Amministrazione non aveva mai potuto avere voce in capitolo per 18 anni? Ora per altri 30 anni? Quinto: viene escluso in partenza il “Piano di Rilancio Turistico-Termale dell’Area Recoarese”? Piano che doveva vedere nel Comune e Regione, proprietari della Terme e unici cointeressati, il fulcro, in quanto enti pubblici, di una loro combinata sinergia con i privati per l’accesso ai fondi europei e regionali? (7) E a proposito di singoli privati, se questi volessero intraprendere nuovamente l’attività alberghiera, di ristorazione o altre attività connesse al turismo, saranno lasciati soli con le banche, di fronte alla necessità di aiuti finanziari? Sesto: lo smarcamento della Regione dai destini del termalismo di Recoaro è scandaloso (anche in confronto al trattamento riservato per progetti a favore del privato bacino termale Euganeo – solo per quest’anno contributi con il Decr. n. 12 del 27.02.2015: 139.986 € a TERME EUGANEE FOR FOREIGN COUNTRIES, 120.482 € a KONTAKT STELLE e 100.752 € a THERMAL MUD ROAD SHOW), prima con la sua diretta gestione fallimentare ed ora, ignorando ed escludendo nuovamente l’Amministrazione Comunale, col il suo disimpegno e il suo ARRANGIATEVI rovesciato su una associazione privata. Mi scuso ma l’argomento non si presta a una riduzione più sommaria, ho cercato di non insistere su ulteriori spiegazioni, ma di porre essenzialmente delle domande, che richiamino il diritto di proprietà della Terme al mio Comune e di conseguenza in futuro anche a tutti i cittadini della Valle dell’Agno. Distinti saluti Gaspare Pozza Contrada Camonda 15 36076 RECOARO TERME VI

(1) -Legge n. 616/1977 (trasferimento delle funzioni dello stato in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera e di turismo e d’industria alberghiera), -Legge 23 dicembre 1978, n. 833 – “Istituzione del servizio sanitario nazionale”, art 36 - Termalismo terapeutico -. La legge dà direttive sull’ulteriore destinazione agli EE.LL. delle aziende termali statali, tenuto conto dell’importanza che esse hanno per l’economia e gli interessi turistici e in quanto erogatrici di cure sanitarie. Aziende termali dichiarate presìdi e servizi dell’USL locale. Quindi le terme sono considerate al pari di una azienda ospedaliera. -Legge 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta legge Bassanini), art. 22, che prevede il trasferimento dallo Stato alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di ricerca, utilizzazione, vigilanza e obblighi su utilizzo delle acque minerali e termali e sue attività previa l’obbligatorietà di un piano di rilancio in cui siano indicati gli interventi, le risorse ed i tempi di realizzazione (commi 1 e 2). Inoltre con i commi 3 e 4 la possibilità di cessione, in tutto o in parte, delle partecipazioni nonché delle attività e dei patrimoni ad uno o più comuni tenuto conto dell’importanza delle cure termali per l’economia generale e per gli interessi turistici. La legge offre inoltre la possibilità di prevedere forme di gestione, sia attraverso società a capitale misto pubblico-privato che affidamento a privati.

(2) p.e. la Terme di Castrocaro vede persino la compartecipazione di 51 comuni della provincia di Forlì-Cesena

(3) Legge regionale n. 29 del 29 settembre 2013 e Deliberazione regionale n. 93 dell’11 febbraio 2014

(4) Comunicato stampa n. 99 del 26 gennaio 2016 della Regione Veneto

(5) Giornale di del 14 e 27 gennaio 2016

(6) Giornale di Vicenza del 26 gennaio 2016 Ci si riferisce al fondo immobiliare i3-Core - Comparto Territorio SgR. Come funziona? Esso è una istituzione dell’INVIMIT SgR, (Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A.) con il compito di cogliere le opportunità derivanti dal processo di valorizzazione e dismissione (vendita) del patrimonio immobiliare pubblico. Nasce con una dotazione iniziale prestabilita di patrimonio immobiliare apportato dagli Enti Locali e di una pari liquidità apportata dall’INVIMIT SgR che sarà utilizzata per la gestione del portafoglio. Il tutto viene ripartito tra i quotisti in quote di pari valore. Il fondo seleziona poi gli immobili da rilevare secondo le linee di gestione predisposte dal piano di rigenerazione del patrimonio edilizio (ad esempio vengono presi in considerazione normalmente immobili residenziali, caserme o interi quartieri da ristrutturare per trasformarli in abitazioni, negozi, uffici, gallerie, centri commerciali, alberghi, scuole, università e college). Il fondo immobiliare i3-Core è un fondo chiuso privato con autonomia di gestione e con la durata minima prevista di 10 anni e massima fino anche a 30 anni. Nell’arco della sua attività provvederà all’attuazione del progetto approvato e sottoscritto. Esso prende provvedimenti di gestione, locazione, affittanza, appalto e vendita, nel nostro caso solo degli immobili del Complesso Termale, senza dare poi alcuna possibilità di intervento ai soggetti pubblici apportatori. Qui si tratterebbe di rigenerare un’azienda, non solo nei suoi stabili ma anche nella sua attività termale.

(7) La Regione Veneto può mettere a disposizione della Società Termale la Direzione Demanio e Patrimonio, con i suoi 70 dipendenti che hanno competenze in materie tecniche, turistiche e culturali per l’accesso ai fondi europei e la promozione sia della Terme che del Paese e del suo Territorio (alberghi, strutture ricettive e iniziative imprenditoriali).