Biblioteca Universitaria di Padova

LA BIBLIOTECA DELL’ARCHITETTO DEL RINASCIMENTO Antichi libri di architettura della Biblioteca Universitaria di Padova

a cura di Renzo Fontana Pietro Gnan Stefano Tosato

Padova 2008 Comune di Padova Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo Indice

Biblioteca Universitaria di Padova

La biblioteca dell’architetto Direzione della mostra Promozione del Rinascimento Alessandra De Lucia Pietro Gnan Antichi libri di architettura della biblioteca Mirella Cisotto Nalon Rocco Roselli 5 Presentazione Universitaria di Padova Clara Saioni Cura della mostra e del catalogo Con la collaborazione di Padova, Oratorio di San Rocco Renzo Fontana Donatella Grandis 7 Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani 6 maggio –8 giugno 2008 Pietro Gnan e trattati di architettura del Rinascimento Stefano Tosato Riproduzioni fotografiche Loris Moro Renzo Fontana, Stefano Tosato Segreteria organizzativa Francesca Maria Tedeschi Progetto grafico 27 Schede Antonio Michelon Segreteria amministrativa Marina Pravato Daniela Corsato Ermes Turato 111 Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano Franco Zanon Moreno Segafredo Stampa Renzo Fontana, Stefano Tosato con la collaborazione di Grafiche Turato sas, Padova Cinzia Bettin Nota bibliografica Moreno Rocco Segrafedo

Allestimento Squadra allestimenti Servizio Mostre Settore Attività Culturali Valter Spedicato (coordinamento) Con il contributo di Gianni Bernardi Antonio Breggion Luca Galtarossa Giancarlo Guglielmo Moreno Michielan © Copyright 2008 Franco Paccagnella Ministero per i Beni e le Attività Culturali Silvano Perin Biblioteca Universitaria di Padova Claudio Spinello

 Presentazione

Con vero piacere presentiamo, dopo la mostra di disegni navali dello scorso anno, questo nuovo progetto espositivo, frutto della collaborazione tra la Biblioteca Universitaria e il Comune di Padova. L’occasione del quinto centenario della nascita del padovano Andrea della Gondola, universalmente noto col nome di Andrea Palladio, sembra quanto mai propizia per offrire alla cittadinanza, studiosi e semplici appassionati o curiosi, un’esposizione di antichi libri di architettura e antichità romane, scelti tra le raccolte della Biblioteca Universitaria. Così, accanto a splendide edizioni cinquecentesche, riccamente illustrate, del trattato del romano Vitruvio, “bibbia” degli architetti del Rinascimento, si potrà ammirare una galleria dei monumenti che furono oggetto di venerazione e di studio per quegli uomini accesi dai nuovi ideali umanistici, per finire con quei trattati (Serlio, Vignola, Palladio, Scamozzi) che fissarono i nuovi canoni della moderna architettura. Siamo lieti che questa nostra iniziativa, posta sotto il patrocinio del Comitato per le celebrazioni del quinto cente- nario della nascita di Andrea Palladio istituito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, possa così arricchire il calendario delle manifestazioni previste per onorare la memoria del nostro grande concittadino.

Monica Balbinot Flavio Zanonato Francesco Aliano Assessore alle Politiche Culturali Sindaco di Padova Direttore della Biblioteca e Spettacolo Universitaria di Padova

 Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento Renzo Fontana, Stefano Tosato

Arte non mimetica, fondata sui principi della matemati- gotico, basata sulla diretta trasmissione di nozioni tecni- ca e della geometria, l’architettura godette assai per tem- che e stilistiche da maestri ad allievi, o al più col sussidio po di uno statuto che ne marcava la distanza dalle arti so- di raccolte di schizzi come quelli del Livre de portraiture di relle, pittura e scultura, fondate anch’esse sul disegno, ma Villard de Honnecourt (XIII secolo), si venne affiancan- condannate da Platone nel decimo libro della Repubblica, do e sostituendo lo studio dei monumenti dell’antichità e a causa del loro carattere imitativo: arti del sensibile, e non degli scritti d’architettura antichi e moderni. dell’intelligibile. Gli architetti rinascimentali impararono presto a mi- Non sorprende perciò che l’architettura sia stata la surarsi con i libri. All’inizio fu Vitruvio: il suo De architec- prima tra le arti a emanciparsi dalla condizione meccani- tura libri decem, composto tra il 27 e il 23 a. C, e risco- ca. Del resto, geometria e matematica, con musica e astro- perto da Poggio Bracciolini nel 1416, fu subito conside- nomia, erano da sempre annoverate tra le arti liberali del rato la bibbia degli architetti moderni, che sanciva tra l’al- Quadrivio. Lo riconosceva anche Federico da Montefeltro tro il loro ruolo di intellettuali “literarum et artium nutri- che, confermando con patente del 1468 Luciano Laurana ti”, per usare le parole dello stesso Vitruvio. Il confronto “ Ingegnero e Capo di tutti li maestri” del palazzo di Urbi- con questa fonte riverita e impervia, pubblicata più vol- no, così si esprimeva: “è la virtù dell’architettura fundata te in latino, italiano e altre lingue lungo il Quattro e Cin- in l’arte dell’arismetrica e geometria, che sono delle sette quecento, fu imprescindibile, a cominciare proprio da Al- arti liberali e delle principali, perché sono in primo gradu berti, che su Vitruvio modellò liberamente il proprio De certitudinis e è arte di gran scienza e di grande ingegno da re aedificatoria, alla metà del Quattrocento. noi molto stimata e apprezzata”. Se il lavoro dell’architetto (il progetto) è fondamen- Era stato Leon Battista Alberti, dotto umanista, pri- talmente un’attività intellettuale, basata sul calcolo e la re- ma che architetto, a sancire la nuova concezione della di- gola – e dunque codificabile e trasmissibile per via teori- sciplina e il nuovo status dell’artefice. L’architettura è sem- ca – il passaggio alla scrittura e al libro era esito inevitabi- pre meno questione di mera pratica, di empiria, e sempre le. Non meraviglia allora che, forti anche del modello vi- più questione razionale, che chiama in causa la riflessio- truviano, tanti architetti rinascimentali si siano cimentati ne teorica. nella trattatistica. Tanto più che la scoperta della stampa Alla tradizionale formazione di cantiere del mondo aveva enormemente allargato il pubblico dei lettori, costi-

 Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento tuito non solo dagli architetti strettamente intesi, ma, per Roma quanta fuit ipsa ruina docet: curiosità ed erudi- larghezze ed altezze […]. Ed in molti luoghi facevano ca- Il peso di questa svolta epocale, inaugurata ad un usare le parole di Palladio, da “tutti i belli ingegni che so- zione nelle guide archeologiche vare per vedere i riscontri de’ membri degli edifici, e la lo- tempo da umanisti e artisti, si misura nelle trasformazio- no desiderosi di edificar bene”. ro qualità, se egli erano quadri, e di quanti anguli, o tondi ni che interessarono nel Quattrocento la letteratura pe- Se già al tempo di Giotto un pittore poteva vedersi Oltre alla trattatistica vera e propria, sia essa vitruvia- perfetti, o ovati, e di che condizione”. riegetica. affidato un importante cantiere architettonico, dal Quat- na o moderna, va tuttavia considerata quella ricca pub- S’ inaugurava così un modo nuovo d’intendere l’ar- Durante il Medioevo i Mirabilia urbis Romae aveva- trocento in poi il numero di coloro che abbracciavano la blicistica antiquaria rivolta allo studio e alla divulgazio- chitettura, basato sull’esperienza diretta delle rovine anti- no accompagnato i pellegrini nel loro tour tra i luoghi di professione senza passare per il tradizionale apprendista- ne delle memorie monumentali romane, oggetto, a parti- che. Poco importa che in realtà Brunelleschi si accostasse culto e le rovine della città, offrendo un succinto elenco di to crebbe considerevolmente. Bramante, Falconetto, Raf- re dal Quattrocento, di un rinnovato interesse, ora più ora agli esempi romani per trarne cognizioni tecnico-costrut- siti e vestigia degni di memoria, con in appendice catalo- faello, Peruzzi e Vasari, per fare solo qualche esempio, ap- meno nutrito di rigore filologico. Destinata tanto ai romei tive più che estetico-normative, e che per i propri edifici ghi di reliquie e indulgenze: elenco con molti errori, come prodarono all’architettura passando dalla pittura. Lo stes- quanto agli eruditi e agli “archeologi”, questa copiosa pro- egli poi s’ispirasse a modelli del classicismo paleocristiano: appunto il sepulchrum Remi, e varie fantasiose digressioni so Brunelleschi non si era formato, ragazzo, in cantiere, e duzione editoriale fu tenuta in buon conto, per ragioni d’allora in avanti il viaggio a Roma e lo studio diretto dei del tutto leggendarie (esemplari in questo senso, quelle sui all’inizio della sua carriera non fu nemmeno architetto. Il evidenti, anche dagli architetti. monumenti antichi sarebbe stato vissuto come un’esigen- Dioscuri o sul “cavallo di Costantino” ) . discorso vale anche per Ghiberti, affiancato a Brunelleschi “Dov’è il teatro di Marcello? Dove sono i molti edifici za irrinunciabile da tutti gli architetti moderni. Quando, quarant’anni dopo le prime esplorazio- per la cupola di Santa Maria del Fiore, o per Sansovino, innalzati su incarico di quell’imperatore [Augusto] in molti Uno stesso abito mentale legava Brunelleschi ai cir- ni di Brunelleschi e Donatello, il forlivese Flavio Biondo l’uno e l’altro scultori, o per Michelangelo e Bernini, al- luoghi di Roma con così grande impegno e così ingenti spe- coli umanistici fiorentini, in particolare a quei grammati- (1392-1463) divulgava i tre volumi della Roma instaura- l’inizio della loro attività pittori e scultori, ma gli esempi se? Cerca nei libri e troverai i loro nomi. Ma se oggi li cer- ci e antiquari, come Niccolò Niccoli e Poggio Braccioli- ta (1443-46), il ritratto della città che ne usciva era mol- potrebbero continuare. Accedere alla progettazione archi- chi in Roma non troverai niente, o solo piccoli resti di tan- ni, che, abbandonato il reverente ossequio alle auctoritates to diverso da quello dei Mirabilia medievali. Nel suo la- tettonica passando dalla pittura e dalla scultura (che vole- to imponenti edifici”. Così lamentava Petrarca. medievali, si erano accostati ai testi antichi con gli stru- voro Biondo si era avvalso di epigrafia e numismatica, di va dire, almeno a Firenze, disegno, e dunque idea) era an- Quasi in risposta alla deplorazione del poeta, il me- menti agguerriti dell’epigrafia e della filologia, ripristinan- testi antichi e medievali, utilizzando questi materiali come zi considerato cosa conveniente, mentre lo era molto me- dico padovano Giovanni Dondi aveva iniziato a misurare do con acribia apparentemente pedantesca le corrette gra- fonti per la conoscenza della topografia e dei monumenti, no accedervi venendo dalla pratica della carpenteria e del- i resti antichi dell’Urbe. E pochi decenni più tardi, artisti fie latine storpiate dalle corrive lessicografie medievali, e in stretta connessione con la diretta indagine archeologi- la manovalanza edile. Per non dire di Alberti, modello per ed eruditi cominciarono a ricostruire sistematicamente la anche da Dante e dallo stesso Petrarca, pur venerato mae- ca. Un progetto analogo era stato promosso in quegli anni quei dilettanti di architettura, per lo più di origine aristo- mappa e a restituire l’idea di quelle meraviglie. stro di humanitas. In fondo, anch’egli, il grande poeta dei anche dal pioniere della ricerca “sul campo”, Poggio Brac- cratica, che avevano una tradizione anche precedente in Nella sua Vita di Filippo di Ser Brunellesco, architetto Trionfi e dell’Africa, tra i primi appassionati cultori delle ciolini, con il suo De fortunae varietate Urbis Romae et de Italia, e che nel Cinquecento rispondono al nome di per- fiorentino, Antonio Manetti scrive che Brunelleschi, reca- antichità romane, non si era forse lasciato fuorviare dal- ruina eiusdem descriptio, primo libro del più ampio De va- sonaggi, soprattutto veneti, come il padovano Alvise Cor- tosi con Donatello a Roma per studiarne le vestigia, "vi- le leggende quando aveva interpretato la piramide Cestia rietate fortunae. naro, il vicentino Giangiorgio Trissino e i veneziani Mar- de el modo del murare degli antichi e le loro simmetrie, come il sepolcro di Remo, nonostante l’ iscrizione ne atte- Leon Battista Alberti (1404-1472) a sua volta veni- cantonio e Daniele Barbaro. Ma vasto fu il novero di co- e parvegli conoscere un certo ordine di membri e d'ossa stasse la dedica a Caio Cestio Epulone? Se ne meraviglia- va realizzando nel quinto decennio del Quattrocento la loro che si accostarono alle tematiche della disciplina di- molto evidente” . va Poggio, riportando la corretta iscrizione, resa quasi il- Descriptio Urbis Romae, icnografia dell’Urbe, eseguita “ex battendo anche soltanto sul piano intellettuale e teorico Insieme, i due fiorentini, secondo Manetti, rilevaro- leggibile dalle erbacce che l’infestavano. Ripulire gli anti- mathematicis instrumentis”. all’interno di accademie o circoli eruditi. no “grossamente in disegno quasi tutti gli edifici di Roma, chi marmi, e studiarli sulla scorta degli antichi autori fu il Le pubblicazioni sulla Roma antica s’infittirono nel e di molti luoghi circunstanti di fuori, colle misure delle nuovo imperativo. Cinquecento. Si tratta in alcuni casi di guide popolari,

  Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento come quelle di Lucio Fauno, di Lucio Mauro, di Luigi piante e tavole silografate, qualcuna a piena pagina, ripro- bretto palladiano appare piuttosto disorganico; un’opera- pografica della Roma antica, cui sarebbe seguita, nel 1577, Contarini e di Bernardo Gamucci, architetto e antiqua- ducenti vari monumenti romani. zione riuscita a metà, si direbbe, più che uno strumento la pianta della Roma moderna, la Nova urbis Romae de- rio di San Gimignano, autore dei fortunati Libri quattro Il pittore e architetto napoletano Pirro Logorio, auto- davvero nuovo. Nello stesso 1554 che vide la pubblicazio- scriptio. dell'antichità della città di Roma (1565), illustrati con silo- re di tre famose piante di Roma antica, elaborò fra il 1550 ne de L’Antichità di Roma, Palladio dava alle stampe la De- Francese è anche l’erudito Louis de Montjosieu, lati- grafie del conterraneo Giovanni Antonio Dosi. Sono ope- e il 1560 l’opera Delle antichità di Roma, sorta di enciclo- scritione de le chiese, stationi, indulgenze e reliquie de corpi namente Demontosius, a Roma nel 1583 al seguito del du- re che riassumono e volgarizzano la Roma instaurata di pedia archeologica, di cui uscì a stampa soltanto il Libro sancti, che sonno in la città de Roma, così completando in ca di Joyeuse, e autore della rara opera Gallus Romae hospes. Biondo, e nelle quali l’interesse più spiccatamente archeo- delle antichità di Roma nel quale si tratta de’ circi, teatri e qualche modo l’itinerario della città secondo le tradiziona- Ubi multa antiquorum monimenta explicantur, pars pristi- logico è in secondo piano. anfiteatri (1553). li guide che mettevano insieme mirabilia antiche e devo- nae formae restituuntur, pubblicata nell’Urbe nel 1585, de- In altri casi si tratta invece di opere d’impostazione La diffusione di questi testi, più volte ristampati, fu zioni cristiane. scrizione in cinque parti di alcuni dei principali monu- scientifico-erudita, come nel caso di Andrea Fulvio e Mar- amplissima e non se ne deve sottovalutare il richiamo su- Rispetto a Palladio, i Discorsi sopra l’antichità di Roma menti romani, compreso un excursus su pittura e scultura. co Fabio Calvo i cui scritti riflettono il clima culturale gli artisti, e in particolare proprio sugli architetti, se è ve- (1582) di Vincenzo Scamozzi sono lavoro certo più com- La sezione della mostra dedicata alle guide di Roma, si della Roma di papa Leone X, connotato da un rinnova- ro che personaggi come Palladio e Scamozzi si cimentaro- piuto, nel quale l’autore dispiega con dovizia la sua note- chiude con un’opera dei primi del Seicento, il Trattato nuovo to interesse per la restituzione archeologia dell’antica Ur- no a loro volta nella compilazione di guide di Roma, con vole erudizione: l’opera, inoltre, è illustrata; i quattro di- delle cose meravigliose dell’alma città di Roma del servita lom- be. Il prenestino Andrea Fulvio (c.1470 -1527), autore l’evidente intenzione di cogliere anche le opportunità of- scorsi nei quali si articola, infatti, sono accompagnati da bardo Pietro Martire Felini (ante 1566-1613), pubblicata nel 1513 del poemetto Antiquaria Urbis, descrizione in ferte da quel ricco mercato editoriale. Famosissima L’anti- quaranta tavole disegnate e incise da Battista Pittoni, che si la prima volta nel 1610 e esposta in mostra nell’edizione del versi delle antichità romane, pubblicava nel 1527 le Anti- chità di Roma di Andrea Palladio (1508-1580) pubblica- era ispirato da vicino a quelle edite nel 1551 dal fiammin- 1614, un’opera, nella quale l’autore, oltre alle consuete no- quitates Urbis, il suo più rilevante impegno, frutto anche ta dapprima nel 1554, l’anno dell’ultimo viaggio dell’ar- go Hieronymus Cock, già modello anche per i paesaggi ro- tizie sulle antichità, descrive più di 300 chiese, mostrandosi delle esperienze condotte a fianco di Raffaello, incarica- chitetto a Roma, e poi innumerevoli altre volte, a testimo- vinistici di Paolo Veronese nella villa Barbaro a Maser. aggiornato sulle ultime novità edilizie e decorative. to dal papa nel 1515 di disegnare la topografia della Ro- nianza di un successo durato un paio di secoli. E’ lo stesso Nel 1575, intanto, in occasione dell’anno santo, era- ma antica. Palladio a dichiarare il suo debito nei confronti della let- no apparsi I Vestigi dell'Antichità di Roma, un libro di 39 Insieme e in parallelo al fiorire degli studi su Roma, Alla morte di Raffaello (1520), non sarà però Fulvio teratura antiquaria e periegetica quando, nel proemio del grandi vedute ad acquaforte dell’architetto, incisore e pit- anche in altre città iniziò a manifestarsi un più generale in- a continuarne l’opera di rilevazione, ma il ravennate Mar- suo libretto, accanto agli antichi scrittori (da Dionigi di tore francese Etienne du Perac (c.1520-1604). Le imma- teresse per l’archeologia e per le memorie antiche munici- co Fabio Calvo (1440-1527), archeologo e antiquario, Alicarnasso a Eutropio), cita come fonti i moderni Bion- gini pur protagoniste pressoché assolute, sono tuttavia cor- pali. Verona ebbe in questa rinascita un posto di assolu- che aveva a sua volta collaborato con l’artista, fornendogli do, Fauno, Fulvio, Marliano, Ligorio. “Ne mi sono con- redate nel margine inferiore di didascalie che descrivono to rilievo, in forza del suo ricco patrimonio di vestigia ro- tra l’altro una traduzione del De architectura di Vitruvio, tentato di questo solo - avverte Palladio nel proemio ai let- succintamente i vari monumenti. Insieme alle incisioni di mane. Il confronto con l’Urbe divenne un luogo comune: rimasta manoscritta. Il lungo impegno di Calvo è alla ba- tori - , che ancho ho voluto vedere, et con le mie proprie Hieronymus Cock, il dossier di Du Perac si configura, per anche Flavio Biondo nella sua Italia Illustrata scriveva che se del Antiquae urbis Romae cum regionibus simulachrum mani misurare minutamente il tutto”. Prima del 1554, in qualità artistica e fedeltà documentaria, come una delle Verona possedeva “un teatro così magnifico e bello che, pubblicato anch’esso nel 1527, l’anno del Sacco della città effetti, Palladio era già stato quattro volte a Roma, dedi- raccolte iconografiche più belle nella storia dell’editoria toltone il coliseo di Roma non si trova facilmente un al- durante il quale persero la vita sia lui sia Fulvio. candosi allo studio, misurazione e rilievo delle architettu- antiquaria cinquecentesca. tro edificio simile”; senza contare che l’arco dei Gavi, ospi- Importante fu in particolare la Urbis Romae topo- re antiche, di cui ci restano bellissimi disegni, non utiliz- Le competenze di Du Perac, a Roma dal 1559, ave- tando l’iscrizione L.VITRVVIVS L. L. CERDO ARCHI- graphia (1534) del lombardo Bartolomeo Marliano zati tuttavia nella pubblicazione, priva di illustrazioni. A vano già avuto modo di manifestarsi con la pubblicazione TECTVS, era ritenuto opera del celeberrimo autore del (c.1488-1566), arricchita nell’edizione del 1544 con dispetto delle ambizioni e del favore di cui godette, il li- nel 1574 della Urbis Romae Sciographia, ricostruzione to- De Architectura. Se già nel Trecento si registrano significa-

10 11 Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento tive ricerche epigrafiche, è soprattutto a partire dal tempo Le incisioni di Caroto saranno riutilizzate dal pitto- tive, a corredo de La historia di Vicenza di Giacomo Mar- il De amphitheatro (1584) dell’umanista fiammingo Joost delle appassionate perlustrazioni di Feliciano, Marcanova re stesso nel suo De le antiquità de Verona, e nell’edizione zari nell’edizione del 1601 (la prima, del 1591, è priva di Lips (Justus Lipsius) (1547-1606), studio monografico e Mantenga tra le rovine della villa di Catullo a Sirmione postuma (1647) degli Antiquitatum Veronensium libri octo immagini), ben tre siano riservate ai pochi resti del teatro attento più ai riti che all’architettura, come confessa l’au- e delle descrizioni di tono encomiastico di Corna da Son- del veronese Onofrio Panvinio (1530-1568), erudito e Berga, dell’acquedotto di Lobia e del “pozzo antico fatto tore, ma che fornisce un ricco elenco delle arene a Roma cino e di Panteo, che la città diventa una delle privilegia- storico agostiniano. dalla natura”, a testimonianza del significato speciale attri- e altrove, esaminandone partitamene alcune (oltre al Co- te palestre per eruditi e architetti, prima di tutto veronesi La splendida immagine del teatro romano di Verona buito alle vestigia dell’antichità, per quanto scarse. losseo, gli anfiteatri di Verona, Pola, Nîmes). e veneti. Veronese è Fra Giocondo, che nel 1511 darà al- disegnata da Caroto per l’opera di Saraina sarà ripresa an- Ben più ricche di memorie romane, Pola e Nîmes ri- le stampe il suo Vitruvius, corredato di illustrazioni. Ve- che dal geografo tedesco Sebastian Münster (1488-1552) chiamarono anch’esse l’attenzione di eruditi e architetti. ronesi sono Falconetto, pittore e architetto di profonda che la inserirà nella sua Cosmographia universalis, ponde- Falconetto, come scrive Vasari, “andò a Pola d’, so- cultura classica, disegnatore indefesso di antichità, a Po- roso e fortunatissimo trattato di geografia riccamente il- lamente per vedere il teatro, anfiteatro ed arco che è in Alla scuola di Vitruvio la, Verona, Roma, e Sanmicheli e altri. Ma le antichità lustrato con vedute urbane per lo più del tutto generiche, quella città antichissima”, e Serlio e Palladio ne pubbli- di Verona saranno fondamentali anche per la maturazio- tranne alcuni casi come questo veronese. carono nei loro trattati i monumenti. Una ricognizione Per gli eruditi e gli architetti del Rinascimento i De archi- ne dello stile di Palladio, che rileverà in bellissimi disegni delle antichità di Pola è nella Portus et urbis Polae antiqui- tectura Libri decem di Vitruvio furono una scoperta tanto i principali monumenti della città; e anche Peruzzi, Anto- Padova fin dall’epoca comunale e carrarese era stata tatum […] descriptio (1633) dell’architetto militare fran- entusiasmante quanto problematica. nio da Sangallo e Serlio ci hanno lasciato vari fogli ripro- culla di un precoce umanesimo, con connotazioni anche cese Antoine de Ville (1596?-1657), progettista della cit- Un’alta considerazione aveva sempre accompagnato ducenti antichità veronesi, alcuni poi pubblicati a stam- in questo caso di esaltazione politica e patria glorificazio- tadella che sovrasta l’abitato. Lo scritto, esposto in mostra il testo dell’architetto romano d’età augustea, noto anche pa, come nel caso di Serlio che li inserisce nel suo Terzo ne, basti pensare ad Albertino Mussato e alla sua tragedia nella raccolta Thesaurum Antiquitatum Italiae del Grae- durante Medioevo, per esempio allo storico carolingio del Libro nel 1540. “all’antica” Ecerinis, o all’allestimento della tomba del mi- vius, è illustrato con immagini dell’arena e del tempio di IX secolo Eginardo, e a Vincenzo di Beauvais, che, nel Consapevole esito di questa coscienza, nutrita di or- tico fondatore della città, Antenore, alle medaglie di Fran- Augusto. Duecento, aveva inserito il capitolo vitruviano sulla pro- goglio patrio, è il De origine et amplitudine civitatis Vero- cesco II, e poi ad altri episodi e personaggi fino a Manten- I monumenti di Nîmes furono studiati e pubblica- porzione nella sua summa enciclopedica Speculum maius. nae, pubblicato anch’esso nel 1540 dallo storico e giuri- ga e oltre. A dispetto di una così avvertita coscienza del va- ti da Jean Poldo d’Albenas, nel Discours historial de l’an- Anche il pittore giottesco Cennino Cennini, autore del sperito Torello Saraina in forma di dialogo: uno dei quat- lore dell’antichità, la città non poteva tuttavia contare su tique et illustre cité de Nismes (1559 e 1560). I suoi punti Libro dell’arte composto a Padova nel 1390, mostra di es- tro interlocutori è il pittore locale Giovanni Caroto, auto- sopravvivenze monumentali romane significative. Manca di riferimento sono Vitruvio, Alberti e Philandrier, ma è sere al corrente delle idee vitruviane. Fu tuttavia solo do- re delle stupende immagini che accompagnano l’opera e perciò a Padova un’opera come quella di Saraina. Biso- sulla scorta di misurazioni e studi archeologici che egli ri- po il 1416, anno del rinvenimento di una copia del tratta- nelle quali i monumenti cittadini sono raffigurati ora nel- gnerà attendere il Seicento per vedere illustrato, all’inter- costruisce la pianta della città antica e ne esamina i famo- to da parte di Poggio Bracciolini nell’abbazia di San Gal- la loro condizione reale, ora, e per lo più, restituiti con va- no de Le origini di Padova (1625) dell’erudito locale Lo- si edifici: la Maison carrée, il tempio detto “de la Fontai- lo, che la conoscenza di Vitruvio si diffuse capillarmente riabile aderenza e tuttavia sempre a partire da dati archeo- renzo Pignoria (1571-1631), l’anfiteatro cittadino. Ri- ne”, la Tour Magne, il pont du Gard e l’anfiteatro. Bel- in Italia e in Europa. Per qualche decennio l’opera circolò logici e letterari, alla loro presunta originaria forma. Il fi- dotta a pochi resti, all’arena sono dedicate alcune immagi- lissimo l’apparato iconografico, primo esempio di rileva- manoscritta. La prima edizione latina fu data alle stampe ne non è solo erudito: deplorando l’incuria del passato, e ni piuttosto grossolane, che non pretendono di fornire un zione architettonica in Francia, cui s’ispirò anche Palladio a Roma nel 1486, ma già il De re aedificatoria di Alberti, constatando le antichità “di giorno in giorno stare in non esauriente resoconto archeologico dell’edificio. per le tavole dei due templi oltralpini inserite nell’ultimo pur altra cosa, più moderna e originale del precedente vi- poco pericolo”, Saraina intende promuovere la conserva- Un discorso analogo vale per Vicenza. E’ tuttavia in- dei suoi Quattro Libri dell’architettura. truviano (cui Alberti, anzi, non risparmia considerazioni zione e il restauro delle memorie cittadine. dicativo che delle quattro silografie, piuttosto approssima- Di grande interesse, anche per le belle illustrazioni, è critiche), vi deriva l’impostazione in dieci libri.

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Dopo la prima edizione romana, altre se ne ebbero, do nel celeberrimo foglio delle Gallerie dell’Accademia di to) o la città ideale a pianta radiale immaginata da Filare- quale, anzi, spetta in assoluto la prima edizione a stampa sempre in latino. Al di là della devozione tributatagli, il Venezia, l’uomo vitruviano riappare in una delle silogra- te, e con una propensione al decorativismo propria delle di un testo sulla prospettiva, il De artificialis perspectiva, testo di Vitruvio presentava non pochi problemi di com- fie dell’edizione di Fra Giocondo. Il carattere strettamen- coeve architetture lombarde. L’edizione di Cesariano go- uscito a Toul nel 1505. L’attenzione per Vitruvio in Fran- prensione, a causa di una terminologia spesso oscura e di te funzionale delle immagini nel Vitruvio di Fra Giocon- dette di grande fama e successo in Italia e fuori, e le sue cia, piuttosto tardiva invero, è legata invece al nome del- riferimenti tecnici di ardua interpretazione. Per questo do è rafforzato dalla presenza delle didascalie: il risultato illustrazioni furono utilizzate nelle edizioni di Vitruvio in l’umanista e diplomatico Guillaume Philandrier (1505- motivo, all’inizio, più degli architetti furono i filologi a è una sorta di silloge visual-testuale del poderoso e impe- Francia (1523, 1537, 1545), in Spagna (1526), in Belgio 1565), noto in Italia come Filandro, che si era accostato interessarsene. All’impresa di chiarire le parti ancora oscu- gnativo trattato. (1539) e in Germania (1545). all’architettura grazie anche agli insegnamenti di Serlio, re del testo, si era dedicata l’Accademia della Virtù, fonda- D’ora in avanti le immagini accompagneranno ob- Il tema delle proporzioni, fondamentale tanto per conosciuto a Venezia. Si trattò tuttavia di un’operazione ta a Roma dal senese Claudio Tolomei . Problemi lessica- bligatoriamente non solo le edizioni vitruviane ma tut- gli architetti quanto per pittori e scultori, trovava in Vi- rilevante, coronata da un notevole successo, anche inter- li, pur limitati al tema della casa, erano già stati affronta- ta la trattatistica architettonica, consolidandone le fina- truvio, con il suo homo ad quadratum et ad circulum un nazionale, apprezzata da teorici come Vignola, Barbaro e ti con puntiglio esegetico dal letterato e poeta parmense lità tecnico-pratiche accanto a quelle più squisitamente paradigma di straordinaria efficacia, col quale si misura- Scamozzi. La sua prima edizione del trattato vitruviano, Francesco Mario Grapaldi (c.1465-1515) nel De parti- teoriche. rono gli artisti più diversi, da Ghiberti ad Alberti, a Fi- accompagnata da commento, apparve nel 1544 a Roma bus aedium libri duo pubblicato a Parma nel 1494, che go- Straordinariamente ricco è anche il repertorio d’ im- larete, a Francesco di Giorgio Martini, a Luca Pacioli, (In decem libros M. Vitruvii Pollionis De architectura An- dette di notevole fortuna anche in Francia e Germania. magini della traduzione italiana del trattato (Di Lucio Vi- a Leonardo, e, fuori d’Italia, il tedesco Albrecht Dürer notationes), seguita da una seconda, uscita a Lione, nel Ma il più poderoso tentativo di restituire una lettu- truvio Pollione De architectura libri dece traducti de lati- (1471-1528), il quale scriveva “vorrei raccontare co- 1552. Ampliata rispetto alla prima, in quest’ultima l’au- ra del testo meno scorretta e difficoltosa fu compiuto da no in Vulgare) promossa dall’architetto e pittore milane- me dovrebbe essere un uomo ben strutturato, e poi una tore fa tesoro delle esperienze compiute nel suo secondo Fra Giocondo da Verona (c. 1434-1515), con la pubbli- se Cesare Cesariano (1483-1543) seguace di Bramante, donna, un bambino e un cavallo. Così potrai all’occa- soggiorno romano (1547-1550), durante il quale, tra l’al- cazione, nel 1511, a Venezia, del Vitruvius, lezione am- la prima in una lingua moderna, pubblicata a Como nel sione misurare tutte le cose. Perciò ascolta innanzitutto tro, ebbe modo di valersi dell’amicizia di Pirro Logorio piamente emendata del testo originale, corredata di 136 1521, e preceduta in verità dalla traduzione di Calvo, che cosa dice Vitruvio delle forme umane”. Alla teoria del- che stava allora approntando una pianta della città. illustrazioni silografiche. però era rimasta manoscritta. Famosa, anche qui, l’inter- le proporzioni egli dedicò i Vier Bücher von menschlicher Tre anni dopo la prima edizione delle Annotationes, L’operazione era resa possibile dalle vastissime com- pretazione dell’uomo vitruviano, inserito in una scacchie- Proportion [Quattro libri sulle proporzioni umane] usciti usciva a Parigi la prima traduzione francese di Vitruvio petenze del frate, epigrafista, archeologo e filologo ag- ra, originata dalle misure del volto umano diviso in tre postumi nel 1528, e poi a più riprese riediti, a testimo- (Architecture ou Art de bien bastir de Marc Vitruve Pollion) guerrito, ricercatore e editore di codici, e, al tempo stes- parti uguali da Vitruvio. Redatta con una certa fatica e nianza di un successo straordinario. In essi l’artista, par- ad opera di Jean Martin, che si avvalse anche della volga- so, famoso ingegnere e architetto, esperto di idraulica, lentezza, l’edizione di Cesariano è indicativa dell’ineludi- tito da Vitruvio, finisce con l’ elaborare una complessa rizzazione dello spagnolo Diego de Sagredo (Medidas del meccanica, matematica. bile necessità di fare i conti con un pubblico di artefici e tecnica antropometrica volta a determinare le proporzio- Romano, uscita a Toledo nel 1526) della quale esisteva L’eccezionale apparato illustrativo andava molto al di professionisti a disagio con il latino difficile dell’origina- ni non di un tipo ideale, classicamente inteso, com’era una traduzione francese. là delle dieci immagini menzionate dallo stesso Vitruvio, le. Questa finalità didattica è confermata dal ridondante nella mentalità italiana, che non lo soddisfaceva, ma di L’edizione di Vitruvio che superò tutte le altre fu tra le quali vi era la famosa figura dell’ homo ad quadra- commento di marca enciclopedica che occupa, in caratte- differenti tipi, come è dato sperimentare nella moltepli- quella di Daniele Barbaro (1513-1570), I Dieci Libri tum et ad circulum, modello proporzionale per gli edifici re ridotto, a mo’ di glossa, i margini del testo. Il lavoro ri- cità sempre sfuggente della natura. dell’Architettura di M. Vitruvio, tradutti e commentati nel loro insieme e nelle singole parti, in particolare le co- sente della mentalità settentrionale, con ampie digressio- Gli interessi per le novità teoriche e artistiche prove- da Monsignor Daniele Barbaro eletto patriarca d’Aquileg- lonne e i relativi ordini Più volte disegnato e riprodotto a ni su temi specificamente locali come il duomo di Mila- nienti dall’Italia ebbero una precoce eco nella Francia di gia, data alle stampe nel 1556 a Venezia presso l’edito- stampa fra Quattro e Cinquecento, tra gli altri da Leonar- no (cantiere al quale lo stesso Cesariano aveva collabora- Jean Pélerin (latinamente noto come Pelerinus Viator), al re Francesco Marcolini, e poi nel 1567 presso Francesco

14 15 Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento de’ Franceschi. Opera monumentale, la traduzione e il gran conto anche da Vitruvio, che aveva dedicato gli ulti- Tra antico e moderno: i trattati di architettura nel- a Vignola a Palladio a Scamozzi e oltre, anche se con esiti commento del nobiluomo e prelato veneziano erano sta- mi libri del proprio trattato alla costruzione degli orologi l’epoca della stampa molto diversi: normativi per alcuni (Vignola), sperimen- ti realizzati in capo a una lunga preparazione e a dirette solari e alle macchine. Barbaro aveva assai cari questi te- tali per altri (Serlio). L’antico offre la misura, la giusta pro- perlustrazioni e rilevazioni dei monumenti antichi, con- mi, legati all’ottica, all’idraulica, all’astronomia, alla mec- Il De re aedificatoria è l’ultima in ordine di tempo delle porzione, sta ai moderni tradurla e attualizzarla: la bellez- dotte nel viaggio a Roma compiuto insieme a Palladio canica, condividendone la passione con il milieu intellet- grandi opere di Leon Battista Alberti. Matteo Palmieri af- za (venustas) è “un concerto di tutte le parti accomodate nel 1554. La collaborazione di Palladio non si limitò a tuale gravitante intorno agli studi scientifici dell’universi- ferma che il trattato fu presentato a papa Niccolò V nel insieme con proporzione e discorso […] di maniera che e’ quest’occasione romana. L’architetto partecipò da vicino tà di Padova, da lui frequentata in gioventù e dove fortis- 1452, ma con ogni probabilità Alberti v’intervenne anche non vi si possa aggiugnere o diminuire , o mutare cosa al- all’elaborazione dell’opera, sia fornendo le proprie spe- sima era stata e continuava ad essere la tradizione aristo- successivamente. E’ un lavoro della piena maturità, compo- cuna, che non vi stesse peggio”. Firmitas (solidità), utilitas cifiche competenze professionali sia dispiegando il pro- telica, che egli aveva assimilata profondamente, innesta- sto quando l’autore era ormai prossimo alla cinquantina. (funzionalità) e venustas (bellezza) sono i concetti attorno prio sapere antiquario (aveva già visitato ben cinque vol- dovi tuttavia anche motivi d’origine platonica. Il trattato albertiano risponde a uno spirito nuovo, ai quali si organizza la materia del trattato albertiano. La te l’Urbe, ritornando con un ricco dossier di disegni e Meno fortunata fu l’edizione vitruviana dell’archi- non vuole essere un manuale tecnico (Alberti aveva esclu- sua fortuna non fu rapidissima. Circolò manoscritto fino nel 1554 aveva pubblicato L’Antichità di Roma) sia infi- tetto e ingegnere idraulico veneziano Giovan Antonio so illustrazioni a corredo del testo), né, d’altra parte, in- alla pubblicazione, promossa da Bernardo Alberti, cugino ne realizzando alcune delle tavole a illustrazione del trat- Rusconi (1500/1505 -1578). Intorno alla metà del Cin- tende rivolgersi ai professionisti, ma al pubblico dei com- di Leon Battista, nel 1485, oltre dieci anni dopo la morte tato, compreso il bel frontespizio. Oltre alla pianta degli quecento egli stava preparando i materiali da pubblica- mittenti colti (non a caso è scritto in latino), per con- dell’autore. La sua notorietà si diffuse soprattutto nel Cin- edifici sono riprodotti alzato e sezione. Barbaro si pre- re, comprese le silografie, per le quali l’editore Giolito sigliarli e indirizzarli nelle scelte: lo sforzo è di dare di- quecento, in un clima ormai assuefatto al verbo classici- figge di approntare una traduzione del testo vitruviano aveva ottenuto nel 1553 il privilegio dal senato veneto. gnità letteraria e di pensiero a una materia, l’architettu- sta, quando già il suo ruolo era diventato meno centrale: filologicamente impeccabile (o in ogni caso superiore a Doveva trattarsi, nelle intenzioni, di un apparato impo- ra, ritenuta “commodissima” al viver pubblico e al priva- in ogni caso, sarà il modello albertiano a dare il tono al- quella di Cesariano e degli altri traduttori che l’aveva- nente, composto di trecento immagini. Tuttavia l’opera- to, “agli huomini oltre modo gioconda” e “non ultima per la successiva pubblicistica architettonica, e a consacrare la no seguito, Durantino e Caporali, certo meno filologi- zione s’incagliò, e un secondo tentativo nel 1570 rien- dignità”, come recita il Prologo. Sarà tuttavia appannag- fama del suo autore, celebrato dai trattatisti di ogni tem- camente agguerriti ), e, insieme, di offrire un commento trò ben presto senza esiti. Solo nel 1590, a più di dieci gio esclusivo dell’architetto la definizione progettuale del- po, che ne affiancheranno il nome a quello di Vitruvio. destinato ad attualizzarne i principi, in considerazione di anni dalla morte di Rusconi, i Giolito davano alle stam- l’opera, intesa dunque come sua integrale creazione: “cosa Il trattatista più prolifico e sperimentale del Cinque- un pubblico di professionisti e dilettanti. pe l’opera col titolo fuorviante Della Architettura di Gio. che sta nelle sue mani, egli ne può liberamente e a voglia cento fu il bolognese Sebastiano Serlio (c.1480-c.1555), Barbaro conosce la letteratura antica e la produzione Antonio Rusconi, Con Centosessanta figure Disegnate dal sua molto bene disporre”. assai più noto per la sua attività teorica che per la sua pro- trattatistica contemporanea, ne vaglia i risultati e se ne Medesimo, Secondo i precetti di Vitruvio. Si tratta di un Sebbene Alberti si ispiri a Vitruvio, l’opera non è né duzione architettonica, quantitativamente assai limitata. avvale: segue puntualmente il testo latino nella redazione assemblaggio di materiali assai poco coerente, nel quale un’edizione né un commento a Vitruvio. La conoscenza Dopo esperienze a Pesaro, Roma e Mantova si stabilisce a di Fra Giocondo, ma si rifà anche alla traduzione di Ce- prevale di gran lunga l’aspetto illustrativo, con brevi testi dell’architettura antica dispiegata nel De re aedificatoria Venezia nel 1527-28. Nell’ambiente lagunare egli ha mo- sariano e altri, anche stranieri, come Philandrier e De Sa- tratti dall’edizione di Barbaro e surrettiziamente inseriti non si fonda solo su fonti scritte, ma è frutto di ricerche do di mettere subito a profitto la sua attitudine alla didat- gredo, consulta le opere di Alberti, Serlio, Salviati, il cui dall’editore. Non vi mancò peraltro il favore del pubbli- archeologiche condotte dallo stesso Alberti, che già aveva tica e alla divulgazione, pubblicando nel 1528, in qualità trattatello sulla voluta ionica del 1552 era stato dedicato co, giacché il lavoro poteva contare su immagini di no- realizzato la Descriptio Urbis Romae. L’interesse per l’anti- di “professor di Architettura”, come si definisce egli stesso, proprio a Daniele Barbaro. tevole qualità. co vi è pari a quello per il moderno. Questa stretta con- nove disegni raffiguranti elementi degli ordini architetto- Particolare cura viene riservata agli aspetti legati al- nessione fra antico e moderno è un dato che accompagne- nici, in collaborazione con l’incisore Agostino Veneziano. le implicazioni matematiche dell’architettura, tenute in rà tutta la successiva trattatistica architettonica, da Serlio Il suo più ambizioso progetto è però una summa, in set-

16 17 Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento te libri, sulle “regole ne l’Architettura”. La scelta del nu- potente, e, in suo nome, l’autore non risparmia di rileva- ti, che mette in conto, si propone di spiegare le regole le porte, per le quali Serlio, con piena coscienza, delibera- mero sette (e non il canonico dieci vitruviano e albertia- re polemicamente gli “errori” degli “architetti licenziosi”. prospettiche nel modo più semplice. Nel breve scritto a tamente propone un catalogo di cinquanta tipi (trenta di no), con tutte le implicazioni simboliche connesse, era le- Il libro infatti non si limita a riprodurre i disegni “ della chiusura del libro (il Trattato sopra le Scene) Serlio affron- stile rustico, venti di stile “delicato”) che egli stesso defini- gata, probabilmente, alle suggestioni derivategli dall’ami- maggior parte degli edificii [antichi] che sono a Roma, in ta l’importante tema del teatro, illustrando, anche sulla sce “licenze”, e di cui chiede venia agli “architetti fonda- co Giulio Camillo Delminio, filosofo e mago friulano im- Italia e fuori, diligentemente misurati”, ma prende in con- base di precedenti esperienze altrui (soprattutto di Peruz- ti sopra la dottrina di Vitruvio”, giustificandosi con l’esi- pegnato nell’elaborazione di un trattato di mnemotecni- siderazione anche i moderni palazzi e chiese della Roma zi) e proprie (aveva allestito un teatro di legno a Vicenza), genza di assecondare il gusto francese (“Habbiatemi per ca L’Idea del Theatro, pubblicato postumo nel 1550. Il rinascimentale. Nel proprio lavoro Serlio fa uso dei rilievi la scena prospettica moderna, nelle tre tipologie: comica, iscusato di tanti ornamenti, di tante tabelle, di tanti car- primo dei libri serliani a essere stampato, nel 1537, a Ve- (poi venduti all’antiquario Jacopo Strada), appartenuti al tragica e satirica. tocci, volute & di tanti superflui; e habbiate riguardo al nezia presso Marcolini, è quello delle Regole, noto anche suo maestro Baldassarre Peruzzi che li aveva disegnati per Sempre a Parigi, e sempre in italiano e in francese, paese dove io sono”, dichiara l’architetto), ma che, ispira- come Libro Quarto, nel quale sono trattati i cinque ordi- un’opera sulle antichità romane mai pubblicata. La tratta- esce nel 1547 il Quinto Libro, che si occupa delle “diver- ti a una fantasia sbrigliata e capricciosa, ben esprimono, in ni architettonici ed è annunciato il piano dell’intera ope- zione non si limita a Roma ma si allarga ad altri centri ric- se forme di Tempij Sacri secondo il costume Christiano, fondo, le inquietudini anti-normative di molta parte della ra. Oltre a Vitruvio e agli esempi antichi, Serlio determi- chi di testimonianze archeologiche, come Ancona , Bene- et al modo Antico”. La dedica a Margherita di Navarra, moderna sensibilità manieristica:. na la morfologia degli ordini sulla scorta delle esperienze vento, Spello,Verona, Pola e termina con una capitolo sui sorella di Francesco I, donna dalle idee religiose non con- Il Sesto Libro, previsto nell’iniziale programma del dell’architettura romana moderna, in primo luogo quella monumenti egizi. formiste, e affermazioni come quella d’esordio nella quale 1537, avrebbe dovuto essere dedicato all’architettura do- di Bramante e Raffaello, mettendo a punto un codice più Nel 1541 Serlio è chiamato da Francesco I di Francia Serlio dichiara che “i veri templij sono gli cuori de i pie- mestica (“da la più vil casipola , o capannetta che voglia- ricco di quello di Vitruvio e più corretto di quello di Cesa- a sovrintendere al cantiere del castello di Fontainebleau, tosi Christiani, dentro de quali abita per fede Giesu Cri- mo dirla […] fino al più ornato palazzo di Prencipe, così riano, ma non ancora così puntiglioso come il successivo che grazie alla presenza di una schiera di artisti italiani sto Salvator nostro”, o quella finale “altre cose mi aspetta- per la villa come per la città”), ma ebbe un iter travagliato, di Vignola, destinato in ogni caso insieme a quest’ultimo (Rosso, Primaticcio, Cellini, Niccolò dell’Abate) si avvia- no, forsi di più comodo e contentezza alla maggior parte con tre diverse redazioni scalate fra il 1541 e il 1553, nes- ad affermarsi e durare per secoli anche grazie all’efficacia va a diventare il modello del nuovo gusto rinascimentale de gli uomini”, hanno fatto sospettare possibili simpatie suna delle quali vide la stampa. del corredo iconografico. E’ indicativo che Serlio cominci nel paese d’Oltralpe. dell’architetto per il mondo dell’evangelismo. Il trattato, Il Settimo Libro, e ultimo, esce postumo a Francofor- a segnare già in questa sua prima opera teorica, e fin dalla Seguitando la sua impresa editoriale, l’architetto dà in ogni caso, non è la sua opera più felice: vi sono breve- te nel 1575 per iniziativa e con rimaneggiamenti dell’ar- dichiarazione del frontespizio, una qualche distanza dal- alle stampe nel 1545, a Parigi, il Primo Libro d’architettura mente descritte dodici tipologie chiesastiche, con netta chitetto e antiquario mantovano Jacopo Strada, a lungo l’integrale adesione a Vitruvio, distanza che culminerà ne- e il Secondo Libro di perspettiva, in italiano e in francese, prevalenza di quelle centriche (nove). attivo in Germania al servizio dei banchieri Fugger e del- gli esiti inattesi e “eversivi” dell’Extraordinario Libro, pub- entrambi destinati, al pari degli altri, a un grande successo Nel 1551 a Lione viene pubblicato, in francese e ita- le case d’Asburgo e di Baviera. Come dichiara nell’ Avvi- blicato in Francia nel 1551. editoriale. Nel Primo Libro Serlio tratta della geometria, liano, l’ Extraordinario Libro, dedicato a Enrico II. Sem- so alli lettori, Strada aveva acquistato il manoscritto e “le Se nel Quarto Libro, Serlio lascia spazio alla tempe- partendo dalla definizione euclidea di punto, linea, super- pre oscillante tra i richiami all’ordine vitruviani e l’ in- tavole disegnate” del Settimo Libro da Serlio a Lione nel rata discrezionalità del progettista, al suo giudizio, il Ter- ficie, per passare poi a vari specifici problemi, per i quali tima propensione sperimentale e anti-dogmatica, l’archi- 1550 (ma in realtà li ebbe dopo il 1552) e ora li pubblica- zo Libro ha un’ impostazione decisamente più prescrittiva, chiama in causa più di una volta Dürer. tetto qui si sbilancia decisamente a favore della seconda, va con testo italiano e latino. Vi si esaminano i “molti ac- anche a causa del tema che vi è sviluppato, quello dell’ar- Nel Secondo Libro il tema è quello tradizionale del- dando vita a un’ opera sorprendente e quasi temeraria, de- cidenti, che possono occorer’ al Architetto”, con osserva- chitettura antica. Uscito a Venezia nel 1540, ancora per i la prospettiva, così fondamentale per tutto il Rinascimen- stinata a incontrare le resistenze e la condanna del classi- zioni sul “ristorar case vecchie”, cioè in prevalenza edifi- tipi di Marcolini, e con uno stupendo frontespizio “rovi- to. L’impostazione al solito è molto didattica ed empirica, cismo ortodosso di fine secolo, specificamente di Vincen- ci gotici, da sottoporre a “riformatione” secondo i princi- nistico”, il richiamo all’ortodossia vitruviana vi torna pre- l’architetto, a dispetto delle intuibili critiche degli esper- zo Scamozzi. Vi si tratta di un tema in realtà marginale, pi classici di regolarità e simmetria; in altre parti del libro

18 19 Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento

Serlio parla delle proprie personali esperienze nel cantiere Anche in questo caso, l’opera incontrò un amplissimo fa- turale completamento, corrispondendo come argomenti gello della dignità intellettuale alla straordinaria parabola di Fontainebleau, o descrive ville e palazzi, come la casa di vore di pubblico. l’uno al III Libro del Serlio, l’altra al IV. Il testo per la sua del tagliapietra padovano Andrea di Pietro della Gondo- Alvise Cornaro a Padova, pubblicando una pianta abba- Ma fortuna e influsso straordinari, più di ogni altro semplicità e didascalica efficacia, si affermerà subito come la, divenuto, col nome di Palladio, uno dei più celebrati stanza fedele dell’Odeo, e meno aderenti disegni di alzato scritto d’architettura del Cinquecento, ebbe la Regola del- pratico manuale didattico, consultato in scuole e accade- architetti del suo tempo. Il nome Palladio, di classica ri- e sezione. Nel 1584, a Venezia era data alle stampe un’edi- li cinque ordini dell’architettura di Jacopo Barozzi (1507- mie fin dentro l’Ottocento. sonanza, gli era stato attribuito da Trissino, ed è in questo zione di Tutte l’opere d’architettura curata da Gian Dome- 1573), detto il Vignola dal luogo di nascita, pubblicata a Nel 1570, otto anni dopo la pubblicazione della Re- ambiente, intriso di sconfinata ammirazione per il mondo nico Scamozzi con un ricchissimo indice redatto dal fi- Roma nel 1562. Più impegnato di Serlio nella diretta at- gola di Vignola, uscivano a Venezia I Quattro Libri del- classico, che egli matura i propri ideali estetici. Tuttavia a glio Vincenzo. tività progettuale, al Vignola si devono importanti edifici l’architettura di Andrea Palladio (1508-1580), votati an- dispetto dell’omaggio di prammatica al verbo vitruviano, Jacopo Strada, nel Settimo Libro, riferisce di aver ac- a Bologna (Portico dei Banchi), Roma (villa Giulia, chie- ch’essi a una enorme notorietà, forse meno capillarmen- egli in realtà vi si mostra sempre meno ossequiente, elabo- quistato da Serlio anche il manoscritto e le tavole di quello se di Sant’Andrea sulla via Flaminia, Sant’Anna dei Pala- te universale di quella di Vignola, ma in ogni caso di in- rando una lingua architettonica originale, tradotta in una che lui chiama impropriamente Ottavo Libro, riguardante frenieri, del Gesù, destinata a diventare il modello delle calcolabile portata, specialmente nell’Inghilterra del XVII lunga serie di capolavori, la cui conoscenza sarà divulga- la Castramentatio, vale a dire la ricostruzione dell’accam- chiese della controriforma), Piacenza e Caprarola (palazzo secolo, dove, sui Quattro Libri, si fondò per impulso spe- ta proprio dal trattato. Ed è questo l’ aspetto più rilevante pamento romano, secondo le indicazioni di Polibio, ma Farnese). Vignola enuncia il suo intento nella prefazione: cialmente di Inigo Jones, l’esperienza importante del pal- e in parte nuovo dei Quattro Libri. I vari edifici urbani e l’opera non fu mai stampata. si tratta di ridurre “sotto una breve regola facile, et spedita ladianesimo, destinata ad avere ripercussioni amplissime le ville realizzate nella campagna vi compaiono con pian- I libri di Serlio editi e riediti a Venezia, Lione, Pari- da potersene valere li cinque ordini di architettura […] ca- anche in America. Nel Proemio del trattato, appellando- ta e prospetto, accompagnati da una breve descrizione: un gi, Anversa, Basilea, Toledo, Francoforte, favorirono l’af- vandogli puramente dagli antichi tutti insieme, ne vi me- si a Vitruvio e Alberti, Palladio intende proporsi implici- pratico repertorio di tipi ed esempi, più che una registra- fermazione di un nuovo tipo di editoria trattatistica basa- scolando cosa di mio se non la distribuzione delle propor- tamente come erede dei due fondatori della trattatistica zione scrupolosa di articolati progetti e realizzazioni. Nel- ta molto sulle immagini, e contribuirono enormemente zioni fondata in numeri semplici senza havere a fare con architettonica, rispettivamente antica e moderna, ma an- la dedica al conte vicentino Giacomo Angarano, Palladio a diffondere i principi e il gusto dell’ architettura rinasci- braccia, ne piedi, ne palmi di qual si voglia luogo, ma solo che, implicitamente, come colui che li supera, forse rac- dichiara di voler “scriver gli avvertimenti necessarij, che si mentale in Europa ad una misura arbitraria detta modulo”. Vignola non ha cogliendo in ciò un suggerimento del suo primo impor- devono osservare da tutti i belli ingegni, che sono deside- Quasi in competizione con il Terzo Libro di Serlio, l’ambizione di scrivere un trattato complesso come quello tante mecenate e protettore, il nobile letterato e umanista rosi di edificar bene, e leggiadramente, et oltra di ciò di nel 1552 esce a Roma il Libro appartenente all’architettura serliano o albertiano, ma di fornire uno strumento agile e vicentino Giangiorgio Trissino, protagonista, con L’Italia mostar in disegno molte di quelle fabriche che da me sono del vercellese Antonio Labacco (c.1495 -1568), che ave- di pronto utilizzo, quasi un semplice abaco, liberata dai Goti, della rinascita della tragedia regolare di state in diversi luoghi ordinate, e tutti quelli antichi edifici va partecipato, in qualità di disegnatore, agli scavi e rilie- Perciò, come e più che in Serlio e Labacco, nella Re- stampo antico, il quale, dei due grandi teorici, pur ammi- c’ho finora veduti”: il trattato si rivolge dunque a un pub- vi di antichità condotti nell’Urbe dal suo maestro Anto- gola le immagini, di didascalica essenzialità, realizzate su ratissimi, aveva lamentato i difetti, incompletezza nel pri- blico non solo di architetti, ma anche, e prima, di inten- nio da Sangallo il giovane, col quale collaborò anche per il una matrice di cuoio e accompagnate dalle misure modu- mo, prolissità nel secondo. I Quattro Libri, ma Palladio ne ditori e committenti. A questo proposito Palladio ricorda progetto di San Pietro pubblicandone a stampa i disegni lari, assumono un ruolo assolutamente centrale e decisivo, aveva previsti altri, mai pubblicati, si presentano come un come, a Vicenza, “molti gentil’ huomini vi sono stati stu- fra 1546 e ’49, e da Baldassarre Peruzzi. Il Libro di Labac- poiché, per usare ancora le parole dell’autore, si potrà “in trattato agile e accessibile a un pubblico vasto, anche in diosissimi di quest’arte [architettura]” e li elenca con defe- co, accompagnato da un elegante frontespizio d’impron- un’occhiata sola senza gran fastidio di leggere compren- virtù di un ricco apparato illustrativo. renza, essendo stati pressoché tutti suoi clienti. ta marcatamente manierista, disegnato da Francesco Sal- dere il tutto e opportunamente servirsene”. I fogli della Preceduti dall’impresa editoriale de L’ Antichità di Nel Proemio al primo libro Palladio prefigura un pro- viati, raccoglie una serie di grandi incisioni in folio, di al- Regola spesso venivano rilegati insieme con il libro di La- Roma (1554) e seguiti dai Commentari di C. Giulio Cesa- gramma più compiuto di quello poi effettivamente dato ta qualità grafica, con brevi testi affiancati alle immagini. bacco, del quale la Regola vignolesca costituiva quasi il na- re (1574), i Quattro Libri, imprimeranno il definitivo sug- alle stampe, vi avrebbero dovuto figurare anche teatri, an-

20 21 Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento fiteatri, archi, terme, acquedotti, fortificazioni, che invece torno a un contrasto su un problema prospettico attinente come un agile strumento pratico, senza tutta la sofistica- tà, anche le architetture gotiche, bandite senza appello dal non videro mai la pubblicazione. a un rilievo marmoreo all’interno del duomo di Milano, ta attrezzatura teorica di gran parte degli altri trattati pro- suo orizzonte estetico, integralmente classicista. Il Primo Libro considera i materiali, le tecniche co- che lo opponeva al capomastro della fabbrica, Pellegrino spettici dell’epoca. Figlio di un architetto, Scamozzi ha una formazione struttive connesse alle varie parti dell’edificio (muri, pa- Tibaldi. Le risposte degli architetti interpellati confluiro- Nel 1576 si pubblicava postuma L’Architettura del se- accademica, fin dall’inizio saldamente e anzi quasi dog- vimenti, soffitti, porte, finestre, scale, coperti), e natural- no nei Dispareri in materia d'architettura et perspettiva con nese Pietro Cataneo, trattato in otto libri d’impostazio- maticamente ancorata ai principi teorici, in polemica più mente i cinque ordini. pareri di eccellenti e famosi architetti che li risolvono, pub- ne enciclopedica e didattica, con un ricco apparato d’illu- o meno scoperta con il lascito di Palladio, fatto sì di teoria Il Secondo Libro tratta delle case dentro e fuori la cit- blicato dallo stesso Bassi a Brescia nel 1572, interessante strazioni. L’edizione dei primi quattro libri si era già avuta ma anche profondamente innervato di esperienza pratica: tà e “delle case antiche de’ Greci e de’ Latini”. Palladio dà perché ci offre un esempio “dal vivo” dei dibattiti artisti- oltre vent’anni innanzi (I Quattro Primi Libri di Architet- “all’arte – scrive Scamozzi nell’Idea – conviene più il sa- ampio spazio ai propri progetti urbani e di villa.: vi tro- ci e scientifici connessi alla teoria e alla pratica architetto- tura, 1554). Nel primo si esaminano i diversi siti e pian- pere e il conoscere le ragioni delle cose, che all’esperienza: viamo illustrati, tra gli altri, i palazzi Chiericati, Da Porto, nica, e in particolare prospettica. Per pittori, scultori, ar- te delle città, e le fortificazioni; nel secondo, i materiali da essendo che l’arte ha cognitione universale, e l’esperienza Thiene, Valmarana, Barbarano di Vicenza, e le molte ville chitetti e scenografi del Cinquecento, la prospettiva con- costruzione; nel terzo gli edifici religiosi; nel quarto vari solo degli accidenti particolari. Laonde noi reputiamo più sparse nel Veneto (in mostra si è ritenuto di esporre le pa- tinuava infatti a essere scienza imprescindibile, della qua- tipi di palazzi; nel quinto gli ordini, e qui l’autore pole- dotti, e sapienti gli architetti che possiedono questa facol- gine raffiguranti due ville del Padovano, quella di Mon- le si esploravano le possibilità più sofisticate, fino a giun- mizza con Serlio; il sesto libro tratta delle acque termali; tà con quei termini che ricerca l’arte, che quelli che ten- tagnana e quella di Piombino Dese, oltre alla celebre vil- gere nel secolo successivo alle straordinarie macchine tea- il settimo è dedicato alla geometria e il settimo alla pro- gono solo per via dell’esperienza; e tanto maggiore quan- la Almerico, o Rotonda, di Vicenza). Il Terzo Libro ha per trali dei Bibbiena, o alle altrettanto e più straordinarie in- spettiva. to i primi acquistano le cose per via delle scientie, essendo tema le strade, i ponti (in mostra il progetto mai realizza- venzioni sceniche del pesarese Nicola Sabbattini (1574- L’Idea della Architettura Universale del vicentino Vin- che allora dagli universali vengono in cognizione de’ par- to per Rialto), le piazze, le basiliche, le palestre. Qui Pal- 1654), formatosi sugli studi prospettici del matematico cenzo Scamozzi (1548-1616), pubblicata a Venezia nel ticolari delle cose: onde sanno le cause che sono termini ladio ha modo di illustrare il ponte ligneo di Bassano e la Guido Ubaldi, e autore della Pratica di fabbricar scene e 1615, è di solito considerata l’epilogo della trattatistica scientifici”. “Senza dubbio ritrovaremo – dichiara ancora famosa Basilica di Vicenza, alla quale dedica due splendi- macchine ne’ teatri (1638). architettonica del Rinascimento. Anche come architetto Scamozzi – che l’Architettura non solo sarà Scientia […] de tavole. Anche Daniele Barbaro s’era occupato di problemi Scamozzi è l’erede della tradizione cinquecentesca, quella ma fra le Scientie verrà a esser degnissima e meritissima Nel Quarto Libro, infine, “si descrivono e si figurano prospettici, pubblicando nel 1568 La pratica della perspet- veneta, da Sansovino a Palladio: di Sansovino continuerà d’ogni lode; posciache […] ella è sublime nella speculatio- i Tempij Antichi, che sono in Roma, et alcuni altri, che tiva. Opera molto utile a pittori, a scultori, e ad architetti, e porterà a termine le Procuratorie Nuove in Piazza San ne; indubitata nelle dimostrationi; nobilissima per il sog- sono in Italia, e fuori d’Italia”, e qui, l’architetto mette a nella quale si era valso degli studi di Pacioli, Serlio, Com- Marco a Venezia; di Palladio concluderà il Teatro Olimpi- getto che tratta; eccellentissima per il metodo ch’ella tiene frutto le competenze archeologiche acquisite con gli stu- mandino e soprattutto di Dürer. Al pari del suo commen- co a Vicenza, con l’inserto delle illusionistiche scenogra- nel dimostrare, necessarissima al viver Politico e civile”. di e i molti viaggi a Roma e altrove. Le bellissime incisioni to a Vitruvio, anche quest’opera riscosse un favore straor- fie. Progettista prolifico, realizza opere come, tra le molte, Tuttavia Scamozzi è assai attento all’organizzazione silografiche che accompagnano tutto il trattato, disegnate dinario. Tra le altre cose vi si divulga il modello di una ca- villa Pisani a Lonigo, il Santuario delle Sette Chiese e villa del cantiere e al ruolo delle varie maestranze, riservando dallo stesso maestro con straordinaria finezza, nel Quarto mera oscura con lente biconvessa. Duodo a Monselice, il complesso di San Gaetano a Pado- però all’architetto una posizione di intellettuale aristocra- Libro si fanno più numerose, con grande abbondanza di Vignola a sua volta aveva preparato un lavoro ana- va, il teatro di Sabbioneta, il duomo di Salisburgo. tica superiorità. Nel 1584 insieme al padre cura la prima immagini a tutta pagina. logo, Le due regole della prospettiva pratica, che tuttavia fu In gioventù era stato a lungo a Roma e Napoli. Per edizione completa dei libri di Serlio; due anni prima aveva Nello stesso anno in cui uscivano i Quattro Libri, Pal- pubblicata solo nel 1583, postuma, per iniziativa di Igna- preparare il suo trattato sull’architettura universale, viag- dato ampia prova della propria cultura antiquaria e delle ladio, insieme a Vignola, Vasari e Bertani, fu consultato zio Danti. Già nel titolo quest’opera di Vignola, al pa- gerà poi in vari paesi, Germania, Ungheria, Francia, re- proprie ambizioni letterarie, pubblicando i Discorsi sopra dall’architetto milanese Martino Bassi (1542-1591) in- ri della precedente sugli ordini architettonici, si presenta gistrando nel suo taccuino di disegni, con franca curiosi- l’antichità di Roma. Possedeva una ricca biblioteca (suo fu

22 23 Renzo Fontana Stefano Tosato Literarum et artium nutriti: tra libri di antichità, studi vitruviani e trattati di architettura del Rinascimento anche un manoscritto originale del trattato di Francesco niera di Alberti, Serlio o Scamozzi. Stando a quanto l’au- tà amplissimi, storico, letterato, accademico, diplomatico, li, che vogliono prontamente, et senza far alcuna ragione di Giorgio), ben fornita di libri di architettura e di anti- tore stesso dichiara, il Della Architettura, nato come sorta è personaggio rappresentativo della cultura fiorentina di arithmetica sapere le distantie de' luoghi; misurar la terra; chità: uno di questi, la Urbis Romae topographia di Barto- di personale raccolta manoscritta di regole e procedimen- pieno Cinquecento. Partendo da Alberti, del quale aveva et tor in disegno paesi, et città”, come recita il titolo, era lomeo Marliano, nell’edizione del 1588, in 16°, è esposto ti, sarebbe stato stampato per insistenza degli amici, che curato la pubblicazione dei Ludi Matematici e la traduzio- stato studiato anche da Daniele Barbaro che l’aveva inclu- in mostra, appartenendo oggi alla biblioteca Universita- non si accontentavano di averlo in prestito. Naturalmente ne italiana del De re aedificatoria, egli ne sviluppa le idee so, insieme ad altri strumenti come l'astrolabio, il plani- ria di Padova. Viola Zannini deriva varie delle sue osservazioni dalla pre- conferendo al tema una veste autonoma. sfero di Juan de Rojas, il bacolo, il torqueto, nel trattato L’Idea della Architettura Universale, progetto ambizio- cedente trattatistica, da Vitruvio, a Vignola , a Palladio, Silvio Belli, “matematico eccellentissimo” come lo De Horologiis describendis libellus, rimasto poi inedito. so, a lungo accarezzato, fu pubblicata dall’autore solo l’an- con una spiccata tendenza però a privilegiare gli aspetti definì l’amico Torquato Tasso, era membro dell’Accade- Il progresso delle tecniche e della strumentazione le- no prima della morte. Era prevista in dieci libri, sul mo- più immediatamente pratici del mestiere, sin dalle prime mia Olimpica vicentina, dove leggeva il De Sphera del Sa- gata al mestiere dell’architetto e dell’agrimensore è ulte- dello di Vitruvio e Alberti, ma ne uscirono soltanto sei (in pagine sulla geometria e sulla prospettiva, applicata alla crobosco. Fu ingegnere attivo tra Vicenza, Venezia (vi eb- riormente documentato in mostra dal libro L’uso della due volumi: I-III, VI-VIII), ciascuno di trenta prolissi ca- pittura di scorcio in soffitti e volte .Questo pragmatismo be la carica di proto alle acque) e Ferrara. Le sue compe- squadra mobile che il padovano Ottavio Fabri pubblicava pitoli, con un “indice copiosissimo delle materie”. E’ in- è l’aspetto più interessante dell’opera, che offre un ricco tenze, più specialistiche di quelle di Bartoli, gli consento- nel 1598 divulgando lo strumento da lui ideato, al tem- dicativo della mentalità scamozziana il continuo rimando repertorio di informazioni su materiali e tecniche: dai va- no di mettere a punto sistemi agrimensori, come la “mi- po stesso quadrante, quadrato geometrico e bussola, e de- a definizioni e prescrizioni: un’impostazione quasi da trat- ri tipi di pietra (quasi elusivamente di cave locali o vene- sura col tamburo”, ormai svincolati dalla tradizione trat- stinato ai più vari tipi di misurazione (altezze, profondità, tato morale e filosofico. Naturalmente Scamozzi non tra- te) mattoni, malte (fra cui la ricetta per i marmorini), me- tatistica classica. rilievo urbano e territoriale). scura gli aspetti più direttamente inerenti la professione, talli, legname. Le illustrazioni, essenziali e accompagna- Nel 1564 usciva a Venezia anche la Descrittione et uso Al tema obbligato degli ordini architettonici è desti- con uno sguardo sempre molto ampio, rivolto non solo te per lo più dalle misure, sono molto abbondanti e con- dell’holometro, traduzione italiana dell’originale francese, nato infine l’archisesto, messo a punto dal vicentino Ot- all’Italia, ma, sulla scorta delle sue esperienze di viaggio, corrono ulteriormente a connotare in senso tecnico-pra- Usaige et description de l'holometre, pubblicato a Parigi nel tavio Revesi Bruti che ne trattò nel suo Archisesto per for- anche all’urbanistica e all’edilizia di vari paesi europei. tico il volume. 1555 dall’ingegnere Abel Foullon. Un’opera che merita mar con facilita li cinque ordini d'architettura, pubblicato Una quindicina d’anni dopo la pubblicazione del- A fronte delle trattazioni enciclopediche e teoriche, di essere ricordata perché l’holometro, “necessario a quel- nel1627. l’Idea di Scamozzi, veniva dato alle stampe Della Archi- già nel Cinquecento si erano affermati manuali speciali- tettura (1629) del padovano Gioseffe Viola Zannini stici, rispondenti a esigenze ben circoscritte. Al tema della (1575/80-1631), architetto poco noto e apparentemen- misurazione, analizzato anche da Vitruvio nel libro VIII te poco operoso, forse perché in realtà impiegato in ruoli , e inserito di solito all’interno di più complessive summe subalterni. Formatosi nella bottega del padre, a sua volta matematiche, come quella di Luca Pacioli (1494), furo- proto, di lui ci resta un’importante pianta assonometrica no dedicati alcuni libri specifici, come, per ricordare so- di Padova (1599); fu anche pittore di soffitti, attività nella lo i maggiori, quello di Niccolò Tartaglia (General trattato quale poté mettere a profitto le sue competenze prospetti- di numeri e misure, Venezia 1560) e quelli pressoché con- che e quadraturistiche. temporanei del fiorentino Cosimo Bartoli (1503-1572) e Il trattato, in due libri (un terzo, sugli edifici pubbli- del vicentino Silvio Belli (?-1575), autori rispettivamente ci, era previsto ma non fu mai scritto), si stacca dalla tra- Del modo di misurar le distantie (1564), del Libro del mi- dizione delle grandi summe in sette o dieci libri, alla ma- surar con la vista (1565). Bartoli, uomo di studi e attivi-

24 25 Premessa dei curatori

Questa mostra è stata progettata e realizzata, in vista sesso di Vincenzo Scamozzi o quello annotato dal celebre del grande appuntamento delle celebrazioni per il quinto librettista gluckiano Ranieri de’ Calzabigi. centenario della nascita di Andrea Palladio, con scopi e li- Le più belle e importanti edizioni vitruviane del Cin- miti ben precisi. quecento e i più significativi trattati rinascimentali, pur Innanzitutto presentiamo testi che provengono in- con qualche inevitabile lacuna e anche se non sempre nell’ teramente dalla Biblioteca Universitaria di Padova, oggi editio princeps, sono dunque presenti, e molte piacevoli Schede non più dell’Ateneo patavino ma biblioteca statale della sorprese ha riservato la caccia a trattati di antichità roma- città, afferente al Ministero per i Beni e le Attività Cultu- ne e antiche guide di città, che costituiscono la prima se- rali, di cui è organo periferico. L’aver condiviso per tre se- zione espositiva. Una rinuncia programmatica, per i di- coli la storia dell’Università (la biblioteca fu istituita nel versi e ampi orizzonti che avrebbe aperto, incompatibili 1629 dal governo veneto come “pubblica libraria” al ser- con i fini che eravamo proposti, ha riguardato i trattati di vizio di studenti e docenti) sino al 1908, quando ne fu se- architettura militare o di aspetti troppo specifici (giardi- parata per decreto, fu un fattore decisivo, pur tra alterne ni, acque ecc.). vicende, per il formarsi di un patrimonio ricchissimo, no- Nello spirito che ha guidato i criteri di scelta sono tevolmente accresciuto con le acquisizioni ottocentesche state redatte anche le schede esplicative di ciascun volume delle biblioteche delle corporazioni religiose soppresse. esposto, che si propongono semplicemente come guida Si comprende così come il lavoro di ricerca abbia per il visitatore non superficiale, senza pretesa, ovviamen- consentito di individuare il materiale necessario e suffi- te, di esaustività per la quale rimandiamo alla sterminata ciente all’allestimento di un’esposizione che si propone letteratura critica e alle grandi mostre monografiche degli soprattutto fini divulgativi, nello spirito della valorizza- ultimi anni (pensiamo, per fare nomi importanti, a Sca- zione e promozione del patrimonio culturale, attività og- mozzi, Vignola e Palladio, oggetto quest’anno della gran- gi riconosciute come essenziali anche dalla più recente le- de mostra allestita a Vicenza che emigrerà a Londra e ne- gislazione in materia; lavoro di ricerca, si diceva, reso più gli Stati Uniti d’America); allo stesso modo la bibliografia impegnativo dalla mancanza di uno specifico fondo di an- essenziale mira a segnalare testi di riferimento, nei quali si tichi testi di architettura, con la parziale eccezione del do- potranno trovare ulteriori copiose indicazioni. no di Angelo Minich (1883) che ne rivela una significa- Infine il saggio finale, frutto di un lungo lavoro di in- tiva presenza, con tutta probabilità dovuta all’accumular- dagine, propone una lettura inedita del frontespizio del si di una variegata biblioteca di famiglia. Molteplici dun- trattato palladiano I quattro libri dell’architettura del qua- que le vie di approdo dei testi alla Biblioteca Universitaria, le si è individuato il precedente iconografico. con qualche sorpresa, come il volume con la nota di pos-

26 27 1. CALVI, Marco Fabio Antiquae vrbis Romae cum regionibus simulachrum. (Romae : Valerius Dorichus Brixiensis ... impressit, 1532 mense aprili)

Marco Fabio Calvo (o Calvi) nacque a Ra- La grande pianta mostra la Roma imperia- venna verso il 1440 e morì a Roma nel 1527 le con le trentaquattro porte di cui parla Pli- durante il “sacco” della città ad opera dei nio. Lanzichenecchi. Coltivò interessi archeolo- gici e antiquari e tradusse dal greco in lati- no il Corpus Hippocraticum. Collaborò con Raffaello ad un grandioso progetto di rico- struzione della topografia dell’antica Roma, illustrato nella famosa lettera di quest’ultimo – probabilmente rielaborata dal Castiglione - a papa Leone X e ad uso dell’Urbinate volga- rizzò il De architectura di Vitruvio. Frutto del sodalizio col sommo pittore (morto nel 1520) è ritenuto il Simulachrum, che è stato considerato la traduzione a stam- pa della pianta di Roma disegnata da Raf- faello e mai rintracciata, anche se l’imposta- zione arcaicizzante delle vedute sembra ben lontana dal suo stile e induce forti dubbi in proposito. Nel 1527 ne fu stampata una prima, rarissi- ma, edizione a cura di Ludovico Vicentino e cinque anni più tardi, riutilizzando le stesse matrici benché danneggiate durante il “sac- co”, Valerio Dorico poté rieditare l’opera, che consiste in una serie di tavole xilografi- che rappresentanti lo sviluppo urbano di Ro- ma e le quattordici regiones nelle quali Augu- sto la divise e rappresenta un complemento illustrativo alle Antiquitates urbis di Andrea Fulvio, anch’egli coinvolto nel progetto raf- faellesco, uscite in quello stesso anno 1527. Pianta di Roma in epoca imperiae

28 29 2. FULVIO, Andrea L'antichità di Roma di Andrea Fulvio antiquario romano, di nuouo con ogni diligenza corretta & ampliata... con le aggiuntioni di Girolamo Ferrucci romano, tanto intorno a molte cose antiche, come anche alle cose celebri rinouate & stabilite dalla santità di N.S. Sisto V. Aggiuntoui nel fine un'oratione dell'istesso auttore delle lodi di Roma, & gli nomi antichi & moderni di detta Roma ... In Venetia : per Girolamo Francini libraro in Roma all'insegna del Fonte, 1588. 45.a.52 Andrea Fulvio (1470-1527), originario di Le Antiquitates godettero presto di un buon Palestrina, fu discepolo di Pomponio Leto a successo, come attesta anche la traduzione Roma, dove esercitò l’attività di maestro di italiana di Paolo del Rosso, pubblicata la pri- grammatica e lettere latine. Da Leto derivò ma volta nel 1543 a Venezia presso Tramezzi- l’interesse per l’archeologia, collezionando no, e poi nel 1588 sempre a Venezia ma per i come lui epigrafi e altri materiali antichi. Nel tipi dello stampatore Girolamo Francini. 1513 compose Antiquaria Urbis, dedicata a Le immagini in mostra raffigurano due ar- papa Leone X, descrizione in versi dell’anti- chi di trionfo, quello di Tito e quello di Set- ca Roma. Nel 1517 pubblicò Illustrium ima- timio Severo. gines, trattato sull’iconografia imperiale ri- costruita con l’ausilio di medaglie e monete. Intanto fin dal 1515 Raffaello aveva inizia- to su incarico papale la rilevazione della Ro- ma antica, valendosi nel 1519-20 anche del- la consulenza archeologica di Fulvio, il quale tuttavia alla morte del pittore (1520), si vi- de sopravanzato da Marco Fabio Calvo nel proseguimento dell’impresa. Nei primi mesi del 1527 Fulvio pubblicava la sua opera più importante le Antiquitates Urbis. In quello stesso anno non risultano più notizie sul suo conto, ed è probabile egli morisse nel Sac- co della città ad opera dei lanzichenecchi di Carlo V. Le Antiquitates Urbis, dedicate a papa Cle- mente VII, hanno come modello la Roma in- staurata di Flavio Biondo e si articolano in cinque libri: mura, porte, regioni della città (libro I); colli (libro II); fiumi, acque, terme, fogne, fori (libro III); archi, teatri, anfiteatri, circhi, portici, colonne ecc. (libro IV), basili- che, templi e altro (libro V).

30 31 3. MARLIANI, Bartolomeo 4. MARLIANI, Bartolomeo Vrbis Romae topographia B. Marliani ad Franciscum regem Gallorum ... Adiecta priori eiusdem auctoris topographiae editioni in hoc opere Bartholomaei Marliani Urbis Romae topographia accurate, tum ex veterum, tum et iam recentiorum auctorum fontibus hausta.... sunt. Vrbis, atque insignium in ea aedificiorum descriptiones, compluràque alia memoratu digna ... Venetiis : Apud Hieronymum Francinum bibliopolam in Urbe ad signum Fontis, 1588. (Romae : in aedibus Valerij Dorici, & Aloisij fratris, Academiae Romanae impressorum, mense Setembris 1544). 86.b.248 41.a.24

Il milanese Bartolomeo Marliani (c. 1488- Si tratta della terza edizione latina di questa 1566) fu attivo a Roma come erudito e studio- fortunata guida archeologica, che il tipografo so di antichità, partecipando alle attività del- dedica a papa Sisto V omettendone però il no- l’Accademia della Virtù fondata da Claudio To- me in questa prima tiratura, rimediando però lomei nel 1538 e impegnata tra l’altro nell’in- prontamente all’errore in una successiva del- terpretazione dei passi più oscuri di Vitruvio. lo stesso anno. La Urbis Romae topographia segue la tradiziona- L’interesse dell’esemplare esposto risiede nel- le descrizione per zone urbane, dal Campido- la sua provenienza dall biblioteca personale di glio al Quirinale, nonché i ponti e le vie conso- Vincenzo Scamozzi, come attesta la nota di lari, e ha come modelli Flavio Biondo e Andrea possesso sul frontespizio. Fulvio. Pubblicato la prima volta nel 1534, in questa seconda edizione l’autore inserisce una pianta orografica e icnografica di Roma antica, tappa importante negli studi sull'antica topo- grafia della città, in quanto realizzata sulla base di rilievi aggiornati condotti appositamente per questa occasione. Dei monumenti e dei luoghi famosi, dal Circo Massimo alle colonne Traiana e Antonina, agli obelischi, al Marc’Aurelio, fino al Laocoonte e altre statue, l’autore fornisce un quadro dei ca- ratteri qualificanti e delle funzioni. Edifici e statue della città sono illustrati con belle silografie, alcune, come la sezione del Pan- theon esposta in mostra, tratte dal Terzo Libro di Serlio, edito quattro anni prima a Venezia,

32 33 5. MÜNSTER, Sebastian Cosmographia vniuersale, nella quale secondo che n'hanno parlato i piu veraci scrittori, son designati i siti di tutti gli paesi. ... Raccolta primo da diuersi autori per Sebastiano Munstero, & dapoi corretta & repurgata, per gli censori ecclesiastici, & quei del Re catholico nelli paesi bassi, & per l'inquisitore di Venetia. In Colonia : appresso gli heredi d'Arnoldo Byrckmanno, 1575

Sebastian Münster (1488-1552), francescano carum di Hartmann Schedel (Norimber- passato alla Riforma, cosmografo e orientali- ga 1493) vengono evidenziati alcuni monu- sta, insegnò ebraico a Basilea e curò un’edi- menti classici come le terme di Diocleziano e zione ebraica della Bibbia oltre che edizioni l’arco di Settimio Severo, in accordo con l’in- dei principali geografi antichi. tensificarsi degli interessi per la topografia di La sua notorietà è dovuta soprattutto alla Roma antica nel corso del secolo. Cosmographia, pubblicata per la prima vol- ta in tedesco nel 1544 e in seguito tradot- ta in varie lingue e ristampata innumerevo- li volte, indubbiamente uno dei testi più let- ti e più diffusi nel Cinquecento. Si tratta di una grande enciclopedia geografica, con un imponente corredo illustrativo, che combina informazioni di prima mano con un ampio ricorso a fonti scritte antiche e medioevali. Il secondo e terzo dei sei libri cui è suddivi- sa sono dedicati ai paesi europei. Alla prima edizione italiana di Basilea del 1558 (cfr. n. 19) basata su quella latino-tedesca del 1550 accresciuta e arricchita di nuove vedute, se- guì la presente, “corretta & repurgata”, cau- tela indispensabile in epoca controriformisti- ca nei confronti di un autore che aveva aderi- to al protestantesimo. La pianta di Roma, silografia di Christoph Stimmer a cui è riferito il monogramma che compare in basso a destra, fu introdotta a par- tire dell’edizione basilense del 1550. Rispet- to al suo illustre precedente di area tedesca, la pianta di M. Wohlgemut e W. Pleydenwurff contenuta nel monumentale Liber Chroni-

34 35 6. GAMUCCI, Bernardo 7. GAMUCCI, Bernardo Libri quattro dell'antichita della citta di Roma, raccolte sotto breuita da diuersi antichi et moderni scrittori, per M. Bernardo Gamucci da Le antichita della citta di Roma raccolte sotto breuita da diuersi antichi e moderni scrittori, per M. Bernardo Gamucci da San Gimignano: San Gimignano: con nuouo ordine fedelmente descritte, & rappresentate con bellissime figure ... et con nuouo ordine fedelmente descritte, & rappresentate con bellissime figure ... In questa seconda editione da infiniti errori emendate & In Venetia : per Gio. Varisco, e Compagni, 1565. corrette da Thomaso Porcacchi. (In Vinegia : appresso Giovanni Varisco, & i compagni, 1569).

Dell’architetto e antiquario Bernardo Gamuc- L’opera, divisa in quattro libri e arricchita di Si tratta della seconda edizione dell’opera, ci, nativo di San Gimignano, mancano noti- numerose xilografie tratte dai disegni di Gio- curata dal letterato e storico aretino Tommaso zie biografiche oltre le poche desumibili da vanni Antonio Dosi, anch’egli sangimignane- Porcacchi. questa sua unica opera data alle stampe. Nel- se, è redatta in forma di guida sulla scia di una L’immagine esposta raffigura la celebre la dedica a Francesco de’ Medici, infatti, l’au- tradizione ben radicata nel Cinquecento. Colonna Traiana, innalzata a Roma nel 113 tore si definisce “in così giovanile età”, men- L’immagine esposta rappresenta il teatro di da Apollodoro di Damasco per ordine di tre il tipografo nella presentazione ne annun- Marcello, uno dei più antichi edifici per spet- Traiano, le cui imprese sono raffigurate nel cia nuove ed imminenti fatiche “di matemati- tacoli giunto fino a noi, eretto per volontà di fregi a spirale che la avvolge. ca et d’altre ancora”. Augusto nel circo Flaminio.

36 37 8. GAMUCCI, Bernardo Le antichita della citta di Roma raccolte sotto breuita da diuersi antichi & moderni scrittori, per M. Bernardo Gamucci da San Gimignano: et con nuouo ordine fedelmente descritte, & rapresentate con bellissime figure ... In questa seconda editione da infiniti errori emendate & corrette da Thomaso Porcacchi. (In Vinegia : appresso Giouanni Varisco, & compagni, 1580).

Si tratta della terza edizione dell’opera curata come la seconda da Tommaso Porcacchi. Ne sarebbe seguita una quarta nel 1588. L’immagine esposta raffigura la piramide Cestia eretta tra il 18 e il 12 a.C. come sepolcro di Caio Cestio Epulone nei pressi dell’attuale Porta San Paolo.

38 39 9. PALLADIO, Andrea L’antichità dell’alma città di Roma … Raccolta breuemente da gli auori antichi, e moderni. In Roma : appresso Guglielmo Facciotto, 1600. Ba.562.12.2

L’Antichità di Roma fu pubblicata da Palladio L’Antichità di Roma fu il primo scritto di Pal- se ne stacca per privilegiare l’archeologia. nel 1554, in occasione del suo quarto e ul- ladio ad essere pubblicato, all’edizione roma- E’ il modello di Palladio, che per la sua ope- timo viaggio nell’Urbe, compiuto tra il feb- na ne seguì immediatamente una veneziana, ra fece ricorso alle fonti antiche, da Dionigi braio e il giugno di quello stesso anno assie- e poi moltissime altre, in un crescendo di d’Alicarnasso a Livio, Plinio, Plutarco, Ap- me a Daniele Barbaro e ad altri gentiluomini consensi che finì per consacrarne il ruolo di piano Alessandrino, Valerio Massimo, Eutro- veneziani. Stando alla testimonianza di Giro- vademecum privilegiato del viaggiatore colto pio, e agli antiquari moderni: Flavio Biondo, lamo Gualdo, Palladio aveva già soggiornato fino ben dentro il Settecento, quando l’opera appunto, ma anche i più recenti Lucio Fauno, una prima volta a Roma nel 1541, con il suo poteva vantare ormai più di trenta edizioni. Andrea Fulvio, Bartolomeo Marliani, Pirro protettore, il letterato Gian Giorgio Trissino, Sebbene il volumetto s’inserisca nella lun- Logorio. “Ne mi sono contentato di questo e poi lungamente tra il 1545 e il 1547, in ga tradizione dei Mirabilia Urbis medievali, solo - avverte nel proemio ai lettori - , che compagnia ancora di Trissino e di altri due largamente diffusi e divulgati nel Quattro- ancho ho voluto vedere, et con le mie pro- amici vicentini, il poeta Marco Thiene e il cento dalla nuova arte tipografica, Palladio prie mani misurare minutamente il tutto”: pittore Giovan Battista Maganza. Un altro ha tuttavia cura di emendare i molti errori e testimonianza di un’attitudine “scientifica” viaggio è documentato nel 1549. stravaganze che infarcivano le guide tradizio- che accompagna l’architetto e ne giustifica il Il reiterato pellegrinaggio romano, rispon- nali, destinate più al pellegrino che al cultore coinvolgimento in quegli anni nel progetto deva all’esigenza di un diretto contatto con di antichità, al quale invece esplicitamente il dell’edizione vitruviana di Daniele Barbaro. le venerate antichità, per studiare, misurare libro si rivolge: infatti, tralasciando gli edi- Sempre nel 1554, e per i tipi dello stesso rilevare piante e alzati, murature, colonne, fici ecclesiastici, l’architetto si propone di editore romano Vincenzo Lucrino, Palla- capitelli di templi, basiliche, terme, teatri, descrivere in modo accurato e preciso le ve- dio pubblica la Descritione de le Chiese, Sta- archi trionfali, ponti, al fine di restituire, nel stigia della Roma archeologica, “conoscendo tioni, Indulgenze et Reliquie de Corpi Sancti, clima di acceso classicismo alimentato da quanto sia appresso ciascuno grande il desi- che sonno in la città de Roma, che in qualche uomini come Trissino e Barbaro, “i disegni derio di intendere veramente le Antichità”. modo integra il libro sull’Antichità, con un di quegli edificij […] e ponere breuemente È la risposta nuova e aggiornata a un nuovo excursus sulle chiese romane e le connesse ciò che in essi mi è parso degno di considera- e aggiornato pubblico, fatto di intenditori e devozioni di ciascuna destinato ai pellegrini, tione”, come scriverà lo stesso architetto nel di amateurs, cresciuti all’ombra dell’ umane- ma che si distingue dalla consimile pubbli- Proemio dei Quattro Libri dell’Architettura. simo e nutriti di filologico entusiasmo per cistica per l’attenzione riservata agli aspetti Il viaggio del 1554, il cui il primo frutto fu l’antico. I precedenti erano quelli degli anti- propriamente artistici. L’Antichità di Roma, era soprattutto finaliz- quari e dei topografi, a cominciare da Flavio zato in realtà alle rilevazioni e allo studio de- Biondo e dalla sua Roma ristaurata, grazie gli antichi monumenti in vista dell’edizione ai quali la consueta letteratura periegetica dei Dieci Libri di Vitruvio, dati alle stampe si sdoppia: un filone più popolare continua nel 1556 da Barbaro con la collaborazione l’impostazione devota e più o meno ingenua dell’amico architetto. dei Mirabilia, un altro, più rigoroso e colto,

40 41 10. PALLADIO, Andrea 11. PALLADIO, Andrea Les antiquitez de la ville de . Briefuement recueillies des Autheurs tant antiques, que modernes. ... Le tout traduict d’italien en françois, Les antiquites de la ville de Rome. Recueillies des autheurs tant antiques, que modernes. ... Le tout traduit d’ italien en françois par Pompée de Launay. par Pompée de Launay. Rome : sur l’ imprimé à Roma. Et à Rouen : de l’ imprimerie de Laurens Machvel, 1673. In Roma : appresso Guglielmo Facciotti : ad instanza di Giouan Senese in Piazza Navona, 1628. Appare con front. proprio di seguito a: Les merueilles de la ville de Rome. ... A Rome : sur l’ imprimé à Roma. Et se vendent à Rouen : Appare con front. proprio di seguito a: Les merueilles de la ville de Rome. ... A Rome : par Guillaume Facciotti, 1628. chez Laurens Machvel, 1673. 85.b.240 46.a.164

Si deve a Pompée de Launay la prima Edizione francese pubblicata a Rouen dallo nerario da Rouen a Roma e da Roma a Lo- traduzione francese delle Antichità di Roma di stampatore Laurens Machuel con la traduzio- reto. Palladio, pubblicata ad Arras nel 1612 dallo ne di Naudhuy: vi è aggiunta una lista sulle Le immagini esposte raffigurano l’arco di Co- stampatore Robert Naudhuy. Questa edizione cose più rare e belle che si possono vedere nel stantino e il portico di Agrippa, ovverossia il del 1628, sempre con la traduzione di de viaggio da Parigi a Roma e una guida dell’iti- Pantheon. Launay , illustrata, fu stampata a Roma da Guglielmo Facciotti. L’immagine esposta rappresenta Castel Sant’Angelo, in origine mausoleo di Adriano.

42 43 12 13. DU PÉRAC, Étienne Raccolta o album di disegni d’architettura e d’ornato I vestigi dell’antichità di Roma raccolti et ritratti in perspettiua con ogni diligentia da Stefano Du Perac parisino. cart., mm 220 x 160, cc. 127, sec. XVI2 In Roma : appresso Lorenzo della Vaccheria alla insegna della Palma, 1575. ms. 764 41.a.44

È un piccolo codice di 127 fogli, rilegato nell’Ottocento in mezza pelle. L’irregolarità della numerazione e il riconoscimento di almeno due diverse grafie ne ha evidenziato la natura composita, ipotesi suffragata anche dalla varietà dei soggetti raffigurati: rilievi di antichità, copie da trattati preesistenti, schizzi ed esercitazioni architettoniche e infine una sezione eterogenea relativa alla costruzione di macchine. La presenza di copie da altri due codici, uno attualmente a San Pietroburgo e l’altro alla Biblioteca Marciana, ha fatto ipotizzare una comune presenza in laguna, dove possono essere stati copiati nel presente manoscritto, mentre lo schizzo della tomba del giureconsulto padovano Marco Mantova Benavides nella chiesa degli Eremitani, opera di Bartolomeo Ammannati, fa ricondurre l’autore (o gli autori) dei disegni al suo ambito, se non addirittura supporre l’autografia dello scultore toscano. Tra i numerosi disegni di antichità si espone quello relativo al tempio di Minerva già nel lato di fondo del foro romano di Nerva, demolito nel 1604. Il volume consta di quaranta fogli, il primo agli studiosi dell’antichità per la diligenza il libro, Etienne du Perac è a Roma da ol- funge da frontespizio, nel secondo è ospitata che io ho usata in rappresentare fedelmente tre quindici anni, ed è noto se non altro la dedica a “Giacomo Buoncompagni gover- i residui della Romana grandezza”. Si affi- per aver fornito la propria opera all’erudi- nator generale di Santa Chiesa”. Etienne du da poi all’ “autorità e virtù” del dedicatario to veronese Onofrio Panvinio e aver dato Perac (c. 1520-1604) vi palesa le proprie in- perché possa favorire l’opera “bisognosa alle stampe nel 1574 la pianta archeologica tenzioni e in particolare sottolinea che “sarà di molto lume” a causa dell’“oscurità del- Urbis Romae Sciographia. Certo il mercato dunque utile il libro […] et grato, et accetto l’auttore” (sic). In realtà, quando pubblica dell’editoria antiquaria era piuttosto affol-

44 4 lato: nello stesso 1575 esce ad esempio per non limitandosi agli edifici antichi ma in- Non si tratta però di raffigurazioni di singoli 14. DU PERAC, Etienne iniziativa di un altro francese, lo stampatore serendone di moderni nonché un repertorio monumenti, né tanto meno di ricostruzioni I vestigi dell’ antichita di Roma raccolti et ritratti in perspettiua con ogni diligentia da Stefano Du Perac parisino ... Antonio Lafreri (Antoine Lafréry), con il di statue. ideali, ma di vere e proprie vedute: imma- In Roma : appresso Giambattista de Rossi milanese in Nauona, 1671. quale peraltro lo stesso Du Perac collabora, Du Perac, partendo dal Campidoglio, scan- gini di grande qualità, paragonabili a quelle 35.c.9 la raccolta iconografica Speculum Romanae disce il suo itinerario in trentanove tappe: in edite nel 1551 dall’incisore fiammingo Hie- Magnificentiae, che riunisce, incise da vari calce a ogni pagina una didascalia di poche ronymus Cock. artisti, molte più immagini de I vestigi, non righe fornisce le informazioni essenziali su- La pagina esposta raffigura l’arco di Costan- Edizione seicentesca pubblicata dal milane- in alto, il ritrattino dello stampatore con la seguendo un’impostazione topografica e gli edifici e le rovine. tino sullo sfondo dell’arco di Tito. se Giovanbattista de Rossi e simile a quella dicitura “Giombattista de Rossi Milanese in del 1575, con immagini reincise. La prima Navona”. In mostra è esposta una veduta di veduta, raffigurante il Campidoglio, porta, Porta Nevia o Porta Maggiore.

46 47 15. MONTJOSIEU, Louis de 16. LIPSIUS, Justus Ludouici Demontiosii Gallus Romae hospes. Vbi multa antiquorum monimenta explicantur, pars pristinae formae restituuntur. Opus in Iusti Lipsi De amphitheatro liber. In quo forma ipsa loci expressa & ratio spectandi. Cum aeneis figuris. Omnia auctiora vel meliora. quinque partes tributum. Antuerpiae : ex officina Plantiniana, apud Ioannem Moretum, 1598. Romae : apud Ioannem Osmarinum, 1585. Segue con proprio front. a p. [57]: De amphitheatris, dello stesso A. 38.c.27 28.b.8/3

Non sono molte le notizie biografiche su Louis Nato a Overijse nei pressi di Brussel, Joost tari di C. Giulio Cesare e ne avesse approntate 43 de Montjosieu, latinamente Demontosius, Lips, latinamente Julius Lipsius (1547-1606), per un’edizione delle Storie di Polibio che non fu erudito francese nato nell’attuale dipartimento compì gli studi nel collegio gesuitico di Colo- pubblicata o che, per fare il nome d’un pittore, dell’Aveyron e morto alla fine del sedicesimo nia, trascorrendo gli anni tra il ‘68 e il ’72 in Paris Bordon avesse dipinto un Combattimento di secolo. Tra gli avvenimenti salienti della sua Italia al seguito del cardinale Antoine Perrenot gladiatori (Kunsthistorisches Museum,), vita deve essere annoverato il viaggio a Roma de Granvelle. In rapporto con alcuni dei mag- nel quale i personaggi agiscono sullo sfondo dei dove accompagnò nel 1583 il duca di Joyeuse giori intellettuali del tempo, tra i quali, Mer- monumenti di Roma antica. e guadagnò la stima di papa Sisto V. curiale, Montaigne, Scaligero, Paolo Manuzio, Il testo di Lipsio è completato dal De amphi- Frutto del soggiorno romano è quest’opera, fu anche amico di Rubens, che lo ritrasse nel theatris quae extra Romam libellus, con proprio dedicata al papa, che ripagò l’autore con un famoso I quattro filosofi della Galleria Palatina frontespizio ma con paginazione continua, che privilegio di stampa decennale. È un trattato di Palazzo Pitti a Firenze. Insegnò nell’univer- tratta delle arene nel resto d’ Italia e altrove. di antichità romane che, nelle cinque parti in sità di Jena prima, e in quella di Leida poi, ac- Nell’introduzione al De Anphitheatro l’autore cui è diviso, prende in considerazione: I. Gli costandosi per qualche tempo al calvinismo. confessa che l’impegno - dodici giorni appena obelischi, la piramide Cestia, l’arco di Giano e Tornato nei ranghi del cattolicesimo, assunse - gli è stato leggero e dilettevole; a guidarlo, di- il Settizonio. II. Il Pantheon. III. La scultura. infine la cattedra di latino a Lovanio. Curatore chiara, è stato più l’interesse per i riti che quel- IV La pittura. V. Il Foro Romano. Opera dell’edizione critica di Tacito e di Seneca, pro- lo per l’architettura, e tuttavia non sono state sempre considerata rara (l’esemplare esposto pugnò nel suo De constantia un ritorno a uno trascurate “formas et imagines”, essendosi egli appartenne al celebre librettista Ranieri de’ stoicismo di marca senechiana. proposto di restituire “imago, facies, habitus” Calzabigi che con una nota sul frontespizio lo Il De amphiteatro, pubblicato la prima volta nel di tutte le arene, sia con la penna sia col pen- qualificò “rarissimus”), ebbe una certa fortuna 1584, in latino, testimonia l’interesse erudito di nello. In effetti l’opera è corredata da alcune come testimoniano le ristampe della terza e Lipsio per i più vari aspetti dell’antichità roma- pregevoli incisioni, attribuite a Pieter van der quarta parte nel De sculptura di Pomponio na, interesse confermato da altre sue pubblica- Borcht, collaboratore dell’editore anverse- Gaurico, nell’edizione elzeviriana di Vitruvio zioni, tra le quali il De gladiatoribus (1582), il De se Plantin, ma in realtà dipendenti anche da (Amsterdam 1649) e nel nono volume del militia romana (1595), il Poliorceticon (1596), il stampe precedenti. Thesaurus antiquitatum Graecarum del De magnitudine romana (1598). I 22 capitoli del trattatello spaziano dai pro- Gronovius (Amsterdam 1701). Sono temi, questi della milizia e dei gladiato- blemi terminologici (cur amphitheatrum dic- ri, che si ritrovano già per tempo nella cultura tum, et cur cavea, cap. II) alle divinità cui gli La tavola esposta raffigura il cosiddetto arco da identificarsi con l’Arcus divi Costantini rinascimentale, condivisi anche da vari artisti. anfiteatri erano consacrati (Dianae in primis, di Giano presso la chiesa di San Giorgio al ricordato dalle fonti nei pressi del Foro Boario Del resto Vitruvio, che era stato architetto mi- Iovi Latiari, sive Diti item Saturno, ecc., cap. Velabro, leggermente alterato nelle proporzioni – il nome moderno deriverebbe dal termine litare, aveva dedicato il decimo dei suoi libri al IV); come fossero di legno all’inizio e di pietra e ancora provvisto di attico e coronamento latino ianus che indica un passaggio coperto problema della guerra e delle macchine a questo in seguito (cap.V); le parti dell’anfiteatro (capp. demoliti nel 1830. Eretto nel IV secolo – è ricordato nella trattatistica cinquecentesca uso adibite. È indicativo che anche Palladio nel VIII, IX); non mancano interessanti spunti sul- con funzioni commerciali e probabilmente come arco, o tempio, di Giano. 1574-75 illustrasse con 42 incisioni i Commen- le scenografie (a mo’ di selva, di mare, con navi,

48 49 cap. X); sull’ordine dei posti a sedere (cap. proemio, di tributare un omaggio a Serlio. I mes e quelle di Douai la Fontane che lo me- 17. FELINI, Pietro Martire XIIII); sui velari (colorata ea fuisse, aliquan- capitoli sono sei, nel primo dei quali c’è un ravigliano assai, ma che erano in verità delle Trattato nuouo delle cose maravigliose dell’alma citta di Roma ornato di molte figure, nel quale si discorre di 300 e piu chiese composto da F. do serica, aliquando purpurea auro distinta, semplice elenco degli anfiteatri in Italia, Istria, cave con funzioni anche abitative. Pietro Martire Felini da Cremona ... Et hora dal sopraddetto F. Pietro Martire con diligenza corrette, ampliate, e con bellissimo ordine disposte capp. XVII-XVIII), ecc. Spagna, Gallia, mentre nei capitoli successivi In mostra è esposta una tavola raffigurante In Roma : per Bartolomeo Zannetti : ad istanza di Gio. Domenico Franzini, & heredi di Girolamo Franzini, 1615. Nel De amphitheatris quae extra Romam libel- si esaminano partitamene, e si illustrano me- l’interno di un anfiteatro, un’immagine ideale lus, dedicato a Ortelio, l’autore ha modo, nel diante incisioni, le arene di Verona, Pola, Nî- del Colosseo, con giochi gladiatòri nell’arena. Il frate servita cremonese Pietro Maria Felini (ca- 1565-1613 si distinse nello studio della liturgia, della musica sacra, dell’archeologia e delle lingue. La conoscenza del tedesco ne favorì l’impiego in varie missioni oltralpe durante una della quali, alla Dieta di Regen- sburg, trovò la morte, probabilmente vittima della peste. La sua guida di Roma, qui nella seconda edi- zione, fu pubblicata nel 1610 e conobbe nel- la prima metà del Seicento varie ristampe e traduzioni in spagnolo e francese. L’autore, presentandola come rielaborazione e amplia- mento delle precedenti guide, si scusa di non averla perfezionata come avrebbe voluto a causa della “poca patienza di molti”, desidero- si di disporre di uno strumento attendibile e aggiornato. Ai monumenti antichi è dedicata la seconda parte, L’antichità figurate dell’alma città di Roma che rielabora la fortunatissima operetta di Andrea Palladio (cfr. n. 9-11)) Le illustrazioni esposte raffigurano Castel Sant’Angelo e il Settizonio.

50 51 18. PANVINIO, Onofrio Onuphrij Panuinij Veronensis Antiquitatum Veronensium libri VIII.Nunc primum in lucem editi variisque iconibus et antiquis inscriptionibus locupletati. [Padova] : typis Pauli Frambotti, 1648 42.a.6

Il veronese Onofrio Panvino (1530-1568), l’umanista Torello Saraina (1540) e in parte entrato undicenne nell’ordine agostiniano, originale, ad opera di François Huret e di Gio- fu a Roma nel 1549-50 e dal 1543 ottenne vanni Georgi, attivo a Padova tra il 1617 e il di vivere fuori dall’ordine, abitando presso il 1656, impreziosisce l’opera. card. Farnese. Compì numerosi viaggi in Italia L’arco dei Gavi, uno dei più bei monumen- trovando la morte a Palermo, al seguito del ti romani della città scaligera, abbattuto dai cardinale, non ancora quarantenne. Erudito Francesi nel 1805 e ricostruito nel 1932, su- di vastissima cultura sacra e profana, ricerca- scitò in epoca rinascimentale un vivo interes- tore instancabile e autore di numerosi trattati se. Antonio da Sangallo e il Peruzzi ce ne han- di carattere storico-erudito, godette di grande no lasciato testimonianze grafiche; Sebastiano fama e fu ritratto da Tiziano. Serlio lo studiò con grande attenzione demo- L’opera su Verona, che traccia la storia della lendo, sulla base di rilievi stilistici, l’opinione città delineando la biografia dei veronesi illu- che lo voleva opera di Vitruvio sulla base di stri e descrivendone i monumenti antichi con un iscrizione posta sul lato sinistro; Andrea l’ausilio di un ricco apparato iconografico, Palladio, che lo menziona nei Quattro libri, ne rimase inedita sino all’edizione padovana del lasciò alcuni disegni. 1647 (di cui questa – in un esemplare pur- Questa incisione segue fedelmente il model- troppo privo del frontespizio - non è che una lo del Caroto, che lo rappresentò in silografia successiva emissione con qualche lieve modi- nell’opera di Saraina e successivamente (1560) fica in corso di stampa) e fu ripubblicata altre nell’opera che egli stesso volle pubblicare Le due volte, nel 1658 e 1668. antichità di Verona. La presentazione del tipografo Paolo Frambot- to racconta le avventurose vicende della pub- blicazione dell’opera per impulso delle auto- rità civiche veronesi come atto di omaggio al loro concittadino verso questa sua “posthuma proles”, affidata dapprima alla cura di Paolo Malaspina a M.A. Clodio ai quali si aggiun- sero successivamente altri. Un ricco apparato illustrativo, in parte ripreso dalle illustrazioni del pittore veronese Francesco Caroto per il De origine et amplitudine civitatis Veronae del-

52 53 19. MÜNSTER, Sebastian Sei libri della cosmografia uniuersale, ne quali secondo che n’hanno parlato i piu ueraci scrittori son disegnati, i siti de tutte le parti del mondo habitabile & le proprie doti: ... Autore Sebastiano Munstero. ([Basilea] : stampato a spese di Henrigo Pietro Basiliense, 1558 nel mese di marzo). 88.b.2

Questa è la prima traduzione italiana della Cosmografia, che poté beneficiare delle ag- giunte dell’autore all’edizione del 1550 (cfr. scheda 5) Verona, dopo Roma, è senz’altro la città che attira maggiormente l’interesse di architetti e studiosi di antiquaria per l’imponente pre- senza di vestigia romane, fattore di sviluppo in loco di una ricca tradizione umanistica. Nel 1540, contemporaneamente al Terzo libro di Sebastiano Serlio (cfr. n. 41), che dà ampio spazio alle antichità veronesi, Torello Sarai- na consegna alle stampe nella città scaligera il suo De origine et amplitudine civitatis Vero- nae con le illustrazioni di Giovanni Caroto. Quest’ultimo, pittore fratello del più noto Giovanni Francesco, darà alla luce nel 1560 una sua propria opera intitolata Le antichità di Verona, traendo l’illustrazione raffigurante il teatro dall’opera precedente, ricostruzione del monumento secondo una visione ideale dell’antico, come dimostra un confronto con il precedente sobrio disegno di G. B. Sangallo degli Uffizi, posteriore al 1519. È ben noto anche l’interesse di Palladio per il manufatto, documentato da una serie di disegni oggi a Londra, considerati Al Caroto si rifà anche la silografia di Chri- stoph Stimmer che compare nell’opera di Münster solo a partire dell’edizione accresciu- ta uscita a Basilea nel 1550.

54 55 20. LIPSIUS, Justus 21-22. PIGNORIA, Lorenzo Iusti Lipsi De amphitheatro liber. In quo forma ipsa loci expressa & ratio spectandi. Cum aeneis figuris. Omnia auctiora vel meliora. Le origini di Padoua di Lorenzo Pignoria Antuerpiae : ex officina Plantiniana, apud Ioannem Moretum, 1598. In Padoua : appresso Pietro Paolo Tozzi, 1625. Segue con proprio front. a p. [57]: De amphitheatris, dello stesso A. 38.c.20; 177.c.53.1 28.b.14/3

Nel De amphitheatris quae extra Romam li- la tavola più bella, il cui prototipo va indivi- Padova non può essere considerata tra le città Livio e di Trasea Peto, deve provare un senso bellus, séguito del De Anphitheatro (cfr. n. duato in una stampa di Enea Vico, utilizzata che, per presenza di vestigia romane, attirarono di delusione di fronte alla quasi assoluta man- 16 e 26), Lipsio descrive le arene di Verona, anche da Antonio Lafreri nel suo Speculum l’attenzione degli architetti del Rinascimento. canza di ogni rovina dell’età romana”. Tuttavia Pola, Nîmes e “Devona” (Douai la Fontaine, romanae magnificentiae del 1575, al quale il Come scrisse Cesira Gasparotto, “Il forestiere era ben documentata da una lunga tradizione nell’attuale dipartimento francese del Mai- De amphitheatris sembra attingere. che visiti la nostra città conoscendone la storia la presenza in città di un anfiteatro, i cui pochi ne-et-Loire). All’arena di Verona è dedicata dell’antico municipio patavino, patria di Tito resti nei pressi della Cappella degli Scrovegni

56 57 sono ricordati da Bernardino Scardeone nel ta ellittica dell’anfiteatro e ne presenta quattro 23-24. MARZARI, Giacomo De antiquitate urbis Patavii (1560). Il primo prospettive; qui (n. 21) è visibile la porta me- La historia di Vicenza del sig. Giacomo Marzari fu del sig. Gio. Pietro nobile vicentino ... Nuouamente posta in luce, con due tauole, vna dei però che ne trattò estesamente fu Lorenzo Pi- ridionale di accesso nel cui scorcio sembrano nomi de gli huomini; et l’altra delle cose piu notabili. Agiontoui, la citta, con alcune antichità che in essa si ritrouanno. gnoria in quest’opera. combattere due gladiatori; non fu però lo “zelo In Vicenza : appresso Giorgio Greco, 1604 (In Venezia : appresso Giorgio Angelieri, vicentino, 1590). Lorenzo Pignoria (1571-1631), erudito ed de’ nostri christiani antichi” a causare “la roui- 67.b.127; 177.c.49 antiquario padovano di famiglia modesta ma na & distruttione di queste machine gigantee non poverissima, si formò presso le scuole [...] sedie di crudeltà & d’abominatione” dove Del poco noto Giacomo Marzari, vicentino, qualità come le altre quattro che corredano il gesuitiche e frequentò all’Università i corsi fu versato il sangue dei martiri, ma sicuramen- ci restano alcuni scritti, il più importante dei testo, gli “acquedoti luntani dui miglia” di Lo- di filosofia del Piccolomini e dello Zabarella te l’opera devastatrice dei barbari. quali è La Historia di Vicenza, edita la prima bia che servivano la città di Vicenza. per approdare poi, ma senza conseguire la lau- Secondo le indicazioni del De Amphitheatro volta nel 1591. L’opera, continuando il model- rea, alla facoltà giurista. Ordinato sacerdote di Justus Lipsius Pignoria presenta in que- lo storiografico di Giovan Battista Pagliarini, nel 1602, trascorse a Roma al servizio del ve- st’altra immagine (n. 22) quelle che “per suo cui, nel Quattrocento, si deve un’importante scovo Marco Cornaro due anni (1605-1607) credere” erano le volte delle grotte nelle quali storia della città, ambisce a diventare, per usa- decisivi per lo sviluppo dei suoi interessi an- erano custodite le fiere per i combattimenti. re le parole dell’autore, “il vero ritratto non tiquari e con l’ambiente romano conservò più veduto dell’Historia della comune Patria e sempre stretti legami. A Padova, dove entrò dei figliuoli suoi illustri”. nell’Accademia dei Ricovrati e fu sempre in La prima edizione è priva di illustrazioni, collegamento con l’ambiente universitario, fu mentre questa seconda, del 1604, è correda- in rapporto con le personalità di maggior spic- ta da cinque silografie raffiguranti una veduta co della cultura cittadina e, attraverso l’assidua della città,“il ponte di Santo Michiele Arco frequentazione della casa di Giovanvincenzo bellissimo” e, le altre tre, alcuni monumenti Pinelli, con molti dotti europei; con Galileo antichi: i resti del teatro Berga, “gli acquedoti strinse un’amicizia che, dopo la partenza da luntani dui miglia, che portavano l’acque in la Padova, di quest’ultimo, continuò con una Città” e il “Pozo Antico fatto da la Natura”. fitta corrispondenza. Coltivò numerosi inte- Può sorprendere che manchino gli edifici pal- ressi, anche letterari, ma diede probabilmente ladiani cui è legata oggi la fama della città, il meglio di sé nella produzione storica e anti- alcuni in verità ancora in fase di costruzione quaria della quale si possono ricordare almeno quando la seconda edizione dell’ Historia era l’ Antenore e Le origini di Padova, che al suo data alle stampe, altri tuttavia già ben conno- apparire scatenò lunghe diatribe perché vi era- tanti, ormai, il paesaggio urbano, ma eviden- no messe in dubbio tradizioni di patavinitas temente il fascino e il prestigio dell’”antichità” ormai consacrate. erano ancora così assoluti da privilegiare i ru- Pignoria, sulla scorta dei resti, incorporati nel deri, pur se modesti. palazzo romanico dei Delesmanini, poi Scro- Si deve ricordare, d’altra parte, che i resti del vegni, demolito all’inizio dell’Ottocento e teatro Berga, cui è dedicata l’approssimativa delle indicazioni fornite nel De amphitheatro illustrazione del n. 23, era stato oggetto di del Lipsius (cfr. n. 16, 20 e 26), che non cita vivo interesse in loco e che lo stesso Palladio e tuttavia quello padovano, ricostruisce la pian- Silvio Belli l’avevano rilevato. 177.c.49 Quest’altra immagine (n. 24), di modesta

8  25. VILLE, Antoine de 26. LIPSIUS, Justus Antonii Deville, Equitis Galli Portus et urbis Polae antiquitatum, ut et thynnorum piscationis descriptio curiosa ... Editio novissima, à multis erroribus Iusti Lipsi De amphitheatro liber. In quo forma ipsa loci expressa & ratio spectandi. Cum aeneis figuris. Omnia auctiora vel meliora. correcta ... in Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae ... digeri alim coeptus cura & studio Joannis Georgii Graevii ... Tomi sexti pars tertia. Antuerpiae : ex officina Plantiniana, apud Ioannem Moretum, 1598. Lugduni Batavorum, excudit Petrus Vander Aa, 1722 Segue con proprio front. a p. [57]: De amphitheatris, dello stesso A. 77.c.8 Minich Misc. 1278/5.7

Antoine de Ville (1596-1658) fu un famo- In questa immagine contenuta nel De amphi- so ingegnere militare al servizio del princi- theatris quae extra Romam libellus (cfr. n. 16 e pe Tommaso di Savoia, della Repubblica di 20), è illustrata l’arena di Nîmes, in Provenza. Venezia per incarico della quale fortificò il La città francese era famosa per la ricchezza porto di Pola e successivamente del cardinale delle sue vestigia romane ed era stata oggetto Richielieu. Tra le sue opere godette di parti- degli studi e dei rilievi di Jean Poldo d’Albenas colare reputazione il trattato Les fortifications pubblicati con bellissimo corredo iconografi- apparso a Lione nel 1628 e più volte riedito. co nel Discours historial de l’antique et illustre L’operetta su Pola fu pubblicata a Venezia cité de Nismes, del 1559-60. nel 1633 con dedica al Doge mentre l’autore prestava la sua opera presso la Serenissima L’anfiteatro della città istriana era incluso già nel Cinquecento nel tour delle testimonian- ze archeologiche di età romana. Sebastiano Serlio ne offrì una sua ricostruzione di pian- ta e profilo nel Terzo libro dell’architettura e anche Palladio se ne interessò, citandolo nei Quattro libri e raffigurandolo in alcuni dise- gni oggi a Londra, in parte attribuiti anche al Falconetto. La pianta del Serlio è ripresa dal Lipsius (cfr. n. 16, 20 e 26) Nella pagina accanto è rappresentato il tem- pio di Augusto.

60 61 27. VITRUVIUS POLLIO le costruzioni lignee primitive; tecnologia dei tettura di vari autori greci dei secoli preceden- princeps romana (1486/87) curata da Giovan- De architectura in Cleonides. Harmonicum introductorium [in latino], trad. Georgius Valla. [Seguono:] Vitruvius, De architectura; Angelo materiali costruttivi (argilla, sabbia, calce, poz- ti e di alcuni autori romani a lui coevi (opere ni Sulpicio cui seguì la fiorentina (ma per alcu- Poliziano, Panepistemon; Lamia; Frontinus, De aquaeductu urbis Romae, P. I-IV. zolana, pietra); le murature (tipi e dimensio- tutte andate in seguito perdute), e inoltre della ni veneziana) del 1495/96; a quest’ultima si ri- Venezia, Simon Bevilacqua, 3 VIII 1497. ni); i legnami; sua personale esperienza di architetto-ingegne- fà la presente, con l’aggiunta del trattato di teo- Sec. XV, 117 - libro III: i templi (modularità e simmetrie); le re, aveva compilato un trattato sistematico, in ria musicale di Cleonide (II sec. d.C.) tradot- proporzioni del corpo umano (l’uomo vitruvia- grado di offrire una formazione di base comple- to dal greco in latino dall’umanista piacentino Vitruvio - l’autore di questo importantissimo de quadrata che ospitava la tribuna dei giudici. no: homo ad circulum et ad quadratum) esempla- ta per gli architetti del suo tempo. Giorgio Valla. Nonostante le ipotesi formulate, trattato dell’antichità diventato nel Rinascimen- Se dunque la carriera di Vitruvio, pur interes- ri per gli edifici sacri e misura di tutte le cose; le Ma l’opera di Vitruvio avrebbe esercitato un non è noto il curatore dell’edizione, che met- to la “bibbia” degli architetti - è un personaggio a sante, non fu certo quella di uno dei più grandi tipologie dei templi; le fondazioni; i colonnati; influsso ben oltre la sua epoca, sia nei seco- te insieme testi apparentemente così eterogenei, dire il vero piuttosto misterioso: quel che sappia- architetti dell’antichità, egli ottenne fama impe- - libro IV: gli ordini architettonici (colonna do- li della tarda romanità, sia lungo tutto il Me- scelta che potrebbe forse trovare una spiegazio- mo della sua vita sostanzialmente ce lo racconta ritura presso i posteri grazie al suo trattato, poi- rica, ionica e corinzia); origine degli ornamenti dioevo, particolarmente in età Carolingia, gra- ne nel ritratto ideale dell’architetto, tracciato da lui stesso nei pochi cenni autobiografici conte- ché fu l’unico testo antico dedicato all’architet- di colonne e trabeazioni; pronao e cella del tem- zie alle copie redatte dagli amanuensi nei mo- Vitruvio nel primo libro, per la cui formazione nuti nel trattato. tura che riuscì ad attraversare il lungo Medioevo pio tuscanico; nasteri d’Europa. la musica e la filosofia (Lamia è un’introduzio- Egli fu un architetto e ingegnere romano vissuto e a raggiungere quasi indenne la modernità. - libro V: gli edifici pubblici profani: foro, ba- Di copia in copia il testo originario, già di per sé ne alla logica aristotelica) sono elementi impor- nel I secolo a.C. e “Vitruvio” in realtà era il no- Il De architectura è un trattato suddiviso in die- silica, curia, teatro (con una lunga digressione di difficile comprensione, perse in alcune parti tanti insieme ad altre discipline. me della gens alla quale apparteneva: non paiono ci libri che affrontano via via tutte le problemati- sull’acustica e sui principi dell’armonia musi- la sua chiarezza, anche perché ad un certo pun- invece attendibili il cognome Pollione e i preno- che - statiche, funzionali ed estetiche - connesse cale da applicarsi alle costruzioni), terme, pa- to si tralasciò di ricopiare i disegni illustrativi mi Lucio e Marco attribuitigli posteriormente. con l’architettura; il linguaggio di Vitruvio, co- lestre, porti; che in principio lo accompagnavano. In gioventù Vitruvio fu al servizio di Giulio Ce- me si addice alla materia, è essenzialmente tecni- - libro VI: gli edifici privati (orientamento, pro- Quando perciò nel 1416, nel fervore del nuovo sare (100-44 a.C.) e perciò doveva essere già an- co ed egli per indicare tutti gli elementi costrut- porzioni, scelta del sito, forma dell’atrio); le ca- clima umanistico volto ad un generale recupero ziano - e quindi ricco di esperienze e di cono- tivi fa uso di una terminologia specialistica, talo- se rustiche; la casa greca; principi statici e fon- della cultura classica, il toscano Poggio Braccio- scenze - quando, all’incirca fra il 30 e il 20 a.C., ra espressa in lingua greca. dazioni; lini ritrovò nel monastero di San Gallo una co- scrisse il suo fondamentale trattato sull’architet- Gli argomenti trattati nei vari libri sono in bre- - libro VII: le finiture (pavimenti, rivestimenti, pia del trattato, considerate le oscurità del testo, tura, dedicandolo all’imperatore Augusto. ve i seguenti: decorazioni); il problema dell’umidità; la pittu- la sua “riscoperta” piuttosto che gli architetti in- Come professionista fu ingegnere militare, esper- - libro I: generalità: l’architetto ideale (forma- ra murale (tecnica e stile); il marmo; i colori na- teressò dapprima i letterati e i filologi. to nella costruzione di macchine belliche, non- zione teorico-pratica e sua cultura universale, turali e artificiali; Tuttavia nel corso del Quattrocento il testo vi- ché ingegnere idraulico, responsabile degli ac- sintesi di molte discipline); l’articolazione del- - libro VIII: gli impianti idraulici (metodi di re- truviano venne studiato a fondo da alcuni ar- quedotti di Roma, come ci testimonia il coevo l’architettura: costruzione edilizia (pubblica e perimento, di analisi della qualità e di condu- chitetti di grande cultura, cioè Leon Battista Al- Frontino nel suo De aquaeductu urbis Romae. privata), gnomonica e ideazione di macchine; zione dell’acqua); berti, Francesco di Giorgio Martini e Filarete, Della sua attività di architetto, invece, sappiamo i requisiti fondamentali: stabilità, distribuzio- - libro IX: nozioni di astronomia (struttura del- che ne presero esempio per le loro opere, edi- solo che costruì la basilica di Fano, di cui non re- ne e bellezza (la famosa triade vitruviana: fir- l’universo: sole, luna, pianeti, volta celeste), di fici e trattati. stano tracce, ma dalla descrizione che ce ne dà mitas, utilitas, venustas); corrispondenza forma- astrologia e meteorologia, di gnomonica (meri- Infine, con l’avvento della stampa e delle prime lui stesso si trattava di un edificio dalle propor- funzione, soprattutto nel tempio (scelta dell’or- diane solari e orologi ad acqua); edizioni del De architectura di Vitruvio, la cono- zioni molto rigorose: presentava infatti un salone dine architettonico adatto alla divinità); fonda- - libro X: la meccanica (definizione ed evoluzio- scenza approfondita di questo “testo sacro” del- rettangolare lungo il doppio della larghezza, cir- menti di urbanistica: scelta del sito della città, ne); meccanica civile (macchine per sollevare pe- l’antichità sarebbe diventata un compito impre- condato sui quattro lati da un portico largo un costruzione delle mura, disposizione e orienta- si e per rialzare l’acqua, organo idraulico, odo- scindibile per ogni architetto al passo coi tempi. terzo della sala e costituito da colonne alte fino al mento delle strade e degli edifici pubblici; metro); meccanica militare (macchine belliche: Fu però un interesse filologico più che architet- tetto; a metà del salone si apriva su un lato l’absi- - libro II: origine ed evoluzione dell’umanità; scorpione, balista, catapulte, arieti, testuggini). tonico a produrre le tre edizioni a stampa quat- Vitruvio dunque, sulla base degli scritti di archi- trocentesche del testo vitruviano, dall’ editio

62 63 28. GRAPALDI, Francesco Mario 29. GRAPALDI, Francesco Mario De partibus aedium. Francisci Marii Grapaldi poetae laureati De [Parma], Angelo Ugoletti, [1494?]. partibus aedium addita modo, verborum 120.a.161 explicatione, quae in eodem libro, continentur. Opus sane elegans, & eruditum, tum propter multiugam variarum rerum, lectionem cum Non fu uno specifico interesse teorico o pro- propter M. Vitruuii & Cornelii Celsi, emacula- fessionale per l’architettura a spingere l’uma- tas diciones, quae apud ipsos vel mendosae, vel nista parmense Francesco Mario Grapaldo obscurae, videbantur. (1460-1515) alla composizione di quest’ope- (Impressum Parmae: per accuratissimos ra. Di antica famiglia, fornito di una solida impressores Octauianum Saladum & Franci- istruzione classica, dapprima notaio e succes- scum Vgoletum ciues Parmenses : impensis sivamente professore di belle lettere allo Stu- Antonii Quintiani, die septimo Maii 1516). dio di Parma, ricoprì anche un importante 57.a.137 ruolo politico nella vita della sua città tanto che come segretario dell’ambasceria parmense presso Giulio II ottenne dal papa l’incorona- In questa quarta edizione parmense postuma zione poetica e una rendita. l’opera, dopo le precedenti aggiunte di un Il De partibus aedium, di cui questa è la prima Index verborum fu arricchita di un glossario edizione, è una sorta di enciclopedia di carat- esplicativo della terminologia usata, spesso tere antiquario che, partendo da un’accurata ostica e ricercata e di difficile comprensione, descrizione di tutte le parti costitutive del- con particolare riferimento a Vitruvio. l’abitazione, ne trae spunto per illustrare, sulla Il frontespizio è ornato dal ritratto dell’auto- scorta dell’autorità dei classici ripetutamente re nell’atto di scrivere, incoronato dall’alloro citati, anche tutti gli oggetti ivi contenuti e le poetico conferitogli da papa Giulio II nel attività che vi si svolgono, non senza richiami 1512. all’attualità e all’esperienza personale. Consi- derato l’argomento, è ovvio che l’autorità di Vitruvio abbia una parte di rilievo, anche se un esplicito riferimento nel titolo comparirà solo nell’edizione postuma del 1516. Il successo dell’opera è attestato da più di una decina di edizioni successive in Italia e in Eu- ropa fino al pieno Settecento.

64 65 30. VITRUVIUS POLLIO M. Vitruuius per Iocundum solito castigatior factus cum figuris et tabula vt iam legi et intelligi possit. (Impressum Venetiis : sumptu miraque diligentia Ioannis de Tridino alias Tacuino, 1511 die XXII Maii). 35.c.53

Questa interessante edizione tardocinquecen- rale anche di tipo tecnico-scientifico, Giovan pronta per i torchi nel 1552, ed il 29 marzo tesca dell’opera di Vitruvio appare tanto bella Antonio poté successivamente intraprendere 1553 il Granduca di Toscana concedeva il pri- quanto paradossale: infatti, mentre quel cele- un’intensa attività di architetto ed ingegnere, vilegio di stampa all’editore Gabriele Giolito, bre trattato antico è pervenuto all’età moder- affermandosi presto come uno dei professio- finanziatore dell’impresa. na privo delle originarie illustrazioni, questo nisti più validi e quotati della Venezia del Cin- Ma l’atteso Vitruvio di Rusconi rimase allora strano libro non contiene il testo di Vitruvio, quecento. Su incarico di varie magistrature inspiegabilmente inedito: l’opera, dopo forse ma presenta invece - a suo commento - uno della Serenissima egli eseguì numerose perizie un altro tentativo nel 1570, vide la luce solo straordinario corredo di centosessanta bellis- per regolazioni idrauliche, fluviali e lagunari, nel 1590, ma come detto senza la traduzione sime immagini silografiche, accompagnate e progetti per ristrutturazioni e sistemazioni vitruviana e con un apparato illustrativo quasi soltanto da brevi testi esplicativi. di importanti edifici pubblici, quali la loggia dimezzato, quanto basta però per far rimpian- Pubblicata dodici anni dopo la morte dell’au- di Brescia, il palazzo ducale o quello delle pri- gere davvero la mancata edizione completa. tore per volontà degli stampatori Giolito, que- gioni di Venezia. Rusconi lavorò anche per L’editore Giovanni Giolito de’ Ferrari, che sta curiosa edizione vitruviana senza Vitruvio committenze private, ad esempio completò il aveva ereditato i legni per le silografie, decise rappresenta oggi un affascinante enigma nel palazzo Grimani di S. Luca, realizzò una vil- infatti di pubblicarne una parte corredando- contesto degli studi sull’editoria veneziana del la Pisani al Lido, ideò un palazzo per Alvise la con un testo esplicativo “redazionale”, non XVI secolo. Cornaro a Padova, costruì un bizzarro Teatro dovuto quindi al Rusconi, ma ad un anonimo L’autore, Giovan Antonio Rusconi (1500/05- del Mondo, galleggiante ed effimero, per una compilatore che si basò sul Vitruvio di Daniele 1578), apparteneva ad una famiglia di stampa- festa nel bacino di S. Marco, fece vari altari Barbaro, uscito com’è noto nel 1556 e riedito tori di origini milanesi trasferitasi a Venezia sul e monumenti sepolcrali e partecipò, senza in formato ridotto nel 1567 e nel 1584. finire del XV secolo: dopo la morte del padre fortuna, al concorso per il nuovo tempio del Le splendide tavole di Rusconi hanno un ca- Giorgio (1522), egli fece una breve esperien- Redentore. rattere prettamente didascalico: esse infatti za giovanile di editore in società con il fratello Tutte queste perizie e progetti videro molto dovevano “spiegare visivamente” i vari passi Giovan Francesco, ma in seguito si dedicò al- spesso Rusconi collaborare, o competere, con del testo vitruviano e del relativo commen- l’attività di illustratore di libri per conto di altri i migliori architetti e artisti del suo tempo, to, cui dovevano rinviare le lettere alfabetiche tipografi, essendo particolarmente versato nel quali Sanmicheli, Sansovino, Palladio, Da presenti nei disegni. disegno artistico e nell’incisione su legno. Ponte, Vittoria, Tintoretto ed altri. L’abile illustratore di libri emerge chiaramente Fu probabilmente la confidenza con il mondo Negli anni quaranta, agli esordi della sua car- nella predilezione di immagini con edifici in dei libri a stimolare in Giovan Antonio inte- riera di architetto, Rusconi aveva studiato a prospettiva o con scene di cantiere animate ressi di carattere scientifico: sappiamo infatti fondo il trattato di Vitruvio: sappiamo anzi da operai abbigliati all’antica: un’iconografia che negli anni trenta e quaranta fu discepolo che ne aveva predisposto una traduzione, pro- dunque narrativa, ma di tono alto e di straor- del celebre matematico ed inventore Nicolò babilmente commentata, che intendeva pub- dinaria qualità pittorica, sulla tradizione del Tartaglia. blicare con il corredo di ben trecento illustra- Vitruvio di Cesare Cesariano piuttosto che di Formatosi in tal modo una solida base cultu- zioni silografiche. L’opera era praticamente quelli di Frà Giocondo e di Daniele Barbaro. 66 6 31. VITRUVIUS POLLIO Di Lucio Vitruuio Pollione De architectura libri dece traducti de latino in vulgare affigurati: commentati: & con mirando ordine insigniti: per il quale facilmente potrai trouare la multitudine de li abstrusi & reconditi vocabuli a li soi loci & in epsa tabula con summo studio exposi- ti & enucleati ad immensa utilitate de ciascuno studioso & beniuolo di epsa opera. (Impressa nel amoena ... citate de Como : per magistro Gotardo da Ponte citadino milanese, 1521. 15. mensis Iulii). 36.c.17 Nato a Milano nel 1483 Cesare Cesariano fu ne, Cesariano intentò una causa, risoltasi nel icnografia alla pianta e all’alzato del duomo di allievo di Bramante, ma ebbe anche una for- 1528 a suo favore. Milano, alle sue esperienze d’ingegneria mi- mazione umanistica, che potè approfondire Pur debitore dell’edizione di Fra Giocondo, di litare, ai temi dell’urbanistica, con l’illustra- nelle le università di Ferrara e di Pavia, dopo il dieci anni precedente, la prima illustrata, ma zione della città ideale vitruviana ispirata alla forzoso av ; costretto ad abbandonare la città ancora in latino, Cesariano se ne distacca per Sforzinda di Filarete: a tutti questi argomenti dopo la morte del padre, frequentò e lavorò le finalità. Le sue preoccupazioni non sono l’autore dedica varie tavole incise. come pittore a Reggio e Parma. Ritornato a infatti tanto filologiche quanto volte ad attua- Come in Fra Giocondo anche in Cesariano Milano nel 1512 fu nominato, due anni dopo, lizzare il lascito vitruviano per una riforma in l’apparato iconografico è infatti molto abbon- ingegnere ducale, iniziando la traduzione illu- senso moderno e bramantesco della tradizione dante, con belle silografie, più accurate però strata del De Architectura di Vitruvio, portata architettonica lombarda, superandone l’ em- di quelle dell’edizione del frate veronese. Si a termine e data alle stampe nel 1521. pirismo di matrice gotica. confronti ad esempio la figura dell’uomo ad Si tratta della prima traduzione italiana di Vi- Ma la traduzione di Cesariano è tutt’altro che quadrtum e ad circulum inserito in uno spazio truvio ad essere pubblicata: infatti quella ap- agile: egli si scontra con la difficoltà di decifra- quadrettato, che diventa elemento modulare prontata pochi anni prima da Fabio Calvo per re un lessico impervio e con l’ambizione di far di progettazione, grazie al quale ottenere quel- Raffaello era rimasta manoscritta. sfoggio di un volgare dotto, dal forte accento la simmetria ed euritmia, fuse da Cesariano in Gravi controversie accompagnarono l’avven- latino, per di più infarcito di citazioni, abbre- un unico concetto (simmetrie euritmiate), che turosa impresa. Il nobile erudito milanese viazioni, refusi, che gli valsero le critiche di un conferiscono all’edificio razionalità e decoro. Aloisio Pirovano e il comasco Agostino Gallo filologo votato all’interpretazione vitruviana Nelle illustrazioni delle tipologie templari si erano infatti offerti, nel 1521, di promuove- come Claudio Tolomei, il fondatore della ro- Cesariano applica i concetti dell’architettura re e finanziare la pubblicazione del lavoro, af- mana Accademia della virtù. antica a organismi che sono in realtà quelli fidandone la stampa, prevista in 1300 copie, a La traduzione è accompagnata da un ricchis- dell’edilizia religiosa del suo tempo, corretta Gottardo da Ponte in Como. Avevano inoltre simo soverchiante commento che circonda, in senso classico, con gli ordini che si appog- affiancato a Cesariano due aiutanti, il coma- in carattere ridotto, il testo, con una prolife- giano a facciate di chiese di stile lombardo. sco Benedetto Giovio e il bergamasco Bono razione enciclopedica dei più vari temi sug- La traduzione di Cesariano, riproposta da Mauro. Tuttavia quasi alla fine del libro nono, geriti dalla lezione vitruviana: vi si trattano, Francesco Lutio Durantino a Venezia nel 1524 il controllo editoriale fu sottratto a Cesariano, accanto a problemi terminologici, ogni sorta e da Giovanni Battista Caporali a Perugia nel estromesso, forse anche per la sua lentezza, dal di argomenti, dalla mitologia alla filosofia alla 1536 (ne pubblicò solo i primi cinque libri), proseguimento del lavoro, e finito addirittura matematica alle tecniche alle arti a spunti au- sarà eclissata dalla fondamentale traduzione in carcere, mentre i due aiutanti e i promoto- tobiografici. commentata di Daniele Barbaro del 1556. ri portavano a compimento l’opera con i suoi Il commento, naturalmente, offre il destro materiali. Contro i soci che, nel frattempo, a Cesariano di affrontare anche le questioni disconoscendone la vera paternità si erano dell’architettura contemporanea, dall’appli- attribuiti meriti e proventi della pubblicazio- cazione dei concetti vitruviani di ortografia e

68 69 32. DÜRER, Albrecht Di Alberto Durero ... Della simmetria de i corpi humani, libri quattro. Nuouamente tradotti dalla lingua latina nella italiana, da M. Gio. Paolo Gallucci salodiano. Et accresciuti del quinto libro, nel quale si tratta, con quai modi possano i pittori, & scoltori mostrare la diuersità della natura de gli huomini, & donne, & con quali le passioni, che sentono per li diuersi accidenti, che li occorrono. Hora di nuouo stampati ... In Venetia : presso Domenico Nicolini, 1591. 105.a.19 Pochi temi appassionarono gli artisti del Rina- tion [Quattro libri della proporzione umana]. scimento come quello delle proporzioni. Solo Pubblicato postumo nel 1528, poco dopo la la prospettiva fu al centro di altrettanto inte- morte dell’artista, in duplice edizione tedesca resse. Proporzioni e prospettiva competevano e latina (De symetria partium in rectis formis tanto alla pittura quanto alla scultura e all’ar- humanorum corporum libri), è il più notevole chitettura. Si trattava di determinare i rapporti dei suoi libri e quello destinato a un maggior matematici intercorrenti tra le varie parti del seguito. corpo umano (o di un animale), al fine del- Dürer anziché determinare delle proporzioni la rappresentazione artistica, ma, anche, sulla ideali, indaga la natura per individuarvi non scorta di Vitruvio, di stabilire in base ai rap- un’ astratta tipologia d’uomo ma più tipolo- porti delle membra del corpo umano i rappor- gie: ne elabora quasi una trentina, uomini e ti che dovevano legare tra loro armonicamente donne di corporatura differente, e bambino. le varie parti di un edificio. Pubblicata a Venezia nel 1591, la traduzione Questa concezione antropometrica dell’ar- italiana esposta in mostra fu curata da Gio- chitettura fu fondamentale per gli artefici e vanni Paolo Gallucci da Salò, matematico, i teorici del Rinascimento. Nel suo trattato astronomo, medico, interessato anche a studi Vitruvio aveva fatto della figura umana il cen- di prospettiva. tro generatore del quadrato e del cerchio. E il Si tratta della prima traduzione italiana dei tema sarà ripreso da molti artisti e in partico- Vier Bücher, fatta però non dal tedesco ma lare proprio dagli architetti e dai teorici del- dall’ edizione latina. Gallucci nell’introduzio- l’architettura del Rinascimento. Le questioni ne fa l’elogio della pittura, arte superiore a tut- proporzionali furono al centro delle medita- te le altre, liberali comprese; all’inizio del libro zioni tra gli altri di Alberti, Pacioli, Leonardo Gallucci aggiunge un breve capitoletto con la e Dürer, che ne scrissero. “vita di Alberto Durero” e, in appendice, un Dürer in particolare attribuiva a questo tema quinto libro “nel quale s’insegna in qual modo un’importanza decisiva, al punto dal dedi- possano pittori e scultori con lineamenti e co- carvi, come Pacioli, uno specifico e corposo lori spiegare gli affetti del corpo e dell’animo trattato, i Vier Bücher von menschlicher Propor- […] secondo l’opinione dei filosofi e poeti”.

70 71 33. PHILANDRIER, Guillaume <1505-1565> 34. VUTRUVIUS POLLIO Gulielmi Philandri ... In decem libros m. Vitruuij Pollionis de architectura annotationes ... cum indicibus graeco & latino locupletissimis. M. Vitruvii Pollionis De architectura libri decem, ad Caes. Augustum, omnibus omnium editionibus longe emendatiores, collatis veteribus Parisiis : apud Iacobum Keruer, uia ad diuum Jacobum sub duobus Gallis, 1545. exemplis. Accesserunt Gulielmi Philandri Castilionii ... annotationes castigatiores, & plus tertia parte locupletiores. Adiecta est epitome in omnes 86.a.216 Georgij Agricolae de mensuris & ponderibus libros eodem autore ... [Lugduni] : apud Ioan. Tornaesium typorg. Reg. Lugd., 1586. 2.b.35 Sebbene assai meno conosciuta della famosis- Euclide (Firenze, 1573), ed aveva inoltre gran- Questo trattato si presenta come un’opera di sima Regola delli cinque ordini d’architettura de competenza, teorica e pratica, in materia di particolare eleganza anche se affronta un argo- apparsa a Roma nel 1562, quest’opera di Vi- pittura e architettura: era quindi senza dubbio mento squisitamente tecnico: vi sono illustrate gnola sulla prospettiva pratica, pubblicata po- la persona giusta cui affidare il compito di cu- infatti le caratteristiche costruttive e le moda- stuma, ebbe comunque una notevole fortuna. rare l’edizione del manoscritto sulla prospetti- lità d’impiego di uno strumento denonimato Jacopo Barozzi (Vignola, 1507-Roma, 1573), va di Vignola. “archisesto”, utile per disegnare con facilità gli detto appunto il Vignola dal nome della citta- ordini architettonici e gli altri elementi deco- dina natale presso Modena, in gioventù aveva rativi propri dello stile classico. studiato a Bologna pittura e architettura in un Ottavio Revesi Bruti (ca.1575-1640), che ne momento in cui si andava affermando il nuo- fu l’autore, era un nobile vicentino con spic- vo gusto per il quadraturismo, cioè per una cati interessi per l’architettura civile e militare, pittura decorativa caratterizzata da finte archi- cui si dedicava ovviamente per “diletto”, ma in tetture viste in prospettiva: è probabile quindi maniera tutt’altro che dilettantesca. che il suo interesse per quest’ultima risalga al- Anzi, come architetto realizzò diverse opere l’epoca della formazione giovanile quale pitto- di pregio: palazzo Revesi a Brendola (fine sec. re prospettico. XVI); le porte dell’arsenale di Vicenza (1600 e Affermatosi poi come uno dei più grandi ar- 1620), di cui resta quella dal possente bugna- chitetti italiani del Cinquecento, Vignola pro- to che oggi dà accesso al giardino del teatro seguì comunque gli studi sulla prospettiva per Olimpico; ancora a Vicenza lo splendido arco tutta la vita e li condensò in un testo più volte perfezionato, ma ancora inedito al momento della morte. L’ultima versione del manoscritto venne così affidata dal figlio di Jacopo, Giacinto, al dotto padre domenicano Egnazio Danti (Perugia, 1536-Alatri, 1586), esperto matematico e co- smografo, celebre tra l’altro per aver sovrin- teso su incarico del papa l’esecuzione delle splendide carte geografiche d’Italia dipinte nella Galleria Vaticana. Maestro nello Studio di Bologna, Danti aveva già dato alla luce varie pubblicazioni di carat- tere scientifico, tra le quali La prospettiva di

72 73 35. VITRUVIUS POLLIO ranti gli edifici in pianta, sezione e alzato. ze maturate nel periodo della frequentazio- orologi solari e ad acqua. Mentre nel Decimo I dieci libri dell’architettura di M. Vitruuio. Tradotti & commentati da mons. Daniel Barbaro eletto Patriarca d’, da lui riueduti & Nel Sesto Libro il commento di Barbaro si ne dello Studio di Padova, trova compiuta Libro egli ha modo di ragionare sulle mac- ampliati; & hora in piu commoda forma ridotti. concentra tra l’altro sui palazzi e sulle con- espressione nell’Ottavo e nel Nono Libro, chine, belliche e no, affiancando anche in In Venetia : appresso Francesco de’ Franceschi senese & Giouanni Chrieger alemano compagni, 1567. nesse proposte di nuove e più moderne tipo- dove Barbaro ha modo di affrontare con questo caso a problematiche di natura tecni- 39.b.70 logie anche a Venezia. Mentre il settimo ha straordinaria ampiezza i temi prediletti del- ca, come la progettazione di pompe idrauli- per tema le finiture. l’idraulica, della geometria e dell’astronomia, che, interessi più squisitamente teorici legati Daniele Barbaro impersona in maniera esem- il proprio commento la glossa, fiancheggian- L’attitudine scientifica, frutto delle esperien- dilungandosi anche sulla costruzione degli agli studi di fisica. plare la figura rinascimentale del nobile dilet- te il testo di Vitruvio, Barbaro adotta il siste- tante di architettura, che si accosta alla disci- ma………………….. plina munito di una sofisticata strumentazio- Il frontespizio raffigura un arco di trionfo, si- ne filologica, archeologica, filosofica e scien- mile a quello di Traiano ad Ancona: lo ornano tifica, e in particolare è espressione di quella al centro la Regina Virtus, ai lati Geometria e particolare congiuntura politico-culturale che Astronomia, e, nella parte superiore, Architet- aveva visto una parte del patriziato veneziano tura, Matematica, Musica e Retorica, laddove impegnata in un’opera di rinnovamento cul- l’architettura risulta ormai pienamente pro- turale ed estetico marcatamente connotato in mossa al rango di arte liberale. senso scientista e classicista. Uomo di vasta Il Vitruvio di Barbaro è al tempo stesso un’ope- esperienza anche pubblica, era stato amba- ra filologica di traduzione e interpretazione sciatore in Inghilterra fra il 1549 e il 1551 in- del testo latino sulla scorta anche delle infor- traprendendo poi la carriera ecclesiastica (sarà mazioni attinte dall’archeologia, e un trattato patriarca eletto di Aquileia), per le sue com- di architettura pressoché autonomo, nel quale petenze teoriche nel campo artistico assunse l’autore amplia notevolmente il tema origi- importanti responsabilità nelle scelte decorati- nario aggiornandolo e integrandolo alla luce ve e iconografiche di Palazzo Ducale a partire della sua notevole cultura classica e scientifica. dalle sale dei Dieci, ornate fra 1553 e 1555 È questa infatti la funzione del ricchissimo e da Ponchino, Veronese e Zelotti. puntualissimo commento che accompagna la I suoi interessi per l’architettura furono abba- traduzione e consente a Barbaro di intratte- stanza precoci. Il lavoro per l’edizione italia- nersi sui temi che gli erano più cari e di mani- na commentata dei Dieci libri di Vitruvio (la festare i suoi ideali estetici. quarta, preceduta da quelle di Cesariano, Du- Così, ad esempio, rifacendosi ai precedenti rantino e Caporali), prese avvio già nel 1547, di Pomponio Gaurico, Filandro e al “buon come Barbaro stesso ci rivela, e fu poi prose- Alberto Durero”si dilunga assai sulle propor- guito in particolare con il viaggio compiuto zioni, perché “ciò che ci diletta e piace, non a Roma nel 1554 in compagnia di Palladio, per altro ci diletta e piace, se non perché in sé che rilevò i monumenti della città e collaborò tiene proportionata misura e moderato tem- strettamente all’allestimento dell’opera. I frut- peramento”. ti di questa comune esperienza si riconoscono Nella trattazione dei templi assume particolare soprattutto nei primi cinque libri. importanza l’apparato illustrativo approntato A differenza di Cesariano che aveva usato per da Palladio, con nitide tavole incise raffigu-

74 75 36. VITRUVIUS POLLIO 37. RUSCONI, Giovanni Antonio I dieci libri dell’architettura di M. Vitruuio, tradotti, & commentati da monsig. Daniel Barbaro Patriarca d’Aquileia, da lui riueduti, & Della architettura di Gio. Antonio Rusconi, con centosessanta figure dissegnate dal medesimo, secondo i precetti di Vitruuio, e con chiarezza, e ampliati; et hora in questa nuoua impressione per maggior comodità del lettore, le materie di ciascun libro ridotte sotto capi ... breuità dichiarate libri dieci. In Venetia : appresso Alessandro de’ Vecchi, 1629. In Venetia : appresso i Gioliti, 1590. 63.b.51 57.a.43

Edizione di non particolare pregio, dedicata non numerato e riprende, in controparte e con Questa interessante edizione tardocinquecen- tensa attività di architetto ed ingegnere, affer- dallo stampatore De Vecchi a mons. Sforza modifiche, quello vasariano usato da Cosimo tesca dell’opera di Vitruvio appare tanto bella mandosi presto come uno dei professionisti più Ponzione arcivescovo di Spalato. Il frontespi- Bartoli per l’edizione torrentiniana de L’Archi- quanto paradossale: infatti, mentre quel celebre validi e quotati della Venezia del Cinquecento. zio che riproduce quello dell’edizione venezia- tettura di Leon Battista Alberti del 1550. trattato antico è pervenuto all’età moderna pri- Su incarico di varie magistrature della Serenis- na del 1584, si trova sul verso del terzo foglio vo delle originarie illustrazioni, questo strano sima egli eseguì numerose perizie per regolazio- libro non contiene il testo di Vitruvio, ma pre- ni idrauliche, fluviali e lagunari, e progetti per senta invece - a suo commento - uno straor- ristrutturazioni e sistemazioni di importanti dinario corredo di centosessanta bellissime im- edifici pubblici, quali la loggia di Brescia, il pa- magini silografiche, accompagnate soltanto da lazzo ducale o quello delle prigioni di Venezia. brevi testi esplicativi. Rusconi lavorò anche per committenze private, Pubblicata dodici anni dopo la morte del- ad esempio completò il palazzo Grimani di S. l’autore per volontà degli stampatori Gioli- Luca, realizzò una villa Pisani al Lido, ideò un to, questa curiosa edizione vitruviana senza palazzo per Alvise Cornaro a Padova, costruì Vitruvio rappresenta oggi un affascinante un bizzarro Teatro del Mondo, galleggiante ed enigma nel contesto degli studi sull’editoria effimero, per una festa nel bacino di S. Marco, veneziana del XVI secolo. fece vari altari e monumenti sepolcrali e parte- L’autore, Giovan Antonio Rusconi (1500/05- cipò, senza fortuna, al concorso per il nuovo 1578), apparteneva ad una famiglia di stampa- tempio del Redentore. tori di origini milanesi trasferitasi a Venezia sul Tutte queste perizie e progetti videro molto finire del XV secolo: dopo la morte del padre spesso Rusconi collaborare, o competere, con i Giorgio (1522), egli fece una breve esperien- migliori architetti e artisti del suo tempo, qua- za giovanile di editore in società con il fratello li Sanmicheli, Sansovino, Palladio, Da Ponte, Giovan Francesco, ma in seguito si dedicò al- Vittoria, Tintoretto ed altri. l’attività di illustratore di libri per conto di altri Negli anni quaranta, agli esordi della sua car- tipografi, essendo particolarmente versato nel riera di architetto, Rusconi aveva studiato a disegno artistico e nell’incisione su legno. fondo il trattato di Vitruvio: sappiamo anzi Fu probabilmente la confidenza con il mondo che ne aveva predisposto una traduzione, pro- dei libri a stimolare in Giovan Antonio interessi babilmente commentata, che intendeva pub- di carattere scientifico: sappiamo infatti che ne- blicare con il corredo di ben trecento illustra- gli anni trenta e quaranta fu discepolo del cele- zioni silografiche. L’opera era praticamente bre matematico ed inventore Nicolò Tartaglia. pronta per i torchi nel 1552, ed il 29 marzo Formatosi in tal modo una solida base culturale 1553 il Granduca di Toscana concedeva il pri- anche di tipo tecnico-scientifico, Giovan Anto- vilegio di stampa all’editore Gabriele Giolito, nio poté successivamente intraprendere un’in- finanziatore dell’impresa.

76 77 Ma l’atteso Vitruvio di Rusconi rimase allora per concludere con i vari tipi di macchine. 38. ALBERTI, Leon Battista inspiegabilmente inedito: l’opera, dopo forse Si espongono le pagine 70 e 71 del Libro quar- Leonis Baptistae Alberti Florentini viri clarissimi Libri de re aedificatoria decem. Opus integrum et absolutum diligenter recognitum … un altro tentativo nel 1570, vide la luce solo to, dove sono rappresentate le colonne dorica, Venundanus Parrisijs: in sole aureo vici sancti Iacobi (Parisius : in sole aureo vici diui Iacobi impressum : opera magistri Ramboldt & nel 1590, ma come detto senza la traduzione ionica e corinzia ed una raffigurazione dell’ori- Ludouici Hornken, 1512). vitruviana e con un apparato illustrativo quasi gine vitruviana del capitello corinzio, con la ce- 57.a.110 dimezzato, quanto basta però per far rimpian- sta di vimini, la tavoletta e le foglie di acanto. gere davvero la mancata edizione completa. L’editore Giovanni Giolito de’ Ferrari, che Leon Battista Alberti (1404-1472) è figura berti, cugino di Leon Battista, fu stampato a aveva ereditato i legni per le silografie, decise chiave della trattatistica rinascimentale. Di Firenze da Nicolò di Lorenzo Alemanno, con infatti di pubblicarne una parte corredando- nobile famiglia fiorentina esiliata a Genova, lettera accompagnatoria di Poliziano e dedi- la con un testo esplicativo “redazionale”, non egli poté contare su un’educazione letteraria di ca a Lorenzo il Magnifico. L’opera è suddivisa dovuto quindi al Rusconi, ma ad un anonimo prim’ordine. Studiò a Padova alla scuola uma- in dieci libri come in Vitruvio, al quale Alber- compilatore che si basò sul Vitruvio di Daniele nistica di Gasparino Barzizza e si addottorò in ti s’ispira, ma gli argomenti non coincidono e Barbaro, uscito com’è noto nel 1556 e riedito diritto a Bologna nel 1428, prendendo gli or- l’ordine dei libri è diverso. Il primo libro tratta in formato ridotto nel 1567 e nel 1584. dini sacri e diventando pochi anni più tardi dei “lineamenti” (il progetto generale): dove Le splendide tavole di Rusconi hanno un ca- abbreviatore apostolico: a Roma potrà com- collocare l’edificio, tipi di pianta, muri, tetti, rattere prettamente didascalico: esse infatti do- piere, a contatto con i monumenti antichi e le scale; il secondo esamina i materiali (qualità vevano “spiegare visivamente” i vari passi del rovine, esperienze fondamentali per la matu- di legni, pietre, mattoni, calce, e anche tempo testo vitruviano e del relativo commento, cui razione dei suoi ideali classicisti. meteorologico più adatto alla messa in opera); dovevano rinviare le lettere alfabetiche presenti Autore di commedie, poesie, libri e opuscoli il terzo considera come “mandare ad effetto nei disegni. scientifici e storici, tra i quali le Intercenales, i la fabbrica”, dunque le modalità di costruzio- L’abile illustratore di libri emerge chiaramente tre libri Della Famiglia, il Momus, , il Theoge- ne (fondazioni, tecniche per muri, volte, tetti, nella predilezione di immagini con edifici in nius, i Ludi matematici, scriverà anche tre trat- pavimenti); il quarto libro ha per tema le ope- prospettiva o con scene di cantiere animate da tati sulla pittura, la scultura e l’architettura, re pubbliche e l’urbanistica (“trattato univer- operai abbigliati all’antica: un’iconografia dun- frutto oltre che delle sue conoscenze antiqua- sale” lo chiama Alberti); il quinto elenca gli que narrativa, ma di tono alto e di straordinaria rie anche della fondamentale esperienza delle edifici in rapporto ai vari tipi di committen- qualità pittorica, sulla tradizione del Vitruvio di Cesare Cesariano piuttosto che di quelli di Frà rivoluzionarie novità fiorentine negli anni di ti: dalla reggia, alla rocca, ai palazzi delle ma- Giocondo e di Daniele Barbaro. Brunelleschi (al quale dedicherà il trattato sul- gistrature fino alle ville; il sesto libro verte su- I soggetti raffigurati nelle tavole, seguendo la pittura), Donatello e Masaccio. gli ornamenti; il settimo sull’ “ornare i sacri l’ordine dei Libri dieci di Vitruvio, descrivono La sua concezione dell’architettura come atti- luoghi”(l’architettura templare); l’ottavo sugli via via le mura urbiche, le costruzioni lignee vità intellettuale, fondata innanzitutto su co- ornamenti degli edifici pubblici profani; il no- primitive ed evolute, le tecniche costrutti- gnizioni matematiche, letterarie e archeolo- no sugli ornamenti degli edifici privati; il de- ve delle murature, le proporzioni umane e i giche, sganciata dalla diretta pratica del can- cimo sul restauro. monumenti antichi (soprattutto i templi), le tiere, segna uno spartiacque storico fonda- La scelta del latino per il De re aedificatoria dimensioni delle colonne, gli elementi decora- mentale rispetto alla tradizione medievale. postula un pubblico selezionato di intendito- tivi, gli accorgimenti ottici, gli ordini dorico, Il De re aedificatoria, presentato a papa Nic- ri colti, e infatti sappiamo della circolazione ionico, corinzio e composito, l’origine lignea colò V nel 1452, ma perfezionato anche in manoscritta del trattato alla corte papale, in dell’architectura, l’allestimento del cantiere, seguito, ebbe diffusione manoscritta fino al quella di Urbino, in quella d’ Ungheria, pres- l’esecuzione di fondazioni, pavimenti, solai, 1485, quando per iniziativa di Bernardo Al- so i Medici. “Vorrei che quanto fusse possibi- volte, intonaci, tinteggiature e finiture varie,

78 79 39. ALBERTI, Leon Battista De re aedificatoria libri decem Leonis Baptistae Alberti Florentini ... quibus omnem architectandi rationem dilucida breuitate complexus est. Recens summa diligentia capitibus distincti, & a foedis mendis repurgati, per Eberhardum Tappium Lunensem .... Argentorati : excudebat M. Iacobus Cammerlander Moguntinus, 1541. 84.b.87 le tu t’ingegnassi d’avere a fare con prencipi Terza edizione latina del trattato albertiano, delle città splendidissimi e di fabbricare desio- priva, come le precedenti, di illustrazioni, fu si” (Libro IX), raccomanda Alberti al virtua- stampata a Strasburgo nel 1541 per i tipi di le architetto. Da parte sua egli mise in prati- Jacob Cammerlander e curata dall’umanista ca il proposito, lavorando per i Rucellai a Fi- tedesco Eberhard Tappe. renze, per Sigismondo Pandolfo Malatesta a Rimini, nella chiesa di San Francesco trasfor- mata nel mausoleo del principe (il cosiddetto tempio malatestiano), a Ferrara per gli Este, a Mantova per i Gonzaga. È un atteggiamen- to che segna il passaggio dalla mentalità e dal- le esigenze del mondo comunale a quello cor- tigiano. Tuttavia l’ideale estetico albertiano ri- fugge ogni ostentazione, aspirando a un ordi- ne razionale, alla discrezione e alla mediocri- tas: “finalmente t’ ammonisco – scrive Alberti – che non ti metti a fare opera insolita, e non più veduta”. Il valore dell’edificio risiede nel- la concinnitas. L’edizione esposta in mostra è la seconda la- tina, dopo quella fiorentina del 1485:fu pub- blicata a Parigi nel 1512 dagli stampatori Ber- thold Rembolt e Ludwig Hornken e curata da Geoffroy Tory, letterato, editore e incisore francese, régent, allora, del collège de Coque- ret dell’università di Parigi.

80 81 40. ALBERTI, Leon Battista 41. SERLIO, Sebastiano I dieci libri de l’architettura di Leon Battista de gli Alberti fiorentino … Nouamente da la latina ne la volgar lingua con molta diligenza tra- Il primo [-quinto] libro d’architettura di M. Sabastiano Serlio bolognese. dotti. (In Venetia: per Pietro de Nicolini de Sabbio : ad instantia di Melchiorre Sessa, 1551). In Vinegia : appresso Vincenzo Vaugris, 1546. 111.b.8 Minich 47

Si tratta della prima traduzione italiana del De Questa veneziana del 1551 è la prima edizione fie, l’autore ha modo di illustrare anche alcuni re aedificatoria, ad opera del modenese Pietro in un solo volume dei cinque libri di Serlio edifici moderni, come il tempietto di San Pie- Lauro. Nella dedica al conte Bonifacio Bevi- pubblicati separatamente negli anni preceden- tro in Montorio di Bramante, i vari progetti lacqua, Lauro, dopo aver fatto una difesa del ti a Venezia e a Parigi. per il San Pietro Vaticano, villa Madama di volgare, definisce Alberti “dottissimo auttore, Com’è noto, la pubblicazione dei sette libri di Raffaello, il Belvedere Vaticano e la villa na- forse il migliore e il più eccellente di quan- architettura di Sebastiano Serlio non seguì un poletana di Poggioreale. ti mai e antichi e moderni n’hanno trattato ordine progressivo. Il primo libro a essere edi- Il Primo Libro d’Architettura (in realtà terzo [di architettura]”. Aggiungendo “qui avrei da to fu in realtà il Quarto, uscito a Venezia nel in ordine di pubblicazione) esce in uno stes- dirle de la sua dottrina cose maravigliose, per 1537 per i tipi di Francesco Marcolini, non so volume con il Secondo Libro di Perspettiva dimostrare che ne Vitruvio ne altri architetti però col titolo di Libro Quarto, ma con quello nel 1545 in Francia, dove Serlio si era stabilito hanno così perfettamente ne con tanta chia- di Regole generali di architetura [sic] sopra le nel 1541 e dove sarebbe morto, a Lione, nel rezza, come fa egli, de la teorica e prattica di cinque maniere de li edifici, cioe, thoscano, dori- 1554. A pubblicare i due libri, in edizione bi- quella scientia ragionato”. co, ionico, corinthio, et composito, con gli esem- lingue italiana e francese, è lo stampatore pa- Anche questa edizione, come le precedenti la- pi dell’antiquita, che, per la maggior parte con- rigino Jean Barbé. Il Primo Libro tratta i temi tine è priva di illustrazioni, che invece corre- cordano con la dottrina di Vitruvio. Tuttavia lo della geometria, il secondo di prospettiva, dano in buon numero la traduzione di Co- stesso Serlio, annunciando il piano dell’opera, argomenti, confessa lo stesso Serlio, piuttosto simo Bartoli, pubblicata a Firenze nel 1550, fin dall’inizio prevista in sette libri, assegnava aridi benché necessari, e in ogni caso “poco presso Lorenzo Torrentino, e la prima tradu- il quarto posto a questo, dedicato al fonda- grati a la magior parte de gli uomini”, perciò, zione francese, a opera di Jean Martin, pub- mentale tema degli ordini architettonici. egli ha deciso di pubblicare prima il Libro blicata a Parigi per i tipi di Jacques Kerver nel A ciascun ordine corrisponde un capitolo nel Quarto “che furono le cinque maniere de li 1553, che utilizza in abbondanza le immagini quale Serlio, esaminati colonna e trabeazione edificj molto necessarie”, e poi il Terzo per la dell’edizione bartoliana. (con tutti gli elementi specifici: base, capi- “piacevolezza de varij e belli edificij” e la con- tello, fregio), passa a elencare porte, camini, seguente possibilità di formarsi un “giudicio edifici privati e pubblici aventi caratteristiche nella mente per saper fare elettione del bello”. riferibili a quell’ordine architettonico. Il Quinto Libro […] nel quale se tratta de di- Nel 1540, sempre a Venezia, e sempre per i verse forme de Tempii sacri secondo il costume tipi di Marcolini, Serlio pubblicava la sua se- Christiano e al modo Antico fu pubblicato a conda opera, il Terzo Libro […] nel qual si Parigi nel 1547 in italiano e francese. Già nel figurano, e descrivono le antiquita di Roma, e Terzo Libro Serlio aveva illustrato alcune im- le altre che sono in Italia, e fuori d’Italia. Qui portanti chiese di Roma, ma l’argomento ora insieme all’ ampio catalogo di antichità roma- è trattato più ampiamente, anche se non sem- ne (templi, teatri, anfiteatri, terme, archi di bra più di tanto appassionarlo.In ogni caso, la trionfo), accompagnate da splendide silogra- 82 83 42. SERLIO, Sebastiano Extraordinario libro di architettura di Sebastiano Serlio, architetto del re christianissimo. Nel quale si dimostrano trenta porte di opera rustica mista con diuersi ordini, & venti di opera dilicata di diuerse specie con la scrittura dauanti, che narra il tutto. In Venetia : appresso GioUambattista Marchio Sessa fratelli, [1561]. 35.c.15 dedica proprio di quest’opera a Margherita di La prima edizione italiana dell’Extraodinario si trasportato da un furore architettico. Ne mi Navarra, sorella del re, e spirito religiosamente Libro di Serlio si ebbe a Venezia nel 1557, sei accontentai sentendomi abbondare nove fan- inquieto, non è casuale. Le tipologie chiesasti- anni dopo l’editio princeps stampata a Lione tasie ne l’intelletto, ch’io mi deliberai di farne che presentate da Serlio sono dodici, numero da Jean de Tournes nel 1551, in francese e ita- fino al numero di XX di opera dilicata, pure allusivo agli apostoli: la grande maggioranza è liano. di diversi ordini, per satisfare a più appetiti di a pianta centrale, da quella circolare all’ ova- Il libro non faceva parte dell’originario pro- huomini”. le, pentagonale, esagonale, ottagonale, a croce gramma del trattato serliano, donde il nome Nel proemio ai lettori, Serlio scrive che la greca. di Extraordinario. La “straordinarietà”, tutta- ragione del suo essere stato “così licentioso” L’ edizione veneziana in un solo volume dei via, non risiede solo in questo, ma, ancor pri- si deve al fatto che “la maggior parte de gli primi cinque libri fu curata da Melchiorre ma e più, nella radicale e davvero clamorosa huomini appetiscono il più delle volte cose Sessa e affidata ai torchi di Pietro de Nicoli- smentita dell’ortodossia vitruviana e classici- nuove” e soprattutto che molti desiderano ni da Sabbio. Vi sono omesse naturalmente le sta, di cui il libro è portatore. nell’edificio qualche spazio “per porvi lettere, versioni francesi originariamente presenti nei In realtà già in precedenza, anzi fin dalla sua armi, imprese e cose simili: altri istoriette di libri I, II e V. I frontespizi sono gli stessi delle prima opera, le Regole generali d’architettura, mezo rilevo o di basso”, o ancora teste anti- precedenti edizioni (quella del Quarto è ripe- del 1537, note anche come Quarto Libro, Ser- che e moderne. A questo fine l’architetto ha tuta anche per il Quinto). lio, pur facendo professione di fedeltà a Vitru- usato varie “licentie”, rompendo architravi, Spetterà a Sessa anche la prima pubblicazione vio, si ritaglia margini di libertà, com’era in fregi, cornici, fasciando colonne, servendosi italiana, nel 1557, dell’Extraordinario Libro, fondo nelle sue corde di sperimentatore. però, tiene a precisare, “di l’autorita di alcune edito originariamente a Lione nel 1551 in ita- Il libro raccoglie cinquanta incisioni raffigu- antichita Romane”. liano e francese, nonché varie altre riedizioni ranti altrettanti portali, trenta di stile rustico e Serlio sa bene di aver radicalmente derogato dei primi cinque libri. venti di “opera delicata”. Le didascalie sono a dalle buone regole classiche e perciò retorica- parte, all’inizio del libro. mente si scusa con gli “architetti fondati sopra Nella dedica al “christianissimo re Henrico”, la dottrina di Vitruvio” per tante stravaganze, vale adire Enrico II di Francia, Serlio ricor- ma lo si compatisca considerando che egli vive da la genesi dell’opera: “in questa solitudine in Francia. di Fontanableo [Fontainebleau]dove sono Il primo portale, quello per Ippolito d’Este più fiere che huomini”, scrive, gli “cadde ne a Ferrara, è all’origine di tutta l’opera, come l’animo di voler formare in apparente disse- dichiara Serlio, poiché essendo da molti am- gno alcune porti [sic] alla Rustica, miste però mirato e volendone copia “di qui nacque […] a diversi ordini cioè Toscano, Dorico, Ionico, ch’io incominciassi tal fatica”. Corinthio e Composito […] e andai tanto La porta esposta in mostra è la XXIX di quelle avanti che ne feci fino al numero di XXX qua- di stile rustico. Così la descrive Serlio: “le sue

84 85 43. VIGNOLA Le Regole de’ cinque ordini di architettura civile di M. Jacopo Barozzio da Vignola corredate dalle aggiunte fattevi nell’edizione romana dell’anno 1770 dagli architetti Gio. Battista Spampani e Carlo Antonini … Ed in questa ultima edizione napolitana ricorrette, ed accresciute di una dissertazione intorno ai medesimi ordini architettonici. Napoli : presso Vincenzo Orsini : a spese di Michele Stasi, 1795. Minich 1155 colonne sono Doriche, li suoi capitelli misti Quest’edizione della Regola, pubblicata a necessarie. La parte scritta occupa le pagine di Dorico e Corinthio, la pilastrata intorno la Napoli nel 1795, è testimonianza tra le in- iniziali, mentre le altre sono dedicate alle porta è Corinthia, per gl’intagli; e così è lo Ar- numerevoli della straordinaria fortuna che illustrazioni incise su cuoio, corredate dal- chitrave, il Fregio e la Cornice. Tutta la porta accompagnò il trattato di Vignola (1507- le misure modulari che le accompagnano, è circondata di rustico, come si vede. Quanto 1573) fino al Sette e all’Ottocento, tanto di modo che come l’autore sottolinea “ogni all’ordine bestiale, non si può negare, che, es- che se ne contano più di cinquecento edi- mediocre ingegno, purchè abbia alquanto sendovi qualche sassi fatti da natura, che han zioni italiane e straniere. Il successo si era di gusto dell’arte, potrà in un’occhiata sola forma di bestie, che non sia opera bestiale”. già manifestato vivente l’autore, che ne era senza gran fastidio di leggere comprendere Lo ”scandalo” dell’Extraordinario stava tutto egli stesso meravigliato. La ragione di tanto il tutto e opportunamente servirsene”. nel fatto di essere un libro, anzi parte di un favore risiede nell’impostazione schematica L’edizione napoletana del 1795 riprende trattato, e in quanto tale capace di conferire e didascalica della materia e soprattutto nel- quella romana del 1770, curata dagli ar- un pur ambigua legittimazione a tendenze “li- le immagini, altrettanto efficaci, nelle quali chitetti Giovan Battista Spampani e Carlo cenziose” in realtà già da tempo presenti nelle si esprimono anche le doti di disegnatore di Antonini e da essi arricchita, come recita il concrete esperienze dell’architettura cinque- Vignola, che aveva iniziato la sua carriera frontespizio, da un saggio sulla geometria, centesca, da Giulio Romano in avanti. come pittore e “prospettico”. un commento al testo, il parallelo delle pro- L’editio princeps del 1562 (Regola delli cin- porzioni degli ordini “secondo il vario siste- que ordini dell’architettura di M. Iacomo ma de’ principali architetti”, un vocabolario Barozzio da Vignola), pubblicata a Roma dei termini architettonici e le due Regole di direttamente dall’autore, constava di soli prospettiva pratica dello stesso Vignola. trentadue fogli, compreso frontespizio, pri- L’immagine esposta è quella della sequenza vilegio, dedica al cardinale Alessandro Far- canonica dei cinque ordini: tuscanico, dori- nese e proemio ai lettori. co, ionico, corinzio e composito. Nel proemio Vignola chiarisce i suoi inten- ti: offrire una regola pratica e, “lasciando da parte le cose de’ scrittori, dove nascono differenze fra loro non piccole”; partire, per ciascun ordine, da concreti modelli “che al giudizio commune appajono più belli” (Vignola fa l’esempio del teatro di Marcel- lo per il dorico), apportando, sulla base di confronti con altri campioni dello stesso sti- le, quelle piccole correzioni eventualmente

86 87 44. PALLADIO, Andrea <1508-1580> la con un testo esplicativo “redazionale”, non I Quattro libri dell’architettura di Andrea Palladio. Ne’ quali dopo un breue trattato de’ cinque ordini, & di quelli auertimenti, che sono piu dovuto quindi al Rusconi, ma ad un anonimo necessarij nell fabricare; si tratta delle case priuate, delle vie, de i ponti, delle piazze, de i xisti, et de’ tempij. compilatore che si basò sul Vitruvio di Daniele In Venetia : appresso Dominico de’ Franceschi, 1570 [i.e. Venezia : Pasquali, 1768?]. Barbaro, uscito com’è noto nel 1556 e riedito 144.a.75 in formato ridotto nel 1567 e nel 1584. Le splendide tavole di Rusconi hanno un ca- rattere prettamente didascalico: esse infatti Pubblicata dodici anni dopo la morte dell’au- ad esempio completò il palazzo Grimani di S. dovevano “spiegare visivamente” i vari passi tore per volontà degli stampatori Giolito, que- Luca, realizzò una villa Pisani al Lido, ideò un del testo vitruviano e del relativo commen- sta curiosa edizione vitruviana senza Vitruvio palazzo per Alvise Cornaro a Padova, costruì to, cui dovevano rinviare le lettere alfabetiche rappresenta oggi un affascinante enigma nel un bizzarro Teatro del Mondo, galleggiante ed presenti nei disegni. contesto degli studi sull’editoria veneziana del effimero, per una festa nel bacino di S. Marco, L’abile illustratore di libri emerge chiaramente XVI secolo. fece vari altari e monumenti sepolcrali e parte- nella predilezione di immagini con edifici in L’autore, Giovan Antonio Rusconi (1500/05- cipò, senza fortuna, al concorso per il nuovo prospettiva o con scene di cantiere animate 1578), apparteneva ad una famiglia di stampa- tempio del Redentore. da operai abbigliati all’antica: un’iconografia tori di origini milanesi trasferitasi a Venezia sul Tutte queste perizie e progetti videro molto dunque narrativa, ma di tono alto e di straor- finire del XV secolo: dopo la morte del padre spesso Rusconi collaborare, o competere, con dinaria qualità pittorica, sulla tradizione del Giorgio (1522), egli fece una breve esperien- i migliori architetti e artisti del suo tempo, Vitruvio di Cesare Cesariano piuttosto che di za giovanile di editore in società con il fratello quali Sanmicheli, Sansovino, Palladio, Da quelli di Frà Giocondo e di Daniele Barbaro. Giovan Francesco, ma in seguito si dedicò al- Ponte, Vittoria, Tintoretto ed altri. I soggetti raffigurati nelle tavole, seguendo l’attività di illustratore di libri per conto di altri Negli anni quaranta, agli esordi della sua car- l’ordine dei Libri dieci di Vitruvio, descrivono tipografi, essendo particolarmente versato nel riera di architetto, Rusconi aveva studiato a via via le mura urbiche, le costruzioni lignee disegno artistico e nell’incisione su legno. fondo il trattato di Vitruvio: sappiamo anzi primitive ed evolute, le tecniche costrutti- Fu probabilmente la confidenza con il mondo che ne aveva predisposto una traduzione, pro- ve delle murature, le proporzioni umane e i dei libri a stimolare in Giovan Antonio interessi babilmente commentata, che intendeva pub- monumenti antichi (soprattutto i templi), le di carattere scientifico: sappiamo infatti che ne- blicare con il corredo di ben trecento illustra- dimensioni delle colonne, gli elementi decora- gli anni trenta e quaranta fu discepolo del cele- zioni silografiche. L’opera era praticamente tivi, gli accorgimenti ottici, gli ordini dorico, bre matematico ed inventore Nicolò Tartaglia. pronta per i torchi nel 1552, ed il 29 marzo ionico, corinzio e composito, l’origine lignea Formatosi in tal modo una solida base culturale 1553 il Granduca di Toscana concedeva il pri- dell’architectura, l’allestimento del cantiere, Questa interessante edizione tardo- anche di tipo tecnico-scientifico, Giovan Anto- vilegio di stampa all’editore Gabriele Giolito, l’esecuzione di fondazioni, pavimenti, solai, cinquecentesca dell’opera di Vitruvio nio poté successivamente intraprendere un’in- finanziatore dell’impresa. volte, intonaci, tinteggiature e finiture varie, appare tanto bella quanto paradossa- tensa attività di architetto ed ingegnere, affer- Ma l’atteso Vitruvio di Rusconi rimase allora per concludere con i vari tipi di macchine. le: infatti, mentre quel celebre tratta- mandosi presto come uno dei professionisti più inspiegabilmente inedito: l’opera, dopo forse Si espongono le pagine 70 e 71 del Libro quar- to antico è pervenuto all’età moderna validi e quotati della Venezia del Cinquecento. un altro tentativo nel 1570, vide la luce solo to, dove sono rappresentate le colonne dorica, privo delle originarie illustrazioni, Su incarico di varie magistrature della Serenis- nel 1590, ma come detto senza la traduzione ionica e corinzia ed una raffigurazione dell’ori- questo strano libro non contiene il sima egli eseguì numerose perizie per regolazio- vitruviana e con un apparato illustrativo quasi gine vitruviana del capitello corinzio, con la ce- testo di Vitruvio, ma presenta invece ni idrauliche, fluviali e lagunari, e progetti per dimezzato, quanto basta però per far rimpian- sta di vimini, la tavoletta e le foglie di acanto. - a suo commento - uno straordinario ristrutturazioni e sistemazioni di importanti gere davvero la mancata edizione completa. corredo di centosessanta bellissime edifici pubblici, quali la loggia di Brescia, il pa- L’editore Giovanni Giolito de’ Ferrari, che immagini silografiche, accompagnate lazzo ducale o quello delle prigioni di Venezia. aveva ereditato i legni per le silografie, decise soltanto da brevi testi esplicativi. Rusconi lavorò anche per committenze private, infatti di pubblicarne una parte corredando-

88 89 45-46. PALLADIO, Andrea <1508-1580> L’ architettura di Andrea Palladio diuisa in quattro libri ne’ quali, dopo vn breue trattato de’ cinque ordini, et di quelli auertimenti, che sono piu necessarij nel fabricare; si tratta delle case priuate, delle vie, dei ponti, delle piazze, dei xisti, et de tempij. In Venetia : appresso Marc’Antonio Brogiollo, 1642. Minich 1115; Minich 1157

Questa interessante edizione tardocinquecen- tesca dell’opera di Vitruvio appare tanto bella quanto paradossale: infatti, mentre quel cele- bre trattato antico è pervenuto all’età moder- na privo delle originarie illustrazioni, questo strano libro non contiene il testo di Vitruvio, ma presenta invece - a suo commento - uno straordinario corredo di centosessanta bellis- sime immagini silografiche, accompagnate soltanto da brevi testi esplicativi. Pubblicata dodici anni dopo la morte dell’au- tore per volontà degli stampatori Giolito, que- sta curiosa edizione vitruviana senza Vitruvio rappresenta oggi un affascinante enigma nel contesto degli studi sull’editoria veneziana del XVI secolo. L’autore, Giovan Antonio Rusconi (1500/05- 1578), apparteneva ad una famiglia di stampa- tori di origini milanesi trasferitasi a Venezia sul finire del XV secolo: dopo la morte del padre Giorgio (1522), egli fece una breve esperien- za giovanile di editore in società con il fratello Giovan Francesco, ma in seguito si dedicò al- l’attività di illustratore di libri per conto di altri tipografi, essendo particolarmente versato nel disegno artistico e nell’incisione su legno. Fu probabilmente la confidenza con il mondo dei libri a stimolare in Giovan Antonio inte- ressi di carattere scientifico: sappiamo infatti che negli anni trenta e quaranta fu discepolo del celebre matematico ed inventore Nicolò Tartaglia.

90 91 47. SCAMOZZI, Vincenzo Dell’idea della architettura uniuersale, di Vicenzo Scamozzi architetto veneto … Novamente stampato, ed in quest’ultima edizione accresciuto d’un curioso trattato del sesto ordine dell’architettura In Venezia : per Girolamo Albrizzi, 1714. 34.c.2

Quando Vincenzo Scamozzi (1552-1516) si L’originario progetto editoriale non sarà mai si aspetta in generale a’ Palazzi de’ principali Signo- forma, l’ambiente vicentino è ormai da tempo realizzato: il trattato infatti comprende solo i ri d’Italia, come Roma, Napoli, Genova e Milano e connotato da una cultura architettonica classi- libri I, II e III , costituenti la prima parte, origi- anco qui in Venetia”, e alle tipologie dei palazzi si- cista che porta il sigillo di Palladio. Sarà con la nariamente in un tomo, e i libri VI,VII e VIII, gnorili in Spagna, Francia, Germania e Polonia. Sca- sua lezione che Scamozzi farà i conti, misuran- che compongono la seconda parte, anch’essa in mozzi riserva la parte più importante di questo libro dosi inevitabilmente e non senza conflitti con un tomo. alle proprie realizzazioni. Come aveva fatto Palladio il lascito del suo illustre predecessore. Come Nell’edizione qui esposta, stampata nel 1714 nel Secondo Libro, anch’egli qui dispiega un campio- Palladio anche Scamozzi scriverà un libro sulle a Venezia da Girolamo Albrizzi, che aveva già nario delle proprie architetture, prevalentemente di antichità di Roma (I discorsi sopra l’Antichità di pubblicato una prima volta l’opera nel 1694, il villa. A differenza di Palladio però che nelle tavole Roma, 1582) e come Palladio, anche Scamoz- trattato è riunito in un unico volume diviso in dei Quattro Libri inserisce il prospetto e la pianta zi comporrà un trattato L’Idea dell’architettura due parti. In entrambe le scadenti edizioni di degli edifici nello spazio neutro della pagina bianca, universale (1615). Nell’una e nell’altra opera Albrizzi vengono riadattati i materiali della Ti- Scamozzi documenta anche l’intorno, con le strade, l’ambizione è quella di superare i precedenti pografia Contarini di Piazzola sul Brenta, che i corsi d’acqua, i ponti, e dà il disegno dettagliato dei palladiani. nel 1687 aveva realizzato una ristampa dell’edi- giardini, nonché l’orientamento e le misure in piedi L’Idea dell’architettura universale era stata pen- tio princeps, acquisita da Albrizzi. dell’edificio. sata dapprima in dodici libri, ridottisi poi a die- Nel primo libro l’autore dà alcune definizioni: Nel sesto libro Scamozzi prende in esame gli ordini ci, secondo la canonica ripartizione vitruviana e sull’architettura e sull’architetto (quale debba architettonici, ribadendo, contro “alcuni, che dopo albertiana. Il progetto, già accarezzato a partire esserne il ruolo, le virtù, la cultura), passando Vitruvio hanno trattato differentemente degli or- dal 1590-91, è quanto mai ambizioso, propo- poi in rassegna vari temi generali pertinenti al dini”, che questi “deono esser cinque, e non più”. nendosi di illustrare l’architettura “universale” mestiere: dalla geometria alle proporzioni del Fu questo, tra i sei libri, quello che più contribuì a e fondandosi su una concezione rigorista della corpo umano al disegno, per soffermarsi quindi diffondere anche fuori d’Italia la notorietà di Sca- materia, trattata come una disciplina “scien- a elencare le tipologie degli edifici, a lodare l’ar- mozzi. tifica”, influenzato in questo anche dal clima chitettura antica, e, per finire, spiegando come Il settimo libro tratta dei materiali da costruzione, scientista ed enciclopedico dell’età di Galileo. l’architetto debba gestire il cantiere, i rapporti pietre, malte, legnami, metalli; anche qui tuttavia Per concretizzare il suo proposito di illustrare con le maestranze (da trattarsi con degnazione Scamozzi non si limita a fornire indicazioni su tipi, l’architettura “universale”, Scamozzi fra il 1599 aristocratica) e con i committenti. qualità, tecniche di lavorazione, ma fa sfoggio di e il 1600 compie un viaggio di studio di nove Il secondo libro considera le caratteristiche dei erudizione enciclopedica, accennando anche ad ar- mesi in Ungheria, Germania e Francia, regi- vari climi e dei siti, di quali scegliere e quali fug- gomenti come la “ generatione delle pietre ne’ monti strando nel suo taccuino le cose che lo avevano gire, dei paesi più o meno adatti all’insediamen- e ne’ mari e per via di congelatione”. incuriosito e soprattutto, in consonanza con le to, delle acque, dell’aria, dei venti (comprese le Nel libro ottavo Scamozzi esamina le varie incom- finalità documentarie del viaggio, prendendo etimologie), poi delle città e delle fortezze. benze necessarie all’edificare: dalle fondamenta, ai nota delle architetture viste: quasi tutti edifici Nel terzo libro Scamozzi affronta il tema della porti, alle palificazioni, alle mura, porte, finestre, ca- gotici francesi, tradotti in una quindicina di di- casa. S’inizia dagli antichi, dalle case dei Greci mini, volte, e altro ancora fino agli obelischi, al pon- segni, con piante, alzati e sezioni,. e dei Romani, per passare subito a “quello che te di Cesare sul Reno, alle strade, alle macchine.

92 93 48. VIOLA ZANINI, Giuseppe Della architettura di Gioseffe Viola Zanini padouano pittore et architetto. Libri due ne’ quali con nuoua simmetria, & facolta si mostrano le giuste regole dei cinque ordini di detta architettura, & osseruationi de’ piu eccellenti architetti, che in quella habbiano dato ammaestramenti ... In Padoua : appresso Francesco Bolzetta, 1629. 43.c.107

Questo trattato di architettura è probabil- casa Fracanzani ad Este, dell’aula dell’Orato- mente l’ultimo in ordine cronologico della rio di S. Spirito e della sala degli esercizi caval- grande stagione rinascimentale: a lungo giu- lereschi dell’Accademia Delia a Padova, opere dicato severamente o addirittura dimenticato tutte andate purtroppo distrutte. dalla critica, solo di recente se ne è colto il L’unica opera architettonica ideata da Viola valore innovativo e pionieristico di manuale a Zanini, oltretutto attribuitagli soltanto alla carattere tecnico-pratico, intimamente legato fine del Settecento, è il palazzo Cumano a alla civiltà costruttiva veneta, e in particolare Padova, iniziato attorno al 1628 e rimasto padovana, del primo Seicento. incompiuto, probabilmente per la morte del- L’autore, Giuseppe Viola Zanini (Padova, l’architetto avvenuta nel 1631 a causa della 1575/80-ivi, 1631), fu abile cartografo, pitto- peste: l’impostazione dell’edificio rispetta le re quadraturista ed architetto. regole classiche, ma manifesta un gusto già Apparteneva ad una famiglia di costruttori: barocco. il nonno era muratore e il padre ebbe l’inca- La prematura scomparsa di Viola Zanini a rico di proto della città di Padova negli ulti- poco più di cinquant’anni con ogni proba- mi decenni del Cinquecento; è lecito quindi bilità ne stroncò agli esordi la futura carriera presumere che l’apprendistato di Giuseppe sia di architetto, che egli si era finalmente aperto avvenuto lavorando presso il padre. proprio grazie alla pubblicazione del trattato. Ma il vero maestro di Viola Zanini sembra Dunque, diversamente da quelli di Palladio e sia stato il nobile padovano Vincenzo Dotto Scamozzi, il trattato di Viola Zanini non con- (1572-1629), un personaggio molto interes- densa le conoscenze teoriche e pratiche matu- sante anche se tuttora poco studiato: esperto rate dopo una lunga esperienza di architetto: geografo e cartografo, Dotto fu anche un no- vi manca infatti, oltre all’illustrazione delle tevole architetto, autore di varie opere a Pado- antichità, anche l’esposizione di eventuali va e nel territorio, dove mostra di saper coniu- progetti e realizzazioni architettoniche dovuti gare schemi palladiani e stilemi seicenteschi. all’autore. Viola Zanini esordì giovanissimo pubblican- L’opera - edita anche per incitamento dal do nel 1599 una dettagliata pianta topografi- maestro Vincenzo Dotto - è divisa in due libri ca della città di Padova. (ne erano previsti tre): il primo è dedicato ai In seguito la sua attività fu quella di pittore di materiali e alle tecniche costruttive, il secon- prospettive: sappiamo ad esempio che dipinse do alla teoria e alla pratica dei cinque ordini con quadrature i soffitti della sacrestia della dell’architettura. chiesa di S. Biagio a Vicenza, delle sale della Relativamente modesto, per quantità e qua-

94 95 49. BARBARO, Daniele La pratica della perspettiua … Opera molto vtile a pittori, a scultori, & ad architetti. In Venetia : appresso Camillo, & Rutilio Borgominieri fratelli al segno di S. Giorgio, 1568. 75.b.43

lità, è l’apparato illustrativo, consistente in Il contenuto del secondo libro, ispirato alle Il sottotitolo recita “Opera molto utile a Barbaro dunque avverte che tratterà quella novantatre tavole silografiche. teorie di Vitruvio, Alberti e Palladio, costitui- Pittori, Scultori e ad Architetti”, e in effetti parte della prospettiva “la quale da Greci è Al primo libro - dopo la dedica, la prefazione sce in verità una stanca ripresa della precetti- quello di Barbaro aspira a essere un pratico detta Scenographia”, la più utile agli artisti. e la tavola dell’indice analitico - è premesso un stica degli ordini: il sistema esposto da Viola vademecum per gli artisti più che un trattato Il trattato consta di nove parti: la prima consi- curioso cenno sulle origini dell’architettura, Zanini venne preso in considerazione, sottoli- puramente teorico. dera i “principij e fondamenti della Perspetti- seguito da due succinte trattazioni dei princi- neandone debiti e limiti, dal francese Roland L’autore aveva annunciato già nei suoi com- va”, la seconda le piante (icnographia), la terza pi della geometria e della prospettiva, desunti Fréart de Chambray, che lo mise a confronto mentari a Vitruvio l’intenzione di scrivere, l’alzato (ortohgraphia), con rappresentazione dalle opere di Sebastiano Serlio, Daniele Bar- con quello dell’Alberti e degli altri maggiori con l’aiuto dell’esperto veneziano Giovanni dei solidi geometrici, la quarta le scene teatrali baro e Cristoforo Sorte: interessante è però la trattatisti del Rinascimento nel suo Parallèle Zamberti, un trattato sulla prospettiva in cin- (scenographia), con rappresentazione prospet- descrizione dell’utilizzo della prospettiva nel- de l’architecture antique et de la moderne (Paris que parti, giacché gli sembrava dai pittori “es- tica delle architetture, e così via prendendo in l’ideazione delle quadrature per i soffitti delle 1650). ser sprezzata la fatica, ma lodata l’opera della esame i lumi e le ombre, le proporzioni e gli sale, che prevede anche la soluzione a punti di Il trattato di Viola Zanini ebbe un’ampia dif- perspettiva, ammirano il ben fatto, fuggono lo scorci del corpo umano, fino agli “instrumen- fuga multipli. fusione: ne accennano nelle loro opere, spes- studio di fare”. ti per porre le cose in Perspettiva, a commodi- Particolarmente importante è il primo libro so però con giudizi molto critici, tra gli altri Nel Proemio della Pratica egli ritorna sul tema: tà di molti i quali vogliono la pratica solamen- di Viola Zanini dedicato al magistero costrut- Guarino Guarini (1678), Alessandro Pompei nonostante la prospettiva sia molto utile ai pit- te”, divulgando anche il modello di una came- tivo del suo tempo, argomento che anticipa (1735), Francesco Milizia (1785) ed Angelo tori, agli scultori e agli architetti, essa gli appare ra oscura con lente biconvessa. la letteratura tecnica che si andrà affermando Comolli (1792); il primo ad esprimere un trascurata, “per non dire sprezzata e quasi fug- Nel suo lavoro Barbaro si avvale degli scritti di proprio nel corso del Seicento: interessanti pieno apprezzamento del trattato del pado- gita […] da quelli a i quali è più necessaria”. altri “prospettici”, come Pacioli, Commandi- sono ad esempio le considerazioni statiche sul- vano fu invece, curiosamente, il neoclassico la forma degli archi e sull’impiego dei tiranti Leopoldo Cicognara (1821), che lo giudicò “I pittori de i nostri tempi – lamenta – altri- no, Serlio, Dürer, riproponendo anche alcune metallici, oppure l’esposizione delle modalità «ripieno di ottime nozioni in ogni teoria, e in menti celebri, e di gran nome, si lasciano con- delle loro illustrazioni: in particolare egli trae di assemblaggio di centine e capriate lignee, ogni pratica dell’arte». durre da una semplice pratica […] e nelle carte dal Secondo Libro di Serlio le tre immagini del- di esecuzione di pavimenti in terrazzo vene- Si espongono le pagine 284-285 del Libro se- in iscritto niuno precetto si vede dato da loro”. la scena tragica, comica e satirica. ziano, di intonaci a marmorino, di coperture condo, con due tavole illustrative dell’ordine a lastre di piombo, e così via. toscano associato agli archi di opera rustica.

96 97 50. SABBATINI, Nicola Pratica di fabricar scene ne’ teatri di Nicola Sabbattini da Pesaro gia architetto del serenissomo dica Francesco Maria Feltrio della Rouere vltimo signore di Pesaro. Ristampata di nouo coll’aggiunta del secondo libro. In Rauenna : per Pietro de’ Paoli, e Gio. Battista Giouannelli stampatori camerali, 1638. 66.b.100

L’architetto e scenografo pesarese Nicola Sab- batini (1574-1654), attivo alla corte di Urbi- no, inventore di sofisticate macchine sceniche per creare effetti visivi e sonori, è l’autore di quest’opera, oggi rara e ricercata. La Pratica, profondamente differente dalla trattatistica precedente ispirata a Vitruvio e alle regola tea- trali aristoteliche propugnate dal Castelvetro, è il primo trattato moderno del genere, che affronta i problemi del palcoscenico, quali le mutazioni di scena e l’illuminazione, con mente sgombra dagli ideali del Rinascimento e dall’ossequio all’antico. La base teorica pog- gia sulla teoria prospettica elaborata alla fine del Cinquecento da Guidubaldo del Monte, architetto, studioso di astronomia, meccani- ca e matematica, disciplina che insegnò dalla cattedra dell’ateneo patavino. Nella prefazione dello stampatore al lettore si legge infatti: “Se brami nondimeno vedere la più fine teorica di quella pratica, ricorri all’Alchimede d’Italia, e leggi il sesto libro della prospettiva dell’illu- strissimo sig. Guido Baldo de i marchesi del Monte, di cui si gloria l’autore l’essere stato buon discepolo”. Questa seconda edizione, arricchita del secon- do libro, segue la prima dell’anno precedente. Le illustrazioni esposte raffigurano l’illumina- zione della scena teatrale, rispettivamente dal fondo e, soluzione raccomandata, di lato.

98 99 51. BASSI, Martino 52. VIGNOLA Dispareri in materia d’architettura, et perspettiua. Con pareri di eccellenti, et famosi architetti, che li risoluono. Di Martino Bassi Le due regole della prospettiua prattica di M. Iacomo Barozzi da Vignola, con i commentari del reuerendo padre maestro Egnatio Danti milanese. dell’ordine de’ predicatori mattematico dello Studio di Bologna. In Bressa : per Francesco, & Pie. Maria Marchetti fratelli, 1572. In Bologna : per Gioseffo Longhi, 1682. Ba.257.9 68.b.13

L’autore, l’architetto milanese Martino Bas- torevoli opinioni dei più «eccellenti et famo- Sebbene assai meno conosciuta della famosissi- re scientifico, tra le quali La prospettiva di Eu- si (Seregno, 1542/48-Milano, 1591), nel cor- si architetti» d’Italia - e si tratta di Andrea Pal- ma Regola delli cinque ordini d’architettura ap- clide (Firenze, 1573), ed aveva inoltre grande so della sua pur breve esistenza diresse impor- ladio, Jacopo Vignola, Giorgio Vasari e Gio- parsa a Roma nel 1562, quest’opera di Vignola competenza, teorica e pratica, in materia di pit- tanti cantieri per fabbriche ecclesiastiche a Mi- van Battista Bertani -, pubblicò il tutto a Bre- sulla prospettiva pratica, pubblicata postuma, tura e architettura: era quindi senza dubbio la lano e in Lombardia nella seconda metà del scia nel 1572. ebbe comunque una notevole fortuna. persona giusta cui affidare il compito di curare Cinquecento: egli lavorò infatti a S. Vittore Oggetto di contestazione erano in particola- Jacopo Barozzi (Vignola, 1507-Roma, 1573), l’edizione del manoscritto sulla prospettiva di al Corpo (1567-88), a S. Maria presso S. Cel- re l’adozione, da parte di Tibaldi, di un’am- detto appunto il Vignola dal nome della citta- Vignola. so (dal 1570), a S. Lorenzo a Mortara (1573), bientazione illusionistica con due punti di vi- dina natale presso Modena, in gioventù aveva Infatti, uscito a Roma nel 1583 con il titolo Le a S. Maria della Passione (1573), a S. Loren- sta prospettici in un rilievo con l’Annunciazio- studiato a Bologna pittura e architettura in un due regole della prospettiva pratica, il trattato di zo Maggiore, di cui ricostruì la severa cupola ne collocato sopra la porta settentrionale della ottagona impostandola sulle preesistenze (dal cattedrale, poi la scelta di disporre attorno al momento in cui si andava affermando il nuovo Vignola, accompagnato dall’ampio commento 1575), quindi alla Certosa di Pavia (1578), a battistero un colonnato quadrato a larghi in- gusto per il quadraturismo, cioè per una pittu- scientifico di padre Egnazio, si affermò subito S. Maria della Rosa (dal 1579) a S. Fedele, al tercolunni ed infine la decisione di sistemare lo ra decorativa caratterizzata da finte architetture come l’opera di riferimento in materia: nume- duomo di Lodi, al santuario di Rho, a S. Ma- «scurolo» (cripta) e il coro sovrastante con una viste in prospettiva: è probabile quindi che il rose furono quindi le ristampe, nel 1611, 1635, ria del Paradiso (1590) ed altrove. soluzione architettonica non in armonia con lo suo interesse per quest’ultima risalga all’epoca 1644, 1682 (a quest’ultima appartiene l’esem- Il suo stile architettonico lo dimostra erede del- stile della chiesa. della formazione giovanile quale pittore pro- plare in mostra) e così via. la tradizione bramantesco-solariana, sulla qua- Il libretto contiene anche alcuni disegni che il- spettico. Nel curare l’edizione, Egnazio intanto vi an- le innestò - moderandone peraltro la spegiudi- lustrano le scelte di Tibaldi e le soluzioni alter- Affermatosi poi come uno dei più grandi archi- tepose una biografia del Vignola «Architetto, catezza inventiva e decorativa - i nuovi moti- native proposte dal Bassi. tetti italiani del Cinquecento, Vignola proseguì e prospettivo eccellentissimo», ove ricorda fra Questo libretto apparentemente mo- vi manieristici introdotti a Milano attorno alla Per lo più favorevoli a quest’ultimo - ma con comunque gli studi sulla prospettiva per tutta l’altro che «sì come egli fu il primo Architetto desto affronta invece temi di grande metà del secolo da Galeazzo Alessi e da Pelle- differenti sfumature: pienamente a favore Pal- la vita e li condensò in un testo più volte per- di quel tempo, così fu sepolto nella più eccel- rilievo, come il rapporto tra lo stile grino Tibaldi. ladio, più moderati Vignola e soprattutto Va- fezionato, ma ancora inedito al momento della lente fabbrica del mondo», cioè nel Pantheon. classico e quello gotico, o come il fon- Il libello del Bassi intendeva polemizzare pro- sari, evasivo infine Bertani - i pareri dei grandi morte. Nella prefazione, poi, il dottissimo domeni- prio contro Tibaldi, che nel 1567 era stato no- architetti interpellati sono comunque di gran- damentale problema della percezione L’ultima versione del manoscritto venne così cano citò praticamente tutti gli autori italiani minato architetto dell’opera del duomo di Mi- de interesse, poiché essi vi esprimono le rispet- visiva dell’opera d’arte, vale a dire del- affidata dal figlio di Jacopo, Giacinto, al dot- e stranieri che fino ad allora si erano occupati la prospettiva: anzi, a quest’ultimo ri- lano grazie all’appoggio dell’arcivescovo cardi- tive concezioni estetiche. to padre domenicano Egnazio Danti (Perugia, di prospettiva - Piero della Francesca, Alberti, guardo l’opuscolo rappresenta, come nal Carlo Borromeo. Anni dopo, scomparso nel frattempo il cardi- 1536-Alatri, 1586), esperto matematico e co- Leonardo, Dürer, Viator, Commandino, Pe- a suo tempo osservò acutamente Pa- Infatti i lavori avviati da Pellegrino all’interno nal Borromeo (1584), Bassi otterrà infine la nofsky, «l’esempio più sorprendente del duomo avevano suscitato molte opposizio- sua rivincita sul rivale Tibaldi: quest’ultimo in- smografo, celebre tra l’altro per aver sovrinteso ruzzi, Serlio, Cousin, Du Cerceau, Cataneo, e interessante della serietà con cui nel ni: le contestazioni, elencate in un memoriale fatti nel 1587 verrà sostituito nella prestigiosa su incarico del papa l’esecuzione delle splendi- Barbaro ed altri ancora - dimostrando peraltro Rinascimento si discuteva della posi- presentato dal Bassi alla fabbriceria nel 1569, carica di architetto del duomo proprio da Mar- de carte geografiche d’Italia dipinte nella Gal- nei suoi «commentari» al testo vignolesco di zione del punto di vista nella super- non sortirono però effetti, data l’influenza del tino Bassi. leria Vaticana. conoscerne a fondo le rispettive formulazioni ficie del quadro e del rapporto con la Borromeo. Si espone l’illustrazione raffigurante il rilievo Maestro nello Studio di Bologna, Danti aveva teoriche. posizione dello spettatore». Martino allora, raccolte sull’argomento le au- dell’Annunciazione del Duomo di Milano. già dato alla luce varie pubblicazioni di caratte- Dopo una lunga introduzione di carattere

100 101 53. VIOLA ZANINI, Gioseffe Della architettura di Gioseffe Viola Zanini padouano pittore, & architetto, libri due ne’ quali con nuoua simmetria, & facoltà si mo- strano le giuste regole dei cinque ordini di detta architettura, & osseryationi de’ più eccellenti architetti che in quella habbiano dato ammaestramenti … Et in questa seconda impressione consacrata … In Padova : per Giacomo Cadorino, 1677. Minich 531 scientifico sulla teoria della visione e sui fon- Il trattato di Viola Zanini ebbe un discre- damenti della prospettiva, dovuta quasi intera- to successo, come dimostra questa riedizione mente a Danti (il cui testo in corpo piccolo si del 1677 (stranamente replicata nel 1678) che distingue facilmente da quello in corpo mag- presenta ben poche modifiche rispetto all’edi- giore di Vignola), il trattato prosegue, sempre zione originaria del 1629: la dedica del secon- accompagnato dalle dotte «annotazioni» di do libro passò all’inizio del primo e vi si ag- Egnazio, con l’esposizione della «Prima regola giunse una nuova dedica, mentre si adottò per della prospettiva» di Vignola, corrispondente il secondo libro una paginazione separata. alla “costruzione legittima” albertiana, e poi L’unica variante di rilievo in questa riedizione della sua «Seconda regola», cioè il metodo del fu l’inserimento in calce al volume di un trat- punto di distanza, di più pratica applicazione tatello sul modo di eliminare il fumo nei ca- soprattutto nella restituzione in prospettiva di mini: una curiosa ma utile appendice dovu- elementi architettonici, quali loggiati e volte, o ta ad Andrea Minorelli, pubblico perito della piedistalli, basi e capitelli di colonne. città di Padova. Il testo accoglie numerosissime silografie con Si espone la p. 26 che mostra una delle bel- i disegni geometrici del Danti e tre belle inci- le tavole dedicate all’illustrazione della costru- sioni in rame, due delle quali desunte forse da zione grafica di una prospettiva architettoni- disegni originali del Vignola (lo spaccato di un ca ideata per un soffitto, cioè all’invenzione tempio circolare a cupola cinto da un colon- di una ardita quadratura da osservare dal sot- nato e visto in prospettiva, l’immagine e l’uso to in su. di uno strumento di rilevazione), la terza illu- strante un’ardita quadratura prospettica. In calce al volume, prima dell’indice finale delle cose notevoli, Egnazio volle inserire tre pagine dedicate a illustrare due soluzioni di scale a chiocciola, citando nel testo vari esempi di sca- le di questo tipo dovute ai più famosi architetti, quali Bramante, Michelangelo e Vignola. Si espone la pagina 129 che illustra il modo di rappresentare in prospettiva un portico coperto con volte a crociera.

102 103 54. BARTOLI, Cosimo 55. BARTOLI, Cosimo Del modo di misurare le distantie, le superficie, i corpi, le piante, le prouincie, le prospettiue, & tutte le altre cose terrene , che possono occorrere Del modo di misurare le distantie, le superficie, i corpi, le piante, le prouincie, le prospettiue, & tutte le altre cose terrene, che possono occorrere a gli huomini, secondo le vere regole d’Euclide, & de gli altri piu lodati scrittori. a gli huomini, secondo le regole d’Euclide, & de gli altri piu lodati scrittori. In Venetia : per Francesco Franceschi Sanese, 1564. In Venetia : per Francesco Franceschi sanese, 1589 Minich 533 107.a.13

Il fiorentino Cosimo Bartoli (1503-1572) fu a Ristampa della precedente edizione di cui lungo al servizio dei Medici, ricevendone però mantiene, data a parte, il frontespizio. solo tardi incarichi stabili: dal 1560 fu segreta- L’illustrazione presenta un altro esempio di rio del cardinale Giovanni e dal 1562 fin quasi misurazione di oggetti posti in alto mediante alla morte agente di Cosimo I a Venezia. In l’uso dell’astrolabio. giovane età, rifugiatosi a Roma in seguito alle vicende politiche fiorentine, aveva dimostrato interesse per l’architettura, la matematica e le discipline umanistiche e successivamente si de- dicò a studi letterari, in particolare a Dante e alla valorizzazione della lingua fiorentina. Nel 1550 pubblicò in Firenze la sua traduzione del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti. Per questo trattato di matematica applicata, dedicato a Cosimo I de’ Medici, l’autore sce- glie la lingua volgare avendo come obbiettivo la chiarezza e l’utilità per i suoi destinatari. Il frontespizio, di gusto chiaramente toscano, è ripreso da quello del volgarizzamento albertia- no del 1550, benché rovesciato, e nel 1584 viene utilizzato da Francesco de Franceschi anche per ripubblicare l’edizione vitruviana di Daniele Barbaro già apparsa per i tipi dl Marcolini. L’iilustrazione dimostra il modo di misurare le reciproche distanze di oggetti posti in alto con l’uso dell’astrolabio, il più diffuso strumento di misurazione nel Medioevo e nel Rinasci- mento.

104 105 56. FABRI, Ottavio 57. FABRI, Ottavio L’vso della squadra mobile con la quale per teorica et per pratica si misura geometricamente ogni distanza altezza, e profondità, s’impara a perticare, L’ vso della squadra mobile con la quale per teorica, & pratica si misura geometricamente ogni distanza, altezza, e profondita; s’impara a perticare, liuellare, et piglare [!] in disegno, le città, paesi, et prouincie. Il tutto con le sue dimostrationi intagliate in rame. Da Ottauio Fabri data in luce. liuellare, & pigliare in disegno le citta, paesi & prouincie. Il tutto con le sue dimostrationi intagliate in rame. Da Ottauio Fabri data in luce. In Venetia : appresso Francesco Barilleti, all’insegna del Mondo, 1598. In Padova : appresso Pietro Bertelli, 1615. 90.c.89 84.b.104

Scarseggiano le notizie biografiche sul pado- Questa seconda edizione (la prima padovana) vano Ottavio Fabri,che nella dedica dell’opera del manuale di Fabri (cfr. n. 56) segue la pri- al nobile Curio Boldieri “di Venetia il dì pri- ma veneziana, da cui riprende l’elegante fron- mo Aprile 1598” si sottoscrive “ingegnero pu- tespizio inciso. blico” (se ne conoscono alcune mappe e rilievi cartografici); tra i sonetti encomiastici a lui dedicati che precedono l’opera figura quello del celebre architetto Giovan Battista Aleotti detto l’Argenta. Da un’altra dedica, al nobile trevisano Giovanni Francesco Gandino, risul- ta chiaro che l’invenzione dello strumento di cui si tratta è in realtà da attribuirsi al padre di quest’ultimo, Marcantonio, traduttore di Frontino, Senofonte e Plutarco ed eccellente matematico, nonché esperto di architettura militare a cui la morte improvvisa impedì di divulgare il suo ritrovato, compito assunto dal Fabri. Il manuale godette di una buona fortuna, come testimoniano le tre successive stampe padovane del 1615, 1670 e 1673. La squadra mobile, ingegnoso ritrovato al tempo stesso quadrante, quadrato geometrico e bussola, era destinato ai più vari tipi di mi- surazione (altezze, profondità, rilievo urbano e territoriale).

106 107 58. FOULLON, Abel 59. BELLI, Silvio Descrittione, et vso dell’holometro. Per saper misurare tutte le cose, che si possono veder coll’occhio cosi in lunghezza, & larghezza; come in al- Libro del misurar con la vista di Silvio Belli vicentino. Nel quale s’insegna, senza trauagliar con numeri, a misurar facilissimamente le distantie, tezza, & profondita. Ritrouato per Abel Fullone ... l’altezze, e le profondita con il Quadrato Geometrico, e con altri stromenti, de’ quali in ogni luogo quasi in un subito si puo prouedere. Si mostra In Venetia : appresso Giordano Ziletti, al segno della Stella, 1564. ancora una bellissima uia di ritrouare la profondita di qual si uoglia mare; & un modo industrioso di misurar il circuito di tutta la terra 107.b.105/2 In Venetia : per Domenico de’ Nicolini, 1565 84.b.93 Abel Foullon (ca. 1513-1563), valet de cham- Il trattato Usage et description de l’holometre manuale. Fu tra i fondatori dell’Accademia compiersi sia con l’ausilio di uno strumento bre del re di Francia Enrico II, è l’inventore apparve a Parigi nel 1555, in traduzione ita- Olimpica, ricoperse la carica di ingegnere denominato “quadrato geometrico”, sia con dell’olometro, un ingegnoso strumento per liana a Venezia nel 1564 e in versione latina, comunale a Vicenza, di “proto delle acque” mezzi di fortuna. rilevamenti architettonici e topografici for- curata da Nicolas Stoup, nel 1577 a Basilea. a Venezia e di ingegnere ducale di Alfonso A questa prima edizione, dedicata al patrizio mato da una tavola graduata sormontata da Dopo una dettagliata descrizione dello stru- II d’Este a Ferrara, conosciuto e stimato dal vicentino Valerio Chiericati, ne seguirono al- una bussola con a lato due regoli di precisione mento e di tutte le parti che lo compongono, Tasso. tre due, sempre a Venezia, nel 1566 e 1570. muniti di visori e basato sul principio della una serie di illustrazioni ne esemplifica l’uso. L’operetta si propone di insegnare una tecni- Le illustrazioni esemplificano la misurazio- triangolazione trigonometrica. ca della misurazione che “si faccia senza l’ar- ne di una distanza tra due punti da un terzo te de’ numeri, onde divuene ancor piu facile punto di osservazione sia con l’uso del qua- [...] il qual modo fin’hora, per quel ch’io sap- drato geometrico che ricorrendo ad un tam- pia, non è stato trattato da niun’altro” e possa buro militare (o ad una tavola piana).

Silvio Belli, nato a Vicenza tra il primo e il secondo decennio del Cinquecento e morto poco dopo il 1579, è designato da alcune fonti antiche come matematico e architet- to e incluso addirittura tra i grandi architetti vicentini della sua epoca e avvicinato a Palladio come esem- pio di ingegno autodidatta, benché del suo talento architettonico non rimanga nessuna testimonianza, se non si vogliono prendere in conside- razione i disegni contenuti in questo

108 109 60. REVESI BRUTI, Ottavio Archisesto per formar con facilita li cinque ordini d’architettura, con altri particolari intorno la medesma professione. Del signor Ottavio Revesi Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano Bruti gentilhuomo vicentno. (In Vicenza : appresso gli heredi di Domenico Amadio, 1627). Renzo Fontana, Stefano Tosato 79.b.11

Questo trattato si presenta come un’opera di Scamozzi, curiosamente preferisse ispirar- di particolare eleganza anche se affronta un si alle architetture di Serlio e Sanmicheli, in argomento squisitamente tecnico: vi sono il- particolare quelle di stile più severo e milita- lustrate infatti le caratteristiche costruttive e resco. le modalità d’impiego di uno strumento de- Come teorico, oltre all’Archisesto pubblicato Nel 1956 la Biblioteca del Museo Correr di Venezia, nell’ambito della normale attività di incremento delle proprie nonimato “archisesto”, utile per disegnare con nel 1627, Revesi Bruti lasciò inediti un Di- raccolte, acquistava nel mercato antiquario un foglio sciolto di pergamena decorato su una facciata con una splendida facilità gli ordini architettonici e gli altri ele- scorso sopra la fortifficazione [...] di Vicenza miniatura veneziana risalente al XVI secolo (fig. 1). menti decorativi propri dello stile classico. (1630) e un trattato su Li due reguli scenografi- Si trattò indubbiamente di un acquisto felice e, come subito vedremo, non soltanto per l’alto valore intrinseco del Ottavio Revesi Bruti (ca.1575-1640), che ne ci. Nuova inventione per mettere espeditamente prezioso dipinto. fu l’autore, era un nobile vicentino con spic- in prospettiva, a conferma delle sue capacità Non si è finora notato, infatti, come la sua fastosa cornice architettonica corrisponda quasi ad verbum a quella della cati interessi per l’architettura civile e milita- nell’ideazione di stumenti utili all’architetto e bella silografia che orna il frontespizio del celeberrimo trattato I Quattro Libri dell’Architettura di Andrea Palladio, pubbli- re, cui si dedicava ovviamente per “diletto”, all’ingegnere professionista. cato per la prima volta a Venezia dallo stampatore Domenico de’ Franceschi nel 1570 (fig. 2). ma in maniera tutt’altro che dilettantesca. Nell’Archisesto - dopo la dedica al vesco- L’analogia formale tra queste due sontuose incorniciature architettonico-scultoree è talmente stringente da comportare Anzi, come architetto realizzò diverse opere vo di Vicenza cardinale Federico Corner, la necessariamente un rapporto di dipendenza. di pregio: palazzo Revesi a Brendola (fine sec. premessa ai lettori dove si accenna all’utili- Ed ecco dunque il primo problema: è più antica la miniatura oppure il frontespizio palladiano? XVI); le porte dell’arsenale di Vicenza (1600 e tà dello strumento e l’introduzione in cui si 1620), di cui resta quella dal possente bugna- spiega la maniera di fabbricarlo - segue per Diciamo subito che riteniamo più antica la prima: qui di seguito ne daremo le motivazioni ed in particolare avanze- to che oggi dà accesso al giardino del teatro ben cento pagine esatte la serie delle tavole remo l’ipotesi che la miniatura risalga all’anno 1539. Ma già gli aspetti più immediatamente legati allo stile rendono del Olimpico; ancora a Vicenza lo splendido arco che illustrano via via i cinque ordini archi- tutto improbabile una datazione della miniatura agli anni settanta del Cinquecento, o dopo ancora. d’ingresso al Campo Marzio (1608), malau- tettonici (toscano, dorico, ionico, composi- Ma procediamo con ordine. guratamente demolito nel 1938; gli sono stati to e corinzio) e le corrispondenti tipologie Il foglio membranaceo misura attualmente cm 26,3x19,5, ma in origine doveva avere delle dimensioni un po’ più inoltre attribuiti alcuni palazzi vicentini, tra di porte, archi, nicchie, intercolunni ecc.: a grandi, poiché i quattro bordi mostrano chiaramente di essere stati ritagliati proprio a filo dell’immagine miniata. cui quello del vescovado, rimaneggiato nel- fronte di ciascuna tavola vi è il testo esplica- l’Ottocento; a lui si devono anche un piano tivo, che descrive le operazioni da farsi con lo . Venezia, Biblioteca del Museo Correr (d’ora in poi: BMCVe), ms. classe III, 1099. Acquistata il 10 marzo 1956 per 103.000 lire dall’antiqua- per la fortificazione della città berica (1630) strumento per poterla correttamente e facil- rio Oreste Licudis - uno degli abituali fornitori di opere d’arte ed oggetti antichi per il Museo tra gli anni quaranta e sessanta del Novecento - questa e un progetto per il soffitto della cattedrale mente disegnare. importante miniatura costituisce una delle ultime acquisizioni effettuate nel secolo scorso per arricchire il cospicuo fondo manoscritti classe III del (1637); infine gli spetta una bella riproduzio- Si espone l’elegante frontespizio dell’opera, Correr, che raccoglie circa 1100 tra commissioni e promissioni ducali, giuramenti di procuratori e capitolari: cfr. ivi, Registro acquisti, 2362, e Libro ne del proscenio del palladiano teatro Olim- dov’è appunto raffigurato in prospettiva l’Ar- delle classi I-VI, classe III, 1099. Si ringrazia la direzione, pico incisa nel 1620. chisesto posato su di un tavolo, con sopra un . Pare opportuno precisare che l’analogia formale tra le cornici architettoniche della miniatura Correr e del frontespizio palladiano è stata rico- Sembra però che il vicentino Revesi Bruti, an- compasso aperto sul quale svolazza un nastri- nosciuta una decina d’anni fa da Stefano Tosato, che poi però, in attesa di approfondimenti, ha via via rinviato la pubblicazione di uno studio ap- posito; soltanto nel 2007, avvicinandosi il V centenario della nascita di Palladio, ne ha discusso con Renzo Fontana e di comune accordo si è deciso ziché guardare ai vicini modelli di Palladio e no col motto: «FIRMA EX MOBILIBUS». di affrontare in collaborazione la complessa ricerca sull’argomento: questo saggio a quattro mani (abbozzato da Tosato e rivisto da Fontana) ne pre- senta i risultati. . La rifilatura dei bordi attorno alla miniatura risale ad un’epoca ignota, ma sicuramente antecedente l’acquisto del foglio da parte del Museo

110 111 Fig. 1. Antiporta miniata del disperso volume di una commissione ducale veneziana del sec. XVI: con ogni probabilità si tratta della commissione del doge Pietro Lando Fig. 2. Frontespizio de I quattro libri al patrizio Tommaso Contarini, dell’architettura di Andrea Palladio (1508-1580), inviato ambasciatore straordinario a pubblicato per la prima volta a Venezia dallo Costantinopoli nel giugno del 1539. stampatore Domenico de’ Franceschi nel 1570. Venezia, Biblioteca del Museo Correr Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana

112 113 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano

In ogni caso va subito precisato che un accurato esame diretto della miniatura non solo ne garantisce l’autenticità, ma avvallare l’alto compito assegnato al patrizio prescelto. ci assicura anche che essa fu interamente eseguita - sebbene, riteniamo, non altrettanto interamente ideata: sull’importante In ogni caso è chiaro che in origine questa splendida miniatura costituiva proprio l’antiporta del libro della commis- questione dovremo poi ritornare - da un unico esperto miniatore veneziano, che al momento rimane purtroppo ignoto. sione ducale che vediamo in mano al doge. Mentre però la miniatura, asportata in passato dal volume a causa della sua Il documento è quasi del tutto privo di iscrizioni: esso ci “parla” quindi essenzialmente attraverso la sua complessa bellezza, è poi fortunatamente pervenuta al Museo Correr, il libro con il testo della commissione risulta oggi purtroppo raffigurazione miniata, sulla cui lettura perciò dovremo ora necessariamente intrattenerci. disperso. Nell’immagine, entro l’esuberante cornice architettonica simile a quella di un altare barocco, si svolge - proprio come Tuttavia nei preziosi registri ufficiali delle antiche magistrature della Serenissima - conservati all’Archivio di Stato di sul palco di un teatrino, con un ampio drappo bruno disteso a mo’ di quinta sullo sfondo - una scena con quattro impor- Venezia - si possono ritrovare fedeli trascrizioni di moltissime commissioni ducali: per datare la nostra miniatura sarebbe tanti personaggi riuniti all’interno di una sala vivacemente pavimentata a scacchi bianco-rossi e bianco-neri. quindi sufficiente ricollegarla al testo della relativa commissione, che come detto doveva costituire un incarico del tutto I quattro personaggi sono ben riconoscibili grazie alle vesti e ai loro attributi: al centro c’è il papa, con tiara e pasto- eccezionale, connesso cioè con un importante avvenimento storico coinvolgente anche il papa e l’imperatore. rale, assiso in cattedra sopra due alti gradini marmorei; lo affiancano, in piedi, alla sua destra l’imperatore, con scettro e E che l’occasione fosse straordinaria lo confermano del resto, oltre alla particolarità della scena raffigurata, le stesse corona, e alla sinistra il doge, con il tradizionale corno e la mozzetta d’ermellino; di fronte alle tre alte autorità allineate è caratteristiche formali e dimensionali della miniatura, che la configurano nel suo genere come un hapax, per non dire un inginocchiato un patrizio veneto, con ampia toga verde-azzurra foderata d’ermellino e stola rosso porpora ricamata d’oro. vero e proprio unicum: di regola, infatti, i libri delle commissioni ducali, e quindi anche i fogli miniati che ne costituivano Quest’ultimo è raffigurato nell’atto di ricevere dalla mano del doge un bel volumetto chiuso, caratterizzato da una coperta antiporte e frontespizi, avevano un formato compreso tra i cm 21÷26 di altezza e i cm 14÷20 di larghezza, dimensioni finemente decorata d’oro e da una cordicella con appeso forse un piccolo sigillo. mediamente inferiori, quindi, rispetto a quelle della nostra miniatura; e anche la sua struttura formale, con quella magni- Com’è ovvio si tratta di una scena puramente allusiva e non della “fotografia” di un incontro realmente accaduto. fica edicola tutta dorata che inquadra prospetticamente una scena d’impostazione teatrale, si distacca nettamente dai tipici L’immagine si riferisce infatti a una commissione affidata dalla Repubblica di Venezia al patrizio ginocchioni: tuttavia schemi tradizionalmente in uso nelle miniature delle commissioni veneziane del Cinquecento. doveva trattarsi di un incarico assolutamente eccezionale. Infatti, a differenza delle consuete commissioni ducali, dove il doge, ma più spesso il patrono san Marco, la Vergine, o la stessa allegoria femminile di Venezia, sono raffigurati nell’atto . La bibliografia sulla miniatura veneziana del Cinquecento è ormai abbastanza estesa e in particolare esistono vari saggi sull’ornamentazione di consegnare il volume contenente il testo dell’investitura, in questa, oltre al doge sono presenti addirittura il papa e l’im- miniata delle commissioni ducali: va peraltro rilevata la mancanza a tutt’oggi di un’opera approfondita e sistematica su quest’ultimo argomento; qui peratore, i quali - il primo con il gesto di benedizione, il secondo con il solo apparire - sembrano entrambi implicitamente di seguito diamo comunque l’elenco dei principali studi da noi consultati: E.A. Cicogna, Commissione data dal doge di Venezia Leonardo Loredan a Jacopo Marin che nel 1519 andava podestà a Portogruaro, giuntevi notizie intorno le commissioni ducali [...], in Documenti storici inediti pertinenti alla città di Portogruaro, ivi 1851 (rist. anast., ivi 1982), in part. p. 9-27 (premessa Ai leggitori cortesi); C. Foucard, Della pittura sui manoscritti di Vene- Correr. Poiché in origine - come si dirà - la miniatura doveva costituire l’antiporta di una commissione ducale, la rifilatura potrebbe essere avvenu- zia, “Atti dell’Imp. Reg. Accademia di Belle Arti in Venezia”, 1857, p. 27-147; D.R. Bratti, Miniatori veneziani, “Nuovo Archivio Veneto”, n.s., 1 ta già al momento dell’asportazione del foglio dal volume: infatti, una volta distaccato il foglio ritagliandolo lungo il margine sinistro, si rese poi ne- (1901), t. 2, p. 70-94; R. Bratti, Arte retrospettiva: miniature veneziane, “Emporium”, 25 (1907), p. 187-199; M. Levi D’Ancona, Miniature venete cessario per centrare l’immagine miniata rifilarne tutti e quattro i bordi bianchi (eliminati forse anche perché deteriorati, oppure segnati con timbri nella collezione Wildenstein, “Arte Veneta”, 10 (1956), p. 25-36, in part. p. 36; N. Borin, La miniatura a Venezia, “Giornale Economico”, 42 (1957), o note di possesso); sul margine superiore del foglio questa infausta operazione ha causato la perdita delle estremità degli attributi delle tre allegorie p. 111-114; M. Levi D’Ancona, Jacopo del Giallo e alcune miniature del Correr, “Bollettino dei Musei Civici Veneziani”, 7 (1962), n. 2, p. 1-23; G. femminili poste sulla sommità della cornice architettonica, cioè al centro la punta della spada della Giustizia e ai lati le punte dei rami di palma del- Mariani Canova, La decorazione dei documenti ufficiali in Venezia dal 1460 al 1530, “Atti dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti” (Classe di le due Glorie. scienze morali, lettere ed arti), 126 (1967-68), p. 319-334, tav. I-VII; G. Mariani Canova, Profilo di Benedetto Bordon miniatore padovano, “Atti . L’intera miniatura appare eseguita da una stessa mano e in un’unica fase, non mostrando segni di integrazioni o manomissioni di epoca po- dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti” (Classe di scienze morali, lettere ed arti), 127 (1968-69), p. 99-121, tav. I-XXI; M.A. Gukovsky, Un steriore; essa nel complesso si presenta oggi in discreto stato di conservazione tranne alcune zone, danneggiate da perdite di colore dovute ad abra- manoscritto veneziano del sec. XVI nella biblioteca dell’Ermitage di Leningrado, “Arte Veneta”, 33 (1969), p. 220-221; G. Mariani Canova, La minia- sioni, piccoli strappi o piegature del foglio, oppure interessate da lievi alterazioni cromatiche causate dall’umidità o dal naturale deterioramento di tura veneta del Rinascimento, 1450-1500, Venezia 1969; G.M. Zuccolo Padrono, Postilla attorno ad Alessandro Merli, “Arte Veneta”, 33 (1969), p. alcuni pigmenti. 221-223; G.M. Zuccolo Padrono, Miniature manieristiche nelle commissioni dogali del II° Cinquecento presso il Museo Correr, “Bollettino dei Mu- . In realtà osservando attentamente la miniatura si rileva una brevissima iscrizione nel bas-de-page: all’interno del cartiglio centrale, a destra dello sei Civici Veneziani”, 14 (1969), n. 2, p. 4-18; G.M. Zuccolo Padrono, Il maestro “T°.Ve” e la sua bottega: miniature veneziane del XVI secolo, “Arte stemma, sul fondo rosso scuro purtroppo caratterizzato proprio in quest’area da diffuse lacune di colore, si notano infatti - tracciate in oro nello spa- Veneta”, 25 (1971), p. 53-71; G.M. Zuccolo Padrono, Sull’ornamentazione marginale di documenti dogali del XVI secolo, “Bollettino dei Musei Ci- zio compreso tra due rosette dorate (simmetriche delle due rosette ben visibili sull’altro lato del cartiglio, a sinistra dello stemma) - tre lettere alfabe- vici Veneziani”, 17 (1972), n. 1-2, p. 3-25; Miniature dell’Italia settentrionale nella Fondazione Giorgio Cini, a cura di G. Mariani Canova, Vicenza tiche capitali disposte a triangolo, due sopra affiancate e una sotto centrata; pur con qualche incertezza ci sembra di leggere la scritta «VO/I∙»: non ci 1978, in part. p. 64-65, cat. 110-111, e p. 72-73, cat. ms.6-ms.7; Una città e il suo museo. Un secolo e mezzo di collezioni civiche veneziane, cat. del- è noto il significato di questa iscrizione, ma forse si tratta dell’abbreviatura di un motto votivo-elogiativo, oppure della sigla dell’ingoto miniatore. la mostra (Venezia, 1988), a cura di M. Gambier, “Civici Musei Veneziani d’arte e di storia. Bollettino”, 30 n.s. (1986), n. 1-4, p. 147-159, schede

114 115 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano

Ordunque, volendo risalire al testo della commissione, dobbiamo partire dalle informazioni forniteci dalla nostra im- Santa Romana Chiesa, nel 1537 non avrebbe potuto ricevere alcun incarico ufficiale dalla Repubblica di Venezia; infatti magine miniata: il che significa innanzitutto stabilire l’identità dei quattro personaggi che vi sono raffigurati. - e a conferma - il Contarini effigiato nella miniatura non presenta né abito, né attributi cardinalizi. L’elemento da cui prendere le mosse è ovviamente lo stemma, uno scudo d’oro a tre bande d’azzurro, in bella evidenza Perciò, tenendo per fermo che si trattasse di Gasparo Contarini e considerato che questi nel 1528 venne effettivamente al centro del bas-de-page, il medesimo stemma è ripetuto in piccolo anche sulla coperta dorata del volumetto consegnato inviato dalla Serenissima quale ambasciatore (invero stabile, cioè “ordinario” e non “straordinario”) presso la Santa Sede, dal doge, anche se il miniatore, qui, ha tralasciato, o si è scordato, l’azzurro. Forma e colori rimandano senz’altro all’arma Sinding-Larsen ipotizzò che la miniatura si riferisse alla commissione consegnata a Gasparo in quella occasione; peraltro Contarini: l’identità del nostro personaggio andrà dunque cercata tra i componenti di quell’illustre famiglia veneziana. questa ipotesi implicherebbe che il papa rappresentato nell’immagine miniata debba essere riconosciuto non più in Paolo Che tuttavia, come le altre grandi casate lagunari, era articolata in parecchi rami e contava innumerevoli personaggi. Qua- III, salito al soglio pontificio nel 1534, bensì nel suo predecessore Clemente VII, papa sin dal 1523; invece gli altri due le, dunque, tra i tanti, è il nostro Contarini? personaggi si riconfermerebbero in Carlo V, imperatore dal 1519 ma incoronato ad Aquisgrana nel 1520, e in Andrea E subito dopo: quali i nomi del papa, dell’imperatore e del doge ritratti nella miniatura? Gritti, che fu doge di Venezia dal 1523 al 1538. Il nostro prezioso foglio, quando entrò a far parte delle raccolte del Correr, per ragioni di conservazione venne protetto Nel 1984 Lionello Puppi, nel contesto di un suo saggio dedicato all’iconografia del doge Gritti, prendendo in con- racchiudendolo tra due piatti di cartoncino e su quello anteriore venne applicato all’esterno un cartiglio con la seguente siderazione accanto ai famosi ritratti di Tiziano, Tintoretto e di altri artisti (nonché a varie sculture e medaglie), anche dicitura dattiloscritta: «Miniatura di Commissione ducale, contemporanea e in rapporto alla Lega, del 1537 tra Venezia, la nostra miniatura, la definiva «Commissione del 1528 a Gasparo Contarini», accogliendo dunque l’interpretazione del l’Impero e la Santa Sede, contro i Turchi. - Rappresenta il Doge Andrea Gritti che, alla presenza dei suoi collegati Papa Sinding-Larsen, e ne ribadiva l’«eccezionalità entro la tradizione iconografica di siffatti documenti», pubblicandone una Paolo III° e Carlo V°, consegna a Gasparo Contarini il volume della Commissione. - / Gasparo Contarini, veneziano riproduzione integrale in bianco e nero10. 1483-1542, illustre uomo di Stato, ambasciatore presso Carlo V° e presso la Curia romana e, infine, Cardinale». In seguito, la miniatura fu riprodotta in altri libri (sia nella sua interezza sia parzialmente, in bianco e nero o a colori), Che in questa iniziale scheda di catalogazione qualche cosa non tornasse, dovette apparire evidente a Sinding-Larsen, il ma in realtà per semplice scopo ornamentale e talvolta con l’aggiunta di insostenibili didascalie11. primo studioso a interessarsi - sia pure marginalmente - della nostra miniatura: egli infatti, accennandovi in una noterella del suo libro Christ in the Council Hall del 1974, pur concordando con la scheda museale nell’identificare due dei quattro G. Fragnito, Contarini, Gasparo, voce del Dizionario biografico degli italiani (d’ora in poi: DBI), 28, Roma 1983, p. 172-192; G. Fragnito, Gaspa- personaggi nel doge Andrea Gritti e nel patrizio Gasparo Contarini, ritenne tuttavia di dover anticipare la data del do- ro Contarini, un magistrato veneziano al servizio della cristianità, Firenze 1988; Gaspare Contarini e il suo tempo, atti del convegno (Venezia, 1985), a cura di F. Cavazzana Romanelli, Venezia 1988; E.G. Gleason, Gasparo Contarini. Venice, Rome, and Reform, Oxford 1993. cumento di circa un decennio, riferendolo all’incarico affidato a Contarini dal Senato veneto nel 1528 «as extraordinary envoy to the Holy See». . Gasparo Contarini fu ambasciatore ordinario della Repubblica di Venezia presso il papa Clemente VII dal giugno 1528 al febbraio 1530. Il te- sto della commissione ducale, datato 23 maggio 1528, si legge in Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi: ASVe), Senato, Deliberazioni, Secreti, reg. Il problema di cui forse si era accorto Sinding-Larsen è infatti che Gasparo Contarini - senz’altro una delle personalità 53, c. 41r-43v; le lettere autografe inviate da Contarini al Senato durante la legazione (dal 27 maggio 1528 al 5 novembre 1529) si conservano, rile- più importanti nella Venezia della prima metà del Cinquecento e a quel tempo sicuramente l’esponente più illustre del gate in un grosso volume, alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (d’ora in poi: BNMVe), mss. it. VII, 1043 (=7616); la relazione finale del- suo casato - nel 1535 era stato inaspettatamente creato cardinale da papa Paolo III: egli dunque, in quanto cardinale di l’ambasceria, letta da Contarini in Senato l’8 marzo 1530, si conserva in numerose trascrizioni manoscritte (ad esempio in BNMVe, mss. it. VII, 899 (=8845), c. 1-12; o in BMCVe, Archivio Morosini-Grimani, ms. 379, c. 1-8) ed è già stata pubblicata in Relazioni degli ambasciatori al Senato, edite da E. Albèri, s. II, vol. III, Firenze 1846, p. 255-274. IV.14-39 (di A. Dorigato); G. Mariani Canova, La miniatura a Venezia dal Medioevo al Rinascimento, in Storia di Venezia. Temi: l’arte, a cura di R. 10. L. Puppi, Iconografia di Andrea Gritti, in “Renovatio urbis”. Venezia nell’età di Andrea Gritti (1523-1538), a cura di M. Tafuri, Roma 1984, Pallucchini, II, Roma 1995, p. 769-843; L. Armstrong, Studies of Renaissance Miniaturists in Venice, London 2003; Dizionario biografico dei mi- p. 216-235: sulla miniatura, p. 224, 233 note 43-44, e fig. 6: «Anonimo miniatore, Commissione a Gasparo Contarini (Venezia, Museo Correr)». niatori italiani, secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004. 11. Cfr. Venezia e la Germania, Milano 1986, p. 142, fig. 144 (riproduzione integrale in bianco e nero), la didascalia recita: «Miniatore anoni- . S. Sinding-Larsen, Christ in the Council Hall. Studies in the religious iconography of the Venetian Republic (Acta ad Archeologiam et Artium mo, Commissione a Gasparo Contarini. Venezia, Museo Correr»; Venezia e la Spagna, Milano 1988, p. 13, fig. 5 (bella riproduzione integrale a colori), Historiam pertinentia), Roma 1974, p. 178 nota 7 (anziché la sua segnatura, come riferimento per individuare la miniatura viene qui usato il nume- didascalia a p. 12: «Il doge Andrea Gritti consegna a Gasparo Contarini - ambasciatore presso Carlo V dal 1521 al 1528 - il volume della Commissione ro del vecchio negativo fotografico: «Mus. Correr, phot. 5696»). Ducale alla presenza degli alleati papa Sisto V e l’imperatore Carlo V. Venezia, Biblioteca del Museo Correr»: in realtà Gasparo Contarini fu ambasciatore . La bibliografia su Gasparo Contarini è vastissima, ma citiamo i testi base: E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 226- veneto presso Carlo V dal 1521 al 1525 (vedi sotto, nota 22) e poi di nuovo durante la pace di Bologna, tra l’ottobre 1529 e il febbraio 1530, men- 241, iscr. 5; G. De Leva, Della vita e delle opere del cardinale Gasparo Contarini, “Rivista periodica dei lavori della I.R. Accademia di scienze, lettere ed tre Sisto V fu papa negli anni 1585-90, quando ormai il Gritti, Contarini e Carlo V erano scomparsi da decenni; F. Gligora-B. Catanzaro, Storia arti in Padova”, 12 (1863), n. 23-24, p. 47-97; Regesten und Briefe des Cardinalis Gasparo Contarini (1483-1542), a cura di F. Dittrich, Braunsberg dei papi e degli antipapi da San Pietro a Giovanni Paolo II, S.l. 1989, II, p. 848, fig. [a] (riproduzione parziale in bianco e nero), didascalia: «Il doge 1881; F. Dittrich, Gasparo Contarini, 1483-1542. Eine monographie, Braunsberg 1885; O. Ferrara, Gasparo Contarini et ses missions, Paris 1956; Andrea Gritti consegna a Gaspare Contarini il volume della Commissione Ducale alla presenza di Sisto V e Filippo di Spagna. Venezia, Biblioteca

116 117 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano

A questo punto tuttavia dobbiamo osservare che anche l’interpretazione di Sinding-Larsen, per più ragioni, costituisce il doge figuravano sullo stesso piano, rispettivamente a destra e sinistra del papa, il quale, assiso su di un trono, sovrastava di fatto un’ipotesi non sostenibile: infatti, l’immagine dell’imperatore Carlo V sull’antiporta miniato della commissione di nettamente sia l’uno che l’altro» - rendesse questa immagine «emblematica» della concezione della Serenissima circa i mu- un oratore veneto inviato alla corte papale è priva di giustificazioni. tui rapporti di potere tra il pontefice, cui senza dubbio «toccava il primo posto», e l’imperatore e il doge, collocati invece Perché è vero che risulta oggi disperso il volume originale della commissione, consegnato a Gasparo Contarini il 23 più in basso, ma entrambi su un «ideale piano di parità»: o meglio questa, secondo l’interpretazione di Cozzi, era proprio maggio 1528 alla vigilia della sua partenza per Orvieto (dove il papa Clemente VII era riparato all’indomani del Sacco di quella ideale gerarchia tra i poteri che Venezia - inviando appunto in sua rappresentanza l’esperto ambasciatore Gasparo Roma del 1527), ma, fortunatamente, di quella commissione si conserva la fedele trascrizione in un registro dell’antico Contarini - auspicava venisse riconfermata al congresso di Bologna, salvo poi restarne parecchio delusa, visto che in quella Senato veneto12. sede le clausole della «pace d’Italia» furono stabilite essenzialmente dal papa e dall’imperatore14. Ebbene, nel documento sono elencati i compiti che Contarini avrebbe dovuto svolgere quale ambasciatore ordinario Secondo Cozzi, insomma, la nostra miniatura in origine «ornava la commissione membranacea che Gasparo Contarini presso la Santa Sede: trattare della delicatissima questione della recente occupazione veneta delle città pontificie di Raven- recava con sé» mentre si portava all’incontro di Bologna in nome della Repubblica di Venezia15. na e Cervia, che il papa intendeva gli venissero assolutamente restituite e Venezia invece voleva conservare; e convincere il In effetti, una ducale del 22 ottobre 1529, ordinava a Gasparo Contarini, allora a Rimini al seguito del papa nella tappa papa ad aderire alla «liga» antimperiale, che avrebbe visto gli stati italiani, la Francia e l’Inghilterra coalizzati contro Carlo di avvicinamento al capoluogo emiliano, di partecipare all’imminente «convento di Bologna» col ruolo appunto di rap- V, al fine di scongiurare il pericolo di un predominio spagnolo in Italia. presentante ufficiale della Serenissima16. Quella ducale era accompagnata da alcuni importanti documenti, che servivano Come si vede, la contraddizione tra il contenuto di questa commissione - che lascia intravedere accese controversie fra proprio a conferire una piena ufficialità alla missione: vi erano allegate infatti le lettere «credenziali» da presentare all’im- il doge, il papa e l’imperatore - ed il messaggio visivo trasmesso dalla miniatura - che viceversa dà l’idea di una perfetta peratore ed inoltre una «instructione» ad uso dello stesso ambasciatore, dov’erano riassunte le direttive cui doveva attenersi unità d’intenti fra le medesime autorità - non potrebbe essere più stridente, e induce necessariamente a escludere ogni nelle trattative e le condizioni stabilite nel precedente trattato di pace del 1523; però il principale allegato - sempre in data legame tra i due documenti. 22 ottobre 1529, ma scritto in latino e sottoscritto dal doge in persona - era il vero e proprio «mandato [...] exteso in ampla Del resto nel 1994 Gaetano Cozzi, proprio ragionando intorno al messaggio visivo della nostra miniatura nel preambo- et opportuna forma», con cui si investiva ufficialmente l’oratore Gasparo Contarini del potere di «trattar et concluder essa lo di un suo rilevante contributo sulla storia di Venezia dal Rinascimento al Barocco, ritenne opportuno posticipare la data pace» in Bologna per conto della Repubblica di Venezia17. del foglio «verso il finire del 1529», allorquando cioè lo stesso Gasparo Contarini, all’epoca ancora oratore veneto presso Com’è ovvio la nostra miniatura avrebbe dovuto ornare quest’ultimo documento: si dà il caso però che proprio questo la curia pontificia, veniva inviato dalla Serenissima «a rappresentarla a Bologna dove, dopo tanti anni di guerre, si sarebbe «mandato» sia oggi conservato in originale all’interno di quella curiosa collezione di atti con firme autografe di dogi, messa finalmente negoziata la pace tra la Repubblica, il papa Clemente VII e l’imperatore Carlo V»13. assieme nell’Ottocento da quell’infaticabile raccoglitore di manoscritti che fu Emmanuele Antonio Cicogna18. Cozzi pensava infatti che la particolare disposizione dei personaggi rappresentati nella miniatura - ove «l’imperatore e Ebbene, questo documento non consiste in un volume, bensì in un unico foglio rettangolare in pergamena di cm 34x47, col testo latino scritto in orizzontale soltanto su una facciata e firmato in calce di pugno del doge Andrea Gritti, mentre sull’altra facciata è segnato il monogramma del cancelliere ducale, che era allora Nicolò Sagandino; il foglio si del Museo Correr»: oltre a quanto già notato su Sisto V, si aggiunga che Gritti e Contarini erano già scomparsi da quindici anni quando, nel 1556, Filippo II diventò imperatore, avendo il padre Carlo V abdicato in suo favore; Storia di Venezia, dalle origini alla caduta della Serenissima, IV: Il Ri- nascimento. Politica e cultura, a cura di A. Tenenti-U. Tucci, Roma 1996, p. 779, fig. 7 (riproduzione parziale a colori): «Particolare della commis- 14. Cozzi, Venezia dal Rinascimento, p. 3-sg. sione del doge Andrea Gritti a Gasparo Contarini. 1537. Venezia, Museo Correr, ms. cl. III. 1099 (Foto Böhm, Venezia)»: in questo caso sono stati semplicemente riproposti i dati della scheda museale; inoltre è ovviamente possibile, per non dire probabile, che la miniatura sia stata riprodotta an- 15. Ivi, p. 7. che in altre pubblicazioni. 16. Il testo della ducale si conserva trascritto in ASVe, Senato, Deliberazioni, Secreti, reg. 53, c. 218r-219v. 12. Vedi sopra, nota 9. 17. I testi del «mandato» e della «instructione» allegati alla ducale sono trascritti di seguito a quest’ultima in ivi, c. 219v-220v. 13. G. Cozzi, Venezia dal Rinascimento all’Età barocca, in Storia di Venezia, VI: Dal Rinascimento al Barocco, a cura di G. Cozzi-P. Prodi, Ro- 18. BMCVe, ms. Cicogna, 3797/26. Nelle sue ampie raccolte il Cicogna conservava inoltre, sempre in originale, trenta lettere ducali - tra cui ma 1994, p. 3-125: p. 3. Sulle complesse trattative della pace di Bologna e sul ruolo svolto in quell’occasione da Gasparo Contarini, costituisce an- quella accompagnatoria del nostro «mandato» - inviate negli anni 1528-30 a Gasparo Contarini ambasciatore a Roma: purtroppo però tali lettere cora referenza fondamentale la dettagliata cronistoria scritta a suo tempo dal futuro doge Nicolò Da Ponte (1491-1585), ma pubblicata soltanto nel- risultano oggi disperse (cfr. ivi, ms. Cicogna 3477/4, ove mancano appunto i numeri 1-30); lo stesso Cicogna ne aveva riassunto il contenuto e tra- l’Ottocento: cfr. N. Da Ponte, Maneggio della pace di Bologna, tra Clemente VII, Carlo V, la Repubblica di Venezia e Francesco Sforza, 1529, in Rela- scritto alcuni passi in un fascicoletto di poche pagine intitolato Sunto e brani di alcune ducali scritte dal 27 luglio 1528 al 21 gennaio 1529 (1530) al- zioni degli ambasciatori, p. 141-253. l’ambasciatore veneto in Roma Gasparo Contarini (ivi, ms. Cicogna 2989/4).

118 119 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano presenta oggi più volte ripiegato, ma forse in origine veniva chiuso a rotolo: in ogni caso vi era legato con una cordicella il proprie arme gentilizie quelle della casa sovrana, presso la quale aveano risieduto»23. Al contrario lo stemma Contarini della tipico sigillo ducale in piombo, andato poi purtroppo perduto19. miniatura non presenta l’aquila: se si trattasse veramente di Gasparo, l’assenza di tale simbolo araldico risulterebbe molto Ora, è facile capire che la nostra miniatura, originariamente inserita a far da antiporta nel volume di una commissione strana e ciò a maggior ragione in una immagine ufficiale in cui è raffigurato Carlo V in persona. ducale, risulta essere assolutamente incompatibile, per dimensioni e per formato, con il mandato spedito a Contarini20: In secondo luogo la fisionomia del Contarini effigiato nella miniatura - dal viso allungato e il naso a goccia, la barba insomma, è oggettivamente impossibile che i due documenti potessero andare in qualche modo uniti assieme. folta e i lunghi capelli scompartiti da una riga centrale con l’attaccatura bassa sulla fronte - appare molto diversa da quella E dunque, anche la suggestiva interpretazione del Cozzi viene a scontrarsi con un ostacolo insormontabile. ben nota di Gasparo - dal volto ossuto e il naso robusto, la barba e i capelli ricci, ma fortemente stempiato e con un ciuffo In sostanza tutte le ipotesi sulla miniatura avanzate sino ad oggi, e quindi anche le relative datazioni al 1537, 1528 e solitario al centro sopra l’ampia fronte -, quale possiamo vedere ad esempio nel busto marmoreo scolpito per volontà dei 1529, di fatto non reggono alla prova dei documenti: come superare l’impasse? suoi nipoti attorno al 1563 (cioè una ventina d’anni dopo la morte del cardinale) e collocato sulla sua tomba nella cappella Il problema in realtà è che finora - sulla scia della vecchia scheda museale - tutti gli studiosi hanno dato per scontato che di famiglia nella chiesa della Madonna dell’Orto a Venezia24. il Contarini della miniatura fosse il celebre Gasparo21: ma le contraddizioni sin qui evidenziate depongono decisamente a A questo punto, con ogni ragionevolezza, sembra opportuno dover svincolare la nostra miniatura dalla pur carismatica sfavore di questa identificazione, alla quale poi si oppongono due ulteriori motivazioni. figura di Gasparo Contarini, e ricercare un altro autorevole personaggio, appartenente al medesimo casato, che in quello Innanzitutto, se è vero che la famiglia di Gasparo aveva come stemma quello “base” dei Contarini che ritroviamo nella stesso torno d’anni abbia ricevuto una commissione ducale di straordinaria rilevanza. miniatura - cioè uno scudo d’oro a tre bande d’azzurro, come sopra ricordato - è però altrettanto vero che egli nel 1525, Esclusi ben presto alcuni nomi per cause oggettive25. la nostra attenzione si è dapprima rivolta ad un Marcantonio rientrando in patria dopo aver svolto per cinque anni l’incarico di oratore veneto presso Carlo V22, poteva fregiare il suo stemma personale dell’aquila imperiale: è noto infatti che la Serenissima «permetteva agli ambasciatori d’innestare nelle 23. F. Mutinelli, Lessico veneto, Venezia 1851, p. 24, sub voce «Ambasciatori». Una conferma della presenza dell’aquila imperiale nello stemma di Gasparo Contarini ci viene dall’albero di famiglia riportato nelle famose genealogie venete di Barbaro-Tasca (cfr. ASVe, Miscellanea Codici, I, Sto- 19. Nella parte conclusiva del testo è scritto espressamente che il mandato, oltre alla firma autografa del doge («manus proprie subscriptione»), do- ria veneta, reg. 18: M. Barbaro-A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, 2, p. 466), dove infatti accanto al nome del cardinale è disegnato il suo stemma veva anche essere munito del tipico sigillo ducale in piombo («bulla nostra plumbea pendente»): ancor oggi infatti sul margine ripiegato della perga- personale, che presenta l’arma base di famiglia inserita sul petto di un’aquila a due teste e ad ali spiegate, a sua volta sormontata dal tipico cappello mena si notano i due piccoli fori ov’era legata la cordicella con il sigillo appeso. cardinalizio: le dignità dell’aquila bicipite e del cappello cardinalizio vennero conseguite da Gasparo rispettivamente nel 1525 e nel 1535. 20. A rigore si deve qui precisare che il 22 novembre 1529 venne inviato a Gasparo Contarini un secondo mandato ufficiale in sostituzione del 24. Sul busto di Gasparo Contarini, attribuito dapprima ad Alessandro Vittoria e poi a Danese Cattaneo ma in effetti di autore ignoto, cfr. T. primo, poiché i rappresentanti del papa e dell’imperatore avevano richiesto per l’appunto una «reformation del mandato», cioè alcune modifiche al Martin, Alessandro Vittoria and the portrait bust in Renaissance Venice. Remodelling antiquity, New York 1998, p. 158, cat. 69, e tav. 142. La fisiono- suo testo: di questo secondo mandato, e della ducale accompagnatoria, ne conserviamo oggi la fedele trascrizione (in ASVe, Senato, Deliberazioni, Se- mia di Contarini nel busto trova piena conferma in altri ritratti cinquecenteschi di Gasparo, ad esempio nella bella miniatura disegnata entro clipeo creti, reg. 53, c. 230v-232r), ma non il documento originale spedito a Contarini, e tuttavia non v’è alcuna ragione per ritenere che le sue caratteristi- nel codice marciano Origine delle famiglie nobili venete risalente al settimo decennio (BNMVe, mss. it. VII, 105 (=7732), c. 12v), oppure nel dipinto che formali e dimensionali fossero diverse da quelle del mandato primitivo. Com’è ovvio fu poi il secondo mandato ad essere trascritto, assieme alle di fine secolo - ma desunto da un originale della celebre galleria di ritratti costituita dallo storico Paolo Giovio (1483-1552) nella sua villa sul lago di altre analoghe procure, in allegato al documento finale della pace di Bologna (23 dicembre 1529), controfirmato dai rappresentanti del papa, dell’im- Como - già appartenuto ai patrizi Emo di Venezia ed oggi conservato al Museo Civico di Padova (La quadreria Emo Capodilista. 543 dipinti dal ‘400 peratore, del re d’Ungheria, del duca di Milano e della Repubblica di Venezia: cfr. ASVe, Secreta-Miscellanea atti diplomatici e privati, b. 55, n. 1787 al ‘700, testi di D. Banzato, Roma 1988, p. 94, cat. 125), o ancora nella nota incisione seicentesca (riprodotta ad esempio in Storia di Venezia, IV, e 1790 (al n. 1794, quietanza di Carlo V a Gasparo Contarini, rilasciata a Bologna il 16 gennaio 1530: cfr. ASVe, Aspetti e momenti della diplomazia p. 783, fig. 8) dovuta al fiammingo Franz van den Wyngaerde (1614-1669), che disegnò un volto talmente caratterizzato da far supporre una sua de- veneziana, cat. della mostra documentaria, Venezia 1982, p. 56-57, scheda 158). rivazione da un ritratto autentico di Contarini. 21. Nel marzo del 2004 in una saletta del Museo Correr furono esposte al pubblico alcune miniature di commissioni ducali, tra cui anche la 25. Sono stati presi in considerazione, e presto esclusi, i seguenti patrizi appartenenti a diversi rami del casato Contarini: un fratello di Gasparo nostra, che in quella occasione era accompagnata dalla seguente didascalia: «Miniatura di commissione del doge Andrea Gritti [Biblioteca del Mu- di nome Tommaso (ca.1488-1578), eletto nel novembre 1534 ambasciatore a Carlo V: questi però non era ancora partito quando, nell’ottobre 1535, seo Correr, ms. Classe III, 1099] / Il doge Andrea Gritti, alla presenza di Papa Paolo III e l’imperatore Carlo V, consegna il libro al destinatario del- rinunciò all’incarico per incompatibilità con la recente nomina del fratello a cardinale, e pertanto non ricevette alcuna commissione (su di lui, vedi la commissione»: non venne qui precisata l’identità del destinatario, forse perché ci si accorse delle difficoltà che impediscono di riconoscerlo in Ga- Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, p. 241-242, iscr. 6; R. Derosas, Contarini, Tommaso, in DBI, 28, p. 300-305; un suo ritratto, contrastan- sparo Contarini. te col volto della miniatura, è nel busto del Vittoria collocato sulla sua tomba nella cappella di famiglia alla Madonna dell’Orto: cfr. Martin, Ales- 22. Gasparo Contarini fu ambasciatore ordinario della Repubblica di Venezia presso l’imperatore Carlo V dal marzo 1521 al luglio 1525. Le let- sandro Vittoria, p. 133-135, cat. 32, e tav. 98); quindi un Francesco (1477-1558), ambasciatore presso Carlo V negli anni 1540-41: ma questi, espo- tere autografe inviate da Contarini al Senato durante la legazione (dal 23 marzo 1521 al 28 luglio 1525) si conservano, rilegate in un grosso volume, nente del facoltoso ramo Contarini di S. Trovaso detti «dai Scrigni», aveva ereditato dal padre Zaccaria - già ambasciatore al re di Francia Carlo VIII in BNMVe, mss. it. VII, 1009 (=7447); la relazione finale dell’ambasceria, letta da Contarini in Senato il 16 novembre 1525, è stata pubblicata in e poi all’imperatore Massimiliano I - anche uno stemma inquartato e caricato di aquile e gigli, cioè ben diverso da quello della miniatura (vedi M. Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, raccolte, annotate ed edite da E. Albèri, s. I, vol. II, Firenze 1840, p. 9-73. Barbaro-A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, 2, p. 454-455; comunque, su costui cfr. G. Gullino, Contarini, Francesco, in DBI, 28, p. 161-164);

120 121 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano

Contarini (ca.1485-1546), che svolse l’incarico di ambasciatore ordinario presso l’imperatore negli anni 1531-36 e poco commissione confezionata in forma di volume, bensì appunto solamente un «mandato», cioè un documento consistente, dopo presso il papa negli anni 1537-3926: fu infatti proprio questo Contarini a sottoscrivere per conto della Serenissima di regola, in un unico foglio membranaceo di grande formato, incompatibile quindi con la nostra miniatura. gli atti ufficiali di formazione della cosiddetta “Lega Santa”, la famosa coalizione costituita a Roma l’8 febbraio 1538 tra Inoltre sin dal 1536 anche Marcantonio, conclusa a sua volta una quinquennale ambasceria presso Carlo V, poté fre- il papa Paolo III, l’imperatore Carlo V e la Repubblica di Venezia, al fine dichiarato di intraprendere congiuntamente una giare il suo blasone personale dell’aquila imperiale, in questo caso inscrivendola in piccolo al centro della solita arma base guerra difensiva ed offensiva contro il principale nemico dell’occidente cristiano, ovverosia il sempre più aggressivo impero dei Contarini29 lo possiamo constatare, infatti, osservando quel suo vistoso ed elegante stemma in pietra esistente sulla ottomano27. facciata del palazzo del podestà di Padova, nello spigolo sporgente verso piazza delle Erbe, postovi quasi a sigillo della ra- L’ipotesi che in origine la nostra miniatura avesse decorato una speciale commissione ducale consegnata a Marcantonio pida ricostruzione cinquecentesca dell’edificio promossa appunto da Marcantonio quale podestà della città euganea negli Contarini, per investirlo appunto dell’autorità di rappresentare la Serenissima nell’occasione della formazione della Lega anni 1539-4130. Ma allora, se questi fosse stato proprio il Contarini che cerchiamo, perché nel bas-de-page della miniatura Santa, in effetti sembrava corrispondere molto bene alla surriferita descrizione contenuta nella vecchia scheda museale: - che dovremmo datare al 1537 - non ritroviamo la medesima insegna con l’aquila inscritta? basterebbe infatti sostituirvi il nome del Contarini - Marcantonio anziché Gasparo. L’anno 1537 risulterebbe infatti cor- Disponiamo infine di un paio di ritratti di Marcantonio, raffigurati in due medaglie commemorative risalenti al 1530 retto, a maggior ragione se inteso more veneto, cioè includente i primi due mesi del 1538. e al 154031: vi riconosciamo - soprattutto nell’effige più tarda, particolarmente accurata nella caratterizzazione fisionomica Sennonché, a ben vedere, anche per Marcantonio sussistono esattamente le stesse difficoltà già incontrate per Gaspa- realistica piuttosto che idealizzata del personaggio - un volto ben diverso da quello del Contarini ritratto nella miniatura, ro. sia per la totale assenza della barba, sia per i lineamenti più robusti e rotondeggianti, gli occhi piccoli e il naso corto. In primo luogo infatti - proprio come Gasparo alla pace di Bologna del 1529 - anche Marcantonio Contarini, in quan- Anche per Marcantonio sembra dunque preclusa la possibilità di un’identificazione con il nostro misterioso Contari- to oratore veneto accreditato presso il papa sin dal gennaio 1537, nel febbraio 1538 potè sottoscrivere gli atti costitutivi ni. della Lega in virtù dello specifico «mandato amplo», e della connessa «instruttione», speditigli a Roma da Venezia il 19 ot- Insomma, siamo ritornati di nuovo al punto di partenza. tobre 1537 quali allegati di una normale lettera ducale28: egli dunque in quella circostanza non ricevette una nuova speciale Sospendiamo per il momento la ricerca del Contarini e consideriamo le altre tre personalità, allo scopo di verificare sino a che punto sia accettabile l’identificazione dell’imperatore in Carlo V, del papa in Paolo III e del doge in Andrea Gritti, secondo la lettura che ci viene proposta dalla vecchia scheda museale. infine un Alessandro (1486-1553), che durante la guerra della Lega Santa contro i turchi del 1538-39 fu nominato capitano generale da mar della flotta veneziana: ma anche quest’ultimo va escluso, perché il Contarini della miniatura non indossa né le vesti, né gli attributi propri di quella carica È vero che non è possibile pretendere dai piccoli volti raffigurati in una miniatura - necessariamente approssimativi, militare ed inoltre presenta uno stemma e una fisionomia in contrasto con il blasone e il busto di Alessandro visibili nel r mmaaggio è o non porta a per quanto accurati - una perfetta aderenza alle fattezze dei personaggi reali, tanto più che l’ignoto miniatore sicuramente della ralcio circolare suo artistico monumento sepolcrale eretto nel 1555-58 nella basilica del Santo a Padova, dove lo stemma in particolare mostra disegnò quei visi non ritraendoli dal vero, ma ispirandosi a stampe allora circolanti con i ritratti (spesso poco affidabili) di l’arma base di famiglia incorniciata da un ramoscello circolare da cui spuntano alcune foglie, il tutto inserito al centro di uno scudo che nella simbo- quelle illustri personalità, e magari completando poi le figure in base a notizie risapute e semmai con un po’ di fantasia. logia araldica apparirebbe dorato (sull’importante monumento, con il busto dovuto a Danese Cattaneo, cfr. Le sculture del Santo a Padova, a cura di Se dunque in un ritratto, particolarmente nel caso della miniatura, la fisionomia del personaggio generalmente non può G. Lorenzoni, Vicenza 1984, p. 226-227, fig. 298; C. Davis, Il monumento Contarini al Santo di Padova, in Michele Sanmicheli. Architettura, lin- guaggio e cultura artistica del Cinquecento, a cura di H. Burns, C. L. Frommel, L. Puppi, Milano 1995, p. 180-195 e 306-313; M. Rossi, La poesia costituire una prova sufficiente per una sua sicura identificazione, la maggiore o minore congruenza tra un volto miniato scolpita. Danese Cattaneo nella Venezia del Cinquecento, Lucca 1995, p. 143-145; Martin, Alessandro Vittoria, p. 36-39 e tav. 43; sul personaggio, in e i ritratti certi di un dato personaggio mantiene comunque un valore, se non dimostrativo, per lo meno indicativo. ogni modo, cfr. A. Baiocchi, Contarini, Alessandro, in DBI, 28, p. 72-74). Per Carlo V, Paolo III e Andrea Gritti a dire il vero disponiamo di un’iconografia sin troppo ricca e variata, al punto che 26. Su questo Marcantonio Contarini, detto il “filosofo”, uno dei più colti ed autorevoli ambasciatori e rettori veneti della prima metà del Cin- quecento, cfr. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, 1853, p. 307-308, nota 5; A. Ventura, Contarini, Marcantonio, in DBI, 28, p. 237-241. Secreti, reg. 58, c. 74r-75v. 27. Le copie ve:neziane degli atti ufficiali costitutivi della Lega Santa, redatte su pergamene di grande formato ed autenticate con le firme e i si- gilli dei rappresentanti delle potenze cristiane collegate - tra cui appunto l’oratore veneto Marcantonio Contarini, che vi si qualifica come cavalie- 29. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, p. 307, nota 5; Ventura, Contarini, Marcantonio, p. 240. re («eques»), titolo ottenuto nel 1536 al termine dell’ambasceria presso Carlo V (Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, p. 307, nota 5; Ventura, 30. L’iscrizione del cartiglio posto sotto allo stemma recita infatti: «M. ANT. CONTAREN. EQ. / praetor incredibili / celeritate a funda- Contarini, Marcantonio, p. 240) -, si conservano oggi in ASVe, Secreta-Miscellanea atti diplomatici e privati, b. 57, n. 1827 e 1828 (al n. 1826, co- mentis / excitavit / MDXLI». pia cartacea). 31. Le due medaglie sono riprodotte e schedate in P. Voltolina, La storia di Venezia attraverso le medaglie, Venezia Mestre 1998, I, p. 324-325, 28. I testi della ducale accompagnatoria e della «instruttione», senza però quello del «mandato», sono trascritti in ASVe, Senato, Deliberazioni, n. 277 (anno 1530), e p. 366, n. 317 (anno 1540).

122 123 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano talvolta risulta persino difficile riconoscere il medesimo personaggio nei numerosi ritratti che lo raffigurano. certa flessibilità nell’interpretazione fisionomica del personaggio39, ci mostra sempre - immancabilmente - un uomo vigo- Tuttavia, per quanto riguarda Carlo V e Paolo III, se ci limitiamo a considerare alcune effigi a stampa risalenti al quarto roso ed energico40, dal volto fiero e severo, con gli occhi piccoli ma vivacissimi nel piglio penetrante dello sguardo, e con decennio del Cinquecento - per l’imperatore si veda soprattutto la bella incisione di Barthel Beham del 153132, oppure una barba bianchissima tenuta corta e uniforme lungo la mandibola, da orecchio ad orecchio41; insomma, un’immagine la splendida silografia di Giovanni Britto databile al 1532-3333, entrambe poi riprese in incisioni di Agostino Veneziano veramente molto lontana da quella offertaci dalla miniatura, dove si vede un vecchio doge ricurvo su sé stesso, pallido in degli anni 1535-3634; e per il papa, particolarmente un’incisione del 1536 che lo ritrae con la tiara, eseguita dallo stesso volto, con i grandi occhi stanchi, le sopracciglia ondulate ed una lunga barba grigia. Agostino Veneziano35, ma forse desunta anch’essa da un stampa di poco precedente -, si deve riconoscere che vi sono delle È vero che il Gritti morì vecchio di ottantatré anni nel 1538, ma pure i suoi ritratti più tardi sostanzialmente ne ripeto- notevoli affinità tra questi ritratti e i volti dell’imperatore e del papa rappresentati nella miniatura: dove appunto Carlo V no l’immagine consueta42: sicché, anche ammettendo che la miniatura risalga agli anni estremi della sua lunga vita, sembra compare con un viso un po’ idealizzato che ne attenua il famoso prognatismo, ma al contempo ne riproduce fedelmente strano che in una illustrazione ufficiale come questa il miniatore, a dispetto dell’iconografia tradizionale di questo doge, ce «barba e capelli biondi tendenti al rossiccio»36, mentre Paolo III esibisce quel suo robusto naso leggermente aquilino, quel- lo raffiguri invece con le inedite sembianze di un vecchio ormai stanco e affaticato, se non proprio già decrepito. le sopracciglia marcate e quella lunga barbetta bianca che ritroviamo anche, ad esempio, nel celeberrimo ritratto di questo In verità questa incongruenza potrebbe risolversi in modo molto semplice ipotizzando che quello ritratto nella minia- papa eseguito da Tiziano nel 1543 ed oggi esposto alle Gallerie Nazionali di Capodimonte a Napoli37. 38 Diverso è invece il discorso per il doge Gritti: infatti l’abbondante iconografia di cui disponiamo , sia pur con una 39. A titolo esemplificativo si confrontino le differenti sembianze assunte dal Gritti in due celebri capolavori, l’uno databile verso il 1525, gene- ralmente attribuito al Catena ma talora al Pordenone, ed oggi conservato alla National Gallery of Art di Londra (cfr. E.M. Dal Pozzolo, Appunti su Catena, “Venezia Cinquecento”, 31, 2006, p. 5-104: p. 73, 76 e 75 fig. 55), e l’altro, forse del 1545 circa e quindi postumo, dovuto invece al Vecel- 32. Cfr. H.E. Wethey, Tiziano ed i ritratti di Carlo V, in Tiziano e Venezia (convegno internazionale di studi, Venezia, 1976), Vicenza 1980, p. lio, ed ora esposto alla National Gallery of Art di Washington (cfr. D.A. Brown, Ritratto del doge Andrea Gritti, in Tiziano, p. 252-254, cat. 37, fig. 287-291: p. 289 e fig. 152. a p. 253): eppure, non sembra esserci dubbio, si tratta sempre del doge Gritti. 33. Cfr. P. Dreyer, Tizian und sein Kreis: 50 venezianische Holzschnitte aus dem berliner Kupferstichkabinett Staatliche Museen Preussischer Kultur- 40. La proverbiale vigoria fisica del Gritti, mantenuta fino a tarda età, costituisce una costante ribadita da tutti i suoi biografi, a partire da quel- besitz, Berlin [1971], p. 49, cat. 15, e fig. 15; Tiziano e la silografia veneziana del Cinquecento, (catalogo della mostra, Venezia, 1976), a cura di M. li a lui contemporanei quali Paolo Giovio (1483-1552), Nicolò Barbarigo (1534-79) ed altri (se ne ragiona in Puppi, Iconografia di Andrea Gritti, in Muraro-D. Rosand, Vicenza 1976, p. 121, cat. 57, e fig. 57. La silografia del Britto è datata «verso il 1536» dal Wethey, Tiziano ed i ritratti, p. part. p. 216-219), fino agli scrittori più recenti: cfr. A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1960, p. 235-246; G. Ben- 289, ma anticipata al 1532-33 da K. Oberhuber, Titian woodcuts and drawings: some problems, in Tiziano e Venezia, p. 523-528: p. 525-526 e 528, zoni, Gritti, Andrea, in DBI, 59, Roma 2002, p. 726-734. che la ritiene precedente e modello dei due ritratti di Carlo V incisi da Agostino Veneziano nel 1535 e 1536 (vedi nota seguente). 41. Sono questi i caratteri essenziali che rendono inconfondibile l’immagine del doge Gritti anche nella produzione miniaturistica a lui coeva: si 34. Incisioni riprodotte in The illustrated Bartsch, 27, formerly volume 14 (part 2): the works of Marcantonio Raimondi and of his school, a cura di vedano in particolare le due miniature - con scene molto simili per soggetto ed impostazione: San Marco seduto che consegna il codice delle leggi al K. Oberhuber, New York 1978, p. 172, n. 499 (incisione del 1536, che riprende in controparte quella del Beham del 1531), e p. 197-198, n. 524- doge Gritti inginocchiatogli di fronte, ambedue visti di profilo; però diverse per ambientazione: un sereno paesaggio naturale l’una, un bel loggiato I-II (due incisioni, del 1535 e 1536, che riprendono la silografia del Britto del 1532-33, la seconda incisione con l’aggiunta della corona imperiale). in prospettiva l’altra - che ornano due esemplari (l’uno cartaceo, l’altro membranaceo) del Libro d’oro vecchio, ossia Capitolare del Maggior Consiglio, entrambi risalenti al 1529 ed oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia: cfr. ASVe, Cartografia, disegni, miniature delle magistrature venezia- 35. Incisione riprodotta in ivi, p. 196, n. 523. ne, catalogo della mostra documentaria, Venezia 1984, p. 18, scheda 3 (esemplare cartaceo: il foglio miniato è riprodotto a p. 75 e il particolare in co- 36. Wethey, Tiziano ed i ritratti, p. 289. Va qui osservato che Carlo V in tutti i suoi ritratti ufficiali indossa sempre «il collare dell’Ordine Borgo- pertina) e p. 21, scheda 11 (esemplare pergamenaceo: il foglio miniato si può vedere riprodotto in Storia di Venezia, VI, Roma 1994, p. 801, fig. 1; e gnone del Vello d’Oro» (ivi, p. 287), che sembrerebbe invece mancargli nella nostra miniatura: in realtà, guardandola bene si nota che l’imperatore vi il particolare nella sovracoperta del libro “Renovatio urbis”. Venezia nell’età di Andrea Gritti); oppure anche il frontespizio miniato della Commissione indossa due collane d’oro, una più lunga con appeso un medaglione rosso, ed una un po’ più corta, alla quale appunto con ogni probabilità era appeso di Andrea Gritti a Stefano Trevisan inviato podestà a Cavarzere, oggi al British Museum di Londra (Zuccolo Padrono, Il maestro “T°.Ve”, p. 54, 56 il Toson d’Oro, oggi purtroppo scomparso perché la miniatura proprio in questo punto presenta un’abrasione che ha causato una perdita di colore. e fig. 79), in cui il consueto profilo del doge appare «realisticamente ritratto entro un medaglione al centro della pagina» (ivi, p. 56). 37. Cfr. P. Rossi, Ritratto di Paolo III, in Tiziano, cat. della mostra (Venezia-Washington, 1990), Venezia 1990, p. 246, cat. 34, fig. a p. 247. 42. L’aspetto del Gritti ormai anziano è probabilmente riconoscibile nel doge raffigurato nel telero della Consegna dell’anello, dipinto da Paris Bor- 38. Per una rassegna, volutamente non esaustiva, di dipinti, sculture e medaglie con l’effige grittiana, cfr. Puppi, Iconografia di Andrea Gritti. Ri- don nel quarto (per qualcuno nel quinto) decennio del Cinquecento per la sala dell’albergo della veneziana Scuola grande di San Marco ed oggi alle trattini del Gritti, in verità generici, ci sono poi nel citato codice marciano del secondo Cinquecento Origine delle famiglie nobili venete, a c. 28v, e Gallerie dell’Accademia di Venezia (sul dipinto, cfr. P. Humfrey, Paris Bordon e il completamento del ciclo narrativo nell’albergo della Scuola Grande di nell’opera di F. Manfredi, Il ritratto della città di Venetia e l’effigie di tutti li dogi, Venezia 1598; un’effige un po’ più attendibile - perché desunta dal San Marco, in Paris Bordon e il suo tempo. Atti del convegno internazionale di studi (Treviso, ottobre 1985), Treviso 1987, p. 41-46; L. Puppi, La “con- ritratto ufficiale eseguito da Domenico Tintoretto per la sala del Maggior Consiglio in palazzo ducale (su cui cfr. U. Franzoi, Storia e leggenda del pa- segna dell’anello al doge. Anatomia di un dipinto, in Paris Bordon, p. 95-108; G. Mariani Canova, Paris Bordon: problematiche cronologiche, in Paris lazzo ducale di Venezia, Venezia 1982, p. 248, scheda. 375,XXV,36F, e p. 455, fig. [b]) - è nell’incisione edita in F. Macedo, Elogia poetica in Serenissi- Bordon, p. 137-157; G. Scirè Nepi, I capolavori dell’arte veneziana: le Gallerie dell’Accademia, Venezia 1991, p. 165, scheda 85), oppure anche nella mam Rempublicam Venetam, Patavii 1680, c. 88v, che a sua volta fu imitata nella litografia di Antonio Nani inserita nell’opera Storia dei dogi di Vene- pala della Madonna col Bambino in trono, quattro santi e il doge come donatore, eseguito da Ludovico Fiumicelli nel 1536 per la chiesa degli Eremitani zia corredata dei 120 ritratti de’ medesimi, Venezia 1857, II, n. 77 (ora riprodotta anche in C. Rendina, I dogi, storia e segreti, Roma 1984, p. 285). di Padova, dove tuttora si conserva (cfr. P. Humfrey, The altarpiece in Renaissance Venice, New Haven-London 1993, p. 124, fig. 108).

124 125 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano tura non sia il Gritti, bensì il suo comunque anziano successore Pietro Lando, eletto doge nel gennaio 1539 a settantasette Trascorsa la giovinezza e la prima maturità dedicandosi alla mercatura nei porti levantini, questo Contarini intraprese anni, e poi a causa della malferma salute faticosamente rimasto in carica per sei anni, cioè fino alla morte nel 154543. poi una lunga carriera nella vita pubblica: fu console veneto a Damasco in Siria nel 1505-09 e ad Alessandria d’Egitto nel Se consideriamo infatti le raffigurazioni note del doge Lando - una bella silografia di Giovanni Britto databile all’in- 1510-13, poi fu bailo a Costantinopoli nel 1519-22 e vi tornò come ambasciatore nel 1527-28 e ancora nel 1533-34; circa al 154144, l’affidabile ritratto postumo presente in un telero votivo dipinto verso il 1582 da Jacopo Tintoretto e aiuti fu anche componente di due delegazioni straordinarie di oratori veneti, inviate l’una a Roma nel 1523-24, per felicitarsi per la sala del Senato in palazzo ducale45, ed infine - all’incirca coevo e molto simile a quest’ultimo - il ritratto ufficiale con il nuovo papa Clemente VII, e l’altra a Napoli nel 1535-36, per congratularsi con l’imperatore Carlo V tornato allora che Domenico Tintoretto eseguì per la sala del Maggior Consiglio, in sostituzione di quello perduto di Tiziano46 - bisogna dalla vittoriosa impresa di Tunisi48; svolse inoltre l’incarico di luogotenente a Udine nel 1532-33, mentre nei periodi di ammettere che la fisionomia di quell’anziano doge - dal volto svigorito e fiacco, gli occhi rigonfi, le sopracciglia ondulate, permanenza a Venezia, soprattutto dopo il 1523, ebbe a rivestire quasi tutti i ruoli nei massimi organi di governo della il naso lungo e dritto e la barba voluminosa - si avvicina moltissimo a quella del vecchio doge effigiato nella miniatura. Serenissima. In definitiva, dai vari raffronti iconografici ci vien suggerita, almeno come ipotesi, la seguente terna di nomi per i nostri Scoppiata infine nel 1537 la guerra contro l’impero ottomano, nell’estate del 1539 Tommaso «dovette ancora affron- personaggi: Carlo V, Paolo III e Pietro Lando; il che significa restringere al breve arco cronologico del dogado di quest’ul- tare un’ultima, difficilissima missione diplomatica»49: quella appunto che qui specialmente ci interessa. timo - che va dal 1539 al 1545, come già ricordato - la data presunta di esecuzione della nostra miniatura. La vicenda si inscrive in una congiuntura tra le più critiche della storia di Venezia nel corso del Cinquecento, poiché Ma in quegli anni vi fu poi un Contarini che ricevette una commissione ducale di eccezionale rilevanza? la Serenissima venne allora a trovarsi proprio al centro di un grave conflitto tra l’Europa cristiana e l’Oriente musulmano: Effettivamente sì: e si tratta del patrizio Tommaso Contarini (ca.1459-1554), discendente dal ramo dei Santi Apostoli una guerra che causò una notevole mobilitazione di forze militari, senza però che si giungesse mai ad un grande scontro ma residente nella parrocchia di San Pantalon: un personaggio oggi praticamente sconosciuto e che invece al suo tempo fu risolutivo, e che invece nei suoi risvolti diplomatici assunse i connotati di un vero e proprio intrigo internazionale50. uno dei più importanti politici e diplomatici veneziani, esperto in particolare nei rapporti con l’Oriente47. Il conflitto, iniziato nell’estate del 1537 con un aspro ma infruttuoso assedio turco all’isola veneziana di Corfù, conti- nuò poi con modesti successi da ambo le parti, sicché la situazione sembrava favorire un ritorno alla pace, così importante per il fiorire dei commerci col Levante: e invece il Senato veneto, sia pur per pochi voti, decise di proseguire le ostilità. 43. Sul doge Lando, e sulle sue precarie condizioni di salute specialmente negli ultimi anni del dogado, cfr. Da Mosto, I dogi di Venezia, p. 246- Ciò probabilmente perché in quel momento si stavano creando in Europa i presupposti per la costituzione - formaliz- 250; M. Dal Borgo, Lando, Pietro, in DBI, 63, Roma 2004, p. 459-461. Sul perduto monumento sepolcrale, ove era una statua-ritratto del doge do- vuta a Pietro Grazioli da Salò, cfr. A. Markam Schulz, The funerari chapel of doge Pietro Lando in Sant’Antonio di Castello, Venice, in L’attenzione e la zata infatti l’8 febbraio 1538 a Roma - della già ricordata Lega Santa: una coalizione promossa e capeggiata da papa Paolo critica. Scritti di storia dell’arte in memoria di Terisio Pignatti, a cura di M.A. Chiari Moretto-A. Gentili, Padova 2008, p. 141-150, 477 fig. 1-2. III, cui aderirono l’imperatore Carlo V, che rappresentava anche il fratello Ferdinando re dei Romani, e appunto il doge 44. Cfr. Dreyer, Tizian und sein Kreis, p. 55-56, cat. 29, e fig. 29. La stampa del Britto è forse esemplata sul ritratto ufficiale del doge Lando es- di Venezia, che in quell’ anno era ancora Andrea Gritti; i collegati auspicavano poi che entrasse presto nella Lega anche il eguito da Tiziano nel 1539 per la sala del Maggior Consiglio e andato distrutto nel famoso incendio del palazzo ducale del 1577. “cristianissimo” re di Francia Francesco I, una volta pacificatosi con Carlo V. 45. Sul telero Cristo morto sorretto da angeli, adorato dai dogi Pietro Lando e Marcantonio Trevisan con i loro santi protettori, eseguito dal Tintoretto Nei propositi iniziali, insomma, si trattava di attuare una nuova grande crociata contro gli infedeli: nelle capitolazioni in sostituzione di un precedente telero di analogo soggetto compiuto da Tiziano nel 1556 e bruciato nell’incendio di palazzo ducale del 1574, cfr. R. Pallucchini-P. Rossi, Tintoretto. Le opere sacre e profane, Milano 1982, I, p. 222, cat. 423, e II, fig. 538; Franzoi, Storia e leggenda, p. 141, scheda 196,XV,2P; W. Wolters, Storia e politica nei dipinti di palazzo ducale. Aspetti dell’autocelebrazione della Repubblica di Venezia nel Cinquecento, Vene- zia 1987 (ed. orig. ted., Stuttgart 1983), p. 132 e fig. 113; T. Pignatti, Pittura, in U. Franzoi-T. Pignatti-W. Wolters, Il palazzo ducale di Venezia, 48. Il bel racconto del viaggio per quest’ultima ambasceria si legge nell’opera El viazo da Napoli de li clarissimi oratori alla Cesarea Maestà di Car- Treviso 1990, p. 225-363: p. 313 e fig. 284; E. Bianchi-N. Righi-M.C. Terzaghi, Il palazzo ducale di Venezia, Milano 1997, p. 30-31. lo quinto imperatore: m. Tomà Contarini, m. Marco Foscari, m. Zuan Dolfin, m. Vicenzo Grimani, 1535, pubblicata dal R. Istituto superiore di scienze 46. Cfr. Franzoi, Storia e leggenda, p. 249, scheda 376,XXV,37F; il ritratto è riprodotto in L. Pelliccioni di Poli, Storia della famiglia Landi economiche e commerciali di Venezia celebrandosi il VII° centenario della fondazione della R. Univerità di Napoli (1224-1924), Venezia 1924. patrizia veneta, Roma 1960, p. [3] (dove però viene attribuito a Jacopo Tintoretto, padre di Domenico). Di scarsa attendibilità sono invece i ritrat- 49. Derosas, Contarini, Tommaso, p. 299. tini del doge Lando presenti nel codice Origine delle famiglie nobili venete, a c. 32v, e in Manfredi, Il ritratto della città di Venetia; più utile è inve- 50. Sul conflitto veneto-ottomano del 1537-40 - oltre ai documenti ufficiali delle varie magistrature veneziane conservati all’ASVe - le fonti prin- ce l’incisione in Macedo, Elogia poetica, c. 89v, ripresa nella litografia del Nani in Storia dei dogi di Venezia, II, n. 78 (riprodotta in Rendina, I do- cipali consistono nelle narrazioni inedite scritte da due veneziani dell’epoca, cioè Nicolò Zen, la cui incompiuta Storia della guerra veneto-turca del gi, p. 293). 1537 è alla BNMVe, mss. it. VII, 2053 (=7920), e soprattutto Antonio Longo, i cui lunghi Commentarii della guerra del 1537 tra sultan Suliman si- 47. Su questo Tommaso Contarini, e sulla sua famiglia, cfr. Barbaro-Tasca, Arbori de’ patritii veneti, 2, p. 464; BNMVe, mss. it. VII, 15 (=8304): gnor de Turchi et la Serenissima Signoria di Venetia ci sono pervenuti attraverso numerose trascrizioni, ben tredici soltanto alla BNMVe, ad es. il codice G.A. Cappellari Vivaro, Campidoglio veneto, ms. sec. XVIII, 1, c. 290r (alla data «1509», per Tommaso) e 291r (alla data «1538», per il figlio Ago- del sec. XVI: mss. it. VII, 533 (=8811). Sull’argomento si veda comunque: S. Romanin, Storia documentata di Venezia, VI, Venezia 1857, p. 23-66; stino); Cicogna, Delle inscizioni veneziane, II, p. 243-244; e l’ottima voce di R. Derosas, Contarini, Tommaso, in DBI, 28, p. 295-300. e la sintesi di G. Gullino, Le frontiere navali, in Storia di Venezia, IV, p. 13-111: 100-105, con ulteriori rinvii bibliografici nelle note a p. 110-111.

126 127 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano segrete della Lega si era persino stabilito, in caso di vittoria, come spartire i territori dell’annientato Impero turco51. tentava allora di svolgere un ruolo di mediazione tra i due schieramenti belligeranti, la Lega e il Turco56. In realtà le cose andarono ben diversamente: Francesco I firmò a Nizza il 18 luglio 1538 una tregua con Carlo V ma di Già il 17 aprile il Senato sollecitava poi la partenza di Zen, stanziando i denari necessari per la sua legazione,57 ed il fatto non aderì alla Lega, e la grande flotta cristiana - lentamente allestita a Corfù per il ritardato arrivo del comandante 24 gli consegnava il lungo e dettagliato testo della sua «commissione» ducale: dalla lettura di questo documento emerge in capo Andrea Doria - andò poi incontro all’insuccesso della cosiddetta battaglia della Prevesa del 27 settembre di quell’ chiaramente la straordinaria importanza del compito assegnato all’oratore veneto, poiché questi avrebbe dovuto trattare anno: una vittoria mancata - pare per volontà dello stesso Doria, cui Carlo V avrebbe impartito istruzioni segrete in tal le tregue generali con l’Impero ottomano non solo per conto della Serenissima, ma anche «per li Principi Confederati», senso, per non favorire un’affermazione navale veneziana - che finì per assumere il significato di una vera sconfitta. ovverosia per l’intera Lega Santa58. Compresa l’inaffidabilità della Lega cristiana, Venezia cercò allora di avviare immediate trattative di pace col Turco. Pietro Zen avrebbe dovuto partire entro quella settimana, ma la lunga preparazione dell’ambasceria - bisognava provve- E infatti il 10 aprile 1539 venne letta in Senato una relazione di Lorenzo Gritti - uno dei figli naturali dell’ormai dere i regali da presentare e le quindici persone del seguito - fece slittare la partenza probabilmente alla metà di maggio59. defunto doge Andrea - appena rientrato da Costantinopoli, dov’era andato ufficialmente per affari privati: costui, ben co- Scadendo la tregua il 20 giugno, era urgente che l’oratore veneto entrasse in territorio turco per prolungarne la durata: nosciuto e introdotto alla corte di Solimano il Magnifico, era riuscito ad ottenere dall’imperatore ottomano una tregua di sbarcato quindi a Cattaro in Dalmazia, Zen proseguì via terra fino a Sarajevo, nella Bosnia ottomana, ove giunse ai primi tre mesi nella guerra in corso, e ciò per consentire a Venezia di inviare alla Porta un ambasciatore straordinario incaricato del mese, ma qui purtroppo l’ottantunenne ambasciatore fu colto da un grave malore e vi morì il 25 giugno 1539. di trattare la pace in nome dei «Principi Confederati» della Lega; la tregua decorreva dal 20 marzo e scadeva perciò il 20 Frattanto il Senato veneto - informato delle condizioni disperate di Zen dal suo segretario Piero De’ Franceschi - già il giugno seguente, ma sarebbe stata prorogata non appena l’ambasciatore veneto fosse entrato in territorio turco52. 14 giugno aveva provveduto ad eleggere un nuovo ambasciatore: e stavolta si tratta proprio del nostro Tommaso Contari- Non c’era tempo da perdere: il giorno dopo, 11 aprile 1539, il Senato nominò immediatamente il «Solenne Ambassa- ni, la cui carriera si presentava forse un po’ meno brillante, ma veramente molto simile a quella del suo sfortunato collega, tor nostro al Signor Turco» e la scelta cadde - quasi inevitabilmente - sull’anziano patrizio Pietro Zen,53 un personaggio di e pertanto in quel medesimo giorno venne consegnata a Contarini una «commissione» ducale assolutamente identica grandissimo prestigio, ben noto ed amato alla corte ottomana per avervi trascorso molti anni in qualità di bailo e oratore - «mutatis mutandis» - di quella ricevuta neanche due mesi prima da Zen60. veneto, ed inoltre sempre dichiaratosi pubblicamente contrario al conflitto contro i turchi, al punto che era stato tacciato La partenza del nuovo oratore era prevista entro quattro giorni, ma presumibilmente avvenne attorno al 25 di giugno61: quale infedele e traditore della patria dai più accesi fautori della guerra54. via mare Contarini avrebbe raggiunto Spalato e di lì via terra Sarajevo, per prendere il posto di Zen ormai defunto. Poiché l’organizzazione dell’importante ambasceria avrebbe richiesto un po’ di tempo, il Senato ordinò intanto a Lo- Il seguito della vicenda ai nostri fini non interessa: basterà dire che nel frattempo Solimano aveva concesso una proroga renzo Gritti di ritornare subito alla Porta per annunciare a Solimano l’accettazione della tregua (e cercare anzi di prorogar- della tregua di altri tre mesi, per interessamento ancora di Gritti, morto poi a Costantinopoli il 5 agosto; che l’oratore ne la durata), l’avvenuta sospensione delle armi e l’imminente arrivo di Zen in veste di ambasciatore straordinario: ricevuta veneto Contarini - giunto finalmente nella capitale ottomana il 18 agosto - non riuscì a concludere la pace, in particolare la sua «commissione» ducale e la relativa «instructione», Gritti ripartì per Costantinopoli il 16 aprile 153955; e di tutto ciò per l’intransigenza turca nel pretendere la cessione dei porti veneziani di Nauplia e Malvasia in Morea; e che, nonostante vennero informate dai rispettivi oratori veneti le corti alleate di Roma, e Spagna, nonché quella di Francia, che l’arrivo alla Porta nell’aprile 1540 del nuovo oratore Alvise Badoer per trattare col Turco una pace separata dalla Lega, Venezia alla fine capitolò accettando il 2 ottobre seguente la consegna delle due fortezze e il pagamento di forti tributi62.

51. Vedi sopra, nota 27. 56. Ivi, c. 14r-20r. 52. ASVe, Senato, Deliberazioni, Secreti, reg. 60, c. 9r. 57. Ivi, c. 20r. 53. Ivi, c. 9r-v. 58. Ivi, c. 21r-23v. 54. Su Pietro Zen (ca.1458-1539) quale figura di spicco della diplomazia veneziana nei rapporti con l’Oriente nel primo Cinquecento, cfr. R. 59. Sicuramente Pietro Zen era ancora a Venezia il 3 maggio, quando in vista della sua partenza si ordinò ai giudici veneziani di sospendere qual- Fulin, Itinerario di Pietro Zeno oratore a Costantinopoli nel MDXXIII compendiato da Marino Sanuto, “Archivio Veneto”, t. XXII, 12, 1881, p. 104- siasi pendenza legale che lo riguardasse per tutta la durata dell’ambasceria: cfr. ASVe, Collegio, Notatorio, reg. 24, c. 8r-v. 136; F. Lucchetta, L’”affare Zen” in Levante nel primo Cinquecento, “Studi Veneziani”, 10, 1968, p. 109-219; sulla famiglia e sul palazzo di Pietro Zen, indagati quali esempi di un’attenzione veneziana verso il mondo islamico e orientale tra XV e XVI secolo, cfr. E. Concina, Fra Oriente e Occi- 60. ASVe, Senato, Deliberazioni, Secreti, reg. 60, c. 34v-35r. dente: gli Zen, un palazzo e il mito di Trebisonda, in “Renovatio urbis”: Venezia nell’età di Andrea Gritti, p. 265-290; E. Concina, Dell’arabico. A Vene- 61. In una ducale del 29 giugno si afferma infatti: «[...] havemo espedito il dilettissimo nobil nostro Thoma Contarini il qual già alcuni giorni è zia tra Rinascimento e Oriente, Venezia 1994. partito, sì che si pol creder che la suspension preditta dille arme habi a perseverare etiam da poi li tre mesi [...]»: ivi, c. 42r. 55. ASVe, Senato, Deliberazioni, Secreti, reg. 60, c. 9v-13v. 62. Sulle lunghe e sfortunate trattative veneziane per giungere alla pace col Turco, cfr. Gullino, Le frontiere navali, p. 104-105; e vedi sopra, no-

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Va detto però che un esito così disastroso delle trattative all’inizio non era stato sicuramente previsto dalla Serenissima: Se poi i pascià turchi già nel 1533 si erano stupiti che l’anziano Contarini potesse sopportare i disagi di un’ambasceria67, infatti la commissione affidata dapprima a Zen e poi a Contarini, semmai era «rivelatrice della convinzione che si potesse molto più importante risulta la testimonianza del dotto umanista veneziano Giambattista Egnazio, il quale nel capitolo De tornare senza particolari concessioni alla situazione precedente il conflitto»63. senectute del suo libro De exemplis illustrium virorum Venetae Civitatis uscito nel 1554 - cioè nell’anno stesso della morte Ora, per tornare finalmente - dopo questa lunga digressione storica - alla nostra miniatura, tutto lascia ritenere che essa dell’ormai novantacinquenne Tommaso Contarini - ancora celebrava la sua vecchiaia come esempio di straordinaria vita- in origine decorasse proprio la commissione ducale consegnata nel giugno 1539 all’ambasciatore Tommaso Contarini. lità68. Vi è infatti una perfetta corrispondenza fra il testo di quella commissione e il messaggio visivo della miniatura: in effetti La seconda perplessità concerne il tempo assai ristretto - grossomodo una decina di giorni - fra l’incarico e la partenza chiamando ora per nome i vari personaggi, notiamo schierati uno accanto all’altro l’imperatore Carlo V, il papa Paolo III di Contarini: si direbbe troppo poco perché egli potesse preoccuparsi di far eseguire una così bella miniatura a ornamento (posto al centro perché «arbitro» della Lega) e il doge Pietro Lando, il quale ultimo consegna il libro della commissione a della propria commissione ducale, per quanto si debba rammentare che di norma il lavoro veniva affidato alle solite ben Tommaso Contarini, inviato da Venezia a trattare la pace col Turco anche in nome degli altri «Principi Confederati». colaudate botteghe di miniatori. E proprio questo ruolo di Contarini quale ambasciatore non solo per conto della Serenissima, ma anche della Lega, Ma ora, anche ammesso per ipotesi che la nostra interpretazione sia corretta, rimane il problema fondamentale: per consente di spiegare la strana mancanza del leone marciano tradizionalmente presente sul fastigio delle miniature delle quali vie la cornice architettonica della nostra miniatura del 1539 giunse ad ornare - con lievi ma significative modifiche: commissioni ducali: nel nostro caso invece vi campeggia l’allegoria femminile della Giustizia affiancata da due Glorie, vi ritorneremo tra poco - lo splendido frontespizio dei Quattro libri di Andrea Palladio pubblicati nel 1570? evidentemente per buon auspicio dell’importante missione diplomatica. Indagando su Tommaso Contarini e sulla sua famiglia di fatto non è emerso alcun legame diretto col grande architetto: Adesso finalmente tutto sembra tornare, ma esistono invero due questioni che destano qualche perplessità. il patrizio veneziano nel 1538 possedeva è vero - assieme ad altre modeste proprietà - un centinaio di campi in quel di La prima riguarda l’aspetto del Contarini effigiato nella miniatura. Camisano Vicentino69, ma non ci risulta che Palladio sia mai stato coinvolto in imprese edilizie in quella località. Purtroppo non conoscendo altri ritratti di Tommaso non ci è possibile stabilire confronti, ma sappiamo che egli nel Più interessante risulta invece la notizia che nel 1539-40 fu podestà a Vicenza Agostino Contarini, figlio di Tommaso, 1539 aveva all’incirca ottant’anni, mentre il Contarini della miniatura sembra essere più giovane: alcuni fatti ed un paio e che la sua relazione di fine mandato dell’11 aprile 1541 - edita nell’Ottocento 70- verte tutta sull’analisi dei progetti delle di testimonianze ci assicurano però che Tommaso godette fino a tardissima età di ottima salute e che il suo aspetto era nuove fortificazioni urbane elaborati a suo tempo da Bartolomeo d’Alviano e dal Duca di Urbino: noi infatti sappiamo straordinariamente giovanile. che proprio in quegli anni fu direttamente implicato nelle questioni inerenti l’irrealizzato ammodernamento delle mura di Intanto, dopo la pur faticosa e fallimentare legazione turca, la carriera di Tommaso continuò ai vertici dello Stato anco- Vicenza Giangiorgio Trissino, e forse anche lo stesso Palladio71, allora agli esordi della sua eccezionale carriera. ra per diversi anni: nel 1543 egli fu eletto procuratore di San Marco64, nel 1545 concorse al dogado65, e «per tredici anni, dal 1539 al 1552, fu ininterrottamente membro del Collegio come savio del Consiglio»66. 67. Derosas, Contarini, Tommaso, p. 298. 68. Val la pena di riportare integralmente il paragrafo su Contarini: I.B. Egnatii viri doctissimi De exemplis illustrium virorum Venetae Civitatis atque aliarum gentium, Venetiis 1554, cap. XII: «De senectute», p. 281: «De Thoma Contareno»: «Omissis aliquot, qui ad divi Nicolai aedem degunt, quo- rum unus centesimum decimum septimum agit annum, alter tertium decimum & centesimum integris corporum membris, & sensu satis parato: clarissimi ta 50. viri memoriam Thomae Contareni divi Marci procuratoris celebrarim, quem quotidie videmus maximis & amplissimis honoribus functum scalas subeun- 63. Derosas, Contarini, Tommaso, p. 299. tem, omnique ex parte corporis & animi valentem, bonitateque in primis insignem, qui sextum et nonagesimum aetatis annum agat. quis igitur huius aeta- 64. Il codice membranaceo con il suo giuramento quale procuratore di San Marco de citra, datato 16 marzo 1543, è alla BNMVe, mss. lat. V, tem & plures in eo virtutes non admiretur & laudet? Deus opt. max. faxit, ut superstes apud nos diutius agat». 96 (=2250) ed è ornato da un bel frontespizio miniato che presenta in alto il leone marciano, ai lati san Michele e san Tommaso (allusivi ai nomi del 69. Cfr. ASVe, Savi alle decime, b. 139, Dorsoduro, condizione n. 669. padre e suo) e in basso lo stemma personale, identico a quello base dei Contarini che ritroviamo anche nella nostra miniatura: uno scudo d’oro a tre 70. Cfr. [A. Contarini, Relazione sulle fortificazioni di Vicenza, Venezia 1877] (Nozze Rossi-Bozzotti). In precedenza, nel 1538, Agostino aveva bande d’azzurro. svolto l’incarico di «sopracomito di galera nell’armata contro turchi» (Cappellari Vivaro, Campidoglio veneto, vol. 1, c. 291r) e successivamente fu 65. Da Mosto, I dogi di Venezia, p. 252. podestà di altre città: a Chioggia nel 1548, a Bergamo nel 1551 e a Brescia nel 1557-58; sposatosi nel 1554, morì senza discendenza entro il 1566. 66. Derosas, Contarini, Tommaso, p. 299. Va qui osservato che Contarini nella miniatura indossa una veste azzurra con stola rossa, che è appun- 71. Per un’attribuzione a Palladio di un disegno relativo alle mura di Vicenza databile agli anni quaranta del Cinquecento, cfr. G. Zorzi, Un di- to l’abito tipico di uno dei sei Savi del Consiglio; inoltre la fodera di ermellino e l’assenza della cintura in vita indicano che si tratta di una veste esti- segno di Andrea Palladio per la Rocchetta di Vicenza, in Studi in onore di Antonio Bardella, a cura della figlia Marcella, Vicenza 1964, p. 187-196, tav. va (Mutinelli, Lessico veneto, p. 5): come detto Tommaso Contarini partì per la sua ambasceria verso la fine di giugno del 1539. 1 f.t.

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Un contatto fra l’architetto e i nostri Contarini fu dunque possibile, ma onestamente si tratta di un’ipotesi molto de- Si pensi all’amicizia esistente tra lo storico Nicolò Zen (1515-65), nipote ed erede culturale di Pietro, e Daniele Bar- bole. Volendo, non mancherebbero tuttavia altre più suggestive possibilità, per quanto del tutto ipotetiche e virtuali. Una baro: quest’ultimo nel 1556 pubblicò presso Francesco Marcolini la sua famosa edizione dei Dieci libri dell’architettura di ci sembra particolarmente intrigante, chiamando in causa proprio quel Pietro Zen al quale Contarini era subentrato nel M. Vitruvio, abbellita con le splendide tavole di Palladio, mentre nel 1558 Nicolò Zen pubblicò due sue operette presso il grave compito di trattare la pace col Turco. medesimo Marcolini, il quale vi firmò le dedicatorie a Barbaro ricordando appunto l’amicizia tra questi e Nicolò Zen75. È possibile infatti che non soltanto il testo, ma anche la miniatura della commissione di Tommaso Contarini ricalcasse Ma non basta, perché Caterino Zen (1544-98), figlio di Nicolò e quindi pronipote di Pietro, era all’incirca coetaneo fedelmente - «mutatis mutandis», ovviamente - quella consegnata in precedenza all’ambasciatore Pietro Zen. e primo cugino di Jacopo Contarini (1536-95), con il quale inoltre condivideva interessi scientisti proprio negli anni in Questo potrebbe spiegare intanto la rapidità di esecuzione della miniatura per Contarini: utilizzando disegni prepara- cui Palladio fu in stretta amicizia con Jacopo ed ospite presso il suo palazzo di San Samuele, dove il grande architetto ebbe tori già pronti l’ignoto miniatore avrebbe potuto replicare quella già dello Zen, cambiandovi solo stemma e ritratto. agio di predisporre - guarda caso - proprio le bozze dei suoi Quattro libri usciti nel 1570. Inoltre Tommaso Contarini, personaggio autorevole in campo politico-diplomatico, non risulta altrettanto interessan- Per ora tuttavia, in mancanza di prove, non ci sembra lecito insistere troppo su questa affascinante ipotesi di una matri- te nel campo del mecenatismo artistico: la miniatura che orna il suo giuramento come procuratore di San Marco del 1543, ce serliana per la cornice architettonica della miniatura e - di conseguenza - anche per quella del frontespizio palladiano. per quanto bella, appare del tutto tradizionale72. Su quest’ultimo, pur riprodotto in migliaia di pubblicazioni, l’attenzione degli studiosi curiosamente non si è quasi mai Di ben diversa levatura culturale risulta invece la figura di Pietro Zen, che proprio in quegli anni stava ultimando la soffermata e comunque in passato lo si è generalmente ritenuto frutto di un’ invenzione e di una scelta sostanzialmente ricostruzione del grande, interessantissimo palazzo di famiglia posto sulla fondamenta dei Crosechieri a Venezia: lo aveva estranee a Palladio76. Recentemente si è addirittura ipotizzato che il frontespizio dei Quattro libri sia opera di Giorgio ideato il figlio Francesco intendente di architettura, probabilmente anche con il consiglio di un famoso architetto e teorico Vasari, poiché questi incontrò Palladio a Venezia poco prima dell’uscita del trattato e ideò alcuni frontespizi ritenuti allora abitante a pochi passi dalla residenza degli Zen e di questi amicissimo, vale a dire Sebastiano Serlio73. stilisticamente avvicinabili a quello palladiano77: ma in questa proposta proprio l’aspetto stilistico sembra essere il meno Pietro Zen stimava moltissimo Serlio, tanto che nel testamento del 1538 consigliava i figli di ascoltare per il comple- convincente, poiché i frontespizi vasariani appaiono come dei rilievi in cui scultura e architettura sono fuse assieme, con tamento del palazzo di famiglia «la opinion di messer Bastianello»74. una netta preponderanza della prima sulla seconda, mentre il frontespizio palladiano mostra una vera e propria struttura Ora, considerato lo stile palesemente serliano dell’incorniciatura architettonica della nostra miniatura, piacerebbe architettonica indipendente dall’apparato scultoreo, il quale vi si addossa e sovrappone per solo ornamento. pensare che possa essere stato proprio Pietro Zen a richiedere a Serlio il disegno di una tale cornice, fornendolo poi alla Il frontespizio di Palladio presenta semmai qualche vaga affinità con quelli dei trattati di Antonio Labacco (1552), di bottega di un bravo miniatore, il quale lo avrebbe riprodotto su pergamena aggiungendovi la parte figurata centrale, per farne l’antiporta della commissione Zen; operazione poi dallo stesso miniatore ripetuta anche per Tommaso Contarini. Questa ipotesi potrebbe trovare un’ indiretta conferma nell’evidente differenza di stile esistente appunto nella minia- 75. Cfr. [N. Zen], Dell’origine di Venetia, et antiquissime memorie de i barbari, In Venetia, per Francesco Marcolini, 1558; [N. Zen], Dei com- tura tra la cornice architettonica - talmente avanzata per l’epoca da sembrare un’invenzione barocca, impostata oltretutto mentarii del viaggio in Persia di m. Caterino Zeno il K., In Venetia, per Francesco Marcolini, 1558. su un’ardita prospettiva centrale - e la parte figurata nel mezzo, dagli sgargianti colori ma priva di profondità e anzi con 76. Ad esempio secondo R. Pane (Andrea Palladio, Torino 19612, p. 77) il frontespizio del trattato di Palladio, nella sua «barocca composizione», evidenti errori di prospettiva proprio in quel vivace pavimento a scacchi. rispondeva ad «una esigenza di gusto pubblicitario, dovuta certamente all’editore de’ Franceschi e non all’autore», tanto più che lo studioso rilevava Se così fosse (ma lo ripetiamo, allo stato dei fatti, si tratta di ragionamenti che non possono contare, su elementi una «opposizione, più che estraneità formale, tra i frontespizi dei Quattro libri ed il contenuto degli stessi»; non diversamente L. Puppi (Bibliografia e letteratura palladiana, in Mostra del Palladio. Vicenza / Basilica Palladiana, Milano 1973, p. 171-190: 177, didascalia della fig. 191) osserva che l’im- documentari), allora la miniatura che ispirò il frontespizio palladiano non sarebbe quella sin qui esaminata di Tommaso magine del frontespizio palladiano «è da ritenere inventata da un esecutore, che resta da identificare, certo formato nell’officina, e sulla tradizione illu- Contarini, bensì quella ipoteticamente quasi identica che doveva decorare l’analoga commissione Zen: infatti il contatto stre, del Marcolini»; più sfumata la posizione di J.S. Ackerman (Palladio: in che senso classico?, Prolusione al XXXV Corso sull’architettura di Andrea tra la famiglia di Pietro Zen e Andrea Palladio è praticamente diretto. Palladio, Vicenza 1993, p. 10), che fra gli esempi di «defezione di Palladio da regole da lui stesso stabilite» cita appunto il «frontespizio de I Quattro Libri dell’Architettura caratterizzato dalla presenza di timpani spezzati coronati da morbide volute», aggiungendo con ironia di non sapere «se sia stata pretesa dall’editore o se tale soluzione dipenda piuttosto dal fatto che le pagine di frontespizio non devono far defluire l’acqua piovana» e concluden- 72. Vedi sopra, nota 64. do comunque che tale scelta «rivela in Palladio un atteggiamento tendenzialmente dialettico rispetto alle regole da lui prescritte». 73. Sul palazzo Zen ai Crosechieri, ci limitiamo a rinviare a Concina, Dell’arabico, p. 15-26; sull’amicizia tra gli Zen e Sebastiano Serlio: ivi, p. 77. H.C. Dittscheid, Architectura im Banne der Virtus. Das Titelblatt von Andrea Palladios «Quattro libri dell‘architettura» (1570): ein Werk Gio- 18; L. Olivato, Per Serlio a Venezia: documenti nuovi e documenti rivisitati, “Arte Veneta”, XXV (1971), p. 284-291. rgio Vasaris? in Sprachen der Kunst. Festschrift für Klaus Güthlein zum 65. Geburtstag, a cura di L. Dittman-C. Wagner-D. von Winterfeld, Worms 74. Passo citato in ivi, p. 18. 2007, p. 57-66.

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Jacopo Vignola (1562)78, di alcune tarde edizioni di Serlio (1566 e 1584)79 e dei Discorsi sopra l’antichità di Roma di Vin- Davanti ai binati di colonne Palladio dispose poi le classiche figure della Geometria e dell’Architettura, allegorie d’ob- cenzo Scamozzi (1583), dove il tema in sostanza è quello del portale, o edicola, o altare, visti in prospettiva centrale, con bligo sulla “copertina” di un trattato come il suo82. i frontoni ad arco (intero o spezzato) sorretti ai lati da colonne singole o binate, ed ornati con simmetria da varie statue In basso, infine, il bel cartiglio centrale, eliminato lo stemma (Contarini o Zen che fosse), servì ad accogliere le note allegoriche80. tipografiche, mentre ai lati, nei riquadri dei piedistalli, il grande architetto con lievi modifiche conferì alle allegorie pre- Ma di fatto l’unica vera referenza per il frontespizio palladiano va ormai riconosciuta nella nostra splendida miniatu- senti nella miniatura - un vecchio sdraiato, ignudo e barbuto, con un’asta e un’anfora rovesciata, d’incerto significato; una ra. donna distesa con una corona d’alloro in mano, evidentemente allusiva ancora alla Gloria - un nuovo significato: il vec- È legittimo chiederci però se fu veramente Palladio a trasformare quell’immagine miniata in frontespizio architettoni- chio, perdute l’asta e l’anfora, acquistò le ali e una bilancia, diventando così il Tempo, ove però «le bilancie [...] dimostrano co, o se invece l’operazione sia di tipo meramente editoriale e si debba quindi al tipografo, o al suo “grafico” di fiducia. che il tempo è quello che agguaglia et aggiusta tutte le cose»83; il tempo galantuomo, insomma, che alla fine premia chi Ebbene, confrontando attentamente frontespizio e miniatura non resta il benché minimo dubbio: il frontespizio pre- veramente merita; la giovane donna, persa la corona, afferra ora il corno di un giovenco, mentre con l’altra mano indica la senta infatti tutta una serie di modificazioni rispetto alla miniatura chiaramente finalizzate a “correggerne” l’architettura, pagina di un libro aperto, significando quindi la Fatica, laddove «col libro si dimostra la fatica della mente», mentre «quella che soltanto un progettista dall’occhio ben allenato avrebbe potuto e saputo effettuare. Intanto le proporzioni d’insieme, del corpo si rappresenta per lo significato del giovenco»84. nettamente più slanciate, poi l’inserimento di binati di lesene che proiettano sul muro di fondo i binati di colonne in pri- Tempo e Fatica, dunque: «perché di me stesso non posso prometter altro, che una lunga fatica, e gran diligenza, & mo piano, l’aggiunta delle mensoline canoniche nella cornice dell’ordine corinzio, ed infine l’allineamento a quest’ultima amore», ci assicura infatti Palladio nel Proemio a i lettori del suo trattato85. della cornice aggettante del trono della «REGINA VIRTUS»81: tutto rivela la consumata esperienza di un professionista In definitiva, la sapiente rielaborazione della cornice architettonico-scultorea della miniatura per ricavarne il magnifico della cultura e del livello di Palladio, abituato quotidianamente a fare i conti con questioni di grammatica architettonica. frontespizio dei Quattro libri, a nostro avviso, non può essere attribuita ad altri che a Palladio. Palladio dunque non “ricopiò” pedissequamente la miniatura, ma - pur rispettandone l’impostazione - la “reinterpretò” E qui si pone allora il vero enigma: perché questo starordinario architetto - inventore geniale ed infaticabile disegnato- da par suo per ricavarne lo splendido frontespizio del suo fondamentale trattato di architettura. re, che oltretutto per il Vitruvio pubblicato nel 1556 dal dotto amico Daniele Barbaro aveva eseguito ex novo non soltanto A lui stesso, a nostro avviso, spetta anche in buona parte la rielaborazione delle statue e dei rilievi allegorici che ornano molte delle belle tavole, ma anche l’elegante frontespizio ispirato ad un arco trionfale antico - per il frontespizio del suo la grande edicola architettonica. fondamentale trattato di architettura decise invece di ispirarsi alla cornice di una miniatura risalente a trent’anni prima? In alto le due Glorie e la Giustizia presenti nella miniatura diventarono nel frontespizio due Fame con al centro la Certo, alla domanda si potrebbe rispondere molto semplicemente: «perché quella cornice è bella»; così come bello «REGINA VIRTUS», che venne perciò a coincidere con una variante della marca tipografica dello stampatore Domenico dev’essere sembrato il frontespizio palladiano a diversi artisti d’epoca posteriore, che a loro volta ne presero ispirazione per de’ Franceschi visibile anche più in basso - sotto al cartiglio centrale con il titolo del trattato - nell’ovale all’interno della comporre i loro frontespizi, fossero o no destinati a opere d’argomento architettonico: per fare qualche esempio, si con- elaborata cornice affiancata da due erme, nonché nel colophon del volume. frontino con quello palladiano i frontespizi de Le iardin du roy di Pierre Vallet, del 1608 (fig. 3), o dei Tabernacoli diversi novamente inventati di Giovan Battista Montano, del 1628 (fig. 4), o delle Istorie memorabili de suoi tempi di Alessandro 78. C. Thoenes, La “Regola delli cinque ordini” del Vignola (1981), in Idem, Sostegno e adornamento. Saggi sull’architettura del Rinascimento: dise- Ziliolo, del 1642 (fig. 5), o persino del The book of common prayer nell’edizione di Londra del 1662 (fig. 6). gni, ordini, magnificenza, Milano 1998, p. 77-107. Se però consideriamo che la cornice della miniatura, per quanto rielaborata e personalizzata da Palladio, mantiene nel 79. M. Vène, Bibliographia serliana. Catalogue des éditions imprimées des livres du traité d’architecture de Sebastiano Serlio (1537-1681), Paris 2007, suo frontespizio un’impostazione sia grafica sia architettonica ben lontana dallo stile di quel grandissimo architetto (una in part. p. 170, «Encadrement G» (1566), e p. 173, «Encadrement J» (1584), quest’ultimo caratterizzato da un’edicola dalle forme curiosamente molto struttura vista in prospettiva centrale e un arco spezzato addirittura coi riccioli), bisogna ammettere che l’enigma, almeno simili a quelle dell’altare dei Merciai nella chiesa di San Giuliano a Venezia, eretto nel 1579-84 da Francesco Smeraldi e con sculture di Vittoria. per ora, rimane. 80. L’analogia in particolare del frontespizio palladiano con i «fastosi altari» della Controriforma è già stata riconosciuta da F. Barberi, Il fronte- spizio nel libro italiano del Quattrocento e del Cinquecento, Milano 1969, I, p. 131. Per un tentativo di restituire in proiezioni ortogonali l’edicola dise- 82. Thoenes, La “Regola delli cinque ordini”, p. 95. gnata in prospettiva centrale nel frontespizio di Palladio, cfr. O. Carpenzano, Notizia preliminare di uno studio condotto su alcuni frontespizi dei trat- tati di architettura, “XY. Dimensioni del disegno”, 10, 1996, n. 27-28, p. 72-77. 83. C. Ripa, Della novissima iconologia, Padova 1625, p. 663. 81. Un riferimento antico per la cornice architettonica della miniatura, in particolare per la struttura a binati di colonne corinzie e per la decora- 84. Ivi, p. 220. zione della trabeazione, ci sembra vada individuato nell’arco dei Sergi di Pola, monumento peraltro notissimo anche a Palladio. 85. A. Palladio, I quattro libri dell’architettura, Venezia 1570, I, p. 6.

134 135 Renzo Fontana Stefano Tosato Tempo e fatica: l’enigma del frontespizio palladiano

Fig. 3. Frontespizio della raccolta Le iardin du roy del ricamatore Fig. 4. Frontespizio della raccolta Tabernacoli diversi novamente inven- Fig. 5. Frontespizio dell’opera Delle istorie memorabili de suoi tempi Fig. 6. Frontespizio dell’opera The book of common prayer, nell’edizione Pierre Vallet (1575-post 1657) e del botanico Jean Robin (1550- tati dell’architetto milanese Giovan Battista Montano (1534-1621), dello scrittore veneziano Alessandro Ziliolo (fine sec. XVI-metà stampata a Londra nel 1662 dai tipografi reali: l’incisione è firmata in 1629), pubblicata per la prima volta a Parigi a cura del Vallet nel pubblicata postuma a Roma nel 1628 a cura dell’allievo Giovan Bat- XVII), nell’edizione stampata a Venezia da Giovan Antonio Giuliani basso «D. Loggan sculp.», spetta cioè al giovane incisore inglese David 1608: l’incisione è siglata in basso a destra «J.J.f.L.». tista Soria (1581-1651), cui probabilmente spetta l’invenzione del nel 1642: l’incisione è siglata in basso a destra «G.T.». Loggan (1634-1692). Pisa, Biblioteca Universitaria frontespizio. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana

136 137 Nota bibliografica Per la biografia e una bibliografia completa sui miniatori si rimanda al recente Dizionario biografico dei miniatori italiani, secoli IX-XVI, Milano 2004.

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140 141 Finito di stampare nel mese di maggio 2008 presso Grafiche Turato, Rubano (PD) tel. 049 630933 e-mail: [email protected]