Rassegna del 17/07/2017

FABI 15/07/2017 Corriere del Veneto 18 Intervista a Mauro Bossola - «Messi in sicurezza i lavoratori ora il Zicchiero Monica 1 6.02.00 Venezia e Mestre Senato converta il decreto oppure nessuno sa cosa accadrà» 15/07/2017 Giornale di Vicenza 8 Dipendenti, mille uscite entro l'anno Bankitalia ex Cda BpVi: 3,6 ... 2 8.26.00 milioni - Ex venete, mille in uscita entro la fine dell'anno 15/07/2017 Italia Oggi 23 C'è l'accordo sulle venete ... 3 3.58.00 15/07/2017 Nuova Venezia-Mattino 15 Esodi, prima i veneti: mille fuori a fine 2017 poi toccherà a Intesa Vallin Eleonora 4 7.55.00 di Padova-Tribuna di Treviso 15/07/2017 Repubblica 22 Banche, per gli esuberi delle venete scivolo da 7 anni a spese Greco Andrea 5 5.00.00 dello Stato SCENARIO BANCHE 17/07/2017 Eco di Bergamo 12 Intervista ad Andrea Moltrasio - «Così è cambiato il nostro Galazzi Silvana 6 1.45.00 gruppo» - «Ubi, così in quattro anni il gruppo è cambiato» 17/07/2017 Giornale Miaeconomia 19 Come scegliere la banca giusta Restelli Massimo 7 0.55.00 17/07/2017 Giornale Miaeconomia 20 Cosa bisogna guardare per scegliere la banca e «dribblare» i Conti Camilla 8 1.17.00 rischi 17/07/2017 Giornale Miaeconomia 21 Ecco come scegliere il conto corrente giusto - Dimmi quanti soldi Montagnani Ennio 9 1.22.00 hai e ti dirò che conto fare 17/07/2017 Giornale Miaeconomia 22 Bond bancari di «alta qualità» Per guadagnare il 3% all'anno Montagnani Ennio 10 1.40.00 17/07/2017 Giorno-Carlino-Nazione 7 La cura Fiorentino rianima Carige Iniezione di mezzo miliardo sul Cresci Camilla 11 3.23.00 Economia&Lavoro capitale - Carige, la terapia in tre mosse Mezzo miliardo di nuovo capitale Crediti e immobili in vendita 17/07/2017 Giorno-Carlino-Nazione 7 Assopopolari Sforza Fogliani resta presidente Cresci Camilla 12 3.27.00 Economia&Lavoro 17/07/2017 Giorno-Carlino-Nazione 9 Intervista a Sandra Crowl - Carmignac dà fiducia all'Europa «La Catapano Giuseppe 13 4.35.00 Economia&Lavoro ripresa è solo agli inizi Titoli bancari, stagione di rialzi» 17/07/2017 Giorno-Carlino-Nazione 13 Educazione finanziaria - Il lato oscuro della finanza Gozzi Alessia 14 4.49.00 Economia&Lavoro 17/07/2017 Italia Oggi Sette 22 La polizza fa da scudo al mutuo Greguoli Venini Irene 15 5.20.00 17/07/2017 L'Economia del 4 Cos'è e perché lo vogliono cambiare? - Cambiare il fiscal compact Ferrera Maurizio - Ricci 16 1.49.00 Corriere della Sera Alexander_Damiano 17/07/2017 L'Economia del 6 Tre rischi per la finanza: Hi-tech, liquidità e regole El Erian Mohamed 17 1.49.00 Corriere della Sera 17/07/2017 L'Economia del 16 Decreto sulle Popolari venete Conti (amari) per i risparmiatori Righi Stefano 18 2.02.00 Corriere della Sera 17/07/2017 L'Economia del 18 Brexit nel bilancio? Il divorzio c'è (ma non si vede) Sacchi Maria_Silvia 19 2.07.00 Corriere della Sera 17/07/2017 L'Economia del 28 Sussurri & Grida - Banche, il nodo delle nomine L'ecommerce? Righi Stefano 20 2.32.00 Corriere della Sera Strada obbligata 17/07/2017 L'Economia del 36 In 8 anni il mattone ha reso più dei Btp Città e quartieri dove Marvelli Giuditta - 21 3.00.00 Corriere della Sera investire - Il mattone? Ti fa più ricco dei Btp - Ma dal 2009 ad oggi Pagliuca Gino Borsa meglio della casa (solo grazie ai dividendi) 17/07/2017 L'Economia del 37 Il mattone? Ti fa più ricco dei Btp - Milano e i record dell'Isola Pagliuca Gino 22 3.01.00 Corriere della Sera Prezzi deboli nella Capitale Sprint a Bologna e Firenze 17/07/2017 L'Economia del 41 Facciamo le carte ai Re di denari Barrì Adriano 23 3.09.00 Corriere della Sera 17/07/2017 L'Economia del 41 Il conto senza frontiere con i bonifici in tempo reale Puliafito Patrizia 24 3.09.00 Corriere della Sera 17/07/2017 L'Economia del 43 La pensione anticipata? Ecco i veri costi Brambilla Alberto 25 3.23.00 Corriere della Sera 17/07/2017 Libero Quotidiano 6 Intervista a Lorenzo Bini Smaghi - «Italia al tappeto per le tasse Rigatelli Francesco 26 1.29.00 aumentate durante la crisi» 17/07/2017 Repubblica 4 Npl, le pulizie di Mustier e ora tocca ad "Atlante 3" - Npl, la Bonafede Adriano 27 2.19.00 Affari&Finanza riscossa di ora ha il portafoglio crediti più "pulito" del sistema 17/07/2017 Repubblica 5 L'analisi - Atlante, la fase 3 parte con Cerved sfiderà la Sga Greco Andrea 28 2.29.00 Affari&Finanza pubblica e i fondi privati 17/07/2017 Repubblica 5 Affari in Piazza - Il debutto di doBank al listino ripaga tutti Bennewitz Sara 29 2.32.00 Affari&Finanza 17/07/2017 Repubblica 13 Far West - Wall Street trema in Usa arriva la class action contro le Guerrera Antonello 30 2.50.00 Affari&Finanza banche 17/07/2017 Sicilia Enna 13 Fidi bancari in netto calo precipitano anche depositi Tavella Tiziana 31 5.09.00 17/07/2017 Sole 24 Ore 1 Per la banca cinese dello sviluppo prestiti a quota due miliardi - Fatiguso Rita 32 0.26.00 Banca cinese dello sviluppo, prestiti a quota due miliardi - Due miliardi sulla Via della Seta 17/07/2017 Sole 24 Ore 5 La mappa dell'Italia che cerca di uscire dal tunnel della crisi - La Netti Enrico 33 0.37.00 mappa dell'Italia che cerca di uscire dalla crisi 17/07/2017 Sole 24 Ore 6 Rallenta il credito alle imprese - Credito in frenata ma aumentano Netti Enrico 34 0.33.00 le richieste al Sud 17/07/2017 Tempo 13 Intervista a Massimo Doris - «Clima sereno. Il Paese può ripartire» Caleri Filippo 35 2.16.00 WEB 15/07/2017 AREZZONOTIZIE.IT 1 Etruria in Ubi, la Fabi: "Perso il centro direzionale ad Arezzo. E' ... 36 0.09.00 mancato uno sforzo comune" - Arezzo Notizie 14/07/2017 BORSAITALIANA.IT 1 : BOSSOLA (FABI), ENTRO L'ANNO MILLE ... 37 0.10.00 USCITE DA VENETE 14/07/2017 CITYWIRE.IT 1 Banche venete, accordo tra Intesa Sanpaolo e sindacati su 4mila ... 38 0.10.00 uscite 14/07/2017 ECONOMIA.ILMESSAG 1 Banche venete, la Camera approva il decreto ... 39 0.08.00 GERO.IT 14/07/2017 FINANZA.REPUBBLICA. 1 Banche venete, la Camera approva il decreto - Economia e ... 40 0.08.00 IT Finanza con Bloomberg - Repubblica.it 14/07/2017 FINANZAONLINE.COM 1 doBank: esordio con il botto (oltre +16%). Buy scatenati, titolo ... 41 0.08.00 sospeso per eccesso di rialzo - FinanzaOnline 14/07/2017 ILGAZZETTINO.IT 1 Decreto Banche venete, via libera della Camera: 211 sì e 91 ... 42 10.11.00 contrari Ora passa al Senato 15/07/2017 LANUOVAFERRARA.G 1 Bper invia “rinforzi” e assume addetti Maretta in Carife - Cronaca - ... 43 8.35.00 ELOCAL.IT La Nuova Ferrara 14/07/2017 MATTINOPADOVA.GEL 1 Intesa-banche venete: chiusa la trattativa per 4 mila esuberi - ... 44 0.10.00 OCAL.IT Focus - Il Mattino di Padova 14/07/2017 MESSAGGEROVENETO 1 Raggiunto l’accordo sugli esuberi di personale - Cronaca - ... 45 10.11.00 .GELOCAL.IT Messaggero Veneto 14/07/2017 MILANOFINANZA.IT 1 Intesa Sanpaolo: accordo con sindacati per integrazione b. venete ... 46 0.10.00 - MilanoFinanza.it 14/07/2017 MILANOFINANZA.IT 1 B.Venete: verifica su primi esuberi a fine settembre - ... 47 0.10.00 MilanoFinanza.it 14/07/2017 QUIFINANZA.IT 1 Banche venete, la Camera approva il decreto ... 48 0.08.00 15/07/2017 SATURNONOTIZIE.IT 1 Confronto fra il gruppo UBI e i sindacati di Banca Etruria per il ... 49 8.35.00 piano industriale 14/07/2017 TELEBORSA.IT 1 Banche venete, la Camera approva il decreto ... 50 0.08.00 14/07/2017 TRADERLINK.IT 1 Intesa firma un protocollo con i sindacati per le venete - Traderlink ... 51 0.08.00 Corriere del Veneto Venezia e Mestre 15-lug-2017

Intervista a Mauro Bossola - «Messi in sicurezza i lavoratori ora il Senato art converta il decreto oppure nessuno sa cosa accadrà»

MILANO «Una trattativa strana, surreale. Di solito, prima si avviano le procedure e poi arrivano i dipendenti. Qui è successo esattamente il contrario». Mauro Bossola ha partecipato da segretario generale del sindacato dei bancari Fabi alla trattativa lampo con Intesa sui diecimila dipendenti provenienti dalle ex banche venete. «Con questo accordo abbiamo evitato i licenziamenti e messo in sicurezza i lavoratori», dice. E usa quasi le stesse parole di Eliano Lodesani, direttore operativo di Intesa: «La forte tutela dell'occupazione delle due ex banche venete con alle spalle anni molto difficili è la miglior base di partenza di una nuova fase». Bossola, le condizioni erano complicate eppure a meno di tre settimane dal decreto che ha sancito il passaggio di 900 sportelli e quasi diecimila lavoratori a Banca Intesa, l'accordo è stato chiuso. «E stato un tour de force: un lunedì ci siamo svegliati in Intesa con diecimila colleghi in più. In una situazione inedita e con l'Europa che aveva imposto il taglio di 600 filiali su 900 e quattromila esuberi». Che sono esattamente le cifre dell'accordo. Come saranno gestite? «Gli esuberi su base volontaria sono mille e cento per i dipendenti delle ex venete, per i quali si apre tra ottobre e dicembre la prima finestra di uscita. Da oggi coloro che maturano i requisiti per la pensione entro il 2024 possono far domanda di prepensionamento volontario, grazie al fondo di solidarietà di settore che li sosterra per sette anni. C'è tempo fino al i8 settembre per presentare la domanda, allegando il certificato Inps sui contributi versati e la posizione pensionistica individuale. Poi sindacati e Intesa si incontreranno per fare il punto: quante domande, da quali sedi, per quali professionalità. E a quel punto si capirà quali sedi chiudere, due terzi del totale. Una falcidiata da gestire con attenzione». La chiusura delle filiali significa trasferimenti. Saranno assorbiti nelle sedi Intesa sul territorio? «In parte. Ma c'è anche la possibilità di impiego in lavorazioni aggiuntive: call centre, banca virtuale, home banking. Ovviamente saranno formati e riqualificati prima della ricollocazione. Noi abbiamo intenzione di valorizzare questi colleghi in Veneto perché sono loro che faranno ripartire la fiducia dei clienti: la relazione con le persone del territorio è fondamentale in questa fase». Come hanno accolto la notizia della firma dell'accordo, i lavoratori di ex Bpvi e Vb? «Tristi e sollevati. Tristi perché finisce un'epoca importante, è un mondo che si chiude. Sollevati perché entrano in uno dei più solidi gruppi bancari in Europa, dove possono trovare il loro spazio professionale». Abbiamo parlato dei prepensionati e degli altri che restano al lavoro. Poi ci sono 700 persone che non rientrano nel piano di salvataggio. «Purtroppo sì ed è un problema molto serio. Fanno parte di società che Intesa non ha acquisito perché non rientravano nel suo progetto di banca: società di factoring e leasing, Arca, Bim, Apulia previdenza. Il dottor Fabrizio Viola, uno dei tre liquidatori, dice che troverà delle soluzioni di vendita ma non è facile trovare chi compra. Siamo molto attenti a queste persone». Che clima c'era al tavolo di trattativa? «Intesa ha chiarito subito che non voleva che l'operazione apparisse come un'elemosina, né che l'atteggiamento sembrasse paternalistico. E ai colleghi delle venete ha chiesto di evitare atteggiamenti fatalisti». Ora manca solo la riconversione del decreto al Senato. «Auspichiamo che l'accordo dia la spinta al Senato per una veloce approvazione. In caso contrario, nessuno sa cosa accadrebbe: alle due venete la licenza è stata ritirata ...». Monica Zicchiero

FABI 1 Giornale di Vicenza 15-lug-2017

Dipendenti, mille uscite entro l'anno Bankitalia ex Cda BpVi: 3,6 milioni - Ex art venete, mille in uscita entro la fine dell'anno

Mille prepensionamenti entro l'anno da far scattare tra le fila delle ex banche BpVi e Veneto banca, previa adesione volontaria di tutti gli interessati da dare entro settembre. È il primo passo dell'accordo raggiunto l'altra sera a tarda ora da banca Intesa e i sindacati, proprio mentre la Cameraapprovavail decreto legge sul salvataggio delle due banche venete. «Con L'accordo firmato ieri notte dopo una breve ma intensa trattativa abbiamo scongiurato i licenziamenti e messo in sicurezza i lavoratori», è il primo commento del vicentino Giuliano Xausa, della segreteria nazionale del sindacato Fabi. L'intesa, spiega, coinvolge i lavoratori del perimetro di società entrate ora in Banca Intesa SanPaolo: le ex Bpvi, Veneto Banca, Servizi Bancari, Sec, Banca Nuova e . UN ANTICIPO PENSIONE DI SETTE ANNI. «Sono previste per circa mille colleghi delle ex banche venete uscite solo volontarie attraverso il Fondo di solidarietà del settore. Potranno accedere i colleghi - precisa Xausa - che matureranno il diritto pensionistico entro il 31 dicembre 2024. La scelta avverrà nel mese di settembre e l'uscita entro fine anno». «La prima finestra d'uscita - aggiunge mauro Bossolatario generale aggiunto- è fissata al primo ottobre». Per l'ex contratto integrativo invece, aggiunge Xausa, «in attesa di un accordo previsto per l'autunno vengono confermate alcune voci come il versamento al fondo pensione, la polizza sanitaria e il ticket pasto. Riteniamo sia un accordo che permetta ai colleghi di tornare ad un lima di serenità e di stabilità che era svanito ormai da troppo tempo, e non certo per colpa loro». LA BATTAGLIA PER I LAVORATORI RIMASTI ESCLUSI. «Richiamando anche le dichiarazioni del presidente Patuelli dell'Abi all'assemblea degli associati di qualche giorno fa ribadiamo la nostra indignazione nei confronti di chi ci ha portato in questa situazione. Oltre 150 anni di storia buttati in poco tempo. Ma con altrettanto impegno e solerzia come Fabi - rimarca Xausa - stiamo seguendo i colleghi che sono rimasti nella liquidazione coatta amministrativa: a tutti i lavoratori di Immobiliare Stampa, Farbanca, Prestinuova e Nem assicuriamo la nostra forte presenza per garantire anche a loro la sicurezza del posto di lavoro. Abbiamo trovato nei liquidatori, durante un incontro svoltosi ieri, piena sensibilità sul tema. Ricordo che dietro a grandi i piccoli numeri ci sono sempre persone e famiglie». «Dobbiamo tenere altissima la guardia per tutti gli oltre 700 dipendenti delle aziende escluse dal salvataggio delle banche venete», gli fa eco Giulio Romani segretario generale First-Cisl (tra questi anche dipednenti "assicurativi"come i 21 Apulia Previdenza). INTESA: «ACCORDI SUL LAVORO DI CHI RESTA». Come noto, gli accordi riguardano in tutto 4mila esuberi, tutti con il ricorso al "Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riqualificazione professionale del personale del credito". Banca Intesa in una nota sottolinea che l'accordo raggiunto con Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Ugl, Uilca e Falcri-Silcea-Sinfub prevede che «dopo la verifica sulle adesioni prevista a fine settembre e la definizione delle modalità perle uscite delle uteriori circa 3 mila persone, il percorso proseguirà per individuare le altre misure quali il ricorso alla mobilità territoriale e iniziative di formazione per la riconversione/riqualificazione delle professionalità che consentiranno la salvaguardia dei posti di lavoro a fronte, tral'altro, della necessità di ridurre a 300 le circa 900 filiali facenti parti del perimetro ex banche venete, nonché di integrare i sistemi informativi e di gestione dei rischi»: le filiali sranno rinnovate. È «l'ulteriore conferma di come Intesa Sanpaolo ponga al centro dei propri piani di sviluppo le persone» ha commentato Eliano Lodesani, Chief operation officer di Intesa. Con quei dipendenti la banca vuole operare sul territorio: «Abbiamo messo adisposizione di imprese e famiglie un plafond di 5 miliardi: un contributo determinante per l'immediato rilancio dell'attività di professionalità qualificate destinate a fare parte integrante di un gruppo del valore di Intesa». OCCHI SUL SENATO.Tutto regge, ovviamente, se anche il Senato approverà il decreto legge sul salvataggio delle banche: «Nell'accordo è stata confermata con forza la richiesta che il decreto legge - scrive Intesa - sia al più presto convertito in legge, anche per dare le necessarie certezze ai lavoratori coinvolti».

FABI 2 Italia Oggi 15-lug-2017

C'è l'accordo sulle venete art Sulle banche venete è arrivato l'accordo fra Intesa Sanpaolo e i sindacati. L'intesa definisce anche un modello di relazioni industriali coerente con le prassi del gruppo guidato dall'a.d. Carlo Messina e adeguato alla natura straordinaria dell'operazione, oltre a un piano di riduzione del personale, un quadro normativo di riferimento da applicare in via transitoria al rapporto di lavoro del personale e un percorso da compiere per gestire l'integrazione. Le uscite su base volontaria saranno circa 4 mila e, per attenuare le ricadute sociali, è stato condiviso il ricorso alle prestazioni straordinarie del Fondo di solidarietà del credito. Il protocollo ha definito le regole per le prime mille uscite da Bpvi e Veneto banca per accedere al Fondo di solidarietà a partire dal mese di ottobre ed entro dicembre. Dopo la verifica sulle adesioni prevista a fine settembre e la definizione delle modalità per l'uscita degli altri 3 mila dipendenti, il percorso proseguirà per individuare altre misure quali il ricorso alla mobilità territoriale e iniziative di formazione per la riqualificazione delle professionalità. Nel contempo si passerà a ridurre a 300 le circa 900 filiali acquisite da Intesa, oltre a integrare i sistemi informativi e di gestione dei rischi. «L'importante accordo che abbiamo definito in piena sintonia con le organizzazioni sindacali rappresenta l'ulteriore conferma di come Intesa Sanpaolo ponga al centro dei propri piani di sviluppo le persone», ha osservato Eliano Lodesani, chief operation officer dell'istituto. «La forte tutela dell'occupazione delle due ex banche venete, con alle spalle anni molto difficili, è la miglior base di partenza di una nuova fase. Punteremo sugli investimenti in formazione e riqualificazione delle professionalità e sugli investimenti in tecnologie. Non solo: la rete delle filiali, seppur ridotta nelle sue dimensioni, sarà oggetto di un piano di rinnovamento. Grazie a un significativo impegno per la formazione delle persone e per il rilancio della qualità del servizio, le due ex banche venete potranno tornare a svolgere un ruolo centrale nell'economia di territori a forte vocazione imprenditoriale, che mostrano notevoli tassi di crescita. Abbiamo messo a disposizione di imprese e famiglie un plafond di 5 miliardi di euro: un contributo determinante per l'immediato rilancio dell'attività di professionalità qualificate». Positivo anche il commento dei sindacati. «Con questo accordo», ha commentato Mauro Bossola, segretario generale aggiunto della Fabi, «abbiamo evitato i licenziamenti e messo in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa, ottenendo a loro favore garanzie sulle uscite volontarie e anche sulla contrattazione di secondo livello, senza nulla togliere ai dipendenti del gruppo Intesa Sanpaolo. Adesso auspichiamo che il parlamento dia prova del medesimo senso di responsabilità dimostrato dalle organizzazioni sindacali convertendo definitivamente in legge il decreto sulle banche venete». —Riproduzione riservata—

FABI 3 Nuova Venezia-Mattino di Padova-Tribuna di Treviso15-lug-2017

Esodi, prima i veneti: mille fuori a fine 2017 poi toccherà a Intesa art di Eleonora Vallin PADOVA La Dg Comp aveva individuato 3.874 esuberi, di cui 850 nel perimetro delle ex banche venete. Alle prime battute, Intesa SanPaolo ne aveva dichiarati 3.900 ma aveva chiarito: «Nessun licenziamento, solo uscite volontarie». Alla fine, sono diventati «circa 4 mila», di cui mille già in pensione a fine anno. L'accordo con le sigle sindacali è stato raggiunto nella serata del 13 luglio. Ora bisogna aspettare settembre per aprire il secondo capitolo della trattativa: quella legata al taglio delle 600 filiali con mobilità e riconversione del personale. Resta poi sospesa la questione dei quasi 700 dipendenti ex venete non acquisiti da Intesa. La loro sorte è nelle mani dei liquidatori. L'accordo firmato per le uscite su base volontaria riguarda infatti: Bpvi, Veneto Banca. Banca Nuova. Apulia, Sec e Servizi Bancari. «È un'ulteriore conferma di come Intesa Sanpaolo ponga al centro dei propri piani di sviluppo le persone» ha ribadito Eliano Lodesani, chief operation officer Intesa. «La forte tutela dell'occupazione delle due ex banche venete è la miglior base di partenza di una nuova fase. Punteremo sugli investimenti in nuove tecnologie, formazione e riqualificazione delle professionalità. La rete delle filiali, seppur ridotta, sarà oggetto di un piano di rinnovamento» anticipa. E l'obiettivo «condiviso con Intesa», spiega Mauro Bossola segretario generale aggiunto Fabi, è «allocare in Veneto attività aggiuntive e innovative della banca, o consolidare le esistenti». «La partita Intesa la vince in Veneto, non a Milano - spiega Bossola - gli investimenti in questa regione non devono essere assistenziali ma veri e di servizio perché qui ci sono sedi e persone. Penso al consolidamento della filiale online, del servizio call center, a nuove sperimentazioni». Il protocollo, intanto, ha definito le regole per le prime 1.000 uscite solo dalle banche venete dal 1 ottobre 2017 per chiudersi il 31 dicembre 2017 con accesso al fondo di solidarietà. La data chiave di nascita è «fino al 31 dicembre 1963», 54 anni. A fine settembre è prevista la verifica delle adesioni (si stimano 1.100 aventi diritto). «Abbiamo diviso i perimetri - conferma Bossola - i colleghi ex venete avranno il massimo possibile: 7 anni, fino al 2024 per sfruttare appieno il fondo. A gennaio 2018 toccherà ai restanti 3 mila del mondo Intesa, una partita più agevole perché spalmata su 65 mila dipenddenti. Per loro una permanenza massima di 5 anni». «Post uscite - aggiunge il sindacalista - ragioneremo su sovrapposizioni e mobilità, fino al 31 dicembre nessun cambiamento per gli 8 mila che restano nelle ex venete». La partita intera vale 1,285 miliardi. «Dobbiamo tenere altissima la guardia per tutti gli oltre 700 dipendenti esclusi dal salvataggio, impedendo che accada loro quanto già successo in altre situazioni di difficoltà irrisolte negli ultimi anni, quali Hypo Alpe Adria o le società satellite di Banca delle Marche»: è il monito di Giulio Romani, segretario generale di First Cisl. «Provare a difendere i diritti dei lavoratori è il nostro primo elemento per la contrattazione. L'obiettivo è quello di trovare delle soluzioni il più positive possibili: abbiamo lavorato per questo fine» ha commentato ieri il segretario Cgil Susanna Camusso.

FABI 4 Repubblica 15-lug-2017

Banche, per gli esuberi delle venete scivolo da 7 anni a spese dello Stato art ANDREA GRECO MILANO. Uno scivolo dorato di sette anni verso la pensione, per un migliaio di bancari di Vicenza e Montebelluna. A spese statali. L'acquisto di Intesa Sanpaolo delle due banche venete non è solo un capolavoro di Ca' de Sass, che s'è garantita vantaggi nei conti pari ad almeno un anno di utili (3,1 miliardi nel 2016 ). E' anche un capolavoro dei sindacati, perché consente di liquidare due banche con 900 agenzie e 60 miliardi di attivi senza un solo licenziamento. Di più: sana il grave sbilancio tra costi e ricavi in Popolare di Vicenza e Veneto banca, nato con le gestioni di Gianni Zonin e Vincenzo Consoli, e non risolto dalla gestioni 2016 di Atlante; anche perché i lavoratori, annusando il tracollo, hanno rifiutato di siglare ogni piano manageriale di taglio costi. Ora ci pensa il contribuente, che non salterà di gioia il decreto in conversione al Senato stanzia 1.285 milioni per oneri di integrazione, circa 650 milioni per far uscire dal polo 4mila bancari, il resto per riconversioni professionali, corsi di formazione e perfino il cambio delle insegne sui 300 sportelli veneti che cambieranno marchio. Il terreno era stato preparato nella legge di bilancio 2016, che agevolava il prepensionamento dei bancari per i piani di ristrutturazione alzando da cinque a sette gli anni l'accesso al fondo di solidarietà di settore. Di solito lo finanziano le banche in consorzio: ma Intesa Sanpaolo, compratore riluttante, ha lasciato fare allo Stato. L'accordo siglato giovedì sera con le organizzazioni sindacali è il primo a sfruttare quella possibilità, e vale solo per i 1.000 dipendenti delle due venete in liquidazione, che in autunno potranno, su base volontaria, scegliere di accedere al fondo esuberi ricevendo per ben sette anni il 70-80% dello stipendio (45mila euro lordi annui medi ). Un pensionamento anticipato di fatto, che si ritiene quasi tutti gli aventi diritto vorranno cogliere. Chi invece vorrà restare al lavoro farà aumentare le uscite di dipendenti Intesa Sanpaolo, che comunque ha un bacino di 6.500 "prepensionabili", e prevede di utilizzarne 3mila nell' integrazione al via. Aspiegare perché mai il compratore si liberi del triplo dei lavoratori rispetto alle prede, è il funzionamento del fondo esuberi: le due venete avevano solo 1.050 prepensionabili, ma già il piano di fusione dell'ad Fabrizio Viola stimava almeno 2.500 esuberi. Si rischiavano 1.450 licenziamenti: un tabù nel settore. Ma la fusione con un polo da 90mila dipendenti sistema le cose, e proietta gli orfani di Zonin e Consoli nel campione nazionale. «L'accordo è l'ulteriore conferma di come Intesa Sanpaolo ponga al centro dei propri piani di sviluppo le persone», ha dichiarato Eliano Lodesani, direttore operativo. Il sindacato autonomo Fabi però parla di «trattativa serrata», e il suo segretario Lando Sileoni avverte: «Se a settembre, nel trattare sugli altri 3mila esuberi, la delegazione di Intesa Sanpaolo tenterà altre furbizie per mettere in forse la volontarietà dei prepensionamenti promessa dall'ad Carlo Messina, sarà molto difficile fare altri accordi». Proprio ieri Bankitalia ha multato per 3,6 milioni 26 ex amministratori e dirigenti a Vicenza per «carenze nell'organizzazione, nel gestire i rischi e nei controlli interni».

FABI 5 Eco di Bergamo 17-lug-2017

Intervista ad Andrea Moltrasio - «Così è cambiato il nostro gruppo» - «Ubi, così in art quattro anni il gruppo è cambiato»

SILVANA GALAZZI L'entusiasmo per l'abbraccio alla Presolana ha contagiato anche lui. Domenica scorsa, Andrea Moltrasio, presidente del Consiglio di sorveglianza di Ubi, ha lasciato inbancagiaccae cravatta e, zaino in spalla, si è portato ai piedi della Regina delle Orobie salendo dai sentieri di Valzuria «È stata un'esperienza bellissima», commenta, prima di tornare a numeri, bilanci e prospettive del gruppo bancario che presiede dall'aprile del 2013. Presidente, l'aumento di capitale da 400 milioni si è appena chiuso ed è stato interamente sottoscritto. Hanno aderito di più i grandi investitori o i piccoli risparmiatori? «Una fotografia complessiva dell' azionariato si ha solo al momento dello stacco del dividendo. Tuttavia, data la velocità di adesione, ritengo che un po' tutti abbiano partecipato, sia i piccoli sia i grandi azionisti La risposta del mercato è stata positiva e questo ci dà molta fiducia, oltre agarantirci una situazione patrimoniale adeguata ad affrontare l'acquisizione delle tre banche: Etruria, Marche e CariChieti». La distribuzione del capitale tra fondi e piccoli soci, comprese le Fondazioni e i Patti, dovrebbe restare quindi più o meno invariata? «Credo di sì. In linea di massima, mi aspetto una conferma della ripartizione tra fondi al 50% e il resto investitori retail, tra cui Fondazioni e Patti: un mix che dà alla banca stabilità, grazie all'azionariato storico, e un potenziale di crescita». Come procede l'integrazione di Banca Etruria, Marche e Chieti? «C'è una grande intensità di lavoro, che beneficia dell'esperienza recente dell'integrazione delle banche rete in Ubi, con due differenze fondamentali: i sistemi informativi diversi ele caratteristiche organizzative, che rendono l'operazione un po' più complicata. Conto che all'inizio del 2018 le tre banche saranno completamente integrate». Quali riscontri avete sui territori? «Conoscevamo già le Marche, grazie alla presenza con la Popolare di Ancona, per cui qui l'efficientamento è maggiore. Etruria e Chieti coprono invece territori in parte nuovi, che richiederanno una ricomposizione delle macro aree del centro sud. Abbiamo trovato comunque collaboratori molto reattivi, stakeholders che vedono nella continuità una sicurezza e vediamo già i risultati di un abbassamento dei costi della raccolta di denaro rispetto a quelli che dovevano sostenere in precedenza le tre banche. Nel piano industriale stimiamo una riduzione del costo dellaraccolta dell'1,6%: non è poco». Quindi a ottobre ci sarà la prima incorporazione? «I tempi sono rispettati ed entro l'anno inizieranno le fusioni». Il piano industriale aggiornato prevede 3 mila uscite. La trattativa è in corso e i sindacati temono esternalizzazioni. «Innanzitutto, precisiamo i numeri. A fine 2016 Ubi da sola contava 17.560 persone e le tre banche acquisite 4.958, per un totale di 22.518. A fine 2020 la previsione è avere 16.116 persone dell'attuale Ubi e 3.389 delle attuali tre banche, per un totale di 19.505. Il saldo negativo è quindi di 3.013 persone. Non dimentichiamo, però, che per 1.300 (600 con accordo già firmato e 700 da firmare quest'anno, Ndr) di Ubi e 532 delle tre banche è già previsto l'esodo volontario con accesso al prepensionamento. Restano circa 1.300 persone per le quali si parla di "altre iniziative di piano". Il tema della riduzione dei lavoratori nel sistemabancario, allaluce del cambio tecnologico nel fare banca che è impressionante, è fondamentale per tutto il settore. Noil'abbiamo affrontato con un approccio apprezzato anche dal sindacato. Parliamo di uscite prevalentemente volontarie e mi auguro che questo sarà possibile anche in futuro. Teniamo presente che su un totale di 300 milioni di tagli agli oneri operativi delle tre banche acquisite, 185 milioni, ovvero il 62%, sono riferiti alpersonale.Abbiamo inoltre un problema di riqualificazione di chi lavora in banca la formazione e lo sviluppo di talenti sono cruciali». In via Fratelli Calvi, in Ubi sistemi e servizi, c'è un pool di giovani che lavorano alla banca del futuro. Come va la loro attività? «Sono im centinaio di ragazzi, con un'età media di 25-30 anni, fortemente orientati al digitale specie al mobile. Lavorano sulle App e anche sulla cyber sicurezza. L'attività sta dando risultati. Allargando lo sguardo oltre la banca, credo che siano queste le realtà che oggi anche a Bergamo possono fare la differenza focolai di innovazione fantastica». Dal 20 febbraio, la Popolare Bergamo, come le altre banche rete, è scomparsa come società e Ubi è banca unica. Lei è stato fra i più convinti sostenitori di questa scelta. Che bilancio fa dei primi mesi? «Sono stato trai più convinti sostenitori della banca unica perché è fondamentale perl'efficienza e la riduzione dei costi interni e per arrivare direttamente dai centri decisionali ai clienti. Certo, c'è un prezzo da pagare: il brand della propria banca era un grande aspetto identitario. È un prezzo prevalentemente emotivo. Al

SCENARIO BANCHE 6 netto di questo, penso che i fatti potranno confermare che il servizio che offriamo è migliore di prima Il giudizio complessivo, quindi, al momento è positivo». La macroarea Bergamo e Lombardia Ovest va bene tosi come è oggi o si potrebbe allargare? «L'area di Bergamo e Varese può contare su un personale commerciale molto dinamico e può darsi che i confini gli vadano stretti. Non spetta a me dire se l'area va ampliata Le suddivisioni non sono scolpite nella pietra. A Bergamo la banca ha quote di mercato significative. In prospettiva penso che questa e altre aree troveranno il loro giusto perimetro per essere efficienti». Di recente, Ubi ha donato un milione agli Ospedali Civili di Brescia ed è diventata socia della Fondazione della Scala di Milano con un impegno di almeno 600 mila euro in cinque anni. E a Bergamo? «La donazione a Brescia è una decisione del 2010 ed è equivalente a quanto fatto con l'Ospedale Papa Giovanni di Bergamo con la Fondazione per la ricerca Fromm, allaquale abbiamo erogato lo stesso importo in rate annuali da 250 mila euro ciascuna. Il sostegno alla Scala è legato invece al decennale di Ubi, che ci ha visto portare i ragazzi dell'accademia del Teatro di Milano in tutti i territori dove siamo presenti, anche a Bergamo, per un concerto, diretti dal maestro Manfred Honeck». Alla fine, Bergamo cosa pub aspettarsi dalla banca quest'anno? «I capitoli sono due: le contribuzioni liberali e il sostegno alle attività sportive. Sul primo, il Consiglio di sorveglianza ha approfittato del bancone per dare ordine e un taglio moderno alla filantropia con un piano annuale di interventi, linee guida operative eun monitoraggio semestrale. È un meccanismo meno casuale e più progettuale. C'è un fondo centrale che per il 20% va a iniziative sovraterritoriali e per il resto alle comunità locali. E alimentato dal 2,5% dell'utile netto con un massimo di 12 milioni». E per quest'anno,visto che il bilancio 2016 era in perdita? «Abbiamo attinto 3 milioni dalle riserve: 600 mila euro restano in capo a Ubi, il resto è distribuito fra le aree. A Bergamo va 1,1 milioni, ovvero il 46%, cui si aggiunge mezzo milione di residui dagli anni precedenti, per un totale di 1,6 milioni, sostanzialmente pari all'importo dell'anno scorso che era 1,7 milioni. È una fase di transizione: nel 2020 saremo a regime con una ripartizione legata alla redditività delle macro aree». Sul capitolo sport, avete appena siglato l'accordo con l'Atalanta: come è nato? Effetto Europa? «Finalmente, dopo 148 anni di storia della banca, siamo per la prima volta partner della squadra cittadina E' un'ambizione che avevamo da tempo e l'avremmo fatto anche se non ci fosse stata l'Europa League. I nostri clienti sono in gran parte tifosi. Un tifo che è molto localistico e ci è sembrato giusto essere vicini al territorio anche in questo modo». Come sarà gestito il patrimonio artistico che era della Bergamo? «È tutto censito, in tutte le sedi, anche delle altre banche rete. Continueremo a valorizzarlo con esposizioni: l'attenzione alla cultura non è venuta meno. Con il tempo valuteremo con calma, penso comunque che la gestione resterà in capo aUbi e non passerà alle Fondazioni». Con la banca unica, non c'è più il modello federale e già era stata abbandonata la forma popolare per la Spa. II sistema duale con Consiglio di gestione e sorveglianza resterà? «Partiamo da un dato: noi abbiamo modernizzato il sistema duale rispetto a come era nato nel 2007. Gli amministratori sono diminuiti: erano 23 più 11 (Sorveglianza e Gestione), oggi sono 15 più 7, di cui quattro manager come auspicato dalla Banca d'Italia. In più, abbiamo dato alla Sorveglianza una forte identità rispetto alla Gestione e un modo di lavorare che è perfettamente collegato al cosiddetto metodo Srep della Bce. Detto questo, a giugno ho fatto partire un nuovo comitato governance per mettere in evidenza i punti critici, per vedere se il modello deve essere ulteriormente migliorato o cambiato». Quando si sapranno i risultati? «Penso che l'assemblea dell'anno prossimo deciderà il modello per il futuro. In questi anni ci sono stati grandi cambiamenti: la banca non è più quella di quattro anni fa». La Sondrio si è opposta alla riforma ed èancora banca popolare. Ha qualche rimpianto per quel sistema perfettibile di «democrazia economica» che è stato a lungo una bandiera della Bergamo? «Non ho rimpianti per la formazione in assemblea di gruppi d'interesse minoritari con ambizioni di potere, condizione inadeguata allagestione di una banca moderna. Con l'autoriforma del 2014 della "popolare integrata" abbiamo creato un legame tra rischio, investimento minimo e governo dellabanca, che è la vera democrazia economica. Personalmente, rispetto alla Spa avrei preferito un atterraggio morbido da costruire con il consenso, anziché l'imposizione per legge e avrei preferito una public company di tipo anglosassone, con azionariato diffuso, a una società per azioni pura». Come vanno i rapporti con la Bce? Le ispezioni sono continue. «Dal 2014 ce ne sono state sedici Il taglio è molto manageriale e più invasivo sulla gestione. Confrontarsi con persone straniere è molto positivo per la banca. Il giudizio complessivamente è positivo. Per l'Unione bancaria mancano però dei pezzi, come il Fondo europeo per la tutela dei depositi È un cammino di omogeneizzazione lungo, ma fondamentale. Spero che non ci sarà mai un ritorno al passato. Detto questo, mi manca un po' lo stile di persone che per me sono state un punto di riferimento: Luigi Einaudi, Paolo

SCENARIO BANCHE 7 Baffi e Carlo Azeglio Ciampi». Un'ispezione Bce ha riguardato i conflitti d'interesse. «L'abbiamo presaingrande considerazione e spero che presto arriveremo a una nuova policy basata sulle linee guidaBce. Dovremmo essere i primi in Italia. Noi siamo pronti. Abbiamo fatto una mappatura significativa, supportata dai sistemi informativi, per tutti i potenziali conflitti d'interesse di amministratori e dirigenti È unagrande operazione di trasparenza». Agiugno, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per lei ealtre 30 persone, banca compresa. Le accuse sono di ostacolo alla Vigilanza e illecita influenza sull'assemblea del 20 aprile 2013, quella in cui venne eletto per la prima volta presidente della Sorveglianza. Cosa si aspetta? «Ad oggi, non abbiamo ancora ricevuto dal giudice per le indagini preliminari la fissazione della data dell'udienza In questo periodo c'è stata una sentenza del Tribunale di Brescia, che ha giudicato corretta l'assemblea del 2013, e soprattutto la sentenza della Corte d'appello di Brescia, pubblicata il 19 giugno scorso, che ha accolto il ricorso fatto da un gruppo di amministratori e dalla banca contro le sanzioni Consob. Questa sentenza sconfessa completamente le tesi di Resti, Jannone e in buona parte le tesi dell'accusa in quanto evidenzia che il meccanismo di governance era conosciuto dai mercati; che non c'è disallineamento fra il protocollo d'intesa fra le due banche (Bpu e Banca Lombarda, Ndr) fondatrici di Ubi, lo statuto e il regolamento del comitato nomine; che il cambiamento del 2009 con l'eliminazione del riferimento aun'entità esterna allabanca, che era l'Associazione Banca lombarda e piemontese (l'Associazione dei soci storici bresciani, Ndr), non aveva intaccato la gerarchia delle fonti: protocollo, statuto e regolamento del comitato nomine; e che l'accordo fondativo, a differenza da quanto sostenuto da Resti e altri quattro consiglieri che fecero l'esposto nel 2013, è un accordo fra le due banche, e non fra soci, e ha carattere programmatico. Questa è la tesi che ho sempre evidenziato, anche nell'interrogatorio in Procura, e che è stata accolta dalla Corte d'Appello. In attesa della fissazione dell'udienza, non posso nascondere la soddisfazione per questo risultato: solo chi non vuol sentire o vedere, non coglie la rilevanza di questi aspetti sull'accusa di ostacolo alla vigilanza. La sentenza di Brescia è la conferma che qui, fin dall'inizio, si è confuso l'atto fondativo fra due banche con patti fra soci di una cooperativa o, peggio ancora, fra associazioni, che non possono nemmeno essere occulti perché non sono mai esistiti. È il risultato chiave della spiegazione di attività complesse. Questa è la vera notizia». L'inchiesta giudiziaria ha influito sull'attività della banca? «Direi proprio di no. L'infondatezza delle accuse dimostrata dalla Corte d'appello di Brescia e la strumentalizzazione dei fatti non hanno segnato né la propensione degli investitori nei nostri confronti né la reputazione degli amministratori. Il titolo Ubi, arrivato a toccare più 65% da inizio anno, è il migliore in assoluto tra tutti quelli quotati a Milano e tra i bancari a livello europeo». Nel complesso come sta la banca e come giudica l'andamento economico? «Nel Paese vedo dati congiunturali buoni, figli anche delle politiche monetarie della Bce. I dati strutturali invece sono ancora deboli: livello scolastico troppo basso, disoccupazione giovanile alta, talenti chemigrano all'estero, infrastrutture insufficienti per im Paese moderno e un'incertezzapolitica che non aiuta». Sul fronte prestiti, c'è domanda? «Gli investimenti veri non sono ancora ripartiti in modo significativo». Di recente, l'agenzia di rating Fitch ha indicato Ubi fra le banchea rischio per gli Npl (Non performing loans), i Crediti deteriorati. «Stiamo attenti alle statistiche. Molti hanno svalutato i crediti e ricapitalizzato, da 1,5 miliardi a 13 miliardi Noi, dopo il 2011, abbiamo chiesto al mercato solo i 400 milioni del recente aumento e l'abbiamo fatto non per svalutare i crediti, ma per comprare tre banche. Non dimentichiamo, inoltre, che le agenzie ci guardano in una prospettiva di confronto europeo e internazionale dove il sistema bancario italiano risulta penalizzato dal problema degli Npl, complessivamente pesante. Per quanto riguarda Ubi, siamo sereni e continuiamo nella nostra attività focalizzata prevalentemente sul recupero diretto dei crediti, che dà risultati superiori rispetto alle cessioni». Avetecomprato tre banche a un euro. Potreste pensa re a ulteriori operazioni, o vi fermate qui? «Siamo stati chiamati a intervenire e abbiamo gestito l'operazione in un modo che ha fatto un po' scuola. Credo che Governo e Banca d'Italia abbiano agito bene, con tre manovre diverse per tre situazioni diverse: le tre banche rilevate da noi, messe in condizione di fare un'operazione industriale con l'azzeramento delle sofferenze; Mps con il salvataggio da parte dello Stato e le banche venete, con la liquidazione coatta amministrativa. Per il futuro, le economie di scala nell'attività bancaria e le nuove tecnologie portano verso dimensioni maggiori. Quindi, non escludo nuove operazioni, ma non a breve e non su situazioni di crisi». RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 8 Giornale Miaeconomia 17-lug-2017

Come scegliere la banca giusta art Massimo Restelli In banca nulla è più come prima. L'avvento delle regole del bail-in, i dissesti prima di Banca Etruria e C, poi di Monte dei Paschi e infine di Popolare Vicenza e Veneto Banca hanno lasciato un solco profondo sia nelle tasche (70 miliardi il denaro complessivamente «bruciato» nei salvataggi dal nostro Paese) sia nella memoria dei contribuenti. La banca quindi oggi non si sceglie più solo perché è comoda, perché la filiale si trova sotto casa ma per la sua solidità (espressa da parametri tecnici come l'indice Cet 1) e per quello di cui si ha realmente bisogno: dal semplice conto corrente al mutuo casa, dal trading online alla consulenza, fino ai nuovi servizi di pagamento come Apple Pay. Una rivoluzione, anche culturale, che il nostro sistema bancario ha già iniziato ad affrontare, diversificando la propria offerta per renderla «su misura» e «modulare» in base a esigenze «diverse» di clienti «diversi». Chiudendo le filiali in eccesso (negli ultimi dodici mesi ne sono sparite circa 1.200), tagliando (e riqualificando) il personale sia per concentrarsi sui prodotti a maggior valore aggiunto come la consulenza sia per cercare di far combaciare i costi con i ricavi e quindi ottenere un utile malgrado i tassi di interesse siano ancora prossimi allo zero. Situazione questa, che se aiuta a risparmiare chi è alla ricerca di un mutuo o di un prestito, rende più difficile ottenere rendimenti elevati dagli investimenti in Borsa: il caso dei bond subordinati azzerati nei crac bancari insegna che non bisogna mai esporsi a un rischio che non si è in grado di sostenere, ma le occasioni non mancano. A patto, però, di saperle scegliere. ***

SCENARIO BANCHE 9 Giornale Miaeconomia 17-lug-2017

Cosa bisogna guardare per scegliere la banca e «dribblare» i rischi art Camilla Conti • Tra il 2008 e il 2011 i Paesi hanno messo in campo qualcosa come 4mila miliardi pur di non far scattare il contagio di Lehman. Poi in Italia si è propagato il virus delle sofferenze che ha infettato le banche già «scassate» da gestioni dolose: i crediti dubbi degli istituti nostrani sono al 6,7% dei crediti complessivi, quasi quattro volte la media europea (1,8%), anche se in riduzione (8,8% nel 2014 e 8,3% nel 2015). E il conto del «mal di banca» è salito ancora: dall'Etruria alle due ex popolari venete passando per il Monte dei Paschi, i salvataggi sono costati finora quasi 70 miliardi se mettiamo insieme le azioni e obbligazioni azzerate, gli aumenti di capitale, le ricapitalizzazioni statali e i paracadute aperti dalle big più sane. Mentre i risparmiatori traditi insorgono e i contribuenti sono stufi di pagare per le colpe dei banchieri, il sistema del credito deve affrontare la sua prima grande rivoluzione strutturale di fronte alla concorrenza dei colossi di Internet e allo sviluppo delle nuove tecnologie che stanno rottamando i vecchi sportelli e la figura del bancario come l'abbiamo conosciuta fino ad oggi. In mezzo a questo terremoto di chi si può fidare il cliente? E, soprattutto, come capire il vero stato di salute della banca per scegliere a chi affidare i propri risparmi? Ci sono degli indicatori chiave che testano quanto sono larghe le spalle di un gruppo creditizio: sono quelli relativi alla tenuta patrimoniale, chiamati ratio, che i possono trovare nel bilancio e nelle relazioni periodiche della banca. II Cetl ratio, acronimo di Common Tier Equity 1, è il maggiore indice di solidità di una banca, misura il rapporto fra i mezzi propri della banca e le attività ponderate per il rischio. Ci indica rischi derivanti dalle sofferenze e con quali risorse la banca riesce a garantire i prestiti concessi ai clienti. Più è alto il valore più la banca è solida. La Bce ha stabilito che questa percentuale non deve essere inferiore all'8%, ma viene alzata fissando l'obiettivo banca per banca; in ogni caso è preferibile che sia superiore al 10%. Poi c'è il Total Capital ratio, dato dall'insieme del patrimonio e il valore delle attività ponderate per il rischio. In base ai principi di Basilea 3 deve essere almeno pari al 10,5 per cento. Con lo scoppio della bomba «npl» è tornato in auge anche un indice che era caduto in disuso: il Texas Ratio, che valuta la forza di una banca nel sostenere il peso dei suoi crediti non performanti. Se il rapporto tra deteriorati e patrimonio, più gli accantonamenti, è sotto il 100%, la banca riuscirebbe a stare in piedi anche nell'ipotesi - di fatto impossibile - di una perdita totale sui tutti i crediti; se supera il 100%, la sostenibilità è più incerta. Un esempio numerico aiuterà a spiegarci meglio: se una banca ha un patrimonio di 200 e crediti malati netti per 270, il suo Texas ratio è pari a 270/200x100, cioè a 135. Se l'istituto volesse riportarlo ad un valore fisiologico di 95, facendo svalutazioni dei crediti deteriorati per 80, dovrebbe procurarsi patrimonio aggiuntivo di pari ammontare, dato che le perdite che si produrrebbero farebbero diminuire di uguale importo il patrimonio in essere nonchè aumentare il Texas ratio. Riassumendo, se la vostra banca ha un Texas ratio minore di 100 la situazione è di tranquillità, se l'indicatore è di poco superiore probabilmente può essere effettuata una correzione, facendo un aumento di capitale ovvero tagliando i costi per aumentare i margini reddituali e poi compiere una adeguata svalutazione dei crediti malati. Con valori superiori, i rischi per i creditori diventano elevati. Bisogna comunque ricordarsi sempre che anche i ratio possono cambiare rapidamente se sotto il tappeto della banca viene improvvisamente trovata della polvere nascosta. La regola d'oro dunque resta sempre questa: bisogna tenersi sempre aggiornati, informandosi anche le :4; endo i giomali. E non abboccare alle sirene di rendimenti stellari o guadagni facili perché nessuno dei soggetti che li propongono fa beneficenza.

SCENARIO BANCHE 10 Giornale Miaeconomia 17-lug-2017

Ecco come scegliere il conto corrente giusto - Dimmi quanti soldi hai e ti dirò che art conto fare

Ennio Montagnani Le banche stanno cambiando insieme ai conti correnti che propongono alla clientela. Non basta più, infatti, offrire il servizio gratuito di accredito di stipendio o pensione insieme alle utenze domestiche, al libretto degli assegni e al bancomat. Adesso sono centrali i «servizi 3.0», come i pagamenti tramite app o smartphone, e tutti gli strumenti per operare in mobilità, senza recarsi in filiale. Non esiste però un conto migliore in assoluto, ma diversi prodotti pensati per clienti dalle esigenze diverse. LA CONVENIENZA NON È TUTTO Oggi è possibile verificare online dai siti specializzati i conti correnti più convenienti. Per esempio da confrontaconti.it abbiamo ricavato i conti correnti più economici (tra quelli offerti da decine di istituti) sulla base di sei profili per altrettanti utenti con differenti usi in termini di operazioni bancarie (online e in filiale), di bancomat, di carte di credito e di richiesta di fidi e mutui e con depositi da poche centinaia di euro fino a 50mila euro. Per esempio nel caso del pensionato con 5mila euro medi depositati, circa 100 operazioni complessive all'anno (prevalentemente in filiale) Conto WeBank prevede costi annui pari a 12,78 euro e Conto Digital di CheBanca 24 euro. Nel caso del professionista con 50mila euro medi depositati, oltre 250 operazioni all'anno (di cui la metà all'estero) e uso frequente della carta di credito, i due conti meno onerosi restano Conto Webank (13,68 euro l'anno) e Conto Digital di CheBanca (58,5 euro). IL CONSULENTE E APPLE PAY Per quanto i comparatori siano sempre più raffinati, è però difficile ricavare il conto ad hoc online. Perché le esigenze di una famiglia possono essere molto particolari, perché il conto corrente scelto deve essere funzionale anche agli investimenti finanziari, previdenziali e assicurativi, perché spesso si ha bisogno di un mutuo o di un finanziamento. Per tutte queste ragioni (e per molte altre) poter disporre di un consulente finanziario di fiducia (come quelli, per esempio, di Mediolanum, Fineco, o Fideuram) consente di valutare al meglio le effettive esigenze e personalizzare il conto su misura. Fineco, in particolare, offre l'integrazione delle piattaforme digitali molto avanzate con una grande rete di consulenti e «One stop soludon»: un modello che propone un ventaglio completo di servizi di banking, credit, trading e investimento, evoluti e accessibili da un unico conto corrente. Fino al 10 agosto sono inoltre attive le promozioni «Porta i titoli in Fineco» (con agevolazioni e bonus per i correntisti che trasferiscono in Fineco almeno 100mila euro in titoli e fondi) e «Member get member Uk» (presenta un amico inglese: per ogni nuovo conto Fineco Uk aperto dagli amici con residenza nel Regno Unito, un bonus di 50 euro). Sempre nell'ambito delle banche con una rete capillare di consulenti finanziari, ha annunciato ai clienti la disponibilità di Apple Pay, che sta trasformando i mobile payments in modo facile, sicuro e riservato oltre che veloce e comodo. Ogni transazione viene autorizzata con un codice di sicurezza usa e getta, valido solo per quella specifica operazione. Apple Pay può essere utilizzato dai clienti di Banca Mediolanum presso gli oltre 20 milioni di Pos contactless nei Paesi dove Apple Pay è già disponibile e funziona con iPhone e Apple Watch. LA PERSONALIZZAZIONE «XME Conto» di Intesa Sanpaolo è invece un conto dinamico e personalizzabile che si «costruisce» il cliente stesso in base alle proprie esigenze e a quelle del suo nucleo familiare, scegliendo tra quattro profili quello più in linea con il suo stile. Sono previste agevolazioni in funzione dell'età e dell'operatività, che consentono, peraltro, di ridurre il canone mensile del conto. Inoltre, fino al 30 settembre, grazie a una partnership con Tim i clienti under 30 avranno ulteriori vantaggi su XME Conto e sul piano tariffario Tim. Unicredit, dal canto suo, propone My Genius, un conto corrente che offre, a canone zero, i principali prodotti e servizi bancari: come una carta di debito internazionale, la banca multicanale, la domiciliazione utenze e l'accredito dello stipendio. Grazie ai moduli aggiuntivi, con un canone mensile predefinito, My Genius propone inoltre agevolazioni sui costi di altri prodotti come la carta di credito, gli assegni, i bonifici o i prelievi presso Atm di altre banche in Italia e all'estero, le spese di custodia e amministrazione titoli. Inoltre, sottoscrivendo My Genius entro il 31 luglio la carta di credito UnicreditCard Flexia principale richiesta nello stesso periodo non prevede il costo di prima emissione e la quota annuale sarà azzerata per il primo anno e i successivi. COME AZZERARE I COSTI Anche Conto In Novo Pratico New di Bnl consente di ridurre il canone mensile fino all'azzeramento in base ai comportamenti del cliente. L'altro conto di Bnl, Conto Hello Money, prevede invece canone mensile gratuito,

SCENARIO BANCHE 11 principali operazioni online e carta di debito gratuite, prelievi Atm con carta di debito senza costi in Italia e all'estero, carta prepagata e carta di credito Hello! Card gratuita e tool Bilancio Personale. Nel caso di Mps Mio, fino al 31/07/2017, il canone del modulo (a scelta del cliente e che si differenzia per operatività e servizi inclusi) è gratis per tre anni. E possibile inoltre di combinare il conto con il digital banking e il Salvadanaio (che consente di remunerare le somme depositate sul conto). PER CND AMA IL TRADING Per gli amanti della Borsa si segnala IW Conto di IWBank Private Investments, un pacchetto di prodotti e servizi tra i quali un deposito gratuito per la custodia e l'amministrazione degli strumenti finanziari, la carta di debito IW Cash, l'home banking, il servizio di «circolarità» per prelevare e versare in tutte le filiali del gruppo Ubi e Web Paperless per acquistare e vendere fondi e sicav senza l'utilizzo della carta, insieme al servizio di negoziazione e di consulenza finanziaria. Conto Youwelcome, riservato invece ai nuovi correntisti delle filiali Banco Bpm, oltre al servizio di internet, mobile e phone banking gratuito, offre il servizio per gli scambi di denaro in tempo reale semplicemente utilizzando il cellulare e il prelievo di denaro contante agli Atm senza carta Cardless. SPESE ALL'OSSO E TUTTO INCLUSO Per chi invece bada soprattutto ai costi c'è Conto Corrente Arando di Ing Direct, un conto corrente completo, a zero canone annuo, che consente di effettuare pagamenti, versamenti, bonifici verso l'Italia e verso l'estero, pagamenti online e delle bollette. E possibile associare carta di debito Arancio Pay, carta di credito Visa Oro e carta prepagata MasterCard, tutte a zero canone. E possibile avere gratuitamente anche i primi due carnet di assegni richiesti nell'anno. Anche Conto Webank è a zero spese e con le App le operazioni bancarie sono disponibili anche da smartphone e tablet. Si può aprire Conto Webank completamente online, scegliendo la modalità di adesione paperless. Pure Conto Adesso di Credit Agricole è a zero canone conto, carta di credito gratis il primo anno (CartaSi), prodotto di risparmio Crescideposito con tasso 1,00% lordo annuo, voucher premio (oggi 200 euro Amazon) subordinato al rispetto di alcune condizioni (versamento di 3.000 euro e/o accredito stipendio/pensione): presente pure l'innovativa possibilità di apertura, riconoscimento cliente, tramite «selfie». Infine per Conto Yellow di CheBanca, il canone è azzerabile, l'imposta di bollo è gratuita fino al 31/12/2017 e la carta di debito inclusa mentre Conto Digital, sempre di CheBanca, è a canone zero e imposta di bollo a carico della banca con operazioni gratuite e illimitate online e da servizio clienti e carta di debito inclusa.

SCENARIO BANCHE 12 Giornale Miaeconomia 17-lug-2017

Bond bancari di «alta qualità» Per guadagnare il 3% all'anno art Ennio Montagnani Dopo che la Popolare di Vicenza, il gruppo Veneto Banca e Monte Paschi sono state messe in sicurezza (sebbene gli obbligazionisti subordinati dovranno sostenere perdite ingenti fino all'azzeramento del capitale investito) sono in molti a chiedersi se convenga ancora investire nelle obbligazioni bancarie oppure se sia meglio starne alla larga. Diciamo subito che non bisogna mai dimenticare quanto accaduto agli obbligazionisti bancari negli ultimi anni (non soltanto delle due ex popolari venete e di Mps, ma anche dei quattro istituti risanati a fine 2016 e cioè Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti) che, a meno di vedersi riconosciuto lo status di acquisto non adeguato al proprio profilo di rischio, hanno perso praticamente tutto quanto investito. Precisato questo, i piani di messa in sicurezza delle venete e di Mps hanno allontanato il pericolo di un rischio esteso all'intero sistema creditizio. Questo tuttavia non vuol dire che bisogna precipitarsi ad acquistare bond bancari e nemmeno a comperarli in misura significativa. Insomma, ci sono delle interessanti occasioni che però vanno colte con attenzione e prudenza. La parola d'ordine è sempre «diversificazione». Mai impiegare tutti i risparmi (o anche una parte cospicua di essi) in questa categoria di titoli. Si può utilizzare per esempio l'etf Amundi Ed Euro Corporate Financials iBoxx che replica l'andamento delle emissioni finanziarie europee (all'interno delle quali quelle delle banche italiane pesano per oltre il 20%): in questo modo si fraziona l'investimento in decine o addirittura centinaia di emissioni. L'alternativa è quella integrare l'investimento tramite Ed e fondi specializzati con ulteriori scelte mirate di emissioni di singole banche. In questo caso però meglio essere assistiti da un consulente di fiducia insieme al quale effettuare scelte di portafoglio coerenti con il proprio profilo di rischio. Infatti le banche non sono tutte uguali né sotto l'aspetto reddituale e soprattutto sotto quello patrimoniale. Per esempio le banche con il Tier 1 più elevato (il coefficiente patrimoniale che indica in modo sintetico la solidità dell'istituto) offrono maggiori garanzie e i loro titoli sono senz'altro più affidabili. Ma, al di là dell'importanza della solidità patrimoniale e dell'affidabilità dell'emittente, rimane sempre il cuore di tutto il problema: la scelta tra bond senior (tradizionale) e bond subordinato che, in caso di ristrutturazione della banca che ha emesso il bond, espone il possessore a perdite anche totali. Un giusto mix può essere quello di puntare a emissioni subordinate di banche primarie e che scadono nei prossimi 4-5 anni. Titoli che offrono rendimenti tra l'1% e il 3% lordo annuo contro lo 0,3% che paga attualmente il Btp scadenza 1.9.2020 o lo 0,9% che riconosce il Btp scadenza 15.4.2022. In questo modo ci si cautela abbastanza anche dal rischio di rialzo dei tassi del mercato obbligazionario che farebbe inevitabilmente sentire gli effetti anche sulle quotazioni dei bond bancari: se i tassi di rendimento salgono i prezzi delle obbligazioni scendono e il fenomeno è tanto più accentuato quanto più lunga è la scadenza. Per esempio l'ultima settimana di giugno a fronte di un rialzo dei tassi di rendimento dei Titoli di Stato tra lo 0,21% e lo 0,27%, i btp scadenza 2020 (tre anni) hanno perso lo 0,3%, i Btp quinquennali (con scadenza 1.9.2022) un punto percentuale, i Btp decennali il 2,3% e il Btp 30 anni circa sei punti percentuali.

SCENARIO BANCHE 13 Giorno-Carlino-Nazione Economia&Lavoro 17-lug-2017

La cura Fiorentino rianima Carige Iniezione di mezzo miliardo sul capitale - art Carige, la terapia in tre mosse Mezzo miliardo di nuovo capitale Crediti e immobili in vendita

Camilla Cresci • GENOVA E' OPINIONE diffusa tra analisti e investitori che sia l'ultimo malato rimasto nel credito italiano. Un'opinione che forse pecca di un certo ottimismo sullo stato di salute del sistema, ma che attesta comunque un fatto: la messa in sicurezza della cassa genovese potrebbe chiudere il cerchio sui salvataggi bancari del 2017 e riportare la fiducia sul comparto. All'inizio di giugno la cacciata dell'amministratore delegato Guido Bastianini, la spaccatura all'interno del consiglio di amministrazione e le impegnative richieste della Vigilanza europea avevano portato Carige sull'orlo di un baratro, suggerendo l'ipotesi di un nuovo intervento pubblico. In quelle settimane la sfiducia sul futuro della banca era testimoniata anche dalle forti vendite allo scoperto scattate in borsa e dalle speculazioni su un aumento di capitale assai più consistente di quello da 450 milioni annunciato a febbraio. LA NOMINA DI PAOLO Fiorentino nella carica di ad e la presentazione di un nuovo piano finanziario hanno calmato le acque, ridando ossigeno al titolo che tra la fine di giugno e l'inizio di luglio è scattato in avanti del 20% anche grazie alle robuste ricoperture. Fiorentino punta a una strategia in tre mosse: un aumento di capitale con diritto di opzione da 500 milioni (appena 50 milioni sopra l'importo di febbraio), un programma di cessioni da 200 milioni che fa leva principalmente sul patrimonio immobiliare della banca e una riscrittura del piano sui crediti deteriorati. Proprio su questo punto sono piaciuti al mercato la tempestiva chiusura della cartolari nazione da 938 milioni e l'annuncio di un'ulteriore cessione da 1,2 miliardi entro la fine dell'anno. Il piano prevede inoltre che uno stock significativo di sofferenze venga gestito per beneficiare nel tempo dei flussi di cassa generati dai recuperi. IN POCHE SETTIMANE insomma Fiorentino ha riportato la fiducia su Carige, ponendo le premesse per una ristrutturazione impegnativa ma possibile. Resta da capire che giudizio darà Bce di queste iniziative e l'esito dell'esame non è scontato. Secondo alcuni analisti il nuovo importo dell'aumento di capitale sarebbe al di sotto delle aspettative della Vigilanza, mentre il piano di cessioni immobiliari potrebbe scontrarsi con la staticità del mercato in questa fase. L'altra incognita, oltre alla Vigilanza, è il mercato. Dopo i precedenti delle due ex popolari venete e di Mps, gli aumenti di capitale di banche in ristrutturazione sono diventati salti nel vuoto. Per Carige poi la ricapitalirrazione varrebbe oltre il doppio dell'attuale valore di borsa (213 milioni, pari ad appena il 10% del patrimonio netto) e, anche se l'importo è frutto di approfondite analisi sulle profittabilità prospettica del gruppo, la sfida appare impegnativa. ALTRO TEMA aperto è quello relativo alla governance. Oggi la maggioranza relativa della banca è in mano alla famiglia Malacalza che detiene il 17% del capitale. L'ingegner Vittorio, che è anche vicepresidente della banca, appare determinato a restare al timone, anche per rientrare almeno in parte della pesante minusvalenza che pende sulla quota. Non mancano però tensioni con gli altri soci, a partire da Gabriele Volpi, secondo azionista della banca che nelle ultime settimane è tornato a far sentire con chiarezza la propria voce. Difficile dire se nei prossimi mesi le frizioni rientreranno o si accentueranno.

SCENARIO BANCHE 14 Giorno-Carlino-Nazione Economia&Lavoro 17-lug-2017

Assopopolari Sforza Fogliani resta presidente art • MILANO CORRADO SFORZA Fogliani è stato confermato alla presidenza di Assopopolari, l'associazione che riunisce e rappresenta le banche popolari italiane. Presidente della Banca di Piacenza Sforza Fogliani è stato chiamato al timone di Assopopolari nell'estate del 2015 dopo l'uscita dell'ex numero uno di Bper, Ettore Caselli. Il periodo è stato dei più impegnativi per la categoria, alle prese con la riforma voluta dal governo Renzi e con le numerose iniziative legali volte a contrastarla. La categoria rappresentata dall'associazione esprime oggi in Italia una compagine articolata in 52 banche popolari cooperative e del territorio, 186 società finanziarie, e oltre 250 corrispondenti con 1 milione di soci e 6 milioni di clienti. La conferma di Sforna Fogliani è stata deliberata all'unanimità dall'assemblea, mentre il consiglio di amministrazione dell'organo ha espresso un caloroso ringraziamento al presidente per il lavoro svolto e per aver accettato la designazione per il prossimo triennio. ALLA VICE PRESIDENZA sono stati confermati Mario Alberto Pedranzini amministratore delegato della Popolare di Sondrio, Vito Primiceri presidente della Popolare Pugliese e Luigi Sartoni direttore generale della Banca Valconca. I nuovi consiglieri sono: Michela Del Piero ( Popolare di Cividale), Vincenzo Formisano (Popolare del Cassinate), Tonino Fornari (Banca Valsabbina), Luigi Sansone (Popolare delle Province Molisane) e Filippo Perriccioli ( Banca di Credito Popolare). Confermati invece Giovanni Cartia ( Banca Agricola Popolare di Ragusa), Giovanni De Censi ( ), Carlo Fratta Pasini (Banco-Bpm), Nicola Luigi Giorgi ( Banca Popolare di Lajatico), Pierluigi Grana (San Felice 1893 — Banca Popolare), Marco Jacobini ( ), Gianluca Marrinotto (Banca Popolare di Fondi), Renato Mastrostefano () e Leonardo Patroni Griffi (Banca Popolare di Puglia e Basilicata). Camilla Cresci

SCENARIO BANCHE 15 Giorno-Carlino-Nazione Economia&Lavoro 17-lug-2017

Intervista a Sandra Crowl - Carmignac dà fiducia all'Europa «La ripresa è solo art agli inizi Titoli bancari, stagione di rialzi»

Giuseppe Catapano BOLOGNA Sandra Crowl, membro del Comitato investimenti di Carmignac - società francese di gestione di asset finanziari, con capitale posseduto interamente da dirigenti e dipendenti -, quale scenario dobbiamo aspettarci dai mercati finanziari nel secondo semestre 2017? «Mentre assistiamo a una ripresa economica globale sincronizzata, l'economia statunitense dimostra che la propria ripresa ha raggiunto l'apice. Procedendo verso la seconda metà del 2017 potremmo assistere al pmgressivo rallentamento di indicatori fondamentali come gli ordini di beni durevoli e la crescita dei margini delle imprese». E l'Europa? «La maggior parte dell'Europa e dei paesi emergenti si trova nelle fasi iniziali della ripresa economica, in cui la maggiore crescita dei ricavi non si riflette ancora nelle valutazioni azionarie. Nel 2017, prevediamo che le aziende europee possano incrementare i profitti del 15%, il Giappone del 13% e gli Stati Uniti del 10%. Continuiamo a vedere opportunità in queste aree nella seconda metà di quest'anno». L'instabilità politica - vedi Brexit- ha generato conseguenze che sono ancora tangibili? «Da quando il Regno Unito ha scelto di lasciare l'Ue la sterlina ha perso il 26% rispetto a un paniere di 10 valute dei suoi partner commerciali. Vista la dipendenza dei Paesi membri dalle importazioni, l'inflazione è aumentata e è ora prossima al 3%. Questo ha acuito l'impossibilità per i consumatori di accedere ai loro risparmi per compensare la perdita del proprio potere d'acquisto. Nel Regno Unito evitiamo rischi legati alla sterlina, così come investimenti azionari a livello domestico». Su quali prodotti state puntando? «Siamo significativamente esposti alle azioni. In Europa, Giappone e nei mercati emergenti possiamo beneficiare in pieno della ripresa economica, attraverso posizioni in titoli bancari e in aziende più sensibili al ciclo economico nel settore del consumo discrezionale. Visti gli attuali livelli di valutazioni dell'azionario statunitense restiamo più scettici e, laddove la crescita può diminuire, favoriamo aziende con profitti visibili nel lungo periodo, come quelle del settore tecnologico». La diversificazione resta la strategia migliore per un investitore? «E sempre l'approccio migliore nel lungo termine. In passato abbiamo visto che quando i mercati aumentano la leva finanziaria, diventano sovraffollati e sopravvalutati, a soffrire sono anche i mercati più redditizi, perché queste posizioni sono vendute per compensare le perdite di altre posizioni in portafoglio». Quali gli effetti delle misure della Bce? «Le misure della Bce sul quantitative easing e sul programma di acquisto di obbligazioni corporate hanno creato un'ampia distorsione dei prezzi e una evidente sovra-valutazione delle asset class, in particolare di obbligazioni corporate investment grade e di obbligazioni sovrane. Abbiamo assistito anche a una riduzione dei premi di rischio. La pietra miliare del percorso di questa prima metà del 2017 è la misura in cui le banche centrali stanno modificando il proprio orientamento verso una posizione di politica monetaria più restrittiva. Poiché ci stiamo muovendo verso una riduzione inesorabile, seppur lenta, del bilancio della Fed, ma anche verso una strategia di uscita dal Qe e la normalizzazione dei tassi negativi, dobbiamo essere cauti, siccome questi cambiamenti potrebbero dare ai mercati azionari una ragione per respirare». Come valuta la situazione politica ed economica italiana? «Lo scenario sta migliorando costantemente. Riconosciamo che la ripresa degli investimenti e del settore manifatturiero non sia stata percepita pienamente dai consumatori. Il passo verso la ristrutturazione di alcune porzioni di crediti deteriorati darà più fiducia agli investitori stranieri nei mercati obbligazionari sia sovrani che corporate».

SCENARIO BANCHE 16 Giorno-Carlino-Nazione Economia&Lavoro 17-lug-2017

Educazione finanziaria - Il lato oscuro della finanza art C' È UN LATO oscuro della finanza, quello che nuota nelle cosiddette dark pool. Se ne torna a parlare ogni volta che c'è aria di speculazione internazionale. Ma cosa sono? E, soprattutto, queste 'piscine oscure' sono davvero così cattive come sembrerebbe dal nome? Le dark _pool (o black pool) sono piazze finanziare parallele a quelle regolamentate che consentono agli investitori istituzionali di acquistare o vendere grandi quantità di azioni senza comunicare i dettagli al mercato. Le negoziazioni avvengono in forma anonima e non sono soggette ai requisiti di trasparenza delle normali transazioni regolamentate. Appartengono a quelli che, in ergo tecnico, si chiamano Multilateral trading gergo (Mtf). Cioè il mondo delle piazze parallele a quelle ordinarie. Salendo un gradino piu in alto, gli Mft rientrano nei mercati Over-the-counter, cioè non regolamentati. All'interno dei sistemi Mt si possono scambiare titoli, obbligazioni, liquidità, e come in una Borsa regolamentata ma, in virtù della loro natura, l'accesso è riservato agli investitori istituzionali come fondi hedge, fondi monetari, fondi pensione o banche dinvestimento. LE DARK POOL sono nate per rispondere all'esigenza dei grandi investitori di concludere accordi, senza innescare un movimento avverso di prezzo come accadrebbe se si presentassero con questi movimenti sui mercati regolamentati. Sono spesso finite sotto accusa perché, in momenti di stress sui listini, possono contribuire al caos e alle ondate speculative. Eliminarle però non sarebbe la soluzione: il rovescio della medaglia è che danno la possibilità a investitori istituzionali di operare sul mercato a costi ridotti, con beneficio del cliente, cioè il piccolo risparmiatore. Da qui la necessità di una maggiore regolamentazione. ll giro di vite, secondo molti operatori eccessivamente duro, arriverà a gennaio 2018 quando debutterà la MiF1D 2, la direttiva che promette di rivoluzionare i mercati finanziari europei. L'obiettivo è aumentare la trasparenza e la tutela degli operatori. In particolare, prevede che le negoziazioni di uno strumento finanziario non possano superare il 4 % dei volumi di ogni titolo su di una singola dark pool, che sale all'8% dei volumi totali da ogni titolo sul complesso delle piattaforme oscure. ***

SCENARIO BANCHE 17 Italia Oggi Sette 17-lug-2017

La polizza fa da scudo al mutuo art Pagina a cura DI IRENE GREGUOLI VENINI Quando si sottoscrive un mutuo, in genere la banca propone una polizza a tutela di imprevisti che possono coinvolgere il contraente, per garantire il pagamento del finanziamento in caso di morte, o di invalidità, andando a proteggere la famiglia. Queste assicurazioni possono essere utili, ma occorre valutarle attentamente perché scegliere il prodotto sbagliato può far aumentare di molto il costo da sostenere. Occorre tenere presente innanzitutto che l'assicurazione non è obbligatoria, o meglio che l'unica polizza obbligatoria è quella contro il caso di scoppio e incendio. Da questo punto di vista è entrato in vigore nel luglio 2012 un regolamento di Ivass (l'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni), che obbliga le banche e gli altri intermediari finanziari a sottoporre al cliente, oltre alla propria soluzione, almeno altri due preventivi di differenti compagnie non riconducibili ai gruppi di appartenenza delle banche e agli intermediari finanziari stessi. Non solo: qualora il sottoscrittore fosse in possesso di un preventivo di un'altra compagnia, l'ente erogante è obbligato ad accettare la copertura senza variare le condizioni applicate al finanziamento. A cosa stare attenti. Come prima cosa è importante conoscere le sigle legate al mondo dei mutui; queste polizze vengono chiamate Cpi, ovvero creditor protection insurance: si tratta di coperture Tcm (temporanea caso morte) a capitale decrescente, ovvero il valore dell'assicurazione cala nel tempo seguendo il piano di rimborso del finanziamento a cui è legata. In aggiunta alla garanzia di decesso il mercato offre coperture accessorie come Itp (invalidità totale e permanente), Itt (inabilità temporanea e totale), Pi (perdita di impiego) e Ro (ricovero ospedaliero). E fondamentale leggere attentamente il fascicolo informativo, che deve essere consegnato prima della sottoscrizione della polizza, perché i prodotti non sono tutti uguali. Sul mercato, infatti, esistono due tipologie di contratti: in forma collettiva (principalmente proposti dalle banche) che prevedono la determinazione del premio considerando solo il capitale da assicurare e la durata del finanziamento, non tenendo conto dell'età dell'assicurato e delle sue abitudini; ne consegue che un assicurato di 30 anni, a parità di importo erogato e di durata del finanziamento, pagherà lo stesso premio di una persona di 50 anni fumatrice, cioè pagherà un premio più caro del suo reale profilo di rischio. Poi c'è la forma individuale, in cui il premio è determinato in maniera mirata sul profilo di rischio del cliente considerando la sua età alla stipula, lo stato di salute e le abitudini di vita (fumatore, non fumatore, sport praticati e professione). Il premio può essere unico, quando viene anticipato all'inizio del contratto oppure periodico, quando accompagna il contratto per tutta la sua durata con frequenza annuale, semestrale o inferiore sino a mensile. Il premio unico, spesso, a causa del suo elevato costo viene finanziato assieme all'importo erogato: in tal caso si caricherà di ulteriori costi dovuti agli interessi applicati al mutuo stesso. Peraltro, occorre sempre chiedere quanto copra la soluzione a premio unico, in quanto molto spesso questa copertura (per abbattere i costi) ha una durata di molto inferiore a quella del mutuo (garantendo solo dai 5 ai 10 anni). In caso di premio periodico, bisogna fare attenzione a eventuali costi di frazionamento in caso di frequenza diversa da quell'annuale, che potrebbero incidere sull'importo totale pagato. Inoltre, come tutte le polizze sulla vita di puro rischio, anche le Cpi godono del beneficio fiscale. Un altro aspetto da prendere in considerazione è il livello di commissioni percepite dall'intermediario, che può arrivare fino a oltre l'80% del premio pagato: queste commissioni concorrono alla determinazione del premio, quindi commissioni contenute significano un risparmio. Occorre anche informarsi bene sull'accessibilità alle garanzie (come inabilità temporanea totale, perdita d'impiego e ricovero ospedaliero): spesso chi sottoscrive una polizza Cpi è convinto di avere contemporaneamente tutte e tre le garanzie, mentre sono accessibili solo in funzione dell'attività dell'assicurato (libero professionista o autonomo, dipendente pubblico, dipendente privato o non lavoratore); quindi è necessario accertarsi del tipo di garanzia cui si ha diritto e verificare la validità delle coperture accessorie, che sono spesso vincolate in maniera non modificabile e non prorogabile a cinque o dieci anni di durata. Alcune delle proposte. Per facilitare la ricerca delle offerte, Ivass pubblica i prodotti disponibili sul suo sito (www ivass.it) in una sezione ad hoc. Tra le polizze connesse ai mutui c'è per esempio quella di A8 Esca, chiamata Protectim: è un prodotto individuale che include oltre alla classica copertura morte anche la protezione per l'invalidità permanente o l'inabilità temporanea, il ricovero ospedaliero e anche per la perdita d'impiego. La sottoscrizione è disponibile per tutti i clienti dai 18 ai 70 anni che, attraverso uno studio personalizzato dei loro parametri medici e finanziari, possono usufruire di un contratto su misura. I

SCENARIO BANCHE 18 parametri del premio, modificabili ogni anno in base all'età e al capitale residuo oppure fissi, sono il risultato della scelta del cliente che può decidere di sottoscrivere l'assicurazione sia a titolo personale che professionale; la frequenza del pagamento è modulabile e Mi Esca si impegna a dare la possibilità di rivedere e modificare in qualsiasi momento le garanzie originarie. A livello di massimali e coperture è prevista una garanzia di base (decesso) e la possibilità di scegliere l'attivazione di varie opzioni complementari (invalidità, ricovero e perdita del lavoro). La polizza offre la garanzia contro il rischio di decesso fino a 80 anni, il capitale assicurato è illimitato per le garanzie decesso e invalidità totale permanente, le garanzie per invalidità temporanea e totale e ricovero ospedaliero prevedono il pagamento fino a 12 mensilità per lo stesso sinistro e di un massimo di 36 nel corso della vita del contratto, la copertura per la perdita di impiego fino a 6 mensilità per lo stesso sinistro e con un massimo di 18 per tutto il contratto. Un'altra proposta è MutuoVivo di MetLife, un'assicurazione temporanea caso morte a capitale decrescente, con copertura per decesso da ogni causa, da 50 mila a 1,5 milioni di euro, e per invalidità permanente totale per metà della somma assicurata per il decesso, fino a 250 mila euro. Il premio è fisso per tutta la durata della copertura scelta con pagamento mensile, semestrale o annuale. Mutuo Vivo non è vincolata alla banca: è sottoscrivibile sia per un nuovo mutuo sia per uno già stipulato ed è valida sempre, anche se si rinegozia il prestito o si cambia banca. Al momento dell'adesione si può stabilire la durata della polizza, che varia da un minimo di cinque a un massimo di 30 anni: in ogni caso, terminerà al compimento degli 80 anni di età dell'assicurato. Per la sola opzione dell'invalidità permanente, la scadenza naturale coincide con il compimento dei 70 anni. MutuoVivo, inoltre, permette di non pagare più il premio negli ultimi anni di copertura: per esempio se la polizza ha una durata maggiore o uguale a 10 anni, negli ultimi 3 il cliente sarà assicurato senza dover pagare alcun premio. Anche Vittoria Assicurazioni ha un prodotto specifico, Vittoria Tutela Futuro, con un tasso di decrescenza del capitale che segue il Tasso annuo netto (Tan) applicato al prestito e il pagamento in un'unica soluzione o in rate mensili. Oppure c'è l'offerta di Reale Mutua, che si declina in due formule: Valore Vita Reale Decrescente, a capitale decrescente annualmente e a premio annuo costante, e Valore Vita Reale Casa, a capitale decrescente annualmente e a premio unico. — Riproduzione riservata

SCENARIO BANCHE 19 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Cos'è e perché lo vogliono cambiare? - Cambiare il fiscal compact art di Maurizio Ferrera e Alexander Damiano Ricci In Germania la parola Grexit non va più di moda, sebbene, a fune giugno, il leader del Partito liberale tedesco (Fdp), Christian Lindner, abbia auspicato un'uscita di Atene dalla moneta comune. Peraltro, come mostra Mastaganis nell'articolo qui sotto, un eventuale ritorno alla dracma avrebbe conseguenze catastrofiche. È piuttosto un altro Paese a destare le preoccupazioni di Berlino: l'Italia. In primo luogo, il salvataggio di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca ha scatenato un'ondata di valutazioni negative. Die Welt ha definito la manovra pubblica un vero e proprio peccato origisik, che porterà a un ulteriore aumento del debito pubblico. Unica nota positiva: si comincia a fare pulizia tra le banche italiane, «anche se rimangono più di goo miliardi di euro di crediti spazzatura». Sullo stesso giornale persino Varoufakis ha sparato a zero su Roma. A detta dell'ex ministro delle Finanze greco «l'Italia non può rimanere» nell'Eurozona. Lo testimonierebbe la «fuga di capitali» in corso dal Paese. In vista delle elezioni, la Spd di Martin Schulz ha specificato che «nessun Stato Membro dell'Ue deve essere costretto a uscire dall'euro». Ma la Cdu di Angela Merkel ha sottolineato, per l'ennesima volta, che una condivisione del debito è fuori discussione. Sul Fiscal Compact, Germania e Francia ne danno per scontato l' inserimento nei Trattati. Per superare l'austerità, le ipotesi su cui si discute sono altre: più investimenti, un Fondo monetario europeo, un'unione sociale europea (sia Macron sia la Spd hanno idee promettenti su quest'ultima ipotesi). Dopo l'ultimo Euro-gruppo, persino il falco Dijsselbloem ha parlato di ammortizzatori fiscali e sociali Ue, di sostegno alle riforme strutturali tramite il bilancuii comunitario, oltre che di unione bancaria e dei capitali. E' su questi temi che Matteo Renzi dovrebbe puntare per non isolare l'Italia. E anche per contrastare il fronte interno (Lega, 5 Stelle), senza scimmiottarne le grida euroscettiche. RIPRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 20 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Tre rischi per la finanza: Hi-tech, liquidità e regole art Cantar vittoria è prematuro di Mohamed EI Erlan* Nelle ultime settimane, i policymaker di entrambi i lati dell'Atlantico hanno affermato che il sistema finanziario è solido e stabile. La Fed ha annunciato a giugno che tutte le banche statunitensi hanno superato gli stress test annuali. E il presidente della Fed Janet Yellen ha ora suggerito che potremmo non trovarci più di fronte a un'altra crisi finanziaria «nel corso della nostra vita». Allo stesso tempo, il Consiglio perla stabilità finanziaria (Fsb) — che monitora le pratiche regolamentari nel mondo — ha dichiarato, in una lettera ai leader del Geo, che le «forme tossiche del sistema bancario ombra» sono in via di eliminazione. Dopo un'irresponsabile assunzione dei rischi, che ha quasi gettato l'economia globale in una depressione pluriennale nel 2oo7-2oo8, le autorità di regolamentazione e le banche centrali hanno lavorato per rafforzare i loro sistemi finanziari. A tal fine, si sono concentrate inizialmente sulle banche che da allora hanno aumentato i loro capitali di cuscinetto, ripulito bilanci oscuri, aumentato la liquidità, incrementato la trasparenza, ristretto l'ambito delle attività a elevato rischio e, in parte, riallineato gli incentivi interni per scoraggiare comportamenti imprudenti. Inoltre, il processo per aiutare le banche fallite e in via di fallimento è stato migliorato. In aggiunta i policymaker hanno fatto anche progressi verso la standardizzazione dei mercati dei derivati e verso una maggiore solidità e trasparenza, che riduce inoltre il rischio di futuri salvataggi da parte dei contribuenti a causa delle istituzioni irresponsabili. Inoltre, il sistema di pagamento e regolamento è stato reso più sicuro, abbassando la minaccia di un «arresto improvviso» nell'attività economica, come accaduto nel quarto trimestre del 2oo8. È stato incoraggiante vedere le autorità nazionali coordinare i loro sforzi sotto gli auspici della Fsb. Il coordinamento ha ridotto il rischio di arbitraggio regolamentare, e affronta la minaccia che le banche saranno, come ha memorabilmente affermato l'ex governatore della of England Mervyn King, «internazionali in vita, ma nazionali quando muoiono». Gli Usa e il Regno Unito sono in prima linea sulle riforme e l'Europa sta recuperando. Supponendo che sia così, come i policymaker sostengono, la garanzia della Yellen di un sistema bancario «molto più forte» negli Stati Uniti si applicherà anche agli altri paesi del mondo sviluppato. E l'affermazione fiduciosa della Fsb secondo la quale de riforme hanno affrontato le spaccature che hanno causato la crisi finanziaria globale» riceverà più sostegno. Tuttavia, è ancora troppo presto per cantare vittoria. Anche se la Fsb descrive il sistema finanziario come «più sicuro, snello e giusto», riconosce anche «rischi nascenti che, se lasciati incontrollati, possono compromettere l'obiettivo del Geo per una crescita forte, sostenibile ed equilibrata». Tre di questi rischi saltano agli occhi. In primo luogo, poiché le banche regolamentate con più attenzione hanno cessato determinate attività, volontariamente o no, sono state sostituite da non banche che non sono soggette agli stessi standard di vigilanza e di regolamentazione. In secondo luogo, alcuni settori del sistema non bancario sono ora in preda ad una «delusione di liquidità», nella quale alcuni prodotti rischiano di sovraccaricare la liquidità che possono fornire per i clienti che operano in alcune aree — come i corporate bond ad alto rendimento e quelli dei mercati emergenti — particolarmente vulnerabili alla volatilità del mercato. Allo stesso tempo, gli Etf sono proliferati, mentre gli intermediari finanziari si sono ridotti rispetto agli utenti finali più grandi e complessi. In terzo luogo, il sistema finanziario deve ancora sentire il pieno impatto delle rivoluzioni tecnologiche alimentate dai progressi nei big data, nell'intelligenza artificiale. Così le fintech sono aumentate, ma sono regolate in modo inadeguato e devono essere ancora testate da un ciclo completo di mercato. Certo, un'altra crisi finanziaria sistemica non deriverebbe dal sistema bancario. Ma sarebbe prematuro affermare che abbiamo eliminato tutti i rischi. Poiché i rischi sono stati trasformati, e sono migrati dal sistema banche, le autorità di regolamentazione e di vigilanza dovranno rafforzare i loro sforzi e allargare la loro attenzione per vedere oltre le banche. Dopo tutto, come ha sottolineato Greg Ip del Wall Street Journal nel 2015, «rimuovere il rischio è come fare pressioni su un letto d'acqua: il rischio spesso riappare altrove. Così succede con gli sforzi per rendere più sicuro il mondo da un'altra crisi finanziaria». *Chief Economic Adviser presso - Project Syndicate RIPRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 21 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Decreto sulle Popolari venete Conti (amari) per i risparmiatori art di Stefano Righi L'intervento congiunto del governo italiano e di Intesa Sanpaolo, il 25 giugno scorso, è risultato provvidenziale al fine della soluzione della grave crisi che ha coinvolto da oltre due anni Banca Popolare di Vicenza e Veneto banca. Ma in attesa che il decreto venga trasformato in legge resta da rilevare la disparità di trattamento tra alcune categorie di stakeholder coinvolte e le altre. Il decreto infatti è andato a tutelare tutti i depositanti, gli obbligazionisti senior e i dipendenti. Ma non si è minimamente preso cura di quanto è accaduto agli azionisti, che sono sì investitori nel capitale di rischio, ma che hanno dalla loro parte una serie di attenuanti che in qualche modo andrebbero considerate. Rischia così di passare sotto silenzio, ma soprattutto senza responsabili, il fatto che soprattutto a Nordest, ma anche in Piemonte e in Toscana, in Puglia e in Sicilia ci sono centinaia di migliaia di italiani che hanno visto, a dispetto del titolo 47 della Costituzione andare in fumo i loro risparmi a causa di comportamenti criminosi che nessuno ha ancora sanzionato. Come pure non vi è, per tutta questa amplissima categoria di truffarti, alcun segno di possibile recupero dei danari bruciati sull'altare delle vanità altrui. Le scellerate gestione che per quasi vent'anni hanno visto Gianni Zonin e Samuele Sorato a capo della Banca Popolare di Vicenza e Vincenzo Consoli e Flavio Trinca a capo di Veneto Banca hanno causato all'economia dei territori di una larga parte d'Italia un danno enorme. Nei confronti di queste situazioni l'intervento del governo è stato neutro. Non poteva probabilmente in questa sede fare diversamente, ma è chiaro che l'organizzazione dello Stato, e soprattutto l'attività di chi ha la delega ai controlli — Consob e Banca d'Italia prima di ogni altro — e chi poi amministra la Giustizia, che dovrebbe perseguire i comportamenti delittuosi, è venuta meno al suo compito istituzionale. Giustamente il decreto si preoccupa di tutelare coloro i quali sono stati vittima di comportamenti fraudolenti nel momento dell'acquisizione di obbligazioni emesse dalle due banche venete. Ma nessuna nota è stata fatta in favore di quanti, più di 200 mila, sono stati negli anni convinti che le che le azioni delle due ex popolari fossero titoli sicuri e facilmente liquidabili. Chi ha partecipato alle ultime assemblee delle due popolari non potrà dimenticare le vicende raccontate da tutta una larga fascia di azionisti — soggetti deboli, pensionati, anziani - a cui le strutture delle due banche hanno modificato i profili Mifid rendendoli virtualmente capaci di intendere i rischi insiti in investimenti finanziari che, semplicemente, non erano adatti a loro. Non basta l'offerta transattiva proposta e pagata dal Fondo Atlante a inizio 2017 per sanare queste situazioni, perché nei confronti di certi comportamenti ben poco è stato fatto anche se — vedi pagina 28 — l'Arbitro per le controversie finanziarie, recentemente istituito presso la Consob, si sta pronunciando a favore dei risparmiatori. Il decreto del governo — un capolavoro di equilibrismi che è riuscito a evitare il Bail-in — ha saputo agire anche in deroga ad alcuni principi fondamentali del nostro ordinamento civile, come è l'articolo 2741 del codice, che tutela la par conditio tra i creditori. Come scrive Andrea Zorzi sul sito Lavoce.info «l'intervento a sostegno di obbligazionisti e depositanti (che nel bail-in sarebbero stati assoggettati a parziale "tosatura" e conversione in capitale) è avvenuto, parrebbe, per evitare ripercussioni sistemiche. L'effetto è che gli obbligazionisti (non necessariamente quelli originari) sono soddisfatti per intero, perché pagati da Intesa, mentre restano insoddisfatti gli azionisti danneggiati dalle condotte colpose e talvolta apertamente dolose delle due banche, dei loro amministratori e, certe volte, anche dei loro dipendento. Nella lettera alla nuova clientela che Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, ha scritto il 25 giugno, il manager mette in evidenza alcuni aspetti importanti dell'intervento del suo istituto. Un intervento arrivato «dopo che erano andati falliti precedenti tentativi di salvataggio», e che ha comportato un onere «unito a quello sopportato perla crisi delle quattro banche locali dell'autunno 2015, che è stato pari a 1,5 miliardi». Messina evidenzia anche che «senza l'offerta di Intesa Sanpaolo, l'unica presentata all'asta competitiva indetta dal governo, le due banche sarebbero andate in risoluzione con conseguenze drammatiche sull'economia nazionale, mettendo anche a rischio le prospettive di ripresa del Paese». Tutto vero. Ma rimangono, in questa vicenda, e soprattutto nei quattro anni che hanno preceduto il 25 giugno 2017 troppi punti oscuri: dai tre aumenti di capitale del biennio 2013-14 ai finanziamenti «baciati», dai due falliti tentativi di collocamento in Borsa, all'intero sistema dei controlli. RIPRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 22 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Brexit nel bilancio? Il divorzio c'è (ma non si vede) art Maria Silvia Sacchi Per ora le imprese hanno registrato solo l'incertezza. Nulla di più. D'altra parte, l'incertezza è la cifra del negoziato su Brexit partito solo a giugno, un anno dopo il referendum con cui il Regno Unito ha deciso di uscire dall'Unione europea. E proprio oggi inizia il nuovo round delle trattative come concordato da Michel Barnier per la Ue e David Davis per la Gran Bretagna. In questa prima fase, che si concluderà a ottobre, la discussione si concentrerà sui diritti dei cittadini, gli impegni finanziari (tema preliminare) e le frontiere esterne dell'unione. Ma si diceva delle imprese. L'Esma, l'organismo di sorveglianza dei mercati finanziari europei, dal 2012 pubblica la lista di priorità comuni, cioè le informazioni che le società quotate europee devono inserire nei propri bilanci perché gli investitori possano avere un quadro coerente e affidabile. E tra queste priorità lo scorso anno ha cominciato a inserire Brexit, come ricorda Marina Brogi, vicepreside della facoltà di Economia alla Sapienza di Roma e professore ordinario di International banking and capital markets. Da una comparazione dei maggiori gruppi per capitalizzazione nei 5 principali Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito), emerge un quadro molto eterogeneo. Poche le società che hanno dato informazioni dettagliate. Solo Telefónica (Spagna), Bnp Paribas (ancia) e Iberdrola (Spagna) forniscono un'indicazione precisa di quale percentuale, rispettivamente, di fatturato, utile operativo pre-tasse, Ebitda (margine operativo lordo) e utile è stato conseguito nel Regno Unito. Dalla parte opposta Total (Francia), L'Oréal (Francia) ed Eni (Italia), che Brexit non l'hanno nemmeno citata. «Gli amministratori delegati di Total e L'Oréal, tuttavia, hanno rilasciato interviste in cui sottolineano i rischi e le incertezze derivanti da Brexit — sottolinea Brogi — mentre nel caso di Eni nella relazione sul governo societario si informa che il tema è stato trattato dal Comitato sostenibilità e scenari». La maggior parte delle società (il 68%) ha, invece, accennato a Brexit come «a un generico fattore di rischio e di instabilità, sia pure con sfumature diverse e gradi di dettaglio diversi, a riprova della prudenza adottata nel fare previsioni». Tra le informazioni segnalate, il Santander, che ha una partecipata importante nel Regno Unito, ha specificato che l'indebolimento della sterlina ha ridotto il valore in euro degli utili conseguiti da quella società nel 2oi6 indicando anche che Brexit potrebberidurrelacrescita nel RegnoUnito. Anche se al di fuori del campione analizzato, ha già annunciato che sta considerando di spostare alcune attività da Londra; mentre il bilancio di Jp Morgan specifica che, nonostante «non ritengano di dover spostare molte persone (da Londra) nei prossimi due anni, a seguito di Brexit ci sarà una pressione costante dall'Ue a non fornire servizi dal Regno Unito ma di continuare a spostare persone e capacità operative in partecipate dell'Ue». La ricerca, realizzata per L'Economia dal dipartimento di Management, facoltà di Economia, dell'Università La Sapienza di Roma, mirava a capire quanto Brexit sia stata considerata un fattore dirompente per i big internazionali. E i primi risultati sono la prova di ciò che alcuni analisti sostengono, ovvero che i fattori politici hanno ormai un impatto nel breve periodo, aumentando la volatilità dei mercati, ma limitato nel lungo dove prevalgono invece i fondamentali delle società stesse. Nel 449 dei casi, infatti, i gruppi esaminati, anziché commentare l'impatto futuro di Brexit, hanno posto l'accento sulla caduta dei corsi azionari subita dopo il referendum. Difficile fare previsioni in una situazione già di per sé nuova e piena di colpi di scena. Come le elezioni, indette a sorpresa dalla premierTheresa May per avere un mandato più forte, che si sono tradotte invece in una sua ulteriore debolezza. Ma l'ambasciatrice del Regno Unito in Italia, Jill Morris, nell'intervista sotto tende la mano. RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 23 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Sussurri & Grida - Banche, il nodo delle nomine L'ecommerce? Strada obbligata art a cura di Stefano Righi [email protected] Le imbarazzanti collusioni emerse con la crisi della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca (ma anche in Banca Marche, Popolare dell'Etruria, CariChieti e CariFerrara) hanno spinto Michele Calzolari, presidente di Assosim — l'associazione che raggruppa gli intermediari dei mercati finanziari — a organizzare in collaborazione con Nedcommunity un incontro su La disciplina degli esponenti aziendali e il ruolo chiave del comitato nomine. L'appuntamento, che sarà moderato da Paola Schwizer, presidente di Nedcommunity, è per mercoledì 19 dalle 9,30 nella sala convegni di Intesa Sanpaolo, in piazza Belgioioso a Milano. Dopo gli interventi di Enzo de Angelis di Spencer Stuart e di Alberto Pera (dello studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli e Partners), parteciperanno alla tavola rotonda Maria Elena Cappello (Mps), Giovanni Fiori (Ubi), Paola Galbiati (Bpm), Elisabetta Gualandri (Bper), Rossella Locatelli (Intesa Sanpaolo), Fabrizio Rindi (Kairos sgr). La mattinata vedrà le relazioni di Gianmaria Marano della Banca d'Italia, di Alessandro Rivera del Mef, di Carlo Giaj Levra di Nike consulting e di Luca Galli di Ernst e Young. Le idee di Netcomm Con gli straordinari dati di vendita di Amazon nel suo Prime Day (più 6o per cento, la giornata migliore nella storia della società), 1 ecommerce ha segnato un altro gol nella partita dello shopping globale. Per le aziende, grandi o piccole che siano, riflettere su questa rivoluzione digitale è ormai un obbligo. Se ne parla a Palazzo Mezzanotte, a Milano, domani i8 luglio, al Netcomm Focus Lifestyle, dove verranno presentati trend e dati aggiornati. La giornata è organizzata da Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, e Pambianco (dalle 9 alle i6, per iscriversi: [email protected]). Il focus è per le aziende difashion, beauty e design: come si evolve il consumatore digitale? Come si imposta una strategia omnichannel? Come il made in Italy affronta la sfida dell'export digitale? Ne parlano, tra gli altri, Roberto Liscia, presidente di Netcomm, Daniele Lago, amministratore delegato di LagoMobili di design, Andrea Ghizzoni, capo per l'Europa di WeChat, Alessandro Varisco, ceo di TwinSet. (fra. ga.) II volo di Colombo La milanese Colombo e associati entra in MidCap Alliance come partner esclusivo per il mercato italiano. La società di financial advisory fondata da Paolo Andrea Colombo, diviene così il corrispondente italiano di una qualificata rete internazionale che tra gli altri comprende Wells Fargo (Usa), Az Capital (Spagna), Wagram corporate finance (Francia), Raiffeisen (Svizzera), Smith Square partners (Regno Unito) e Dx Bank (Germania). «E un traguardo che ci permetterà di incrementare esponenzialmente la portata internazionale della nostra società — ha detto Colombo — come pure il numero delle possibili collaborazioni cross border». Le quote dell'Ilva Am Investco Italy, la srl che ha vinto la gara per l'acquisto degli impianti delle acciaierie Ilva di Taranto, mettendo sul piatto 1,8 miliardi di euro, risulta partecipata per l'88 per cento dagli indiani di Arcelor Mittal. Soci di minoranza, con 116 per cento ciascuno, sono Marcegaglia e Intesa Sanpaolo. Ognuno di questi ha versato cento milioni di euro per la propria quota sociale. Sportitalia va in streaming Sportitalia, il canale televisivo dedicato allo sport diretto da Michele Criscitiello - a cui collaborano tra gli altri Alfredo Pedullà e Giancarlo Padovan - ha chiuso un accordo pluriennale con Sportradar che metterà a disposizione la piattaforma e la tecnologia per offrire agli spettatori lo streaming (24/7) del canale tv e tantissimi contenuti on demand attraverso Internet. Sportradar Ott è l'ultima innovazione del prodotto di Sportradar, una piattaforma Ott personalizzabile fornita gratuitamente ai titolari dei diritti (leghe, federazioni, club e tv sportive) che si impegnano a fornire il contenuto, mentre Sportradar si occupa dello sviluppo della piattaforma tecnica, della monetizzazione e del marketing. Giustizia popolare La truffa perpetrata dalle due ex popolari venete ai danni di duecentomila risparmiatori si è da tempo trasferita davanti ai giudici. E se a Vicenza, in casa della Popolare, le cose sembrano procedere a rilento o addirittura non procedere, ci sono altri giudici acui hanno fatto ricorso i moltirisparmiatoriche si sono visti traditi dalla banca di fiducia. Ad esempio, l'Arbitro per le controversie finanziarie che, con due diverse decisioni dello scorso 7 luglio ha dato torto a Veneto Banca. A due risparmiatori — entrambi seguiti dall'avvocato trevigiano Matteo Moschini — Veneto Banca dovrà risarcire 5.88o euro su un investimento di 7.900 e 25.061 euro (in questo caso la totalità della somma investita). «Pur di riuscire a vendere le azioni emesse — spiega Moschini - le due popolari venete hanno falsificato in modo scientifico e massivo i profili dei loro clienti, classificando come esperti di finanza e speculatori dei soggetti con nessuna conoscenza in materia e senza la benché minima propensione al rischio, ed hanno indotto comuni risparmiatori ad acquistare tali azioni

SCENARIO BANCHE 24 spacciandole per prodotti redditizi, facilmente liquidabili e a rischio zero. Non serve alcuna commissione che stabilisca chi è stato truffato e chi no, sono le relazioni di Consob, Bankitalia e Bce che affermano a chiare lettere che la truffa è stata perpetrata in modo scientifico e massivo ai danni della collettività dei risparmiatori». Al momento sono quattro i ricorsi accolti, equamente divisi tra le due ex popolari. Sportitalia Il direttore Michele Criscitiello ha firmato un accordo con Sportradar che apre il canale allo streaming e all'«on demand» RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 25 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

In 8 anni il mattone ha reso più dei Btp Città e quartieri dove investire - Il art mattone? Ti fa più ricco dei Btp - Ma dal 2009 ad oggi Borsa meglio della casa (solo grazie ai dividendi)

dl Giuditta Marvelli e Gino Pagliuca Le migliaia di euro di risparmio sull'affitto in otto anni a Roma Chi ha comprato casa ancora ai massimi, incocciando contro la peggiore recessione immobiliare del dopoguerra, a conti fatti non si può lamentare. A luglio del 2009 un trilocale nel semicentro di Milano costava 338 mila euro, oggi ne vale 291 mila, il 14% in meno; ma negli otto anni trascorsi si sono risparmiati 129 mila euro di canoni, una somma che compensa ampiamente le spese legate all'acquisto, ImueTasipergli anni in cui si sono applicate e la svalutazione dell'immobile. Per la stessa tipologia di alloggio a Roma il risultato è analogo: 357 mila il valore dell'appartamento nel 2009, 276 mila quello di oggi: una perdita secca di quasi 8o mila euro che però si confronta con il risparmio di quasi 150 mila di canoni. II calcolo Sono i numeri di un'analisi che L'Economia del Corriere ha compiuto partendo dal secondo rapporto 2017 di Nomisma presentato la scorsa settimana. L'intervallo è di otto anni perché è la durata di un contratto di locazione residenziale a canone libero; abbiamo anche messo a confronto la performance di chi abbia acquistato casa con chi invece avesse scelto di andare in affitto investendo la somma necessaria per comprare, incluse le spese legate alla transazione, in Btp e a Piazza Affari e pagando l'affitto nel frattempo. Un Btp con scadenza a otto anni nel 2009 garantiva un tasso lordo (impensabile oggi) del 4%; nel periodo considerato al netto delle imposte il capitale ha fruttato il 28%. Perla Borsa abbiamo preso a riferimento l'indice Comit Performance che tiene conto anche dei dividendi. La variazione netta è stata del 49,06% grazie soprattutto al rialzo degli ultimi mesi. II confronto è su quattro diverse tipologie di immobili in nove grandi città; in nessun caso chi ha investito in Btp ha battuto l'immobiliare mentre la Borsa vi riesce nella maggioranza dei casi. In particolare, se si considera una casa da 150 metri quadrati in una zona di pregio, nella media il patrimonio di chi ha investito in Borsa è salito da 659.500 euro a 754 mila mentre chi ha comprato casa si ritrova con un valore (prezzo attuale dell'immobile più canoni risparmiati) di quasi 747 mila; per 120 metri in zona centrale con la Borsa ci si ritrova 494 mila euro, con la casa 478 mila. In area semicentrale per 90 metri l'investitore di Borsa oggi ha 273 mila euro contro 264 mila di chi ha comprato casa; infine per un immobile in periferia da 6o metri Piazza Affari ha garantito 129 mila euro, duemila più del mattone. In tutti i casi a Roma l'immobiliare ha battuto la Borsa e a Milano vince in tre ipotesi su quattro. Non va comunque dimenticato che chi ha investito in Borsa o in Btp oggi è liquido, chi ha la casa deve riuscire a venderla. Applicando lo stesso metodo si può affermare che con tutta probabilità comprando oggi e alle condizioni fiscali attuali al termine del prossimo ciclo di otto anni l'acquisto risulterà vantaggioso. Facciamo un solo esempio: a Milano 90 metri in area semicentrale oggi costano in media 291 mila euro, aggiungendo le spese si sale a circa 306 mila. Otto anni di affitto a canone di mercato però costerebbero 112 mila euro. Perché l'operazione risulti in perdita il valore della casa dovrebbe scendere del 30%. Siccome l'affitto vale il 4,8% del prezzo è chiaro che con le cedole di un Btp non si ripagheranno i canoni perché i titoli con scadenza nel 2025 rendono attorno all'1,6% netto. Su Piazza Affari di qui a otto anni invece non è possibile dire nulla. Le prospettive Sulle prospettive dei prossimi mesi per l'immobiliare si sbilancia Luca Dondi, ad di Nomisma: «II nostro rapporto evidenzia prezzi con variazioni semestrali in più o in meno misurabili con i decimi di punto. Nonostante la domanda sia buona, le transazioni riguardano perlopiù immobili di quaIità medio bassa, come dimostra la crescita delle percentuali di operazioni assistite da mutuo, che riguardano in genere immobili di valore non alto. Bisogna notare poi che se i dati macro, come Pil e produzione industriale, sono migliori delle previsioni, non sta però salendo la fiducia dei cittadini e in genere la correlazione tra sentiment e mercato della casa è molto stretta». RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 26 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Il mattone? Ti fa più ricco dei Btp - Milano e i record dell'Isola Prezzi deboli nella art Capitale Sprint a Bologna e Firenze

di Gino Pagliuca Non solo il pregio. La domanda di case oggi preferisce le aree centrali, quelle modaiole o comunque ad elevato standing sociale. Ma c'è una ripresa di interesse anche per le zone residenziali decentrate, dove a un contesto gradevole, e a buoni collegamenti pubblici, si unisce la possibilità di comprare a prezzo accessibile, grazie anche alla maggior facilità di ottenere un mutuo. Si potrebbe così sintetizzare l'analisi che Vincenzo de Tommaso, responsabile dell'Ufficio studi del portale idealista.it, ha condotto sulla domanda e la richiesta di prezzi nelle principali città. Gli esempi Cominciando da Milano, il dato sulla zona più richiesta non sorprende perché è lo stesso che tutte le fonti indicano da almeno tre anni, si tratta dell'area Garibaldi Isola, seguita da Piazza Cinque Giornate e da Città Studi. Risulta al contrario estremamente bassa la domanda in aree giudicate degradate, in misura che forse va oltre il reale: ci riferiamo ad aree come Corvetto o Quarto Oggiaro; in generale, almeno stando ai dati forniti da idealista, si denota un interesse perla zona Nord della città molto inferiore a quello che si sarebbe aspettata nel dopo Expo. Per quanto concerne i prezzi, la maggiore variazione delle quotazioni richieste si registra ancora una volta in area Garibaldi, con un aumento su base annua del 5,4%. Il centro storico, con valori medi di prezzo che sfiorano gli 8.000 euro al metro, fa registrare un incremento del 2,4%. Le aree con la maggiore diminuzione di valore sono le stesse dove la richiesta è minore: Cornetto e Certosa. Da segnalare che, secondo l'ultimo rapporto di Nomisma, lo sconto medio nella grandi città sta scendendo e a Milano il valore è addirittura arrivato al 7% per le case nuove dimezzandosi rispetto a quello che si registrava durante le fasi più acute della crisi, mentre per l'usato il gap è dell'n,5% Nella Capitale la richiesta rimane, secondo l'analisi di idealista, piuttosto debole e le trattative si chiudono con riduzioni di prezzo più sostanziose: 9% per il nuovo e 15% per l'usato secondo Nomisma. I proprietari ne stanno prendendo atto e le richieste attuali di prezzo risultano nella media cittadina più basse del 5,5%. In nessuna delle aree per cui è possibile un confronto omogeneo vi sono variazioni al rialzo; la minore riduzione di prezzo si registra nel Centro storico, con -1,1%, seguono il Quartiere Aurelio con -2,9% e Monte Sacro con -3,1%. Forte caduta a Malagrotta con -11,1% e a Giustiniana La Storta con -14,4%. Per quanto riguarda la domanda si registra un forte aumento in zone residenziali come Testaccio-Aventino, Eur, Monti, Trastevere. Tra le zone dove la domanda risulta molto bassa si segnalano Galena, La Pisana, Tor Bella Monaca, la Magliana, Torrevecchia. Verso Sud Anche a Napoli le quotazioni richieste sono ancora in calo, nella misura di un meno 4,5%. Poche le aree in controtendenza: il Vomero ( 4,2%), Poggioreale ( 1,9%) il Centro Storico ( 0,5%). Drastico taglio delle quotazioni attese a Pianura (-13%) e a Ponticelli (-17,6%). Per quanto riguarda le richieste le aree al top sono Santa Chiara e Arenella; dati molto negativi si registrano a Camaldoli e a Secondigliano. Per'Ibrino non forniamo indicazioni sulle variazioni di prezzo delle aree perché negli ultimi mesi idealista.it ha cambiato i criteri di definizione dei quartieri. Nella media cittadina i valori risultano in lieve aumento ( 1,3%). La zona più richiesta è la Crocetta, l'area meno gettonata è quella che gravita attorno a Barriere Milano. A Bologna i prezzi risultano tutti in crescita; 3,8% la media cittadina, con punte di 6,2% in zona Fiera. C'è però un rovescio della medaglia: la domanda è ovunque piuttosto debole, fa eccezione Costa Saragozza. Infine, a Firenze i prezzi risultano mediamente in crescita dell'1,3% con punte di 6, 2% in Centro, dove si compra anche per affittare ai turisti. La zona più richiesta è Rifredi, comoda per affittare sia agli studenti data la vicinanza all'università sia ai turisti, grazie alla stazione ferroviaria. RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 27 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Facciamo le carte ai Re di denari art di Adriano Barrì In Piazza Affari sale la febbre del risparmio gestito. Sono i cugini ricchi delle banche italiane: per nulla sfiorati dalle vicende dei crediti in sofferenza e beneficiari dei recenti vantaggi fiscali a favore degli investitori pazienti (Pir), le società che gestiscono il patrimonio degli italiani sono al centro di grandi manovre. Riflettori puntati su Anima che si appresta a diventare un nuovo crocevia del risparmio. A seguire Banca Generali che continua a battere i propri record di raccolta e infine Banca Mediolanum tra le più attive a sfruttare le opportunità offerte dai Pir. Ma nonostante questo dinamismo le performance sono ancora inferiori rispetto a quelle degli istituti di credito da inizio anno. Quindi non è da escludere che, finita l'euforia sui piani di ristrutturazione dei colossi del credito, il denaro si sposti e il mercato riscopra i titoli del risparmio gestito. L'Economia del Corriere ha così' messo in rassegna le principali società del settore da tener d'occhio. La foto Anima è in questi giorni al centro delle cronache per una serie di operazioni di carattere straordinario. Secondo indiscrezioni di stampa, Banco Bpm dovrebbe cedere ad Anima il 100% di Gestielle sgr, la società di gestione del gruppo, al prezzo di 700 milioni di euro, 60o milioni di euro in contante e too milioni in azioni. In contemporanea, o subito dopo, Banco Bpm dovrebbe cedere la sua quota in Anima, pari al 14,3%, alla Cassa depositi e prestiti: prezzo 3oo milioni. Il passo successivo dovrebbe essere l'ingresso nel capitale di Anima di , attraverso un aumento di capitale che prevede il conferimento di Banco Posta Fondi. Abbastanza per dire che la società sia un questo momento il crocevia del settore in Italia. E il mercato non è stato a guardare. II titolo è sui massimi dal 2oo6 e da inizio anno guadagna poco più del 5%. Ma per Ubs Anima ha ancora strada da fare. In una nota di recente pubblicazione ha confermato il giudizio positivo con un giudizio Buy (comprare ndr) e un prezzo obiettivo di 7,5 euro spiegando che il titolo è caratterizzato da un rapporto di rischio/rendimento «molto interessante». Secondo gli analisti della banca d'affari svizzera la società, «è anche ben posizionata per trarre beneficio dall'MeA (operazioni straordinarie ndr)». Banca Generali è invece Il miglior performer da gennaio ad oggi con un balzo superiore al 25%. La società, in occasione di un incontro con gli analisti per illustrare le nuove iniziative legate alla Mifid II, le norme che regolano il mercato dei prodotti finanziari, ha confermato i target di masse in gestione al 2021: 7o miliardi , dagli attuali 52, e rivisto al rialzo le stime sulla raccolta netta del 2017 a 5-5,5 miliardi di euro, da 4-4,5 miliardi. Annunciato anche l'ingresso nel segmento trading, con il lancio di una nuova piattaforma tecnologica. Buone notizie che hanno spinto diverse case di investimento mettere sotto osservazione il giudizio sul titolo. Banca Akros ha confermato la raccomandazione accumulate (accumulare ndr) e il prezzo obiettivo a 3o euro. Le ragioni Banca Mediolanum ha da poco comunicato la raccolta netta a fine giugno pari a 308 milioni, che porta a 2,3 miliardi la raccolta netta da inizio anno. Nel mese appena concluso la società della famiglia Doris ha registrato flussi positivi per 454 milioni in fondi comuni e una raccolta negativa per 146 milioni in asset amministrati. Un risultato, come ha sottolineato l'amministratore delegato Massimo Doris, ascrivibile all'introduzione dei Pir, i piani individuali di risparmio, la cui raccolta da inizio anno si è attestata a 1,4 miliardi. Un risultati molto significativo se si considera che il governo, a fine dicembre 2o16, aveva stimato che in tutto il 2017 la raccolta dei Pir si sarebbe attestata a 1,8 miliardi di euro. Un obiettivo alzato pochi mesi fa a 10 miliardi di euro. Dopo l'annuncio dei risultati Kepler Cheuvreux ha confermato la raccomandazione buy con un prezzo obiettivo a 8 euro. Gli analisti hanno motivato il giudizio proprio per il particolare impatto positivo dei Pir sui dati sulla raccolta netta di giugno del gruppo. RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 28 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

Il conto senza frontiere con i bonifici in tempo reale art Da qualche tempo è arrivata una nuova banca retail online. Si chiama Ipagoo . La si può definire una banca pan- europea che va oltre frontiera. Grazie alla innovativa piattaforma digitale, sviluppata da Orwell Group, infatti, è possibile aprire conti correnti in tutti i Paesi in cui Ipagoo è già presente e gestirli tutti da un unico portale, rivoluzionando i servizi di pagamento europei, in quanto consente di operare con un solo conto in più Paesi anche con valute diverse. Bastano tre clic e i bonifici partono e arrivano in tempo reale. L'app di Ipagoo si può scaricare da dispositivi mobili (tablet, smartphone) iOs e Android. Una volta registrati si può immediatamente aprire il proprio conto in Italia o nei paesi dove è già attivo il servizio, ricevendo immediatamente il codice Iban. L'apertura del conto è gratuita cosi come la carta di debito MasterCard. Il costo per l'operatività è di tre euro al mese e include tre operazioni di pagamento Sepa e bonifici illimitati, anche internazionali in diverse valute. Ipagoo non offre soluzioni di credito e di risparmio ai clienti. Innovativi anche i sistemi di sicurezza per i pagamenti online con la carta. Infatti, ogni volta che viene utilizzata la carta, il cliente riceve, tramite l'app, una richiesta di autorizzazione preventiva. Da qualche settimana i titolari di un conto Ipagoo, sia che risiedano in Italia o in altri paesi europei, possono pagare utenze italiane e fatture della Pubblica Amministrazione, grazie all'accordo Cbill/PagoPA. Al momento, oltre che in Italia, è possibile aprire conti nel Regno Unito, in Francia e Spagna, ma le mire espansionistiche sono molto ambiziose. Ipagoo si propone come valido servizio per professionisti, studenti all'estero, per chi viaggia molto o ha familiari all'estero a cui devono inviare soldi, ma soprattutto è un servizio ideale per le aziende che hanno attività all'estero e hanno bisogno di aprire conti nei vari Paesi dove operano. Patrizia Puliafito RIRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 29 L'Economia del Corriere della Sera 17-lug-2017

La pensione anticipata? Ecco i veri costi art di Alberto Brambilla* Ci siamo, finalmente, l'Ape volontaria, la possibilità di lasciare in anticipo rispetto all'età per la vecchiaia, 66 anni e 7 mesi, è ai nastri di partenza. II decreto attuativo è ormai pronto in tutti i suoi dettagli. Diciamo subito che aderire all'Ape è una scelta economicamente costosa. Su una pensione di i.3oo euro lordi vuole dire accettare un taglio che va dal 3,19% dell'importo della pensione (anticipo di 6 mesi) al 19,48% (anticipo di 43 mesi il massimo possibile). In termini economici vuole dire subire una riduzione mensile dell'assegno Inps, per 20 anni, che oscilla da 41 a 253 euro. Bisogna, quindi, fare bene i conti. Vediamo come funziona il meccanismo e i costi da tenere presenti. Le regole L'Ape volontaria si può richiedere con almeno 63 anni di età indipendentemente dagli anni di contribuzione dato che ad oggi l'età di pensionamento è pari a 66 anni e 7 mesi e si può percepire anche se il dipendente continua a lavorare magari con contratti part time o similari. L'importo massimo dell'anticipo sarà pari al 90% del futuro assegno pensionistico il cui valore è comunicato dall'Inps, per anticipi fino a u mesi. La quota scende all'85%con un anticipo da 12 a 24 mesi e al 75% oltre i 24 mesi. Gli interessati, appena l'Ape sarà operativa, devono fare la domanda all'Inps. Una volta avuta la certificazione dall'Istituto sul diritto alla pensione e sull'ammontare della stessa, l'anticipo verrà erogato, tramite l'Inps, da una banca nella percentuale scelta dal lavoratore fino al massimo previsto dalla norma: ad esempio se l'importo della pensione certificato dall'Inps è di 1.3oo euro il lavoratore potrà chiederne, ad esempio, anche solo il 40 per cento. Peraltro l'Ape potrà essere integrata anche dalla Rita (la rendita integrativa temporanea anticipata) che il lavoratore, se iscritto ad una forma di previdenza complementare, può richiedere al proprio fondo pensione. Al momento dell'erogazione verrà stabilito il tasso di interesse sul prestito (circa il 2,5% fisso) che comprende anche il costo della polizza di assicurazione, versato dalla banca stessa alla compagnia in unica soluzione. La polizza di puro rischio copre la banca dalla possibilità di decesso anticipato del beneficiario. Alla fine del periodo di anticipo, che coinciderà con la maturazione dei requisiti per aver diritto alla pensione, l'Inps erogherà l'assegno pensionistico trattenendo la quota di restituzione del prestito comprensiva degli interessi e dei costi dell'assicurazione. I calcoli Ma conviene questa Ape volontaria? In prima battuta parrebbe costosa. Ma, se si entra nel meccanismo senza pregiudizi, giudicando il provvedimento come «una opportunità in più» a disposizione dei lavoratori e una modalità per rendere meno rigida la riforma Monti-Fornero, forse vale la pena farci un pensierino. Intanto l'Ape sarà rimborsata in 20 anni attraverso la ritenuta effettuata dall'Inps e in caso di decesso del lavoratore non graverà sugli eredi poiché coperta da assicurazione. Inoltre il 50% degli interessi sul prestito (per il periodo di fruizione dell'anticipazione e per i 20 anni di restituzione) e il costo dell'assicurazione, potranno essere dedotti fiscalmente. La tabella evidenzia la percentuale indicativa di incidenza del rimborso dell'Ape sull'assegno pensionistico che aumenta in funzione dei mesi di anticipo richiesti: si va dal 3,19% per 6 mesi al 6% per 12 mesi e così via, percentuali accettabili se si considera che comunque si è percepita la pensione per un periodo maggiore. Inoltre la rata del rimborso è fissa mentre la pensione è indicizzata all'inflazione. L'incidenza si riduce nel tempo esattamente come accade per i mutui a tasso fisso; infatti per un anticipo di 24 mesi si passa da una riduzione della pensione per il primo anno del 12% per arrivare al decimo anno al 10,5% con una incidenza media di periodo attorno al 10,46%. Inoltre la percentuale mensile da restituire potrebbe essere inferiore anche del 50% se all'Ape si abbinasse l'erogazione da parte dell'azienda, che intende favorire il turn over, di somme equivalenti al Tfr, una «dote» a copertura dei costi di rimborso che sarebbe assoggettata a tassazione separata; altra mitigazione potrebbe consistere nel versamento del 33% dei contributi sociali a carico dell'azienda per il periodo di anticipazione il che aumenterebbe la pensione finale, infine anche l'utilizzo dei fondi di solidarietà odi Rita, ridurrebbe la differenza tra pensione prima e dopo Ape. Certo si potrebbe fare di più riducendo ad esempio i costi dell'assicurazione attualmente attorno al 3o% del prestito. Ma se il rodaggio di Ape e Rita funzionerà bene, le condizioni potranno migliorare ulteriormente. Insomma una forma di flessibilità che aiuta i lavoratori, senza pesare sulle casse dello Stato. *Presidente Centro Studi Itinerari Previdenziali RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 30 Libero Quotidiano 17-lug-2017

Intervista a Lorenzo Bini Smaghi - «Italia al tappeto per le tasse aumentate art durante la crisi»

FRANCESCO RIGATELLI Italiano da esportazione, il nobile fiorentino Lorenzo Bini Smaghi, 60 anni, è presidente della banca francese Société Générale dopo una carriera da «civil servant», come gli piace definirsi, tra Centro studi della Banca d'Italia, Ministero dell'Economia e board della Banca centrale europea, con passaggi privati non di poco conto nei consigli di Finmeccanica e Morgan Stanley. Comunque la si prenda, la sua carriera è talmente densa di ulteriori dettagli che conviene sintetizzarla così per brevità e concentrarsi sulle domande riferibili alla sua esperienza, non prima di notare l'elegante irrequietezza che se ne deduce, così insolita per un banchiere. Anche il suo ultimo libro, La tentazione di andarsene. Fuori dall'Europa c'è un futuro per l'Italia? (II Mulino), pare frutto di un'ansia per le cose mutevoli. Vi scrive tra l'altro che non è stata l'austerità a farci crescere poco. E allora cos'è stato? «Se ci confrontiamo agli Stati Uniti non è stata l'austerità, ma la crisi istituzionale europea e le divergenze della zona euro. In particolare sul crollo del Pil italiano, da cui ci si sta riprendendo lentamente, hanno pesato l'aumento delle imposte nell'acuirsi della crisi e il ritardo nelle riforme rispetto agli altri Paesi». Lei critica la richiesta di flessibilità, ma Renzi continua a proporla. «Dato il debito pubblico italiano alto non è aumentandolo, come si è fatto in passato, che la crescita riprende. Il problema dell'Italia è strutturale». «È la produttività, stupido!», come suggerisce in un capitolo? «Certo, servono investimenti pubblici, riforme della giustizia e dell'amministrazione». I tassi d'interesse sul debito pubblico restano superiori alla crescita, quale equilibrio intravede? «Se vediamo alla lunga sono al 2,5%, che è superiore alla crescita del Pil nominale. La verità è che la sostenibilità del debito è in bieco». Rischiamo il fallimento? «No, rischiamo leggi di bilancio molto restrittive. Con le riforme avremmo una crescita sostenuta e potremmo dare meno enfasi al bilancio, che ora è l'ossessione della politica». Che si consola perché siamo tornati a crescere, soprattutto al Nord. «C'è un miglioramento rispetto agli anni passati, ma se confrontato con gli altri Paesi resta deludente: la Spagna, per esempio, ci dimostra che potremmo andare più veloci». Oltre alle riforme dovremmo usare anche la leva fiscale? «Sì, per esempio sul lavoro». Che ne pensa della flat tax proposta da Berlusconi e altri? «Fossi nei politici io non parlerei di hpef ma di hap e di cuneo fiscale, che impediscono di assumere. Il problema è la creazione di posti di lavoro». Non servirebbe pure un riordino fiscale per limitare i troppi balzelli? «Certo e la flat tax oltre a non essere una priorità non aiuterebbe in tal senso perché per evitare di risultare diseguale dovrebbe prevedere una serie di riduzioni perle categorie minori, diventando così assai burocratica». Lei è abbastanza esperto per sapere che di queste riforme se ne faranno poche, dunque quale futuro realistico per l'Italia? «Ci sono tanti parametri. L'esito politico delle elezioni crea incertezza. E questo pesa molto. Una strada è di andare per conto proprio, la tentazione di andarsene cui dedico il libro. Penso sia diffusa nel Paese, ma anche vedendo la confusione politica inglese seguita alla Brexit la trovo un'opzione pericolosa. L'alternativa, che spero prevalga, è rimboccarsi le maniche e sistemare davvero l'Italia approfittando di un parametro internazionale per ora positivo. Un domani la Bce potrebbe uscire dal quantitative easing, l'acquisto di titoli di stato e di altro tipo dalle banche per immettere nuovo denaro nell'economia europea, e i tassi d'interesse potrebbero aumentare». Lei affronta la tentazione di andarsene dall'Europa, ma sia per restare contando di più sia per sbattere la porta serve un governo forte, che pare un miraggio. Non è questo il primo problema? «Non c'è dubbio, l'obiettivo è un governo che risolva i problemi. Se ci proviamo il resto d'Europa è disposto ad aiutarci. Il rischio è una grande coalizione debole, ma bisognerà pure dimostrare senso di responsabilità». Scrive ancora nel libro che «Una Germania che non esercita leadership pub solo danneggiare l'euro. Cosi l'Italia». «Servono più Paesi per guidare l'Europa, andare avanti nell'integrazione e condividere rischi. Francia e Italia hanno interessi comuni, per esempio di finanza pubblica: un'unione fiscale con un bilancio europeo e i debiti pubblici sotto controllo. Certo se l'Italia va contro le regole e ridiscute il fiscal compact non è il metodo migliore per convincere gli altri a integrarsi. Nel 2018, dopo le elezioni tedesche, Germania e Francia apriranno questo discorso. Riusciremo a sederci al loro tavolo? Molto dipende da noi». Intanto siamo meta dei migranti economici e l'Ue non ci aiuta... «Forse abbiamo le nostre colpe. Se l'Italia vuole la solidarietà degli altri Paesi non può pretendere di comandare nell'operazione europea Triton. Per forza

SCENARIO BANCHE 31 poi ci dicono di portare i profughi solo nei porti italiani». Il latte è versato. Ora chiudiamo le frontiere? «No, però bisogna scegliere gli immigrati. Serve una maggiore regolamentazione. Quote basate sulle esigenze italiane di manodopera qualificata come negli Stati Uniti. Non è che il primo che arriva meglio alloggia. Fatta la selezione, chi vive qui va integrato e trattato con dignità altrimenti si creano sacche di frustrazione». Parliamo un po' di lei: come c'è arrivato un italiano al vertice di Société Générale? «Spero per i miei trascorsi alla Bce e per le mie capacità. Le grandi aziende europee scelgono sulla base del curriculum. Anche in Italia ci sono due francesi ai vertici di Unicredit e Generati». Dal suo osservatorio cosa nota? «Con Macron c'è una ripresa di fiducia dopo anni di delusione per la presidenza Hollande, un ritorno dell'orgoglio francese e della volontà di leadership europea. Verso l'Italia c'era ammirazione per Renzi, mentre ora si pensa sia stata sprecata un'occasione e si aspetta una nuova stagione». E gli appetiti francesi verso l'Italia si sono calmati? «Mah, Crédit Agricole ha aiutato a risolvere pure alcuni problemi. Andiamo verso un mercato bancario europeo e dobbiamo pensare in quella dimensione. Cercherei di guardare ai futuri processi di aggregazione e fare in modo che l'Italia ne sia protagonista. Non sono sicuro che banche solo italiane diano un contributo all'economia reale. Anche perché ci sono tante grandi banche americane e poche europee. E loro crescono anche in Ue». La finanza speculativa, problema annoso, lei è stato in Morgan Stanley quindi la conosce bene... «Sono bravi, ma gli lasciamo troppo spazio mentre negli Stati Uniti loro non ce ne danno. Le imprese necessitano di prodotti finanziari: in Ue bisogna evitare gli eccessi, ma non chiudere con la finanza se no il risultato è che per qualsiasi operazione complessa arricchiamo gli americani». A uno come lei e alla sua lista per il consiglio di Chianti banca paradossalmente i soci hanno detto di no. Com'è possibile? «Volevano una banca legata a vecchi meccanismi forse non più sostenibili. Hanno avuto paura di perdere il controllo, lo perderanno anche cosi». Se venisse un americano e chiedesse a lei, toscano: «Lorenzo, spiegami in breve la crisi di Mps?» «Una lunga serie di errori dovuta all'occupazione illecita della politica, che ha impedito scelte imprenditoriali: dall'acquisto di Antonveneta al ritardo nell'intervento pubblico, passando per una serie di piani industriali deboli. Il problema ora è se la banca sia in grado di generare utile così che il Tesoro, dopo esserci entrato, possa privatizzarla e venderla. Una sfida del profitto che riguarda in realtà tuno il sistema bancario italiano, altrimenti gli investitori non arriveranno». La "sua" Banca d'Italia esce delegittirnata da questa stagione per la scarsa vigilanza? «No comment. La Banca d'Italia si difende da sola». Parliamo tutti con stima di Mario Draghi, ma lei che è stato nel board della Bce ce ne può svelare qualche sbaglio? ll suo limite sono i vincoli istituzionali. La Bce è la banca di 19 Paesi, è macchinosa, bisogna creare consenso. Lui ha agito in modo rapido e coerente, le mancanze sono dovute alla natura dell'istituzione». Lo vede Draghi premier? «No comment Bisogna anche capire se gli interessi». Approfondiamo il discorso sulla Brexit? «Si dimentica che l'Europa sia in parte un'unione politica, per cui uscirne mette in crisi la politica nazionale. In Inghilterra non c'è una maggioranza per una soft Brexit né per una hard Brexit, da cui l'incertezza degli operatori sulla piazza di Londra». Sente di qualcuno interessato a trasferirsi a Milano? «Pensano a Dublino, Parigi e Francoforte». Trump è un altro fattore d'incertezza? «Dopo l'entusiasmo iniziale il suo programma economico di tagli fiscali e investimenti pubblici sembra rimandato. Anche la riforma finanziaria pare diluita. Se sul commercio poi si toma indietro il mondo cresciuto sugli scambi internazionali rischia di fermarsi. Per ora sono solo parole, ma contribuiscono alla paralisi». Non è un quadro pessimista? «La buona notizia è che l'Ue sta meglio di un anno fa. Le elezioni francesi hanno scongiurato l'implosione e regalato ottimismo. Nel 2018 conteranno molto le elezioni italiane». Bini Smaghi, lei ha pure un terzo cognome, Bellarmini? «Non ufficiale, non all'anagrafe». Lei è un conte rosso o di destra? «Non ho mai ben valutato, mi sento un riformista pragmatico. Pesano i 30 anni da civil servant tra Banca d'Italia, Tesoro e Bce». E come economista come si definisce? «Un liberale attento al sociale». RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 32 Repubblica Affari&Finanza 17-lug-2017

Npl, le pulizie di Mustier e ora tocca ad "Atlante 3" - Npl, la riscossa di Unicredit art ora ha il portafoglio crediti più "pulito" del sistema

Adriano Bonafede Andrea Greco Roma Qual è la banca con il portafoglio crediti più pulito del reame italiano? Fino a ieri avremmo risposto senza tema di smentita Intesa Sanpaolo. Ma dal primo trimestre di quest'anno c'è una nuova stella, Unicredit, anche se Intesa si conferma molto solida. Il ritorno del gruppo guidato da Jeanne Pierre Mustier nell'Olimpo dei migliori istituti di credito è fotografato da Value Partners, che ha preso in esame gli aggregati di bilancio dei primi sette gruppi bancari italiani. E ha scoperto che quanto a incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei crediti lordi alla clientela e per grado di "copertura" degli stessi, Unicredit sta adesso davanti a tutti. Oltre alle due banche già citate, la ricerca, realizzata da Antonino Del Gano e da Lorenzo Privitera, ha preso in considerazione anche Banco Bpm, Mps, Ubi Banca, Bper e Carige. Alla fine del primo trimestre 2017 Unicredit è in cima alla dassifica nei tre parametri presi in considerazione: l'incidenza dei crediti deteriorati lordi sul totale è dell'11,4 per cento, la percentuale di copertura dei deteriorati è del 56,3 per cento; ciò vuol dire che su un credito di 100 euro che non sarà probabilmente restituito ci sono accantonamenti prudenziali per 56,3 euro. Inoltre, il costo del rischio di credito annualinnato (ovvero il rapporto tra le rettifiche nette sui crediti e il volume medio dei crediti nel periodo) è di 60 basis point. Questo dato fotografa in sostanza le perdite generate dai crediti nel primo trimestre. Intesa è subito dietro: 14,4% l' incidenza degli Npl (non performing loans, ovvero crediti deteriorati), 48,7% la copertura di questi ultimi e 76 il costo del rischio di credito annualizzato. Dal punto di vista del valore assoluto dei crediti deteriorati lordi, Intesa e Unicredit sono quasi appaiate: 57 miliardi la prima, 55,3la seconda. Già questi dati dimostrane che le ultime azioni portate avanti dall'ad Jean-Pierre Mustier sono state azzeccate, seppur estremamente costose: l'aumento di capitale di Unicredit del 2016 è stato di 13 miliardi e, considerando anche gli altri tre dal 2008 al 2013, si arriva a circa 28 miliardi. Al contrario - e non è un merito da poco - il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, non ha chiesto ai propri azionisti alcun sacrificio dopo la ricapitali7la7ione prudenziale di 5 miliardi nel 2009 e ha sempre autofinanziato le rettifiche e gli accantonamenti di bilancio. Sicuramente gli azionisti di Unicredit avrebbero ben gradito un destino simile a quello degli azionisti di Intesa. Meglio ancora di Intesa, dal punto di vista dell'incidenza degli Npl sul totale dei crediti, è Ubi Banca, con il 13,9 per cento, secondo i dati elaborati da Value Partners. Per l'istituto guidato da Victor Massiah, si vede però un più basso livello di copertura dei crediti deteriorati, il 35,8%, ma questo dato è compensato da un surplus di garanzie reali che mitiga le potenziali perdite sui crediti. Solide anche le posizioni di Banco Bpm, con un'incidenza di crediti deteriorati lordi del 23,3 per cento e una copertura del 48,2 per cento, e di Bper (21,7 e 45,6 per cento). Le "pecore nere" le conosciamo già, per gli avvenimenti di cronaca di questi ultimi anni. Monte dei Paschi e Carige hanno entrambe un'incidenza molto elevata degli Npl, 35,7 per cento la prima e 34 la seconda: ancora più di un terzo di tutti i finanziamenti in essere sono ammaloran. Però per Mps la copertura è alta, 56, 1 per cento, meno per Carige (46,4 per cento). Il primo trimestre di quest'anno ha portato buone notizie per le principali banche presenti nel campione esaminato da Value Partners. I crediti deterioran sono diminuiti dell'1,8 per cento per Unicredit (dopo la riduzione del 27,6 per cento già registrata nel 2016 prevalentemente per l'operazione Fino, la vendita di uno stock di 17 miliardi di Npl), del 2% per Intesa (do una riduzione del 7,9% nel 2016),dello 0,9% per Ubi e dell'1,2% per Bper. Segno che la svolta c'è stata, almeno per gli istituti migliori. Solito ritardo per Mps, dove questo dato è aumentato ancora, in controtendenza, con un incremento dello 0,4 per cento, mentre per Carige la situazione non è né migliorata né pe orata (0,0). Situazione particolare per Banco Bpm, dove i crediti deteriorati sono cresciuti del 12 per cento «ma per una mera operazione di ricontabilizzazione degli stralci per circa 3,5 miliardi nelle sofferenze» - spiega il partner Antonino Del Gatto. «Al netto di questo caso, tutto il sistema sta dimostrando una riduzione dei non performing loans e, in particolare, delle sofferenze». Unicredit è passato da 77,8 a 55,3 miliardi di crediti deteriorati tra il 2015 e il primo trimestre 2017. Intesa da 63,1 a 56,9 nello stesso lasso di tempo. Ubi è scesa da 13,4 a 12,4 miliardi. Bper da 11,4 a 11 miliardi. Stock in crescita soltanto per Carige (da 6,8 a 7,3 miliardi) e per Banco Bpm (da 26,6 a 29), ma come si è detto prima ciò dipende esclusivamente da un effetto di ricontabilizzazione degli stralci per circa 3,5 miliardi nelle sofferenze. Si può

SCENARIO BANCHE 33 guardare adesso con maggiore ottimismo al futuro del sistema bancario italiano. «Il picco è alle spalle. Dopo anni di lavoro - spiega Del Gatto - ci troviamo in una situazione nuova: si stanno riducendo i crediti deteriorati e anche le sofferenze, la cui gestione richiede però tempi più lunghi. Le banche sono riuscite ad arginare il flusso in ingresso da crediti in bonis a deteriorati e ora stanno cominciando a lavorare sul work out, ovvero sul recupero». Per raggiungere questi obiettivi le banche hanno dovuto ripensare alla propria organizzazione. «Se guardiamo le tre fasi del credito - dice il partner di Value Partners - owero erogazione, monitoraggio andamentale (controllo e gestione delle anomalie emergenti prima che si verifichi l'insolvenza, ndr) e work out, vediamo che gli istituti avevano in passato concentrato le risorse umane commerciali e creditizie nella prima fase, in termini sia quantitativi, sia qualitativi. Nel monitoraggio, invece, pur avendo spesso sviluppato algoritmi di allerta precoce e messo a punto processi e strumenti per la gestione tempestiva delle prime anomalie, è mancata la capacità dell'organizzazione di attuare le strategie di mitigazione con i clienti che presentavano una rischiosità in aumento». Per la fase di recupero, le banche non hanno mai mostrato grande attenzione: «Hanno spesso gestito le sofferenze come attività residuali». L'esplosione delle sofferenze ha però condotto gli istituti a rivedere la propria organizzazione: «Hanno dapprima lavorato sulla fase di monitoraggio andamentale, per ridurre i flussi da crediti in bonis a deteriorati, e poi hanno cominciato ad agire sulla riduzione dei volumi di deteriorati», spiega Del Gatto. «La situazione si è drasticamente migliorata: le strutture interne di recupero crediti si sono rafforzate, sono cresciuti i servicer esterni per la gestione degli Npl e soprattutto è cresciuta la domanda da parte di investitori pronti a comprare portafogli di crediti deteriorati». *** IL CASO La moral suasion della Bce per trovare soluzioni Con le "Linee guida per le banche sui crediti deteriorati (Npl)" emanate II 20 maggio 2017 la Bce ha Indicato perla prima volta quali sono aspettative della vigilanza bancaria. Non ci sono precise prescrizioni cogenti. La Bce Invita le banche ad aderirvi con proporzlonalftà e opportuna urgenza, In funzione della portata e gravità dei problemi che devono affrontare nel settore dei crediti deteriorati. Ovviamente la stessa Bce si riserva, nei regolare processo dl vigilanza, dl verificare se la situazione che si è creata sia congrua oppure no. In quest'ultimo caso potrà chiedere alla banca di Illustrare e motivare qualsiasi scostamento rispetto al contenuto delle linee guida e, all'interno del processo dl revisione e valutazione prudenziale (Supervisory review and evaluation process, Srep), possono Intervenire misure dl vigilanza In caso di non conformità. GII esperti sottolineano che si tratta dl una svolta nella storia delle vigilanza europea che renderà uniforme, anche se In via indiretta, la gestione dei Non performing loans. Ma c'è dl più: "Per la prima volta - sostiene Antonino Del Gatto le attività residuall della banca, ovvero il recupero dei crediti, diventano un'attività "core" nella vita degli Istituti bancari'. (a.bon.)

SCENARIO BANCHE 34 Repubblica Affari&Finanza 17-lug-2017

L'analisi - Atlante, la fase 3 parte con Cerved sfiderà la Sga pubblica e i fondi art privati

Andrea Greco Milano Instradate nel torrido luglio le soluzioni alle crisi bancarie in Veneto e Toscana, il tropPo evocato "mercato del cattivo credito" svolta ed entra in una fase nuova. C'è ormai una varietà di operatori tra pubblici, misti e privati, oltre a una crescente differenziazione degli interventi, tra i vari tipi di cartolarizzazione (per rivendere in tranche i crediti rilevati dagli istituti) e le soluzioni a più ampio spettro, centrate sul riassetto delle imprese indebitate; c'è chi prepara un "fondo di ristrutturazione nazionale", dove le banche possano conferire crediti ricevendo quote di un veicolo che poi raccoglierà fondi di terzi per curare le situazioni critiche con tempi e costi più efficienti, evitando cessioni massicce che penalizzino i bilanci bancari. Progetti e investitori, comunque, ce n'è a iosa: difatti Pwc ha titolato il censimento 2016 sui Non performing loan italiani The Place To Be, per volumi di Npl (benché in calo del 5% ancora a 324 miliardi, sui picchi europei) e per «i profondi segnali di evoluzione e consolidamento tra gli operatori», per cui il gruppo di consulenti stima transazioni sugli Npl oltre i 60 miliardi nel 2017. E' interessante capire come si muoverà questo traffico in aumento. Gli operatori misti II fondo Atlante, in cui su 5 miliardi quasi uno arriva dalla mano pubblica - e 538 milioni dalle Fondazioni ex bancarie - ha aperto le danze. Usando servicer specializzati, perché il fondo di Alessandro Penati "non gira i bulloni", ha il merito di avere rotto il velo di ipocrisia e denegazione invalso per anni quando si parlava di crediti problematici, e di aver offerto una soluzione pragmatica per operazioni a prezzi di mercato, ma anche rendimenti compatibili con i bilanci dei venditori: le quattro banche ponte, Montepaschi, le tre Casse di Cesena, Rimini e San Miniato (dossier aperto). Comunque luglio dovrebbe essere l'ultimo mese di vita per il fondo dal nome del Titano. Già in settimana i quotisti di Atlante dovrebbero esaminare la proposta di Liquidazione del fondo I, i cui investimenti da 3,5 miliardi nelle due banche venete sono stati azzeran dalla messa in liquidazione coatta degli istituti; mentre Atlante II, attivo su sofferenze e incagli con leva finanziaria attorno a 18 e un ritorno atteso sul 10%, con l'acquisto delle tranche Mps dovrebbeesaurire le residue munizioni. Ma il gestore Quaestio intende restare nella nicchia, facendo tesoro del lavoro di quest'anno: la partnership in stesura con Cerved per rilevare la piattaforma gestionale di Mps sarà la premessa per cercare nuovi fondi privati e nuove cartolarizzazioni di crediti, con approccio meno aggressivo rispetto agli operatori specializzati. Tra questi rimangono Fonspa e , candidati a investire sulle note Mps con Atlante ma poi sfilatisi per divergenze sui prezzi. Cerved, gruppo autonomo e quotato in Borsa, è oggi vista da Penati e C come il migliore alleato e per un prossimo polo comune nel recupero crediti. Sga e Rev, i veicoli "pubblld" La nomina di Marina Natale come ad della Società di gestione di attività (Sga) conferma che per il veicolo del recupero crediti del Banco di Napoli c'è un futuro, e riguarda i miliardi - fino a 20 in prospettiva - di sofferenze e altri crediti difficili erogati a Vicenza e a Montebelluna nel ventennio delle gestioni spensierate di Gianni Zonin e di Vincenzo Consoli. L'esperienza campana, iniziata nel 1996, è stata positiva: dei 6,3 miliardi di Npl ne è stato recuperato il 90%. Tuttavia, erano tipologie di crediti diverse: molti debitori erano solvibili. Inoltre quei conti fatti ex post raramente comprendono il fattore tempo, capace di limare notevolmente le performance: gli operatori specializzati sottraggono un 10% per ogni anno ai loro ritorni attesi. Guardando al futuro per giudicare la nuova Sga bisognerà mettere a matrice l'ampiezza dei contributi statali usati - almeno una decina di miliardi, per finanziare gli attivi in arrivo dalle banche venete - e il valore del tempo, che s'annuncia ultradecennale. Certo sarà ardimentoso raggiungere le curve di recupero del 55% che l'ufficio studi di Bankitalia ha ipotizzato sugli Npl veneti. E oltre il doppio del prezzo a cui Atlante trattava l'acquisto delle sofferenze di Vicenza e Montebelluna: ma così il Tesoro ha potuto dire che dall'operazione - che mobilita 17 miliardi pubblici - alla fine potrebbe guadagnare. La galassia Sga in prospettiva, potrebbe attirare la Rev, che gestisce gli Npl di Banca Marche, Etruria, Carichieti e Cariferrara, proprietà del Fondo nazionale di risoluzione (gestito da Banldtalia e alimentato dagli istituti che operano nel Paese). Rev ha sprecato il 2016 tra burocrazia e rimescolamenti al vertice, ma ora sta mandando a regime iniziative - lo ha confermato in Commissione finanze il sottosegretario Baretta - «che comprendono la ricerca di nuovi operatori di servicing tramite procedure di selezione, e la messa a punto di operazioni di cessione crediti sul mercato». I fondi privati A lato dei grandi attori delle cartolarizzazioni -

SCENARIO BANCHE 35 quella su Mps è la maggiore d'Europa - stanno le iniziative tutte private, sul modello delle Asset management company ben viste dall'Eba di Londra, oltre che dal governatore Ignazio Visco. Una modalità, questa, che avrebbe il significativo vantaggio di non richiedere denaro alle banche, che ne hanno fin troppo bisogno per sé (Atlante ha fatto emergere tale limite), e di velocizzare le procedure e razionalizzarne i costi. Lo studio Cba, con cui lavorano i principali fondi privati operanti nella nicchia, sta sondando le istituzioni e gli operatori per avviare un Fondo di ristrutturazione nazionale che riland gli istituti puntando sulla valorizzazione interna dei crediti più che sulla loro cessione. La cornice normativa, come emerge una bozza di Cba inviata a investitori e alle istituzioni, è il fondo di ristrutturazione, in cui le banche conferiscono i crediti a un veicolo ricevendone in cambio le quote. ll veicolo si dota di squadre di ristrutturazione fornite dalle banche che apportano i crediti, può raccogliere capitale di terzi (fondi o casse di previdenza) come nuova finanza per l'attività di ristrutturazione, che svolge un management indipendente su cui nessuna banca ha il controllo. Le distribuzioni di incassi creditizi non saranno riconducibili ai singob prestiti, per consentire il loro deconsolidamento dai bilanci bancari, il miglioramento degli attivi ponderad per il rischio, oltre che minori costi di struttura e di gestione dei contenziosi per gli istituti (a vantaggio anche dei debitori). All'atto del recupero crediti i flussi sono distribuiti alle singole banche, con allineamento dei loro irte- ressi con gli investitoti e i gestori. Per mutualizzare i portafogli crediti, però, va trovata la volontà comune dei finanziatori di un'azienda, e un prezzo di conferimento che li metta tutti d'accordo. Non facile, in questo litigioso paese. Allo scopo, Cba suggerisce alcune modifiche normative come il credit dragalong, già in uso nell'ordinamento anglosassone per forzare gli istituti a cedere certi crediti a determinate condizioni. «Ha ragione da vendere il govematore quando dice che le banche non devono pensare solo alle cartolarizzazioni, ma a un insieme di operazioni per migliorare la qualità dei loro crediti - dice Angelo Bonissoni, managing partner dello studio Cba - Ma abbiamo bisogno di norme nuove: non si vince questa guerra con le cerbottane».

SCENARIO BANCHE 36 Repubblica Affari&Finanza 17-lug-2017

Affari in Piazza - Il debutto di doBank al listino ripaga tutti art Sara Bennewitz La prima grande matricola del 2017 ha realizzato il debutto perfetto, facendo felice l'azionista di maggioranza, gli investitori e il management. Si tratta della doBank di Andrea Mangoni, società leader nella gestione indipendente di crediti di cattiva qualità. L'azionista di riferimento, il colosso Usa Fortress tra dividendi (70 milioni) Opv (312 milioni) e green shoe (31,2 milioni) si ripagata l'investimento nel gruppo, restando padrona del 51% dell'azienda quotata. Gli azionisti che hanno comprato i titoli in collocamento a 9 euro hanno subito visto le quotazioni lievitare e sanno che percepiranno copiosi dividendi futuri. I manager, che sono in larga parte pagati in azioni, beneficeranno due volte dell'apprezzamento del titolo in Ipo: la prima come azionisti, e la seconda quando a marzo una parte del loro bonus variabile sarà pagata solo se il titolo varrà più di 9 euro. Quando l'America fa scuola sui temi della buona governance: peccato solo che l'Ipo di successo fosse riservata ai grandi investitori.

SCENARIO BANCHE 37 Repubblica Affari&Finanza 17-lug-2017

Far West - Wall Street trema in Usa arriva la class action contro le banche art Antonello Guerrera Banche, consumatori e governi, un intreccio sempre più complicato. Se in Italia l'ultimo problema è il salvataggio delle banche venete e in Europa la conseguente discussione sul destino del "bail-in", negli Stati Uniti da giorni si parla di una riforma delle norme e soprattutto dei diritti dei clienti degli istituti di credito. la miccia l'ha accesa Richard Cordray, il direttore del Consumer Financial Protection Bureau (Cfpb), l'agenzia federale del governo degli Stati Uniti che si occupa della protezione del consumatore in campo finanziario. Cordray, scelto dall'ex presidente democratico Barack Obama durante il suo secondo mandato, ha annunciato la settimana scorsa una rivoluzione in terra americana: l'abolizione della clausola "mandatory arbitration", e cioè le banche e le compagnie fornitrici di carte di credito, nei contratti, non potranno più negare ai clienti il diritto di ricorrere alla class action, cioe a ricorsi collettivi, qualora reputassero violati i loro diritti o gli istituti infrangessero le norme. Sinora questo è permesso solo ai militari e ai civili ma esclusivamente per i contratti di mutuo. In tutti gli altri casi, e sono la stragrande maggioranza, il cliente è costretto a denunciare da solo la banca, in arbitrati individuali, accollandosi tutte le spese legali, spesso insostenibili. E così molti, secondo Cordray, rinunciano a far valere i propri diritti. La mossa di Cordray è stata subito aspramente criticata dai repubblicani, che hanno già annunciato di volerla affossare al Congresso, essendo in maggioranza sia la Camera dei Rappresentanti che il Senato. E anche Keith Noreika, responsabile dell'ufficio di controllo valuta (l'organismo di controllo delle banche americane) nominato da Trump,"ha fatto capire che non se ne parla proprio, esprimendo "viva preoccupazione" per il piano di Cordray: "Così si anichiranno solo gli avvocati delle class action, ai consumatori andranno meno soldi e la qualità dei servizi scenderà". II fronte dei contrari è molto ampio: da quello della Camera di Commercio al Wall Street Journal, che in un editoriale ha attaccato duramente Cordray e i "danni finanziari" che potrebbe provocare. Ma i sostenitori della legge non mollano. E alcuni stati, come la California, stanno già pensando di dare più libertà di denuncia ai clienti, con o senza il consenso federale. La battaglia è appena cominciata.

SCENARIO BANCHE 38 Sicilia Enna 17-lug-2017

Fidi bancari in netto calo precipitano anche depositi art Flessione nei prestiti bancari perle famiglie ennesi. Per i dati di Banca d'Italia dal dicembre del 2012 al marzo 2017 il calo delle richieste ha raggiunto il valore percentuale dell'1,6%in meno. Perla stima elaborata da Banca d'Italia le famiglie ennesi sono le meno indebitate su scala nazionale. L'indebitamento medio delle famiglie sul territorio, secondo l' ufficio studi della Cgia di Mestre a fine 2016 è stato di 9.072 euro. Il dato elaborato sull'indebitamento medio comprende l'accensione di mutui per l'acquisto di abitazioni, prestiti per l'acquisto di un auto moto e in generale di beni mobili, credito al consumo, finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili. Le famiglie ennesi sono indebitate per il 50% in meno rispetto a quelle italiane gravate da debiti per 20.341. Le richieste di mutui a Enna nel 2016 sono però aumentate del 34,1%. Il dato, rilevato dall'osservatorio Crif è stato il più alto in Sicilia. Enna, a marzo scorso guidava la classifica regionale anche per il numero di interrogazioni relative alle richieste di prestiti finalizzati all'acquisto di beni servizi (quali auto e moto, arredo, elettronica ed elettrodomestici, ma anche viaggi, spese mediche, palestre ecc.) In calo, la consistenza dei depositi bancari per le famiglie ennesi: da dicembre 2012 a marzo 2017 la flessione e' dello 0,4%. TIZIANA TAVELLA

SCENARIO BANCHE 39 Sole 24 Ore 17-lug-2017

Per la banca cinese dello sviluppo prestiti a quota due miliardi - Banca cinese art dello sviluppo, prestiti a quota due miliardi - Due miliardi sulla Via della Seta

di Rita Fatiguso La Belt e Road Initiative (Bri) cinela se è un'iniziativa di dimensioni colossali- oltre 1.400 miliardi di dollari da investire nei prossimi 5-10 anni - che ha l'obiettivo di creare infrastrutture in 65 Paesi che comprendono quasi 4,5 mil lardi di persone su una superficie pari al 35% del globo. II lancio in grande stile della strategia si è tenuto a maggio, a Pechino, ma ora è arrivato il momento di passare ai fatti. Per la Nuova Via della Seta, Pechino non bada a spese: si è dotata di strumenti finanziari adeguati e, tra questi, sul versante dell'equity, figura il Silk Road Fund, partecipato dalla Banca centrale, su quello della "stabilizzazione" va ricordata la New Development Bank (la cosiddetta Banca dei Brics) e, soprattutto, la Banca asiatica multilaterale di sviluppo Aiib, attiva dal gennaio del 2016 e che, oggi, può contare su 70 Paesi membri, orientata sui prestiti per il finanziamento di progetti infrastrutturali dedicati allo sviluppo di aree in via di sviluppo. A un anno dall'inizio dell'operatività, l'Aiib ha appena ottenuto da Moody's e Fitch una pagella più che lusinghiera. Moody's le ha concesso la tripla A a medio-lungo termine e, a breve, il Prime-i, l'outlook è stabile. Di ottimo livello anche il giudizio di Fitch: l'agenzia ha dichiarato che i rating di Aiib «sono basati sui suoi punti di forza esistenti e intrinseci». La banca è stata dotata di un capitale che, secondo Fitch, «sosterrà la rapida espansione del prestito, l'esposizione al rischio sarà mitigata da una serie completa di politiche e da una governancedialtaqualità; Aiibgode di un eccellente livello di liquidità e dovrebbe trarre vantaggio dal facile accesso ai mercati dei capitali». Intanto la Banca ha dovuto darsi una struttura solida, anche dal punto di vista delle risorse umane e delle expertise specifiche; ha scelto di lavorare anche con organismi e banche preesistenti, come l'Asian development bank e la Banca mondiale, istituzioni certamente più collaudate. Il processo è ancora in fieri, maalivello digovernance Aiib ha fatto del suo meglio per cercare di bruciare i tempi e iniziare a lavorare. Di fatto, comunque, la Banca asiatica multilaterale di sviluppo ha preso l'abbrivio e continua ad annunciare sempre nuovi progetti: i prestiti accesi hanno toccato quota 2 miliardi di dollari. Gli ultimi in ordine di tempo finanzieranno progetti in Indonesia e in Bangladesh. Il Board of directors ha infatti recentemente approvato tre prestiti per un totale di 285 milioni di dollari, portando il prestito totale, appunto, a oltre 2 miliardi di dollari, sempre a sostegno dei suoi membri che cercano di migliorare le condizioni di vita socio-economiche dei cittadini. Gli ultimi prestiti contribuiranno, in Indonesia, alla sicurezza e alla funzionalità dell'approvvigionamento di acqua proveniente dai grandi serbatoi del Paese e a migliorare l'accesso alle finanze delle infrastrutture per i Governi regionali indonesiani, garantendo una maggiore flessibilità operativa; mentre in Bangladesh i fondi verranno utilizzati per aumentare l'integrità della rete di trasmissione di gas. D.J. Pandian, vicepresidente e chief investment officer di Aiib, è chiaro: «I prestiti approvati dal nostro consiglio di amministrazione hanno diversi campi di applicazione, ma il denominatore comune è dato dai loro sforzi per sfruttare le spese infrastrutturali e per stimolare la crescita e migliorare la qualità della vita delle comunità locali. Da qui nasce la necessità di collaborare con i nostri partner multilaterali di banche di sviluppo per poter offrire questi finanziamenti necessari a Paesi come l'Indonesia e il Bangladesh». Di recente l'Aiib ha apertole porte anche a Paesi non asiatici e nemmeno europei: Cile e Argentina, per esempio, hanno seguito la scelta di Perù e Brasile e hanno aderito, con la prospettiva di avviare infrastrutture anche di tipo diverso, data anche la distanza, relative in prevalenza alle telecomunicazioni. Il che accentua la dimensione globale della Banca, sempre meno asiatica e sempre più mondiale.

SCENARIO BANCHE 40 Sole 24 Ore 17-lug-2017

La mappa dell'Italia che cerca di uscire dal tunnel della crisi - La mappa dell'Italia art che cerca di uscire dalla crisi

Enrico Netti Dieci indicatori, dieci istantanee per ritrarre come il nostro Paese, a fatica, stia cercando di lasciarsi alle spalle la lunga crisi iniziata nel 2007, quando ainnescarla fu il default, negli Stati Uniti, dei mutui subprime, che poi portò a una recessione economico-finanziaria globale. Oggi, a dieci anni di distanza, si scorgono spiragli di miglioramento del clima economico, anche se la ripresa rimane molto fragile, a macchia di leopardo, con le famiglie che navigano a vista e fanno i conti con un tasso di povertà in crescita. Ma a che punto stanno le 103 province italiane nel loro faticoso cammino per uscire dal tunnel? Dove si registrano i maggiori progressi e chi, al contrario, mostra ancora di procedere a rilento? Il sentiment delle famiglie italiane sta assumendo una connotazione positiva e favorevole al rilancio dei consumi oppure dominano l'incertezza e la cautela nelle decisioni di spesa e di investimento? Nel luglio di tre anni fa Il Sole 24 Ore del Lunedì aveva fatto un tour tra le province per misurare gli effetti della crisi nel periodo dal 2oo7 al 2013. Sul cruscotto si vedevano accese molte spie rosse. E ora, utilizzandogli stessi indicatori e passando ai raggi X gli anni dal 2013 al 2016, chi è riuscito a spegnerne qualcuna? La disoccupazione, una delle maggiori emergenze che ogni governo cerca di affrontare, nel periodo considerato ha registrato un'evoluzione non uniforme con cali, soprattutto al Nord, e aumenti anche a due cifre. A Bergamo, la provincia che nella classifica generale mostra la maggiore reattività alla crisi (Aosta, invece, è la più lenta a reagire), si attesta al 5,3%, uno dei tassi di disoccupazione più bassi del Paese. E se per ovviare al problema del lavoro, precario e difficile da trovare, si punta sempre di più sull'istruzione, un segnale positivo arriva dal rapporto tra laureati e giovani, in miglioramento del 4,4 per cento. Un fenomeno che coinvolgei due terzi delle province. Un'altra buona notizia emerge dai dati preliminari elaborati da Prometeia con la crescita del reddito pro capite: nel 2016, infatti, solo in sei aree si vede Il segno meno. Si conferma, poi, la storica capacità di risparmiare degli italiani con un incremento, generalizzato, dei depositi bancari pro capite. Tragli altri asset della famiglia media c'è il mattone, il bene rifugio per eccellenza, che ora sembra aver voltato le spalle agli italiani, alla luce della diffusa flessione delle quotazioni al metro quadro rilevata dalle elaborazioni di Scenari Immobiliari. Milano è l'unica città in cui nel periodo 2013-2016 il costo al metro quadro di un appartamento in una zona semi-centrale riesce a mettere a segno una crescita, pari all'1,1 per cento. In tutto il resto del Paese è un susseguirsi di segni rossi e di cali anche a due cifre. E sul fronte dei c onsumi, la vera sfida da vincere per accelerare il cammino di uscita dalla crisi? Le vendite di auto hanno mostrato un'accelerazioneunpo'ovunque, con impennate a due cifre. Non è andata altrettanto bene ai beni durevoli (mobili, elettrodomestici, computer ed elettronica di consumo). In questo caso, evidenziano i dati di Findomestic, la spesa per famiglia è cresciuta deltoccando nel 2016 una spesa media di 866 euro, ma gli aumenti si sono registrati solo nel Nord Italia. Parallelamente cresce di circa il 10% l'importo medio richiesto per i prestiti personali, ma a Bolzano, Treviso e Parma si arriva al 30% e oltre. 11 quadro economico continua a rimanere difficile, come-appunto- testimonia il rapporto «La povertà in Italia» presentato dall'Istat giovedì scorso. Sono oltre 4,7 milioni le persone che vivono in uno stato di povertà assoluta, mentre quelle in povertà relativa sono circa 8,5 milioni, in prevalenza under 35. Insomma, un italiano su sei vive in uno stato di sofferenza economica. E fl clima di generale difficoltà ha portato a una riduzione dei rifiuti urbani prodotti, in parte dovuta anche a un taglio degli sprechi che riguardai residenti al Nord, anche se a Vercelli la raccolta è cresciuta (il dato più alto tra le 103 province considerate) del 10,6 per cento. In un Paese, che pure tende progressivamente a invecchiare, anche la spesa per le medicine incontra crescenti difficoltà. I maggiori cali si sono registrati nel Mezzogiorno. Secondo le rilevazioni di Quintileslms, i farmaci di automedicazione e quelli senza l'obbligo della prescrizione medica hanno subìto una significativa flessione dei volumi di vendita, mentre il consumo di farmaci a prescrizione obbligatoria, quelli utilizzati sotto controllo medico, è aumentato del 2,3 per cento. Sulle prospettive del Paese continuano a pesare un debito pubblico che a maggio ha raggiunto la cifra record di 2.279 miliardi e l'incertezza sui vincoli di bilancio, oggetto di continue trattative tra Roma e Bruxelles. Adesso c'è da sperare che si materializzino i tassi di crescita del Pil previsti venerdì dalla Banca d'Italia 1,4% quest'anno e 1,3% nel 2018. Sperando che sia, finalmente, una ripresa innescata non solo e non tanto

SCENARIO BANCHE 41 dall'export, ma soprattutto dall'espansione dei consumi e degli investimenti «a ritmi relativamente sostenuti». enrico.netti ilsole24ore.com LA METODOLOGIA Dieci indicatori • La classifica del Sole 24 Ore prende in considerazione - peril periodo 2013-2016 e per 103 province, quelle che consentono il confronto con tutti i parametri - dieci indicatori: il reddito pro capite (fonte: Prometeia); i depositi bancari pro capite (fonte: elaborazione su dati Banca d'Italia); i prestiti personali richiesti (fonte: Crif); i l tasso di disoccupazione (fonte: Istat); il numero di laureati ogni millegiovani (fonte: Miur); il costodella casa al metro quadro (fonte: Scenari Immobiliari); gli acquisti di automobili (fonte: Aci-Istat); la spesa perfamiglia in beni durevoli (fonte: Findomestic); la spesa pro capite in farmaci (fonte: QuintileslMS); la raccolta rifiuti perabitante (fonte: Istat). La classifica generale è la media, rapportata a 100, dei 10 indicatori: il punteggio più alto indica la provincia più reattiva alla crisi

SCENARIO BANCHE 42 Sole 24 Ore 17-lug-2017

Rallenta il credito alle imprese - Credito in frenata ma aumentano le richieste al art Sud

Enrico Netti — Una pausa di riflessione. Nel primo semestre 2017 le richieste di finanziamento presentate dalle imprese italiane hanno visto un inaspettato calo dello 0,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Un piccolo break dopo un triennio di crescita costante. Una pausa quasi fisiologica, ma con qualche sorpresa a livello territoriale nell'andamento delle domande. Per una volta è dal Centro-Nord che arrivano i segnali del rallentamento, mentre dal Mezzogiorno il trend delle richieste si rivela più tonico. Non è solo per i segni positivi sparsi tra Puglia e Sardegna: a ben vedere i movimenti più incoraggianti arrivano da Sicilia e Calabria, dove rispettivamente il numero delle richieste ha messo a segno un balzo del 12,4% e dell'8,3 per cento. Senza dimenticare il 5,5% della Sardegna, il quasi 4% della Campania e il 3,1% della Puglia, mentre Abruzzo e Lazio restano in terreno positivo per una manciata di decimali. È quanto rivela l'ultima edizione del Barometro Crif, che analizza l'andamento delle richieste di valutazione e rivalutazione del credito presentate dalle imprese nei primi sei mesi dell'anno. Il Trentino-Alto Adige, invece, dopo aver lasciato alle spalle un 2016 particolarmente brillante, quest'anno arretra del 16%, ma conserva la leadership per l'importo medio richiesto con oltre u3mila euro. Rallentano i volumi anche in Friuli-Venezia Giulia (-7,4%), Emilia-Romagna e Umbria, entrambe al -6,8%, e in Toscana, Veneto, Lombardia e Piemonte. «Negli ultimi mesi le richieste hanno beneficiato degli stimoli agli investimenti portati dai pacchetti di bonus e incentivi-osserva S imoneCapecchi, Executive director di Crif -. I dati mostrano una stabilizzazione delle domande che provengono dal Nord Italia, mentre l'exploit si registra nelle regioni del Sud, trend che si può interpretare come un primo concreto effetto portato dal Bonus Mezzogiorno». Il provvedimento punta ad agevolare il rinnovamento dei beni strumentali nuovi tra le aziende del Meridione e, tra gli altri interventi, consente di aumentare il credito d'imposta spettante e il cumulo dello stesso con altri aiuti di Stato sulle stesse voci di costo. «L'andamento più robusto della domanda di credito in buonaparte delle regioni meridionali non deve sorprendere - commenta Stefan Pan, vice presidente di Confindustria per le politiche regionali-. È il segnale del consolidamento della vitalità imprenditoriale del Mezzogiorno, che già da alcuni trimestri caratterizza l'economia meridionale». Risultati ottenuti anche grazie agli strumenti di sostegno messi in campo come il rafforzamento del credito d'imposta per gli investimenti al Sud, fortemente voluto da Confindustria. Mercoledì a Roma in Viale dell'Astronomia verrà presentato «Check up Mezzogiorno», report che farà il punto sullo stato e le prospettive dell'area. Da parte sua Capecchi ricorda come «nel complesso le società di capitali sono quelle che hanno rallentato di più, anche per quanto riguardagli importi medi richiesti, mentre le imprese individuali hanno visto un calo molto più lieve». Per le prime la flessione nello stock delle richieste è stato dell'i,6% contro il -0,2% delle ditte individuali. Per quanto riguarda gli importi richiesti il dato aggregato nazionale è pari a 76.500 euro (quasi -4%). In controtendenza le realtà individuali con una richiesta media di poco superiore a 34.250 euro ( 2,4%), mentre le società di capitali scivolano a 105.5oo euro (-4%). Scorrendo le classi di importo, quasi un terzo delle domande è al di sotto dei 5mila euro e poco più del 40% al di sopra dei 2omila euro. [email protected] RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Bonus Sud La legge di Stabilità 2016 ha introdotto, per gli anni da12016 alla fine dei 2019, il Bonus Sud, un credito di imposta a favore delle imprese che acq uistano beni strumentali nuovi destinati a impianti produttivi in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo, nella misura massima del 20% perle piccole imprese, del 15% per le medie e del10% perle grandi. Èpossibile, inoltre, cumulare questi incentivi con gli altri aiuti di Stato, purché non si superi l'intensità o l'importo di aiuto più elevato consentito dalla normativa europea

SCENARIO BANCHE 43 Tempo 17-lug-2017

Intervista a Massimo Doris - «Clima sereno. Il Paese può ripartire» art Filippo Caleri [email protected] mI «Bene l'intervento su Mps e le banche venete. Gli investitori e i risparmiatori ora sono più sereni dopo la grande paura degli anni scorsi e il Paese può decollare. In questo la liquidità che attraverso i Piani Individuali di Risparmio può affluire alle piccole e medie imprese sarà un elemento importante». La fiducia non sembra mancare insomma a Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum, che a Il Tempo racconta come vede il Paese in questo momento. La crisi è alle spalle? «I segnali di una svolta ci sono. Sicuramente la fiducia degli italiani sta lentamente risalendo». Certo il bail in non ha aiutato? «La direttiva Ue per la soluzione ordinata della crisi bancarie parte da un concetto teoricamente giusto. Anche la banca è un'azienda che, se non sta in piedi va chiusa, e i costi sono da addebitare agli azionisti, agli obbligazionisti e solo in via residuale ai correntisti sopra i 100 mila euro». Stiamo parlando di risparmio non di bulloni? «Corretto. Ma per ottanta anni nessuno ha mai dubitato che si potessero perdere i soldi messi in banca. E invece è un rischio che comunque esiste. Ora il concetto è stato assimilato da tutti. E questo responsabilizza tutto il sistema». Insomma il bail in alla fine è una buona medicina? «C'è stato solo un errore di applicazione a mio avviso sul caso delle quattro banche in risoluzione. Bisognava distinguere tra il vecchio e il nuovo. Si dovevano avvisare risparmiatori e investitori che da un certo momento in poi la tagliola sarebbe scattata inesorabilmente. Ma nello stesso tempo si doveva salvaguardare tutto quello che era stato sottoscritto prima. In sintesi, nessun effetto retroattivo e maggiore gradualità di applicazione». Era un po' tutto il settore a scricchiolare per il livello delle sofferenze giunto a livelli record. Siete entrati nel fondo Atlante per questo. Come è andata? «Doveva essere in origine uno strumento per acquistare i cosiddetti Non performing loan (Npl), e cioè i crediti inesigibili per liquidarli, alla fine si è trasformato in un altra cosa per salvare le due banche venete». Finalità comunque nobile? «Certo. Ma dal punto di vista economico fallimentare. Ci abbiamo messo 60 milioni. Dovevano essere remunerati al 6%. Mio padre, Ennio, quando gli presentai il progetto mi disse: "Se mi assicurano che ne perdo solo la metà, ditemi dove firmare". Come è finita? Aveva ragione mio padre. Torniamo alle banche. Cosa fate per recuperare la fiducia dei risparmiatori messa a così dura prova? «Innanzitutto trasmettendo l'idea di solidità. Ci sono indici patrimoniali complessi da comunicare. Pochi sono in grado di capire ad esempio il valore dell'indice Core Tier 1. Noi lo abbiamo trasformato a livello di comunicazione in indice di solidità. Il nostro è tra i più alti della categoria e lo pubblichiamo regolarmente. Il risparmiatore collega immediatamente sicurezza e affidabilità della banca. D'altronde quello bancario è un business basato sulla fiducia». Lo usavate anche nel 2015 quando 1e 4 banche stavano saltando? «Quel clima ci ha spinto a insistere sul concetto della solidità. Inizialmente c'era scetticismo su questa strategia ma i numeri ci hanno dato ragione». Come? «Noi misuriamo la raccolta netta ogni mese. E cioè la differenza tra i soldi che entrano nelle nostre casse e quelli che escono. A dicembre 2015, non appena verificatosi il problema delle 4 banche, la nostra raccolta netta è subito cresciuta e ha sfiorato il miliardo. Nel gennaio seguente, mese tradizionalmente avaro in termini di flussi, era di oltre 500 milioni. Insomma i risparmiatori hanno percepito il valore dell'affidabilità che in quel momento era, come è ancora oggi, quasi più importante del rendimento. Puntate sull'educazione finanziaria? II Parlamento ci ha messo anche dei fondi. «Abbiamo un vantaggio rispetto ai competitor. I nostri family banker entrano nelle case degli italiani e spiegano punto per punto le scelte di investimento e di finanziamento. Dunque l'educazione finanziaria la facciamo da tempo sul territorio. Ben venga tutto quello che accresce la consapevolezza del cliente. Abbiamo anche un calendario di incontri sul territorio, sul bail in, sui Pir Come vede situazione economica e finanziaria internazionale? «I tassi stanno iniziando la risalita? «Si alzeranno un po' ma sostanzialmente non tanto da provocare allarme. Anche perché l'inflazione importata e cioè quella legata a costo del petrolio ormai è sotto controllo. Le tecniche di estrazione del petrolio e lo shale gas consentono il contenimento dei rialzi dei prezzi inoltre le fonti alternative sono sempre più efficienti. Dunque i tassi usciranno dall'area negativa, che è un bene anche per i conti economici delle banche, ma il loro aumento resterà contenuto». Cosa consiglia oggi ai risparmiatori nelle scelte di investimento? «Innanzitutto ogni asset allocation dipende dall'orizzonte temporale e cioè da quando servono i soldi investiti. Dal settore obbligazionario, infatti, non ci si aspetta granché in termini di rendimento. Per averlo più alto occorre sopportare qualche oscillazione del mercato azionario e dunque avere a

SCENARIO BANCHE 44 disposizione un tempo più lungo per sopportare perdite di valore temporanee». Dunque azioni e addio ai Btp? «Ci sono titoli che danno rendimenti più elevati a condizione di accettare un rischio più alto. Certo il fai da te è da escludere perché si rischia di bruciare capitale facilmente. Diverso è comprare fondi che hanno al loro interno questi titoli. La composizione dei portafogli di chi fa risparmio gestito consente di bilanciare i rischi aumentando la diversificazione sia nei settori sia nelle aree geografiche. La formula magica è cautela, diversificazione e affidarsi a operatori professionali del risparmio gestito. Parliamo del nostro Paese. Fiducioso sulla ripresa? «Ci sono segnali positivi che sono da consolidare. Poi va aiutata la struttura produttiva con un ingresso delle piccole e medie aziende nel mercato dei capitali. I Pir sono un'ottima soluzione. Consentono l'accesso ai capitali di rischio anche alle realtà efficienti ma troppo piccole per arrivare sui listini azionari». Stanno diventando di moda tra i risparmiatori. Non è che si sta creando un'altra bolla? «Per far decollare il mercato servono soldi e imprese che decidono di quotarsi. I primi, allenati dai vantaggi fiscali, stanno affluendo dai risparmiatori. Le seconde sono più restie perché temono come è accaduto finora che mercati con pochi scambi non siano in grado di dare il giusto prezzo ai loro asset Ora però la situazione può cambiare perché l'arrivo delle risorse consente di movimentare e accelerare le transazioni e di dare giuste valutazioni ai beni». Difficile convincere gli imprenditori italiani che restano gelosi della loro autonomia. Banca Mediolanum sta organizzando incontri informativi con le imprese per spiegare i vantaggi della quotazione. Che sono per tutti. Per l'imprenditore perché ottiene risorse, per noi perché se la sua ricchezza cresce una parte sarà investita in attività finanziarie, per il denaro che trova uno sbocco e in finale per l'economia e per il Paese che può tomare a volare. Cosa offrite alle imprese? «Il coordinamento della quotazione o dell'emissione di prestiti e i migliori professionisti per accompagnarle sul mercato dei capitali». Ci credete molto? «Parlano i dati. La raccolta stimata complessiva era inizialmente di 2 miliardi. Banca Mediolanum ha già raccolto da sola 1,4 e l'obiettivo per 2017 è di tre miliardi».

SCENARIO BANCHE 45 AREZZONOTIZIE.IT 15-lug-2017

Etruria in Ubi, la Fabi: "Perso il centro direzionale ad Arezzo. E' mancato uno art sforzo comune" - Arezzo Notizie

Prosegue a Bergamo l’impegnativo confronto fra il Gruppo Ubi e i rappresentanti sindacali, sulla revisione del Piano industriale. E’ una trattativa che si protrarrà sino ad ottobre e che prevede molte tappe di avvicinamento, prima di un testo finale. Tra i vari argomenti, la chiusura di quaranta filiali scarse in Banca Etruria – delle quali tre nella nostra provincia – andrà valutata, per comprenderne l’impatto sull’occupazione, dopo aver visto il dimensionamento dei nuovi modelli di filiale e la contestuale presenza di filiali di altre banche del Gruppo Ubi. C’è ancora l’incognita del campus di Via Calamandrei – spiega Fabio Faltoni della Fabi – del futuro di tutto il personale che ci lavora a vario titolo. A tal proposito, confidiamo in uffici decentrati della macro area di Roma e anche in sezioni locali di lavorazioni altrimenti accentrate presso la direzione Ubi; inoltre, vorremmo presto sapere qualcosa di più sui progetti legati a UBI Sistemi e Servizi, società del Gruppo Ubi presente con sette sedi sia nel nord che nel sud Italia, e che dovrebbe andare a reperire un centinaio di lavoratori di BancaEtruria. L’esigenza di una virtuosa gestione delle risorse umane, si deve accompagnare con la valorizzazione delle alte professionalità presenti nella nostra banca. Certo, resta il rammarico per aver perso la sede della macro area territoriale, soprattutto perché avrebbe potuto assorbire sino ad un centinaio di lavoratori. Purtroppo, al di là di lodevoli singole iniziative, forse è mancato uno sforzo comune, un vero lavoro di squadra territoriale – in parallelo con l’attività dei sindacati – un “idem sentire” della società aretina, per garantirci questo importante presidio territoriale; tanto da chiedersi se la mat l’abbiamo persa o se invece non siamo mai stati in gara. Non si può escludere poi, che possano aver giocato a nostro sfavore anche altri elementi, estranei alle mere logiche di progetto industriale. Noi della Fabi, da un punto di vista diverso da quello del presidente di Confindustria Sud Toscana, pensiamo che la lunga storia di BancaEtruria va ad innestarsi in quella di un grande Gruppo bancario, che ha anch’esso radici popolari e che è ancora in costruzione; noi lavoratori vogliamo contribuire a questa costruzione, portandoci la nostra storia e quella dei colleghi che ci hanno preceduto. Certo, il marchio sparirà, come è scomparso quello di altre banche locali che via via nel passato sono entrate in Etruria, ma nulla del buono fatto si cancellerà; la “UBI aretina” continuerà a servire il territorio, assieme a tutte le altre banche presenti nella provincia. A proposito di Etruria, l’ex premier Matteo Renzi scrive – in merito al decreto del 22 novembre 2015 che portò alla “risoluzione” delle quattro banche – che si rammarica per aver lasciato alla sola Banca d’Italia la gestione del dossier banche, ma che invece avrebbe dovuto occuparsene lui in maniera diversa. Se l’ex premier ha in programma la presentazione anche ad Arezzo del suo libro, non sarebbe male se ci facesse capire meglio cosa e perché è successo quella domenica sera. Non entriamo nel merito nei rapporti fra Governo e l’Istituto centrale, però notiamo come, prima di Renzi, abbiano espresso forti dubbi o pentimenti sul quel provvedimento lì: la Consob, la Banca d’Italia, l’ABI e il ministero dell’economia; tutti, quando ormai era tardi. Noi della FABI, che il decreto di “risoluzione” lo abbiamo conosciuto ovviamente a cose fatte, e che sin da subito abbiamo detto le stesse cose ora affermate da personalità molto più autorevoli, lanciamo un avviso ai naviganti: talvolta, ascoltare anche la voce dei bancari, non farebbe male.

WEB 46 BORSAITALIANA.IT 14-lug-2017

INTESA SANPAOLO: BOSSOLA (FABI), ENTRO L'ANNO MILLE USCITE DA art VENETE

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Roma, 14 lug - L'accordo tra Intesa Sanpaolo e i sindacati sui circa 4mila esuberi per l'acquisto delle banche venete prevede il prepensionamento entro l'anno di mille dipendenti dell'ex Popolare di Vicenza e dell'ex Veneto banca. Lo rende noto il segretario generale aggiunto del sindacato Fabi Mauro Bossola. 'Con questo accordo abbiamo evitato i licenziamenti ottenendo a favore dei lavoratori garanzie sulle uscite volontarie e anche sulla contrattazione di secondo livello, senza nulla togliere ai dipendenti di Intesa Sanpaolo'. Il segretario generale aggiunto della Fabi auspica che Parlamento 'dia prova del medesimo senso di responsabilita' dimostrato dai sindacatii convertendo definitivamente in legge il decreto sulle banche venete, l'unica soluzione possibile che scongiura il bail-in e garantisce un futuro ai lavoratori, a circa 2milioni di clienti e alle economie dei territori del Veneto'.

WEB 47 CITYWIRE.IT 14-lug-2017

Banche venete, accordo tra Intesa Sanpaolo e sindacati su 4mila uscite art Intesa Sanpaolo e i sindacati si sono accordati sulla gestione degli esuberi delle banche venete. Le uscite, che erano state annunciate al momento del salvataggio, saranno 4.000. Nello specifico, il gruppo guidato da Carlo Messina e i sindacati (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Unisin-Sinfub e Ugl) prevedono che la prima fase coinvolga 1.000 lavoratori di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca che matureranno il requisito pensionistico entro sette anni e che usciranno ogni mese dall’1 ottobre 2017 all’1 gennaio 2018. Con questo accordo, spiega il segretario generale aggiunto della Fabi, Mauro Bossola, “abbiamo evitato i licenziamenti e messo in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa, ottenendo a loro favore garanzie sulle uscite volontarie e anche sulla contrattazione di secondo livello, senza nulla togliere ai dipendenti del gruppo Intesa Sanpaolo”. Ora, aggiunge Mauro Incletolli, della segreteria nazionale di First Cisl, i sindacati si aspettano che la politica “faccia la sua parte” completando l’iter di conversione del decreto da parte del Senato.

WEB 48 ECONOMIA.ILMESSAGGERO.IT 14-lug-2017

Banche venete, la Camera approva il decreto art (Teleborsa) - Via libera al decreto Banche venete, dopo il voto di fiducia dal governo arrivato mercoledì. La Camera ha detto sì al piano per la liquidazione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, con 211 voti a favore, 91 voti contrari e 3 astensioni. A favore tutta la maggioranza ad eccezione di Mdp, mentre il Movimento 5 Stelle ha fatto ostruzionismo al provvedimento, prolungando molto i lavori. Secondo il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, l'approvazione alla Camera del decreto banche venete rappresenta "un passo importante verso l'approvazione definitiva". Ricordando che il fallimento non controllato delle due banche avrebbe avuto pesanti ripercussioni sull'economia di una regione florida come il Veneto, Baretta ha ribadito "il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare sicurezza al territorio, ai risparmiatori, alle famiglie e alle imprese ed evitare crisi occupazionali". Frattanto, proprio sugli aspetti occupazionali, Banca Intesa Sanpaolo ha finalmente raggiunto l'accordo con i sindacati sugli esuberi: sono previsti 4 mila prepensionamenti su base volontaria entro il 31 dicembre 2017 (prima finestra d'uscita 1° ottobre 2017), di cui almeno mille nel perimetro delle ex Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, facendo ricorso al Fondo di Solidarietà per un periodo massimo di 7 anni per i lavoratori delle banche venete e 5 anni per quelli di Intesa Sanpaolo. Il sindacato dei bancari FABI ha commentato positivamente l'accordo, sottolineando che "evita licenziamenti e mette in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa". "E' un accordo importante che rappresenta un tassello decisivo dell'intera operazione di salvataggio", ha affermato il segretario generale della Uilca, Massimo Masi. "Siamo soddisfatti del primo pezzo di strada, ma ne resta da fare ancora molta per tutelare i lavoratori sul territorio e per dare risposte sul futuro degli oltre settecento dipendenti rimasti fuori dal perimetro di Intesa Sanpaolo", ha sottolineato con maggiore prudenza il segretario generale di First Cisl, Giulio Romani.

WEB 49 FINANZA.REPUBBLICA.IT 14-lug-2017

Banche venete, la Camera approva il decreto - Economia e Finanza con art Bloomberg - Repubblica.it

(Teleborsa) - Via libera al decreto Banche venete, dopo il voto di fiducia dal governo arrivato mercoledì. La Camera ha detto sì al piano per la liquidazione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, con 211 voti a favore, 91 voti contrari e 3 astensioni. A favore tutta la maggioranza ad eccezione di Mdp, mentre il Movimento 5 Stelle ha fatto ostruzionismo al provvedimento, prolungando molto i lavori.Secondo il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, l'approvazione alla Camera del decreto banche venete rappresenta "un passo importante verso l'approvazione definitiva". Ricordando che il fallimento non controllato delle due banche avrebbe avuto pesanti ripercussioni sull'economia di una regione florida come il Veneto, Baretta ha ribadito "il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare sicurezza al territorio, ai risparmiatori, alle famiglie e alle imprese ed evitare crisi occupazionali".Frattanto, proprio sugli aspetti occupazionali, Banca Intesa Sanpaolo ha finalmente raggiunto l'accordo con i sindacati sugli esuberi: sono previsti 4 mila prepensionamenti su base volontaria entro il 31 dicembre 2017 (prima finestra d'uscita 1° ottobre 2017), di cui almeno mille nel perimetro delle ex Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, facendo ricorso al Fondo di Solidarietà per un periodo massimo di 7 anni per i lavoratori delle banche venete e 5 anni per quelli di Intesa Sanpaolo.Il sindacato dei bancari FABI ha commentato positivamente l'accordo, sottolineando che "evita licenziamenti e mette in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa"."E' un accordo importante che rappresenta un tassello decisivo dell'intera operazione di salvataggio", ha affermato il segretario generale della Uilca, Massimo Masi."Siamo soddisfatti del primo pezzo di strada, ma ne resta da fare ancora molta per tutelare i lavoratori sul territorio e per dare risposte sul futuro degli oltre settecento dipendenti rimasti fuori dal perimetro di Intesa Sanpaolo", ha sottolineato con maggiore prudenza il segretario generale di First Cisl, Giulio Romani.

WEB 50 FINANZAONLINE.COM 14-lug-2017

doBank: esordio con il botto (oltre +16%). Buy scatenati, titolo sospeso per art eccesso di rialzo - FinanzaOnline

Entusiasmo a Piazza Affari per il titolo di doBank, sbarcato oggi in Borsa al prezzo di 9 euro per azione, per una capitalizzazione iniziale di 704 milioni. Il titolo è stato sospeso anche per eccesso di rialzo, con un balzo teorico superiore a +16%, per poi tornare a segnare un rialzo del 12% circa. Ampiamente superato il prezzo di collocamento. Gli acquisti scatenati portano l’azione a superare ampiamente quota 10 euro, attorno a 10,40 euro. Borsa Italiana dirama intanto un comunicato in cui, nell’annunciare lo sbarco, ricorda che si tratta “dell’ottava ammissione dell’anno su MTA” e che “Unicredit ha agito come Sponsor, mentre coordinatori dell’offerta e joint bookrunners sono stati Unicredit, Citigroup e JP Morgan”. L’esordio in Borsa segue il collocamento delle azioni ordinarie di doBank presso gli investitori istituzionali, che si è chiuso con successo: le richieste sono state pari a 4,65 volte l’offerta, che ha avuto per oggetto 34,7 milioni di azioni, il 44,3% del capitale della società, comprensive della greenshoe pari a 3,47 milioni di azioni. Il principale azionista di doBank rimarrà Avio, controllato indirettamente da Fortress Investment Group e Eurocastle Investment Limited. Avio deterrà 43,550 milioni di azioni, ovvero una quota pari al 54,4% del capitale sociale totale (40,080 milioni di azioni corrispondenti al 50,1% del capitale sociale in caso di integrale esercizio dell’opzione greenshoe). Ma proprio nel giorno in cui doBank sbarca a Piazza Affari, arriva la nota congiunta delle segreterie nazionali di Fabi, First, Fisac, Uilca, Ugl e Unisin, che accusano il gruppo di aver realizzato una operazione “in assenza di un concreto piano industriale indispensabile per delineare le prospettive” della società ed “in presenza di evidenti difficoltà ad acquisire nuove quote di mercato, come dimostrato dal mancato coinvolgimento nella gestione degli npl di Mps e delle banche Venete aggiudicate ad altre società del settore”. I sindacati esprimono tutta la loro perplessività anche per “notizie di stampa sulla retribuzione dell’amministratore delegato del gruppo, nonostante il forte dibattito sulla necessità di contenere gli stipendi dei manager a livelli eticamente sostenibili e l’esigenza di garantire, in particolare in un comparto così delicato, attenzione ai lavoratori attraverso la valorizzazione delle professionalità coinvolte”. #|#http://www.finanzaonline.com/notizie/dobank-esordio-botto-oltre-16-buy-scatenati-titolo-sospeso-eccesso-rialzo

WEB 51 ILGAZZETTINO.IT 14-lug-2017

Decreto Banche venete, via libera della Camera: 211 sì e 91 contrari Ora passa art al Senato

ROMA - Via libera al decreto Banche venete, dopo il voto di fiducia dal governo arrivato mercoledì. La Camera ha detto sì al piano per la liquidazione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, con 211 voti a favore, 91 voti contrari e 3 astensioni. A favore tutta la maggioranza ad eccezione di Mdp, mentre il Movimento 5 Stelle ha fatto ostruzionismo al provvedimento, prolungando molto i lavori. Secondo il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, l'approvazione alla Camera del decreto banche venete rappresenta "un passo importante verso l'approvazione definitiva". Il provvedimento, che scade il 24 agosto, passa ora all’esame del Senato. Ricordando che il fallimento non controllato delle due banche avrebbe avuto pesanti ripercussioni sull'economia di una regione florida come il Veneto, Baretta ha ribadito "il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare sicurezza al territorio, ai risparmiatori, alle famiglie e alle imprese ed evitare crisi occupazionali". Frattanto, proprio sugli aspetti occupazionali, Banca Intesa Sanpaolo ha finalmente raggiunto l'accordo con i sindacati sugli esuberi: sono previsti 4 mila prepensionamenti su base volontaria entro il 31 dicembre 2017 (prima finestra d'uscita 1° ottobre 2017), di cui almeno mille nel perimetro delle ex Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, facendo ricorso al Fondo di Solidarietà per un periodo massimo di 7 anni per i lavoratori delle banche venete e 5 anni per quelli di Intesa Sanpaolo. Il sindacato dei bancari FABI ha commentato positivamente l'accordo, sottolineando che "evita licenziamenti e mette in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa". "E' un accordo importante che rappresenta un tassello decisivo dell'intera operazione di salvataggio", ha affermato il segretario generale della Uilca, Massimo Masi. "Siamo soddisfatti del primo pezzo di strada, ma ne resta da fare ancora molta per tutelare i lavoratori sul territorio e per dare risposte sul futuro degli oltre settecento dipendenti rimasti fuori dal perimetro di Intesa Sanpaolo", ha sottolineato con maggiore prudenza il segretario generale di First Cisl, Giulio Romani. © RIPRODUZIONE RISERVATA

WEB 52 LANUOVAFERRARA.GELOCAL.IT 15-lug-2017

Bper invia “rinforzi” e assume addetti Maretta in Carife - Cronaca - La Nuova art Ferrara

Sono bastate tre righe nel comunicato interno che la Fabi Bper ha diffuso tra gli iscritti, l’altro pomeriggio, per riaprire quella che evidentemente resta una ferita sanguinante per molti dipendenti di Nuova Carife. Comunicavano, i sindacalisti modenesi, che a seguito del distacco di un centinaio di colleghi Bper nella banca appena acquisita, per allineare le procedure informatiche in vista della fusione di novembre, l’azienda effettuerà nuove assunzioni a tempo determinato per coprire le carenze di organico. Subito i telefoni e le mail dei sindacalisti sono diventate roventi: ma come, è la protesta di tanti, mandano a casa oltre 300 di noi mentre assumono addetti a costo più basso (si tratterà d’interinali)? In realtà le due operazioni sono formalmente separate, in quanto gli esuberi sono in capo a Nuova Carife mentre le assunzioni vengono operate da Bper, e comunque dagli accordi di dicembre non si può certo tornare indietro. Resta il malessere che la conclusione della vicenda esuberi (uscite sì volontarie, ma con la minaccia della procedura di licenziamento) e la dura trattativa sull’integrativo ha lasciato nel corpo dei dipendenti ferraresi, con il quale dovranno inevitabilmente confrontarsi i nuovi dirigenti.Nel frattempo sono state definite le tre finestre di uscita volontaria: il 31 agosto i sottoscrittori dell’opzione A, il 14 settembre i “C” ed entro ottobre tutti gli altri. Entro il 24 luglio dovranno poi essere definiti i verbali di conciliazione, a seguito dell’accordo sull’integrativo. Il tutto per consentire alla banca di arrivare pronta alla fusione con i modenesi, prevista appunto a novembre.In quell’occasione cambieranno molte cose che riguardano anche clienti e correntisti della banca, che diventerà la decima direzione territoriale di Bper, forse comprendendo anche il Veneto che al momento fa capo a Milano: una suddivisione puramente operativa, che riguarda le filiali, mentre gli uffici interni spariranno. Cambierà ovviamente anche il logo, cambiato da un anno e mezzo, che diventerà quello del gruppo Bper: la grafica è allo studio proprio in questi giorni, esordirà in contemporanea con la fusione. Entrando di fatto in una nuova banca, tra l’altro, tutti i correntisti si troveranno a cambiare l’Iban, con tutto quanto comporta un’operazione di questo genere. Del gruppo Bper, è il caso di ricordarlo, fa invece parte un’altra banca detenuta al 100% dai modenesi, cioè la Cassa di Risparmio di Saluzzo, mentre la è quasi al 99%.Stefano Ciervo ©RIPRODUZIONE RISERVATA

WEB 53 MATTINOPADOVA.GELOCAL.IT 14-lug-2017

Intesa-banche venete: chiusa la trattativa per 4 mila esuberi - Focus - Il Mattino di art Padova

È stato raggiunto nella serata del 13 luglio, al termine di una serrata trattativa, l’accordo tra il Gruppo Intesa Sanpaolo e i sindacati del credito sugli esuberi delle banche venete. “Con questo accordo”, commenta Mauro Bossola, segretario generale aggiunto della FABI, il sindacato di maggioranza dei bancari, “abbiamo evitato i licenziamenti e messo in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa, ottenendo a loro favore garanzie sulle uscite volontarie e anche sulla contrattazione di secondo livello, senza nulla togliere ai dipendenti del Gruppo Intesa Sanpaolo. Adesso auspichiamo che il Parlamento dia prova del medesimo senso di responsabilità dimostrato dalle organizzazioni sindacali convertendo definitivamente in legge il decreto sulle banche venete, l’unica soluzione possibile che scongiura il bail in e garantisce un futuro ai lavoratori e alle loro famiglie, a circa 2 milioni di clienti e alle economie dei territori del Veneto”. L’accordo prevede 4 mila prepensionamenti su base volontaria, di cui almeno mille nel perimetro delle ex Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza che dovranno essere realizzati entro il 31 dicembre 2017. Gli esodi saranno gestiti attraverso il Fondo di Solidarietà, l’ammortizzatore sociale di categoria, con permanenza massima a 7 anni per i lavoratori delle banche venete e a 5 per quelli d’Intesa Sanpaolo. La prima finestra d’uscita è fissata al primo ottobre 2017. La platea dei prepensionabili in Intesa e nelle banche venete comprende tutti coloro che maturano i requisiti pensionistici rispettivamente al 31 dicembre 2022 e al 31 dicembre 2024. Inoltre potrà accedere al pensionamento chi matura il diritto entro il 31 dicembre 2017. I sindacati, oltre a ottenere la volontarietà delle uscite, sono anche riusciti a concordare il mantenimento dei trattamenti di welfare in materia di previdenza complementare, cassa sanitaria, buoni pasto e degli accordi aziendali in vigore fino al 30 giugno 2017 per tutti i lavoratori delle ex banche venete, in attesa che la contrattazione aziendale sia armonizzata a quella del Gruppo Intesa Sanpaolo. A partire da settembre le parti si incontreranno per verificare il raggiungimento dei numeri delle uscite programmate e affrontare la trattativa su formazione e riqualificazione professionale, part time, straordinario, banca ore, ferie ed ex festività, allocazione di nuove attività e mobilità per i lavoratori delle banche venete, in conseguenza della chiusura dei 600 sportelli nel perimetro delle ex banche venete, già previsti dal piano concordato tra Intesa Sanpaolo, Governo e istituzioni europee. "È un accordo importante che rappresenta un tassello decisivo dell'intera operazione di salvataggio - dichiara il segretario generale della Uilca, Massimo Masi -, che anticipa le decisioni della politica in merito alla conversione del decreto in legge, sul quale si sta dibattendo animatamente in Parlamento e che consente di mettere in sicurezza l'occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti. Adesso tocca alla politica concludere e approvare in fretta il Dl, cogliendo appieno la portata sociale di questa operazione senza perdersi in posizioni demagogiche e di facile presa sull'opinione pubblica, nell’interesse dei risparmiatori e delle aziende del Veneto". “Dobbiamo tenere altissima la guardia per tutti gli oltre 700 dipendenti delle aziende escluse dal salvataggio delle banche venete, impedendo che accada loro quanto purtroppo già successo ai dipendenti in altre situazioni di difficoltà irrisolte negli ultimi anni, quali Hypo Alpe Adria o le società satellite di Banca delle Marche”: è il monito di Giulio Romani, segretario generale di First Cisl, in merito al personale delle imprese rimaste coinvolte nella liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca e Popolare Vicenza poiché non rientranti nel perimetro acquisito da Intesa Sanpaolo. Tra i 700 a rischio non ci sono solo lavoratori con il contratto bancario, ma anche assicurativi: è il caso dei 21 dipendenti di Apulia Previdenza, società del Gruppo Veneto Banca che opera da trent’anni sulla piazza di Milano. “Siamo all’assurdo: la società ha continuato a produrre utili nonostante un contesto operativo difficilissimo, stante il dissesto di Veneto Banca - spiega Roberto Garibotti, segretario nazionale di First Cisl con delega per il settore assicurativo –, eppure ora i lavoratori di Apulia Previdenza rischiano di vedere disperse la loro professionalità e le loro speranze per il futuro, oltre che il valore dell’impresa nella quale lavorano. Chiediamo che chi ha la responsabilità della liquidazione non si faccia tentare da mere considerazioni di riduzioni di costo, ma valorizzi invece le altissime competenze di queste persone, così come di tutti gli altri lavoratori rimasti fuori dal perimetro di Intesa Sanpaolo”.

WEB 54 MESSAGGEROVENETO.GELOCAL.IT 14-lug-2017

Raggiunto l’accordo sugli esuberi di personale - Cronaca - Messaggero Veneto art VICENZA. Tra Intesa Sanpaolo e organizzazioni sindacali è arrivato l’accordo sugli esuberi. Il via libera è arrivato poco prima delle 22 al termine dell’incontro tra le parti, e solo una manciata di minuti dopo che la Camera aveva dato il proprio via libera al decreto. leggi anche: Banche venete, l'avvocato Campeis: "Con il decreto risarcimenti più difficili" L’avvocato Campeis spiega gli effetti della liquidazione coatta amministrativa. Provvedimento penalizzante per gli azionisti: «Le cause saranno interrotte» L’accordo prevede circa quattromila prepensionamenti, di cui almeno mille nel perimetro delle ex Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza che dovranno essere realizzati entro il 31 dicembre 2017. Gli esodi saranno gestiti attraverso il fondo di solidarietà, l’ammortizzatore sociale di categoria, con permanenza massima a 7 anni per i lavoratori delle banche venete e a 5 per quelli d’Intesa Sanpaolo. La prima finestra d’uscita è fissata al primo ottobre 2017. La platea dei prepensionabili in Intesa e nelle banche venete comprende tutti coloro che maturano i requisiti pensionistici rispettivamente al 31 dicembre 2022 e al 31 dicembre 2024. Inoltre potrà accedere al pensionamento chi matura il diritto entro il 31 dicembre 2017. I sindacati, secondo quanto si è appreso, oltre a ottenere la volontarietà delle uscite, sono anche riusciti a concordare il mantenimento dei trattamenti di welfare in materia di previdenza complementare, cassa sanitaria, buoni pasto e degli accordi aziendali in vigore fino al 30 giugno 2017 per tutti i lavoratori delle ex banche venete, in attesa che la contrattazione aziendale sia armonizzata a quella del Gruppo Intesa Sanpaolo. A partire da settembre le parti si incontreranno per verificare il raggiungimento dei numeri delle uscite programmate e affrontare la trattativa su formazione e riqualificazione professionale, part time, straordinario, banca ore, ferie ed ex festività, allocazione di nuove attività e mobilità per i lavoratori delle banche venete, in conseguenza della chiusura dei 600 sportelli nel perimetro delle ex banche venete, già previsti dal piano concordato tra Intesa Sanpaolo, Governo e istituzioni europee. «Con questo accordo – è il commento di Mauro Bossola, segretario generale aggiunto della Fabi – abbiamo evitato i licenziamenti e messo in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa, ottenendo a loro favore garanzie sulle uscite volontarie e anche sulla contrattazione di secondo livello, senza nulla togliere ai dipendenti del gruppo Intesa Sanpaolo». «Adesso – rilancia – auspichiamo che il Parlamento dia prova del medesimo senso di responsabilità convertendo definitivamente in legge il decreto sulle banche venete, l’unica soluzione possibile che scongiura il bail in e garantisce un futuro ai lavoratori e alle loro famiglie, a circa 2 milioni di clienti e alle economie dei territori». ©RIPRODUZIONE RISERVATA. #|#http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2017/07/14/news/raggiunto-l-accordo-sugli-esuberi-di- personale-1.15613144

WEB 55 MILANOFINANZA.IT 14-lug-2017

Intesa Sanpaolo: accordo con sindacati per integrazione b. venete - art MilanoFinanza.it

MILANO (MF-DJ)-- Intesa Sanpaolo e le Segreterie Nazionali e le delegazioni di gruppo di Fabi, First/Cisl, Fisac/Cgil, Ugl Credito, Unilca e Unita' sindacale Falcri-Silcea-Sinfub hanno firmato il protocollo per l'avvio dell'integrazione delle ex banche venete nella Ca' de Sass. L'accordo, spiega una nota, rappresenta il primo fondamentale strumento a sostegno della realizzazione degli obiettivi dell'operazione posta in essere dalla banca guidata da Carlo Messina. L'intesa raggiunta riguarda Bpvi, VenetoBanca, Banca Nuova, Banca Apulia, Sec e Servizi Bancari. Inoltre l'accordo definisce un modello di relazioni industriali coerente con le prassi in essere nel gruppo Intesa e adeguato alla natura straordinaria dell'operazione; un piano di riduzione del personale coerente con le disposizioni dei regolatori; un quadro normativo di riferimento da applicare in via transitoria al rapporto di lavoro del personale appartenente al perimetro delle ex banche venete confluito in Intesa Sanpaolo e un percorso da compiere per gestire l'integrazione in relazione all'unicita' e alla straordinarieta' dell'operazione. Vista la necessita' di ridurre gli organici di 4.000 unita', al fine di attenuare quanto piu' possibile le ricadute sociali, e' stato condiviso il ricorso alle prestazioni straordinarie del "Fondo di solidarieta' a sostegno del reddito, dell'occupazione e della riqualificazione professionale del personale del credito". La realizzazione di questo obiettivo avverra' su base volontaria. Il protocollo ha definito le regole per le prime 1000 uscite dalle Banche venete per accedere al Fondo di solidarieta' a partire dal mese di ottobre ed entro dicembre. Dopo la verifica sulle adesioni prevista a fine settembre e la definizione delle modalita' per le uscite delle ulteriori 3.000 persone, il percorso proseguira' per individuare le altre misure quali il ricorso alla mobilita' territoriale e iniziative di formazione per la riconversione/riqualificazione delle professionalita' che consentiranno la salvaguardia dei posti di lavoro a fronte della necessita' di ridurre a 300 le circa 900 filiali che fanno parte del perimetro delle ex banche venete, nonche' integrare i sistemi informativi e di gestione dei rischi. Nell'accordo e' stata confermata "con forza la richiesta che il decreto sia al piu' presto convertito in legge, anche al fine di dare le necessarie certezze ai lavoratori coinvolti". "L'importante accordo che abbiamo definito in piena sintonia con le organizzazioni sindacali rappresenta l'ulteriore conferma di come Intesa Sanpaolo ponga al centro dei propri piani di sviluppo le persone", ha commentato Elio Lodesani, Coo di Intesa Sanpaolo . "La forte tutela dell'occupazione delle due ex banche venete con alle spalle anni molto difficili e' la miglior base di partenza di una nuova fase. Punteremo sugli investimenti in formazione e riqualificazione delle professionalita' e sugli investimenti in tecnologia. Non solo, la rete di filiali, seppur ridotta nelle sue dimensioni, sara' oggetto di un piano di rinnovamento. Grazie a un significativo impegno per la formazione delle persone e per il rilancio della qualita' del servizio, le due ex banche venete potranno tornare a svolgere un ruolo centrale nell'economia di territori a forte vocazione imprenditoriale, che mostrano notevoli tassi di crescita. Abbiamo messo a disposizione di famiglie e imprese un plafond di 5 mld euro: un contributo determinante per l'immediato rilancio dell'attivita' di professionaita' qualificate destinate a fare parte integrante di un gruppo del valore di Intesa ".

WEB 56 MILANOFINANZA.IT 14-lug-2017

B.Venete: verifica su primi esuberi a fine settembre - MilanoFinanza.it art MILANO (MF-DJ)--"Le parti si incontreranno entro la fine del mese di settembre per verificare il raggiungimento dell'obiettivo di riduzione degli organici previsto sul perimetro ex banche venete confluito in Intesa Sanpaolo e stabilire, in caso contrario, entro il termine di 15 giorni, le conseguenti misure e gli strumenti atti a conseguire l'obiettivo". E' quanto si legge nel protocollo per l'avvio dell'integrazione delle ex banche venete in Intesa Sanpaolo firmato ieri in tarda serata da Intesa Sanpaolo , dalle segreterie nazionali e dalle delegazioni di gruppo Isp di Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Ugl Credito, Uilca e Unita' Sindacale Falcri, Silcea e Sinfub.

WEB 57 QUIFINANZA.IT 14-lug-2017

Banche venete, la Camera approva il decreto art 14 luglio 2017 - (Teleborsa) – Via libera al decreto Banche venete, dopo il voto di fiducia dal governo arrivato mercoledì. La Camera ha detto sì al piano per la liquidazione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, con 211 voti a favore, 91 voti contrari e 3 astensioni. A favore tutta la maggioranza ad eccezione di Mdp, mentre il Movimento 5 Stelle ha fatto ostruzionismo al provvedimento, prolungando molto i lavori. Secondo il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, l’approvazione alla Camera del decreto banche venete rappresenta “un passo importante verso l’approvazione definitiva”. Ricordando che il fallimento non controllato delle due banche avrebbe avuto pesanti ripercussioni sull’economia di una regione florida come il Veneto, Baretta ha ribadito “il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare sicurezza al territorio, ai risparmiatori, alle famiglie e alle imprese ed evitare crisi occupazionali”. Frattanto, proprio sugli aspetti occupazionali, Banca Intesa Sanpaolo ha finalmente raggiunto l’accordo con i sindacati sugli esuberi: sono previsti 4 mila prepensionamenti su base volontaria entro il 31 dicembre 2017 (prima finestra d’uscita 1° ottobre 2017), di cui almeno mille nel perimetro delle ex Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, facendo ricorso al Fondo di Solidarietà per un periodo massimo di 7 anni per i lavoratori delle banche venete e 5 anni per quelli di Intesa Sanpaolo. Il sindacato dei bancari FABI ha commentato positivamente l’accordo, sottolineando che “evita licenziamenti e mette in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa”. “E’ un accordo importante che rappresenta un tassello decisivo dell’intera operazione di salvataggio”, ha affermato il segretario generale della Uilca, Massimo Masi. “Siamo soddisfatti del primo pezzo di strada, ma ne resta da fare ancora molta per tutelare i lavoratori sul territorio e per dare risposte sul futuro degli oltre settecento dipendenti rimasti fuori dal perimetro di Intesa Sanpaolo”, ha sottolineato con maggiore prudenza il segretario generale di First Cisl, Giulio Romani.

WEB 58 SATURNONOTIZIE.IT 15-lug-2017

Confronto fra il gruppo UBI e i sindacati di Banca Etruria per il piano industriale art Prosegue a Bergamo l’impegnativo confronto fra il Gruppo UBI e i rappresentanti sindacali, sulla revisione del Piano industriale. E’ una trattativa che si protrarrà sino ad ottobre e che prevede molte tappe di avvicinamento, prima di un testo finale. Tra i vari argomenti, la chiusura di quaranta filiali scarse in Banca Etruria - delle quali tre nella nostra provincia – andrà valutata, per comprenderne l’impatto sull’occupazione, dopo aver visto il dimensionamento dei nuovi modelli di filiale e la contestuale presenza di filiali di altre banche del Gruppo UBI. C’è ancora l’incognita del campus di Via Calamandrei, del futuro di tutto il personale che ci lavora a vario titolo. A tal proposito, confidiamo in uffici decentrati della macro area di Roma e anche in sezioni locali di lavorazioni altrimenti accentrate presso la direzione UBI; inoltre, vorremmo presto sapere qualcosa di più sui progetti legati a UBI Sistemi e Servizi, società del Gruppo UBI presente con sette sedi sia nel nord che nel sud Italia, e che dovrebbe andare a reperire un centinaio di lavoratori di BancaEtruria. L’esigenza di una virtuosa gestione delle risorse umane, si deve accompagnare con la valorizzazione delle alte professionalità presenti nella nostra banca. Certo, resta il rammarico per aver perso la sede della macro area territoriale, soprattutto perché avrebbe potuto assorbire sino ad un centinaio di lavoratori. Purtroppo, al di là di lodevoli singole iniziative, forse è mancato uno sforzo comune, un vero lavoro di squadra territoriale - in parallelo con l’attività dei sindacati - un “idem sentire” della società aretina, per garantirci questo importante presidio territoriale; tanto da chiedersi se la mat l’abbiamo persa o se invece non siamo mai stati in gara. Non si può escludere poi, che possano aver giocato a nostro sfavore anche altri elementi, estranei alle mere logiche di progetto industriale. Noi della FABI, da un punto di vista diverso da quello del presidente di Confindustria Sud Toscana, pensiamo che la lunga storia di BancaEtruria va ad innestarsi in quella di un grande Gruppo bancario, che ha anch’esso radici popolari e che è ancora in costruzione; noi lavoratori vogliamo contribuire a questa costruzione, portandoci la nostra storia e quella dei colleghi che ci hanno preceduto. Certo, il marchio sparirà, come è scomparso quello di altre banche locali che via via nel passato sono entrate in Etruria, ma nulla del buono fatto si cancellerà; la “UBI aretina” continuerà a servire il territorio, assieme a tutte le altre banche presenti nella provincia. A proposito di Etruria, l’ex premier Matteo Renzi scrive – in merito al decreto del 22 novembre 2015 che portò alla “risoluzione” delle quattro banche – che si rammarica per aver lasciato alla sola Banca d’Italia la gestione del dossier banche, ma che invece avrebbe dovuto occuparsene lui in maniera diversa. Se l’ex premier ha in programma la presentazione anche ad Arezzo del suo libro, non sarebbe male se ci facesse capire meglio cosa e perché è successo quella domenica sera. Non entriamo nel merito nei rapporti fra Governo e l’Istituto centrale, però notiamo come, prima di Renzi, abbiano espresso forti dubbi o pentimenti sul quel provvedimento lì: la Consob, la Banca d’Italia, l’ABI e il ministero dell’economia; tutti, quando ormai era tardi. Noi della FABI, che il decreto di “risoluzione” lo abbiamo conosciuto ovviamente a cose fatte, e che sin da subito abbiamo detto le stesse cose ora affermate da personalità molto più autorevoli, lanciamo un avviso ai naviganti: talvolta, ascoltare anche la voce dei bancari, non farebbe male.

WEB 59 TELEBORSA.IT 14-lug-2017

Banche venete, la Camera approva il decreto art (Teleborsa) - Via libera al decreto Banche venete, dopo il voto di fiducia dal governo arrivato mercoledì. La Camera ha detto sì al piano per la liquidazione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, con 211 voti a favore, 91 voti contrari e 3 astensioni. A favore tutta la maggioranza ad eccezione di Mdp, mentre il Movimento 5 Stelle ha fatto ostruzionismo al provvedimento, prolungando molto i lavori.Secondo il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, l'approvazione alla Camera del decreto banche venete rappresenta "un passo importante verso l'approvazione definitiva". Ricordando che il fallimento non controllato delle due banche avrebbe avuto pesanti ripercussioni sull'economia di una regione florida come il Veneto, Baretta ha ribadito "il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare sicurezza al territorio, ai risparmiatori, alle famiglie e alle imprese ed evitare crisi occupazionali".Frattanto, proprio sugli aspetti occupazionali, Banca Intesa Sanpaolo ha finalmente raggiunto l'accordo con i sindacati sugli esuberi: sono previsti 4 mila prepensionamenti su base volontaria entro il 31 dicembre 2017 (prima finestra d'uscita 1° ottobre 2017), di cui almeno mille nel perimetro delle ex Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, facendo ricorso al Fondo di Solidarietà per un periodo massimo di 7 anni per i lavoratori delle banche venete e 5 anni per quelli di Intesa Sanpaolo.Il sindacato dei bancari FABI ha commentato positivamente l'accordo, sottolineando che "evita licenziamenti e mette in sicurezza lavoratori che fino a ieri vedevano duramente compromessa la propria stabilità lavorativa"."E' un accordo importante che rappresenta un tassello decisivo dell'intera operazione di salvataggio", ha affermato il segretario generale della Uilca, Massimo Masi."Siamo soddisfatti del primo pezzo di strada, ma ne resta da fare ancora molta per tutelare i lavoratori sul territorio e per dare risposte sul futuro degli oltre settecento dipendenti rimasti fuori dal perimetro di Intesa Sanpaolo", ha sottolineato con maggiore prudenza il segretario generale di First Cisl, Giulio Romani. #|#http://www.teleborsa.it/News/2017/07/14/banche-venete-la-camera-approva-il-decreto-7.html

WEB 60 TRADERLINK.IT 14-lug-2017

Intesa firma un protocollo con i sindacati per le venete - Traderlink art Sottotono Intesa Sanpaolo a Piazza Affari: il titolo cede lo 0,21% e si riporta a 2,84 euro. Una nota sindacale Uilca riporta della firma, da parte delle maggiori sigle dei rappresentanti dei lavoratori bancari (FABI, FIRST/CISL, FISAC/CGIL, UGL CREDITO, UILCA, UNITA' SINDACALE e FALCRI–SILCEA-SINFUB), e della stessa Intesa Sanpaolo di un Protocollo per l'avvio dell'integrazione delle banche venete. Si ricorda al riguardo che il Gruppo Intesa Sanpaolo (ISP) ha tra l'altro definito di provvedere alla riduzione degli organici di circa 4.000 persone, di cui almeno 1.000 nel perimetro delle ex Banche Venete confluito in ISP, alla riduzione a 300 delle circa 900 Filiali in Italia relative al medesimo perimetro, all'integrazione dei sistemi informativi e di gestione dei rischi su quelli di ISP ed alla soppressione dei due marchi Popolare di Vicenza e Veneto Banca. (GD - www.ftaonline.com) Autore: Financial Trend Analysis Fonte: News Trend Online #|#http://www.traderlink.it/notizie/ultime-news/intesa-firma- un-protocollo-con-i-sindacati-per-le-venete_17195RN04LJZ88I

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