4 NOVEMBRE: “FESTA DELLE FORZE ARMATE E DELL’UNITÀ NAZIONALE”

II 4 novembre è la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, in ricordo del 4 novembre 1918, anniversario dell’entrata in vigore dell’armistizio firmato a Villa Giusti (Padova), col quale si fa coincidere convenzionalmente in Italia la fine della Prima guerra mondiale. L’accordo fu firmato a Padova il giorno prima, il 3 novembre 1918, dall’Impero austro- ungarico e dai rappresentanti dell’Italia e delle nazioni che componevano l’Intesa (il Regno Unito, la Francia, l’Impero russo e gli Stati Uniti d’America). Il luogo fu la villa del conte padovano Vettor Giusti del Giardino, situata a 5 km da Padova, sulla strada Padova-Mandria- Abano Terme. Le trattative per l’armistizio cominciarono il 29 ottobre, durante la battaglia di Vittorio Veneto: l’ultimo scontro armato tra l’Italia e l’Impero austro-ungarico. Di lì a pochi giorni, il Generale Armando Diaz, Comandante delle Forze Armate italiane, comunicò la vittoria e la fine della Guerra con il bollettino n. 1278:

BOLLETTINO DELLA VITTORIA ITALIANA COMANDO SUPREMO 4 Novembre 1918, ore 12 La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso Ottobre ed alla quale prendevano parte 51 divisioni italiane, tre britanniche, due

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francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro 73 divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX corpo d’armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del , travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della XII, dell’VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perdute quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecento mila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinque mila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Armando Diaz

Le condizioni dell’armistizio stabilirono che all’Italia venissero consegnati tutti i territori austriaci. Gli accordi iniziali, infatti, attribuirono all’Italia l’annessione del Trentino, del Tirolo meridionale, della Venezia Giulia, dell’intera penisola istriana (esclusa Fiume), una parte della Dalmazia, alcune isole dell’Adriatico, la città albanese di Valona, l’isola di Saseno e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso, ma le nazioni della Triplice Intesa decisero di concedere all’Italia: il Trentino, l’, l’Istria e Trieste, ma non la Dalmazia e la Libia. L’unificazione territoriale, politica e istituzionale dell’Italia era comunque stata realizzata, anche se a carissimo prezzo: oltre 4 milioni di soldati mobilitati di cui 250.000 giovani appena diciottenni, 600.000 morti e 1.500.000 feriti, 400.000 civili che avevano abbandonato le proprie case sulla linea del fronte. Finita la guerra furono i combattenti ed i reduci grazie al sostegno delle comunità locali ad avviare il culto della memoria dei commilitoni caduti, attraverso la costruzione dei primi monumenti e l’apposizione di lapidi commemorative. Il 4 novembre, diventò fin da subito il giorno della commemorazione, della riconoscenza dell’Italia per il sacrificio offerto dai propri figli per , anche perché dal 26 ottobre al 4 novembre 1921, l’intera Nazione accompagnò il treno che trasportava la salma del milite ignoto da Aquileia a Roma per essere tumulata all’altare della Patria, al Vittoriano, il monumento funebre di Vittorio Emanuele II, da allora fulcro delle solennità nazionali. Ufficializzato nell’ottobre del 1922 dall’ultimo governo liberale, il 4 novembre venne proclamata solennità civile.

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Ma subito dopo la marcia su Roma la commemorazione assunse il nome di ‘Anniversario della Vittoria’, per celebrare la potenza militare italiana. Con la caduta del regime fascista nel ‘43 l’anniversario della vittoria assunse i caratteri di una festa nazionale destinata a celebrare l’unità del popolo nel sacrificio, ricollegando tale occasione con la memoria delle lotte risorgimentali. È nel 1949, che l’anniversario si riappropriò del suo significato originario e la ricorrenza venne confermata nel calendario civile con la denominazione di Festa dell’Unità Nazionale. si fondava sulla memoria del Risorgimento e sull’idea della Grande Guerra come fattore ulteriore del processo di unificazione nazionale.

Legge 27 maggio 1949, n. 260 Disposizioni in materia di ricorrenze festive (Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 124 del 31 maggio 1949) Preambolo La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga la seguente legge:

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Art. 1. Il giorno 2 giugno, data di fondazione della repubblica, è dichiarato festa nazionale. Art. 2. Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale, i giorni seguenti: tutte le domeniche; il primo giorno dell’anno; il giorno dell’Epifania; il giorno della festa di San Giuseppe; il 25 aprile: anniversario della ; il giorno di lunedì dopo Pasqua; il giorno dell’Ascensione; il giorno del Corpus Domini; il 1° maggio: festa del lavoro; il giorno della festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo; il giorno dell’Assunzione della B.V. Maria; il giorno di Ognissanti; il 4 novembre: giorno dell’unità nazionale; il giorno della festa dell’Immacolata Concezione; il giorno di Natale; il giorno 26 dicembre. Art. 3. […] Art. 4. Gli edifici pubblici sono imbandierati nei giorni della festa nazionale, delle solennità civili e del 25 aprile, 1° maggio e 4 novembre. Art. 5. Nelle ricorrenze della festa nazionale (2 giugno), dell’anniversario della liberazione (25 aprile), della festa del lavoro (1 maggio) e nel giorno della unità nazionale (4 novembre) lo Stato, gli Enti pubblici e i privati datori di lavoro sono tenuti a corrispondere ai lavoratori da essi dipendenti, i quali siano retribuiti non in misura fissa, ma in relazione alle ore di lavoro da essi compiute, la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio […]. Art. 6. […]. Art. 7. […]. Art. 8. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addì 27 maggio 1949 Einaudi - De Gasperi – Pella – Fanfani Visto, il guardasigilli: Grassi

Fino al 1977 il 4 novembre fu un giorno festivo a tutti gli effetti. Da quell’anno in poi, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi, venne celebrata nella prima domenica di novembre.

Legge 5 marzo 1977 n. 54 Disposizioni in materia di giorni festivi (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 7 marzo 1977)

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Art. 1. I seguenti giorni cessano di essere considerati festivi agli effetti civili: Epifania; S. Giuseppe; Ascensione; Corpus Domini; SS. Apostoli Pietro e Paolo. A decorrere dal 1977 la celebrazione della festa nazionale della Repubblica e quella della festa dell’Unità nazionale hanno luogo rispettivamente nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre. Cessano pertanto di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre. Art. 2. Le solennità civili previste dalla legge 27 maggio 1949, n. 260, e dalla legge 4 marzo 1958, n. 132, non determinano riduzioni dell’orario di lavoro negli uffici pubblici. É fatto divieto di consentire negli uffici pubblici riduzioni dell’orario di lavoro che non siano autorizzate da norme di legge. Art. 3. Le ricorrenze indicate negli articoli 1 e 2, che cadano nei giorni feriali, non costituiscono giorni di vacanza né possono comportare riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado. Art. 4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Nel corso degli anni ‘80 e ‘90 la sua importanza nel novero delle ricorrenze nazionali è andata declinando. É stato il Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi, convinto che “commemorare degnamente il 4 novembre non implica affatto glorificare la guerra, bensì il nostro ritrovarci uniti come italiani, perché quel giorno è stato soprattutto questo”, a restituire al valore repubblicano delle istituzioni italiane maggiore valore ai suoi simboli: la bandiera, l’inno, le solennità civili; e, ricongiungere la Festa dell’Unità Nazionale alla Giornata delle Forze Armate, associando idealmente la consegna da parte del Re Carlo Alberto della bandiera tricolore all’Esercito degli italiani, avvenuta nella prima guerra d’indipendenza del 1848.

Un legame, quello tra la Nazione e le Forze Armate, sancito nella Costituzione Repubblicana che, nel titolo IV Rapporti politici, all’art. 52 recita “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.

Il 4 novembre è allora il giorno della commemorazione dei caduti di tutte le guerre, del ringraziamento ai militari in servizio in Italia e nelle missioni internazionali all’estero, di Festa per l’Unità Nazionale.

Esso non deve essere confuso con altre due giornate importanti per la storia d’Italia: l’anniversario dell’Unità d’Italia che cade il 17 marzo, data che richiama la proclamazione del Regno d’Italia (1861); e, in secondo luogo, la Festa della Repubblica italiana che si festeggia il 2 giugno, data del referendum istituzionale del 1946.

In occasione del 4 novembre le massime cariche dello Stato rendono omaggio al Milite Ignoto, si recano in visita al Sacrario di Redipuglia, dove sono custodite le salme dei 100.000 caduti italiani della prima guerra mondiale; nonché a Vittorio Veneto, dove si svolse l’ultima e

5 risolutiva battaglia del conflitto armato fra il Regio Esercito italiano e l’esercito imperiale austro-ungarico. È prassi che il Presidente della Repubblica e il Ministro della Difesa inviino all’Esercito, il giorno della celebrazione, un messaggio di auguri e di riconoscenza a nome del Paese.

Nel giorno della festa, presso il Palazzo del Quirinale, viene effettuato in forma solenne il Cambio della Guardia con il Reggimento Corazzieri e la Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo in alta uniforme. Questo rito solenne viene svolto solamente in altre due occasioni, durante le celebrazioni della Festa del Tricolore (7 gennaio) e della Festa della Repubblica Italiana (2 giugno). In occasione del 4 novembre è pratica diffusa l’apertura al pubblico delle caserme. All’interno di queste ultime vengono organizzate esposizioni di armamenti e mostre riguardanti la prima guerra mondiale. Usuali sono anche le dimostrazioni sportive e le esercitazioni dimostrative dei soldati.

Dall’Enciclopedia Italiana (1934) – Istitituto Treccani Voce: MILITE IGNOTO

di Alberto Baldini -

MILITE IGNOTO. - Dopo la guerra mondiale, le nazioni che vi avevano partecipato vollero onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività nella salma di un anonimo combattente caduto con le armi in pugno. E nelle principali capitali del mondo sorsero monumenti a gloria del simbolico eroe. Sono particolarmente notevoli quelli della Francia, dell’Inghilterra, del Belgio. Il milite ignoto italiano. – L’idea di onorare una salma sconosciuta risale in Italia al 1920 e fu propugnata dal generale Giulio Douhet; e se altri popoli misero prima in atto quell’idea, non si può contestare la priorità di essa all’Italia. Il relativo disegno di legge fu presentato alla camera italiana nel 1921 e ne fu relatore l’onorevole De Vecchi, che affermò fra l’altro: "Il disegno di legge che il Parlamento discute è frutto del sentimento italico, dolce ed ardente ad un tempo. Deve essere rivendicata ai nostri uomini d’arme la priorità del proposito di trasportare solennemente a Roma i resti di un caduto ignoto, perché ivi ricevano i più alti onori dovuti a loro e a seicentomila fratelli". Approvata la legge, il Ministero della guerra diede incarico a una commissione di percorrere i campi di battaglia per raccogliervi undici salme d’impossibile identificazione, fra le quali la sorte ne avrebbe designata una, da tumulare in Roma sul Vittoriano, sotto la statua equestre del "Padre della Patria". La commissione esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era combattuto, dal Carso agli Altipiani, dalle foci del Piave al Montello; e l’opera fu condotta in modo che fra i resti raccolti ve ne potessero anche essere di reparti di sbarco della Marina. Fu scelta una salma per ognuna delle seguenti zone: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San 6

Michele, tratto da Castagnevizza al mare. Le undici salme ebbero ricovero, in un primo tempo, a Gorizia, di dove furono poi trasportate nella basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921. Quivi si procedette alla scelta della salma destinata al glorioso riposo sull’Altare della patria. La scelta fu fatta da una popolana, Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio Antonio aveva disertato dall’esercito austriaco per arruolarsi nelle file italiane, ed era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato. La bara prescelta fu collocata sull’affusto di un cannone e, accompagnata da reduci decorati al valore e più volte feriti, fu deposta in un carro disegnato dall’architetto Cirilli. Le altre dieci salme rimaste ad Aquileia furono tumulate nel cimitero di guerra che circonda il tempio romano. Il viaggio si compì sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma. La velocità moderatissima del treno consentì alle folle inginocchiate lungo il percorso di esprimere sentimenti di venerazione. La cerimonia ebbe il suo epilogo nella capitale. Tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti, col re alla testa, e tutte le bandiere di tutti i reggimenti mossero incontro al Milite Ignoto, che da un gruppo di decorati di medaglia d’oro fu portato a S. Maria degli Angeli. Sulla porta del tempio era stata apposta questa epigrafe: "Ignoto il nome - folgora il suo spirito - dovunque è l’Italia - con voce di pianto e d’orgoglio - dicono - innumeri madri: - è mio figlio". Il 4 novembre 1921 ascese all’Altare della patria, e la cerimonia cui partecipò tutto il popolo ebbe il valore di un’apoteosi. Al Milite Ignoto, in seguito a proposta dell’onorevole G. Giuriati, fu concessa la medaglia d’oro con questa motivazione: "Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria". Il ministro della Guerra nell’annunciare all’esercito il conferimento della decorazione diceva nel suo ordine del giorno: "Lo sconosciuto, il combattente di tutti gli assalti, l’eroe di tutte le ore, ovunque passò o sostò, prima di morire, confuse insieme il valore e la pietà. Soldato senza nome e senza storia, Egli è la storia: la storia del nostro lungo travaglio, la storia della nostra grande vittoria". La tomba del Milite Ignoto è perennemente vigilata da soldati in armi. Nei primi dieci anni l’onore della guardia toccò all’arma dei Carabinieri Reali; per il secondo decennio (1931-1941) è riservato alla fanteria; e così di seguito, di dieci in dieci anni, le varie armi si succederanno nel simbolico rito.

V. tavv. LXXXIII-LXXXVI.

di Patrizia Campagna Docente utilizzata presso l’USR Lazio – AT Frosinone

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